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Compostela e i cammini che unirono l'Europa e la Tomba di san Giacomo

Ultimo Aggiornamento: 08/03/2013 19:38
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Il luogo del riposo dell’apostolo Giacomo fratello di Giovanni


Le vicende legate alla traslazione delle reliquie di Giacomo il Maggiore. Un interessante studio di Mordechay Lewy, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede


di Lorenzo Cappelletti


Il saggio di Mordechay Lewy 
recensito in queste pagine è pubblicato nella rivista del <I>Sismel Hagiographica</I> (XVII, 2010, pp. 131-174)

Il saggio di Mordechay Lewy recensito in queste pagine è pubblicato nella rivista del Sismel Hagiographica (XVII, 2010, pp. 131-174)

Come sanno tutti coloro che sono stati in Terra Santa e hanno visitato e conosciuto i luoghi e le comunità cristiane che vi risiedono, la memoria di san Giacomo il Maggiore (il figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni) come anche quella di Giacomo il Minore (colui che la tradizione latina identifica con Giacomo di Alfeo) sono entrambe legate alla chiesa di San Giacomo nel quartiere armeno di Gerusalemme, quello che occupa il settore sud-orientale della cosiddetta Città vecchia.

Nel volume XVII di Hagiographica, la rivista di agiografia del Sismel (Società internazionale per lo studio del Medioevo latino), Mordechay Lewy, attuale ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, ma anche con un curriculum di studioso di rilievo, ha pubblicato un interessante articolo sulle reliquie dell’apostolo Giacomo il Maggiore e in particolare sulle vicende relative alla venerazione della reliquia della sua testa.

Diverse sono le tradizioni che legano l’apostolo Giacomo il Maggiore alla Spagna galiziana. Quella che vorrebbe che egli abbia là predicato, sebbene si fondi su di un testo più antico, sembra però frutto di una più tarda interpolazione. Molto più attendibili sembrano le notizie di un trasferimento delle sue reliquie. Ma – e proprio qui si colloca il contributo di Lewy – quando e in che misura è avvenuta questa traslazione? Fu tutto il corpo a giungere a Compostela o solo una parte di esso?


La Historia Compostelana riporta due diverse versioni. Secondo quella che Lewy chiama la “translatio di Mauricio” – per il ruolo svolto in essa dal vescovo di Coimbra Mauricio (poi arcivescovo di Braga nel 1108 e antipapa col nome di Gregorio VIII nel 1118) – la testa di Giacomo sarebbe stata sottratta da Mauricio in un pellegrinaggio a Gerusalemme. Fatta custodire nel priorato benedettino di Carrión in Castilla, la testa, nel 1116, sarebbe stata infine donata dalla regina Urraca, una volta che costei strappò Carrión al marito Alfonso il Battagliero, al vescovo di Compostela Gelmirez, che di lì a poco sarebbe diventato metropolitano (1120).
La tradizione che a Compostela sarebbe giunto invece l’intero corpo è detta da Lewy “translatio leonina”, in quanto si basa su un testo apocrifo – riportato dalla Historia Compostelana e in forma leggermente diversa anche dal Codex Calixtinus – attribuito a papa Leone III (con pretesa dunque di maggiore antichità e autorità, essendo stato Leone III il santo papa che aveva incoronato Carlo Magno).

Questa tradizione tende a prevalere nel momento in cui cresce il prestigio della sede compostelana e aumentano le sue pretese non solo come sede metropolitana ma addirittura apostolica. E fa sì, secondo Lewy, che a Compostela la reliquia della testa di Giacomo il Maggiore “divenga” a partire dal XIV secolo quella di Giacomo il Minore, a conferma dell’ulteriore tradizione della traslazione anche di questa a Compostela. È interessante, in questo contesto, la notazione di Lewy della rarità della scena della decapitazione di Giacomo il Maggiore nell’arte occidentale: la cosa, infatti, troverebbe facile spiegazione a causa della dottrina compostelana del totum corpus. Si potrebbe aggiungere (con Lorenzo Bianchi ci siamo interessati della questione in un saggio su una rarissima iconografia duecentesca presente ad Anagni dei fratelli Giacomo e Giovanni assieme alla madre Salome) che è tutta da approfondire l’iconografia di Giacomo il Maggiore prima del XIV secolo, quando comincia a essere invariabilmente rappresentato col bastone del pellegrino. Ma torniamo al Medioevo.

