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Mons. Malcom Ranjith nell'anno dell'Eucarestia della sua diocesi in Sri Lanka

Ultimo Aggiornamento: 28/12/2011 11:22
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Mons. Malcom Ranjith nell'anno dell'Eucarestia della sua diocesi in Sri Lanka



L'arcivescovo di Colombo, Malcom Ranjith, con una recente lettera circolare, ha proclamato dall'agosto 2010 all'agosto 2011 un "anno dell'Eucaristia" per la sua arcidiocesi.

Il card. Antonio Canizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti, si recherà in Sri Lanka per l'apertura ufficiale dell'Anno Eucaristico, il 29 agosto, presso la grande Basilica di Nostra Signora di Lanka a Tewatte.

Ecco, in sintesi, alcuni obiettivi e alcuni indirizzi che Mons. Malcom si propone per quest'anno:

1) Unire la devozione eucaristica all'animazione sociale, ricordando il forte e inscindibile legame tra l'eucaristia celebrata, la carità vissuta e la giustizia sociale perseguita fino all'amore e tutela dell'ambiente (da cui traiamo il pane e il vino che diventano il Corpo e Sangue di Cristo). La proposta è una vita autenticamente eucaristica in tutti i suoi aspetti.

2) "Aiutati e ispirati dalla teologia e spiritualità dell'Eucaristia noi desideriamo accogliere la normativa della celebrazione della liturgia, non come qualcosa che ci viene imposto, ma come qualcosa che scaturisce naturalmente dal mistero che dobbiamo difendere, custodire e salvaguardare."
Per questo ricorda la recente pubblicazione di un manuale per sacerdoti, religiosi e laici dal titolo Liturgical Guardian per la diocesi di Colombo, un testo dove si riassumono le norme e i significati di esse per la celebrazione degna e devota della santa liturgia.

Scrive a questo proposito l'arcivescovo: "Si prega di tener fede alla normativa (espressa nel sussidio Liturgical Guardian) fedelmente, senza cercare di attuare visioni e opinioni personali. Coloro che desiderano fare le cose come vogliono loro mettono se stessi al posto di Dio, e questo è auto-idolatria. Durante quest'anno ci concentreremo specialmente nei confronti dell'eliminazione di tutte le pratiche erronee in merito alla celebrazione della Santissima Eucaristia, i sacramenti e la Liturgia delle Ore"
Un forte richiamo a praticare una diffusa istruzione e formazione liturgica a tutti i livelli è elevato dal prelato Srilankese. Non solo per i laici, ma per sacerdoti e seminaristi: "Mi appello a tutti i rettori dei seminari, gli amministratori dei santuari dell'arcidiocesi, ai superiori degli istituti e ai direttori dell'apostolato perchè cooperino in modo speciale a questo sforzo. Mentre non trascuriamo altri campi di impegno, in queste questioni non possiamo tollerare abusi liturgici". Interessante, poi, il richiamo esplicito che viene fatto ai religiosi, a cui si ricorda che non sono affatto esenti dall'implementare anch'essi, nelle loro case e chiese, le leggi liturgiche accettate nell'Arcidiocesi di Colombo.

Il pezzo forte lo troviamo al num. 2.3 che vi riporto integralmente:

"Verrà fatto uno sforzo, nel corso di quest'anno, per rendere comuni i canti popolari in latino. Con questo obiettivo in mente il coordinatore diocesano per la Liturgia, il sig. Francesco D'Almeida organizzerà prove di canto in tutti i 15 decanati e insegnerà a tutti i cori alcuni canti latini di base che possono essere utilizzati nelle parrocchie e negli istituti. Una volta che queste sessioni di prove saranno state fatte, le parrocchie potranno cantare almeno il Kyrie, Gloria, Sanctus e Agnus Dei nelle Messe parrocchiali della prima Domenica del mese. Il num. 36 della Costituzione sulla Sacra Liturgia (Sacrosanctum Concilium) espone con chiarezza i princìpi stabiliti a questo riguardo. Il Latino rimane ancora la principale lingua liturgica della Chiesa. In Sri Lanka abbiamo fatto un errore ad abbandonare del tutto il linguaggio della nostra liturgia [bisogna pensare che in Sri Lanka ci sono tre lingue che coesistono Cingalese, Tamil e Inglese e le celebrazioni a Colombo devono spesso essere plurilingue per non scontentare nessuno, finendo per essere lunghissime e verbose]. Che questo Anno Eucaristico sia un'occasione per noi per resuscitare,almeno in parte, questa tradizione smarrita. Faccio appello a tutti i sacerdoti, religiosi e laici a collaborare.

