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Devozione: LA VIA MATRIS (da introiboadaltaredei.info)

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2011 16:32
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13/06/2010 19:17
 
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Devozioni: la Via Matris

La Via Matris: note su una devozione popolare e pratica “virtuale” on line

Di seguito sono riportate alcune note sulla devozione della “Via Matris Dolorosae“, o più semplicemente “Via Matris”, tratte dai testi di Maria mgMarcellina Pedico e Bruno Simonetto mentre dal collegamento che segue è possibile sperimentarne la pratica “on line”, che non può certo sostituire quella reale ma che può essere una piacevole scoperta per molti oltre che un conforto  per chi non avesse tale possibilità. I testi sono di Padre Stefano M. Manelli e il sottofondo è del Coro “Città di Rovigo”.

Furono soprattutto S. Anselmo, S. Bernardo e l’ignoto autore del “Liber de Passione Christi et dolore et planctu matris eius” a contribuire all’affermazione della devozione all’ Addolorata, e nel XIII secolo, con i Servi di Maria, sorsero i primi santuari dedicati all’Addolorata, la cui iconografia apparve alla fine dello stesso secolo. Addolorata ai piedi del crocifisso, con il petto trafitto da una spada. Si moltiplicarono allora le composizioni musicali sul “pianto della Vergine“, tra cui lo “Stabat Mater“. Ad opera dei servi di Maria si cominciarono a determinare “i sette dolori“, per cui le spade infilate nel petto della Vergine divennero sette; si fissò anche la celebrazione liturgica il venerdì della settimana di Passione, ossia otto giorni prima del venerdì santo.

Il papa Innocenzo XI istituì una seconda festa, nel 1688, consacrata alla Madonna Addolorata, che cade il 14 di settembre. Ad opera dei Servi di Maria si ebbero numerose devozioni legate a questa iconografia: La corona de isette dolori; la via matris; il mese di settembre; i sette venerdì.

La Via Matris Dolorosae o semplicemente Via Matris è un pio esercizio nel quale un gruppo di fedeli, o un singolo, compie un tratto di strada meditando sette dolori della Vergine.

Il cammino, percorso in preghiera, comprende sette soste («stazioni»), che corrispondono ai sette principali dolori che la pietà del popolo cristiano ha individuato nella vita della Vergine accanto al Salvatore: la profezia di Simeone, la fuga in Egitto, lo smarrimento di Gesù, l’incontro con Gesù sulla via del Calvario, la presenza sotto la croce del Figlio, l’accoglienza di Gesù deposto dalla croce, la sepoltura di Gesù.

 La metafora della vita come cammino emerge nel pio esercizio della Via Matris e in altre forme di preghiera popolare (Via crucis, Via lucis, Via pacis). I Vangeli ci informano di vari viaggi compiuti da Gesù e da Maria di Nazaret, sua madre. Relativamente alla Vergine essi hanno tramandato la memoria di molteplici cammini: – il «cammino della Figlia di Sion» verso la casa del sacerdote Zaccaria (cf. Lc 1,39-55); – il «cammino di donna incinta», da Nazaret a Betlemme (cf. Lc 2,1-7); – il «cammino di pia israelita», che si reca a Gerusalemme e là ode il vaticinio sul Figlio e su lei stessa (cf. Lc 2,34-35); – il «cammino di donna esule», (cf. Mt 2,13-15); – il «cammino di donna pellegrina», che ogni anno, per la festa di Pasqua, si reca a Gerusalemme (cf. Lc 2,49); – il «cammino di donna amica», che si reca premurosa a Cana di Galilea (cf. Gv 2,111); – il «cammino di discepola fedele», per cui sale dietro Gesù il Monte Calvario (cf. Gv 19,25-27).


Nel contesto di questi ‘cammini’ della Vergine Maria si disegnano le sette ‘Stazioni’ della Via Matris, un pio esercizio dove è messo in luce anche il suo aspetto pasquale. Al Mistero pasquale, infatti, guardano significativamente al I Stazione (“Maria accoglie nella fede la profezia di Simeone”), in cui risuona una parola di morte e di vita: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele” (Lc 2, 34); la II Stazione (“Maria fugge in Egitto con Gesù e Giuseppe”), in cui si succedono profeticamente fuga e ritorno, minaccia mortale del tiranno e amorosa protezione del Padre; la III Stazione (“Maria cerca Gesù rimasto in Gerusalemme”), nella quale i tre giorni dello smarrimento richiamano i tre giorni della sepoltura.

Al Mistero pasquale poi appartengono pienamente gli eventi salvifici contemplati nelle Stazioni IV (“Maria incontra Gesù sulla via del Calvario”), V (“Maria sta presso la Croce del Figlio”), VI (“Maria accoglie nel suo grembo Gesù deposto dalla Croce”) e VII (“Maria affida al sepolcro il corpo di Gesù, in attesa della Risurrezione”).

