A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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L' ESAME DI COSCIENZA.......e la preparazione per una buona Confessione dei peccati!

Ultimo Aggiornamento: 29/10/2013 03:16
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Diceva Madre Teresa di Calcutta:

                          Madre Teresa di Calcutta


Esame di coscienza


«L'Esame di Coscienza è la pia pratica per ottenere la Riconciliazione e che si perde fin dai tempi antichi della Chiesa.
Diffusa maggiormente quanto più aumentavano i Catecumeni, l'Esame della Coscienza si diffuse subito fra i Cristiani sopratutto quando si doveva ottenere la Riconciliazione che, durante le persecuzioni, portavano molti cristiani ad abiurare alla fede per timore di venire uccisi.
Così prese nella coscienza stessa dei Cristiani la pia pratica di questo Esame al termine della giornata e per la confessione frequente raccomandata per altro da tutti i Santi e dallo stesso insegnamento della Chiesa».

Come si fa questo Esame?

 Segno della croce
In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.
Nel nome del Padre e del Figliolo e dello Spinto Santo. Cosi sia.



Tre sono i punti fondamentali che abbracciano un pò tutto il nostro vivere:

1) Mancanze verso Dio:

Ho amato Dio sopra ogni cosa?
Quante negligenze o omissioni nei doveri religiosi attraverso la Messa, il Rosario, la Preghiera quotidiana? La Chiesa è Sposa di Cristo e Suo Copro Santo, è nostra Madre e Maestra, quanta irriverenza ho compiuto contro questa Madre amorevole?
Ho santificato la Festa?
Ho mancato  di rispetto verso persone o cose sacre? Ossia, ho dileggiato i sacerdoti per la fede, ho irriso la sacralità della fede?
I dubbi sulla fede non sono una mancanza di rispetto verso Dio, tuttavia molto dipende da come strumentalizzerò ed userò questi dubbi i quali, unitamente alle tentazioni, sono una prova che Dio manda per correggerci nella fede: ho usato bene questi dubbi per rafforzare la mia fiducia in Dio? Oppure ho usato questi dubbi per allontanarmi dalla Chiesa?
Il rispetto umano è importante, tuttavia la prima vera forma di questo rispetto è non ingannare questo rispetto accettando le forme di peccato che si commettono contro la Legge di Dio quindi, ho rispettato l'uomo condannando le forme di ingiustizia verso la Legge di Dio?
Ho bestemmiato Dio, la Beata Vergine Maria e i Santi?
Le imprecazioni sono le più subdole forme di bestemmia che si tenta sempre di giustificare ma che in realtà conducono allo scatto d'ira o sono generate dall'ira; uso imprecare contro i Defunti?
La mancanza di fiducia e di rassegnazione sono forme di allontanamento grave da Dio e dalla Sua grazia, il Signore non giudica le volte in cui cadiamo in questa tentazione, ma giudicherà se non ci rialziamo perchè perdendo la fiducia in Lui Egli non può costringerci e di conseguenza Gli impediamo di salvarci: se oggi hai perduto questa fiducia, risollevati dalla polvere, guarda al Crocefisso, abbraccialo, e ritorna ad avere fede in Lui.
La resistenza alla grazia è uno dei peccati contro lo Spirito Santo per il quale Dio non può salvarci proprio perchè Egli rispetta la nostra scelta, ma tante volte opponiamo resistenza inconsapevolmente, per superbia, per orgoglio, per sfiducia. Se hai fatto questa resistenza, ora è il momento di lasciarci andare alla grazia, di lasciarsi prendere in braccio da Dio e di farsi cullare da Lui.
Ho rispettato la Legge di Dio nei DIECI COMANDAMENTI?


2) Verso il Prossimo:

Ho amato il mio Prossimo per amore di Dio e come Dio vuole che io lo ami?
Il mio Prossimo sono anche i miei superiori: ho avuto mancanza di sollecitudine, di obbedienza, ostinazione verso di loro?
Durezza, Disprezzo, Freddezza, Odio, Gelosia, Ingiurie.....quanto di tutto questo ho vissuto oggi e l'ho riversato al mio prossimo?
Ho saputo perdonare alle ingiurie, agli Scherni, alle Calunnie, alle Maldicenze, alle False testimonianze, alle Violenze, alle Menzogne, ai Cattivi esempi....? A mia volta ho evitato tutto questo al mio prossimo?
Perdonare non è facile, esso infatti è un DONO che si riceve per essere a nostra volta ridonato: per-donare, ma spesse volte non è facile, per questo in casi complessi e gravi ti è necessario l'aiuto di un sacerdote, ricorri a lui e ai suoi suggerimenti, piuttosto che agire frettolosamente e da solo/a.
Sei stato/a di incitamento al male, o hai dato di scandalo al prossimo sostenendo, per esempio, iniziative immorali, illecite, contro la vita umana nel grembo materno o contro il Sacramento del Matrimonio?
Sei stato/a causa di ingiustizie?
Sei stato/a causa di danni alla reputazione o ai beni del tuo prossimo?
Hai pagato i tuoi debiti? "Rimetti loro i debiti" come tu stesso/a richiedi nella recita del Padre Nostro affinchè vengano rimessi i tuoi di debiti?
Sei stato/a complice di furto?
Hai compiuto i Doveri verso la Patria, verso la Società?

Gesù ci ha detto: Ama il Prossimo tuo come ami te stesso!
tuttavia spesse volte noi non comprendiamo bene come dobbiamo davvero amare noi stessi e così finiamo per amare il prossimo nel modo sbagliato, come di fatto lasciamo che noi stessi viviamo nel peccato e nell'errore. E' importante allora esaminare la coscienza anche su se stessi, e capire davvero in quale modo ci amiamo se con Dio o lontano da Dio, da questo dipenderà anche il modo in cui ameremo il Prossimo.

3) Verso se stessi: 

Ho ottenuto una qualche vittoria sul mio difetto principale?
Sono stato superficiale nei confronti della correzione che devo verso i miei difetti?
Sono stato/a generoso/a ?
Come sono posto/a davanti all' Orgoglio, alla Vanità, all' Avarizia, ai Desideri inopportuni, agli sguardi, alle letture, alle parole e azioni impure?
E quanto all' Intemperanza, alla Gola, alla Mollezza, all' Immortificazione, alla Collera, alla Impazienza? Quanto sono stato/a pigro/a nell'adempimento dei doveri del proprio stato?
Quale è il mio rapporto nei confronti della Chiesa, la amo come Gesù la ama, oppure la uso per quello che mi fa comodo e la offendo mentendo sulla sua realtà divina?
Ho fatto la Comunione assolvendomi da solo/a da peccati gravi?
Se fosse un "si", rammenta che sei in uno stato grave di peccato, quello mortale, che può condurre alla perdizione definitiva in quanto alla base, l'autoassolversi da peccati gravi, c'è l'allontanamento dalla grazia di Dio che invece si riceve per mezzo del Sacerdote che assolve non in suo nome, ma "Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", fai promessa solenne di confessarti il giorno dopo, subito, in caso di morte improvvisa, questo esame potrebbe salvarti dalla morte eterna dell'anima, ossia dalla dannazione, lo dice san Paolo: "Chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore (si intende nella sua dottrina, anche quella della riconciliazione), mangia e beve la propria condanna"!

Rammenta che i Peccati che conducono alla morte (peccati mortali) dell'anima, ossia alla dannazione, sono quelli detti "contro lo Spirito Santo" e sono:

- impugnare la verità conosciuta;
- disperazione della salute;
- presunzione di sal­varsi senza merito;
- invidia della grazia altrui;
- ostinazione nei peccati;
- impenitenza finale.


Nel Catechismo di San Pio X (che non è abolito ma sempre valido e confluito nel Catechismo della Chiesa datato 1993), dopo i “sei peccati contro lo Spirito Santo”, venivano elencati i “quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio”:

- omicidio volontario;
- peccato impuro contro natura;
- oppressione dei poveri;
- defraudare la mercede agli operai.

Di tali peccati si diceva: «I peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, sono dei piú gravi e funesti, perché direttamente contrari al bene dell’umanità e odiosissimi, tanto che provocano, piú degli altri, i castighi di Dio» (n. 154).
Tali peccati sono diventati, nel nuovo Catechismo, i “peccati che gridano verso il cielo”: «Gridano verso il cielo:

- il sangue di Abele (cf Gen 4, 10);
- il peccato dei Sodomiti (cf Gen 18, 20; Gen 19, 13);
- il lamento del popolo oppresso in Egitto (cf Es 3, 7-10);
- il lamento del forestiero, della vedova e dell’orfano (cf Es 22, 20-22);
- l’ingiustizia verso il salariato (cf Dt 24, 14-15; Gc 5, 4)» (n. 1867).


Per un ulteriore approfondimento dei 7 vizi capitali, cliccate qui

Fatte queste meditazioni, si faccia il proposito di un vero pentimento, si faccia il proposito di ricorrere quanto prima alla confessione con un sacerdote, si faccia un attimo di silenzio interiore meditando davanti ad un Crocefisso....
Si dica ora
 
l' Atto di dolore...Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i vostri castighi, e molto più perché ho offeso voi infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo col vostro santo aiuto di non offendervi mai più e di fuggire le occasioni prossime del peccato. Signore, misericordia, perdonatemi.

Si dica anche:

Requiem Aeternam
Requiem aeternam done eis, Domine, et lux perpetua luceat eis. Requiescant in pace. Amen
L'eterno riposo dona loro, o, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Cosi sia.

Atto di fede
Mio Dio, perché siete verità infallibile, credo fermamente tutto quello che voi avete rivelato e la Santa Chiesa ci propone a credere. Ed espressamente credo in voi, unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte, Padre, Figliolo e Spirito Santo. E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnato e morto per noi, il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna. Conforme a questa Fede voglio sempre vivere. Signore, accrescete la mia fede.

Atto di speranza
Mio Dio, spero dalla bontà vostra, per le vostre promesse e per i meriti di Gesù Cristo, nostro Salvatore, la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere, che io debbo e voglio fare. Signore, che io non resti confuso in eterno.

Atto di carità
Mio Dio, vi amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, perché siete Bene infinito e nostra eterna felicità; e per amor vostro amo il prossimo mio come me stesso, e perdono le offese ricevute. Signore, fate ch'io vi ami sempre più.


Gesù, Giuseppe e Maria
Gesù, Giuseppe e Maria vi dono il cuore e l'anima mia.
Gesù, Giuseppe e Maria assistetemi nell'ultima mia agonia.
Gesù, Giuseppe e Maria spiri in pace con voi l'anima mia.



A Maria
Sub patrocinio tuo, Mater dulcissima et invocato Immaculatae Conceptionis tuae mysterio, studia mea laboresque litterarios prosequi volo, quibus me protestor hunc maxime ob finem incumbere, ut melius divino honori tuoque cultui propagando inserviam. Oro te igitur, Mater amatissima, Sedes Sapientiae, ut laboribus meis benigne faveas. Ego vero, quod justum est, pie libenterque promitto quidquid boni mihi inde successerit, id me tuae apud Deum intercessioni, totum acceptum relaturum.
Amen.
Sotto il vostro patrocinio, ed invocato il mistero della vostra Imm. Concezione, o Madre dolcissima, io intendo proseguire i miei studi e lavori letterari, coi quali protesto di avere in mira questo principio al fine di lavorare per propagare, per quanto meglio potrò, l'onore di Dio ed il vostro culto. Vi prego adunque, Madre amorosissima sede della Sapienza, di favorire benignamente i miei lavori. Io poi come di dovere, piamente e di buon cuore prometto, che quanto di buono mi succederà, tutto lo reputerò ricevuto dalla vostra intercessione presso Dio. Cosi sia.


Requiem Aeternam
Requiem aeternam done eis, Domine, et lux perpetua luceat eis. Requiescant in pace. Amen
L'eterno riposo dona loro, o, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Cosi sia.

Angele Dei
Angele Dei, qui custos es mei, me tibi commissum pietate superna illumina, custodi, rege et guberna. Amen.
Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Cosi sia.


Al termine del giorno,
o sommo Creatore,
veglia sul nostro riposo
con amore di Padre.

Dona salute al corpo
e fervore allo spirito,
la tua luce rischiari
le ombre della notte.

Nel sonno delle membra
resti fedele il cuore,
e al ritorno dell'alba
intoni la tua lode.

Sia onore al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo,
al Dio trino ed unico
nei secoli sia gloria. Amen.


         Nella veglia salvaci, Signore,
         nel sonno non ci abbandonare:
         il cuore vegli con Cristo
 

         e il corpo riposi nella pace.

ORAZIONE
Veglia su di noi in questa notte, o Signore: la tua mano ci ridesti al nuovo giorno perché possiamo celebrare con gioia la risurrezione del tuo Figlio, che vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen!

[Modificato da Caterina63 11/07/2010 00:26]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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12/07/2010 09:27
 
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Come possiamo vincere nelle tentazioni ed emergere dalle sconfitte?


                    perseveranza



1) Non ascoltare le voci della tua infanzia che ti porterebbero ad una nostalgia negativa, perché sono spazzatura!  Cristo dice: sono io la tua forza, il tuo coraggio, la tua legittimazione, sono  Io quella "voce" che può davvero riempirti.


2) Distaccati dalle radici del tuo superbo rigorismo materialista, dei tuoi ideali troppo elevati, del tuo autolesionismo! Non siamo nati per salvare il mondo, ma per portare nel mondo l'unico vero Salvatore!  Cristo dice: gloriati in me! Non sottovalutarti se davvero vivi in Me! Cerca di essere completamente te stesso, così che io possa operare attraverso di te.


3) Prendi conoscenza della tua felicità! Accettala! Sii grato per questo!  Cristo dice: abbandona ciò che hai alle spalle, protenditi verso ciò che ti sta dinanzi! Preoccupati solo se in te non c'è posto per Me!


4) Affidati alla tua voce interiore, ma fai silenzio per poterla ascoltare. Passa molto tempo davanti all'Eucarestia, al Tabernacolo, nel Confessionale. Cristo dice: trasformati nell’immagine di te che io porto in me! Non dimenticarti che io, il tuo Dio, mi sono Incarnato, mi sono fatto come te perchè tu potessi diventare come me, non il contrario!


5) Segui il tuo sogno, dopo averlo purificato da ogni egoismo! Cristo dice: conserva i tuoi sogni, coltivali con i Sacramenti, impara a viverli sul Calvario, fidati di Me!


6) Vivi la traccia della gioia! Cristo dice: il bambino che sta in te vuole vivere. Ma non con i suoi egoismi e i suoi capricci, resta fanciullo in quella fiducia che un bambino nutre verso sua Madre e con quella sua voglia di crescere e di voler imparare!


7) Abbi l’ardire di vivere i tuoi doni, anche quando non ti senti perfetto!

Cristo dice: entra sulla scena della tua vita con le scarpe slacciate e non farti paralizzare dalle tue paure. Abbi il coraggio di osare, non farti spaventare dal Getsemani o dalla salita del Monte Calvario, ricordati che alla fine c'è la Risurrezione!


8) Vivi l’attimo presente! Non rinchiuderti nel tuo passato, non vivere di sensi di colpa, affronta le tue debolezze, riconosci cosa è peccato e combatti la buona battaglia. Cristo dice: anch’io voglio essere dove sei tu! Sono venuto per questo, lasciami entrare nella tua vita, permettimi di renderti veramente felice!


9) Di’sì a te stesso in una vita con Dio, per Dio e in Dio.

Cristo dice: la mia immagine è riflessa sul tuo volto! Sono io a darti il volto che hai.


10) Vivi la tua creatività mettendo a frutto i talenti che ti sono stati dati, la Chiesa è la Famiglia dove puoi realizzarli, il mondo il posto dove seminare.

Cristo dice: tu sei unico! Ho un progetto per te, vieni a scoprirlo!









Per san Francesco di Sales:
«L'anima che ama Iddio è tanto trasformata nella divina Volontà da meritare di essere chiamata "Volontà stessa di Dio"».

«L'anima corre come un cavallo sfrenato - dice Caterina da Siena - di grazia in grazia velocemente e di virtù in virtù, 'ché non ha alcun freno che la trattenga dal correre, perché ha tagliato in se ogni disordinato appetito e desiderio della propria Volontà, i quali sono i freni e i legami che non lasciano correre le anime degli uomini spirituali».

«Non dimenticatelo mai - dice Teresa d'Avila - perché è importantissimo. L'unica brama di chi vuol darsi all'orazione deve essere di fare il possibile per risolversi a conformare la sua Volontà a quella di Dio».

«La somma perfezione non sta nelle dolcezze interiori, nei grandi rapimenti, nelle visioni e nello spirito di profezia, bensì nella perfetta conformità del vostro volere a quello di Dio».

«Mentre pensavo se non avessero ragione di vedermi di malocchio uscir di clausura per fondare monasteri e se non fosse meglio darmi con maggior impegno all'orazione, intesi queste parole: "Finché si è sulla terra, il profitto non consiste nel maggiormente godermi, ma nel fare la mia Volontà"».

Una regola d'oro che tutti i santi ci confermano è di vivere bene l'oggi, l'affanno di ogni giorno, il momento presente.

santa
Caterina da Siena diceva: «La fatica che è passata, noi non l'abbiamo, però che è fuggito il tempo; quella che è a venire non l'abbiamo però che non siamo sicuri di avere il tempo».

E sant'Antonio Abate: «Ricominciare oggi di nuovo, nella purezza di cuore e nell'obbedienza alla Volontà di Dio».

Maestra del vivere il presente è Teresa di Lisieux: «Approfittiamo del nostro unico momento di sofferenza, badiamo solo all'attimo che passa; un attimo è un tesoro».

«La mia vita è un baleno, un'ora che passa, è un momento che presto mi sfugge e se ne va.

Tu lo sai, mio Dio, che per amarti sulla terra non ho altro che l'oggi».

I1 completo abbandono alla Volontà di Dio, Teresa d'Avila l'ha espresso con una bellissima poesia:

«Vita o morte, trionfo oppure infamia, infermità o salute, sia in pace che tu mi voglia o in orride pene continue e acute, tutto accetta e gradisce questo cuore: Dimmi che vuoi da me, dimmi, Signore.

«Dammi ricchezza o in povertade astringimi, inferno dammi o cielo, vita sepolta fra più dure tenebre o senza velo: a tutto mi sottometto, o dolce Amore:
Dimmi che vuoi da me, dimmi, Signore.

«L'Alma, se vuoi, di gioia inalterabile oppure d'assenzio inonda; divozione, orazione, ratti ed estasi o siccità profonda; nel tuo volere trova pace il cuore: Dimmi che vuoi da me, dimmi, Signore».
 

La tensione fra Volontà umana e Volontà divina è vissuta da Gesù stesso nell'Orto degli Ulivi:

«Padre, se è possibile, si allontani da me questo calice... Tuttavia sia fatto non ciò che voglio io, Padre, ma ciò che vuoi tu».

«Soffri e non vorresti lamentarti - dice José Maria Escrivà - Non importa se ti lamenti. È la reazione naturale della nostra povera carne. Purché la tua Volontà voglia, ora e sempre, quello che vuole Dio».

Ma poi vengono i frutti: «La piena accettazione della Volontà di Dio porta necessariamente la gioia e la pace: la felicità nella croce».

La Chiesa ha illuminato sempre con la sua dottrina il cammino dell'uomo verso Dio, chiarendogli i misteri del suo volere.

Ricordiamo la consolante affermazione di san Paolo: «Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità».

[Modificato da Caterina63 07/10/2011 00:27]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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12/07/2010 10:32
 
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                              coerenza cristiana





L'autentica vita cristiana, si dispiega in quattro parole:
fare, patire, tacere, pregare


- Fare: si intende con diligenza, gli obblighi del proprio stato, senza mai trascurare in esso le Promesse battesimali.

- Patire: significa soprattutto sopportare volentieri, ossia per amore di Gesù, le tribolazioni interne ed esterne, che Iddio in qualsivoglia modo ci manda.
 
- Tacere: i difetti del prossimo, i disgusti ricevuti, ciò che ridonda in propria lode e riputazione, e tutte le parole oziose. Questo non vuol dire "rifiutare", ma il "tacere" è perfezione del cristiano autentico: rifiutando si rigetta ogni lotta, tacendo si combatte ogni tentazione.

- Pregare:  Iddio padre nostro celeste incessantemente: invocare nei travagli, nelle tentazioni, nel principio, nel fine delle nostre opere Gesù e Maria, domandare ogni grazia nei loro nomi, e particolarmente l’aumento della fede, speranza e carità per sé e per tutti gli altri. Senza la Preghiera saresti come un malato che rifiutando ogni cura si voterebbe inesorabilmente al suicidio, alla morte certa. La Preghiera non è solo affidamento, ma è anche l'arma del vero cristiano, per combattere .


**************************

LE MASSIME DI PERFEZIONE CRISTIANA SONO:

1)      Desiderare unicamente e infinitamente di piacere a Dio, cioè di essere giusto

2)      Rivolgere tutti i propri pensieri ed azioni all’incremento e alla gloria della Chiesa di Gesù Cristo

3)      Rimanere in perfetta tranquillità circa tutto ciò che avviene per la divina disposizione a non solo a riguardo nostro, ma anche  a riguardo della Chiesa di Gesù Cristo operando a pro di essa dietro la divina chiamata.

4)      Abbandonare totalmente se stesso nella Divina Provvidenza

5)      Riconoscere intimamente il proprio nulla

6)      Disporre tutte le occupazioni della propria vita con uno spirito di intelligenza che partano dalle Promesse battesimali.


********************************************

 Ma come va fatta la Volontà di Dio?
Come capire quando stiamo facendo davvero la sua volontà?

«Con estrema fiducia e senza riserva», dicono i Santi. «La nostra resa alla Volontà di Dio deve essere totale, il Sì detto una volta per sempre. L'esempio mirabile che abbiamo è Maria Vergine, dobbiamo seguire quel "fiat" e lavorare costantemente per essere fedeli a quella sequela; serbare ciò che non comprendiamo nel nostro cuore e vedere crescere Gesù in noi, e poi fare tutto quello che Lui ci chiede di fare attraverso la Scrittura, attraverso la Chiesa, attraverso i nostri superiori, attraverso il Pontefice, attraverso il nostro Confessore».

Di fronte alla morte che vede giungere, Paolo VI ci apre il suo animo: «Non più guardare indietro, ma fare volentieri, semplicemente, umilmente, fortemente la Tua Volontà. Fare presto, fare tutto, fare bene. Fare lietamente ciò che ora tu vuoi da me, anche se supera immensamente le mie forze e se mi chiede la vita».

Papa Giovanni XXIII nel suo «Giornale dell'anima» scriveva: La mia vera grandezza consiste nel fare totalmente e con perfezione unicamente la Volontà di Dio.

Tutto il creato compie la Volontà di Dio. I cieli, mossi dalla sua Volontà, gli stanno sottomessi in pace - scrive Papa Clemente Romano -: Il giorno e la notte percorrono il corso da lui prescritto senza ostacolarsi a vicenda. Il sole e la luna e i cori delle stelle girano come egli ha ordinato, in armonia, e senza deviare dall'orbita da lui segnata. L'immenso mare ricurvo, che per l'opera sua creatrice si raccolse nei suoi alvei, non oltrepassa mai i confini che gli pose intorno.

Nel "Padre Nostro" chiediamo: «Sia fatta la tua Volontà come in cielo così in terra».

«Quando questo sarà compiuto, allora tutto sarà cielo - esclama Pietro Crisologo -. Allora tutti saranno una cosa sola, anzi uno solo, il Cristo, tutti, quando in tutti vivrà l'unico Spirito di Dio».

Quando ci troveremo davanti al Divin Giudice, non ci sarà chiesto cosa avranno fatto gli altri di questa volontà divina, ma ci sarà chiesto: "TU COSA HAI FATTO"?
Prepariamoci fin da adesso, con serenità a poter rispondere a questa domanda: Signore! Io ci ho provato! Ma Tu sai quanto sono debole, conosci i miei limiti e miei difetti, ma conosci quanta battaglia ho fatto per correggermi, solo questo desidero, che si compia in me la Tua volontà!

 Il primo autentico gradino del silenzio è NON ASCOLTARE SE STESSI!
E' EVITARE DI ASCOLTARSI PARLARE, cosa vuol dire?

E' più semplicemente, evitare di fare gli opinionisti quando leggiamo il Magistero o le Sacre Scritture,
è evitare di interrompere la santa lettura per avanzare commenti personali.
E' evitare di associare a ciò che stiamo leggendo i difetti altrui, per esempio quella tentazione ricorrente che mentre leggiamo le Scritture attribuiamo subito ad altri le inadempienze.
E' evitare l'atteggiamento del Fariseo che nei confronti del Pubblicano ringrazia Dio di non essere come lui...
Per rendere efficace la Lettura santa della Scrittura o di una pagina del Magistero, è necessario così "evitare di ascoltarsi" per fare in modo che quella Parola ci parli davvero e che davvero possiamo ascoltarla.
Per esempio, quando leggiamo l'Imitazione di Cristo (ottima lettura che consigliamo a tutti), per poter coglierne immensi benefici, occorre rivolgere quella Parola a noi stessi, in silenzio, assorbirla, farla nostra, accoglierla sia come correzione verso noi stessi, sia come evangelizzazione per gli altri.
L'atteggiamento deve essere sempre quello del Figliol Prodigo che non si mette a discutere le ragioni del suo stato, ma si sottomette all'invocazione di Misericordia, chiede il perdono e veramente pentito non ha altro da aggiungere!
Chi ha sempre da aggiungere qualcosa vuol dire che non è davvero pentito, vuol dire che vuole ancora avere ragione sulle sue opinioni, vuol dire che fa ancora resistenza alla Grazia!


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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"Sono stata buona, oggi? Il Signore è contento di me?... E gli Angeli, mi voleranno intorno?"
(S.Teresina all'età di quattro anni, tutte le sere rivolgeva alla sorella Paolina questa domanda)




II. ITINERARI DI ESAME PARTICOLARE SUGLI OSTACOLI DA SUPERARE

9 - IMPULSIVITA', IMPAZIENZA, MALUMORE


Pensieri da meditare

•Beati i pacifici, perchè saranno chiamati figli di Dio (1).
•Ognuno sia pronto ad ascoltare, tento a parlare e tardo all'ira. S. GIACOMO (2)
•La concordia si conserva solo con la pazienza. S. GREGORIO (3).
•Parecchi vorrebbero morire per Gesù Cristo, e poi non vogliono sopportare una parola penosa per Gesù Cristo. Ma chi trema allo stormire d'una foglia, come starà saldo, nell'attesa del colpo di spada sulla testa? Abituatevi a sopportare pazientemente le minime cose per poter soffrire quelle più grandi. S. BONAVENTURA.
•E' grande imperfezione lamentarsi di continuo per i piccoli mali. S. TERESA (4).
•Il vero segno dell'innocenza conservata o ricuperata, è la dolcezza.
BOSSUET.
•L'uomo pacifico giova più assai dell'uomo dotto (5).
•Tutti lodano la pazienza, quantunque pochi voglian patire (6).

