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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Per Ferragosto ricordiamo che è la Festa di Maria Assunta in Cielo

Ultimo Aggiornamento: 15/08/2015 15:10
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13/08/2010 20:44
 
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In Maria assunta in cielo

La vita che non tramonta


di Salvatore M. Perrella

La morte, comune e inevitabile eredità degli uomini, oggi è rimossa, con ossessione o edulcorando la sua ineluttabile realtà; nel tempo dei deliri genetisti si arriva a vagheggiare addirittura l'immortalità. Altri si dicono sicuri che grazie alla tecnica un giorno non lontano si potranno mantenere nel freddo i cadaveri per poterli in futuro renderli immortali. A breve, finalmente liberi dall'opprimente natura, si potrà riplasmare il corpo, spostare la nostra coscienza su supporti removibili, conservare post mortem, dopo il seme e gli ovuli, le funzioni di un individuo, il suo pensiero, la sua personalità in strutture biotecnologiche; e così la morte sarà eliminata dall'uomo divenuto grazie alla sua scienza e tecnologia finalmente "come Dio".

Nel nostro tempo febbrile, inoltre, viviamo in un perpetuo e trafelato presente, dove tutto è affidato all'esperienza del momento, e dove la perdita di senso del tempo si accompagna allo svuotamento dei criteri che permettono di distinguere l'essenziale dal superfluo, il durevole dall'effimero. Proprio in questa situazione contraddittoria riemergono le grandi domande dell'esistenza:  il suo orizzonte, l'amore, il futuro.

Noi credenti abbiamo il compito di essere credibili testimoni e banditori della speranza escatologica:  chiamati a rispondere della speranza che è in noi. Da cristiani ne dobbiamo portare la responsabilità:  innanzitutto nei riguardi di Dio che ci ha chiamati (cfr. Efesini, 1, 18) e poi nei confronti della domanda di tutti gli altri uomini. Si tratta di un quesito che l'enigma-mistero della sofferenza e della violenza  rendono  ancora  più  forte  e acuto.

Per noi Cristo è il nostro ieri, il nostro oggi e il nostro eterno futuro di salvezza. La nostra destinazione ultima in Cristo è lo stare con colui che ci ha amati per primi e per sempre, facendosi uno di noi fino alla morte e nella morte:  è la Trinità e la comunione dei santi, definitivamente partecipe per grazia del suo stesso essere, il quale è vita che ama senza fine. Per questo, credere e sperare in questa destinazione promessa da Cristo ai suoi (cfr. Giovanni, 14, 2-6) è imprescindibile e decisivo.

Il mistero salvifico di Gesù Cristo, da cui promana e ha senso quello dell'Assunta in cielo in anima e corpo, è la risposta del Dio vivente al senso e al bisogno di futuro non effimero delle attuali generazioni, non solo cristiane. Inoltre, secondo il disegno provvidente di Dio per la sua Chiesa e a motivo della sua conformazione al Cristo risorto e asceso, Maria assunta agisce e opera (adest et agit), ed è maternamente presente nella nostra storia per invitare a seguire il vangelo della vita e i sentieri dello Spirito, e quindi a impegnarsi per una città degli uomini più giusta e fraterna, lottando senza violenza ma con la persuasione e la testimonianza a favore della memoria passionis, che nasce dalla Parola di Dio e dal mistero di Gesù, per dare agli uomini un ricordo e un termine.

La Vergine Maria continuamente rimanda a questo mistero ed evento di salvezza, di cui è stata la singolarissima beneficiaria:  ella, oltre a essere il frutto più eccelso della redenzione (cfr. Sacrosanctum concilium, 103), è anche il primo risultato concreto e permanente della risurrezione di Cristo; perciò la sua glorificazione e conformazione al suo Signore (cfr. Lumen gentium, 59) è perpetua provocatio ("incessante sfida", Redemptoris mater, 52) per i credenti, specie quelli della nostra generazione, che proprio di fronte alla resurrezione di Cristo e nostra si mostrano indecisi e titubanti, se non addirittura scettici.

Ecco perché Maria, l'assunta alla gloria del cielo, è immagine escatologica della Chiesa. Infatti, avendo partecipato pienamente al mistero dell'incarnazione e della passione e morte di Gesù, ella partecipa alla gloria della risurrezione. Colei che nella storia è stata la "piena di grazia" è nell'eternità la "piena di gloria", di quella gloria che sarà per l'umanità e il mondo "stabile dimora", vocazione di tutti e dello stesso creato. E nella Vergine glorificata è vinta la paura del futuro così presente nell'umanità di oggi.



(©L'Osservatore Romano - 14 agosto 2010)


per ulteriori approfondimenti cliccate anche qui

Maria Assunta in Cielo ED IMMACOLATA (il culto mariano, la dottrina il dogma)





                                            



[Modificato da Caterina63 13/08/2010 21:44]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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La festa dell'Assunzione

Maria e il dialogo ecumenico


di Riccardo Burigana

"Vi sono intenzioni particolari per più insistente preghiera? (...) Anzitutto la Chiesa:  la grande famiglia dei cristiani, il Corpo mistico di Cristo, la famiglia stessa di Maria".

Queste parole di Paolo VI, pronunciate nell'omelia per la festa dell'Assunzione, il 15 agosto 1964, sono significative per comprendere il ruolo della riflessione mariana nel dialogo ecumenico, mostrando anche quali e quanti passi siano stati compiuti nella direzione della costruzione dell'unità visibile della Chiesa alla luce di una rinnovata attenzione nei confronti della figura di Maria.
 
Le parole di Paolo VI si collocano in pieno svolgimento del concilio Vaticano ii, che non aveva ancora del tutto definito l'orientamento ecclesiologico e di conseguenza ecumenico. La costituzione Lumen gentium - che si conclude con un capitolo su Maria, per lungo tempo pensato autonomo rispetto alla successiva costituzione; i decreti Orientalium Ecclesiarum sulle Chiese orientali cattoliche; Unitatis redintegratio sui principi cattolici dell'ecumenismo verranno promulgati solo il 21 novembre.

Nell'agosto 1964 viene pubblicata la prima enciclica di Papa Montini, l'Ecclesiam suam. Paolo VI ha già alle spalle, accanto a tante parole e a tanti gesti ecumenici, il "pellegrinaggio ecumenico a Gerusalemme", realizzato a gennaio, con l'incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli Atenagora, che aveva segnato una svolta nel dialogo, con la sempre più attiva ricerca di ciò che già univa i cristiani, senza dimenticare le questioni che allora li separavano.

Nel patrimonio in comune, soprattutto tra cattolici e ortodossi, un posto privilegiato era occupato da Maria e dalle tradizioni liturgiche e spirituali a essa legate. Tra le quattro feste mariane la Dormizione, secondo la dizione dei libri liturgici bizantini, era quella più antica, radicata e diffusa tra le comunità cristiane, tanto che anche la proclamazione del dogma dell'Assunzione nel 1950 da parte di Pio XII, dopo un'informale consultazione con l'episcopato cattolico, non aveva in alcun modo ridotto l'importanza di questa festa. La celebrazione del concilio Vaticano ii e il pontificato di Paolo VI aprivano una nuova stagione nel dialogo ecumenico, nella quale la figura di Maria è stata sottoposta a un'intensa rilettura, con il recupero del patrimonio di tradizioni comuni del i millennio, dalla patristica alla liturgia, alla cosiddetta letteratura apocrifa.

La nuova stagione si è ulteriormente arricchita di studi, dialoghi, incontri locali e internazionali, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, anche per la sua costante attenzione al mondo orientale, con la ripetuta invocazione, secondo il dettato conciliare, a tener conto dei "due polmoni della Chiesa". Si sono così avuti dialoghi della Chiesa cattolica con le Chiese ortodosse, la Comunione anglicana e i luterani degli Stati Uniti. E, contemporaneamente, della Chiesa ortodossa con le Chiese orientali ortodosse e la Comunione Anglicana, mentre il Consiglio ecumenico delle Chiese ha tenuto una posizione defilata.

Di questa stagione, proprio per la sua valenza ecumenica a 360 gradi, è stato importante il lavoro del Gruppo di Dombes, che ha portato alla pubblicazione del documento Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi (1998) nel quale appare evidente quanto la figura di Maria possa essere fondamentale per il dialogo ecumenico, una volta recuperata la sua dimensione biblica, tenendo anche conto delle tradizioni su di essa, molte delle quali così profondamente diffuse tra i credenti.
 
Nei primi cinque anni del pontificato di Benedetto XVI la riflessione ecumenica su Maria è proseguita, tanto che si sono venute moltiplicando le pubblicazioni, tra le quali si deve segnalare il volume Mariologia ecumenica del padre servita Giancarlo Bruni. Egli ha organizzato il suo studio in cinque parti:  gli approcci confessionali alla figura di Maria, i dialoghi ecumenici ufficiali internazionali e nazionali, gli incontri non-ufficiali - soprattutto il Gruppo di Dombes - il contributo dell'ecumenismo italiano, e le possibili prospettive ecumeniche della riflessione su Maria.
 
Non sono mancati i convegni, come quello tenuto nell'ottobre 2009 a Roma, presso la Pontificia Università Teologica Marianum (Il dogma dell'Assunzione di Maria:  problemi attuali e tentativi di ricomprensione), che è stato il XVIi Simposio internazionale mariologico. Mentre sul piano dei dialoghi ecumenici si è assistito a una certa stasi, che non è dipesa da un momentaneo disinteresse per il tema, quanto da una necessaria sosta dopo il tanto lavoro compiuto per comprendere le diverse posizioni teologiche e liturgiche e per giungere a identificare quanto già unisce i cristiani nella venerazione di Maria.

I dialoghi avevano coinvolto, a vario livello, soprattutto la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, ma sarebbe fuorviante immaginare che la riflessione sulla dimensione ecumenica di Maria fosse stata circoscritta al dialogo tra Roma e l'Oriente, dal momento che uno dei documenti più significativi è stata la dichiarazione di Seattle, Maria:  grazia e speranza in Cristo, del 2 febbraio 2004, a opera della Commissione internazionale anglicana-cattolica.
 
Pur non avendo alcun valore autoritativo questo testo rappresenta un significativo passaggio per definire un cammino ecumenico, che sappia liberarsi dai condizionamenti che per secoli hanno frenato i cristiani nella condivisione delle proprie peculiari tradizioni. Per questo cattolici e anglicani hanno scritto che la dichiarazione "riflette poderosamente i nostri sforzi di ricercare quanto serbiamo in comune e celebra importanti aspetti del nostro comune patrimonio. Le nostre due tradizioni condividono molte delle feste stesse legate a Maria. La nostra esperienza ci ha fatto capire che è nell'ambito del culto che realizziamo la più profonda convergenza, allorché rendiamo grazie a Dio per la madre del Signore, che è una cosa sola con noi in quella sterminata comunità di amore e di preghiera che chiamiamo comunione dei santi".

Ampio spazio è stato dato alla Maria biblica, con l'intenzione di cogliere non solo le ricchezze della Scrittura sulla figura di Maria ma anche le diverse correnti esegetiche, che hanno determinato, soprattutto a partire dal XVI secolo, una profonda contrapposizione in Occidente.





Storica celebrazione della Dormizione il 15 agosto presieduta dal Patriarca ecumenico Bartolomeo

I cristiani in Turchia e il ritorno
al monastero di Panagìa Sümela


Istanbul, 13. Sarà il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, a presiedere, domenica 15 agosto, solennità ortodossa della Dormizione di Maria, la divina liturgia che si terrà nel celebre monastero di Panagìa Sümela, nella regione di Trabzon, in Turchia.
Si tratta di un evento storico.

Per la prima volta dopo ottantotto anni, infatti, le autorità turche hanno concesso il permesso di celebrare in quello che è considerato uno dei più importanti centri spirituali dei cristiani ortodossi nel Paese. "Un gesto di buona volontà nei riguardi dei fedeli della Chiesa ortodossa", ha dichiarato il prefetto di Trabzon, Recep Kizilcik, dopo la decisione presa nel giugno scorso dal ministero della Cultura su indicazione del primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, aperto al dialogo con le minoranze religiose.

