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Verso una riabilitazione di mons. Lefebvre? Noi preghiamo per un SI!

Ultimo Aggiornamento: 10/09/2011 16:01
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05/02/2011 14:59
 
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La storia del “cavaliere bianco senza paura” che non ha negato la chiamata del Signore


di Francesco Colafemmina


La relazione della professoressa Siccardi, letta a conclusione del decimo Congresso Teologico del Courrier de Rome organizzato dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X a Parigi agli inizi del gennaio scorso, si configura come un’approfondita ed accorata testimonianza di vita cattolica.

Sì, perché l’incontro con la comunità di Sacerdoti e fedeli legati alla Tradizione, alla messa "gregoriana", alla teologia e all’ecclesiologia preconciliare, si rivela una testimonianza di vita e non semplicemente d’intellettuale apertura a questo o quel leggendario riverbero del passato.

La Tradizione è viva ed è cattolica, nonostante siano in molti i cattolici che stando con tutti e due i piedi nella Chiesa, cercano di sfruttare ogni minima smagliatura all’interno della Fraternità San Pio X per denunciarvi il settarismo, il "protestantesimo" gallicano che vi sarebbe presente. E invece anche quelle smagliature sono fenomeni cattolici, ossia universali, perché mirano alla ricostituzione di un’unità piena tra l’essenza della Chiesa e la sua comunicazione al mondo. Ma andiamo per gradi.

Ciò che più colpisce in questa testimonianza è forse apprendere che l’interesse della Siccardi per Monsignor Lefebvre nasce a seguito dello studio biografico su Papa Paolo VI. Sarà infatti sotto il papato di Montini che si compirà la fondazione del "Seminario selvaggio" di Ecône. E Montini invierà quale suo emissario da Lefebvre il filosofo Jean Guitton, comunicandogli le seguenti parole: "Se andate ad Ecône dite che le mie braccia sono spalancate per riceverli tutti!". Questa frase ha talmente incuriosito la biografa di Paolo VI, da indurla a conoscere realmente la comunità fondata da Lefebvre: "Con un simile padre, pensavo, ci dovevano essere dei figli davvero speciali… E li ho incontrati nel 2006, recandomi, assieme a mio marito e ai miei figli, al priorato di Montalenghe e conoscendo personalmente i sacerdoti della Fraternità. Mi si è allora presentato un mondo che pensavo fosse scomparso e che potevo fino ad allora avvicinare solo attraverso la lettura, lo studio, i miei libri, un mondo spirituale al quale sentivo di esser sempre appartenuta: la mia anima, infine, aveva trovato la sua dimora."

Nasce così il progetto di realizzare una biografia di Monsignor Lefebvre, un lavoro attraverso il quale emergeranno le profonde differenze fra le personalità di Montini e del fondatore della FSSPX.

Anzitutto quelle risalenti alla loro formazione: Lefebvre formato nel Seminario francese di Santa Chiara a Roma sotto la direzione di Padre Henri Le Floch, uomo di sana dottrina; Montini invece esonerato dallo studio in Seminario per ragioni di salute e molto influenzato dall’Oratorio della Pace e da Monsignor Giulio Bevilacqua.

Poi quelle del carattere: Lefebvre deciso, determinato, fermo, Montini più influenzabile, fragile ma allo stesso tempo irremovibile una volta prese le sue decisioni.

E ancora quelle della vita politica: il padre di Montini sarà tra i fondatori del Partito Popolare a Brescia, e Montini verrà influenzato dall’ "aria nuova della Fede incarnata": "ossia l’idea che la Fede sia in sostanza nella vita della Chiesa, intesa come il popolo di Dio, con il risultato di un ruolo importantissimo della vita politica quale espressione di questo sentimento". Al contrario per Lefebvre, la Fede essendo inalterabile, ne discende che è solo a partire da essa che si effettueranno scelte politiche. La Fede è infatti inalterabile.

Si giunge pertanto al confronto storico che vide in qualche modo opporsi queste due anime. E il giudizio della Siccardi è piuttosto tranchant: "Paolo VI è stato sempre attratto dalla figura di Mons. Lefebvre perché lui rappresentava la Tradizione della Chiesa, e questa attrazione, questo appello molto forte alle sue funzioni di guida e di pastore, crearono in lui la reazione violenta caratteristica di colui che è incapace di sovrastare le sue debolezze e accusa coloro che non ne sono afflitti."

Lefebvre è piuttosto "la voce della coscienza" di Paolo VI, colui che identifica le crepe attraverso le quali il "fumo di Satana è entrato nel Tempio" e non si accontenta di registrarne l’esistenza, ma combatte seguendo sempre l’appello del Signore. E’ solo in ragione della giusta battaglia di Lefebvre che "la sua opera si sviluppa nel mondo per quarant’anni e continua a portare buoni frutti". Egli è il "cavaliere bianco senza paura che non ha negato la chiamata del Signore".