I ESERCIZIO

1. Quante volte non ho repressi subito, anche stando solo, i piccoli movimenti d'impazienza e di malcontento che sorgono in me?
2. Ho fatto attenzione a tenere tutto in ordine, a posare delicatamente un oggetto, a chiudere senza strepito una porta... ? (Impazienze).
3. Ho saputo attendere qualche tempo, prima di leggere una corrispondenza, un libro, un giornale, una rivista, o vedere qualcosa d'interessante?
4. Ho accettato coraggiosamente l'uniformità e la noia nel seguire il dovere, l'ordine, la disciplina?
5. Quante volte, sentendomi oggi turbato, mi sono arrestato un istante, prima di agire?
6. Ho giudicato gli altri con eccessiva severità ?

II ESERCIZIO

1. Ho saputo reprimere qualche scatto d'impazienza o di malumore?
2. Ho sopportato pazientemente un carattere antipatico o noioso? (Occasioni perdute).
3. Nelle conversazioni odierne, ho interrotto o contraddetto altri? (Mancanze).
4. Ho eseguito con pazienza e costanza, i miei propositi della meditazione e della rivista settimanale?
5. Ho rimproverato o punito per colpe dubbie?
6. Dopo una mancanza di riguardo sfuggitami, ho chiesto scusa?

III ESERCIZIO

1. Ho ricevuto in buona parte qualche mancanza di riguardo, qualche scherzo?
2. Ho sopportato, senza lamentarmi, il freddo, il caldo, il tempo cattivo e qualche indisposizione?
3. Dopo un insuccesso, mi sono mantenuto calmo e rassegnato al volere di Dio?
4. Dopo una mancanza, ho saputo opporre alla stizza dell'amor proprio, un atto di umile pentimento e di fiducia in Dio?
5. Ho sopportato, senza mormorare né lamentarmi, gli sbagli e i difetti degli altri?
6. Nelle pene più sensibili, ho pensato a quanto ha sofferto Gesù nella sua Passione?

PIE ASPIRAZIONI che possono recitarsi a piacere durante il giorno, per tutto il tempo che dura l'esame particolare sulla superbia:

O quam suavis est, Domine, spiritus tuus! (dalla liturgia)
Gesù mite e umile di cuore, rendete il mio cuore simile al vostro!
Cuore di Gesù, fate ch'io Vi ami e Vi faccia amare!
Virgo singularis, inter omnes mitis, nos culpis solutos, mites fac et castos.
(AVE, MARIS STELLA). - Vergine singolare, fra tutte mansuetissima, scioglieteci dalle colpe, fateci miti e casti!

NOTE

(1) Mt 5,9.
(2) Gc 1,19.
(3) 21, in Iob.
(4) Cammino di perfezione, 21.
(5) II Imit. 3,1.
(6) II Imit. 12,3.


(fonte:
Flos Carmeli)


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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27/08/2010 22:13
 
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Cari fratelli e sorelle,
nella vita di ciascuno di noi ci sono persone molto care, che sentiamo particolarmente vicine, alcune sono già nelle braccia di Dio, altre condividono ancora con noi il cammino della vita:  sono i nostri genitori, i parenti, gli educatori; sono persone a cui abbiamo fatto del bene o da cui abbiamo ricevuto del bene; sono persone su cui sappiamo di poter contare.

È importante, però, avere anche dei "compagni di viaggio" nel cammino della nostra vita cristiana:  penso al Direttore spirituale, al Confessore, a persone con cui si può condividere la propria esperienza di fede, ma penso anche alla Vergine Maria e ai Santi.

Ognuno dovrebbe avere qualche Santo che gli sia familiare, per sentirlo vicino con la preghiera e l'intercessione, ma anche per imitarlo.

Vorrei invitarvi, quindi, a conoscere maggiormente i Santi, a iniziare da quello di cui portate il nome, leggendone la vita, gli scritti. Siate certi che diventeranno buone guide per amare ancora di più il Signore e validi aiuti per la vostra crescita umana e cristiana.

Come sapete, anch'io sono legato in modo speciale ad alcune figure di Santi:  tra queste, oltre a san Giuseppe e san Benedetto dei quali porto il nome, e ad altri, c'è sant'Agostino, che ho avuto il grande dono di conoscere, per così dire, da vicino attraverso lo studio e la preghiera e che è diventato un buon "compagno di viaggio" nella mia vita e nel mio ministero.


(Benedetto XVI Udienza del Mercoledì 25.8.2010)

                             Pope Benedict XVI gestures as he leads a weekly general audience at his summer residence in Castelgandolfo, south of Rome,August 25, 2010.



LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 29.08.2010

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per recitare l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

nel Vangelo di questa domenica (Lc 14,1.7-14), incontriamo Gesù commensale nella casa di un capo dei farisei. Notando che gli invitati sceglievano i primi posti a tavola, Egli raccontò una parabola, ambientata in un banchetto nuziale. "Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: «Cèdigli il posto!» ... Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto" (Lc 14,8-10).
Il Signore non intende dare una lezione sul galateo, né sulla gerarchia tra le diverse autorità. Egli insiste piuttosto su un punto decisivo, che è quello dell’umiltà: "chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11). Questa parabola, in un significato più profondo, fa anche pensare alla posizione dell’uomo in rapporto a Dio.

L’"ultimo posto" può infatti rappresentare la condizione dell’umanità degradata dal peccato, condizione dalla quale solo l’incarnazione del Figlio Unigenito può risollevarla.

Per questo Cristo stesso "ha preso l’ultimo posto nel mondo — la croce — e proprio con questa umiltà radicale ci ha redenti e costantemente ci aiuta" (Enc. Deus caritas est, 35).

Al termine della parabola, Gesù suggerisce al capo dei farisei di invitare alla sua mensa non gli amici, i parenti o i ricchi vicini, ma le persone più povere ed emarginate, che non hanno modo di ricambiare (cfr Lc 14,13-14), perché il dono sia gratuito. La vera ricompensa, infatti, alla fine, la darà Dio, "che governa il mondo ... Noi gli prestiamo il nostro servizio solo per quello che possiamo e finché Egli ce ne dà la forza" (Enc. Deus caritas est, 35).

Ancora una volta, dunque, guardiamo a Cristo come modello di umiltà e di gratuità: da Lui apprendiamo la pazienza nelle tentazioni, la mitezza nelle offese, l’obbedienza a Dio nel dolore, in attesa che Colui che ci ha invitato ci dica: "Amico, vieni più avanti!" (cfr Lc 14,10); il vero bene, infatti, è stare vicino a Lui.

San Luigi IX, re di Francia – la cui memoria ricorreva mercoledì scorso – ha messo in pratica ciò che è scritto nel Libro del Siracide: "Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore" (3,18). Così egli scriveva nel suo "Testamento spirituale al figlio": "Se il Signore ti darà qualche prosperità, non solo lo dovrai umilmente ringraziare, ma bada bene a non diventare peggiore per vanagloria o in qualunque altro modo, bada cioè a non entrare in contrasto con Dio o offenderlo con i suoi doni stessi" (Acta Sanctorum Augusti 5 [1868], 546).

Cari amici, oggi ricordiamo anche il martirio di san Giovanni Battista, il più grande tra i profeti di Cristo, che ha saputo rinnegare se stesso per fare spazio al Salvatore, e ha sofferto ed è morto per la verità. Chiediamo a lui e alla Vergine Maria di guidarci sulla via dell’umiltà, per diventare degni della ricompensa divina.

DOPO L’ANGELUS DOPO L’ANGELUS

Il prossimo 1° settembre si celebra in Italia la Giornata per la salvaguardia del creato, promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana. E’ un appuntamento ormai abituale, importante anche sul piano ecumenico. Quest’anno ci ricorda che non ci può essere pace senza rispetto dell’ambiente. Abbiamo infatti il dovere di consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla e ulteriormente conservarla. Il Signore ci aiuti in questo compito!






 Congregazione PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI.
Risposta Quaenam sunt dispositiones circa le norme che riguardano il momento della celebrazione del sacramento della penitenza.
31 luglio 2001; Notitiae, 37(2001) 259-260.

“Quali sono le disposizioni che riguardano il momento della celebrazione del sacramento della penitenza: ad esempio, possono i fedeli accedere al sacramento della penitenza durante la celebrazione della messa?”.
 Circa il tempo della celebrazione del sacramento della penitenza le norme specifiche si trovano nell'istruzione Eucharisticum mysterium, del 25 maggio 1967, dove viene raccomandato: “Si inculchi nei fedeli l'abitudine di accostarsi al sacramento della penitenza non durante la celebrazione della messa, ma specialmente in certe ore stabilite, cosicché l'amministrazione di questo sacramento si svolga con tranquillità e con vera loro utilità, ed essi stessi non siano impediti da una attiva partecipazione alla messa” (n. 35). Le stesse cose sono nuovamente proposte anche nelle Premesse del Rito della Penitenza (n. 13), dove però si afferma che “la riconciliazione dei penitenti si può celebrare in qualsiasi giorno e tempo” (ivi).

 Questo va inteso dai pastori come un consiglio per la cura pastorale dei fedeli, che devono essere esortati e aiutati a non trascurare di cercare nei sacramento della penitenza il vantaggio spirituale e ad accedervi possibilmente al di fuori del tempo e del luogo della celebrazione della messa. D'altra parte questa norma non proibisce in alcun modo ai sacerdoti - eccetto a colui che celebra la santa messa - di ascoltare le confessioni dei fedeli che lo desiderano anche nel tempo della celebrazione della messa.

 Ai nostri giorni particolarmente, mentre da molti si perde il significato ecclesiale del peccato e del sacramento della penitenza, ed è molto diminuito il desiderio di accedere al sacramento della penitenza, i pastori devono favorire con tutte le loro forze tra i fedeli l'uso frequente di questo sacramento. Perciò nel can. 986 § 1 del Codice di diritto canonico si legge: “Tutti coloro cui è demandata in forza dell'ufficio la cura delle anime, sono tenuti all'obbligo di provvedere che siano ascoltate le confessioni dei fedeli a loro affidati, che ragionevolmente lo chiedano, e che sia ad essi data l'opportunità di accostarsi alla confessione individuale, stabiliti, per loro comodità, giorni e ore”.

 In effetti la celebrazione del sacramento della penitenza è uno tra i ministeri specifici del sacerdote. I fedeli non solo sono tenuti a confessare i peccati (cf. can. 989), ma anzi hanno il diritto “di ricevere dai sacri pastori gli aiuti derivanti dai beni spirituali della Chiesa, soprattutto dalla parola di Dio e dai sacramenti” (can.213).

 Risulta quindi evidente che anche durante la celebrazione della messa è lecito ricevere la confessione ogni volta in cui si prevede che i fedeli chiedano quel ministero.

Nel corso di una concelebrazione, si esorta vivamente che alcuni sacerdoti si astengano da concelebrare per essere disponibili ai fedeli che vogliono accedere al sacramento della penitenza. [SM=g1740733]

 Si ricordi comunque che non è lecito unire il sacramento della penitenza con la santa messa in modo da farne risultare un'unica celebrazione liturgica
."



[SM=g1740733]


[Modificato da Caterina63 26/02/2012 16:55]
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Preghiera (per se stessi ) e per i peccatori.

Oggi continuano ancora le suppliche della Chiesa, e le schiere del Signore percorrono, per la seconda volta, le vie della città ed i sentieri delle campagne. Uniamoci ad essi, e facciamo sentire anche noi quel grido che penetra fino al cielo: Kyrie, eléison! Signore, abbiate pietà! Riflettiamo al numero immenso dei peccati che si commettono ogni giorno e ogni notte, ed imploriamo misericordia. All'epoca del diluvio, "ogni mortale aveva depravato la sua via" (Gen 6,12); ma gli uomini non si preoccupavano di domandare grazia al cielo. Dice il Signore: "Venne il diluvio e spense tutti" (Lc 17,27). Se avessero pregato, se avessero fatto ammenda onorevole alla divina giustizia, la mano di Dio si sarebbe arrestata; non avrebbe rovesciato sulla terra "le cataratte del grande abisso" (Gen 8,2). Un giorno dovrà pur venire, nel quale non più le acque, ma un fuoco acceso dalla collera celeste, divamperà su questa terra che noi calpestiamo; un fuoco che brucerà fino alle radici delle montagne (Dt 32,22), e come accadde al tempo di Noè, divorerà i peccatori sorpresi nella loro effimera sicurezza.

Ma in anticipo, la santa Chiesa, oppressa dai suoi nemici, decimata dal martirio dei suoi figli, ridotta agli estremi dalle defezioni degli altri, sprovvista di qualunque appoggio terrestre, sentirà che quel giorno è vicino; poiché rara sarà la preghiera, come la fede. Vegliamo, dunque, e preghiamo, affinché questi giorni della consumazione vengano ritardati; affinché la vita cristiana, così dissanguata, riprenda un po' di vigore; e che il mondo, invecchiato, non si abbatta durante i tempi nostri. I cristiani sono ancora presenti dappertutto, ma il loro numero è visibilmente diminuito.
L'eresia occupa vaste regioni, dove prima fioriva il cattolicesimo; nei paesi da essi risparmiati, l'incredulità e l'indifferenza hanno condotto la maggior parte degli uomini a non essere più cristiani che di nome, ed a trasgredire senza rimorsi anche i doveri religiosi più essenziali; in un gran numero di quelli che compiono i loro obblighi di cattolici, le verità sono diminuite (Sal 11,2), la forza della fede ha lasciato il posto alla mollezza delle convinzioni; conciliazioni impossibili sono tentate e seguite; i sentimenti e le azioni dei santi, che lo Spirito di Dio animava, gli atti e gli insegnamenti della Chiesa, sono tacciati di esagerazione e d'incompatibilità con un sedicente progresso; la ricerca degli agi è divenuto uno studio assiduo; la conquista dei beni terrestri, una nobile passione; l'indipendenza un idolo, al quale tutto si sacrifica; la sottomissione, una vergogna che bisogna fuggire o dissimulare; e, finalmente, il sensualismo, quale impura atmosfera, impregna da ogni parte una società che si direbbe abbia deciso di abolire anche il ricordo della Croce.

Sorgono da qui tanti pericoli per questa umanità che sogna condizioni diverse da quelle che Dio ha voluto imporle. Se il Vangelo è divino, come gli uomini potrebbero fare il contrario, senza provocare il cielo a lanciare sopra di essi quei flagelli che schiacciano, quando non salvano? Siamo giusti, e sappiamo riconoscere le nostre miserie di fronte alla santità suprema: i peccati della terra si moltiplicano, per numero e per intensità, in una maniera impressionante; e pertanto, nel quadro che abbiamo tracciato, non parliamo né dell'empietà forsennata, né degli insegnamenti perversi, il cui veleno circola un po' dappertutto, né dei patti con Satana che minaccia di far discendere il nostro secolo al livello di quelli pagani; né della cospirazione tenebrosa organizzata contro ogni ordine, ogni giustizia, ogni verità. Ancora una volta, uniamoci alla santa Chiesa, ed esclamiamo con lei in questi giorni: "Dalla tua collera, liberaci, o Signore!".

- Pater Noster, Ave Maria, Gloria Patri....

Preghiera per i beni della terra.

Un altro dei fini che si propongono le Rogazioni è quello di attirare la benedizione di Dio sui raccolti ed i frutti della terra; è la domanda del pane quotidiano che si tratta di presentare solennemente alla Maestà divina. "Gli occhi di tutti da te attendono e tu dai loro a suo tempo il loro cibo, allarghi la mano e colmi di favori ogni vivente" (Sal 144,15-16). Ferma su queste parole, la santa Chiesa supplica il Signore di dare anche quest'anno agli abitanti della terra il nutrimento di cui hanno bisogno. Confessa che ne sono indegni per le loro offese: riconosciamo con lei i diritti della divina giustizia sopra di noi, e scongiuriamola di lasciarsi vincere dalla misericordia. I flagelli che potrebbero arrestare improvvisamente le speranze orgogliose dell'uomo, sono nelle mani di Dio; nessuno sforzo sarebbe per lui di annientare tante belle ricerche: un turbamento dell'atmosfera sarebbe sufficiente per ridurre i popoli agli estremi. Ha un bel fare la scienza economica! bene o male deve fare i conti con Dio! Essa parla di lui raramente, ed egli sembra consentire a vedersi dimenticato; ma "non dorme affatto il custode d'Israele" (Sal 120,4). Che egli trattenga la sua mano benefica, ed i nostri lavori agricoli di cui siamo così fieri, le nostre coltivazioni, per mezzo delle quali ci vantiamo di aver reso ormai impossibile la carestia, saranno immediatamente colpite di sterilità. Una malattia, la cui origine resterà sconosciuta, si potrebbe improvvisamente abbattere sui prodotti della terra - quante volte l'abbiamo costatato - e sarebbe sufficiente per affamare i popoli, sufficiente per attirare le più terribili perturbazioni in un ordine sociale che ha voluto liberarsi dalla legge cristiana, e non ha più altra ragione di sussistere che la compassione divina.

Tuttavia, se il Signore si degnerà anche quest'anno di concedere fecondità e protezione ai raccolti che le nostre mani hanno seminato, dovremo dire, per amore della verità, che egli avrà dato il nutrimento a coloro che lo dimenticano, a coloro che lo bestemmiano, come a quelli che pensano a lui e gli rendono onore. I ciechi ed i perversi, abusando di questa longanimità, ne approfitteranno per proclamare sempre più forte l'inviolabilità delle leggi della natura; Dio tacerà ancora, e li nutrirà. Perché trattiene la sua indignazione? perché la sua Chiesa ha pregato, perché sulla terra ha riconosciuto i dieci giusti (Gen 18,32), ossia quel ristretto numero di cui si contenta nella sua adorabile bontà. Egli lascerà, dunque, parlare e scrivere i sapienti economisti che gli sarebbe così facile confondere; e, grazie a questa pazienza, avverrà che molti di essi si stancheranno di seguitare a correre così le vie dell'assurdo: una circostanza inattesa schiuderà i loro occhi, un giorno essi crederanno e pregheranno insieme a noi. Altri sprofonderanno sempre più in basso nelle loro tenebre; sfideranno la giustizia divina sino alla fine, e meriteranno che su di essi si compia il terribile oracolo: "Dio ha fatto ogni cosa per se stesso, anche l'empio per il giorno infausto" (Pr 16,4).

Per noi che ci gloriarne della semplicità della nostra fede, che attendiamo tutto da Dio e niente da noi stessi, che ci riconosciamo peccatori e indegni dei suoi doni, imploreremo, durante questi tre giorni, il pane della sua misericordia, e diremo insieme alla santa Chiesa: "Che ti degni dare e conservare i frutti della terra, ti preghiamo, ascoltaci, o Signore!". Che egli si degni ancora questa volta esaudire il grido del nostro affanno! e, tra un anno, torneremo ad indirizzargli la medesima domanda. Marciando, sotto il vessillo della croce, noi verremo di nuovo a percorrere le medesime strade, facendo risuonare nell'aria le medesime Litanie; e la nostra fiducia si fortificherà sempre più al pensiero che la santa Chiesa, in tutto il mondo cristiano, conduce i suoi figli in questo supplichevole cammino. Da quindici secoli il Signore riceve i voti dei suoi fedeli, in quest'epoca dell'anno; non vorremo essere noi, adesso, ad attenuare l'omaggio che gli è dovuto: faremo ogni sforzo per supplire, con l'ardore delle nostre preghiere, all'indifferenza ed alla mollezza che troppo spesso vi si uniscono, facendo così sparire dai nostri usi molti di quei segni di cattolicità che furono così cari ai nostri padri.

- Pater Noster, Ave Maria, Gloria Patri....

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 208-211


       

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18/10/2010 00:22
 
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Dal Blog Cordialiter, raggiungibile dal titolo, volentieri vi condivido quanto segue:

Atto di dolore



Vedendo un documentario che narrava un triste episodio di guerra, rimasi colpito da un fatto. Molti soldati italiani presi prigionieri, erano stati concentrati in un luogo di campagna.

Credevano che sarebbero stati condotti in un campo di prigionia e si preparavano a marciare, ma un ufficiale italiano, che forse capiva la lingua del nemico, o comunque aveva capito quel che stava per accadere,
gridò ai nostri soldati: “Recitate l'atto di dolore!”

Pochi istanti dopo, dalle mitragliatrici del nemico partirono raffiche incrociate che massacrarono quasi tutti i soldati (qualcuno rimase ferito e venne salvato dalla popolazione del posto, dopo che il nemico abbandonò il luogo del misfatto).

Mi ha fatto riflettere molto quel “Recitate l'atto di dolore!” gridato dall'ufficiale italiano. Sì, un atto di dolore, se recitato devotamente, può salvare la propria anima, poiché causa una contrizione perfetta del cuore, cioè procura un dolore perfetto delle proprie colpe, dolore causato principalmente dall'aver offeso Dio infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa.

Chissà quanti soldati in quell'occasione riuscirono a fare un atto di contrizione. Chissà quanti sapevano recitare l'atto di dolore.

Ohimè, se accadesse oggi un fatto del genere, temo che ben pochi saprebbero recitare questa importantissima preghiera. Il tempo per dire barzellette, chiacchiere e pettegolezzi non manca mai, ma se si tratta di imparare a memoria una preghiera, si dice che non si ha tempo.

Un giorno, il Cardinale Bellarmino andò a visitare un moribondo. Tentò di prepararlo alla confessione e alla buona morte facendogli fare un atto di contrizione, ma il moribondo affermava di non capire quei concetti, e in quello stato se ne morì.


                   Atto di dolore

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18/11/2010 16:23
 
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[SM=g1740733]
L'insegnamento di san Giovanni Bosco
:


Noi ci rendiamo colpevoli dei peccati altrui in dieci modi:

1. Col consigliare il peccato in ogni sua forma;

2. Coll'istigare al peccato incoraggiando il prossimo a fatti illeciti e contrari alla morale ed alle Leggi di Dio, specialmente i Dieci Comandamenti;

3. Col comandare agli altri di peccare istigando il prossimo a fare qualcosa di cattivo e che non vuole e quindi anche ricorrendo al ricatto;

4. Col consentire all'altrui peccato giustificandolo e perdonandolo al posto di Dio;

5. Col permettere il peccato potendo impedirlo lasciando che il prossimo ne rimanga danneggiato e con il rischio di perdere la propria anima;

6. Col non castigare il peccato, avendone dovere, ignorando il dovere che abbiamo di fronte alla verità;

7. Col lodare l'altrui peccato banalizzando il pericolo imminente nell'offendere Iddio, degno di essere amato sopra ogni cosa;

8. Col difendere il peccato, soprattutto compiacendosi e difendendo atti e atteggiamenti che offendono le leggi di Dio, specialmente a riguardo dei Dieci Comandamenti;

9. Col partecipare al peccato, lasciandosi coinvolgere in atti illeciti e che offendono Iddio;

10. Col tacere il peccato, quando vi è l'obbligo di manifestarlo, sostenendo specialmente quelle manovre politiche che si oppongono all'insegnamento infallibile della Santa Chiesa e del Romano Pontefice.

Queste colpe vanno confessate e bisogna provare disprezzo per averle sostenute, ricorrendo alla misericordia di Gesù nostro Signore bisogna provare vero pentimento per non più offenderlo.




[SM=g1740733]

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25/11/2010 12:32
 
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[SM=g1740733] Ringraziando la Divina Provvidenza che, con stupenda coincidenza, mentre in questi giorni registravo i suoi insegnamenti trasmessi dalla santa Patrona, proprio oggi il Santo Padre svolgeva la sua Catechesi su Santa Caterina da Siena.....

Grazie santo Padre!

[SM=g1740733] RIEPILOGO Audio dal Dialogo della Divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena

Dopo la breve presentazione e il primo audio con il capitolo 115 che troverete qui:
http://it.gloria.tv/?media=112231 (1)
e dove si parla del primato petrino....

qui troverete il capitolo 116:
it.gloria.tv/?media=112263 (2)
"chi perseguita un Sacerdote, perseguita Dio"

Seguono ora due capitoli insieme il 122 e il 123,
it.gloria.tv/?media=112470 (3)

"come nei Ministri cattivi regna l'ingiustizia soprattutto nel non correggere i sudditi, Caterina spiega poi nel capi. 123 quali siano i difetti dei Ministri che maggiormente offendono Dio e il Prossimo."

Segue ora il capitolo 124
it.gloria.tv/?media=112704 (4)

" santa Caterina ascolta dalla Divina Provvidenza il dolore che certi Ministri procurano con il peccato contro natura.... e narra di una visione che Caterina ebbe...."

Vi offriamo ora il capitolo 126
it.gloria.tv/?media=112956 (5)
La Divina Provvidenza spiega a santa Caterina gli effetti del peccato della lussuria all'interno dell Chiesa......

Con questo audio termina, per ora, questa Lettura
...



Audio (1)



AUDIO (2)



AUDIO (3)



AUDIO (4)



AUDIO (5)

[SM=g1740738]

[SM=g1740750] [SM=g1740752]


[Modificato da Caterina63 27/11/2010 11:29]
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27/11/2010 01:02
 
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Il quadro bruciato da una donna dannata


Da Cordialiter:

Nella biografia di Sant'Alfonso Maria de Liguori, si narra che il 26 marzo 1722, partecipò a degli esercizi spirituali. All'epoca il giovane Alfonso era uno dei più illustri avvocati di Napoli. Quelle prediche produssero un gran bene alla sua anima; soprattutto quella riguardante l'inferno. Il predicatore mostrò al numeroso uditorio un quadro bruciacchiato (nella foto a lato) raffigurante Gesù crocifisso.

Perché era bruciacchiato? Un cavaliere aveva avuto una relazione impura con una dama, ma questa sciagurata morì senza pentimento. Un giorno, mentre il cavaliere stava pregando in suffragio dell'anima della dama dinanzi al quadro, le apparve l'anima di quella donna in sembianze mostruose, la quale disse “Non pregate per me che sono dannata”, e per lasciare un segno che accertasse la veridicità della sua affermazione, appoggiò le mani sul quadro, lasciando delle evidenti bruciature. Fatto ciò disparve.

Il racconto di questo fatto impressionò molto l'animo di Sant'Alfonso, e così decise di non volerne più sapere del mondo, e molto più di ammogliarsi e delle vanità mondane. Prostrato a piedi del Crocifisso, propose di voler vivere una vita celibe, ed occuparsi solo di Dio e della propria anima. Qualche tempo dopo, abbandonava la ricca carriera forense ed abbracciava lo stato sacerdotale. In seguito fondò un ordine religioso dedito alle missioni popolari tra i villaggi sperduti. Le sue memorabili prediche facevano piangere di compunzione l'uditorio, e in tanti cambiavano vita e si davano a Dio senza compromessi col mondo. Che giova vivere una vita ricca di divertimenti e di piaceri materiali, se poi si perde l'anima?


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Il male minore è lecito? e in quali casi?