Per comprendere la portata dell'avvenimento, basti pensare che la liturgia sarà trasmessa in diretta in Grecia su diverse reti televisive e radiofoniche.

Il monastero di Panagìa Sümela, oggi trasformato in museo, fu fondato nel 386, sotto il regno di Teodosio il Grande, da due monaci che, secondo la tradizione, trovarono in una grotta un'icona della Vergine Maria, la Theotókos ("Madre di Dio" secondo la definizione del concilio di Calcedonia nel 451). L'edificio attuale è datato XIII secolo ed è restato praticamente intatto dopo l'invasione ottomana a metà del XV secolo.

Fino all'inizio del Novecento, il monastero è stato meta di pellegrinaggi da parte dei cristiani dell'Asia minore e della costa orientale del mar Nero. La comunità monastica, come l'attigua popolazione cristiana, ha dovuto lasciare questo luogo nel 1923, dopo la guerra greco-turca e il successivo assetto deciso dal Trattato di Losanna.

               Ucona Panagia Sumela

L'icona della Panagìa Sümela fu trasportata in Grecia nel 1930 e si trova oggi in un nuovo monastero costruito apposta per accoglierla, vicino a Veria, città situata nella Macedonia centrale.



(©L'Osservatore Romano - 14 agosto 2010)

Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/08/2010 14:35
 
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La festa dell'Assunzione, che si festeggia il 15 di questo mese, ci invita a meditare sulla gloria ineffabile della Vergine Maria, il Paradiso di Dio.
 
Assunta

P. Pedro Morazzani Arráiz, EP

Tanto più l'uomo cerca di approfondirsi nella conoscenza di Dio, tanto più comprende che non riuscirà ad abbracciarLo, tali sono le grandezze e i misteri che gli si presentano.

Il Creatore, che stabilisce le regole, si diletta a creare magnifiche eccezioni. La Teologia ci insegna che Tre creature non potevano essere create in grado più eccellente. La prima di queste è Gesù Cristo, Uomo-Dio: impossibile che sia più perfetto, nulla gli si dovrebbe aggiungere. La seconda è Maria: "quasi divina", è l'espressione utilizzata da diversi teologi nel riferirsi alla Madre del Redentore. E infine la visione beatifica, il Cielo: il premio riservato ai giusti non potrebbe essere migliore né più grande. È lo stesso Dio che Si dà ai Beati!

Perché morì la Madre della Vita?
 

La pienezza delle grazie e delle perfezioni possibili ad una semplice creatura si trova in Maria Santissima. Secondo la bella espressione di Sant'Antonino, "Dio riunì tutte le acque e le chiamò mare, riunì tutte le grazie e le chiamò Maria". Fin dall'eternità, il decreto divino stabiliva il singolarissimo privilegio del fatto di essere la Vergine Santissima libera dalla macchia originale. Privilegio proprio a Colei che avrASSUNÇAO DE MARIA_5.jpgebbe generato nel suo seno il Dio stesso.

Trascorsa la sua vita in questa terra, cosa sarebbe successo a nostra Madre?

Ella, che aveva dato alla luce, nutrito e protetto il Bambino-Dio e ricevuto nelle sue braccia verginali il Corpo martoriato di suo Figlio e Redentore, era pronta ad esalare l'ultimo respiro.Come avrebbe potuto passare per l'afflizione della morte quella Vergine Immacolata, mai toccata dalla più lieve ombra di qualsiasi mancanza?

Tuttavia, come il soave declinare del sole in un magnifico tramonto, la Madre della Vita cedeva la sua anima. Perché moriva Maria? Avendo partecipato a tutti i dolori della Passione di Gesù, non volle esimersi dal passare per la morte, per imitare in tutto il suo Dio e Signore.

Di cosa morì Maria?

Perfettissima era la natura della Vergine Maria. In effetti, afferma Tertuliano che "se Dio impiegò tanta cura nel formare il corpo di Adamo grazie al pensiero di Cristo che avrebbe dovuto nascere da lui, quante maggiori cure avrà avuto nel formare il corpo di Maria, dalla quale avrebbe dovuto nascere, non in modo remoto e mediato, ma in modo vicino e immediato, il Verbo Incarnato"? (1)

Inoltre, scrisse Sant'Antonino, "la nobiltà del corpo aumenta e si intensifica in proporzione alla maggior nobiltà dell'anima, con cui è unito e da cui è informato. Ed è razionale, poiché la materia e la forma sono proporzionate una all'altra. Pertanto, partendo dal fatto che l'anima della Vergine fu la più nobile, dopo quella del Redentore, è logico concludere che anche il suo corpo fu il più nobile dopo quello di Suo Figlio" (2).

All'anima santissima di Maria, concepita senza peccato originale e piena di grazia fin dal primo istante della sua esistenza, corrispondeva pertanto un organismo umano perfettissimo, senza il benchè minimo disequilibrio.

Come conseguenza della sua natura verginale, la Madonna fu immune a qualsiasi malattia e non fu mai soggetta alla degenerazione del corpo a causa dell'età.

Di cosa morì, poi, la Madre di Dio?

Il termine dell'esistenza terrena di Maria si dovette alla "forza del divino amore e al veemente desiderio di contemplazione delle cose celestiali, che consumavano il suo cuore" (3).

La Santissima Vergine morì di amore! San Francesco di Sales descrive in questo modo questo sublime avvenimento:

"Quanto attivo e potente (...) è l'amore divino! Nulla di strano se vi dico che Nostra Signora morì a causa di questo amore, perché portando sempre nel suo cuore le piaghe del Figlio, soffriva senza abbattersi, ma finalmente morì grazie all'impeto del dolore. Soffriva senza morire, tuttavia, infine, morì senza soffrire.

O, amore di passione! Se suo Figlio era in Cielo, il suo cuore non era già in Lei. Era in quel corpo che amava tanto, ossa delle sue ossa, carne della sua carne, e verso il Cielo volava quell'aquila santa. Il suo cuore, la sua anima, tutto era in Cielo: perché avrebbero dovuto rimanere qui in terra?

"Finalmente, dopo tanti voli spirituali, tanti rapimenti e tante estasi, quel castello santo di purezza e umiltà si arrese all'ultimo assalto dell'amore, dopo averne resistito a tanti. L'amore la vinse, e portò con sé la sua benedettissima anima" (4).

La Chiesa chiama questa morte di Maria, soave e benedetta come un bellissimo tramonto, con il nome suggestivo di "dormizione", per indicare che il suo corpo non soffrì la corruzione.

Piena di grazia e piena di gloria

Quanto durò la permanenza del purissimo corpo di Maria nel sepolcro?

Non lo sappiamo. Ma secondo la tradizione la sua anima stette molto poco tempo separata dal suo corpo. E nella Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus, il Papa Pio XII afferma: "Ella per privilegio del tutto singolare ha vinto il peccato con la sua concezione immacolata; perciò non fu soggetta alla legge di restare nella corruzione del sepolcro, né dovette attendere la redenzione del suo corpo solo alla fine del mondo".Asuncion de Maria Catedral de Siguenza IMG_1388.jpg

Così, risplendente di gloria, l'anima santissima di Nostra Signora riassunse il suo verginale corpo, rendendolo completamente spiritualizzato, luminoso, sottile, agile e impassibile.

E Maria - ovvero la "Signora di luce" - si elevò corpo e anima al Cielo, mentre le infinite legioni delle milizie angeliche esclamavano meravigliate nel contemplare la sua Sovrana mentre varcava le soglie eterne:"Chi è costei che sorge come l'aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come schiere a vessilli spiegati?".

E si udì allora una voce potente che usciva dal trono:"Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro".

La Figlia beneamata del Padre, la Madre verginale del Verbo, la Sposa purissima dello Spirito Santo fu incoronata allora dalle Tre Divine Persone, per regnare nell'universo attraverso i secoli dei secoli "alla destra del Re" (Sl 44, 10).

Il dogma

La verità di questa glorificazione unica e completa della Santissima Vergine fu definita solennemente come dogma di Fede dal Papa Pio XII, il 1º novembre 1950, con queste belle parole:

"Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'Immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo».


1) De resurrectione carnis, c. VII.

2) Cfr. Gabriel Roschini, Instruções Marianas, Ed. Paulinas, São Paulo, p. 202.

3) D. Alastruey, Tratado de la Virgen Santísima, p. 414.

4) São Francisco de Sales, Obras Selectas, B.A.C., p. 480.

  1. Cfr. Cant 6,10



    L'Ascensione di Nostro Signore e l'Assunzione di Maria

È comune fare certa confusione di concetti riguardo all'Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo e all'Assunzione della Madonna. Il famoso teologo Fr. Antonio Royo Marin spiega la questione:

Non è esatta, quindi, la distinzione che stabiliscono alcune persone tra l'Ascensione del Signore e l'Assunzione di Maria, come se la prima differisse dalla seconda per il fatto di essere stata fatta grazie alla sua propria virtù o al suo potere, mentre l'Assunzione di Maria necessitava del concorso o dell'aiuto degli Angeli. Non è così. La differenza è che Cristo avrebbe potuto ascendere al Cielo grazie al suo proprio potere ancora prima della sua morte e della gloriosa risurrezione, mentre Maria non avrebbe potuto farlo – salvo per un miracolo – prima della propria risurrezione.

Tuttavia, una volta realizzata, l'Assunzione si verificò utilizzando la sua propria agilità gloriosa, senza la necessità dell'ausilio degli Angeli e senza alcun miracolo (“La Virgen María”, pp. 213-214).

(Rivista Arautos do Evangelho, Agosto/2004, n. 32, p. 18 a 20)

CONTINUA............

Fraternamente CaterinaLD

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PIO XII
SERVO DEI SERVI DI DIO
A PERENNE MEMORIA

COSTITUZIONE APOSTOLICA MUNIFICENTISSIMUS DEUS(1)
LA GLORIFICAZIONE DI MARIA CON L'ASSUNZIONE AL CIELO
IN ANIMA E CORPO

Il munificentissimo Dio, che tutto può e le cui disposizioni di provvidenza sono fatte di sapienza e d'amore, nei suoi imperscrutabili disegni contempera nella vita dei popoli e in quella dei singoli uomini dolori e gioie, affinché per vie diverse e in diverse maniere tutto cooperi in bene per coloro che lo amano (cf. Rm 8, 28).

Asunción_Pquia-Riquewihr_Alsacia_106_0665.jpgIl Nostro pontificato, come anche l'età presente, è assillato da tante cure, preoccupazioni e angosce, per le presenti gravissime calamità e l'aberrazione di molti dalla verità e dalla virtù; ma Ci è di grande conforto vedere che, mentre la fede cattolica si manifesta pubblicamente più attiva, si accende ogni giorno più la devozione verso la vergine Madre di Dio, e quasi dovunque è stimolo e auspicio di una vita migliore e più santa. Per cui, mentre la santissima Vergine compie amorosissimamente l'ufficio di madre verso i redenti dal sangue di Cristo, la mente e il cuore dei figli sono stimolati con maggiore impegno a una più amorosa contemplazione dei suoi privilegi.

Dio, infatti, che da tutta l'eternità guarda Maria vergine, con particolare pienissima compiacenza, «quando venne la pienezza del tempo» (Gal 4, 4), attuò il disegno della sua provvidenza in tal modo che risplendessero in perfetta armonia i privilegi e le prerogative che con somma liberalità ha riversato su di lei. Che se questa somma liberalità e piena armonia di grazie dalla chiesa furono sempre riconosciute e sempre meglio penetrate nel corso dei secoli, nel nostro tempo è stato posto senza dubbio in maggior luce il privilegio della corporea assunzione al cielo della vergine Madre di Dio Maria.

Questo privilegio risplendette di nuovo fulgore fin da quando il nostro predecessore Pio IX, d'immortale memoria, definì solennemente il dogma dell'immacolata concezione dell'augusta Madre di Dio. Questi due privilegi infatti sono strettamente connessi tra loro. Cristo con la sua morte ha vinto il peccato e la morte, e sull'uno e sull'altra riporta vittoria in virtù di Cristo chi è stato rigenerato soprannaturalmente col battesimo. Ma per legge generale Dio non vuole concedere ai giusti il pieno effetto di questa vittoria sulla morte se non quando sarà giunta la fine dei tempi. Perciò anche i corpi dei giusti dopo la morte si dissolvono, e soltanto nell'ultimo giorno si ricongiungeranno ciascuno con la propria anima gloriosa.