Desidero inoltre affermare che, come indicato nel Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, i sacerdoti e le istituzioni sono ormai autorizzati a celebrare, dove è opportuno, la Messa tridentina e i sacramenti in quel rito. In questo caso è meglio che i fedeli siano preparati per questo in anticipo. Mi auguro di celebrare io stesso una solenne Eucaristia in questo rito nel prossimo futuro presso la Cattedrale dell'Arcidiocesi."

Il num. 2.4 della lettera, poi, affronta i nodi (per quanto ho potuto vedere molto urgenti in Sri Lanka) della costruzione delle Chiese e soprattutto delle vesti, vasi, lini liturgici. Particolari non da poco, e che chiariscono la concretezza di Mons. Ranjith. Sembra di sentire un'eco dei richiami di San Francesco ai sacerdoti per gli stessi identici motivi: la bellezza e la pulizia di altari e chiese è la forma esterna della fede nella presenza reale:
"La sotto-commissione per l'Arte Sacra e l'Architettura è stato autorizzato ad individuare alcune chiese per il miglioramento dei presbiteri. Mi rivolgo ai sacerdoti perchè non diano inizio a restaurare o cambiare nulla senza il permesso e la supervisione di questa sotto-commissione. Essa è stato recentemente ricostituita ed è diretta dal Rev. P. Cecil Joy Perera, coordinatore della liturgia. Allo stesso tempo, l'ars celebrandi ci richiede che pensiamo seriamente ai paramenti per la Messa, alla biancheria per l'altare, i vasi sacri e le vesti liturgiche per i vari ministeri liturgici. Che l'Anno della santa Eucaristia sia un'occasione per migliorare tutti questi aspetti della nostra celebrazione"


Fonte:
CANTUALEMANTONIANUM.COM






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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S.Antonio in Sri Lanka nel marzo 2010: 3 milioni di devoti hanno reso omaggio alle reliquie del Santo.


Il rettore della Basilica di Padova, Fr. Enzo Poiana, in processione con mons. Malcom Ranjith per le vie di Colombo

Sono appena tornato dallo Sri Lanka, dove ho avuto la gioia e l'onore di accompagnare le reliquie di sant'Antonio dal 7 al 24 marzo, per un pellegrinaggio che ha finito per coinvolgere tutte le diocesi dell'isola di Ceylon; e non solo i cattolici, ma anche moltissimi appartenenti alla religione buddista e induista. Leggi qui la notizia da AsiaNews.

Sant'Antonio apostolo del dialogo in vista dell'annuncio
I frati del Santo sono giunti nella terra srilankese su invito dell'Arcivescovo di Colombo, mons. Malcom Ranjith. Proprio l'arcivescovo, al termine del pellegrinaggio, ci riferiva che - stando ai dati della polizia - circa tre milioni di persone avevano sfilato davanti al busto-reliquiario del Santo. Ciò che impressiona è che i cattolici del paese ammontano al massimo a 1,5 milioni. Quindi l'altra meta di pellegrini era composta da non cattolici e soprattutto non cristiani, affascinati e toccati dalla santità che anche essi hanno potuto sperimentare nella persona di Antonio, attraverso qualche grazia o miracolo di cui sono stati oggetto. L'attrazione incredibile che il Santo di Padova provoca sul popolo srilankese ci invitava a riflettere su quanto sia vero il motto coniato da Pio XI per il Dottore Evangelico: attraverso Antonio a Gesù. E davvero molti buddisti e induisti si interrogavano su quel piccolo bambino che Antonio tiene in braccio, desideroso di farlo conoscere e abbracciare a quanti sono ancora lontani da lui, magari senza colpa. Anche dopo 8 secoli Antonio si dimostra un potente evangelizzatore. Attraverso i segni della potenza di Dio invita con gentilezza ma con chiarezza a guardare al Dio di Gesù Cristo, salvatore universale e unico di ogni essere umano.