Non facciamo il male perché ne venga un bene” (Rom 3,8).

Con queste parole San Paolo stabiliva un principio fondamentale di morale, alla base di ogni vita cristiana. Ma fra due mali si può scegliere il minore? Lo si può consigliare?
Per rispondere adeguatamente a queste domande pubblichiamo un testo tratto dal Dizionario di Teologia Morale del Cardinale Pietro Palazzini (Editrice Studium, 1969) alla voce Minor male.

MINOR MALE (scelta del).

1) Scegliere il male minore.

Di due mali scegliere e perciò compiere il minore non è lecito, se si tratta di due mali morali ossia di due operazioni che sono in se stesse viola­zione della legge morale.
La tesi è evidente. Un male non diventa bene o lecito, perché c'è un altro male più grande, che si potrebbe scegliere. Il problema morale, proposto nella domanda « Se è lecito o obbligatorio sce­gliere di due mali il minore », suppone una cosa, che in realtà non può esistere, cioè il cosiddetto caso perplesso, nel quale l'uomo sarebbe costretto a scegliere tra due atti peccaminosi, così che se non scelga l'uno, necessariamente debba scegliere l'altro. Un tale caso moralmente è impossibile. Perché l'uomo può sempre astenersi da qualsiasi atto positivo, che importa la scelta di un mezzo.
 
L'uomo può sempre non fare, se fare l'una o l'altra cosa sia sempre peccato; e questo non fare non è peccato in sé (p. es., non procurare l'aborto). Se da questa omis­sione seguono, in virtù di circostanze, gravi danni, p. es. la morte della madre, o della madre e del bambino insieme, l'uomo non è responsabile per questi danni, perché nes­suno è responsabile per le conseguenze della condotta da lui seguita, quando non c'era possibilità d'agire senza peccare. Sce­gliere il minore male è lecito, quando questo minor male non è in sé un male morale (peccato), ma è o un male puramente fisico o un atto od omissione in sé buona o indif­ferente, dal quale o dalla quale però, nel caso concreto, seguirà un effetto acciden­tale cattivo, meno grave però di quello che produrrebbe un altro mezzo; p. es. di due farmaci, che producono tutti e due un effetto cattivo sulla salute, ma che sono ugualmente utili per me, io devo scegliere il meno nocivo, perché ho l'obbligo di non recare nocumento alla mia salute.

( altri esempi collegati ai problemi odierni potrebbe essere questi:
- qualcuno sostiene che prendere la PILLOLA contraccettiva (non quella del giorno dopo, attenzione!) sarebbe una sorta di "male minore...."
ma non è così: la pillola contraccettiva in verità ha delle funzioni curative e in molti casi evita l'uso del bisturi alla donna, se dunque prendo la pillola per un periodo perchè devo curarmi, non è la scelta di un "male minore", è una scelta CURATIVA essenziale, ma se si prenderà quella pillola CON LA SCUSA DI ricorrere ad un male minore, ossia NON avere figli, allora è una scelta IMMORALE....
- altro esempio è l'uso del profilattico per i malati di AIDS.... naturalmente il discorso non si pone per un credente e praticante, quanto piuttosto per chi già conduce una vita di peccato poichè prostituirsi è peccato e cambiare spesso partner non è cosa seria....è immorale! Se dunque chi conduce una vita SREGOLATA e già nel peccato, usando il profilattico evitasse di contagiare al partner con l'AIDS, allora in questo caso scatta il concetto del "male minore", ma sempre di peccato si tratta, solo che, al peccato della prostituzione e dell'adulterio si aggiungere un peccato mortale, quello di aver provocato LA MORTE dell'altro....

Come ben si comprende, il male minore, resta comunque sempre un peccato, che se trascurato, potrebbe perfino diventare mortale
....un sacerdote, in un caso come questo, NON può mai consigliare il peccato minore dal momento che egli è "medico dell'anima e non del corpo", deve salvare LE ANIME e non i corpi...)

***

2) Consigliare (RACCOMANDARE) un male minore.

Il problema morale va così enunciato: se è lecito consigliare ad una per­sona decisa a fare un peccato, di farne un altro che sia meno grave, p. es. consigliare la fornicazione ad una persona che è decisa a fare un adulterio ; di ubriacarsi invece di fare un omicidio.
 La retta soluzione del problema è, che non è mai lecito consigliare un peccato, neanche a una persona che è decisa a fare un peccato più grave, perché consigliare un atto è di per sé indurre a commetterlo. Orbene, indurre un altro a commettere un peccato, è peccato. Non mi è lecito far sì che un altro voglia e faccia un peccato.

La comparazione con un altro peccato non toglie la malizia del primo. Il fine, prevenire un peccato maggiore, è buono ; ma il fine buono non giustifica il mezzo adoperato, se questo non è già permesso in se stesso. Non è lecito fare un male, per evitare un male maggiore.

Quando, però, ciò che facciamo non è consigliare un peccato, benché meno grande, ma sconsigliare di compiere una parte del peccato già deciso (ritrarre da una parte e non dal tutto, perché questo ci risulta impossibile), non facciamo male ma bene ; p. es. dire ad un ladro, che vuol uccidere un proprietario e rubare i suoi tesori, « pren­dete soltanto i tesori », non è consigliare il furto, ma sconsigliare l'omicidio. Il furto era già deciso e non si compie a motivo delle mie parole. L'unico effetto che le mie parole producono per loro propria natura è ritrarre il ladro dall'omicidio già stabilito.
Orbene, ritrarre un altro dal suo proposito cattivo è un atto buono e lecito per propria natura.
Questo vale anche se il mio atto lo ritrae soltanto da una parte del peccato, perché non è in mio potere (benché in mio volere) di ritrarlo del tutto.

La differenza tra il consigliare il minor male e lo sconsigliare una parte del male proposto, sta in questo che nel primo caso si adopera un atto, per natura cattivo, come mezzo ad un fine buo­no; nel secondo caso invece si adopera un atto per natura sua buono come mezzo ad un fine buono. Ma ciò che decide della moralità non è la forma delle parole usate, ma il loro vero significato, il quale talvolta è determinato anche dalle circostanze in cui esse sono pronunziate. Affinché il nostro atto sia davvero uno sconsigliare una parte del peccato, è necessario che la parte rimanente sia già stabilita formalmente o almeno virtualmente nel peccato intero, che l'altro aveva deciso di commettere.
Ben.

BIBL. - A. Fumagalli, Del consigliare il minor male, Monza 1943.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Ha ancora senso parlare di riparazione?
   

È il servizio supremo nei confronti dell’umanità, come ha fatto Cristo. Maria, che ha seguito perfettamente le orme del Figlio, ci guida e incoraggia in questo cammino.
 

Già i Padri avevano esplicato il ruolo di Maria nella storia della salvezza come cooperatrice della missione redentiva di Cristo. Essi sottolineano il contrasto tra Eva e Maria, tra la situazione di perdizione e quella di salvezza instaurata con il della Vergine. Il linguaggio della riparazione applicato a Maria avviene con Ambrogio (+397) e Agostino (+430), il quale afferma: «Poiché l’uomo è caduto per mezzo del sesso femminile, per mezzo del sesso femminile è stato riparato» (Sermo 232, 22).

La Vergine di Nazaret come "riparatrice"

Il primo documento che attribuisce il titolo di "Riparatrice" a Maria è l’Orationale Visigothicum, compilato in Spagna nel VII secolo, in cui si prega: «Vergine Genitrice di Cristo, riparatrice del genere umano». Nello stesso secolo, in Oriente, san Modesto di Gerusalemme saluta Maria in questi termini: «Ave, propiziatorio celeste e fondato in Dio, attraverso il quale venne a noi la propiziazione del mondo intero, Cristo Dio Salvatore [...], il quale volle assumere presso di sé perché da te pregato concedesse sempre la propiziazione alla terra».

L’idea riparatrice è presente in un bel testo di sant’Andrea di Creta (+740): «Questa Maria è la Genitrice di Dio [...], la prima riparazione (anàklesis) del primo peccato dei primi progenitori; la reintegrazione del genere umano viziato in uno stato tranquillo, esente da vizi e immortale».

Dal X secolo invale l’uso di chiamare Maria "riparatrice", sia in senso oggettivo con riferimento alla redenzione, sia come supplente nel dovere di consolare Gesù: «Tieni stretto il tuo tesoro ritrovato, o Maria – invoca il monaco Aelredo (+l167) meditando sullo smarrimento di Gesù – e ripaga con largo tributo di carezze compensatrici tutto quello che gli è mancato durante l’assenza».

«Sul   Calvario Maria partecipa alla passione redentrice del Figlio».   Caratteristica croce in pietra presso il Santuario di Santa Maria de   finibus terrae (sec. XVIII), Santa Maria di Leuca (Lecce).
«Sul Calvario Maria partecipa alla passione redentrice del Figlio»
. Caratteristica croce in pietra presso
il Santuario di Santa Maria de finibus terrae (sec. XVIII), Santa Maria di Leuca (Lecce – foto Alessia Giuliani).

Il concetto di riparazione non pare corrispondere alla mentalità odierna, tutta tesa ad esaltare e salvaguardare il valore dell’autonomia personale. Si tratta di inserire la riparazione nei dati dell’antropologia circa la dimensione sociale e storica dell’uomo in modo che il far qualcosa per gli altri risulti non una semplice beneficenza, ma un’espressione di quella solidarietà e sussidiarietà in cui si costituisce la condizione umana: il per gli altri, va unito a con gli altri.

Ci basta rilevare come Gesù non ha voluto la morte per la morte, né l’ha considerata un destino o una fatalità: l’ha affrontata come conseguenza della sua missione profetica e le ha conferito lo stesso significato dato alla sua vita. Se la morte è il momento totalizzatore della vita, dobbiamo dire che essa rappresentò per Gesù Cristo l’apice della sua pro-esistenza e del suo essere-per-gli-altri. Con totale intensità e libertà egli visse la morte come abbandono a Dio e agli uomini, che amò sino alla fine (cf Gv 17,1). In questo senso preciso essa significa il culmine del servizio di Gesù, come tutta la sua vita fu un servizio.

Il Padre ratifica questa solidarietà di Cristo con gli uomini mediante la risurrezione, facendolo sedere alla sua destra e dandogli il potere di effondere lo Spirito Santo sugli uomini.

Sulla scia di Gesù la nostra riparazione non può essere tagliata fuori dal servizio e dalla nuova creazione nello Spirito. Non può ridursi a consolazione del Cuore di Gesù, né tanto meno a ricerca del dolore o ad atteggiamento di rassegnazione. La riparazione prende significato se scaturisce dalla diakonia, cioè da una vita volta al servizio degli altri in contesto di solidarietà e se è illuminata dalla luce della resurrezione, ossia se non tende solo all’eliminazione del peccato, ma alla costruzione del Regno di Dio da realizzare nello Spirito.

Ispiratrice di riparazione

Una volta ammesso che Maria è tipo della Chiesa, ogni atteggiamento ecclesiale trova un riscontro in lei. Dopo quanto è avvenuto durante la vicenda evangelica della Vergine, «non si potrà ormai parlare della Chiesa, della sua maternità, della sua umanità, della sua fede, della sua gioia [...], senza vedere apparire Maria come sua immagine, suo archetipo, sua prima realizzazione: Maria-Ecclesia». Maria indica alla Chiesa il cammino della riparazione con la sua realtà storica e la sua attuale situazione glorificata.

A) Maria tipo della riparazione ecclesiale. Il titolo di "Riparatrice" attribuito a Maria è molto antico: esplicitamente risale al VII secolo, ma è incluso nella prima riflessione mariologica di Ireneo e Giustino, che presentano Maria come la nuova Eva, causa di salvezza, in opposizione alla prima Eva, causa di morte.

S.   Baschenis, Cristo pantocratore e crocifissione con l'Addolorata (1539),   chiesa cimiteriale di Pinzolo (Val Rendena, Trento).
S. Baschenis, Cristo pantocratore e crocifissione con l’Addolorata (1539), 
chiesa cimiteriale di Pinzolo (Val Rendena, Trento – foto Maurizio Russo).

Maria svolse un ruolo di riparatrice innanzitutto nell’incarnazione, quando «il consenso della Vergine era atteso in luogo di tutta la natura umana» (san Tommaso, III, q. 30, a. 1). Questa famosa espressione di Tommaso è spiegata in maniera diversa, nel senso che fa di Maria la «sostituta» (Koster) o la «personificazione» (Philips) o la «rappresentante» di tutti gli uomini.

È certo tuttavia che il ruolo personale di Maria fu nell’incarnazione un ruolo per l’umanità, conforme alla legge universale della storia della salvezza. Maria, appunto, è situata nel momento decisivo per la salvezza per collaborare, con partecipazione attiva e responsabile, ad essa in tutta la sua portata (riconciliazione, riparazione, alleanza, redenzione...) in piena dipendenza da Cristo salvatore. In realtà Maria è pronta ad affrontare la vita, anche nei suoi aspetti afflittivi, con piena disponibilità a quanto Dio le chiederà.

Sul Calvario Maria vede realizzarsi la profezia di Simeone: con un dolore mortale, simboleggiato dalla spada (Lc 2,35), partecipa alla passione redentrice del Figlio, punto culminante della storia religiosa del mondo. Maria è presente allo scoccare dell’ora di Gesù, secondo l’appuntamento di Cana (Gv 2,4), per essere la Madre del nuovo popolo di Dio, raffigurato dal discepolo amato (Gv 19,25-27). L’offerta sacrificale del Figlio è il mistero della nascita della Chiesa, comunità dei figli di Dio animati dallo Spirito, ma essa implica una riparazione del peccato cui Maria è associata. Con il suo consenso e le sue sofferenze, ella rappresenta la Chiesa che accoglie la redenzione e instaura la partecipazione del Corpo mistico alla salvezza «compiendo quanto manca alla passione di Cristo» (Col 1,24).

B) Maria termine immediato di riparazione. La riparazione mariana, intesa come atto di omaggio compensativo delle ingiurie rivolte alla Madonna, sebbene abbia qualche inizio già nel secolo X, si sviluppa soprattutto a partire dal secolo XIX. Indubbiamente Maria, orientata com’è a Dio, vuole che la riparazione abbia come oggetto i peccati in quanto sono offesa a Dio e ingratitudine verso il suo amore infinito.

Tuttavia ella non può essere insensibile alle bestemmie e all’indifferenza nei suoi riguardi, a ciò che le impedisce di esercitare il suo ruolo mediatore di un più intimo e perseverante incontro con Cristo. Se nelle apparizioni si è mostrata triste, ciò significa che la sua condizione glorificata coesiste con un certo dolore, difficile a spiegare, dovuto alla non ancora avvenuta glorificazione di tutti i suoi figli e ancor più alla loro infedeltà all’alleanza d’amore con Dio. Pertanto è legittimo entrare in rapporto personale con la Vergine, consolandola e compensandola in qualche modo per quella proclamazione di beatitudine e di lode che le viene negata. Forse non solo i mistici sono capaci di mettersi in sintonia con queste realtà e di percepirle; in ogni caso sono i cuori sensibili e delicati a comprendere e ad attuare le esigenze riparatrici.

Ogni cristiano che ami il suo Signore fino al sacrificio, sull’esempio di Maria Santissima, traccia nel mondo del potere, della dominazione e dell’odio la via più bella e necessaria alla società attuale: quella stessa percorsa da Cristo e da sua Madre.

Giuseppe Daminelli
  

Invito all’approfondimento: Pio XI, Miserentissimus Redemptor. Enciclica sulla riparazione (1928)


http://www.stpauls.it/madre/1001md/1001md04.htm

Fraternamente CaterinaLD

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I castighi di Dio

 

Da Cordialiter:

Una studentessa liceale mi ha scritto per dirmi che in parrocchia ha sentito dire che "Dio non castiga". Adesso si sente confusa e vorrebbe delucidazioni al riguardo. Pubblico la mia risposta nella speranza che possa essere utile anche ad altre persone.
 
Carissima in Cristo,
                                  non preoccuparti del "disturbo", poiché per me non è un fastidio, ma è una gioia poter aiutare le persone che hanno dei dubbi su questioni religiose.

Purtroppo, viviamo in un'epoca in cui vige la dittatura del “politicamente corretto”, e questa mentalità ha contagiato anche parecchi cristiani. Oggi dunque è considerato “politicamente scorretto” parlare di castighi divini. In realtà i santi non avevano timore di affermare che Dio castiga le sue creature. Anche la Sacra Scrittura narra di castighi esemplari come la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre, il pane guadagnato col sudore, le doglie del parto, il diluvio universale, la distruzione di Sodoma e Gomorra, la morte di Onan, lo sterminio di tutti i primogeniti degli egiziani, lo sterminio di alcuni popoli che abitavano in precedenza nella Terra Promessa, la morte dei primi sette mariti di Sara (i quali si erano sposati solo per attrazione fisica), la distruzione di Gerusalemme da parte dei Babilonesi, e tanti altri esempi.

Dio è rimuneratore, premia il bene e castiga il male. Egli è il nostro Padrone, Lui ci ha dato la vita e i beni materiali, Lui può toglierceli quando lo ritiene opportuno. Ovviamente non bisogna farsi un'idea sbagliata di Dio. Il Signore è infinitamente buono, ed è incapace di fare del male. Quando ci castiga, lo fa solo per nostro amore, ossia per trarne un bene maggiore. Ad esempio, secondo Don Dolindo Ruotolo (il mio esegeta preferito), le persone che vennero uccise dal diluvio universale, prima di morire si pentirono del male che avevano commesso e si salvarono.

Anche le mamme e i papà della terra, quando castigano i figli, non lo fanno per odio, ma per amore. Immagina un bambino che gioca a lanciare i sassi o a incendiare fogli di carta coi fiammiferi. Quando i genitori se ne accorgono provvedono subito a rimproverarlo, ma se lui continua sono costretti ad alzare le mani. Non danno le botte perché odiano il bambino, ma perché lo amano e non vogliono che lanciando i sassi o bruciando la carta, possa fare del male ad altri o a sé stesso. Anche Dio ci castiga per correggerci, perché ci vuole santi.

Non bisogna pensare che Dio castighi solo i cattivi. Dicevano i santi che Dio castiga quelli che ama. Giobbe era un uomo santo, eppure il Signore permise che fosse tormentato da lutti, malattie, furti e soprusi. Ovviamente il Signore non voleva che i ladri gli rubassero il bestiame, ma permise che ciò accadesse per trarne un bene maggiore, infatti Giobbe si rassegnò serenamente alle avversità e guadagnò enormi meriti per il Paradiso. Un conto è salvarsi coi meriti di un Giobbe, di un San Francesco o di una Santa Teresa, altro conto è il salvarsi per un soffio con pochissimi meriti.

Purtroppo, è difficile spiegare queste cose a coloro che hanno ceduto alla mentalità “politicamente corretta”. Se ti capita di avere discussioni con persone di questo genere è bene utilizzare un linguaggio molto prudente per non creare litigi inutili. Invece di utilizzare il termine “castigo”, potresti semplicemente limitarti ad esprimere il concetto evitando di pronunciare quel vocabolo, oppure utilizzando un altro termine più soft come “correzione paterna”.

In Corde Matris

Cordialiter

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 a quanto detto dall'amico di Cordialiter e con il quale condividiamo le bellissime riflessioni, va aggiunto che si attribuisce al Concilio Vaticano II una sorta di RIPENSAMENTO sull'antica Dottrina a riguardo del "concetto" del castigo di Dio....e approfittando di quel periodo assai confuso... di fatto è stata cambiata molta dottrina...

In realtà dal Concilio si è soltanto voluto SPIEGARE CON PAROLE PIU' OPPORTUNE AL NOSTRO TEMPO il concetto di "CASTIGO DI DIO"..... poichè neppure la Chiesa ha il potere di modificare la Sacra Scrittura....

Gesù, spiega ai Farisei di non essere venuto a cambiare la Legge, ma di portarla a COMPIMENTO....
caricandosi della Croce non ci ha tolto la responsabilità della personale condotta e di conseguenza,  facendosi carico della nostra stessa croce, NON CI HA TOLTI LA PUNIZIONE=CASTIGO ma ci ha dato la forza, gli strumenti(=Sacramenti) per COMBATTERE il male....
Lo stesso contesto Gesù lo spiega quando da agli Apostoli il potere di RIMETTERE I PECCATI,
: “Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”» (Gv. 20, 19-23).

terribili le sue parole: "A CHI NON LI RIMETTERETE RESTERANNO NON RIMESSI....." è certamente un castigo, ma questo è l'estremo e purtroppo non dipende da Dio ma dall'Uomo.... perchè il peccato sia rimesso è necessario CONVERTIRSI E PENTIRSI... meno si va al Confessionale, meno ci sentiremo in coscienza di andarci, per questo è indispensabile ALLENARSI e confessarsi spesso...
 guardiamo all'atleta.... cosa non farebbe per VINCERE IL PREMIO?  si allena OGNI GIORNO, affronta mille rinuncie e mille sacrifici... VUOLE RAGGIUNGERE QUELLA META....
La vita eterna E' IL PREMIO CHE CRISTO CI HA ACQUISTATO MA PER MERITARLO OCCORRE IL NOSTRO SFORZO E LA VOLONTA'...

certe punizioni o castighi che Dio ci manda, sono spesso LE PROVE.... DIO CI METTE ALLA PROVA... non lo fa per divertirsi o perchè non ha altro di meglio da fare...ma lo fa perchè ci conosce meglio di noi stessi e sa ciò di cui abbiamo veramente bisogno per completare questa gara che è la VITA....

FIDIAMOCI DI DIO CHE E' PADRE.... e che al Figlio ha dato la Croce più pesante PER NOI, al Figlio che era veramente innocente e senza peccato mentre noi non potremmo mai dire "sono perfetto".... e che con lo Spirito Santo suscita in noi sentimenti di pudore, senso del peccato, desiderio di salvezza.....

Infine:

Pertanto la Comunione fatta senza essere confessati è mal fatta, per quanto uno pensi di essere perdonato.
Hai sentito le parole di Giovanni Paolo II che riprende quelle di San Giovanni Cristostomo: “Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi”.
Può sembrare duro san Giovanni Crisostomo, ma non fa altro che riprendere le parole severe di san Paolo in  1 Cor 11,27-30: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.
È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti”.
L’autorevole Bibbia di Gerusalemme commenta quest’ultimo versetto con le seguenti parole: “Paolo interpreta un’epidemia come una punizione divina per la mancanza di carità che ha reso l’eucaristia impossibile”.

[SM=g1740733]

[Modificato da Caterina63 16/01/2013 11:36]
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"A chi rimetterete i peccati saranno rimessi"

La confessione sacramentale dei peccati è la via stabilita da Cristo stesso per ristabilire la nostra alleanza con Dio e con la sua Chiesa dopo che abbiamo peccato. Cioè, quando abbiamo anteposto la nostra volontà a quella del Vangelo. Ma quale visione di questo sacramento conviene avere prima di accostarsi al confessionale?


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Vogliamo confessarci? Bene. Ciò vuol dire che Dio bussa alle porte del nostro cuore. Vuol dire che siamo cattolici e che ci riconosciamo peccatori. Questo è un buon punto di partenza.

La confessione è un atto di fede nel Vangelo

Iniziamo dunque dal seguente passaggio del Vangelo di Gesù Cristo secondo san Giovanni: «La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al veder il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”» (Gv. 20, 19-23).

Così, dunque, un uomo limitato entrerà nella nostra coscienza e noi gliela apriremo in compimento del mandato di Gesù Cristo. Ciò è possibile perché quest’uomo è sacerdote e con l’ordinazione sacerdotale ha ricevuto il potere di rimettere i peccati, conferito da Cristo stesso ai suoi apostoli.

Il sacerdote si carica davanti a Dio di una pesante responsabilità. Se ci ascolta, non lo fa per affliggerci  ma per servirci; per riconciliarci con la Chiesa e darci il perdono di Dio. Il suo compito non è facile. Preghiamo per lui perché il Padre dei Cieli gli dia amore, perché Gesù Cristo gli conceda lo zelo per la salvezza dei suoi fratelli, perché lo Spirito Santo lo illumini.

Quando ci confessiamo facciamo un atto di fede in Gesù Cristo e nel suo Vangelo.

Onoriamo Dio sottoponendoci al modo che Egli ha stabilito per la remissione dei nostri peccati. Facciamo anche un atto di umiltà corrispondente all’atto di superbia compiuto nel peccare, preferendo la nostra volontà a quella del Vangelo.

Nell’atto di confessarci conviene aver presente cosa dobbiamo fare. Indichiamo quindi ciò che non dobbiamo fare: non faremo l’elenco dei nostri meriti perché il confessore ci faccia i complimenti; non dobbiamo trovare “giustificazioni” ai nostri peccati, ancor meno dobbiamo accusare i peccati degli altri; né dobbiamo andare al confessionale per compiere una formalità al fine di comunicarci, senza maggiori impegni per il futuro. La confessione non è una semplice conversazione né una narrazione di tutti i più infimi dettagli di quanto accaduto.

Gesù non ha istituito per questo il sacramento della penitenza. Senza essere la cosa principale, ci sono altri effetti da raggiungere con la confessione: la consolazione, non puramente umana ma quella che proviene dal perdono di Dio; il consiglio per risolvere qualche problema spirituale determinato o per orientare meglio l’insieme della nostra vita cristiana; il sollievo della coscienza, tuttavia non quello che si potrebbe aspettare da un buon psicologo o psichiatra, perché generalmente il confessore non è uno specialista in queste materie.

Non dimentichiamo che il sacerdote non sempre è un saggio o un profeta. Non tutti i sacerdoti hanno le stesse qualità, né lo stesso talento, né la stessa preparazione, né la stessa virtù. Non sono infallibili nei loro consigli e possono sbagliare, soprattutto se il penitente non gli ha fornito antecedenti sufficienti e oggettivi.
Perciò è importante concentrasi su quello che nella confessione è la cosa principale, ciò che Dio vuol darci mediante questo ministero di qualsiasi sacerdote.
 
Cosa è principale nella confessione?

Ci confessiamo anzitutto per cercare di correggere la nostra vita in conformità col Vangelo di Gesù Cristo e ottenere il perdono di Dio Padre per i meriti del Figlio e per la Grazia dello Spirito Santo.

I nostri peccati hanno costituito un rifiuto dell’Alleanza alla quale Dio ci ha chiamati col Battesimo, ma egli continua offrendoci il suo amore e il suo perdono. Egli vuole reintegrarci interiormente ed esteriormente alla comunità di salvezza, al suo popolo santo che è la Chiesa.
Tutto ciò si esprime nella parola “conversione”. La “conversione” è rifiuto del peccato e ritorno all’amore di Dio o, se volete, allontanamento dal peccato per amore di Dio. Se avessimo sempre amato Dio al di sopra di ogni cosa, non avremmo mai peccato.