Ma da questa legge generale Dio volle esente la beata vergine Maria. Ella per privilegio del tutto singolare ha vinto il peccato con la sua concezione immacolata; perciò non fu soggetta alla legge di restare nella corruzione del sepolcro, né dovette attendere la redenzione del suo corpo solo alla fine del mondo.



Plebiscito unanime

Per questo, quando fu solennemente definito che la vergine Madre di Dio Maria fu immune della macchia ereditaria fin dalla sua concezione, i fedeli furono pervasi da una più viva speranza che quanto prima sarebbe stato definito dal supremo magistero della chiesa anche il dogma della corporea assunzione al cielo di Maria vergine.

Infatti si videro non solo singoli fedeli, ma anche rappresentanti di nazioni o di province ecclesiastiche e anzi non pochi padri del concilio Vaticano chiedere con vive istanze all'apostolica sede questa definizione.

In seguito queste petizioni e voti non solo non diminuirono, ma aumentarono di giorno in giorno per numero ed insistenza. Infatti per questo scopo furono promosse crociate di preghiere; molti ed esimi teologi intensificarono i loro studi su questo soggetto, sia in privato, sia nei pubblici atenei ecclesiastici e nelle altre scuole destinate all'insegnamento delle sacre discipline; in molte parti dell'orbe cattolico furono tenuti congressi mariani sia nazionali sia internazionali. Tutti questi studi e ricerche posero in maggiore luce che nel deposito della fede affidato alla chiesa era contenuto anche il dogma dell'assunzione di Maria vergine al cielo; e generalmente ne seguirono petizioni con cui si chiedeva instantemente a questa sede apostolica che questa verità fosse solennemente definita.

In questa pia gara i fedeli furono mirabilmente uniti coi loro pastori, i quali in numero veramente imponente rivolsero simili petizioni a questa Cattedra di S. Pietro. Perciò quando fummo elevati al trono del sommo pontificato erano state già presentate a questa sede apostolica molte migliaia di tali suppliche da ogni parte della terra e da ogni classe di persone: dai nostri diletti figli cardinali del sacro collegio, dai venerabili fratelli arcivescovi e vescovi, dalle diocesi e dalle parrocchie.

Per la qual cosa, mentre elevavamo a Dio ardenti preghiere perché infondesse nella Nostra mente la luce dello Spirito Santo per decidere di una causa così importante, impartimmo speciali ordini perché si fondessero insieme le forze e venissero iniziati studi più rigorosi su questo soggetto, e intanto si raccogliessero e si ponderassero accuratamente tutte le petizioni che dal tempo del Nostro predecessore Pio IX, di felice memoria, fino ai nostri tempi erano state inviate a questa sede apostolica circa l'assunzione della beatissima vergine Maria al cielo.(2)

Il magistero della chiesa

Ma poiché si trattava di cosa di tanta importanza e gravità, ritenemmo opportuno chiedere direttamente e in forma ufficiale a tutti i venerabili fratelli nell'episcopato che Ci esprimessero apertamente il loro pensiero. Perciò il 1° maggio 1946 indirizzammo loro la lettera [enciclica Deiparae Virginis Mariae, in cui chiedevamo: «Se voi, venerabili fratelli, nella vostra esimia sapienza e prudenza ritenete che l'assunzione corporea della beatissima Vergine si possa proporre e definire come dogma di fede, e se col vostro clero e il vostro popolo lo desiderate».

E coloro che «lo Spirito Santo ha costituito vescovi per pascere la chiesa di Dio» (At 20, 28) hanno dato all'una e all'altra domanda una risposta pressoché unanimemente affermativa. Questo «singolare consenso, dell'episcopato cattolico e dei fedeli»,(3) nel ritenere definibile, come dogma di fede, l'assunzione corporea al cielo della Madre di Dio, presentandoci il concorde insegnamento del magistero ordinario della chiesa e la fede concorde del popolo cristiano, da esso sostenuta e diretta, da se stesso manifesta in modo certo e infallibile che tale privilegio è verità rivelata da Dio e contenuta in quel divino deposito che Cristo affidò alla sua Sposa, perché lo custodisse fedelmente e infallibilmente lo dichiarasse.(4) Il magistero della chiesa, non certo per industria puramente umana, ma per l'assistenza dello Spirito di verità (cf. Gv 14, 26), e perciò infallibilmente, adempie il suo mandato di conservare perennemente pure e integre le verità rivelate, e le trasmette senza contaminazione, senza aggiunte, senza diminuzioni.

«Infatti, come insegna il concilio Vaticano, ai successori di PiMV - Pinacoteca - 037 -    Assunzione di Maria - Silvestro dei Gherarducci - XIV.jpgetro non fu promesso lo Spirito Santo, perché, per sua rivelazione, manifestassero una nuova dottrina, ma perché, per la sua assistenza, custodissero inviolabilmente ed esponessero con fedeltà la rivelazione trasmessa dagli apostoli, ossia il deposito della fede».(5) Pertanto dal consenso universale di un magistero ordinario della chiesa si trae un argomento certo e sicuro per affermare che l'assunzione corporea della beata vergine Maria al cielo, - la quale, quanto alla celeste glorificazione del corpo virgineo dell'augusta Madre di Dio, non poteva essere conosciuta da nessuna facoltà umana con le sole sue forze naturali è verità da Dio rivelata, e perciò tutti i figli della chiesa debbono crederla con fermezza e fedeltà. Poiché, come insegna lo stesso concilio Vaticano, «debbono essere credute per fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o trasmessa oralmente o col suo ordinario e universale magistero, propone a credere come rivelate da Dio».(6)

Di questa fede comune della chiesa si ebbero fin dall'antichità lungo il corso dei secoli varie testimonianze, indizi e vestigia; anzi tale fede si andò manifestando sempre più chiaramente.

I fedeli, guidati e istruiti dai loro pastori, appresero bensì dalla s. Scrittura che la vergine Maria, durante il suo terreno pellegrinaggio, menò una vita piena di preoccupazioni, angustie e dolori; inoltre che si avverò ciò che il santo vecchio Simeone aveva predetto, perché un'acutissima spada le trapassò il cuore ai piedi della croce del suo divino Figlio, nostro Redentore. Parimenti non trovarono difficoltà nell'ammettere che Maria sia morta, come già il suo Unigenito. Ma ciò non impedì loro di credere e professare apertamente che non fu soggetto alla corruzione del sepolcro il suo sacro corpo e che non fu ridotto in putredine e in cenere l'augusto tabernacolo del Verbo divino. Anzi, illuminati dalla divina grazia e spinti dall'amore verso colei che è Madre di Dio e Madre nostra dolcissima, hanno contemplato in luce sempre più chiara l'armonia meravigliosa dei privilegi che il provvidentissimo Iddio ha elargito all'alma Socia del nostro Redentore, e che hanno raggiunto un tale altissimo vertice, quale da nessun essere creato, eccettuata la natura umana di Cristo, è stato mai raggiunto.

L'omaggio dei fedeli

Questa stessa fede attestano chiaramente quegli innumerevoli templi dedicati a Dio in onore di Maria vergine assunta al cielo, e le sacre immagini ivi esposte alla venerazione dei fedeli, le quali pongono dinanzi agli occhi di tutti questo singolare trionfo della beata Vergine. Inoltre città, diocesi e regioni furono poste sotto la speciale tutela e patrocinio della Vergine assunta in cielo; parimenti con l'approvazione della chiesa sono sorti Istituti religiosi che prendono nome da tale privilegio. Né va dimenticato che nel rosario mariano, la cui recita è tanto raccomandata da questa sede apostolica, viene proposto alla pia meditazione un mistero che, come tutti sanno, tratta dell'assunzione della beatissima Vergine.

La liturgia delle chiese d'oriente e d'occidente

Ma in modo più splendido e universale questa fede dei sacri Pastori e dei fedeli cristiani è manifestata dal fatto che fin dall'antichità si celebra in Oriente e in Occidente una solenne festa liturgica: di qui infatti i santi padri e i dottori della chiesa non mancarono mai di attingere luce, poiché, come è ben noto, la sacra liturgia, «essendo anche una professione delle celesti verità, sottoposta al supremo magistero della chiesa, può offrire argomenti e testimonianze di non piccolo rilievo, per determinare qualche punto particolare della dottrina cristiana».(7)

Nei libri liturgici, che riportano la festa sia della Dormizione sia dell'Assunzione di santa Maria, si hanno espressioni in qualche modo concordanti nel dire che quando la vergine Madre di Dio salì al cielo da questo esilio, al suo sacro corpo, per disposizione della divina Provvidenza, accaddero cose consentanee alla sua dignità di Madre del Verbo incarnato e agli altri privilegi a lei elargiti. Ciò è asserito, per portarne un esempio insigne, in quel Sacramentario che il Nostro predecessore Adriano I, d'immortale memoria, mandò all'imperatore Carlo Magno. In esso infatti si legge: «Degna di venerazione è per noi, o Signore, la festività di questo giorno, in cui la santa Madre di Dio subì la morte temporale, ma non poté essere umiliata dai vincoli della morte colei che generò il tuo Figlio, nostro Signore, incarnato da lei».(8)

Ciò che qui è indicato con la sobrietà consueta della Liturgia romana, nei libri delle altre antiche liturgie, sia orientali, sia occidentali, è espressa più diffusamente e con maggior chiarezza. Il Sacramentario gallicano, per esempio, definisce questo privilegio di Maria «inspiegabile mistero, tanto più ammirabile, quanto più è singolare tra gli uomini». E nella liturgia bizantina viene ripetutamente collegata l'assunzione corporea di Maria non solo con la sua dignità di Madre di Dio, ma anche con altri suoi privilegi, specialmente con la sua maternità verginale, prestabilita da un disegno singolare della Provvidenza divina: «A te Dio, re dell'universo, concesse cose che sono al disopra della natura; poiché come nel parto ti conservò vergine, così nel sepolcro conservò incorrotto il tuo corpo, e con la divina traslazione lo conglorificò».(9)

La festa dell'Assunta

Il fatto poi che la sede apostolica, erede dell'ufficio affidato al Principe degli apostoli di confermare nella fede i fratelli (cf. Lc 22, 32), con la sua autorità rese sempre più solenne questa festa, stimolò efficacemente i fedeli ad apprezzare sempre più la grandezza di questo mistero. Così la festa dell'Assunzione dal posto onorevole che ebbe fin dall'inizio tra le altre celebrazioni mariane, fu portata in seguito fra le più solenni di tutto il ciclo liturgico.

Il Nostro predecessore s. Sergio I, prescrivendo la litania o processione stazionale pASSUNÇAO DE MARIA_3.jpger le quattro feste mariane, enumera insieme la Natività, l'Annunciazione, la Purificazione e la Dormizione di Maria.(10) In seguito s. Leone IV volle aggiungere alla festa, che già si celebrava sotto il titolo dell'Assunzione della beata Genitrice di Dio, una maggiore solennità, prescrivendone la vigilia e l'ottava; e in tale circostanza volle partecipare personalmente alla celebrazione in mezzo a una grande moltitudine di fedeli.(11) Inoltre che già anticamente questa festa fosse preceduta dall'obbligo del digiuno appare chiaro da ciò che attesta il Nostro predecessore s. Niccolò I, ove parla dei principali digiuni «che la santa chiesa romana ricevette dall'antichità ed osserva tuttora».(12)

Ma poiché la liturgia della chiesa non crea la fede cattolica, ma la suppone, e da questa derivano, come frutti dall'albero, le pratiche del culto, i santi padri e i grandi dottori nelle omelie e nei discorsi rivolti al popolo in occasione di questa festa non vi attinsero come da prima sorgente la dottrina; ma parlarono di questa come di cosa nota e ammessa dai fedeli; la chiarirono meglio; ne precisarono e approfondirono il senso e l'oggetto, dichiarando specialmente ciò che spesso i libri liturgici avevano soltanto fugacemente accennato: cioè che oggetto della festa non era soltanto l'incorruzione del corpo esanime della beata vergine Maria, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste «glorificazione», a somiglianza del suo unigenito Gesù Cristo.

continua...........