La reliquia del Santo passa davanti ad un tempio Indù dove è oggetto di lancio di fiori da parte dei "devoti" non cristiani

La devozione: la fede semplice che accomuna clero e popolo dello Sri Lanka
Un secondo rilievo, frutto dell'esperienza di questi giorni. Vedendo l'espressione esterna della religiosità dei preti e dei vescovi dello Sri Lanka, noi visitatori occidentali rimanevamo al principio un po' sorpresi. Proprio i membri del Clero e gli stessi vescovi erano i più emozionati e trepidanti nell'avvicinarsi e baciare le reliquie del Santo. La stessa lunghezza d'onda di devozione semplice e soda scorreva nel clero e nel popolo e sosteneva gli immensi sforzi organizzativi di questo tour del Santo di Padova. Chiese aperte tutta la notte per dar modo alle file interminabili di persone di rendere omaggio al loro Santo; processioni di ore e ore sotto il sole per permettere a tutti almeno di vedere il busto con il Santo; accoglienze trionfali e commozione, come se non si fosse al cospetto di una reliquia, ma della persona vivente, qui e ora. L'illuminismo e il razionalismo in questo paese dell'Oriente non sono penetrati, e questa specie di immunità al virus del modernismo (che non esclude però i benefici e le risorse della modernità) mostrava che è possibile anche oggi una visione simbolica e sacramentale in linea con la tradizione cristiana di sempre.
La partecipazione del popolo alla Liturgia è quanto di più estatico ci sia. I canti, i gesti misurati e mai eccessivi, la comunione devota in ginocchio e sulla lingua, sono tutte caratteristiche del culto mai perse nella patria di mons. Ranjith. E questo spiegava molte cose riguardo la sua attitudine e il suo lavoro come segretario della Congregazione che si occupa della Liturgia. Il ritorno in patria dell'Arcivescovo lo vede ora molto impegnato nella formazione del clero, soprattutto formazione spirituale e liturgica. Infatti, se è vero che i preti sono molto religiosi, bisogna anche ammettere che i parecchi casi la mancanza di conoscenza e una certa evidente ignoranza li porta a commettere abusi causati più dalla eccessiva devozione che da malafede.

Antonio, apostolo di riconciliazione in un paese ancora tanto ferito dalla guerra civile
Le reliquie del Santo hanno potuto visitare non solo il Sud e l'Ovest dell'Isola, ma anche la parte Settentrionale e Orientale, teatro negli ultimi trent'anni della sanguinosa guerra civile tra Tamil e Cingalesi. Le ostilità sono finite nel maggio dello scorso anno, con una terribile carneficina di 25 mila persone nella zona di Jaffna. E proprio questa città martoriata è stata una delle tappe più sentite e coinvolgenti del pellegrinaggio delle reliquie. Gli occidentali non sono ancora ammessi in questa zona dell'Isola. Ma per Antonio e i suoi frati il governo ha aperto le porte, sapendo quanto era grande l'attesa degli abitanti della zona che non avrebbero altrimenti potuto esprimere la loro devozione. Le case distrutte, i mutilati dalle mine antiuomo, i campi profughi con ancora 80 mila persone e i campi di "rieducazione" per i prigionieri di guerra parlano di morte e odio.
Ma il sorriso e la speranza di tanta gente che finalmente può affollare le chiese e le strade senza paura di saltare per aria riempiva l'atmosfera di un senso di speranza difficile da comunicare. Più di 200 mila persone si è portata nella notte sulla spianata del Santuario antoniano di Jaffna per partecipare alla messa, alle 5 del mattino, per il saluto alle reliquie del Santo in partenza per l'altra città martire, Mannar.



Testo preso da: Cantuale Antonianum: S.Antonio in Sri Lanka: 3 milioni di devoti hanno reso omaggio alle reliquie del Santo. http://www.cantualeantonianum.com/2010/03/santonio-in-sri-lanka-3-milioni-di.html#ixzz1EKuT3zcQ


http://www.cantualeantonianum.com 

 
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03/09/2011 23:56
 
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Card. Ranjith: “Solo Gesù può curare i nostri mali”


Benedizione per migliaia di disabili in un santuario dello Sri Lanka


 

ROMA, giovedì, 1° settembre 2011 (ZENIT.org).- “Solo Gesù è la nostra risposta, solo Gesù può curare i nostri mali fisici e mentali”.