Nella misura che accettiamo nella nostra vita il peccato, non possiamo dire che siamo in tutta pienezza “cristiani”, cioè, discepoli di Gesù Cristo e membri della sua Chiesa. In fondo, la Chiesa è una comunità di “conversi” o almeno una comunità di persone che cercano seriamente di “convertirsi”.
Perciò il sacramento della Penitenza (che vuol dire lo stesso che sacramento della conversione) è una “celebrazione”, un avvenimento gioioso: è il trionfo dell’amore di Dio e il ristabilimento della sua Alleanza con un cristiano peccatore.

 Adesso comprendiamo perché anche se non abbiamo ricevuto un consiglio saggio, anche se non “sentiamo” una grande consolazione, anche se abbiamo l’impressione che il confessore non ci ha capito bene, se egli, comunque, dopo aver sentito la nostra confessione sincera, ci ha dato l’assoluzione, siamo riconciliati con Dio e con la sua Chiesa. Questo costituisce la cosa principale. Vi sembra poco?

Questione solo personale?

È una questione personale fra Dio e me soltanto? Qualcuno pensa così ma sbaglia di grosso. Perché non abbiamo offeso soltanto Dio ma anche la Chiesa, cioè, la comunità dei cristiani. Con i nostri peccati, spesso abbiamo dato il cattivo esempio agli altri. Non abbiamo dato testimonianza del Vangelo di Gesù Cristo. Abbiamo occultato ai nostri fratelli il viso di nostro Padre Dio, che dovrebbe sempre riflettersi in noi, nelle nostre parole e attitudini. Abbiamo scoraggiato il prossimo sulla strada della vita cristiana.
Forse abbiamo indotto altri a fare il male, gli abbiamo associati ai nostri peccati, facendo così un’opera di demolizione del Regno di Dio.

Persino i peccati più occulti e personali, quelli di cui sono testimoni solo Dio e la nostra coscienza, hanno ritardato il nostro dinamismo cristiano: ci ha hanno resi meno snelli nella carità, meno puri nei nostri moventi, meno generosi nell’apostolato. E tutto ciò fa danno alla Chiesa.
Non dimentichiamoci che il cristianesimo non è la somma dei rapporti individuali con Dio, bensì la vita secondo il Vangelo nella comunità dei cristiani.  
  

Superando i nostri timori

Forse sentiamo timore di accostarci al confessionale. Pensiamo che il confessore brontolerà. Verrà meno l’apprezzamento che ha per noi, nel caso ci conosca. Oppure che resterà sorpreso di quanto gli diremo o scandalizzato della nostra malvagità.
Riflettiamo. Se il timore di Dio non ci ha impedito di peccare, meno ci dovrebbe impedire il timore umano di confessare i nostri peccati. Del resto noi non abbiamo offeso il confessore. Più che dispiacere (che anche noi dobbiamo sentire), egli sentirà pena e dolore perché abbiamo offeso Dio nostro Padre e abbiamo raffreddato il fervore della carità nella Chiesa, nostra madre.

Ricordiamoci poi che il confessore è vincolato da un segreto assoluto: a nessuno potrà dire i nostri peccati, neanche sotto minaccia di morte. Neppure può parlare con noi dei nostri peccati fuori dalla confessione, almeno che noi glielo permettiamo. Né può neanche indirettamente far capire cosa gli abbiamo detto in confessione.
Per la dolorosa esperienza acquisita lungo la sua vita personale e l’esercizio del suo ministero, il sacerdote conosce abbastanza le debolezze e le cattiverie umane. È difficile trovarlo impreparato. Questa esperienza, maggiore o minore secondo ogni caso, lo aiuterà a soccorrerci nella ricerca di Dio.

Forse ci sentiamo confusi, e non sappiamo da dove iniziare, soprattutto se è da molto che non ci confessiamo. Ebbene, se è così, possiamo chiedere al confessore di orientarci. Ma è meglio dirgli subito quali sono le cose più serie che ci pesano sulla coscienza. In questo modo anche noi lo aiutiamo e gli diamo un orientamento perché ci domandi ciò che è necessario.

Sentiamo vergogna? È naturale.

Più vergogna avremmo dovuto sentire quando abbiamo peccato. Ora l’unico atteggiamento giusto è la sincerità. Parliamo col confessore come se dovessimo parlare con Gesù Cristo. Ed egli cercherà di ascoltarci come se ci ascoltasse Cristo stesso. Indirizziamo tutti questi sentimenti verso ciò che è fondamentale: verso il dolore e il pentimento per avere offeso Dio e verso la conversione del cuore per vivere d’ora in poi secondo gli insegnamenti del Vangelo.

In altre parole, in accordo con la bella espressione di san Paolo, perché sia Gesù Cristo che vive in noi. O, come dice lo stesso Gesù nel Vangelo di san Giovanni, perché viviamo uniti a Lui come i rami dell’albero sono uniti al tronco. Perché possiamo essere membri vivi della Chiesa e possiamo dare il nostro generoso contributo con la testimonianza di fede in Gesù Cristo, incoraggiando così i nostri fratelli ad avere fedeltà al Signore.


(Radici Cristiane n. 37 - Ago/Set 2008)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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ATTENZIONE..... recentemente un Vescovo americano avrebbe dato il via ad un imprimatur per la confessione via iPOD e simili.... ebbene NON CASCATECI, QUELLA CONFESSIONE NON E' VALIDA ED E' UN ABUSO....

Ecco la Nota del portavoce della Santa Sede, padre Lombardi....


"Recentemente si è parlato di un’applicazione dell’iPhone da utilizzare per confessarsi: padre Lombardi ha spiegato, per evitare qualsiasi equivoco, che “è essenziale capire bene che il Sacramento della Penitenza richiede necessariamente il rapporto di dialogo personale fra il penitente e il confessore e l’assoluzione da parte del confessore presente.

Questo non può essere sostituito da nessuna applicazione informatica”.
Quindi “non si può parlare in nessun modo di ‘Confessione per iPhone’.

In un mondo in cui tuttavia molte persone usano supporti informatici per leggere e riflettere (ad esempio anche testi per pregare…)”, padre Lombardi ha sottolineato che “non si può escludere che qualcuno rifletta in preparazione alla Confessione aiutandosi con strumenti digitali, come in passato lo si faceva con testi e domande scritte su fogli di carta, che aiutavano ad esaminare la propria coscienza [i c.d. messalini o libretti di "preparazione alla S. Confessione", che avevamo citato sopra, n.d.r.].
In questo caso si tratterebbe di un sussidio pastorale digitale che qualcuno potrebbe trovare utile, pur sapendo bene che non è per nulla un sostituto del Sacramento. Naturalmente – ha osservato il portavoce vaticano - è anche importante che vi sia una vera utilità pastorale e non si tratti di un business alimentato da una realtà religiosa e spirituale importante come un Sacramento”.

padre Federico Lombardi



 ATTENTI AMICI!!!! NON CASCATECI! LA CONFESSIONE VIA iPOD E SIMILI NON E' VALIDA!!!!


qui a seguire il link con l'episodio sgradevole....



ATTENTI, SACERDOTI E FEDELI: NON CI SI PUO' CONFESSARE VIA iPOD o altro



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[SM=g1740733]ATTENZIONE, ANCHE QUESTO FA PARTE DEL NOSTRO PERSONALE ESAME DI COSCIENZA.....

Minigonne e abiti vergognosi persino nelle chiese!


da Cordialiter:

Riporto alcuni brani di uno scritto del compianto esorcista Don Vincenzo Cuomo contro l'indecenza della moda che ormai dilaga persino nei luoghi sacri.

Dando uno sguardo alla stagione estiva ormai passata, bisogna riconoscere, purtroppo, che nulla è migliorato per quanto riguarda la moda femminile che diventa sempre più indecente. Il nudismo, ormai, ha varcato anche le porte delle nostre chiese!

Vi è un argomento diventato tabù: la moda femminile. Chi ne parla? Va tutto bene? E se qualcosa non va bene, chi deve illuminare, correggere, ammonire?

Il nudismo, ahimè, si fa sempre più sfacciato e invadente, alimentato dagli spettacoli, dai giornali, dai manifesti stradali... [...] Ai nostri giorni si assiste alla globalizzazione dell’immodestia, perché si è radicata nella massa la convinzione che se la donna non è provocante, non è donna. Si è cominciato, allora, con l’accorciare le maniche, poi le maniche sono scomparse... Si è denudata sempre più la parte superiore del corpo. Contemporaneamente si è passati alla minigonna, che diventa sempre più... mini! E perché non denudare anche la pancia e l’ombelico? E poi pantaloncini corti e ultra corti e fortemente aderenti. L’audacia, ormai non conosce più limiti nemmeno quello del luogo sacro: chiese e santuari. […] E che dire quando in alcune chiese vanno al leggio o fanno da ministri straordinari della comunione donne con abbigliamento non certo esemplare? Può darsi che queste note facciano sorridere qualcuno, perché si dice "i tempi sono cambiati e la cosa non fa più impressione!". Quest’affermazione è tanto falsa quanto stolta. Allora non esiste più la concupiscenza degli occhi e della carne? E non conta più niente quanto è scritto nelle lettere degli Apostoli circa l’abbigliamento delle donne?

La realtà è che i peccati impuri non si ritengono più peccato. Le cose non avvengono per caso. Vi è tutta una strategia di malizia diabolica mirata alla scristianizzazione delle masse; ciò avviene non più col fucile e le prigioni, ma demolendo i principi cristiani. [...] Davanti a questo rullo compressore che non conosce ostacoli, si alzi una voce autorevole e forte! A Fatima la Madonna, per mezzo di Giacinta, preannunziò l’avvento di una moda invereconda, causa della perdita di tante anime. Voglia la Vergine purissima ottenere, con la sua potente intercessione, il ritorno ad una vita pura e casta almeno tra le donne cristiane.

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[SM=g1740738] LA STORIA DEL PELLICANO.....

pellicano

Un pellicano dalle grandi ali bianche viveva in una vertiginosa
insenatura che si insinuava nelle pieghe di pietra di un' aspra scogliera.
Là erano usciti dall'uovo i suoi  magnifici figli:
alcuni piccoli pellicani robusti e perennemente affamati
come ogni piccolo.

Il pellicano si tuffava con regolare frequenza sfidando onde e
scogli per catturare pesci e molluschi in modo da riempire i becchi
sempre spalancati dei suoi piccoli.

Ma durante un inverno terribile il pellicano si trovò in difficoltà.
Venti e burrasche si alternavano senza pause.
Gli divenne impossibile alzarsi in volo.
Il forte vento lo sbatteva contro la scogliera
e si ritrovò con un' ala rotta e inutilizzabile.
Si rannicchiò nel nido con i suoi piccoli.

I due piccoli pellicani urlavano a becchi spalancati
e continuamente pigolavano: «Fame! Fame!».

Straziato dalla loro sofferenza,
 il pellicano fece ciò che si tramanda nella sua specie:
affondò il becco nella sua carne per offrirla ai suoi piccoli.

Così per qualche giorno sfamò i propri piccoli strappandosi pezzi di carne.
Riuscì a sopravvivere per qualche giorno al suo sacrificio.
Poi morì, salvando i suoi piccoli.

***************

pio pellicano

Si noterà che nell'iconografia eucaristica
di molte Chiese antiche,
sia su alcuni Tabernacoli, che
in alcuni dipinti, c'è la scena del pellicano
che compie questo gesto estremo salvando i suoi piccoli!
Questo perchè fin dai primi secoli del Cristianesimo,
il "pio Pellicano"  è stato associato all'immagine
di Gesù-Ostia-Santa
che da se stesso, da la Sua Carne
per il nostro nutrimento.

Potremmo aggiungere una nota colorata al finale della storia
per descrivere la situazione di oggi,
nella quale Gesù-Eucaristia
non viene ringraziato, neppure cercato
per questo Suo immenso Sacrificio!

La storia potrebbe finire, oggi, così:
Uno dei piccoli, alla morte del pellicano, disse all'altro:
«Meno male. Non ne potevo più di mangiare tutti i giorni la stessa cosa».

E' crudele vero?
Eppure è questo il comportamento che molti hanno assunto
davanti all'Eucaristia e al Suo Mistero d'Amore:
è il miracolo di ogni Santa Messa,
ogni giorno si ripete quel:
 «Prendete e mangiate, questo sono io»
E la gente risponde:
«Che barba! Sempre le solite cose...»

Ogni giorno Gesù-Ostia-Santa
è lì nel Tabernacolo
e spesso con l'immagine del pellicano
a ricordarci dell'immenso Amore che Dio nutre per noi,
e molti a pensare:
«Che barba! Sempre le solite cose...»

E' come tra fidanzati o in famiglia:
se non ci si ripete più quel "TI AMO"
se non si da più la propria vita per l'altro/a
quella attenzione che fa gridare "Fame! Fame!",
fame d'amore, fame di vita vera,
verrà sostituita con un noiosissimo:
«Che barba! Sempre le solite cose...»
distruggendo ogni rapporto...
ma così facendo si rischia di...
morire di fame e d'Amore vero!

Riscopriamo l'Amore di Gesù-Ostia-Santa,
il nostro Pio Pellicano!

**********************

Anche la NOIA, L'INDIFFERENZA, LA PIGRIZIA...
sono argomenti da portare nel Confessionale,
il Signore ci chiederà del tempo speso e di come l'avremo speso,
non accetterà di sentirsi dire come risposta:
«Che barba! Sempre le solite cose...»
Nell'eternità ci sarà dato "ciò che avremo scelto"





[Modificato da Caterina63 25/10/2013 15:43]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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06/07/2011 15:01
 
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Pubblicato, dunque, sul sito della Congregazione per il Clero il corposo "sussidio per confessori"

Bello, ma forse troppo lungo per molti sacerdoti indaffarati e che forse non leggeranno mai...., sicché solo i più diligenti lo leggeranno.....

Eppure il contenuto è davvero interessante e la finalità eccellente: rianimare il sacramento che più ha sofferto nella 'nuova ecclesiologia di comunione' postconciliare, ossia la Confessione.

Così il Prefetto della Congregazione per il Clero, il card. Piacenza , in obbedienza alle richieste del santo Padre, ha firmato questo Sussidio che tornerà utile anche ai Laici....nell'appendice riporta un'ispirato "esame di coscienza per sacerdoti" ma oserei dire anche per noi laici sempre pronti a pretendere dal sacerdote le mezze misure

LEGGERE L'ESAME DI COSCIENZA SUL ROSARIO al n.19

ESAME DI COSCIENZA PER I SACERDOTI ( i laici lo apprendano e non pretandano dal Sacerdote assoluzioni facili senza pentimento, senza conversione, senza responsabilità...)

1. « Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità » (Gv 17,19)
Mi propongo seriamente la santità nel mio sacerdozio? Sono convinto
che la fecondità del mio ministero sacerdotale viene da Dio e che, con la
grazia dello Spirito Santo, devo identifi carmi con Cristo e dare la mia vita
per la salvezza del mondo?

2. « Questo è il mio corpo » (Mt 26,26)
Il Santo Sacrifi cio della Messa è il centro della mia vita interiore? Mi preparo
bene, celebro devotamente e dopo, mi raccolgo in ringraziamento?
La Messa costituisce il punto di riferimento abituale nella mia giornata per
lodare Dio, ringraziarlo dei suoi benefi ci, ricorrere alla sua benevolenza e
riparare per i miei peccati e per quelli di tutti gli uomini?

3. « Lo zelo per la tua casa mi divora » (Gv 2,17)
Celebro la Messa secondo i riti e le norme stabilite, con autentica motivazione,
con i libri liturgici approvati? Sono attento alle sacre specie conservate
nel tabernacolo, rinnovandole periodicamente? Conservo con cura
i vasi sacri? Porto con dignità tutte le vesti sacre prescritte dalla Chiesa,
tenendo presente che agisco in persona Christi Capitis?

4. « Rimanete nel mio amore » (Gv 15,9)
Mi procura gioia rimanere davanti a Gesù Cristo presente nel Santissimo
Sacramento, nella mia meditazione e silenziosa adorazione? Sono fedele
alla visita quotidiana al Santissimo Sacramento? Il mio tesoro è nel tabernacolo?

5. « Spiegaci la parabola » (Mt 13,36)
Faccio ogni giorno la mia meditazione con attenzione, cercando di superare
qualsiasi tipo di distrazione che mi separi da Dio, cercando la luce del
Signore che servo? Medito assiduamente la Sacra Scrittura? Recito con
attenzione le mie preghiere abituali?

6. È necessario « pregare sempre, senza stancarsi » (Lc 18,1)
Celebro quotidianamente la Liturgia delle Ore integralmente, degnamente,
attentamente e devotamente? Sono fedele al mio impegno con Cristo
in questa dimensione importante del mio ministero, pregando a nome di
tutta la Chiesa?

7. « Vieni e seguimi » (Mt 19,21)
È, nostro Signore Gesù Cristo, il vero amore della mia vita? Osservo con
gioia l’impegno del mio amore verso Dio nella continenza celibataria?
Mi sono soffermato coscientemente su pensieri, desideri o atti impuri;
ho tenuto conversazioni sconvenienti? Mi sono messo nell’occasione
prossima di peccare contro la castità? Ho custodito il mio sguardo? Sono
stato prudente nel trattare con le varie categorie di persone? La mia vita
rappresenta, per i fedeli, una testimonianza del fatto che la purezza è
qualcosa di possibile, di fecondo e di lieto?

8. « Chi sei Tu? » (Gv 1,20)
Nella mia condotta abituale, trovo elementi di debolezza, di pigrizia, di
fi acchezza? Le mie conversazioni sono conformi al senso umano e soprannaturale
che un sacerdote deve avere? Sono attento a far sì che nella
mia vita non si introducano particolari superfi ciali o frivoli? In tutte le
mie azioni sono coerente con la mia condizione di sacerdote?

9. « Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo » (Mt 8,20)
Amo la povertà cristiana? Ripongo il mio cuore in Dio e sono distaccato,
interiormente, da tutto il resto? Sono disposto a rinunciare, per servire
meglio Dio, alle mie comodità attuali, ai miei progetti personali, ai miei
legittimi affetti? Possiedo cose superfl ue, ho fatto spese non necessarie
o mi lascio prendere dall’ansia del consumismo? Faccio il possibile per
vivere i momenti di riposo e di vacanza alla presenza di Dio, ricordando
che sono sempre e in ogni luogo sacerdote, anche in quei momenti?

10. « Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli
» (Mt 11,25)
Ci sono nella mia vita peccati di superbia: diffi coltà interiori, suscettibilità,
irritazione, resistenza a perdonare, tendenza allo scoraggiamento,
ecc.? Chiedo a Dio la virtù dell’umiltà?

11. « E subito ne uscì sangue e acqua » (Gv 19,34)
Ho la convinzione che, nell’agire « nella persona di Cristo », sono direttamente
coinvolto nel medesimo Corpo di Cristo, la Chiesa? Posso dire
sinceramente che amo la Chiesa e che servo con gioia la sua crescita, le
sue cause, ciascuno dei suoi membri, tutta l’umanità?

12. « Tu sei Pietro » (Mt 16,18)
Nihil sine Episcopo – niente senza il Vescovo – diceva Sant’Ignazio di Antiochia:
queste parole sono alla base del mio ministero sacerdotale? Ho
ricevuto docilmente comandi, consigli o correzioni dal mio Ordinario?
Prego specialmente per il Santo Padre, in piena unione con i suoi insegnamenti
e intenzioni?

13. « Che vi amiate gli uni gli altri » (Gv 13,34)
Ho vissuto con diligenza la carità nel trattare con i miei fratelli sacerdoti
o, al contrario, mi sono disinteressato di loro per egoismo, apatia o noncuranza?
Ho criticato i miei fratelli nel sacerdozio? Sono stato accanto a
quanti soffrono per la malattia fi sica o il dolore morale? Vivo la fraternità
affi nché nessuno sia solo? Tratto tutti i miei fratelli sacerdoti e anche i
fedeli laici con la stessa carità e pazienza di Cristo?

14. « Io sono la via, la verità e la vita » (Gv 14,6)
Conosco in profondità gli insegnamenti della Chiesa? Li assimilo e li
trasmetto fedelmente? Sono consapevole del fatto che insegnare ciò che
non corrisponde al Magistero, sia solenne che ordinario, costituisce un
grave abuso, che reca danno alle anime?

15. « Va’ e d’ora in poi non peccare più » (Gv 8,11)
L’annuncio della Parola di Dio porta i fedeli ai sacramenti. Mi confesso
con regolarità e con frequenza, conformemente al mio stato e alle cose
sante che tratto? Celebro con generosità il sacramento della riconciliazione?
Sono ampiamente disponibile alla direzione spirituale dei fedeli
dedicandovi un tempo specifi co? Preparo con cura la predicazione e la
catechesi? Predico con zelo e con amore di Dio?

16. « Chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui » (Mc 3,13)
Sono attento a scorgere i germi di vocazione al sacerdozio e alla vita
consacrata? Mi preoccupo di diffondere tra tutti i fedeli una maggiore
coscienza della chiamata universale alla santità? Chiedo ai fedeli di pregare
per le vocazioni e per la santifi cazione del clero?

17. « Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire » (Mt 20,28)
Ho cercato di donarmi agli altri nel quotidiano, servendo evangelicamente?
Manifesto la carità del Signore anche attraverso le opere? Vedo nella
Croce la presenza di Gesù Cristo e il trionfo dell’amore? Impronto la mia
quotidianità allo spirito di servizio? Considero anche l’esercizio dell’autorità
legata all’uffi cio una forma imprescindibile di servizio?

18. « Ho sete » (Gv 19,28)
Ho pregato e mi sono sacrifi cato veramente e con generosità per le anime
che Dio mi ha affi dato? Compio i miei doveri pastorali? Ho sollecitudine
anche per le anime dei fedeli defunti?

19. « Ecco il tuo fi glio! Ecco la tua madre! » (Gv 19,26-27)
Ricorro pieno di speranza alla Santa Vergine, Madre dei sacerdoti, per
amare e far amare di più suo Figlio Gesù? Coltivo la pietà mariana? Riservo
uno spazio in ogni giornata per il Santo Rosario? Ricorro alla Sua
materna intercessione nella lotta contro il demonio, la concupiscenza e la
mondanità?

20. « Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito » (Lc 23,44)
Sono sollecito nell’assistere ed amministrare i sacramenti ai moribondi?
Considero nella mia meditazione personale, nella catechesi e nella ordinaria
predicazione la dottrina della Chiesa sui Novissimi? Chiedo la
grazia della perseveranza fi nale ed invito i fedeli a fare altrettanto? Offro
frequentemente e con devozione i suffragi per le anime dei defunti?


VIVA LA CHIESA, VIVA IL PAPA, VIVA "I SACERDOTI -ZELANTI... che danno origine a tanti santi -!!" (cfr san Padre Pio lo diceva ai suoi frati )

Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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31/07/2011 18:25
 
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Perdono d’Assisi - Festa della Porziuncola.

Il perdono d'Assisi, l'indulgenza plenaria richiesta da San Francesco d'Assisi a Dio.
Dal mezzogiorno del 1° Agosto alla mezzanotte del giorno seguente oppure nella Domenica precedente o seguente prescelta dal Vescovo (quindi a decorrere dal Sabato mezzogiorno alla mezzanotte della Domenica) si può ottenere, una sola volta l’indulgenza plenaria della Porziuncola oppure il Perdono d’Assisi.


CONDIZIONI RICHIESTE:

1) Visita ad una chiesa parrocchiale o a una chiesa francescana e recita del Padre Nostro e del Credo;
2) Confessione sacramentale;
3) Comunione Eucaristica;
4) Preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre - un Pater un'Ave e un Gloria - ;
5) Disposizione d'animo che escluda ogni affetto al peccato anche se veniale - è un rammentarci di quelle RINUNCIE che abbiamo fatto nel Battesimo - .


aggiungo che la condizione n°5 viene quasi sempre omessa nei bollettini parrocchiali et similia............

Quello che ha reso nota in tutto il mondo la Porziuncola è soprattutto il singolarissimo privilegio dell'Indulgenza, che va sotto il nome di "Perdon d'Assisi", e che da oltre sette secoli converge verso di essa orde di pellegrini.

Milioni e milioni di anime hanno varcato questa "porta di vita eterna" e si sono prostrate qui per ritrovare la pace e il perdono nella grande Indulgenza della Porziuncola, la cui festa si celebra il 2 Agosto ("Festa del Perdono").

L'aspetto religioso più importante del "Perdon d'Assisi" è la grande utilità spirituale per i fedeli, stimolati, per goderne i benefici, alla confessione e alla comunione eucaristica. Confessione, preceduta e accompagnata dalla contrizione per i peccati compiuti e dall'impegno a emendarsi dal proprio male per avvicinarsi sempre più allo stato di vita evangelica vissuta da Francesco e Chiara, stato di vita iniziato da entrambi alla Porziuncola.

L'evento del Perdono della Porziuncola resta una manifestazione della misericordia infinita di Dio e un segno della passione apostolica di Francesco d'Assisi.


COME SAN FRANCESCO CHIESE ED OTTENNE L'INDULGENZA DEL PERDONO

Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l'altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore!

Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe".
"Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande - gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".

E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: "Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: "Padre Santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: "Come, non vuoi nessun documento?". E Francesco: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni". E qualche giorno più tardi insieme ai Vesovi dell'Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!".

(Da "Il Diploma di Teobaldo", FF 3391-3397)

**********************************************************************

L'Ave Maria

da Cordialiter:

Un celebre predicatore, Padre Paolo Segneri, racconta: Una volta andò a con­fessarsi dal Padre Nicolò Zucchi, in Roma, un giovane che era legato dal vizio del­l'impurità; mostrava però una gran buona volontà di emendarsi.

Il Sacerdote gli fece coraggio, gli racco­mandò di pregare molto la Madonna e per penitenza gli diede da recitare ogni gior­no, mattino e sera, sino alla prossima Confessione, un'Ave Maria, per invocare la sua protezione, e baciare tre volte la terra.

Il giovane eseguì coscienziosamente la penitenza e, sebbene ricadesse altre volte nei soliti peccati, perseverò in questa pre­ghiera. Dopo qualche anno egli andò via da Roma e quando ritornò, visitando il Padre Zucchi, gli fece sapere con grande gioia che si sentiva del tutto libero delle sue cattive abitudini. Egli attribuiva que­sta vittoria alla perséveranza nella recita dell'Ave Maria.

Quando il Padre Segneri narrava dal pulpito questo fatto, era tra gli uditori un capitano, il quale trovandosi nelle stesse condizioni di quel giovane, volle comin­ciare subito ad esperimentare anch'egli quella penitenza e, perseverando per pa­recchi mesi, ne ebbe lo stesso felice suc­cesso, come scrisse egli medesimo al Pa­dre Segneri.

Con le parole dell'Ave Maria è comin­ciata la Redenzione; per mezzo dell'Ave Maria avviene la redenzione dal peccato e specialmente dall'impurità.


[Brano tratto da "Vera devozione a Maria", di Don Giuseppe Tomaselli, Imprimatur Can. Carciotto Vic. Gen., Catania 13 maggio 1952].