Nel frattempo, a partire all’incirca dal 1165 ci sono fonti scritte che parlano della testa di Giacomo il Maggiore venerata nella chiesa degli Armeni a Gerusalemme, sostenendo esservi giunta da Jaffa; da dove invece il corpo senza testa di Giacomo sarebbe miracolosamente salpato verso Compostela. Naturalmente, da quei Latini che ormai davano per acquisita la pretesa compostelana di possedere il totum corpus, questa tradizione fu vista con scetticismo; e fu vista con preoccupazione soprattutto a Compostela.
A Gerusalemme, la venerazione della testa di san Giacomo il Maggiore, secondo Lewy, sarebbe una tradizione crociata emersa presumibilmente durante il regno della regina Melisenda (1143-1152), vedova di Folco d’Angiò, morto nel giorno di San Martino del 1143.

A riprova di questo, Lewy, riprendendo peraltro un’ipotesi altrui, porta un’icona conservata a Santa Caterina al Sinai che vede Giacomo il Maggiore al centro di una serie di tre santi, corrispondente a un’altra serie che ha al centro Martino. Il legame che questa icona stabilisce fra Martino e Giacomo, afferma Lewy, sarebbe dovuto alla semi-armena Melisenda (in quanto figlia di Baldovino, re di Gerusalemme, e di Morfia di Melitene, principessa di origine armena) la quale sarebbe stata committente sia di tale icona sia dell’allargamento della chiesa gerosolimitana di San Giacomo contenente la cappella dedicata appunto al medesimo apostolo.

Tutto questo si legherebbe alla presenza a Gerusalemme di una fiorente comunità armena nelle mani della quale passa, benché non sia chiaro in che modo, il
compound attorno a San Giacomo già intorno alla metà del secolo XII. Resta però, secondo Lewy, che la venerazione della reliquia di san Giacomo il Maggiore a Gerusalemme era, ancora fino alla metà del XIII secolo, una tradizione latina. La tradizione armena si forma solo col venir meno della presenza latina a Gerusalemme. Secondo tale tradizione, per la prima volta attestata per iscritto in un manoscritto della prima metà del XIV secolo, la testa di Giacomo il Maggiore, una volta decapitato, fu portata da un angelo a Giacomo il Minore che, insieme con l’apostolo Giovanni, la depose sulla sua propria sede.

Tale trasporto, secondo Lewy, nasconde in realtà la traslazione delle reliquie di Giacomo il Minore dalla Valle del Cedron al Monte Sion, dove appunto si trovava la sede da poco divenuta patriarcale degli Armeni (scrive dal 1313: in realtà dal 1311) e bisognosa quindi di legittimazione. Ecco dunque che accanto alla presunta testa di Giacomo il Maggiore troverebbero posto nella cattedrale degli Armeni anche le reliquie di Giacomo il Minore. Tanto che a partire dal Trecento numerose testimonianze di pellegrini, confondendo i due Giacomo, parlano della venerazione della testa di Giacomo il Minore. Al quale Giacomo il Minore, in prosieguo di tempo, si indirizza sempre più la devozione dei pellegrini armeni.


Ciò non toglie che in ambito latino sia proseguita la devozione alla testa di Giacomo il Maggiore, presso la quale – ne abbiamo sicure testimonianze del XV e XVI secolo –, con il permesso degli Armeni, veniva celebrata la messa dai francescani proprio il 25 luglio. Almeno fino all’Ottocento, quando una controversia sorta tra i francescani e gli Armeni determinò il ritiro di tale permesso, cosicché oggi è al Giovedì Santo che i francescani tengono tale processione e la messa presso la memoria gerosolimitana di san Giacomo il Maggiore.

Ci sembra di poter ricavare da tutta la intricata ma appassionante questione che Lewy propenda da una parte per la autenticità della traslazione della testa di Giacomo il Maggiore a Compostela, laddove invece lega la pretesa di questa Sede di avere il totum corpus dell’apostolo semplicemente al bisogno di legittimazione visto che Compostela diventa sede episcopale solo nel 1095 e di lì a poco sede arcivescovile (1120).
Dall’altra parte ci sembra riconosca autentica la traslazione di reliquie di Giacomo il Minore presso l’attuale Sede gerosolimitana degli Armeni che non a caso venerano con particolare devozione il fratello del Signore.


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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