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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La voce dei santi padri

Così s. Giovanni Damasceno, che si distingue tra tutti come teste esimio di questa tradizione, considerando l'assunzione corporea dell'alma Madre di Dio nella luce degli altri suoi privilegi, esclama con vigorosa eloquenza: «Era necessario che colei, che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità, conservasse anche senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Era necessario che colei, che aveva portato nel suo seno il Creatore fatto bambino, abitasse nei tabernacoli divini. Era necessario che la sposa del Padre abitasse nei talami celesti. Era necessario che colei che aveva visto il suo Figlio sulla croce, ricevendo nel cuore quella spada di dolore dalla quale era stata immune nel darlo alla luce, lo contemplasse sedente alla destra del Padre. Era necessario che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio e da tutte le creature fosse onorata come Madre e Ancella di Dio».(13)

Queste espressioni di s. Giovanni Damasceno corrispondono fedelmente a quelle di altri, affermanti la stessa dottrina. Infatti parole non meno chiare e precise si trovano nei discorsi che in occasione della festa tennero altri Padri anteriori o coevi. Così, per citare altri esempi, s. Germano di Costantinopoli trovava consentanea l'incorruzione e l'assunzione al cielo del corpo della Vergine Madre di Dio, non solo alla sua divina maternità, ma anche alla speciale santità del suo stesso corpo verginale: «Tu, come fu scritto, apparisci "in bellezza", e il tuo corpo verginale è tutto santo, tutto casto, tutto domicilio di Dio; cosicché anche per questo sia poi immune dalla risoluzione in polvere; trasformato bensì, in quanto umano, nell'eccelsa vita della incorruttibilità; ma lo stesso vivo, gloriosissimo, incolume e dotato della pienezza della vita».(14) E un altro antico scrittore dice: «Come gloriosissima Madre di Cristo, nostro Salvatore e Dio, donatore della vita e dell'immortalità, è da lui vivificata, rivestita di corpo in un'eterna incorruttibilità con lui, che la risuscitò dal sepolcro e la assunse a sé, in modo conosciuto da lui solo».(15)

Con l'estendersi e l'affermarsi della festa liturgica, i pastori della chiesa e i sacri oratori, in numero sempre maggiore, si fecero un dovere di precisare apertamente e con chiarezza il mistero che è oggetto della festa e la sua strettissima connessione con le altre verità rivelate.

L'insegnamento dei teologi

Tra i teologi scolastici non mancarono di quelli che, volendo penetrare più addentro nelle verità rivelate e mostrare l'accordo tra la ragione teologica e la fede cattolica, fecero rilevare che questo privilegio dell'assunzione di Maria vergine concorda mirabilmente con le verità che ci sono insegnate dalla sacra Scrittura.

Partendo da questo presupposto, presentarono per illustrare questo privilegio mariano diverse ragioni, contenute quasi in germe in questo: che Gesù ha voluto l'assunzione di Maria al cielo per la sua pietà filiale verso di lei. Ritenevano quindi che la forza di tali argomenti riposa sulla dignità incomparabile della maternità divina e su tutte quelle doti che ne conseguono: la sua insigne santità, superiore a quella di tutti gli uomini e di tutti gli angeli; l'intima unione di Maria col suo Figlio; e quell'amore sommo che il Figlio portava alla sua degnissima Madre.

Frequentemente poi s'incontrano teologi e sacri oratori che, sulle orme dei santi padri,(16) per illustrare la loro fede nell'assunzione si servono, con una certa libertà, di fatti e detti della s. Scrittura.

Così per citare soltanto alcuni testi fra i più Asunción de María_4_1.jpgusati, vi sono di quelli che riportano le parole del Salmista: «Vieni o Signore, nel tuo riposo; tu e l'Arca della tua santificazione» (Sal 131, 8), e vedono nell'Arca dell'Alleanza fatta di legno incorruttibile e posta nel tempio del Signore, quasi una immagine del corpo purissimo di Maria vergine, preservato da ogni corruzione del sepolcro ed elevato a tanta gloria nel cielo. Allo stesso scopo descrivono la Regina che entra trionfalmente nella reggia celeste e si asside alla destra del divino Redentore (Sal 44, 10.14-16), nonché la Sposa del Cantico dei cantici «che sale dal deserto, come una colonna di fumo dagli aromi di mirra e d'incenso» per essere incoronata (Ct 3, 6; cf. 4, 8; 6, 9). L'una e l'altra vengono proposte come figure di quella Regina e Sposa celeste, che, insieme col divino Sposo, è innalzata alla reggia dei cieli.

Inoltre i dottori scolastici videro adombrata l'assunzione della vergine Madre di Dio, non solo in varie figure dell'Antico Testamento, ma anche in quella Donna vestita di sole, che l'apostolo Giovanni contemplò nell'isola di Patmos (Ap 12, 1s). Così pure, fra i detti del Nuovo Testamento, considerarono con particolare interesse le parole «Ave, o piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu fra le donne» (Lc 1, 28), poiché vedevano nel mistero dell'assunzione un complemento della pienezza di grazia elargita alla beatissima Vergine, e una benedizione singolare in opposizione alla maledizione di Eva.



Perciò sul principio della teologia scolastica il pio Amedeo, vescovo di Losanna, afferma che la carne di Maria vergine rimase incorrotta; - non si può credere infatti che il suo corpo vide la corruzione, - perché realmente fu riunito alla sua anima e insieme con essa fu circonfuso di altissima gloria nella corte celeste. «Era infatti piena di grazia e benedetta fra le donne (Lc 1, 28). Lei sola meritò di concepire Dio vero da Dio vero, che partorì vergine, vergine allattò, stringendolo al seno, ed al quale prestò in tutto i suoi santi servigi e omaggi».(17)

Tra i sacri scrittori poi che in questo tempo, servendosi di testi scritturistici o di similitudini ed analogie, illustrarono e confermarono la pia sentenza dell'assunzione, occupa un posto speciale il dottore evangelico, s. Antonio da Padova. Nella festa dell'Assunzione, commentando le parole d'Isaia: «Glorificherò il luogo dove posano i miei piedi» (Is 60, 13), affermò con sicurezza che il divino Redentore ha glorificato in modo eccelso la sua Madre dilettissima, dalla quale aveva preso umana carne. «Con ciò si ha chiaramente - dice - che la beata Vergine è stata assunta col corpo, in cui fu il luogo dei piedi del Signore». Perciò scrive il Salmista: «Vieni, o Signore, nel tuo riposo, tu e l'Arca della tua santificazione». Come Gesù Cristo, dice il santo, risorse dalla sconfitta morte e salì alla destra del Padre suo, così «risorse anche dall'Arca della sua santificazione, poiché in questo giorno la Vergine Madre fu assunta al talamo celeste».(18)

La dottrina di s. Alberto Magno e di S. Tommaso d'Aquino

Quando nel medio evo la teologia scolastica raggiunse il suo massimo splendore, s. Alberto Magno, dopo aver raccolti, per provare questa verità, vari argomenti, fondati sulla s. Scrittura, la tradizione, la liturgia e la ragione teologica, conclude: «Da queste ragioni e autorità e da molte altre è chiaro che la beatissima Madre di Dio è stata assunta in corpo ed anima al disopra dei cori degli angeli. E ciò crediamo assolutamente vero».(19) E in un discorso tenuto il giorno dell'Annunciazione di Maria, spiegando queste parole del saluto dell'angelo: «Ave, o piena di grazia ...», il dottore universale paragona la santissima Vergine con Eva e dice espressamente che fu immune dalla quadruplice maledizione alla quale Eva fu soggetta.(20)

Il dottore angelico, seguendo le vestigia del suo insigne Maestro, benché non abbia mai trattato espressamente la questione, tuttavia ogni volta che occasionalmente ne parla, ritiene costantemente con la chiesa cattolica che insieme all'anima è stato assunto al cielo anche il corpo di Maria.(21)

L'interpretazione di s. Bonaventura

Dello stesso parere è, fra molti altri, il dottore serafico, il quale ritiene assolutamente certo che, come Dio preservò Maria santissima dalla violazione del pudore e dell'integrità verginale nella concezione e nel parto, così non ha permesso che il suo corpo si disfacesse in putredine e cenere.(22) Interpretando poi e applicando in senso accomodatizio alla beata Vergine queste parole della s. Scrittura: «Chi è costei che sale dal deserto, ricolma di delizie, appoggiata al suo diletto?» (Ct 8, 5), così ragiona: «E di qui può constare che è ivi (nella città celeste) corporalmente. ... Poiché infatti ... la beatitudine non sarebbe piena, se non vi fosse personalmente; e poiché la persona non è l'anima, ma il composto, è chiaro che vi è secondo il composto, cioè il corpo e l'anima, altrimenti non avrebbe una piena fruizione».(23)

Il pensiero della Scolastica nel secolo XV

Nella tarda scolastica, ossia nel secolo XV, s. Bernardino da Siena, riassumendo e di nuovo trattando con diligenza tutto ciò che i teologi del medioevo avevano detto e discusso a tal proposito, non si restrinse a riportare le principali considerazioni già Assunçao de Maria_1.jpgproposte dai dottori precedenti, ma ne aggiunse delle altre. La somiglianza cioè della divina Madre col Figlio divino, quanto alla nobiltà e dignità dell'anima e del corpo - per cui non si può pensare che la celeste Regina sia separata dal Re dei cieli - esige apertamente che «Maria non debba essere se non dov'è Cristo»;(24) inoltre è ragionevole e conveniente che si trovino già glorificati in cielo l'anima e il corpo, come dell'uomo, così anche della donna; infine il fatto che la chiesa non ha mai cercato e proposto alla venerazione dei fedeli le reliquie corporee della beata Vergine, fornisce un argomento che si può dire «quasi una riprova sensibile».(25)

La conferma dei più recenti scrittori sacri

In tempi più recenti i pareri surriferiti dei santi Padri e dei Dottori furono di uso comune. Aderendo al consenso dei cristiani, trasmesso dai secoli passati, s. Roberto Bellarmino esclama: «E chi, prego, potrebbe credere che l'arca della santità, il domicilio del Verbo il tempio dello Spirito Santo sia caduto? Aborrisce il mio animo dal solo pensare che quella carne verginale che generò Dio, lo partorì, l'alimentò, lo portò, o sia stata ridotta in cenere o sia stata data in pasto ai vermi».(26)

Parimenti s. Francesco di Sales, dopo avere asserito che non é lecito dubitare che Gesù Cristo abbia seguito nel modo più perfetto il divino mandato, col quale ai figli s'impone di onorare i propri genitori, si pone questa domanda: «Chi è quel figlio che, se potesse, non richiamerebbe alla vita la propria madre e non la porterebbe dopo morte con sé in paradiso ?».(27)

E s. Alfonso scrive: «Gesù preservò il corpo di Maria dalla corruzione, perché ridondava in suo disonore che fosse guasta dalla putredine quella carne verginale, di cui egli si era già vestito».(28)

Chiarito però ormai il mistero che è oggetto di questa festa, non mancarono dottori i quali piuttosto che occuparsi delle ragioni teologiche, dalle quali si dimostra la somma convenienza dell'assunzione corporea della beata Vergine Maria in cielo, rivolsero la loro attenzione alla fede della chiesa, mistica Sposa di Cristo, non avente né macchia, né grinza (cf. Ef 5, 27), la quale è detta dall'apostolo «colonna e fondamento della verità» (1 Tm 3, 15) e appoggiati a questa fede comune ritennero temeraria per non dire eretica, la sentenza contraria. Infatti s. Pietro Canisio, fra non pochi altri, dopo avere dichiarato che il termine assunzione significa la glorificazione non solo dell'anima, ma anche del corpo e dopo aver rilevato che la chiesa già da molti secoli venera e celebra solennemente questo mistero mariano dell'assunzione, dice: «Questa sentenza è ammessa già da alcuni secoli ed è issata talmente nell'anima dei pii fedeli e così accetta a tutta la chiesa, che coloro che negano che il corpo di Maria sia stato assunto in cielo, non vanno neppure ascoltati con pazienza, ma fischiati come troppo pertinaci, o del tutto temerari e animati da spirito non già cattolico, ma eretico».(29)

Contemporaneamente il dottore esimio, posta come norma della mariologia che «i misteri della grazia, che Dio ha operato nella Vergine, non vanno misurati secondo le leggi ordinarie, ma secondo l'onnipotenza di Dio, supposta la convenienza della cosa in se stessa, ed esclusa ogni contraddizione o ripugnanza da parte della s. Scrittura»(30) fondandosi sulla fede della chiesa tutta, circa il mistero dell'assunzione, poteva concludere che questo mistero doveva credersi con la stessa fermezza d'animo, con cui doveva credersi l'immacolata concezione della beata Vergine; e già allora riteneva che queste due verità potessero essere definite.