[SM=g1740738]


[Modificato da Caterina63 28/09/2011 15:44]
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06/10/2011 16:17
 
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[SM=g1740717] [SM=g1740720]Un buon Esame di Coscienza non può fare a meno di riflettere su come passiamo il nostro tempo... si, anche il tempo, soprattutto il tempo che ci è dato E' DONO DIO.... se viviamo è grazie a Lui, ma abbiamo mai riflettuto come passiamo il tempo? e abbiamo mai confessato lo spreco del tempo? Pensiamoci seriamente....

Dalla "cuccia del Mastino" prelevo questa riflessione e questa preghiera....

Insegnami ad usare bene il tempo.
La preghiera di Jean Guitton

Vi voglio consegnare la magnifica preghiera del grande filosofo cattolico francese Jean Guitton, che tutti coloro che si propongono di essere testimoni della speranza e rendere ragione della loro fede, apologeti, dovrebbero imparare a memoria e recitare ogni giorno. Perchè ogni vana parola sia risparmiata; perchè ogni talento donatoci sia messo a frutto; perchè ogni seme sia sparso ché poi saprà lo Spirito se farlo germogliare o meno e dove; perchè di tutto ci sarà chiesto di render conto. Anche del tempo che abbiamo perso. Dei talenti che abbiamo nascosto.
Della Speranza che non abbiamo seminato. Prima che il “ladro” una notte, d’improvviso, proprio mentre non ce lo aspettavamo, venga ad avvisarci che il nostro tempo è scaduto, ponendoci come a uno specchio davanti alla domanda terribile e finale: “Quanti anni hai?”, gettandoci il tumulto nel cuore… e sgomenta sarà la nostra domanda retorica: “è tardi?”

E questa preghiera ci viene donata proprio da uno che non solo visse fino a quasi 99 anni e tempo n’ebbe in sovrabbondanza per seminare; ma che ha incarnato sino al parossismo estremo l’ideale del mettere a frutto i propri talenti, ininterrottamente, senza perdere un solo giorno: la sua produzione intellettuale è di proporzioni spaventose. Una ininterrotta buona battaglia, con qualche caduta. Ma a lui fu chiesto quanto gli era stato dato (tantissimo, in intelligenza e capacità di lavoro); a noi si richiede di dare secondo la nostra capacità di comprensione e di lavoro. E non è detto che abbiamo davanti 99 anni, come Jean Guitton. E allora, damose na mossa… hai visto mai!

INSEGNAMI IL TEMPO

di Jean Guitton

Dio mio,
insegnami ad usare bene il tempo che mi dai,
senza sciuparne.
Insegnami a prevedere senza tormentarmi.
Insegnami a trarre profitto dagli errori passati,
senza lasciarmi andare allo scrupolo.
Insegnami ad immaginare l’avvenire
senza preoccuparmi che possa non essere
quale io l’immagino.
Insegnami a piangere sulle mie colpe
senza cadere nell’inquietudine.
Insegnami ad agire senza fretta,
e ad affrettarmi senza precipitazione.
Insegnami a coniugare la fretta alla lentezza,
la serenità al fervore, lo zelo alla pace.
Aiutami quando comincio,
perché è proprio allora che sono debole.
Veglia sulla mia attenzione quando lavoro,
e soprattutto colma le lacune delle mie opere.
Dammi abbastanza luce perchè io non sia un ostacolo.
Fa’ che io ami il tempo
che tanto assomiglia alla Tua grazia
perché esso porta tutte le opere alla loro fine
e alla loro perfezione
senza che noi abbiamo l’impressione
di parteciparvi in qualche modo.
E fa’ che io sia ciò che spero, perchè il mio avvenire dimora sempre in te.
Sui tuoi sentieri, Signore, guidaci là dove siamo rivolti
.


[SM=g1740738]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Il Demonio esiste

 
Il Demonio esiste

 

 

 

 

Predica del 6 Novembre 2011 di Padre Konrad sul Demonio-Satana
 
(tratta dall'audio e non ricorretta da Padre Konrad)
 
In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.
Su questa Domenica, normalmente, faccio una piccola sintesi della Dottrina Cattolica sul Demonio. L'esistenza del Demonio è un articolo di fede, malgrado tutto ciò i modernisti possono dirci con i loro sforzi e fino a diminuire allo zero la nostra fede.
In Principio Dio creò il Cielo e la Terra, il Cielo può riferirsi qua, alla creazione degli Angeli, dopo la creazione degli Angeli è seguita la prova degli Angeli.
La natura di questa prova (secondo la Tradizione è certa, ma la natura non è certa), è che un buon numero di Padri della Chiesa la intendono come il Comandamento di Adorare Dio-Uomo, ossia Gesù Cristo + visto da loro in una visione. Lucifero ed una parte degli Angeli hanno rifiutato perchè non volevano adorare un essere di una natura inferiore alla loro, Gesù Cristo + avendo come ben sappiamo non solo una natura Divina ma anche una natura umana, ossia inferiore alla natura angelica, di per sé la sua natura, l'esito di questo rifiuto era la caduta degli Angeli dal Cielo, il loro cambiamento, da Angeli in Demoni. 
Questa caduta viene espressa nell'Apocalisse dove si legge che la coda del Drago trascinava giù un terzo delle Stelle del Cielo e le precipitava sulla Terra.
Come già possiamo capire, il peccato di questo Drago, Lucifero e di altri Demoni di cui è il capo, è quello della superbia, non volevano adorare Gesù Cristo + , questo peccato viene espresso nelle due parole del Libro di Geremia: "non servirò/non serviam", si può dire che il grido di guerra di san Michele Arcangelo invece, che li ha cacciati dal Cielo, era "chi è come Dio? - Quis ut Deus?" Micha'el, il grido del Demonio rappresenta, "non serviam", la pretesa di essere "come Dio", mentre la parola di san Michele rappresenta la verità che nessuno è come Dio.
 
 
Diversi passi della Sacra Scrittura vengono applicati al peccato degli Angeli, in Tobia si legge: "la superbia è la causa di ogni rovina"; in Ecclesiastico: "il principio di ogni peccato è la superbia"; e in Isaia: "come mai sei caduto dal Cielo, Lucifero, Figlio dell'Aurora? Come mai sei stato steso a terra signore dei popoli, eppure tu pensavi - salirò in Cielo, sulle Stelle di Dio innalzerò il trono, mi farò uguale all'Altissimo e invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell'abisso" (Isaia 14,11-15).
Dunque, dal peccato della superbia segue un secondo peccato, quello dell'invidia, perché il superbo prova risentimento verso un altro che possiede delle qualità che attribuisce falsamente a sé stesso.
Questa invidia spinge il Demonio ad attaccare il Signore Gesù Cristo + durante la Sua vita sulla Terra, lo spinge ad attaccare il Suo Corpo Mistico che è la Chiesa, e più generalmente tutto il genere umano in quanto è creato ad immagine e somiglianza di Dio. Il suo odio particolare verso l'uomo si basa sul fatto che l'uomo, di fatto, può divenire "come Dio", non di per se stesso però, ma tramite la Grazia.
Questa, dunque, è la lotta spirituale di cui parla san Paolo nell'Epistola di oggi: non una lotta contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potestà delle tenebre.
 
Come agiscono i Demoni in questa lotta spirituale?
Loro ci tentano al peccato, il peccato mortale in primo luogo e il peccato veniale in secondo luogo, come un passo verso il peccato mortale. Esempi di peccati mortali, purtroppo comuni, sono la mancanza alla Santa Messa domenicale e alla santa purezza o da solo o con un altro/a. Colui che ha un peccato mortale sulla coscienza deve confessarlo quanto prima e fare il proponimento di abbandonarlo, con la Preghiera e la Grazia di Dio questo è sempre possibile, il peggiore è, come lo dico spesso, ricevere la Santa Comunione in questo stato perché ciò costituisce un secondo peccato mortale, quello del sacrilegio.
 
 
 
 
Lo scopo dei Demoni è nient'altro che di sedurci, ora, l'uomo è creato per conoscere il vero, amare il Bene ed essere felice con Dio per tutta l'eternità.
Il Demonio, perché vuole che siamo infelici all'inferno, per tutta l'eternità, deve ingannarci travestendo il falso come il vero, il male come il bene, e perciò si chiama l'ingannatore. Perché cerca la morte eterna per noi, il perché ha causato la morte fisica mediante il Peccato Originale, si chiama anche l'omicida.
Un altro nome del Demonio è dio o Principe di questo mondo, ma non bisogna avere paura del Demonio perché non ha il dominio su questo mondo ma soltanto un influenza; Dio ha il dominio, Egli regna, Egli comanda, il Demonio è soggetto a Lui e può agire unicamente fino al punto che Dio lo permette per i propri scopi, cioè, affinché noi ci santifichiamo per mezzo delle prove, e Dio non permetterà che siamo messi alla prova oltre alle nostre forze, ma ci da tutte le armi delle quali abbiamo bisogno per vincere.
Quali sono queste armi?
In una lotta spirituale le armi sono spirituali: la Fede, i Sacramenti e le Virtù, come ci insegna oggi san Paolo. Non bisogna avere paura del Demonio, dunque, ma sfregiarlo, perché con queste armi lo vinceremo. Con queste armi, cioè con una buona vita cattolica secondo la Fede, secondo i Comandamenti, con l'aiuto dei Sacramenti soprattutto la santa Confessione e la santa Comunione, e con una vita di Preghiera intensa, affidandoci totalmente a Dio, alla Santissima Vergine Maria attraverso il Rosario, e al nostro Angelo Custode e a san Michele Arcangelo, così vinceremo, così ci santificheremo e così diverremo "come Dio" nel senso giusto, ossia mediante la Sua Grazia, per poter vivere in unione con Lui qua e nel Cielo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
 
In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.
Sia lodato Gesù Cristo +
 


 

Dal Messaggio della Quaresima 2012 del santo Padre Benedetto XVI: RISCOPRIRE LA CORREZIONE FRATERNA

Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo.

Nella Sacra Scrittura leggiamo: «Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s). Cristo stesso comanda di riprendere il fratello che sta commettendo un peccato (cfr Mt 18,15). Il verbo usato per definire la correzione fraterna - elenchein - è il medesimo che indica la missione profetica di denuncia propria dei cristiani verso una generazione che indulge al male (cfr Ef 5,11). La tradizione della Chiesa ha annoverato tra le opere di misericordia spirituale quella di «ammonire i peccatori». E’ importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene.

Il rimprovero cristiano, però, non è mai animato da spirito di condanna o recrimina-zione; è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello. L’apostolo Paolo afferma: «Se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu» (Gal 6,1). Nel nostro mondo impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l’importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità. Persino «il giusto cade sette volte» (Pr 24,16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr 1 Gv 1,8). E’ un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi.

 

[SM=g1740733]

 

[Modificato da Caterina63 09/04/2012 13:13]
Fraternamente CaterinaLD

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26/11/2011 12:51
 
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Peccati e Confessione

 
Una persona mi ha scritto per pormi il seguente quesito:
 
[…] ho un mio dubbio che vorrei chiederti ...mi succede a volte di confessarmi e di uscire dal confessionale...con la sensazione di non essermi confessata bene, (mi si bloccano le parole e non riesco a dire quello che voglio al padre confessore, che fare?) così poi non mi sento degna di fare la Comunione [...]
 
 
dall'amico Diego di Cordialiter:

Carissima in Cristo,
ti ringrazio per avermi scritto.
 
Spero che tu possa trovare presto un buon confessore che possa aiutarti nella vita spirituale. Purtroppo oggi non è raro trovare dei preti che insegnano errori dottrinali su questioni morali. Per questo motivo è necessario affidarsi a dei sacerdoti fedeli al Magistero della Chiesa.
 
Adesso rispondo al quesito circa le tue confessioni. Innanzitutto quella sensazione di non sentirti ben confessata, o di non sentirti degna di comunicarti col Corpo di Cristo, è un segno di delicatezza di coscienza, e ciò è molto positivo. Magari avessero tutti una coscienza delicata!
 
Dunque, che cosa può essere quella tua sensazione? Se è senza fondamento può essere ciò che in Teologia Morale si definisce “scrupolo”, nel qual caso le tue confessioni sono buone e valide, e non devi tenere più in conto questi pensieri che ti tolgono la devozione. Non preoccuparti, adesso ti spiego come fare a scoprirlo.
 
Se le parole che ti si sono “bloccate” riguardavano peccati con materia “leggera” (ad esempio piccole bugie), oppure peccati gravi compiuti senza piena avvertenza (cioè in quel momento, ad esempio in un momento di distrazione, non avvertivi al 100% che stavi commettendo un peccato grave), oppure compiuti senza pieno consenso della volontà, in questo caso non c'è nessun problema, perché confessare queste cose è facoltativo. Anche i peccati mortali dubbi, cioè quando non sei in grado di giurare di aver avuto piena avvertenza o pieno consenso, non sei tenuta a dirli al confessore.
 
Se invece le parole “bloccate” riguardavano peccati gravi, commessi con piena avvertenza e deliberato consenso, in questo caso bisogna fare una distinzione. Se erano parole “non necessarie” allora non c'è problema. Ad esempio se uno ha rubato della frutta, non è necessario specificare se erano mele o pere. Se invece ha rubato un oggetto antico, potrebbe essere necessario specificare ulteriormente il tipo di oggetto rubato nel caso in cui si tratti di un oggetto sacro, poiché in quel caso oltre al peccato di furto si commette anche peccato di sacrilegio. Era solo un esempio per farti capire cosa intendevo per parole “non necessarie”.
 
Se una persona non è riuscita a dire cose “necessarie”, la prossima volta che si confesserà, basterà che dica che nelle precedenti confessioni ha avuto un blocco e non è riuscita a confessare bene certe cose, e sono certo che un buon confessore capirà tutto e l'aiuterà ad accusarsi di quelle cose in maniera naturale, con semplicità e tranquillità. Quando uscirà dal confessionale, quel penitente si sentirà sollevato e pieno di gioia interiore.
 
Un errore che spesso si commette è quello di vedere la Confessione con paura, in realtà è un sacramento gioioso perché l'unica sentenza che può essere emessa è l'assoluzione. Come è buono Gesù, basta che noi confessiamo con pentimento un peccato a un suo sacerdote, ed Egli ce lo perdona generosamente. Prima di entrare nel confessionale è cosa ottima pregare la Madonna, ella è nostra Madre e Mediatrice di tutte le grazie, e come tutte le madri è felicissima di aiutare i figli, anche se sono ingrati.
 
Hai fatto bene a pormi questo quesito, perché è meglio chiarire certe cose prima di confessarsi, così quando entrerai in confessionale, saprai già cosa dire e cosa non è necessario dire. Se hai altre domande da farmi, ti risponderò molto volentieri.
 
In Gesù e Maria.
 
Cordialiter

[SM=g1740722]

[SM=g1740733] riflessione

La messa alla domenica, la confessione a Natale e Pasqua. Il “gruppo” settimanale. Qualche preghiera. Insomma la norma. Il cristiano medio che si ritiene impegnato. Fino a quando in quella Veglia di Pasqua (o era la Vigilia di Natale?), ci fu l’incontro con D.D. che minacciò la non assoluzione. Troppo tiepidismo aveva riscontrato. Troppa normalità. Poca fede. Poco amore. Come si può avere fede, del resto, se non ci si comunica tutte le domenica?

Fu un trauma. Inizialmente scattò la ribellione. Mica si è ucciso nessuno. Tipico di chi non ha capito. Tipico del cristiano tiepido del so tutto io. Poi, violentandosi, il rapporto diviene più costante, il dialogo sempre più approfondito. D.D. con pazienza e amore fa apprendere anche le cose più ostiche, addirittura la messa quotidiana, al cui solo sentirne parlare fa scattare risolini su bigottismi e dintorni. Soprattutto ai cristiani adulti, del so tutto io.

Macché bigottismi: “Dacci oggi il nostro Pane quotidiano”. E se ci cibiamo di pane quotidiano, non si capisce perché il cristiano non si debba cibare di altro Pane, il “pane elfico” di gergo tolkeniano. Anzi, il Pane di Vita di cui parla Cristo.

O come l’Adorazione Eucaristica, o l’adorazione di chi entra per pochi minuti in chiesa, alla ricerca del silenzio dentro e fuori di sè. Al solo sentirne parlare gli occhi strabuzzano. Ma di che parla? Poi al ritorno da Roma, quella battuta improvvisa: “Dopo il discorso del Papa, volevo chiamarti”.

È così. D.D. è stato colui che ha illuminato il cammino di un fedele poco fedele.
Grazie D.D .

 

anche noi ringraziamo D.D.

[SM=g1740722] 

 

 

Responsabilità da prendersi

Ci sono responsabilità che nessuno si assume a cuor leggero. Un padre che punisce un figlio; un insegnante che richiama un alunno; un allenatore sportivo che deve prendere provvedimenti contro un ragazzo che si comporta male…: sono tutte situazioni spiacevoli, che si vorrebbero evitare, ma che a volte vanno affrontate, con fermezza. Fa parte del nostro essere uomini assumerci la responsabilità, in certi momenti, di prendere provvedimenti spiacevoli, ma giusti, e, in ultima analisi, improntati alla vera carità. Certo, bisogna prima provare tutte le vie alternative possibili: come diceva san Giovanni Bosco, a riguardo dell’educazione dei giovani, è sempre meglio prevenire che curare; prendere i ragazzi dal verso giusto, piuttosto che punirli. Ma a volte il castigo è doveroso ed inevitabile. San Francesco di Sales, il santo della mitezza, per il quale si conquista molto di più il cuore degli altri con una goccia di miele che con un barile di aceto, scriveva però che a volte “urlare al lupo”, dire la verità tutta intera riguardo a chi professa eresie, per quanto sia spiacevole, è opera di carità, cui non ci si può sottrarre.


Eppure, come cattolico, mi sembra che esista un luogo in cui ognuno può troppo spesso fare e dire ciò che vuole, senza tema di smentita, di richiamo, di ammonizione alcuna. Un partito espelle chi, facendone parte, si schiera sempre con gli avversari e mina l’unità del proprio schieramento; un allenatore mette in panchina il giocatore che usa fare gol nella propria porta; un datore di lavoro richiama il dipendente che agisce a vantaggio della concorrenza… Nella Chiesa cattolica, no. Da quasi quarant’anni, l’ortodossia non esiste quasi più, la disciplina nemmeno. Sarà perché si vuole apparire “aperti” di fronte al mondo; sarà perché crediamo meno nella Verità e nella responsabilità che ognuno di noi ha verso di essa; sarà perché il valore dell’obbedienza ha perso forza; sarà per il buonismo secondo cui l’arte del governare e il rispetto dell’autorità sono esigenze del passato… Fatto sta che se volete professare eresie gratis, anzi, pagati, da un pulpito, da una cattedra, da un settimanale diocesano, la Chiesa cattolica è oggi il posto giusto. Nessuno vi dirà niente, soprattutto se il vostro pensiero, pur cozzando con il magistero e con il Vangelo, piace al mondo.


Prendiamo qualche esempio: il sacerdote che sul settimanale diocesano della mia città difende l’aborto, elogia la Ru 486, propone come rimedio ai mali dei poveri la teologia della liberazione, può farlo, indisturbato, anzi, ripeto, pagato e omaggiato. Riceverà, honoris causa, il titolo di “profeta”. Finirà, come un don Gallo di provincia, sulle tv e sui media locali, intervistato, omaggiato, consultato. Diverrà la voce della Chiesa che piace, quella che “ha compreso i tempi”. Prendiamo quel monaco di Bose, Enzo Bianchi, che elogia pubblicamente la teologia eterodossa e papofoba di Hans Küng; che si indigna con vigore insolito di fronte alla posizione della (sua) Chiesa sul caso Eluana Englaro; che schierandosi apertamente contro i principi non negoziabili proclamati da Benedetto XVI, proclama, in nome di “un’etica condivisa” non si sa con chi, “l’assoluto diritto dello stato di legiferare su tutte quelle realtà sociali fondate o meno sul matrimonio (sia religioso che civile)”, e cioè il presunto dovere per un cattolico di accettare leggi che impongano i pacs, il matrimonio omossessuale, il divorzio ecc… Non si alzerà una voce della gerarchia ad ammonirlo.


Prendiamo quel cardinale di Milano che da vent’anni almeno fa l’antipapa, seminando confusione, discordia nell’ovile di Cristo, e alimentando veri e propri scismi, non di diritto, ma di fatto (quanti cattolici dichiarano di “seguire Martini piuttosto che il Vaticano”?). Non vi sarà alcun Sant’Uffizio non dico a richiamarlo, ma neppure a rispondergli per le rime, al momento opportuno, a costo di un poco di impopolarità.
Come indignarsi, poi, se vediamo cinema parrocchiali in cui vengono proiettati film pornografici, senza che nessuno si opponga? Come stupirsi se in quel di Modena, i responsabili del Centro Famiglia di Nazaret, il cui nome dovrebbe essere un programma, finiscono per ospitare, per incuria e superficialità, un convegno dal titolo “Donne allo specchio”, in cui parlano ginecologi abortisti e favorevoli a tutte le pratiche contrarie al diritto naturale?


Torno all’esempio inziale: un padre, un professore, un vescovo…devono talora avere il coraggio di correggere, con amore e per amore: amore per la verità, per l’errante che ha il diritto ad essere richiamato dai suoi superiori, e per coloro che rischiano di essere ingannati. Tirarsi da parte, far finta di non vedere, evitare le “grane”, è comodo, ma sterile. Assomiglia più all’indifferenza, all’ignavia, che alla misericordia. San Paolo metteva in guardia da coloro che “non sopportano la sana dottrina” e che “cercano maestri secondo le proprie voglie” e invitava i fratelli a “combattere la buona battaglia”. Esortava con coraggio: “predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza”.

Francesco Agnoli, Il Foglio


[SM=g1740733]
[Modificato da Caterina63 09/04/2012 13:00]
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03/07/2012 16:39
 
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[SM=g1740758] Un sacerdote risponde

Le chiedo consigli per una buona confessione, ho sempre delle difficoltà a distinguere i veniali dai mortali

Quesito

Caro Padre Angelo,
ci avviciniamo al Santo Natale 2010, le chiedo consigli per una buona confessione, mi confesso spesso ma ho sempre delle difficoltà ad enunciare i peccati e a distinguere i veniali dai mortali, la prego di fare una breve elencazione di essi.
Grazie, preghi per me e per la mia famiglia


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. poiché in ogni confessione è sempre necessario confessare i peccati mortali, è doveroso sapere con chiarezza che cosa oggettivamente è peccato mortale.

2. Va detto ancora che per compiere soggettivamente un peccato grave si richiede la presenza simultanea di tre condizioni: che vi sia materia grave, piena avvertenza della mente e deliberato consenso della volontà.

3. La piena avvertenza della mente e il deliberato consenso dipendono molto dalle condizioni dei singoli. Sicché ogni caso va valutato volta per volta.
Pertanto adesso io mi attengo a precisare in che cosa vi sia materia grave.

4. A questo proposito i teologi distinguono tra peccati oggettivamente sempre gravi (parlano di materia grave ex toto genere suo) e peccati generalmente gravi (qui vi è materia grave ex genere suo).

5. Questa distinzione è importante perché nei primi c’ sempre materia grave e pertanto non vi è mai materia lieve (non datur parvitas materiae). Essi sono di suo sempre gravi.
Nei secondi invece vi può essere, e anche abbastanza spesso, materia lieve (datur parvitas materiae).

6. Seguendo l’indicazione dei dieci comandamenti, vengono messi tra i peccati dove c’è sempre materia grave:
i peccati contro il primo comandamento: l’abbandono di Dio, il culto a satana, il ricorso a maghi, fattucchieri..., forme gravi di superstizione, i peccati contro le virtù teologali (eresia, apostasia, insubordinazione alle verità di fede, disperazione della salvezza, presunzione di salvarsi senza merito, odio di Dio e del prossimo, fare volutamente del male al prossimo), l’assenza abituale di preghiera.
I peccati contro il secondo comandamento: la bestemmia, il giurare il falso, la violazione dei voti).
I peccati contro il terzo comandamento: non partecipare alla Messa nei giorni di domenica e nelle altre feste comandate (Natale, 1° dell’anno, Epifania, Assunta, Tutti i Santi, Immacolata), fare la S. Comunione avendo peccati gravi non ancora confessati.
I peccati contro il quinto comandamento in ogni sua forma: omicidio, suicidio, aborto, eutanasia, uso di sostanze stupefacenti, ubriachezza, percosse...
I peccati contro il sesto comandamento in ogni sua forma: autoerotismo, fornicazione, rapporti prematrimoniali e omosessuali, contraccezione coniugale, adulterio, violenza carnale, pedofilia...

7. I vecchi teologi moralisti dicevano tutto questo in poche parole: c’è sempre materia grave nei peccati contro le virtù teologali, contro la virtù di religione che abbraccia i primi tre precetti del decalogo) e contro i precetti della seconda tavola del decalogo che hanno a che fare con valori molto alti (li chiamavano: materia indivisibile).

8. Sono peccati gravi nel loro genere, ma possono avere materia lieve gli altri peccati commessi contro la seconda tavola della legge.
Si ha materia lieve quando non si viola sostanzialmente il precetto, ma si continua a conservare al prossimo un certo rispetto.
Venendo nella fattispecie qui vi sono:
i peccati contro il quarto comandamento che comanda di onorare il padre e la madre, in una parola tutto il nostro prossimo. Allora vi possono essere piccoli battibecchi o screzi in famiglia, qualche disobbedienza, qualche parola un pò ingiuriosa...
Ma se si tratta di dissapori gravi, di litigi, di gravi mancanze di rispetto, di disonorare i familiari o il prossimo... allora si tratta di peccati gravi.
Nel quarto comandamento si possono includere anche i peccati di lingua, come le maldicenze, i pettegolezzi che screditano il nostro prossimo. Bisogna distinguere: alcuni conservano sostanzialmente l’onore del prossimo, altri lo ledono gravemente. Nel primo caso si tratta di peccato veniale, nel secondo di peccato mortale.
I peccati contro il settimo comandamento che vieta di rubare la roba d’altri. Anche qui si capisce bene che si deve distinguere tra il furto, ad esempio, di un sacchetto di caramelle (che rimane sempre un furto e pertanto un peccato) oppure di una somma di una certa consistenza.
I peccati contro l’ottavo comandamento che proibisce la menzogna. È chiaro che se si tratta di calunnie, di accuse ingiuste fatte in tribunale... vi è peccato grave. Se si tratta invece di bugie dette per difendere se stessi o per non turbare la pace in famiglia non si va al di là del peccato veniale.
I peccati contro il nono comandamento che proibisce altri peccati contrari alla purezza. Se si tratta di peccati per cui si programma di commettere peccati carnali con determinate persone (anche se poi non vengono compiuti) vi è peccato grave. Gesù ha detto che chi guarda una donna e la concupisce, ha già commesso adulterio nel suo cuore.
Ugualmente sono peccati gravi l’uso di pornografia, di porno internet...
Un semplice pensiero impuro, nel quale non si indugia ma non si è pronti alla sua rimozione è invece un peccato veniale...
In questo comandamento sono inclusi anche peccati di immodestia nello sguardo, nel parlare. Facilmente vi è materia lieve (ad es. qualche volgarità...), ma vi può essere anche materia grave.
I peccati contro il decimo comandamento che proibisce anche il solo programmare il furto, sebbene poi non lo si compia. Anche qui dipende dalla quantità della roba che si vuole rubare.