Il Cardinale Malcolm Ranjith, Arcivescovo di Colombo (Sri Lanka), si è rivolto con queste parole alle migliaia di disabili accorse questa domenica al santuario di Nostra Signora di Lanka, della Basilica nazionale di Tewatta, in occasione della benedizione dei malati.

Il porporato ha presieduto insieme al Cardinale Bernard Francis Law, Arciprete della Basilica romana di Santa Maria Maggiore, un'affollata liturgia alla quale hanno partecipato cattolici e non.

“Solo Gesù è la nostra risposta, solo Gesù può curare i nostri mali fisici e mentali”, ha affermato il Cardinale Ranjith, come riporta AsiaNews. “Come cattolici, cercate sempre i sacramenti della confessione e della comunione. Sono i privilegi che Dio ci ha donato”.

Alla celebrazione era presente anche l'Arcivescovo Joseph Spiteri, Nunzio nello Sri Lanka.

In una processione solenne, alcuni partecipanti hanno portato striscioni con citazioni bibliche in cingalese, tamil e inglese.

“Sono felice di vedere una folla così grande, accorsa per pregare affinché Gesù interceda per i loro problemi e le loro malattie”, ha riferito ad AsiaNews padre Priya Jayamanne, amministratore della Basilica nazionale di Tewatta.

“Avevamo preparato 600 posti per persone in situazioni speciali, ma non sono stati sufficienti”, ha aggiunto.

Il sacerdote ha anche ringraziato il Governo per aver fornito l'acqua, l'elettricità e i servizi sanitari necessari per accogliere così tante persone.

 

 

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La Buona Notizia contro il proselitismo


di Pierluigi Vajra da la BussolaQuotidiana
23-11-2011

da Batikaloa (Sri Lanka)

Nei giorni scorsi il sito Vatican Insider ha pubblicato la notizia di una proposta del Cardinal Malcolm Ranjith di Colombo, Sri Lanka. La proposta è che venga costituito un “comitato inter-religioso tra cristiani e buddisti per affrontare insieme il proselitismo iperattivo e sregolato dei gruppi d’ascendenza nord-americana”, principalmente di tipo evangelico pentecostale. Occorre conoscere il retroterra, accennato brevemente nell'articolo menzionato. [SM=g1740722]

Il proselitismo aggressivo di questi gruppi non è nuovo nel paese. Se è vero che si dirigono verso la popolazione buddista, è altrettanto vero che molto più spesso mirano ai cristiani di lunga data. Tale proselitismo ha creato e crea innumerevoli tensioni e divisioni tra i cattolici, anche tra membri della stessa famiglia d'origine, perché troppo spesso l'evangelizzazione si basa sulla denigrazione attiva e sistematica delle denominazioni “storiche” (di cui la Chiesa Cattolica è la più diffusa), facendo leva su inevitabili dissapori o incomprensioni che ogni realtà umana sperimenta, oltre che sulla difficoltà che i parroci incontrano nel seguire capillarmente le loro numerose ed estese parrocchie. La reazione delle frange militanti del mondo buddista non si è fatta attendere a lungo.

Oltre a istanze di rappresaglia vera e propria, è da tempo che una spada di Damocle pende sopra le teste delle minoranze religiose. Seguendo l'esempio – controverso – di altri paesi tra cui la vicina India, è stata proposta una legge per proibire le conversioni che si dimostrano forzate o indotte approfittando delle condizioni di povertà della popolazione. Questo è l'intento dichiarato, che si potrebbe anche accettare. Ma queste “anti-conversion bills” contengono sempre elementi che possono permettere di usarle per immobilizzare totalmente le minoranze, privandole dei loro diritti sulla base di cavilli o di false accuse. Ci si verrebbe a trovare in una situazione in cui, ad esempio, un cristiano che prestasse del denaro al suo vicino di casa, buddista, che glielo chiede, potrebbe essere accusato di cercarne la conversione tramite questa forma di carità. Ogni servizio ai poveri da parte delle minoranze verrebbe sospettato e paralizzato.