Tutte queste ragioni e considerazioni dei santi padri e dei teologi hanno come ultimo fondamento la s. Scrittura, la quale ci presenta l'alma Madre di Dio unita strettamente al suo Figlio divino e sempre partecipe della sua sorte. Per cui sembra quasi impossibile figurarsi che, dopo questa vita, possa essere separata da Cristo - non diciamo, con l'anima, ma neppure col corpo - colei che lo concepì, lo diede alla luce, lo nutrì col suo latte, lo portò fra le braccia e lo strinse al petto. Dal momento che il nostro Redentore è Figlio di Maria, non poteva, come osservatore perfettissimo della divina legge, non onorare oltre l'eterno Padre anche la Madre diletta. Potendo quindi dare alla Madre tanto onore, preservandola immune dalla corruzione del sepolcro, si deve credere che lo abbia realmente fatto.

Maria è la nuova Eva

Ma in particolare va ricordato che, fin dal secolo II, Maria Vergine viene presentata dai santi padri come nuova Eva, strettamente unita al nuovo Adamo, sebbene a lui soggetta, in quella lotta contro il nemico infernale, che, com'è stato preannunziato dal protovangelo (Gn 3, 15), si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, sempre congiunti negli scritti dell'apostolo delle genti (cf. Rm cc. 5 e 6; 1 Cor 15, 21-26.54-57). Per la qual cosa, come la gloriosa risurrezione di Cristo fu parte essenziale e segno finale di questa vittoria, così anche per Maria la lotta che ha in comune col Figlio suo si doveva concludere con la glorificazione del suo corpo verginale: perché, come dice lo stesso apostolo, «quando... questo corpo mortale sarà rivestito dell'immortalità, allora sarà adempiuta la parola che sta scritta: è stata assorbita la morte nella vittoria» (1 Cor 15, 54).

In tal modo l'augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l'eternità «con uno stesso decreto»(31) di predestinazione, immacolata nella sua concezione, Vergine illibata nella sua divina maternità, generosa Socia del divino Redentore, che ha riportato un pieno trionfo sul peccato e sulle sue conseguenze, alla fine, come supremo coronamento dei suoi privilegi, ottenne di essere preservata dalla corruzione del sepolcro, e, vinta la morte, come già il suo Figlio, di essere innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli (cf. 1 Tm 1, 17).



Le ragioni del nuovo dogma

Poiché la chiesa universale nella quale vive lo Spirito di verità e la conduce infallibilmente alla conoscenza delle verità rivelate, nel corso dei secoli ha manifestato in molti modi la sua fede, e poiché tutti i vescovi dell'orbe cattolico con quasi unanime consenso chiedono che sia definita come dogma di fede divina e cattolica la verità dell'assunzione corporea della beatissima vergine Maria al cielo - verità fondata sulla s. Scrittura, insita profondamente nell'animo dei fedeli, confermata dal culto ecclesiastico fin dai tempi remotissimi, sommamente consona con altre verità rivelate, splendidamente illustrata e spiegata dallo studio della scienza e sapienza dei teologi - riteniamo giunto il momento prestabilito dalla provvidenza di Dio per proclamare solennemente questo privilegio di Maria vergine.

Noi, che abbiamo posto il Nostro pontificato sotto lo speciale patrocinio della santissima Vergine, alla quale Ci siamo rivolti in tante tristissime contingenze, Noi, che con pubblico rito abbiamo consacrato tutto il genere umano al suo Cuore immacolato, e abbiamo ripetutamente sperimentato la sua validissima protezione, abbiamo ferma fiducia che questa solenne proclamazione e definizione dell'assunzione sarà di grande vantaggio all'umanità intera, perché renderà gloria alla santissima Trinità, alla quale la Vergine Madre di Dio è legata da vincoli singolari. Vi è da sperare infatti che tutti iASSUNÇAO DE MARIA_4.jpg cristiani siano stimolati da una maggiore devozione verso la Madre celeste, e che il cuore di tutti coloro che si gloriano del nome cristiano sia mosso a desiderare l'unione col corpo mistico di Gesù Cristo e l'aumento del proprio amore verso colei che ha viscere materne verso tutti i membri di quel Corpo augusto.

Vi è da sperare inoltre che tutti coloro che mediteranno i gloriosi esempi di Maria abbiano a persuadersi sempre meglio del valore della vita umana, se è dedita totalmente all'esercizio della volontà del Padre celeste e al bene degli altri; che, mentre il materialismo e la corruzione dei costumi da esso derivata minacciano di sommergere ogni virtù e di fare scempio di vite umane, suscitando guerre, sia posto dinanzi agli occhi di tutti in modo luminosissimo a quale eccelso fine le anime e i corpi siano destinati; che infine la fede nella corporea assunzione di Maria al cielo renda più ferma e più operosa la fede nella nostra risurrezione.

La coincidenza provvidenziale poi di questo solenne evento con l'Anno santo che si sta svolgendo, Ci è particolarmente gradita; ciò infatti Ci permette di ornare la fronte della vergine Madre di Dio di questa fulgida gemma, mentre si celebra il massimo giubileo, e di lasciare un monumento perenne della nostra ardente pietà verso la Regina del cielo.

La solenne definizione

«Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo».

Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica.

Affinché poi questa Nostra definizione dell'assunzione corporea di Maria vergine al cielo sia portata a conoscenza della chiesa universale, abbiamo voluto che stesse a perpetua memoria questa Nostra lettera apostolica; comandando che alle sue copie o esemplari anche stampati, sottoscritti dalla mano di qualche pubblico notaio e muniti del sigillo di qualche persona costituita in dignità ecclesiastica, si presti assolutamente da tutti la stessa fede; che si presterebbe alla presente, se fosse esibita o mostrata.



A nessuno dunque sia lecito infrangere questa Nostra dichiarazione, proclamazione e definizione, o ad essa opporsi e contravvenire. Se alcuno invece ardisse di tentarlo, sappia che incorrerà nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso S. Pietro, nell'anno del massimo giubileo 1950, 1° novembre, festa di tutti i santi, nell'anno dodicesimo del Nostro pontificato.

Noi PIO, vescovo della chiesa cattolica, così definendo abbiamo sottoscritto

(1) PIUS PP. XII, Const. apost. Munificentissimus Deus qua fidei dogma definitur Deiparam Virginem Mariam corpore et anima fuisse ad caelestem gloriam assumptam, 1 novembris 1950: AAS 42(1950), pp. 753-771.

La glorificazione di Maria nella sua corporea assunzione è verità radicata profondamente nel senso religioso dei cristiani, come dimostrano lungo il corso dei secoli innumerevoli forme di specifica devozione, ma soprattutto il linguaggio della liturgia dell'Oriente e dell'Occidente. I santi padri e i dottori della chiesa, facendosi eco della liturgia, nelle feste dell'Assunta parlano chiaramente della risurrezione e glorificazione del corpo della Vergine, come di verità conosciuta e accettata da tutti i fedeli. I teologi, trattando di questo argomento, dimostrano l'armonia tra la fede e la ragione teologica e la convenienza di questo privilegio, servendosi di fatti, parole, figure, analogie contenuti nella sacra Scrittura. Accertata così la fede della chiesa universale, il papa ritiene giunto il momento di ratificarla con la sua suprema autorità.

(2) Petitiones de Assumptione corporea B. Virginis Mariae in Caelum definienda ad S. Sedem delatae, 2 voll., Typis Polyglottis Vaticanis, 1942.

(3) Bulla Ineffabilis Deus: Acta Pii IX, pars I, vol. 1, p. 615; EE 2/app.

(4) Cf. CONC. VAT. I, Const. dogm. Dei Filius de fide catholica, c. 4: COD 808-809.

(5) CONC. VAT. I, Const. dogm. Pastor aeternus de Ecclesia Christi, c. 4: COD 816.

(6) CONC. VAT. I, Const. dogm. Dei Filius de fide catholica, c. 3: COD 807.

(7) Litt. enc. Mediator Dei: AAS 39(1947), p. 541; EE 6/475.

(8) Sacramentarium Gregorianum.

(9) Menaei totius anni.

(10) Liber Pontificalis.

(11) Ibidem.

(12) Responsa Nicolai Papae I ad consulta Bulgarorum, 13 nov. 866.

(13) S. IOANNES DAMASCENUS, Encomium in Dormitionem Dei Genetricis semperque Virginis Mariae, hom. II, 14; cf. etiam ibid., n. 3.

(14) S. GERMANUS CONST., In sanctae Dei Genetricis Dormitionem, sermo I.

(15) Encomium in Dormitionem sanctissimae Dominae nostrae Deiparae semperque Virginis Mariae (S. Modesto Hierosol. attributum), n. 14.

(16) Cf. S. IOANNES DAMASCENUS, Encomium in Dormitionem Dei Genetricis semperque Virginis Mariae, hom. II, 2, 11; Encomium in Dormitionem... (S. Modesto Hierosol. attributum).

(17) AMEDEUS LAUSANNENSIS, De Beatae Virginis obitu, Assumptione in Caelum, exaltatione ad Filii dexteram.

(18) S. ANTONIUS PATAV., Sermones dominicales et in solemnitatibus. In Assumptione S. Mariae Virginis sermo.

(19) S. ALBERTUS MAGNUS, Mariale sive quaestiones super Evang. "Missus est", q. 132.

(20) S. ALBERTUS MAGNUS, Sermones de sanctis, sermo XV: In Annuntiatione B. Mariae; cf. etiam: Mariale, q. 132. ,

(21) Cf. Summa theol., III, q. 27, a. 1 c.; ibid., q. 83, a. 5 ad 8; Expositio salutationis angelicae; In symb. Apostolorum expositio, art. 5; In IV Sent., D. 12, q. 1, art. 3, sol. 3; D. 43, q. 1, art. 3, sol. 1 et 2.

(22) Cf. S. BONAVENTURA, De Nativitate B. Mariae Virginis, sermo 5.

(23) S BONAVENTURA, De Assumptione B. Mariae Virginis, sermo 1.

(24) S. BERNARDINUS SENENSIS, In Assumptione B.M. Virginis, sermo 2.

(25) IDEM, l.c.

(26) S. ROBERTUS BELLARMINUS, Conciones habitae Lovanii, concio 40: De Assumptione B. Mariae Virginis.

(27) Oeuvres de St François de Sales, Sermon autographe pour la fete de l'Assomption.

(28) S. ALFONSO MARIA DE' LIGUORI, Le glorie di Maria, parte II, disc. 1.

(29) S. PETRUS CANISIUS, De Maria Virgine.

(30) SUAREZ F., In tertiam panem D. Thomae, quaest. 27, art. 2, disp. 3, sec. 5, n. 31.

(31) Bulla Ineffabilis Deus: l. c., p. 599; EE 2/app.

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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Il Transito di Maria nella tradizione siro-occidentale

Oggi è il giorno benedetto
in cui la Madre raggiunge il Figlio


di Manuel Nin
Il 15 agosto la tradizione liturgica siro-occidentale celebra, assieme a tutte le altre liturgie cristiane, la festa del Transito della Madre di Dio. Mentre quella bizantina usa per la festa odierna quasi esclusivamente il termine "dormizione", in ambito siro-occidentale ci si serve ripetutamente nei testi liturgici di diversi termini che possono essere tradotti come "transito", "esodo" (ambedue anche sinonimi di morte), "traslazione", "sepoltura", e anche "salita", "migrazione" al cielo.