9. I vecchi teologi dicevano che i peccati generalmente gravi, ma nei quali vi può essere materia lieve, costituiscono materia divisibile. E si capisce il motivo di tale dizione: vi sono peccati che ledono sostanzialmente i beni materiali o spirituali del nostro prossimo. Altri peccati invece li offendono solo marginalmente, mentre sostanzialmente li conservano.

10. Sono invece di suo peccati veniali quelle azioni che sono buone, ma nelle quali ci si appesantisce, come ad esempio la ricerca della vanagloria, di eccessivo zelo per fare bella figura, di mangiare troppo, di indugiare in alcune golosità e in alcuni perditempo...

11. Perché non si veda in questo catalogo un quadro semplicemente moralistico di ciò che è peccato grave o peccato veniale, desidero ricordare il motivo di fondo: i peccati mortali rompono la comunione di vita con Nostro Signore. Si perde la sua grazia, la sua intimità e amicizia. In una parola la nostra volontà non è all’unisono con la sua in punti importanti e decisivi della nostra vita.
I peccati veniali non sono ugualmente conformi alla sua volontà, ma il difetto qui è più leggero, potrei dire che è in qualche modo marginale. Certo non conducono alla santità, non piacciono al Signore, ma non contrariano e non spezzano la comunione di vita.

Ti ringrazio del quesito, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 02.09.2011

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Sto leggendo (a mo di esercizio spirituale) questo libro.... e vorrei condividere con voi questo passo [SM=g1740733]

da: LA CHIAVE DEL PARADISO IN MANO AL CATTOLICO CHE PRATICA I DOVERI DI BUON CRISTIANO
TORINO-PARAVIA - del sacerdote Giovanni Bosco anno 1856


D. Che cosa dobbiamo fare noi Cattolici?
R. Noi Cattolici dobbiamo:
1. ringraziar Dio di averci creati in quella religione, che unica può condurci a salvamento.
2. Pregar di cuore il Signore perchè ci conservi fedeli alla sua grazia, e nel suo santo servizio, e pregarlo pure per tutti coloro che vivono da lui lontani, separati dalla sua s. Chiesa, onde li illumini, e li conduca da buon pastore al suo ovile. Ma insieme dobbiamo in
3.° luogo guardarci bene dai Protestanti e da quei cattivi cattolici che disprezzano i precetti della Chiesa, che sparlano del vicario di G. Cristo, e degli altri suoi ministri per trascinarci all'errore.
4.° Essere grati a Dio colla fermezza nella fede, coll’osservanza esatta de' suoi precetti, e di quelli della sua santa Chiesa.


***


[SM=g1740758] Un sacerdote risponde

 

Perché chi è consapevole di essere in peccato mortale, per quanto pentito, non può fare la Santa Comunione, ma deve premettere la Confessione

 

Quesito

 

Caro Padre Angelo,
mi capita di andare a messa in peccato mortale, perché per un motivo o l’altro non mi sono potuto confessare (per mancanza di un sacerdote e di tempo nei giorni prima della celebrazione…). Cerco di non partecipare alla comunione in quanto non confessato e non degno, ma alcune volte non ci riesco! Tutto ciò che ascolto durante la messa mi spingono infatti ad accostarmi al Signore, l’Agnello di Dio che toglie, appunto, tutti i peccati del mondo! Sono pienamente d’accordo che nostro Signore Gesù Cristo rimette i nostri peccati tramite voi stimati confessori. Ascolto infatti con sincero pentimento l’inizio della messa, quando il celebrante ci invita all'atto penitenziale. Durante il quale nella breve pausa di silenzio recito l’atto di dolore e in seguito ascolto fiduciosamente l'assoluzione del sacerdote! Tuttavia mi domando se quest’assoluzione abbia lo stesso valore del sacramento della Penitenza? Lei cosa pensa durante le parole di questo momento molto solenne, parole recitate in veste di Gesù? Lei ha assolto i miei peccati, o solo di quelli che ha confessato nei giorni precedenti? Confido in Dio durante il Vangelo ed il Credo, supplico la sua Misericordia! Recito il Padre nostro con il sacerdote, l’assemblea e con Gesù stesso, presente ormai anche fisicamente nell’Eucarestia (in Cristo, con Cristo, per Cristo). "Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma dì soltanto una parola e io sarò salvato"! Ecco, ormai è difficile trattenermi… Di Parole in nome di Gesù, durante la messa, si è colmato l’anima mia, è difficile ormai rinunciare alla comunione con il Corpo di Cristo offerto a tutti dal Sacerdote O non a tutti? Lei che cosa pensa in questo momento… l’Agnello purificatore è offerto solamente a quelli che ne sono degni, in quanto confessati? Dopo la messa esco più sereno, come se il mio spirito per un momento, per un attimo, si fosse rivestito di bianco!
Consapevole di non essere in grado di resistere alle nuove tentazione, mi propongo comunque di andarmi a confessare il più presto possibile, per ricevere un aiuto più tangibile per divenire come il Cristo, nelle mie scelte future e nei miei sentimenti!   Sperando tuttavia di non aver commesso un altro peccato di superbia e vanagloria…
Ti ringrazio di cuore per ogni breve Parola che mi puoi donare in questo mio sincero dubbio! Faccio bene o male ad accogliere Gesù, alcune volte, anche se non confessato?
Cordiali saluti e un caloroso abbraccio fraterno,
Giuseppe

 


 

Risposta del sacerdote

 

Caro Giuseppe,
1. l’atto penitenziale che si compie all’inizio della Messa non è un sacramento, ma un riconoscimento dei nostri peccati ed è una supplica collettiva fatta a Dio perché ci purifichi  da ogni colpa.
Quando il sacerdote dice: “Dio onnipotente abbia misericordia di Dio, perdoni i nostri peccati…” eleva una supplica, ma non dà l’assoluzione dei peccati.

 

2. Per il sacramento della Confessione, oltre al pentimento, è necessaria per istituzione divina l’accusa dei peccati, che qui all’inizio della Messa evidentemente non c’è.

 

3. Questa preghiera può avere l’efficacia di perdonare i peccati, perché suscitata da un sincero pentimento.
D’altra parte la Chiesa ha sempre ritenuto che la remissione dei peccati si può ottenere anche prima di accedere al sacramento della Confessione, ma non senza il proposito di confessarsi.

 

4. Questo atto penitenziale è importante, perché se uno arriva a Messa in peccato mortale, in forza di questo atto ricupera la grazia e la sua partecipazione alla Messa diventa soprannaturalmente meritoria per la vita eterna.

 

5. Anche la Parola del Signore che ascoltiamo nelle letture può ottenere questa purificazione.

 

6. Molto di più la si ottiene nel momento in cui si compie il memoriale della passione e della morte del Signore (consacrazione).
La passione e la morte del Signore sono il sacrificio di espiazione dei peccati che Cristo ha compiuto per noi.
La celebrazione della Messa produce gli stessi effetti del sacrificio della croce, perché è lo stesso sacrificio della croce che viene perpetuato a nostro beneficio sui nostri altari.
Sarebbe strano che la partecipazione al sacrificio di espiazione non ci ottenesse l’effetto dell’espiazione effettiva dei peccati.

 

7. La partecipazione alla Messa, dunque, se viene fatta con le dovute disposizioni attua la purificazione dell’anima, la santifica e la rinforza.

 

8. Ma non è sufficiente per darci il via libera per poter fare la Santa Comunione se uno non ha ancora confessato i peccati mortali.
Come sai, la Chiesa chiede di premettere sempre e in maniera doverosa la Confessione.
Riporto ancora un volta un testo di Giovanni Paolo II: “A questo dovere lo richiama lo stesso Apostolo con l’ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11,28). San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi».
In questa linea giustamente il CCC (n. 1385)stabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione».
Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»” (Ecclesia de Eucharistia 36).

 

9. È vero che domandare il perdono a Cristo e pensare di riceverlo è già una cosa grande, ma questo è solo l’inizio della riconciliazione.
Ti porto un esempio: se andando per strada ti tamponassi e sfasciassi la tua macchina e scendendo dalla mia vettura ti chiedessi scusa perché ero sovrapensiero, tu vedendomi così umiliato e confuso, sebbene rattristato, mi daresti il tuo perdono. Ma le cose non si concluderebbero così.
Rimane necessaria la riparazione dei danni. Solo allora la riconciliazione sarà piena.
Ebbene, il perdono ricevuto durante la Messa è paragonabile al primo atto, Ma rimane ancora la parte più importante: la riparazione. E questa viene attuata quando il sangue di Cristo viene versato sulla tua anima dalle mani del sacerdote incaricato da Cristo per la remissione dei peccati nella celebrazione del sacramento della Riconciliazione o Penitenza.

 

10. Senti che cosa dice Sant’Agostino a proposito di quelli che pensavano che fosse sufficiente la riconciliazione interiore senza sacramento della Penitenza: “Nessuno dica: ‘Faccio la Penitenza privatamente, per conto mio, di fronte a Dio’, e ‘il Dio che perdona conosce quello che compio nel cuore’. Dio allora avrebbe detto senza motivo: ‘ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo!’. Così come senza motivo avrebbe consegnato le chiavi del regno di Dio alla Chiesa! Si può rendere vano il Vangelo? Si possono rendere vane le parole di Cristo?” (Sermone 392, 3).
Sono parole forti e persuasive quelle di Sant’Agostino: per qual fine Gesù avrebbe istituito il sacramento della confessione se si potesse fare la S. Comunione anche senza di esso?
E poi, se uno non trova il confessore, per quante volte potrebbe fare la Comunione?
Capisci bene che qui uno continuerebbe a commettere i suoi peccati mortali, domanderebbe perdono a Dio nella Messa e poi si confesserebbe ogni morte di Papa!
Sarebbe serietà questa o non si tratterebbe di uno svuotamento, come dice Sant’Agostino, delle parole del Signore?

 

11- Pertanto la Comunione fatta senza essere confessati è mal fatta, per quanto uno pensi di essere perdonato.
Hai sentito le parole di Giovanni Paolo II che riprende quelle di San Giovanni Cristostomo: “Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi”.
Può sembrare duro san Giovanni Crisostomo, ma non fa altro che riprendere le parole severe di san Paolo in  1 Cor 11,27-30: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.
È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti”.
L’autorevole Bibbia di Gerusalemme commenta quest’ultimo versetto con le seguenti parole: “Paolo interpreta un’epidemia come una punizione divina per la mancanza di carità che ha reso l’eucaristia impossibile”.

 

11. Pertanto ti esorto a non fare più la Santa Comunione se prima della Messa hai coscienza di essere in peccato grave.
Anzi, nella prossima confessione dirai al sacerdote che hai fatto ugualmente la Santa Comunione senza essere confessato.

 

Ti ringrazio del quesito, la cui risposta porterà luce non  solo in te ma anche in tanti altri visitatori.
Ti saluto anch’io con caloroso abbraccio fraterno, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo

 


 

Pubblicato 12.10.2012



seminiamo a pieno ritmo.... [SM=g1740722]

[SM=g1740738]

[Modificato da Caterina63 16/01/2013 11:29]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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L'azione liberatrice della confessione


Il fondatore dei Francescani dell'Immacolata spiega come il sacrificio di Gesù ha liberato l'umanità dal peccato


di padre Stefano Maria Manelli*

ROMA, giovedì, 2 agosto 2012 (ZENIT.org) - Gesù nell’orto degli ulivi fece l’esame di coscienza dell’umanità. Tutte le colpe degli uomini di ogni tempo, tutte le brutture, le vergogne, le nefandezze e tutte le sofferenze, i dolori e gli strazi per pagare i delitti dell’umanità: questo fu l’esame di coscienza del genere umano, da Gesù sofferto con tale angoscia mortale da sudare sangue fino a bagnarsi il corpo e la terra.

Contemplando Gesù che suda sangue nell’orto degli ulivi, noi dovremmo aprire gli occhi sulla realtà del peccato per inorridire e per piangere lagrime di sangue, così come piangeva san Francesco d’Assisi.

Ricordiamo il grido materno della Madonna a Fatima: «Non offendano più Dio Nostro Signore». Il peccato è la sofferenza di Gesù. I suoi strazi e le gocce di sangue sono tutti i nostri peccati. Se ci pensassimo sul serio, non saremmo così indifferenti né diventeremmo così facilmente schiavi del peccato.

Una volta la piccola Giacinta di Fatima, guardando un Crocifisso, chiese a Lucia:

«Perché il Signore è così, inchiodato su una croce?».

«Perché è morto per noi».

«Raccontami come è stato».

Lucia raccontò a Giacinta tutta la Passione e Morte di Gesù. E «al sentir raccontare le sofferenze del Signore, la piccolina si commosse e pianse... Piangeva amaramente, e diceva: - Povero Gesù! Io non farò nessun peccato! Non voglio che il Signore soffra più».

Il dolore e il proposito di Giacinta sono il frutto del vero esame di coscienza. Il sincero dolore spinge a non fare più peccati per non colpire Gesù e non farlo soffrire.

D’altra parte il peccato è anche la causa dei molti castighi e travagli che affliggono l’umanità. Ricordiamo Gesù che dice al paralitico dopo averlo guarito: «Va’ e non peccare più, perché non ti accada di peggio» (Gv 5,14).

Ricordiamo Lucia di Fatima che nella seconda apparizione chiese alla Madonna la guarigione di una persona ammalata, e la Madonna le rispose: «Se si convertirà sarà guarita quest’anno». Difetti e peccati sono la causa dei nostri mali e castighi. Anche nella terza apparizione la Madonna disse: «Se gli uomini non cesseranno di offendere Dio, scoppierà un’altra e più terribile guerra ... Dio ... punirà il mondo per i suoi crimini con la guerra, la fame, la persecuzione della Chiesa e del Santo Padre».

I peccati sono la rovina del mondo. Se vogliamo bene all’umanità, finiamola con i peccati. Dobbiamo lottare contro ogni peccato, usando in particolare la penitenza, e specialmente la penitenza sacramentale, ossia la Confessione.

La Confessione, infatti, è il Sacramento del perdono che distrugge i nostri peccati. Chi odia il peccato ama molto la Confessione, perché sa bene che con la Confessione viene cancellata anche l’ombra del peccato nell’anima. Anzi, sa bene che la Confessione rende l’anima pura e splendente, carissima a Gesù.

Nella vita di sant’Antonio di Padova si legge che un giorno si presentò a lui un gran peccatore per confessarsi. Il pentimento sincero, però, faceva piangere il peccatore in modo così irrefrenabile che egli non riusciva neppure a dire i suoi peccati.

Il Santo allora gli disse: «Senti, va’ a scrivere i tuoi peccati e poi ritorna a leggermeli». Il penitente obbedì e andò a scrivere i suoi peccati su di un foglio. Tornò quindi dal Santo, si inginocchiò ai suoi piedi e iniziò a leggere la lista dei peccati. Ma quale non fu la sua sorpresa nell’accorgersi che, terminata la lettura e ricevuta l’assoluzione sacramentale, il foglio su cui aveva scritto i peccati ritornò bianco candido!

Questo, infatti, è il frutto della confessione sincera dei peccati: l’anima viene purificata dal Sangue divino di Gesù e ritorna luminosa di grazia. Per questo san Francesco d’Assisi si confessava tre volte la settimana, e molti altri Santi si confessavano anche ogni giorno.

Per noi, oltre la Confessione ad ogni primo sabato del mese, non dobbiamo dimenticare la Confessione ogni settimana, secondo la norma più sana e saggia della vera vita cristiana. Se non si ritorna alla Confessione frequente (ogni settimana), non maturerà mai in noi il dolore dei peccati e la crescita nell’amore puro per essere di conforto a Gesù sofferente e al Cuore Immacolato di Maria circondato di spine.

Virtù da praticare: Dolore dei peccati. [SM=g1740733]

Per ogni approfondimento: Padre Stefano Maria Manelli, “O Rosario benedetto di Maria!” (Casa Mariana Editrice)

* Padre Stefano Manelli, fondatore dell'ordine religioso dei Frati Francescani dell'Immacolata, è un degli autori cattolici che ha venduto più libri. I suoi scritti sono stati stampati in milioni di copie, ed alcuni sono stati anche tradotti in altre lingue straniere. Tra quelli con la maggiore tiratura “La devozione alla Madonna”, “Gesù Eucaristico Amore” e “Maggio, il mese di Maria”.

[SM=g1740738]

CLICCATE QUI PER APPROFONDIRE IL SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE O RICONCILIAZIONE


[Modificato da Caterina63 02/08/2012 22:48]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Circa i peccati e le tre censure ecclesiastiche.

 
 

La Chiesa è Madre, e ha il dovere di educare nella fede e nell’amore in Dio per aiutare tutti a conseguire la Salvezza Eterna dell’Anima, i Sacramenti istituiti da Cristo stesso e depositati nella Chiesa, sono in ordine a tale scopo.

 
Quindi, la Chiesa nella sua Eterna Sapienza stabilisce che per ricevere la Santissima Eucaristia o Comunione bisogna essere in grazia di Dio, cioè non avere commesso peccati gravi o mortali dopo l’ultima confessione ben fatta.
 
Normalmente il buon cristiano si confessa ogni mese. Ma certamente una volta all’anno.
 
 
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC)
 
CCC 1458 Sebbene non sia strettamente necessaria, la confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali) è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa. In effetti, la confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come lui.
 
 
Quali sono i peccato gravi/mortali?
 
Cosa è il peccato:
 
CCC 1849 Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. E' stato definito "una parola, un atto o un desiderio contrari alla legge eterna" [Sant'Agostino, Contra Faustum manichaeum, 22: PL 42, 418; San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, 71, 6].
 
CCC 1850 Il peccato è un'offesa a Dio: "Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto" ( Sal 51,6 ). Il peccato si erge contro l'amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare "come Dio" ( Gen 3,5 ), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto è "amore di sé fino al disprezzo di Dio" [Sant'Agostino, De civitate Dei, 14, 28]. Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza [Cf Fil 2,6-9 ].
 
CCC 1851 E' proprio nella Passione, in cui la misericordia di Cristo lo vincerà, che il peccato manifesta in sommo grado la sua violenza e la sua molteplicità: incredulità, odio omicida, rifiuto e scherno da parte dei capi e del popolo, vigliaccheria di Pilato e crudeltà dei soldati, tradimento di Giuda tanto pesante per Gesù, rinnegamento di Pietro, abbandono dei discepoli. Tuttavia, proprio nell'ora delle tenebre e del Principe di questo mondo, [Cf Gv 14,30 ] il sacrificio di Cristo diventa segretamente la sorgente dalla quale sgorgherà inesauribilmente il perdono dei nostri peccati.
 
Una breve distinzione tratta dal Compendio (CCCC) circa il peccato mortale ed il peccato veniale:
 
CCCC 395. Quando si commette il peccato mortale?
 
CCC 1855-1861; 1874
 
Si commette il peccato mortale quando ci sono nel contempo materia grave, piena consapevolezza e deliberato consenso. Questo peccato distrugge in noi la carità, ci priva della grazia santificante, ci conduce alla morte eterna dell'inferno se non ci si pente. Viene perdonato in via ordinaria mediante i Sacramenti del Battesimo e della Penitenza o Riconciliazione.
 
CCCC 396. Quando si commette il peccato veniale?
 
CCC 1862-1864; 1875
 
Il peccato veniale, che si differenzia essenzialmente dal peccato mortale, si commette quando si ha materia leggera, oppure anche grave, ma senza piena consapevolezza o totale consenso. Esso non rompe l'alleanza con Dio, ma indebolisce la carità; manifesta un affetto disordinato per i beni creati; ostacola i progressi dell'anima nell'esercizio delle virtù e nella pratica del bene morale; merita pene purificatorie temporali.

Venendo ai peccati mortali in modo più specifico
 
Tenendo conto di quanto detto, possiamo affermare che si commette un peccato mortale quando si infrangono (alle condizioni precedentemente esposte nel Compendio) i Dieci Comandamenti:
 
1. Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio fuori che Me
 
2. Non nominare il Nome di Dio invano
 
3. Ricordati di santificare le feste
 
4. Onora il padre e la madre
 
5. Non uccidere
 
6. Non commettere atti impuri
 
7. Non rubare
 
8. Non dire falsa testimonianza
 
9. Non desiderare la donna d’altri
 
10. Non desiderare la roba d’altri
 
 
Si veda sul Catechismo della Chiesa Cattolica con precisione i vari tipi di azioni che costituiscono, se realizzate con piena avvertenza e deliberato consenso, peccato grave.
 
Se volessimo fare un elenco non esaustivo potremmo dire che sono peccati gravi/mortali i seguenti atti: 
 
Idolatria, magia, stregoneria, occultismo, ateismo, astrologia, avversione e persecuzione e diffamazione verso la Chiesa Cattolica (questi puniti con la scomunica latae sententiae), spergiurare su Dio, omicidio, suicidio assistito, eutanasia, suicidio, aborto (questo punito con la scomunica latae sententiae), violenza sessuale sui minori, e cultura pedofila in genere, atti sessuali fuori dal Matrimonio Cattolico, convivenzamore uxorio, atti sessuali disordinati all’interno del Matrimonio Cattolico, adulterio, contraccezione, prostituzione, atti omosessuali, visione e detenzione di materiale pornografico, masturbazione, furto (tale peccato viene assolto solo con la restituzione del mal tolto), diffamazione, odio, mancanza di perdono, bugia dannosa, calunnia, riduzione in schiavitù.
 
***
 
Circa il dare la Santissima Eucaristia a coloro che dopo la separazione o il divorzio dal Matrimonio Cattolico, convivono more uxorio con un altro partner (anche se risposati civilmente).
 
La Chiesa è Madre e ha il dovere di educare nella fede, pur avendo a cuore questi fratelli che vivono la lacerante sofferenza dell’essere vittime di un matrimonio fallito. Questi nostri fratelli e sorelle fanno parte della Chiesa, e sono invitati a ritrovare il loro rapporto, attraverso la preghiera con il Signore e a partecipare alla Santa Messa, ma il viverestabilmente e irremovibilmente nello stato di convivenza more uxorio non da loro la possibilità di ricevere l’Assoluzione Sacramentane (perché impenitenti) e quindi nel ricevere la Comunione a meno che o decidono di separarsi o si impegnano davanti a Dio a cambiare il loro stato di convivenza (si sforzano a vivere come fratello e sorella).
 
***
 
Le tre censure ecclesiastiche: la scomunica, l'interdetto e lasospensione a divinis
 
 
La scomunica è una delle tre censure ecclesiastiche previste dal diritto canonico: La scomunica può essere inflitta solo ad una persona fisica, laica od ecclesiastica, non ad enti e confraternite, e cessa con l'assoluzione che può e deve essere data (con le dovute licenze) non appena lo scomunicato si pente sinceramente della colpa commessa. Le altre censure sonol'interdetto e la sospensione a divinis (quest'ultima può essere inflitta solo ai sacerdoti).
 
 
Scomunica latae sententiae è una pena gravissima e la Chiesa vi ricorre come estremo tentativo per riportare un fedele sulla retta via.
 
 
Le scomuniche si definiscono latae sententiae se scaturiscono da un comportamento delittuoso in quanto tale e non è necessario che vengano esplicitamente comminate da un ente ecclesiastico: chi compie un certo atto si trova ad essere scomunicato ipso facto. Si definiscono invece ferendae sententiae se non sono automatiche, ma devono essere inflitte da un organismo ecclesiale.
 
 
Esistono anche le scomuniche "riservate": infatti in genere una scomunica può essere tolta dal Sacerdote durante una normale confessione; se però la scomunica è riservata al vescovo, può essere tolta solo da un vescovo o da un suo delegato; se è riservata alla Santa Sede, può essere tolta sempre da un Sacerdote ma solo quando questo sia ricorso in via riservata e assolutamente anonima al competente Ufficio della Curia Romana, cioè la Penitenzieria Apostolica, la quale in tempi rapidissimi deciderà circa l'Assoluzione e la Penitenza. Naturalmente le scomuniche "riservate" sono quelle associate ai delitti più gravi.
 
Le scomuniche sono disciplinate dal Codice di diritto canonico ai canoni 1331 e 1364-1398.
 
 
I. SCOMUNICHE latae sententiae riservate alla Santa Sede
 
Viene scomunicato ipso facto e deve ricorrere alla Santa Sede:
 
1. Chiunque profana le specie consacrate (ostie) dell'Eucaristia, oppure le asporta dalla riserva eucaristica o le conserva a scopo sacrilego (can. 1367).
 
2. Chiunque usa violenza fisica contro il Santo Padre, il Papa (can. 1370 §1).
 
3. Il Sacerdote che in confessione assolve il proprio complice nel peccato contro il sesto dei dieci comandamenti, cioè assolve la persona con cui egli stesso ha avuto rapporti sessuali (can. 1378). Questa assoluzione, inoltre, è anche invalida (can. 977).
 
4. Il Vescovo che consacra un altro Vescovo senza mandato pontificio (can. 1382)
 
5. Il Sacerdote che viola direttamente il sigillo sacramentale della Confessione, cioè rende pubblica l'identità di un fedele e i suoi peccati (can. 1388)
 
 
II. SCOMUNICHE latae sententiae non riservate alla Santa Sede.
 
Viene scomunicato ipso facto:
 
1. Chi ricorre all'aborto ottenendo l'effetto voluto e chi procura tale aborto e chi ne è complice (es. chi incoraggia e chi accompagna all’ospedale) (can. 1398); attualmente questascomunica è stata riservata al vescovo, il quale può decidere se e quali sacerdoti hanno l'autorizzazione per rimettere tale scomunica.
 
2. Chi si macchia del delitto di Apostasia, Eresia e Scisma (can. 1364 §1).
 
3. Anche la Simonia o altri accordi condizionanti l'elezione del papa nel conclave, come stabilito dalla Costituzione Apostolica Universi dominici gregis, fanno incorrere nella scomunica latae sententiae.
 
 
 
III. L'INTERDETTO è una punizione rivolta ad un singolo individuo. È come una scomunica in quanto la persona non può ricevere i Sacramenti e partecipare al culto pubblico se è Diacono. Il laico o il Dicono interdetto non potrà mai più accedere al Sacramento dell’Ordine (o del secondo grado dell’Ordine, se è Dicono).
 
Sono quindi interdetti chi:
 
Ø Fa violenza fisica contro un vescovo.
 
Ø Tenta di presiedere o concelebrare una Santa Messa, essendo un diacono o un laico.
 
Ø Ascolta e/o assolve le Confessioni, essendo un diacono o un laico.
 
Ø Accusa falsamente un Sacerdote di incitare il penitente contro il sesto comandamento durante la Confessione.
 