Va tuttavia notato che, per la temperie culturale dell’epoca in cui è nata la Via Matris, dominata dalla devozione alla Passione di Cristo, nemmeno questa pratica – come, del resto, la classica Via Crucisdelle 14 Stazioni – si sofferma a meditare esplicitamente sull’evento della Risurrezione di Cristo: nei secoli XVII-XVIII, infatti, giunge al culmine la devozione verso la Passione di Gesù e la com-passionedella Vergine Madre.

Si noterà che, come la Via Crucis, la Via Matris è una “preghiera biblica”, in quanto dal Vangelo, inteso in senso letterale o interpretato alla luce della tradizione della Chiesa, trae gli episodi di dolore e di salvezza che vi si contempla.

Gli episodi di dolore della vita di Cristo e di Maria sono consumazione del dolore che grava sull’umanità fin dai suoi albori, a causa della misteriosa ‘rottura’ tra Dio e l’uomo, avvenuta alle origini (cfr. Gn 3, 1-17) e delle successive, ripetute infedeltà all’Alleanza: Cristo è il “Servo sofferente”, che“si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori” (Is 53, 4); cfr. Mt 8, 17); per il mistero dell’Incarnazione e per la sua condizione di Capo dell’umanità egli è arcanamente partecipe di ogni sofferenza umana passata, presente e futura (cfr. Mt 25, 35-40); Maria è la “Donna del dolore”, come la chiama la tradizione della Chiesa, che in Uffici liturgici e in pii esercizi (come questo della Via Matris) ha posto sulle labbra della Vergine il lamento della ‘Figlia di Sion’: “Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore” (Lam 1, 12a).

 Il fondamento teologico della Via Matris, come del resto di ogni altro pio esercizio mariano, è l’indissolubile unione di Maria a Cristo nell’attuazione del progetto salvifico di Dio, che ha nell’Incarnazione del Verbo e nella Morte e Risurrezione di Cristo le sue più alte espressioni.

La Vergine è “l’intimissima socia” (cfr. Paolo VI, Esort. ap. Signum magnum, 1) nel compimento dell’opera della Redenzione. Associati quindi nel disegno della salvezza (cfr. Lc 2, 34-35), Cristo crocifisso e la Vergine Addolorata sono anche associati nelle celebrazioni della liturgia e nelle manifestazioni della pietà popolare.

L’intuizione fondamentale della Via Matris è, dunque, quella di considerare l’intera vita della Vergine, dall’annuncio di Gabriele (cfr. Lc 1, 26-38) e dal vaticinio di Simeone (cfr. Lc 2, 34-35) fino alla morte e sepoltura del Figlio, come un cammino di fede (cfr. Lumen gentium, 58) e di dolore.

In una attenta celebrazione della Via Matris non sarà difficile scorgere il senso ecclesiale del dolore della Vergine, e scorgerne il prolungamento nel dolore che accompagna la Chiesa e l’umanità intera nel suo cammino.

La Vergine, madre esule di un bambino perseguitato dai potenti, madre intrepida di un Figlio incompreso dai familiari, rifiutato dai concittadini, osteggiato dalle Autorità religiose, abbandonato dai discepoli, condotto al patibolo e crocifisso tra due malfattori, diviene la personificazione della Donna forte e fedele, cui la Chiesa continuamente si ispira nell’ora della tribolazione: quando vede derisa la persona e la parola del suo Signore, perseguitati i suoi figli, ostacolata la sua missione.

La Vergine ai piedi della Croce e la Madre sul cui grembo è deposto il Figlio morto diventano il simbolo e l’icona della Chiesa che, per divina missione, è accanto all’uomo che soffre e accoglie nel suo seno il dolore e l’afflizione di tutta l’umanità.

Certo, in tempi di globalità di tutto, viene spontaneo pensare alla forma più radicale e più vera diuniversalismo che è il dolore degli uomini. E ricordare ancora che il primo sguardo di Gesù non si rivolgeva al peccato degli altri, ma alla sofferenza degli altri; e il peccato stesso era, anzitutto, rifiuto della condivisione e della partecipazione al dolore altrui. Condivisione o com-passione non sono solo commiserazione: il termine com-passione può davvero essere preso come parola-chiave per il progetto di un mondo della religione biblica nell’èra della globalizzazione.

Nel nome di Gesù, “l’uomo dei dolori che ben conosce il patire” (Is 53, 3); e nel nome della Vergine Addolorata, intimamente unita al Figlio suo Crocifisso, che è parimenti “colei che ben conosce il patire”.

(dai testi di  Maria. M. Pedico e Bruno Simonetto)


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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