I libri liturgici prevedono un periodo di digiuno di quattordici giorni che precede questa festa della Madre di Dio, un periodo che la mette in parallelo con la stessa Pasqua del Signore, e la prepara con la preghiera assidua per mezzo di testi che mettono in evidenza la dimensione penitenziale di questo periodo:  "Concedici, Signore Dio, l'aiuto che ci viene da te, affinché col digiuno, la veglia, la preghiera e l'astinenza ci prepariamo alla festa del Transito della tua Madre benedetta dalla terra al cielo".
L'amore e la venerazione per la Madre di Dio sono l'anima della pietà delle Chiese cristiane di Oriente e il cuore che vivifica la comunità cristiana. La tradizione siro-occidentale, fin dall'inizio, ha contemplato la Madre di Dio inscindibilmente inserita nel mistero del Verbo incarnato, e di questo i testi della liturgia sono una bella mistagogia con lo sviluppo di alcuni temi.

In primo luogo, il transito della Vergine è un motivo di gioia per tutta la creazione, per gli angeli e per gli uomini:  "Il transito della Madre pura e santa del nostro Salvatore rallegra gli angeli e gli abitanti della terra; gli apostoli celebrano una sacra liturgia, e le schiere di fuoco con le anime dei giusti si avviano in processione per la sua sepoltura". La liturgia evidenzia anche in modo molto chiaro come colei che oggi muore ed è messa in un sepolcro è veramente la madre del datore di vita che si incarnò nel suo seno:  "Oggi la schiera dei vigilanti ignei e spirituali con tutte le legioni degli angeli onorano il giorno del transito della vergine Maria figlia di Davide, Madre genitrice di Dio".

In secondo luogo, è da rilevare la lunga lista di titoli cristologici che la liturgia siro-occidentale riserva alla Madre di Dio in questa festa, per bocca degli uomini che la lodano dalla terra e degli angeli che la accolgono in cielo. I primi la cantano come "sposa irreprensibile e madre pura ignara di nozze, sorgente di benefici e nave carica delle gioie che dai al mondo dei benefici indescrivibili". A loro volta gli angeli in cielo poi la lodano:  "Sei benvenuta, dimora dello Spirito Santo e camera nuziale del re celeste; vigna fertile che ha dato il grappolo di gioia il cui vino inebria tutta la creazione, tavola di vita che offre il pane benedetto". E uno dei testi del vespro, facendo un'esegesi originale della parabola del lievito (cfr. Matteo, 13, 33), la canta dicendo:  "Tu sei il lievito di vita mescolato alle tre misure del frumento che è il Verbo di Dio".

In terzo luogo, la liturgia riprende dal Protovangelo di Giacomo il tema che è presente anche nelle altre liturgie cristiane, cioè l'arrivo miracoloso degli apostoli anche da paesi lontani per la celebrazione del transito di Maria:  "Giorno benedetto in cui la Madre raggiunge il Figlio, giorno in cui gli apostoli portano il suo corpo, e la terra la congeda nella gioia. Colei che portò nel suo grembo il Signore altissimo muore come gli altri uomini; Pietro, il primo degli apostoli e che ha le chiavi del Regno, porta il suo sarcofago, e Gabriele, il primo degli angeli, canta davanti al suo corpo". La presenza degli apostoli e degli angeli attorno al corpo di Maria ripropone anche la sepoltura e l'ascensione di Cristo stesso:  "Gli apostoli, venuti da paesi lontani e alcuni usciti dalle loro tombe, si radunarono per seppellire il tuo corpo prezioso. Videro i cieli aperti e gli angeli scendere per onorarti". Ed è Giovanni l'Evangelista a prendere oggi nella sepoltura di Maria il posto che Nicodemo ebbe nella sepoltura di Cristo:  "Venne Giovanni per seppellire il corpo puro della tutta benedetta; come Nicodemo seppellì il corpo di suo Figlio, anche ora il puro e luminoso figlio del tuono seppellì il suo corpo. La schiera degli apostoli accompagnò l'anima splendente di colei che è la Madre del Figlio di Dio".

Tutta l'opera della redenzione viene infine riproposta nella preghiera trinitaria che conclude il vespro della festa:  "Gloria al Padre che scelse Maria fra tutti i popoli e magnificò il giorno del suo transito. Adorazione al Figlio, che per la sepoltura di sua Madre radunò profeti, apostoli e patriarchi. Lode allo Spirito Santo per mezzo del quale ella raggiunse il riposo desiderato. Nel suo transito ella si diletta con il suo Figlio".



Un prototipo dell'iconografia mariana del IV secolo

La Signora che prega



di Giovanni Carrù

Lungo la via Nomentana, non lontano dal grande complesso monumentale di Sant'Agnese, si sviluppa il cimitero Maggiore, così definito per distinguerlo dal meno esteso cimitero Minore, non ancora completamente scavato. Secondo il prezioso documento agiografico noto come Martirologio geronimiano, che fa menzione, nel V secolo, dei più importanti martiri dei primi secoli, al Maius erano sepolti i santi Papia, Mauro, Alessandro, Felice e Vittore, ma, secondo fonti più tarde e leggendarie, doveva trovare riposo anche Emerenziana, per la tradizione sorella di latte di sant'Agnese.

Il cimitero Maggiore, in gran parte scavato nel secolo scorso dal padre Umberto Maria Fasola, per molti anni segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, si sviluppa su due piani e ha origini piuttosto antiche, riferibili già al III secolo, come testimoniano alcuni affreschi che riproducono, tra l'altro, una delle più suggestive immagini del Cristo maestro, rappresentato come un ispirato filosofo.

Nel IV secolo il cimitero conosce un grande sviluppo, proponendo un audace scavo di cubicoli complessi, provvisti di cattedre e per i refrigeria, che si svolgevano in onore dei defunti e dei martiri.

La tradizione attribuisce una di queste cattedre alla sede dove Pietro battezzava i primi cristiani, mentre un cubicolo particolarmente complesso è stato identificato come il luogo di sepoltura di sant'Emerenziana. Non lontano da quest'ultimo ambiente fu ritrovato un cubicolo decorato ad affresco e riferibile al pieno IV secolo. In un arcosolio si riconosce, proprio nella lunetta di fondo, una solenne immagine femminile, orante, ritratta a mezzo busto, con un bambino dinanzi e con due grandi cristogrammi ai lati, rappresentati specularmente.

La donna presenta l'acconciatura tipica del IV secolo, un velo leggero, gioielli e una preziosa palla ampia e caratterizzata da grandi bande colorate. Nel sottarco appaiono altre due figure di oranti, suggerendo che nel cubicolo è sepolta un'intera famiglia nobile e abbiente.

Al momento della scoperta la matrona orante fu interpretata come la Vergine con il Bambino, ma l'abbigliamento, l'acconciatura e gli accessori preziosi allontanarono, pian piano, gli iconografi da questa lettura. Eppure, l'atteggiamento della donna, la presenza del bambino e quella dei cristogrammi fanno assurgere il ritratto della defunta a prototipo di uno schema iconografico che avrà grande fortuna nella stagione bizantina.

Maria assumerà, infatti, assai spesso l'atteggiamento della preghiera, ovvero delle braccia levate, per esprimere i concetti intimi e delicati dell'annunciazione e dell'incarnazione, mostrando con questo gesto, insieme discreto e indice di incredula sorpresa, l'abbandono, la fiducia e la sottomissione alla volontà del Padre. In questo senso la Vergine diviene - secondo la terminologia bizantina - Deomène e Theotòkos, ovvero riveste il ruolo di intermediaria, rivolgendo una preghiera universale al Figlio per la salvezza del genere umano e assumendo la parte di anello di congiunzione tra l'umanità e l'Eterno.

L'atteggiamento di orante assunto dalla Vergine nelle icone bizantine richiama, in ultima battuta, la forma della croce, intrecciando, in maniera indissolubile, i misteri dell'incarnazione e della morte del Cristo, tanto che, assai spesso, la Deomène propone, all'altezza del ventre il Bambino, allacciando due momenti epocali della storia del Cristo, di cui Maria è strumento e mediatrice privilegiata, anticipando la tensione tragica, ma sospesa, della Deèsis.

Ebbene, questa trafila iconografica, che si consuma specie in Oriente e nella civiltà bizantina, sembra trovare i suoi antefatti più lontani e limpidi in quella pittura del cimitero Maggiore, quando l'arte cristiana insorge, ma già prepara un percorso della storia e della fede per Maria, tramite insostituibile della incarnazione.








(©L'Osservatore Romano - 15 agosto 2010)
[Modificato da Caterina63 14/08/2010 19:58]
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Sanctum Rosarium in latino..... con la Meditazione del Mistero


                                          Pope Benedict XVI delivers a speech during a mass in the St. Thomas church near his summer residence in Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, before his weekly Angelus prayer on August 15, 2010.

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA, 15.08.2010

Alle ore 8.00 di oggi, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato la Santa Messa nella parrocchia pontificia di "San Tommaso da Villanova" a Castel Gandolfo.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito
:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Eminenza, Eccellenza, Autorità,
Cari fratelli e sorelle
,

oggi la Chiesa celebra una delle più importanti feste dell’anno liturgico dedicate a Maria Santissima: l’Assunzione. Al termine della sua vita terrena, Maria è stata portata in anima e corpo nel Cielo, cioè nella gloria della vita eterna, nella piena e perfetta comunione con Dio.
Quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario da quando il Venerabile Papa Pio XII, il 1° novembre 1950, definì solennemente questo dogma, e vorrei leggere – anche se è un po’ complicato – la forma della dogmatizzazione. Dice il Papa: «in tal modo l’augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l’eternità con uno stesso decreto di predestinazione, Immacolata nella sua Concezione, Vergine illibata nella sua divina maternità, generosa Socia del Divino Redentore, che ha riportato un pieno trionfo sul peccato e sulle sue conseguenze, alla fine, come supremo coronamento dei suoi privilegi, ottenne di essere preservata dalla corruzione del sepolcro e, vinta la morte, come già il suo Figlio, di essere innalzata in anima e corpo alla gloria del Cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli» (
Cost. ap. Munificentissimus Deus, AAS 42 (1950), 768-769).

Questo, quindi, è il nucleo della nostra fede nell’Assunzione: noi crediamo che Maria, come Cristo suo Figlio, ha già vinto la morte e trionfa già nella gloria celeste nella totalità del suo essere, «in anima e corpo».

San Paolo, nella seconda lettura di oggi, ci aiuta a gettare un po’ di luce su questo mistero partendo dal fatto centrale della storia umana e della nostra fede: il fatto, cioè, della risurrezione di Cristo, che è «la primizia di coloro che sono morti». Immersi nel Suo Mistero pasquale, noi siamo resi partecipi della sua vittoria sul peccato e sulla morte. Qui sta il segreto sorprendente e la realtà chiave dell’intera vicenda umana. San Paolo ci dice che tutti siamo «incorporati» in Adamo, il primo e vecchio uomo, tutti abbiamo la stessa eredità umana alla quale appartiene: la sofferenza, la morte, il peccato. Ma a questa realtà che noi tutti possiamo vedere e vivere ogni giorno aggiunge una cosa nuova: noi siamo non solo in questa eredità dell’unico essere umano, incominciato con Adamo, ma siamo «incorporati» anche nel nuovo uomo, in Cristo risorto, e così la vita della Risurrezione è già presente in noi. Quindi, questa prima «incorporazione» biologica è incorporazione nella morte, incorporazione che genera la morte. La seconda, nuova, che ci è donata nel Battesimo, è ««incorporazione» che da la vita. Cito ancora la seconda Lettura di oggi; dice San Paolo: «Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. » (1Cor 15, 21-24).