A distanza di tutti questi anni nuovi scenari sembrano attribuire sempre maggiore importanza alla testimonianza di Monsignor Lefebvre e alla sua opera. E nonostante la scomunica, vissuta con sofferenza, da un Vescovo che agiva con coerenza nella preservazione della sana dottrina e del suo mandato (tanto da far incidere sulla sua tomba: "Ciò che ho trasmesso è ciò che ho ricevuto" 1 Cor.11,23), Lefebvre è sempre rimasto legato alla Romanità, alla Cattolicità della Chiesa. Citando, infatti, un’omelia di Mons. Fellay, la professoressa Siccardi ricorda "che non esiste uno spirito della Fraternità. Lo spirito proprio della Fraternità è lo spirito della Chiesa. (…) Ed è per questo che Monsignor Lefebvre ha semplicemente ripreso ciò che la Chiesa ci dona. Ciò su cui dovrebbe essere centrata: la Messa. E’ il fondamento, la fonte di ogni grazia, di ogni santificazione. E’ davvero il rimedio, il rimedio a questa crisi."

Ecco quindi svelato il messaggio: la Fraternità Sacerdotale fondata da Lefebvre ha il compito di trasmettere alla Chiesa il tesoro cui essa ha rinunciato in un periodo storicamente dato e, se vogliamo, al di là del Concilio, mentre lo Spirito Santo non operava più nel consesso dei Vescovi di tutto il mondo. La messa, riformata da una commissione di uomini, "riscritta a tavolino" come Ratzinger più volte ha ripetuto, si è rivelato uno dei più forti cedimenti della cattolicità alla modernità, all’antropocentrismo, ad un ecumenismo sterile e a senso unico. Il recupero del tesoro del passato, reso possibile dalla clemenza e dalla saggezza di Papa Benedetto XVI, consentirà alla Chiesa di sentirsi più vicina a se stessa, alla sua identità e alle sue radici. Ma la missione non è compiuta. Perché dalla messa si dipanano quelle trame che intessono di autenticità la vita cattolica. Il valore della testimonianza della professoressa Siccardi risiede, a mio parere, proprio in questa capacità di evocare la vita cattolica della Fraternità, lo spirito ampio e vivo di Monsignor Lefebvre che non era legato ai pizzi e merletti del rito antico, che non guardava al latino idolatrando un ritualismo sterile e scollegato dall’autentico viver cattolico, ma che nel rito poneva il culmine dell’intera essenza del cattolico. Una fede inautentica, mutilata, ambigua, può celebrare centinaia di messe, ma pur permanendo l’azione salvifica della messa, essa non sarà pienamente operante nelle anime. Così quell’affezione rituale finirà per svanire, per scolorare appena la moda si estinguerà. Solo una messa intesa qual culmine di un intero vivo e organico esser cristiani, può avere lunga durata, fino alla fine dei tempi. E in ciò sta la sfida che tutto il mondo "tradizionalista" dovrebbe raccogliere. Una sfida incarnata dall’autenticità della fede vissuta dalle famiglie della Fraternità, dai suoi sacerdoti, dall’esempio sempre attuale di Monsignor Marcel Lefebvre. Solo così potremo rileggere con convinzione e spirituale comunione le parole pronunciate da Lefebvre il 23 Settembre del 1979 e citate dalla professoressa Siccardi, a conclusione della sua relazione:

"Pe la gloria della Santissima Trinità,
per l’amore di Nostro Signore Gesù Cristo,
per la devozione alla Santissima Vergine Maria,
per l’amore della Chiesa,
per l’amore del Papa,
per l’amore dei Vescovi, dei sacerdoti e di tutti i fedeli,
per la salvezza del mondo,
per la salvezza delle anime,
preservate questo testamento di Nostro Signore Gesù Cristo!
Preservate il sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo!
Preservate la messa di sempre!"

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Smile  non per spirito di femminismo, ma per concordia che mi piace come ha scritto la figura di mons. Lefebvre, la Cristina Siccardi....  
e dalle riflessioni di Francesco nel testo mi vien da pensare che come noi siamo invitati dal Pontefice a RILEGGERE il Concilio nel modo corretto, lo stesso possa e deve fare anche la FSSPX, rileggendo il suo ispiratore che mai volle muovere guerra contro il Pontefice, nè men che meno giudicarlo e condannarlo.... al contrario, fondare una Fraternità PER METTERLA AL SUO SERVIZIO E DELLA CHIESA....  
Wink  


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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