Ø Tentare di sposarsi avendo fatto voto di castità perpetua.
 
 
IV. LA SOSPENSIONE è un provvedimento disciplinare gravissimo della Chiesa Cattolica. Tale provvedimento, è rivolto verso un ecclesiastico che va in modo assoluto, certo e grave contro la Fede e la Morale. Il Sacerdote è quindi sospeso "a divinis" e ridotto allo stato laicale. Per lo stesso è proibito di esercitare il suo ufficio sacerdotale e celebrare i sacramenti. 
 
Accade quando:
 
Ø C’è violenza fisica contro un Vescovo da parte di un Sacerdote (can. 1370).
 
Ø Quando il Sacerdote con i suoi atti va contro la Fede della Chiesa Cattolica in modo da nuocere e diffamare la Chiesa Cattolica Stessa.
 
Ø C’è attentato al matrimonio, anche solo civilmente, da parte di un Sacerdote (can. 1394 §1).
 
Ø Il Sacerdote abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo. (can. 1395).
 
***
L’APOSTASIA
 
Si tratta di una totale negazione della fede: è il caso di chi nega Cristo dopo averlo conosciuto. Chi aderisce a credenze Magiche come la stessa Magia la Cartomanzia (lettura delle carte), l’Astrologia (lettura degli oroscopi) e tutte le pratiche Esoteriche; e si converte ad altre fedi religiose es.: la Massoneria, i Rosacroce, l’Islam, le Chiese cristiane protestanti e o separate dalla Chiesa Cattolica, Testimoni di Geova, I Mormoni, Scientology, Religioni e filosofie Orientali (induismo, buddismo), Credenze Occulte Diaboliche Idolatriche ecc.
 
Ma è anche il caso di chi, cresciuto all’interno della Chiesa Cattolica, non abbia mai accettato né Cristo nella propria vita né la fede Cattolica nella sua interezza contestando o perseguitando la Chiesa Cattolica pubblicamente anche se abbia comunque compreso il Vangelo e anche se sia rimasto formalmente nella Chiesa Cattolica stessa (Apostasia silenziosa). 
 
L’ERESIA
 
A differenza dell’apostasia, l’eresia è una negazione parzialedelle Verità Fede. E’ il caso di chi accoglie la rivelazione biblica solo in quelle parti che gli piacciono, riservandosi di escludere quelle spiacevoli o non conformi alle sue aspettative.
 
 
LO SCISMA
 
Il termine, (dal greco schìsma: lacerazione, divisione) designa la formale separazione dalla Chiesa di un gruppo di fedeli originata da dissensi di carattere disciplinare, ma non necessariamente su verità di fede (elemento, questo, che distingue lo scisma dall'eresia).
 
 
SIMONIA
 
Il termine viene utilizzato per definire l'acquisizione di beni spirituali in cambio di denaro, e deriva dal nome di Simon Mago, taumaturgo samaritano convertito al cristianesimo, che propose a San Pietro di vendergli il potere di conferirgli i doni dello Spirito Santo.

Un atto simoniaco è per esempio il mercimonio delle Reliquie dei Santi.
 
fonte: Maranathà

Read more: http://sursumcorda-dominum.blogspot.com/#ixzz23ywclcU6

Fraternamente CaterinaLD

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21.01.2013 13:44

 

Potere clericale modernista nel Confessionale

 

Senza perdere tempo con provocazioni sterili, vogliamo entrare nel vivo di alcune affermazioni che da dopo il Concilio sono diventate quasi una nuova normativa, persino dottrinale, nella Chiesa.

Non è raro sentire affermare da certi relatori, presbiteri o laici, in varie occasioni di incontri diocesani, catechetici o parrocchiani, che il concetto di "peccato mortale" è venuto meno, non esiste più, che tutti i peccati sono uguali o, nella peggiore dei casi, che tutti i peccati sono uguali e quindi tutti veniali, tutti perdonabili senza il necessario ricorso al confessionale, che è sufficiente confessarsi solo una volta all'anno e che in qualsiasi condizione è possibile ricevere l'Eucaristia avendo partecipato all'atto penitenziale: l'importante è credere, avere fede in Dio buono e misericordioso che tutto perdona. Una coscienza pentita è già una coscienza perdonata.

Naturalmente le gravi conseguenze di queste idee si ripercuotono poi su tutta un'altra serie di situazioni quali, ad esempio, i divorziati risposati, o chi ha persino abortito, limitando tali colpe a piccoli peccati veniali dei quali basta pentirsi per essere a posto con la coscienza, pur rimanendo nello stato di peccato riguardo agli adulteri e non riparando il danno fatto con l'aborto, e ricevere ugualmente l'Eucaristia.

Vi ricordiamo che fu il Protestantesimo a mettere in dubbio il Sacramento della Confessione e ad eliminarlo quando soppresse il Sacerdozio ministeriale.

 

Perché parliamo di "potere clericale modernista"?

Al di là della santa provocazione, una volta il Sacerdote nel Confessionale non esprimeva le proprie opinioni a riguardo delle materie da assolvere o ritenere, della penitenza da dare, del peso di una scomunica (ipso-facto) quale è ancora oggi, per esempio, quella che grava su chi ha abortito o favorito o addirittura fatto materialmente in quanto medico convinto che abortire non sia un peccato mortale.

Così come quella che grava sui divorziati risposati ai quali non pochi sacerdoti danno la Comunione perché convinti che ciò sia un bene: da non confondere con i separati o divorziati non risposati e non conviventi i quali, se appunto vivono soli perché consapevoli della loro situazione anomala e non responsabili del divorzio, ma che lo hanno subito, e che dunque vivono la propria vita nei Dieci Comandamenti, nell'autentico sacro timor di Dio (che è uno dei sette doni dello Spirito Santo) e nella gratuità di un amore che prevede anche la solitudine, possono ricevere la Comunione.

Oggi, invece, certo potere modernista ha spinto non pochi Sacerdoti ad usare il Confessionale quale mezzo per esprimere le proprie opinioni in campo etico e morale e su queste opinioni stabilire l'assoluzione. Una assoluzione basata sulla fede del fai da te e non più sui Comandamenti, non più sulla sana dottrina oppure, anche se i Comandamenti vengono usati, questi sono interpretati a seconda del pensiero del mondo, delle maggioranze, democraticamente, o con il politicamente "corretto". E' in questo senso che parliamo di un "potere clericale" inaccettabile.

Questi Sacerdoti non si pongono neppure il dubbio se ciò che fanno è bene o male, ma hanno proprio scambiato il male per un bene, così come ci aveva ammonito il Profeta Isaia: "Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro" (5,20). Nessun Sacerdote ha il diritto di stravolgere la Verità usando il Confessionale, Essi sono chiamati a giudicare il peccato (non il peccatore) non in base alle loro opinioni ma sulla base dei Comandamenti, del Vangelo quando Gesù dice all'adultera: "và e non peccare più!", in base alle Norme della Chiesa dalla quale hanno ricevuto il mandato.

Trattandosi di Sacerdoti mandati non per esprimere le proprie opinioni ma i comandi divini, si chiama abuso di potere, come ebbe a dire Giovanni Paolo II quando denunciava l'esplosione dei cosiddetti "atti penitenziali" in sostituzione delle confessioni personali.

Ed è un "potere modernista" che certo Clero usa oggi gettando non soltanto nella confusione il fedele, ma stravolgendo la dottrina della Chiesa che non è mai mutata, rovinando migliaia di anime che sono morte, muoiono, o stanno morendo in un grave stato di peccato mortale spaventoso, nel silenzio compiacente di questi Giuda!

Certo, sappiamo che la misericordia di Dio è superiore a tutto e legge i cuori delle persone, ma sappiamo anche che Egli è Giudice e che se ci saranno anime dannate per queste inadempienze, coloro che si sono resi responsabili di tale situazione, pagheranno assai più duramente il loro tradimento o silenzi (cfr, Ez. 3,18-21).

L'Atto penitenziale, con il quale si comincia la Messa e attraverso il quale si fanno degli incontri con i fedeli in alcuni Tempi forti liturgici come l'Avvento, la Quaresima o nella Settimana Santa, è sufficiente solo per i peccati veniali ma non sostituisce l'assoluzione se uno non ha ancora confessato i peccati mortali, semmai prepara il fedele proprio alla vera e piena Confessione.

La Confessione è strettamente associata alla ricezione della Comunione Eucaristica, troppi nel Clero oggi dimostrano non soltanto di non conoscere una adeguata preparazione di teologia morale corretta, ma dimostrano piuttosto una avanzata e superba pretesa di poter officiare a tale ministero a seconda delle proprie convinzioni, agendo liberamente e con perversa coscienza ben sapendo di agire contro la dottrina della Chiesa, assumendo l'orgogliosa pretesa di essere "più buoni della Chiesa" stessa, e di assolvere così tutti, a prescindere dalle colpe personali e dal loro peso.

Così esordiva Giovanni Paolo II nella sua ultima Enciclica: "San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi».

In questa linea giustamente il CCC (n. 1385) stabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione».

Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»”

(Giovanni Paolo II da Ecclesia de Eucharistia 36).

Leggiamo da un bravo sacerdote questo breve:

"Può sembrare duro san Giovanni Crisostomo, ma non fa altro che riprendere le parole severe di san Paolo in 1 Cor 11,27-30: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.

È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti”.

L’autorevole Bibbia di Gerusalemme commenta quest’ultimo versetto con le seguenti parole: “Paolo interpreta un’epidemia come una punizione divina per la mancanza di carità che ha reso l’eucaristia impossibile” ".

 

Quindi, se uno è inconscio di essere in uno stato di peccato mortale che deve fare? Cosa succede?

Intanto se questa persona non va al confessionale a dire i suoi peccati, come potrà essere in grado di comprendere se si trova in uno stato di peccato mortale o meno?

Dice Giovanni Paolo II nell'Enciclica sopra citata:

"Se poi il cristiano ha sulla coscienza il peso di un peccato grave, allora l'itinerario di penitenza attraverso il sacramento della Riconciliazione diventa via obbligata per accedere alla piena partecipazione al Sacrificio eucaristico".

Ecco una delle grandi responsabilità di Sacerdoti impreparati o persino traditori del proprio ministero loro affidato. Devono essere loro per primi a sollecitare i fedeli con le catechesi, le omelie domenicali, persino il dialogo e l'amicizia, a fare ricorso al confessionale, devono essere loro per primi a fare l'elenco dei peccati mortali che si trovano nel Catechismo e in tutto il Magistero della Chiesa.

E' difficile dire poi che la persona che frequenta la Chiesa e va alla Messa e magari pretende anche l'Eucaristia non sia cosciente di trovarsi, più o meno, in un grave stato di peccato mortale, basta leggere i Dieci Comandamenti la cui disobbedienza ed ostinata ribellione ad uno solo di questi, conduce in uno stato grave di allontanamento da Dio (= allontanamento da Dio: peccato = stato grave: mortale), qui si rileva semmai il silenzio dei Sacerdoti sul valore di questi Comandamenti e l'ignoranza di quei fedeli che non solo non li conoscono, ma spesso ne ignorano il senso o vi attribuiscono interpretazioni blande, mischiate a certa informazione mediatica, o spesso anche contro le dichiarazioni del Sommo Pontefice.

L'ignoranza poi non è affatto una giustificazione né una scusante e le parole di San Paolo sono chiare:

"È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor..5, 19-20).

Lo si deduce dal fatto che quando si parla poi a questi fedeli o Sacerdoti dell'esistenza del peccato mortale, dell'Inferno eterno, di un Giudizio divino, non stanno ad ascoltare, ma si ribellano, rifiutano la vera interpretazione e si ostinano a perseguire ciò che a loro piace di sentirsi dire, attribuendo il tutto al Concilio quale nuovo magistero che avrebbe modificato così tutte le dottrine.

Dice Sant’Agostino a proposito di quelli che pensavano che fosse sufficiente la riconciliazione interiore (Atto penitenziale) senza Sacramento della Penitenza: “Nessuno dica: ‘Faccio la Penitenza privatamente, per conto mio, di fronte a Dio’, e ‘il Dio che perdona conosce quello che compio nel cuore’. Dio allora avrebbe detto senza motivo: ‘ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo!’. Così come senza motivo avrebbe consegnato le chiavi del regno di Dio alla Chiesa! Si può rendere vano il Vangelo? Si possono rendere vane le parole di Cristo?” (Sermone 392, 3).

Nel n. 212 del Compendio del CC, alla domanda: In che cosa consiste l'inferno?

leggiamo la seguente risposta:

"Consiste nella dannazione eterna di quanti muoiono per libera scelta in peccato mortale".

E al n. 291 alla domanda: Che cosa si richiede per ricevere la santa Comunione?

leggiamo:

"Per ricevere la santa Comunione si deve essere pienamente incorporati alla Chiesa cattolica ed essere in stato di grazia, cioè senza coscienza di peccato mortale. Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave deve ricevere il Sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione...."

Non è alla leggera che la Madre Chiesa insegna che normalmente il buon cristiano si confessa ogni mese (i Santi consigliano anche una volta la settimana o ogni 15 gg. specialmente se si è seguiti da un buon Confessore e si sta percorrendo un cammino di conversione). Ma certamente una volta all’anno.

Meno di questo cosa si pretende?

Per una breve distinzione tratta dal Compendio (C.CCC) circa il peccato mortale ed il peccato veniale, si legga qui: http://www.maranatha.it/rituale/23page.htm

Si veda sul Catechismo della Chiesa Cattolica con precisione i vari tipi di azioni che costituiscono, se realizzate con piena avvertenza e deliberato consenso, peccato grave.

Se volessimo fare un elenco non esaustivo potremmo dire che sono peccati gravi/mortali i seguenti atti:

idolatria, magia, stregoneria, occultismo, ateismo, astrologia, avversione e persecuzione e diffamazione verso la Chiesa Cattolica (questi puniti con la scomunica latae sententiae), spergiurare su Dio, omicidio, suicidio assistito, eutanasia, suicidio, aborto (questo punito con la scomunica latae sententiae), violenza sessuale sui minori, e cultura pedofila in genere, atti sessuali fuori dal Matrimonio Cattolico, convivenza more uxorio, atti sessuali disordinati all’interno del Matrimonio Cattolico, adulterio, contraccezione, prostituzione, atti omosessuali, visione e detenzione di materiale pornografico, masturbazione, furto (tale peccato viene assolto solo con la restituzione del mal tolto), diffamazione, odio, mancanza di perdono, bugia dannosa, calunnia, riduzione in schiavitù.

 

***

"Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo". (Benedetto XVI Messaggio per la Quaresima 2012)

Ma diverse sono le obiezioni scatenate dal Protestantesimo che fu il primo ad attaccare i Sacramenti della Chiesa e in specie la Confessione. L'accusa Protestante partiva dal falso concetto che la Confessione servisse alla Chiesa per tenere sotto schiavitù le anime ignoranti, sotto come ad un ricatto morale essendo il Sacerdote venuto a conoscenza dei suoi peccati più oscuri. Dunque la Chiesa avrebbe inventato questo Sacramento per scopo di lucro.

Rispondiamo brevemente per un dovere verso i lettori e della verità:

che il Divino Redentore abbia dato alla Sua Santa Chiesa il "potere" di rimettere i peccati, dando l'avvio così a ciò che è chiamato Sacramento, lo dicono le Sacre Scritture, lo conferma la S. Tradizione e la Chiesa da sempre lo insegna.

Ogni perdono poteva venire solo da Dio attraverso il sacrificio espiatorio, lo ribadisce la Scrittura: "Ego, ego sum ipse, qui deleo iniquitates tuas propter me et peccatorum tuorum non recordabor. / Io, io cancello i tuoi misfatti, per riguardo a me non ricordo più i tuoi peccati." (Is.43,25), tale remissione è la necessità che Dio stesso avverte come urgente "per riguardo a Lui stesso", ma per essere "rimessi", poiché nessuno può toglierseli da se stesso, è necessario che questi peccati vengano confessati, pronunciati, riconosciuti dal penitente e da lui deve essere richiesta la rimozione, poi il Signore Dio nella Sua infinita misericordia e "per riguardo a Se stesso", si prodigherà alla remissione per mezzo dei Suoi Ministri e del Sacrificio espiatorio che è la Santa Messa.

Le accuse o le obiezioni rivolte alla Chiesa furono, per la verità, già rivolte a Nostro Signore, agli occhi degli scribi infatti, attribuirsi un tale potere di rimettere i peccati, era una gravissima bestemmia, che doveva essere punita con la pena capitale (come dicono Levitico 24,11 e Numeri 15,30), ma Gesù risponde adeguatamente all'accusa, con una dimostrazione tipica del modo di pensare giudaico e ben descritto nel Vangelo di S. Marco capitolo 1 vv.17-45 ed anche nel capitolo 2.

"Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua" (Mc.2,9-11).

Questo potere il Signore consegna, comanda ai Suoi Apostoli:

" Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv.20,21-23), è la "potestà" in terra di rimettere i peccati a cominciare dal Battesimo che è una prima remissione, per poi continuare ad insegnare tutto ciò che Lui ha comandato di fare, compresa questa remissione: " docentes eos servare omnia, quaecumque mandavi vobis / insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt.28,20), e poiché è compresa questa remissione dei peccati, e che essi ebbero dal loro Maestro la facoltà non solo di rimettere ma pur anche di ritenere, risulta con tutta verità che Gesù conferì loro la potestà di giudicare dei peccati, evidenziarne la gravità e perdonarli, rimetterli, o persino di "ritenerli non rimessi", secondo le disposizioni d'animo dei peccatori, ossia il rifiuto al pentimento e l'ostinazione a voler continuare a commetterli, e questo proprio "per riguardo a Se stesso" e quindi all'uomo del quale ha voluto assumerne l'umanità per redimerla.

La potestà non è altro che l'atto solenne della insufflazione dello Spirito Santo che rende pratico, vivo e vero ogni Sacramento affidato però alla Chiesa e non a chiunque, non a tutti i battezzati, ma solo agli "amministratori dei misteri di Dio" (1Cor.4); quel "creare di nuovo" che avviene per mezzo dello Spirito Santo, Gesù infatti non ha solo il potere di rivelare il male o ciò che è male, ma Egli si rivela quale Redentore dell'uomo malato, Salvatore e Medico delle Anime, e di questa Redenzione abilita gli Apostoli raccomandando: "Et si quis audierit verba mea et non custodierit, ego non iudico eum; non enim veni, ut iudicem mundum, sed ut salvificem mundum. / Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo"(Gv.12,47), la Confessione è dunque necessaria, fondamentale, indispensabile a coloro che vogliono salvarsi, chi non vuole salvarsi non va al confessionale e non cerca il perdono di Dio, si esclude dalla salvezza. Per questo è necessaria l'evangelizzazione, per questo sono necessari Sacerdoti obbedienti e che non usino il Confessionale per le loro opinioni: sono le parole di Gesù e la Parola nei Dieci Comandamenti che devono essere trasmessi ed usati per stabilire la conoscenza del male che conduce al peccato!

In tutta la S. Scrittura il concetto di "condanna" deriva dalla scelta dell'uomo quando accetta il risanamento, e allora è salvo, oppure lo rifiuta e allora si condanna da sé. Non c'è bisogno che Gesù lo condanni, egli si esclude dalla Salvezza. Per condannare l'uomo, infatti, non c'era bisogno che il Divin Verbo s'Incarnasse, l'uomo si era già condannato con il primo Adamo. Per salvare l'uomo era necessario, invece, l'intervento di Dio non potendosi, l'uomo, risollevarsi da solo dal grave peccato. "Dio infatti – scrive S. Giovanni – non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Gv 3,17).

Così ammonisce S. Paolo esprimendo la misericordia della remissione e l'avvertimento del "ritenere": " L'ho detto prima e lo ripeto ora, allora presente per la seconda volta e ora assente, a tutti quelli che hanno peccato e a tutti gli altri: quando verrò di nuovo non perdonerò più, dal momento che cercate una prova che Cristo parla in me, lui che non è debole, ma potente in mezzo a voi" (2Cor.13,2-3) è così che la reticenza e l'essere reprobi è una debolezza imperdonabile.

Quanto ai Santi Padri e Dottori della Chiesa, di tutti i tempi, fanno testimonianza in tutti gli insegnamenti della potestà data da Gesù Cristo alla sua Chiesa di giudicare dei peccati e giammai le persone in quanto schiavi delle debolezze.

S. Clemente Romano, già discepolo e compagno di S. Paolo, esorta quelli che avevano promosso i disordini nella chiesa di Corinto, di ravvedersi e di rimanere soggetti ai presbiteri, ed a venir corretti per mezzo della penitenza (Epist. ad Cor. S. Clem. Rom. n.57). E via a seguire con S. Ireneo, Vescovo di Lione nel secondo secolo, S. Cipriano, che ha sviluppato ampiamente, il sistema della penitenza, fino ad arrivare al Concilio di Trento in cui la Chiesa definì che la Penitenza è un vero Sacramento istituito da Gesù Cristo e che le parole del Redentore sopra riportate di S. Matteo cap. 28, sono da intendersi della potestà di rimettere e di ritenere i peccati nel Sacramento stesso della Penitenza o Riconciliazione (S.Conc. Thrid. Sess.XIV can.1).

In definitiva, affinché i peccati possano essere rimossi dalla penitenza, è necessario che il peccatore, il penitente, li detesti facendosi aiutare dai seguenti passaggi che costituiscono la "forma" del Sacramento:

a. contrizione: per mezzo della quale il peccatore si assoggetta all'azione del Sacramento e non alle opinioni personali del Sacerdote;

b. confessione: che per quanto sta al peccatore ripari al male che ha fatto senza omettere alcun peccato, specialmente se mortale;

c. soddisfazione: che è la materia prossima del Sacramento, dopo aver fatto la contrizione e la confessione, è necessaria la soddisfazione, la riparazione del danno fatto.

Detto in parole brevi:

- La Contrizione:

detestare non se stessi ma i peccati commessi, significa proprio aver compreso ciò che ci separava da Dio, e contristarsi per questa separazione e così poter ritornare a Dio.

- La Confessione:

la Confessione è una conseguenza necessaria della potestà concessa da Nostro Signore Gesù Cristo agli Apostoli di giudicare dei peccati, perché per sapere quali potevano essere rimessi e quelli che non potevano essere rimessi subito, dovevano necessariamente conoscerli, né era possibile altrimenti che il peccatore fosse in grado di riconoscerli e confessarli.

- La Soddisfazione (delle pene colla penitenza):

per comprendere che cosa significa questa Soddisfazione, basta sapere che nel Sacramento del Battesimo si rimettono tutte le colpe e tutte le pene in maniera che, pei peccati commessi prima di riceverlo, nessuno è obbligato a soddisfare, non così nel Sacramento della Penitenza perché se è vero che il Signore Dio nella Sua infinita misericordia rimette la colpa ed apre al peccatore la via del perdono, la Divina Giustizia esige che, com'egli colla sua attività personale, peccaminosa, distrusse l'opera della Redenzione, così colla sua personale attività dovrà concorrere al suo ristabilimento, assaporando anch'egli il "calice amaro della passione" che il Divino Redentore bevve per la nostra salvezza.

Questa è la Soddisfazione tanto che, i Santi Padri della Chiesa e gli stessi grandi Santi, parlano di penitenza come ad un "battesimo travagliato" e lo considerano come assolutamente necessario per ottenere il totale perdono dei peccati.

S. Gerolamo la chiama: " la seconda tavola dopo il naufragio, a cui deve appigliarsi il peccatore per lavare con amare lagrime assieme con Pietro le macchie della primiera bruttura" (Epist. 130 ad Demetr.), e ancora, sempre S. Gerolamo: " Nessuna cosa è ripugnante a Dio quanto un cuore pigro ed impenitente, questo è un delitto che non ottiene alcun perdono" (Epist. 147 ad Sabinian.).

Del Santo Curato d’Ars (JeanMarie Vianney, 1786-1859) si conoscono poche cose e, spesso, superficialmente: il fatto che stava in confessionale fino a 16 ore al giorno; il fatto che combatteva con un diavolo da lui stesso soprannominato Grappino; il fatto che fosse ignorante e che, per questo, non lo volessero far prete… Ma, come spesso accade, dietro l’intonaco sta il muro che regge una vita e un senso: il Curato d’Ars, patrono dei parroci, era soprattutto un prete e un uomo di fede.

In questo libro il lettore sarà condotto soprattutto a conoscere il cuore di un prete che «parlò di Dio con tutta la sua vita», attraverso stralci delle sue omelie abbinati ai brani del Vangelo che commentava, ve ne offriamo un passo:

«E confidiamo nella nostra Madre, Maria. Vi ho detto che dobbiamo avere una confidenza cieca in Gesù Cristo, perché siamo sicuri che non mancherà mai di venirci in aiuto in ogni nostra pena, purché andiamo da lui come figli dal padre. Vi dico anche che dobbiamo avere una grande fiducia verso la sua santa Madre, che è così buona, che desidera tanto aiutarci in ogni nostra necessità terrena, ma specialmente quando vogliamo ritornare al buon Dio. Se abbiamo qualche peccato che ci vergogniamo di confessare, gettiamoci ai suoi piedi: siamo sicuri che lei ci otterrà la grazia di confessarci bene e, nello stesso tempo, non mancherà di domandare il perdono per noi (…).

Diciamo pure che la virtù della speranza ci fa compiere tutte le nostre azioni con l’unico scopo di piacere a Dio, e non al mondo. Dobbiamo cominciare a praticare questa bella virtù quando ci svegliamo, offrendo il nostro cuore a Dio con amore, pensando quanto sarà grande la ricompensa della nostra giornata se tutto quello che facciamo lo faremo bene, col solo obiettivo di piacere al buon Dio »(pag.103 - IL VANGELO DEL CURATO D ’ARS - C.Travaglino, San Paolo 2009, pp.192, € 12,00).

Per concludere:

"..... e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor..5, 19-20).

Invitiamo i Sacerdoti innanzi tutto a fare essi stessi ricorso al Confessionale, frequentemente, dando l'esempio per poi abbandonare quel "potere" perverso e pervertitore attraverso il quale hanno sposato l'eresia che porta a cancellare l'esistenza del peccato mortale e dell'Inferno, e induce i fedeli al rischio di una dannazione eterna con loro. L'ignoranza non cancella il peccato grave, a volte lo aggrava ancora di più, quando per esempio si rigetta e si rifiuta la verità.

Vogliamo agire come gli incoscienti Pinocchio e Lucignolo che lasciano la scuola per andare nel paese dei balocchi convinti di trovare l'eterna felicità? Non c'è altra via che il Calvario per raggiungere l'eterna beatitudine, anche con digiuni e penitenze per correggere le nostre debolezze, come insegna la Vergine Santissima in tutte le Apparizioni ufficiali e riconosciute dalla Chiesa.