Ora, ciò che san Paolo afferma di tutti gli uomini, la Chiesa, nel suo Magistero infallibile, lo dice di Maria, in un modo e senso precisi: la Madre di Dio viene inserita a tal punto nel Mistero di Cristo da essere partecipe della Risurrezione del suo Figlio con tutta se stessa già al termine della vita terrena; vive quello che noi attendiamo alla fine dei tempi quando sarà annientato «l’ultimo nemico», la morte (cfr 1Cor 15, 26); vive già quello che proclamiamo nel Credo «Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà».

Allora ci possiamo chiedere: quali sono le radici di questa vittoria sulla morte prodigiosamente anticipata in Maria?

                            Pope Benedict XVI delivers a speech during a mass in the St. Thomas church near his summer residence in Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, before his weekly Angelus prayer on August 15, 2010.

Le radici stanno nella fede della Vergine di Nazareth, come testimonia il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato (Lc 1,39-56): una fede che è obbedienza alla Parola di Dio e abbandono totale all’iniziativa e all’azione divina, secondo quanto le annuncia l’Arcangelo. La fede, dunque, è la grandezza di Maria, come proclama gioiosamente Elisabetta: Maria è «benedetta fra le donne», «benedetto è il frutto del suo grembo» perché è «la madre del Signore», perché crede e vive in maniera unica la «prima» delle beatitudini, la beatitudine della fede. Elisabetta lo confessa nella gioia sua e del bambino che le sussulta in grembo: «E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (v. 45).

Cari amici! Non ci limitiamo ad ammirare Maria nel suo destino di gloria, come una persona molto lontana da noi: no! Siamo chiamati a guardare quanto il Signore, nel suo amore, ha voluto anche per noi, per il nostro destino finale: vivere tramite la fede nella comunione perfetta di amore con Lui e così vivere veramente.

A questo riguardo, vorrei soffermarmi su un aspetto dell’affermazione dogmatica, là dove si parla di assunzione alla gloria celeste.

Noi tutti oggi siamo ben consapevoli che col termine «cielo» non ci riferiamo ad un qualche luogo dell’universo, a una stella o a qualcosa di simile: no. Ci riferiamo a qualcosa di molto più grande e difficile da definire con i nostri limitati concetti umani. Con questo termine «cielo» vogliamo affermare che Dio, il Dio fattosi vicino a noi non ci abbandona neppure nella e oltre la morte, ma ha un posto per noi e ci dona l’eternità; vogliamo affermare che in Dio c’è un posto per noi.

Per comprendere un po’ di più questa realtà guardiamo alla nostra stessa vita: noi tutti sperimentiamo che una persona, quando è morta, continua a sussistere in qualche modo nella memoria e nel cuore di coloro che l’hanno conosciuta ed amata.

Potremmo dire che in essi continua a vivere una parte di questa persona, ma è come un’«ombra» perché anche questa sopravvivenza nel cuore dei propri cari è destinata a finire. Dio invece non passa mai e noi tutti esistiamo in forza del Suo amore. Esistiamo perché egli ci ama, perché egli ci ha pensati e ci ha chiamati alla vita. Esistiamo nei pensieri e nell’amore di Dio. Esistiamo in tutta la nostra realtà, non solo nella nostra «ombra». La nostra serenità, la nostra speranza, la nostra pace si fondano proprio su questo: in Dio, nel Suo pensiero e nel Suo amore, non sopravvive soltanto un’«ombra» di noi stessi, ma in Lui, nel suo amore creatore, noi siamo custoditi e introdotti con tutta la nostra vita, con tutto il nostro essere nell’eternità.

È il suo Amore che vince la morte e ci dona l’eternità, ed è questo amore che chiamiamo «cielo»: Dio è così grande da avere posto anche per noi. E l’uomo Gesù, che è al tempo stesso Dio, è per noi la garanzia che essere-uomo ed essere-Dio possono esistere e vivere eternamente l’uno nell’altro. Questo vuol dire che di ciascuno di noi non continuerà ad esistere solo una parte che ci viene, per così dire, strappata, mentre altre vanno in rovina; vuol dire piuttosto che Dio conosce ed ama tutto l’uomo, ciò che noi siamo. E Dio accoglie nella Sua eternità ciò che ora, nella nostra vita, fatta di sofferenza e amore, di speranza, di gioia e di tristezza, cresce e diviene. Tutto l’uomo, tutta la sua vita viene presa da Dio ed in Lui purificata riceve l’eternità.

Cari Amici! Io penso che questa sia una verità che ci deve riempire di gioia profonda. Il Cristianesimo non annuncia solo una qualche salvezza dell’anima in un impreciso al di là, nel quale tutto ciò che in questo mondo ci è stato prezioso e caro verrebbe cancellato, ma promette la vita eterna, «la vita del mondo che verrà»: niente di ciò che ci è prezioso e caro andrà in rovina, ma troverà pienezza in Dio.

Tutti i capelli del nostro capo sono contati, disse un giorno Gesù (cfr Mt 10,30). Il mondo definitivo sarà il compimento anche di questa terra, come afferma san Paolo: «la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). Allora si comprende come il cristianesimo doni una speranza forte in un futuro luminoso ed apra la strada verso la realizzazione di questo futuro. Noi siamo chiamati, proprio come cristiani, ad edificare questo mondo nuovo, a lavorare affinché diventi un giorno il «mondo di Dio», un mondo che sorpasserà tutto ciò che noi stessi potremmo costruire. In Maria Assunta in cielo, pienamente partecipe della Risurrezione del Figlio, noi contempliamo la realizzazione della creatura umana secondo il «mondo di Dio».

Preghiamo il Signore affinché ci faccia comprendere quanto è preziosa ai Suo occhi tutta la nostra vita; rafforzi la nostra fede nella vita eterna; ci renda uomini della speranza, che operano per costruire un mondo aperto a Dio, uomini pieni di gioia, che sanno scorgere la bellezza del mondo futuro in mezzo agli affanni della vita quotidiana e in tale certezza vivono, credono e sperano.

Amen!

                                           Pope Benedict XVI greets pilgrims gathered in front of St. Thomas church near his summer residence in Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, at the end of his weekly Angelus mass on August 15, 2010.

                                   Pope Benedict XVI greets a child gathered in front of St. Thomas church near his summer residence in Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, after his weekly Angelus mass on August 15, 2010.



A mezzogiorno il Papa ha presieduto la preghiera dell’Angelus nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Ecco le sue parole:

Cari fratelli e sorelle,
oggi, nella solennità dell’Assunzione al Cielo della Madre di Dio, celebriamo il passaggio dalla condizione terrena alla beatitudine celeste di Colei che ha generato nella carne e accolto nella fede il Signore della Vita. La venerazione verso la Vergine Maria accompagna fin dagli inizi il cammino della Chiesa e già a partire dal IV secolo appaiono feste mariane: in alcune viene esaltato il ruolo della Vergine nella storia della salvezza, in altre vengono celebrati i momenti principali della sua esistenza terrena.

Il significato dell’odierna festa è contenuto nelle parole conclusive della definizione dogmatica, promulgata dal Venerabile Pio XII il 1° novembre 1950 e di cui quest’anno ricorre il 60° anniversario: «L'Immacolata sempre Vergine Maria, Madre di Dio, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo» (Cost. ap. Munificentissimus Deus, AAS 42 [1950], 770).

Artisti d’ogni epoca hanno dipinto e scolpito la santità della Madre del Signore adornando chiese e santuari. Poeti, scrittori e musicisti hanno tributato onore alla Vergine con inni e canti liturgici. Da Oriente a Occidente la Tuttasanta è invocata Madre celeste, che sostiene il Figlio di Dio fra le braccia e sotto la cui protezione trova rifugio tutta l’umanità, con l’antichissima preghiera: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta”.

E nel Vangelo dell’odierna solennità, san Luca descrive il compiersi della salvezza attraverso la Vergine Maria. Ella, nel cui grembo si è fatto piccolo l’Onnipotente, dopo l’annuncio dell’Angelo, senza alcun indugio, si reca in fretta dalla parente Elisabetta per portarle il Salvatore del mondo. E, infatti, «appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo … [e] fu colmata di Spirito Santo» (Lc 1,41); riconobbe la Madre di Dio in «colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore ha detto» (Lc 1,45). Le due donne, che attendevano il compimento delle promesse divine, pregustano, ora, la gioia della venuta del Regno di Dio, la gioia della salvezza.

Cari fratelli e sorelle, affidiamoci a Colei che - come afferma il Servo di Dio Paolo VI - «assunta in cielo, non ha deposto la sua missione di intercessione e di salvezza» (Es. ap. Marialis Cultus, 18, AAS 66 [1974], 130). A Lei, guida degli Apostoli, sostegno dei Martiri, luce dei Santi, rivolgiamo la nostra preghiera, supplicandola di accompagnarci in questa vita terrena, di aiutarci a guardare il Cielo e di accoglierci un giorno accanto al Suo Figlio Gesù.

                                  Pope Benedict XVI waves to pilgrims gathered in the courtyard of his summer residence of Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, during his weekly general audience on August 11, 2010.


                           Pope Benedict XVI blesses pilgrims gathered in the courtyard of his summer residence in Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, during his weekly general audience on August 15, 2010.



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Celebrata dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I dopo 88 anni di chiusura

Prima messa al monastero
della Madonna di Sümela


Trabzon, 17. "Preghiamo perché la Madonna di Sümela diventi garante della pacifica coesistenza dei due popoli, cristiani e musulmani i quali oggi si incontrano su questo luogo sacro. Un luogo meta di pellegrinaggio di cristiani e turchi. E questo nostro pellegrinaggio diventi un ponte tra i due popoli.

Oggi davvero si può dire che il Mar Nero è ridiventato Mar Buono". Lo ha sottolineato il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, durante la celebrazione della prima messa, dopo 88 anni di chiusura, nell'antico monastero della Madonna di Sümela, a 50 chilometri dalla città di Trabzon (l'antica Trebisonda, sul Mar Nero).

Il Patriarca è stato coadiuvato durante la messa ecumenica - vi hanno preso parte circa 15.000 persone - dal metropolita Tychon, in rappresentanza di Cirillo, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia. La celebrazione è avvenuta nel giorno della Dormizione della Madonna (la festa orientale dell'Assunzione) e in pieno Ramadan, aprendo spazi di dialogo anche con l'islam. Nella sua omelia Bartolomeo I ha detto che "oggi fanno festa i credenti in Dio.

Chi crede in Cristo, chi adora la Madonna come la Theotokos, oggi è in festa. Perché benché oggi si festeggi la Dormizione della Madonna, essa non ha mai abbandonato il mondo, ma come Signora di questo mondo, intercede presso il nostro Signore a favore di tutto il mondo". "Carissimi - ha continuato - oggi è un grande momento per la chiesa di Costantinopoli (Chiesa madre di quel mondo a cui ha fatto conoscere la fede cristiana). Grazie anche alla gentile concessione del governo turco, a cui siamo grati, dopo 88 anni di letargo è possibile celebrare tutti insieme, accorsi dalla Russia, Ucraina, Georgia, Romania, Bulgaria, Grecia e dal resto del mondo, la Dormizione della nostra Signora".

Anzitutto, grazie a vari riferimenti storici, Bartolomeo I ha evidenziato il rispetto della figura della Madonna, che nutrono i musulmani, a significare che la religione non è e non deve essere terreno di scontro tra i popoli.



(©L'Osservatore Romano - 17-18 agosto 2010)

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Pio XII - I frutti della definizione del dogma dell'Assunzione

Discorso di Pio XII "Commossi per la proclamazione", ai Cardinali, Vescovi e fedeli, riuniti in Piazza San Pietro - 1 novembre 1950, con Preghiera a Maria SS. Assunta, dello stesso Pontefice....

Pio XII proclama il dogma dell’Assunzione al cielo in anima e corpo di Maria santissima, il 1° novembre 1950

Venerabili Fratelli e diletti figli e figlie, accorsi alla Nostra presenza, e voi tutti che Ci ascoltate in questa Roma santa e in ogni regione del mondo cattolico!