Per questa ragione le minoranze sono piuttosto combattive nel prevenire l'approvazione di tali leggi potenzialmente lesive della libertà di tutti. Nessun tentativo di approvarle è finora andato a segno, ma le pressioni restano. Come resta vero il fatto che i gruppi evangelici indulgono veramente in pratiche che si prestano alle accuse di offrire vantaggi economici in cambio di conversioni. Le dichiarazioni dei loro leader in contrario non devono essere giudicate in malafede: contrariamente alle denominazioni storiche, questi gruppi hanno pochissimo controllo sulla condotta dei loro “pastori” sul campo. Già l'11 marzo 2009 p. Vimal Tirimanna, esperto di teologia morale, aveva pubblicato un articolato intervento su di un giornale nazionale spiegando al grande pubblico che la legge contro le conversioni è un rimedio peggiore del male, perché chi fa maggiormente le spese di tale proselitismo non è la popolazione buddista, ma le comunità cristiane più consolidate. In questo contesto, la proposta del Cardinale Ranjith è una soluzione praticabile e pragmatica per affrontare tali difficoltà alla loro radice, evitando soluzioni come le leggi contro le conversioni che danneggerebbero la libertà e la fiducia sociale dell'intero paese.

Mi sembra utile aggiungere qualche elemento alle osservazioni dell'articolo. Non è la prima volta che il Cardinale avanza proposte che sorprendono anche chi lo conosce da tempo. Questa particolare proposta non offenderà, a mio giudizio, persone di sensibilità tradizionalista. Non si tratta di dialogo interreligioso, ma di un'iniziativa in linea con la mens dell'attuale Pontefice: puntare meno su questioni teologiche (su cui non è ci possibile fare sconti), concentrarsi su azioni di utilità comune. Evitare l'approvazione di una legge limitante della libertà è nell'interesse di tutti. Tant'è vero che le reazioni da parte buddista sono state subito positive: una possibile via d'uscita dall'impasse in cui ci si è venuti a trovare. Non direi che l'impegno continuo del prelato a rafforzare l'identità cattolica venga compromesso da tale iniziativa: si tratta, a tutti gli effetti, di difendere la Chiesa su due fronti, quello che ne limiterebbe la libertà d'azione, e quello del proselitismo evangelico che approfitta di alcune debolezze strutturali a cui sono esposte larghe fette della popolazione cattolica. Mentre si pone rimedio a tali debolezze (che sono tuttavia meno pronunciate in Sri Lanka che altrove), occorre anche arginare gli attacchi.

Trovo molto appropriata l'osservazione conclusiva: “Il caso srilankese conferma che l’approccio a quel fenomeno da parte della Chiesa di Roma [la valutazione tendenzialmente positiva dell'evangelizzazione da parte di gruppi evangelici] deve per forza tener conto di elementi di segno diverso e non univoco [...]. In un tempo un cui organismi cattolici centrali come il Sinodo dei Vescovi si preparano a focalizzare la loro attenzione sulla nuova evangelizzazione, appare urgente un preliminare riconoscimento della natura propria dell’annuncio evangelico e della missione cristiana.” Infatti non si tratta di giustificare e persistere in un approccio missionario debole, focalizzato esclusivamente sul lavoro sociale, tralasciando la condivisione della fede che lo ispira e lo guida. Tale approccio si è fatto preponderante, e va certamente corretto.

Va riaffermato a livello pratico quanto enunciato dal pastore Ekanayake: “Ogni cristiano ha la missione di diffondere la Buona Novella”. Certo. Solo che la conversione deve avvenire in forza della Buona Novella stessa, non in forza di incentivi finanziari di vario genere. Parlo per esperienza personale: un intero villaggio cattolico vicino alla nostra missione ha iniziato a cedere a tali strategie miopi. Strategie che tuttavia, una volta conquistato il territorio, non si preoccupano più di porre rimedio alla povertà persistente della gente. Un po' come le promesse di una campagna elettorale.