Su questa via Dolorosa che è anche questa "valle di lacrime" cadremo non una, non due, non tre volte, ma anche dieci o mille, non importa, l'importante è rialzarsi (=confessarsi) è riprendere questa via e restarci, fino al Golgota, fino alla Croce con Cristo. Diversamente ci trasformeremo lentamente in ciuchini che invece di raggiungere la felicità agognata, dovranno restare schiavi di una felicità falsa, deprimente e distruttiva.

 
[SM=g1740717] [SM=g1740720]

***

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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[SM=g1740717] [SM=g1740720] Un sacerdote risponde - da AmiciDomenicani

Negata l'assoluzione per atto impuro contro natura

Quesito

Carissimo padre Angelo Bellon OP,
sono un ragazzo di … anni. Frequento i sacramenti, la s. Messa, prego, conduco una vita cristiana, ma ho frequenti cadute in rapporti omosessuali con partner occasionali, sono single. Già diverse volte ho confessato questo mio peccato, sia pur con grande difficoltà, al sacerdote durante la confessione con il mio proposito di non commettere più questo peccato. Il proposito ed il dolore ci sono sempre, ma ricado sempre. Si immagini come vivo, come un gatto che si morde la coda. Questa mattina, infelicemente, un sacerdote (che non conoscevo) mi ha negato l'assoluzione dicendomi che non sapeva se poteva concedermela, doveva chiedere informazioni al suo superiore.
Le garantisco che non ho giudicato male quel sacerdote, anzi in cuor mio mi son detto "Era quello che meritavo, quando ti decidi una volta per tutte ad interrompere questo vizio?"
Ovviamente non voglio stare senza assoluzione, perchè voglio ricevere la Comunione (durante questi giorni non la ricevo, ma vado a Messa).
Le mie domande sono queste:
1. Come mi devo comportare?
2. E' giusto confessare questo peccato solo a sacerdoti che non conosco?
(Ovviamente ne provo vergogna)
3. E' giusto vivere come una mortificazione questo mio status della sessualità?
4. Come vivere la continenza perfetta? (E' la mia massima aspirazione).
5. E' necessario focalizzarsi solo su questo peccato, magari tralasciandone altri che potrebbero essere ancor più gravi?
Grazie padre Angelo,
mi perdoni l'anonimato.
A presto sentirci!


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. hai fatto bene a prenderti la negazione della assoluzione come un richiamo molto forte del Signore: forse ti impegni poco a rinnovare la tua vita.
Capisci da te stesso che non si tratta di vero amore, di un uso del tutto impuro dei corpi di tante persone e di una cosificazione della loro stessa persona, ridotta a oggetto di soddisfazione personale, senza lasciare alcun costrutto.
Non è certamente questo il disegno divino sulla sessualità, disegno che di natura sua è santificante e pertanto sempre più elevante.

2. Rispondo adesso alle tue singole domande.
1. Come mi devo comportare?
Hai sentito il Vangelo di domenica scorsa: “E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna” (Mc 9,45).
Questo piede sta a significare frequentazioni di persone o di ambienti che inducono in tentazione.
Scansare l’inferno vale qualsiasi sacrificio.

2. E' giusto confessare questo peccato solo a sacerdoti che non conosco?
(Ovviamente ne provo vergogna)
Meglio sarebbe tenere sempre il medesimo confessore.
Ma se questo talvolta non è possibile, vai a riparare il tuo peccato anche accettando la vergogna di doverlo dire ad un altro sacerdote, il quale, peraltro e come ben sai, è tenuto al segreto.

3. E' giusto vivere come una mortificazione questo mio status della sessualità?
Nella situazione in cui ti trovi devi realizzare la tua sessualità facendoti dono all’interno della società e della Chiesa, ma con la volontà ferma di rimanere casto.
In questo modo la tua sessualità, e cioè la tua inclinazione ad amare, non viene mortificata, ma realizzata nella strada giusta.
La condizione della castità è necessaria perché diversamente non si tratterebbe di vero amore, ma di abuso dei corpi e delle persone altrui, oltre che una profanazione molto grave del proprio corpo, chiamato ad essere mediante la purezza tempio dello Spirito santo..

4. Come vivere la continenza perfetta? (E' la mia massima aspirazione).
Eliminare nella tua testa pensieri, desideri, fantasie che non portano a realizzare il disegno divino sulla sessualità.
Nello stesso tempo devi disciplinarti nel tuo sguardo, cosa che del resto deve fare anche ogni altra persona. Anche qui l’ammonimento del Signore è molto severo: “E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, doveil loro verme non muore e il fuoco non si estingue” (Mc 9,47-48).

5. E' necessario focalizzarsi solo su questo peccato, magari tralasciandone altri che potrebbero essere ancor più gravi?
No, non c’è solo questo problema nella vita, anche se nella tua vita spirituale è uno dei problemi più grossi.
Bisogna sempre avere uno sguardo onnicomprensivo su tutti i nostri doveri.
Gesù ha detto che “bisogna fare una cosa, senza tralasciare l’altra” (Mt 23,23).

3. Cerca di aver molta preghiera nella tua vita e di chiedere alla Beata Vergine Maria, soprattutto nel Santo Rosario recitato quotidianamente, di ottenerti la grazia di una vita pura, l’unica che ti permette di essere tempio dello Spirito Santo e sempre nella gioia e nella pace.

Ti assicuro la mia preghiera e la mia benedizione.
Padre Angelo


Pubblicato 31.03.2013



[SM=g1740733]


Un sacerdote risponde - da AmiciDomenicani

Sono una ragazza di 21 anni, mi sono innamorata di una ragazza e desidero costruire con lei il mio futuro

Quesito

Buona sera,
sono una ragazza di 21 anni. Provengo da una famiglia cattolica praticante e ho avuto un'educazione molto cattolica (tutte le domeniche a messa, grest parrocchiali, scout). Da un po' di anni però ho sentito la necessità di allontanarmi da questi ambienti e da tutto ciò che riguarda la religione cattolica. Sicuramente questo è dovuto anche ad un fatto che è successo nella mia vita: mi sono innamorata di una ragazza.
Dopo tre anni e mezzo di relazione con un ragazzo mi sono innamorata di una mia compagna di classe delle superiori ed ora stiamo insieme già da due anni. Da quando sto con lei sono la persona più felice di questo mondo. Sembra strano ma con lei io credo che riuscirò a costruire un futuro, una famiglia nostra.
L'amore che c'è tra di noi è un amore vero, intenso, profondo. Poco meno di un anno fa mi sono sentita in dovere di confidare questo segreto a mia mamma, da sempre molto credente. Non riuscivo più a nasconderle niente, il peso stava diventando troppo. Mia madre fortunatamente l'ha presa anche abbastanza bene tutto sommato ma comunque crede che non sia una cosa molto normale. La frase che continua a ripetermi è che Dio ha creato uomo e donna e che questo è normale. Un paio di settimane fa mi ha detto che forse dovrei andare da un parroco per confessarmi. Non vuole che arrivi Natale e che io non sia andata. Ha sempre avuto questa fissa che a Natale e Pasqua ci si doveva confessare.
Io le ho detto che per quanto mi riguarda io non sto facendo nulla di sbagliato.
È forse sbagliato amare una persona? Dalla mia educazione molto cattolica ho fatto miei i principi fondamentali e in nessuno di questi era specificato che io non mi sarei dovuta innamorare di una donna! Non l'ho certo deciso io! Anzi, se avessi potuto non avrei mai scelto una donna, sono così complicate rispetto agli uomini! E soprattutto non avrei mai scelto la vita dell'omosessuale se avessi potuto scegliere. Se tieni la mano in pubblico alla persona che ami ti guardano male, per non parlare delle smorfie che fanno quando ti sogni di baciarla. Molto spesso sono così presa dalla sua bellezza che mi viene d'istinto di baciarla, per me esistiamo solo io e lei.
Ovviamente la quasi totalità della gente non la pensa così e ogni volta ci guardano come se fossimo due appestate.
Per non parlare poi dei commentini che spesso fanno soprattutto gli uomini.
Voglio dire che la mia vita si è davvero complicata con la scoperta della mia omosessualità (anche se solo per colpa della società bigotta in cui ci ritroviamo).
La mia non è una scelta. Ho provato a non ascoltare il cuore per un periodo ma poi l'amore ce l'ha sempre vinta. Non puoi ingannarti alla lunga.
Quello che volevo era un suo parere, il parere di un parroco.
So come la pensa la Chiesa su questi temi ma io volevo un parere suo. C'è qualcosa di sbagliato nel nostro amore?
Grazie e mi scusi per il tempo che le ho fatto perdere.
G.


Risposta del sacerdote

Carissima G.,
1. ti ringrazio per avermi aperto il tuo cuore.
La tua email, scritta bene, sembra avere un suo rigore logico.
Ma tace su questioni importanti e che tuttavia lascia presagire.

2. Voler bene ad una persona del proprio sesso è sbagliato?
No, evidentemente.

3. Innamorarsi di una persona del proprio sesso e avere con lei rapporti sessuali è sbagliato?
Sì, è sbagliato perché la sessualità è essenzialmente bipolare e non ci vuole molto per capire che si tratta di un uso della sessualità alieno dal disegno del Creatore.

4. Mi scrivi: “io credo che riuscirò a costruire un futuro, una famiglia nostra”.
Quale futuro all’infuori di un vicolo cieco?
Costruisci il futuro della società con un rapporto omosessuale?
La società non avrebbe alcun futuro se tutti fossero omosessuali.

5. Mi dici che ti sei allontanata dalla Chiesa cattolica da quanto hai iniziato questa esperienza omosessuale.
Non me ne meraviglio.
La sessualità non è qualcosa di marginale per la persona, ma ne tocca e ne coinvolge l’intimo nucleo.
Ne segue che la pratica omosessuale, come qualsiasi altro disordine sessuale, sbilancia l’orientamento di fondo della propria vita nei confronti Dio.
Come la contraccezione estromette Dio dal rapporto sessuale e fa diventare praticamente atei, come diceva Giovanni Paolo II, così e ancor di più avviene in altri disordini sessuali, dove il disordine è addirittura ancora più grave e profondo, come avviene nel rapporto omosessuale.

6. Circa i “commentini” degli altri a proposito del comportamento omosessuale: si tratta semplicemente di frutto di una società bigotta, e cioè di una società religiosamente fanatica e irragionevole?
Non lo credo.
Secondo me stanno a dire che si avverte qualcosa di storto, come quando uno ha il pesce d’aprile dietro la veste, non se ne accorge e tutti gli ridono dietro.
Indubbiamente c’è un disordine in tale comportamento perché la sessualità, secondo il significato della sua stessa struttura, è essenzialmente bipolare (maschio-femmina).

7. Mi dici che non sei mai stata contenta come adesso.
Non lo posso mettere in dubbio.
E tuttavia una persona ha bisogno che il suo amore si espanda, fruttifichi, duri eternamente anche sotto il profilo biologico.
Nell’esperienza omosessuale la società, per quanto riguarda il suo futuro, ha una battuta d’arresto.
Anche chi è sotto l’effetto della droga dice che non c’è esperienza più bella della sua.

8. Quando tua mamma ti dice di andarti a confessarti almeno per Natale e Pasqua probabilmente spera dall’eventuale confessione qualcosa di ben di più che del compimento di un semplice rito: il confronto con un sacerdote, il confronto del tuo comportamento con il disegno di santità e di amore di Dio.
Per lei, che forse non sa opporre un ragionamento ma che sente che il comportamento è sbagliato, il ricorso alla confessione è come l’ultima ancora di salvezza: per il tuo bene, per il tuo vero futuro.

9. Come vedi, ti ho detto senza giri di parole che cosa penso.
Forse il linguaggio può apparire duro.
Ma nello stesso tempo desidero esprimere il rispetto per le persone omosessuali e per la sofferenza che questo stato comporta.
So che rimangono sul tappeto molti altri problemi.
Ma ho cercato di attenermi strettamente alla tua domanda per non essere prolisso sia per te sia per i nostri visitatori.

Ti ricorderò nelle mie preghiere, nella Messa che celebrerò questa sera e ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 01.06.2013

[SM=g1740758] IN QUESTO LINK troverete molte altre risposte di Padre Bellon sull'etica e sulla morale, utilissime per il nostro Esame di Coscienza.....


[SM=g1740733]


[Modificato da Caterina63 02/06/2013 23:12]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/10/2013 23:51
 
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[SM=g1740733] LA VERA CONTRIZIONE, NECESSARIA PER NON ANDARE ALL’INFERNO

La vera contrizione, necessaria per non andare all’Inferno

I peccati contro lo Spirito Santo sono “quei peccati che manifestano la sistematica opposizione a qualunque influsso della grazia, e questo comporta disprezzo e rifiuto di tutti gli aiuti offerti da Dio per la salvezza”. (cit. Amici Domenicani, v. contrizione)

Vengono detti contro lo Spirito Santo perché l’opera della conversione e della santificazione è attribuita allo Spirito Santo. Sono sei:

- l’impugnazione della verità conosciuta;

- l’invidia della grazia altrui;

- la disperazione della salvezza;

- la presunzione di salvarsi senza merito;

- l’ostinazione nel peccato;

- l’impenitenza finale.

Come dice S. Giovanni, “la grazia e la verità sono venute da Gesù Cristo”. Perciò l’impugnazione della verità conosciuta, e l’invidia della grazia altrui appartengono più alla bestemmia contro il Figlio dell’uomo che alla bestemmia contro lo Spirito Santo. (Summa Th. II-II, 14, q.2)

S. Bernardo ha scritto, che “non volere obbedire è resistere allo Spirito Santo”. E la Glossa insegna, che “il pentimento simulato è una bestemmia contro lo Spirito Santo”. Anche lo scisma sembra opporsi direttamente allo Spirito Santo, dal quale dipende l’unità della Chiesa. (Ivi.)

I doni di Dio (…) che allontanano dal peccato, secondo l’Aquinate, sono due:

Il primo è la conoscenza della verità: e contro di esso sta l’impugnazione della verità conosciuta, che consiste “nell’impugnare le verità conosciute della fede, per peccare con maggiore licenza” (… quello che fanno, purché – o poiché – ben informati, i reprobi, gli eretici, gli apostati, gli scismatici, gli atei … e chi probabilmente li fomenta o giustifica, anche mezzo stampa, ed anche non correggendo pubblicamente le eventuali false interpretazioni date o “incomprensioni” che comunque sono figlie dell’ambiguità);

Il secondo è l’aiuto della grazia: e contro di esso sta l’invidia della grazia altrui, che consiste nel fatto che uno non solo invidia il fratello come persona, ma invidia la grazia di Dio che cresce nel mondo  (… quello che fanno, credo, anche i falsi profeti, probabilmente invidiosi di chi è in grazia di Dio, desiderosi di far corrompere anche i loro fratelli).

Da parte poi del peccato due sono le cose che, secondo il Dottore Angelico, possono trattenere l’uomo dalla colpa:

La prima è il disordine e la bruttezza dell’atto, la cui considerazione suole indurre l’uomo a pentirsi del peccato commesso. E contro di essa abbiamo l’impenitenza, non nel senso di durata nel peccato fino alla morte, come sopra si è detto (infatti allora non sarebbe uno speciale peccato, bensì una circostanza del peccato), ma quale proposito di non pentirsi;

La seconda cosa (che può trattenere dalla colpa) è la meschinità e la brevità del bene che uno cerca nel peccato, secondo le parole di S. Paolo: “E che frutto aveste delle cose di cui ora vi vergognate?”. E questa considerazione è fatta per indurre l’uomo a desistere dal peccato. Ma questo effetto viene eliminato dall’ostinazione, cioè dal fatto che un uomo stabilisce il suo proposito nell’adesione al peccato.

Di queste due cose si parla in quel passo di Geremia: “Non c’è nessuno che si muova a penitenza del suo peccato, e che dica: Che ho mai fatto? Tutti son rivolti a correre per il loro verso, come cavallo che va di carriera incontro alla battaglia”. (Ivi.)

Cristo ha prodotto la grazia e la verità mediante i doni dello Spirito Santo, offerti da lui a tutti gli uomini. Non volere obbedire si riduce all’ostinazione; la simulazione del pentimento all’impenitenza; e lo scisma ricade nell’invidia della grazia altrui, dalla quale grazia sono compaginate le membra della Chiesa. (Ivi, IIª-IIae q. 14 a. 2 ad 3 ad 4)

La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo. Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna.

Il sacro Concilio di Trento ha dichiarato non essere lecito a chi ha sulla coscienza un peccato mortale e può avvicinare un confessore, di ricevere la Comunione, anche se pentito nella maniera più profonda, prima di essersi purificato mediante la Confessione (sess. 13, cap. 7, can. 11).

Poiché il popolo deve conoscere meglio di ogni altra cosa la materia di questo sacramento, si dovrà insegnare che esso differisce dagli altri soprattutto perché, mentre la materia degli altri è qualche cosa di naturale o di artificiale, della Penitenza sono quasi materia gli atti del penitente, cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione, com’è stato dichiarato dal Concilio di Trento (sess. 14, cap. 3 De Paenit., can. 4).

Il sacramento della Penitenza (oggi “confessione” se si riesce a trovare un vero confessore), oltre alla materia e alla forma, che ha in comune con gli altri sacramenti, contiene tre elementi necessari a renderlo integro e perfetto: la contrizione, la confessione e la soddisfazione. Dice in proposito san Giovanni Crisostomo: “La penitenza induce il peccatore a sopportare tutto volentieri: nel suo cuore   la contrizione, sulla bocca la confessione, nelle opere grande umiltà, ossia la salutare soddisfazione” (Grat., 2, causa 33, q. 3, dist. 1, can. 40). Ora queste parti sono indispensabili alla costituzione di un tutto. (Dich. Cat.  Tridentino)

Ecco come definiscono la contrizione i Padri del Concilio di Trento: “La contrizione   un dolore dell’animo e una detestazione del peccato commesso, con il proposito di non più„ peccare per l’avvenire” (sess. 14, cap. 4). Parlando pi„ oltre della contrizione, aggiungono: “Questo atto prepara alla remissione dei peccati, purchéƒsia accompagnato dalla fiducia nella misericordia di Dio e dalla volontà‚ di fare quanto necessario per ben ricevere il sacramento della Penitenza”. Questa definizione fa ben comprendere ai fedeli che l’essenza della contrizione non consiste solo nel trattenersi dal peccare, nel risolvere di mutar vita, o nell’iniziare di fatto una vita nuova, ma anche e soprattutto nel detestare ed espiare le colpe della vita passata.

La contrizione è un atto della volontà‚ e sant’Agostino attesta che il dolore accompagna la penitenza, ma non è la penitenza stessa (Sermo 351, 1). I Padri Tridentini hanno espresso con il termine dolore  la detestazione e l’odio del peccato commesso, sia perchèƒ la Scrittura lo usa cos€ (dice David al Signore: “Fino a quando nell’anima mia proverà… affanni, tristezza nel cuore ogni momento?”) (Sal 12,3), sia perchéƒ il dolore nasce dalla contrizione in quella parte inferiore dell’anima che è sede delle passioni. Non a torto, pertanto, è stata definita la contrizione come un dolore, perché produce appunto il dolore; i penitenti, per esprimere meglio il loro dolore, usavano mutare le vesti, come si ricava dalle parole del Signore: “Guai a te, Corazin, guai a te, Betsaida; poiché se in Tiro e Sidone fossero stati compiuti i miracoli compiuti presso di voi, già da tempo avrebbero far penitenza in cenere e cilicio” (Mt 11,21; Lc 10,13).

II dolore d’aver offeso Dio con i peccati deve essere veramente sommo e massimo, tale che non se ne possa pensare uno maggiore; la misura della contrizione dev’essere la carità. Giova qui notare che la Scrittura adopera i medesimi termini per esprimere l’estensione della carità e della contrizione. Dice infatti della carità: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore” (Dt 6,5; Mt 22,37; Mc 12,30; Lc 10,27); della seconda il Signore dice per bocca del profeta: “Convenitevi con tutto il vostro cuore” (Gl 2,12).

Come Dio è il primo dei beni da amare, così il peccato è il primo e il maggiore dei mali da odiare. Quindi, la stessa ragione che ci obbliga a riconoscere che Dio deve essere sommamente amato, ci obbliga anche a portare sommo odio al peccato. Ora, che l’amore di Dio si debba anteporre a ogni altra cosa, sicché non sia lecito peccare neppure per conservare la vita, lo mostrano apertamente queste parole del Signore: “Chi ama suo padre o sua madre più di me, non è degno di me” (Mt 10,37); “Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà” (Mt 16,25; Mc 8,35).

Sarà utile ammonire i fedeli ed esortarli nella maniera più efficace a esprimere un particolare atto di contrizione per ogni peccato mortale, poiché dice Ezechia: “Ti darò conto, o Signore, di tutti gli anni miei, con l’amarezza dell’anima mia” (Is 38,15).

Da quanto abbiamo detto è facile dedurre le condizioni necessario per una vera contrizione:

La prima condizione è l’odio e la detestazione di tutti i peccati commessi. Se ne detestassimo soltanto alcuni, la contrizione non sarebbe salutare, ma falsa e simulata, poiché scrive san Giacomo: “Chi osserva tutta la legge e in una sola cosa manca, trasgredisce tutta la legge” (Gc 2,10);

La seconda è che la contrizione comprenda il proposito di confessarci e di fare la penitenza;

La terza è che il penitente faccia il proposito fermo e sincero di riformare la sua vita, come insegna chiaramente il Profeta: “Se l’empio farà penitenza di tutti i peccati che ha commessi, custodirà tutti i miei precetti e osserverà il giudizio e la giustizia, vivrà; ne mi ricorderò più dei peccati che avrà commesso”. E più oltre: “Quando l’empio si allontanerà dall’empietà che ha commesso e osserverà il giudizio e la giustizia, darà la vita all’anima sua”. E più oltre ancora: “Convenitevi e fate penitenza di tutte le vostre iniquità; così queste non vi torneranno a rovina. Gettate lungi da voi tutte le prevaricazioni in cui siete caduti e fatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo” (Ez 18,21ss).

La medesima cosa ha ordinato il Signore stesso dicendo all’adultera: “Va’ e non peccare più” (Gv 8,11) e al paralitico risanato nella piscina: “Ecco, sei risanato: non peccare più” (Gv 5,14).

Comanda il Tridentino ai preti e confessori (Dich. Cat.  Tridentino al n° 251) “Cercheranno infine i pastori d’ispirare nei fedeli un odio sommo contro il peccato, sia a motivo della sua immensa e vergognosa bruttezza, sia perché arreca gravissimi danni in quanto aliena da noi la benevolenza di Dio, da cui abbiamo ricevuti tanti beni e tanti maggiori ce ne ripromettiamo, mentre poi ci condanna alla morte eterna con i suoi acerbi tormenti senza fine.

Va ricordato che la Penitenza (oggi “confessione”) differisce dagli altri Sacramenti perché “nella Penitenza sono quasi materia gli atti del penitente, cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione“, com’è stato dichiarato dal Concilio di Trento (sess. 14, cap. 3 De Paenit., can. 4). L’uomo, quindi, dovrà fare un esame di coscienza (l’ignoranza non scusa), dovrà essere contrito e dovrà “soddisfare” perché la soddisfazione è “l’integrale pagamento di ciò che è dovuto, poiché è soddisfacente ciò a cui nulla manca“. Esempio: ”Chi ha rubato, ormai non rubi più; lavori piuttosto con le sue mani per venire incontro alle necessità di chi soffre” (Ef 4,28).

Dal canto suo, il Sacerdote, ascoltando le confessioni dei fedeli, ha il compito di giudicare se veramente esiste in loro il pentimento richiesto per la valida assoluzione sacramentale; se questo manca,  non può concedere l’assoluzione e, se lo facesse lo stesso, commetterebbe un peccato grave di sacrilegio: il penitente pure peccherebbe gravemente. Può esserci assoluzione solo se c’è la volontà esplicita del penitente di non peccare più (il peccato prevede deliberato consenso e piena avvertenza).

Esempio: CjC 1917, Can. 2356. “Bigami, idest qui, obstante coniugali vinculo, aliud matrimonium, etsi tantum civile, ut aiunt, attentaverint, sunt ipso facto infames; et si, spreta Ordinarii monitione, in illicito contubernio persistant, pro diversa reatus gravitate excommunicentur vel personali interdicto plectantur“. (I bigami, cioè quelli che, nonostante l’impedimento del vincolo coniugale, abbiano tentato un altro matrimonio, sebbene soltanto civile, come dicono, sono per lo stesso fatto infami, e se, disprezzato l’ ammonimento dell’Ordinario persistano nell’illecito concubinaggio, secondo la diversa gravità del reato, siano scomunicati o siano puniti con un interdetto personale.)

Altro esempio: CjC 1917, Can. 855. “§ l. Arcendi sunt ab Eucharistia publice indigni, quales sunt excommunicati, interdicti manifestoque infames, nisi de eorum poenitentia et emendatione constet et publico scandalo prius satisfecerint“. “§ 2. Occultos vero peccatores, si occulte petant et eos non emendatos agnoverit, minister repellat; non autem, si publice petant et sine scandalo ipsos praeterire nequeat“. (Sono da respingere dalla Eucaristia i pubblicamente indegni, i quali sono : gli scomunicati ,gli interdetti e i manifestamente infami a meno che non risulti manifesto il loro pentimento e la loro correzione e non abbiano prima scontato la pena per il pubblico scandalo. Invero i peccatori che agiscono di nascosto, se di nascosto chiedano e il ministro non li avrà riconosciuti emendati, li respinga, invece se chiedono pubblicamente e senza scandalo non può trascurarli).

È scomunicato automaticamente: - chi ricorre all’aborto ottenendo l’effetto voluto e chi procura tale aborto; - chi è responsabile di apostasia, eresia e scisma; - l’appartenenza a logge massoniche; – ecc …

C’è un altro tipo di dolore, detto “imperfetto” che è l’attrizione. ”Il dolore imperfetto (attrizione) ci ottiene il perdono dei peccati quando è unito alla confessione“. (cit. Il mio libro di preghiere, CLS, Verrua Savoia)

E’ buona cosa comunque recitare ogni sera una preghiera o supplica a Dio affinché, in casi gravi, ci conceda la grazia della vera contrizione finale e non ci faccia perire improvvisamente. Ciò, ben inteso, deve comunque prevedere già nell’animo della persona un pentimento attuale, casomai anche recitando l’Atto di dolore. Si ricordi il lettore che comunque Dio è misericordioso ma giusto, quindi non permette che reprobi, scandalosi, peccatori contumaci, ecc … ricevano il “premio della vita eterna” che invece è riservato ai giusti. Dio non mente e non è ingiusto, quindi ognuno riceverà in base a ciò che ha dato, “sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l’eredità. Servite a Cristo Signore” (Col 3,24); il motivo – e non lo scopo – della ubbidienza del servo ideale è l’eredità; l’«eredità incorruttibile, immacolata» (1Pt 1,4); la «corona della giustizia» (2Tm 4,8); la «vita eterna» (Gv 6,47) .

Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
29/10/2013 03:16
 
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guida molto utile anche io mi confesso spesso :)
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