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28/12/2011 11:22
 
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Card. Ranjit: "è arrivato il tempo del ritorno del Vetus Ordo e della Riforma della Riforma"

Lo scorso 5-6 Novembre 2011 si è tenuta a Roma la XX Assemblea Generale della F.I.U.V. (Foederatio Internationalis Una Voce). In occasione dell'apertura era stata celebrata una S. Messa prelatizia dal Card. Castrillón Hoyos, Prefetto emerito della Congregazione del Clero e Presidente emerito della Pontificia Commissione Ecclesia Dei (della cui omelia avevamo parlato qui in un nostro post) e il 19 dicembre u.s. è stato pubblicata la relazione scritta di tale assemblea.
Sul sito di
New Liturgical Movement è stato pubblicato ieri il contenuto della lettera scritta dal Card. Malcolm Ranjith - ex segretario della Congragazione del Culto Divino - ai partecipanti di tale assemblea.
Siamo sicuri che sia di certo interesse per i nostri lettori e che rappresenti una forte ed importante dichiarazione in difesa del
Vetus Ordus e dell'urgente e opportuna Riforma della Riforma.
L'autorevolezza del prelato, inoltre, carica maggiormente di peso le chiare ed esplicite parole che giungono in un periodo ormai pronto ad accoglierle e a farle fruttare, visto ormai l'ammessa mala-interpretazione ed errata applicazione dei testi conciliari (riconosciuta anche dal Cardinale nella sua lettera), a fronte altresì del frantumazione del super-dogma del Concilio non-più-intoccabile e soprattutto a seguito della "condanna" del pestilenziale "spirito del Concilio", riconosciuto ormai quale maggiore colpevole e responsabile della discussa Riforma Liturgica (non voluta, così come realizzata, dai Padri Conciliari).

Il grassetto è nostro.

Roberto


***

"Desidero esprimere prima di tutto, la mia gratitudine a tutti voi per lo zelo e l'entusiasmo con cui promuovere la causa del restauro della vere tradizioni liturgiche della Chiesa.

Come sapete, è il culto che esalta la fede e la sua realizzazione eroica nella vita. È il mezzo con cui vengono sollevati gli esseri umani fino al livello del trascendente ed eterna: il luogo di un incontro profondo tra Dio e l'uomo.


Per questo motivo, la liturgia non potrà mai essere ciò che l'uomo crea. Perché se noi pratichiamo un culto come lo vogliamo noi e fissiamo noi stessi le regole, allora corriamo il rischio di ricreare vitello d'oro di Aaron.
Dovremmo insistere sempre per intendere il culto divino come atto di partecipazione a ciò che Dio stesso fa, altrimenti corriamo il rischio di impegnarsi in idolatria.
Il simbolismo liturgico ci aiuta a superare ciò che è umano verso ciò che è divino. In questo, è mia ferma convinzione che il Vetus Ordo rappresenti in larga misura e nel modo più appagante -mistico e trascendente- ad un incontro con Dio nella liturgia. Per questo ora è arrivato il tempo per noi non solo di rinnovare, attraverso cambiamenti radicali, il contenuto della liturgia nuova, ma anche per incoraggiare sempre più un ritorno del Vetus Ordo, inteso come il modo per un vero rinnovamento della Chiesa, che era ciò che il Padri Conciliari seduti nel Concilio Vaticano II desideravano.

L'attenta lettura della Costituzione conciliare sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilum, dimostra che i cambiamenti introdotti alla Liturgia in seguito non sono mai stati nelle menti dei Padri del Concilio.

Quindi è giunto il momento per noi di essere coraggiosi e lavorare per una vera riforma della riforma e anche un ritorno alla vera liturgia della Chiesa, che si era sviluppata sulla sua bimillenaria storia in un flusso continuo. Auguro e prego che ciò possa accadere.

Dio benedica i vostri sforzi con successo."

+ Cardinale Malcolm Ranjith
Arcivescovo di Colombo
24/8/2011

http://www.gallediocese.org/images/Spcial_Event/malcomeranjith_LX.jpg

http://4.bp.blogspot.com/-uaM4HOaPPMM/ThLLQm5xUNI/AAAAAAAAWr0/AVbdghJncrE/s1600/Malcolm%2BRanjith.jpg


Fonte: N.L.M. del 27.12.2011



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