Commossi per la proclamazione, come dogma dì fede, dell'assunzione della Beatissima Vergine in anima e in corpo al cielo; esultanti per il gaudio che inonda il cuore di tutti i credenti, appagati nei fervidi loro desideri; proviamo irresistibile il bisogno di elevare insieme con voi un inno di ringraziamento all'amabile provvidenza di Dio, che ha voluto riservare a voi la letizia di questo giorno e a Noi il conforto di cingere la fronte della Madre di Gesù e Madre nostra, Maria, col fulgido diadema, che ne corona le singolari prerogative.

Per imperscrutabile disegno divino, sugli uomini della presente generazione, così travagliata e dolorante, smarrita e delusa, ma anche salutarmente inquieta nella ricerca di un gran bene perduto, si apre un lembo luminoso di cielo, sfavillante di candore, di speranza, di vita beata, ove siede Regina e Madre, accanto al Sole della giustizia, Maria.

Un giorno memorabile

Da lungo tempo invocato, questo giorno è finalmente Nostro; è finalmente vostro. Voce di secoli — anzi, diremmo, voce della eternità — è la Nostra, che, con l'assistenza dello Spirito Santo, ha solennemente definito l'insigne privilegio della Madre celeste. E grido di secoli è il vostro, che oggi prorompe nella vastità di questo venerando luogo, già sacro alle glorie cristiane, approdo spirituale di tutte le genti, ed ora fatto altare e tempio per la vostra traboccante pietà.

Come scosse dai palpiti dei vostri cuori e dalla commozione delle vostre labbra, vibrano le pietre stesse di questa Patriarcale Basilica, e insieme con esse pare che esultino con arcani fremiti gl'innumerevoli e vetusti templi, innalzati per ogni dove in onore del l'Assunta, monumenti di un'unica fede e piedistalli terrestri del trono celeste di gloria della Regina dell'universo.

In questo giorno di letizia, da questo squarcio di cielo, insieme con l'onda dell'angelica esultanza, che si accorda con quella di tutta la Chiesa militante, non può non discendere sulle anime un torrente di grazie e d'insegnamenti, suscitatori fecondi di rinnovata santità.

Perciò a così eccelsa creatura Noi eleviamo fidenti gli occhi da questa terra, in questo nostro tempo, tra questa nostra generazione, e a tutti gridiamo: in alto i cuori!

Gli insegnamenti di questa giornata

Alle tante anime inquiete ed angosciate, triste retaggio di una età sconvolta e turbolenta, anime oppresse ma non rassegnate, che non credono più alla bontà della vita e solo ne accettano, quasi costrette, l'istante, l'umile ed ignorata fanciulla di Nazareth, ora gloriosa nei cieli, aprirà visioni più alte, e le conforterà a contemplare a quale destino e a quali opere fu sublimata Colei, che, eletta da Dio ad essere Madre del Verbo incarnato, accolse docile la parola del Signore.

E voi, più particolarmente vicini al Nostro cuore, ansia tormentosa dei Nostri giorni e delle Nostre notti, sollecitudine angosciosa d'ogni Nostra ora, voi, poveri, malati, profughi, prigionieri, perseguitati, braccia senza lavoro e membra senza tetto, sofferenti di ogni genere e di ogni paese; voi a cui il soggiorno terreno sembra dar solo lacrime e privazioni, per quanti sforzi si facciano e si debbano fare, affine di venirvi in aiuto, - innalzate lo sguardo verso Colei, che prima di voi percorse le vie della povertà, del disprezzo, dell'esilio, del dolore, la cui anima stessa fu trafitta da una spada ai piedi della Croce, ed ora fissa non titubante l'occhio nell'eterno lume.

A questo mondo senza pace, martoriato dalle reciproche diffidenze, dalle divisioni, dai contrasti, dagli odi, perché in esso è affievolita la fede e quasi spento il senso dell'amore e della fraternità in Cristo, mentre supplichiamo con tutto l'ardore che l'Assunta segni il ritorno del calore d'affetto e di vita nei cuori umani, non Ci stanchiamo di rammentare che nulla mai deve prevalere sul fatto e sulla consapevolezza di essere tutti figli di una medesima Madre, Maria, che vive nei cieli, vincolo di unione per il Corpo mistico di Cristo, quale novella Eva, e nuova madre dei viventi, che tutti gli uomini vuol condurre alla verità e alla grazia del suo Figlio divino.

Ed ora prostrati devotamente preghiamo!


Preghiera a Maria SS. Assunta

O Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre degli uomini,

1. — Noi crediamo con tutto il fervore della nostra fede nella vostra assunzione trionfale in anima e in corpo al cielo, ove siete acclamata Regina da tutti i cori degli Angeli e da tutte le schiere dei Santi; e noi ad essi ci uniamo per lodare e benedire il Signore, che vi ha esaltata sopra tutte le altre pure creature, e per offrirvi l'anelito della nostra devozione e del nostro amore.

2. — Noi sappiamo che il vostro sguardo, che maternamente accarezzava l'umanità umile e sofferente di Gesù in terra, si sazia in cielo alla vista della umanità gloriosa della Sapienza increata, e che la letizia dell'anima vostra nel contemplare faccia a faccia l'adorabile Trinità fa sussultare il vostro cuore di beatificante tenerezza; e noi, poveri peccatori, noi a cui il corpo appesantisce il volo dell'anima, vi supplichiamo di purificare i nostri sensi, affinché apprendiamo, fin da quaggiù, a gustare Iddio, Iddio solo, nell'incanto delle creature.

3. — Noi confidiamo che le vostre pupille misericordiose si abbassino sulle nostre miserie e sulle nostre angosce, sulle nostre lotte e sulle nostre debolezze; che le vostre labbra sorridano alle nostre gioie e alle nostre vittorie; che voi sentiate la voce di Gesù dirvi di ognuno di noi, come già del suo discepolo amato: Ecco il tuo figlio;

e noi, che vi invochiamo nostra Madre, noi vi prendiamo, come Giovanni, per guida, forza e consolazione della nostra vita mortale (Gv 19, 26. 27).

4. — Noi abbiamo la vivificante certezza che i vostri occhi, i quali hanno pianto sulla terra irrigata dal sangue di Gesù, si volgono ancora verso questo mondo in preda alle guerre, alle persecuzioni, alla oppressione dei giusti e dei deboli; e noi, fra le tenebre di questa valle di lacrime, attendiamo dal vostro celeste lume e dalla vostra dolce pietà sollievo alle pene dei nostri cuori, alle prove della Chiesa e della nostra patria.

5. — Noi crediamo infine che nella gloria, ove voi regnate, vestita di sole e coronata di stelle (Ap 12, 1), voi siete, dopo Gesù, la gioia e la letizia di tutti gli Angeli e di tutti i Santi; e noi, da questa terra, ove passiamo pellegrini, confortati dalla fede nella futura risurrezione, guardiamo verso di voi, nostra vita, nostra dolcezza, nostra speranza; attraeteci con la soavità della vostra voce, per mostrarci un giorno, dopo il nostro esilio, Gesù, frutto benedetto del vostro seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.

 

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"Assumpta est María in coelum: gaudet exércitus Angelórum". La liturgia per l'Assunta nel corso dei secoli.

Oggi si celebra la solennità dell'Assunzione in cielo di Maria.
Andando alla S. Messa per la solennità dell'Assunta, il cattolico non solo assolve al precetto della santificazione delle feste non solo rende atto di venerazione alla Madonna, nostra Avvocata presso la Santissima Trinità, ma ripete un antichissimo gesto devozionale che ha radici antichissime.
Qui di seguito ripercorriamo pur rapidamente la "storia" delle celebrazioni liturgiche in onore di Maria Santissima dormiente e, poi, Assunta in cielo.



Roberto



Nei Vangeli "canonici", Maria compare per l'ultima volta negli scritti del Nuovo Testamento nel primo capitolo degli Atti: “Ella è in mezzo agli apostoli, in orazione nel cenacolo, in attesa della discesa dello Spirito Santo.” Poi non si sa più nulla.
La Tradizione, invece, racconta il compiersi della vita terrena di Maria, Madre di Gesù il Nazzareno, utilizzando l'antichissimo e tradizionale termine "koìmesis" (che in greco significa "sonno", "adagiarsi a letto", "coricarsi per dormire".).
Assistita dagli Apostoli, in Gerusalemme, infatti, Maria si “addormentò”, sfinita per il troppo amore di Dio, pronta per spirare. Commossi, gli Apostoli, volendo vegliare al suo capezzale, e la adagiarono in un letto, in una casa nel Getsemani. Ma il Figlio volle esonerare sua madre dalla legge universale della Morte. Tre giorni dopo, infatti, San Tommaso, andò per vegliare la Madonna, ma non la trovò più, e un soace profumo si sprigionava nel posto.
Da subito quindi gli Apostoli e i primi Cristiani hanno saputo che il prezioso corpo di Maria, preservato dalla corruzione della morte, fosse stato onorato in cielo, in un sprigionarsi di soave profumo (così come racconta S. Giovanni Damasceno, Oratio 2 de Dormitione Deiparae, Lezione del II Notturno del 18 agosto).
Iniziò così a celebrarsi il sonno della Madonna (il "Koìmesis", nella Chiesa d'Oriente -foto-, e la "dormitio" nella Chieas d'Occidente), sublimato poi nell'Assunzione (della Chiesa Cattolica).
Questa celebrazione, come visto, è antissima e per prima si trova nel calendario gerosolimitano nel 464.
Si consolidò nel VI sec. nella basilica della Valle del Getsemani, in cui, come detto, la tradizione, vuole che la Madonna si fosse addormetata (lì si trova il sepolcro de quo dicunt sanctam Mariam ad coelos fuisse sublatam. (come testimonia un pellegrino, Antonino di Piacenza).

Nella liturgia bizantina viene ripetutamente collegata l'assunzione corporea di Maria non solo con la sua dignità di Madre di Dio, ma anche con altri suoi privilegi, specialmente con la sua maternità verginale, prestabilita da un disegno singolare della Provvidenza divina: «A te Dio, re dell'universo, concesse cose che sono al disopra della natura; poiché come nel parto ti conservò vergine, così nel sepolcro conservò incorrotto il tuo corpo, e con la divina traslazione lo conglorificò». [...] (Lo stretto legame tra l'Immacolata Concezione e l'Assunzione di Maria sarà ripreso, e confermato anche da Pio XII nella bolla di defizione del dogma).
Nel VII sec. la celebrazione della "Sonno della della Madonna " (koìmesis") venne decretata per l'Oriente con un decreto dell'imperatore bizantino Maurizio, e fissata al 15 Agosto.
Nello stesso secolo la festa viene introdotta anche a Roma (col termine di Dormizione) da un papa orientale, s. Sergio I, (687-701), che, prescrivendo la letania (o processione stazionale) per le quattro feste mariane, enumera insieme la Natività, l'Annunciazione, la Purificazione e la Dormizione di Maria.
Ma trascorse un altro secolo prima che, nel VIII sec., il termine "dormizione" cedesse il posto a quello più esplicito e sublimato di "Assunzione” (nel Sacramentario Gelasiano diventa infatti la festa “in Assumptione Sanctae Mariae”).
Nell’IX secolo, inoltre, dati il grande splendore e il favore popolare cui la celebrazione assurse, Papa
s. Leone IV (847-855) volle decorare di maggiore solennità la festa, che già si celebrava sotto il titolo dell'Assunzione della beata Genitrice di Dio, prescrivendone la vigilia e l'ottava.
Così la festa dell'Assunzione dal posto onorevole che ebbe fin dall'inizio tra le altre celebrazioni mariane, fu portata in seguito fra le più solenni di tutto il ciclo liturgico.
Inoltre il fatto che già anticamente questa festa fosse preceduta dall'obbligo del digiuno rende chiaro da ciò che attesta il Nostro predecessore s. Niccolò I (858-867) ove parla dei principali digiuni «che la santa chiesa romana ricevette dall'antichità ed osserva tuttora».
Sempre Papa Nicolò I, nell’863, la elevava in Solennità, equiparata alle 3 Maggiori feste del Signore (Natale, Pasqua e Pentecoste).
Pio V, con la riforma del Messale, le diede dignità di “Doppio, di I classe, con Ottava Comune”.
Pio XII con la proclamazione del dogma diede una nuova messa propria alla festa e in parte un nuovo Ufficio. (qui)
Il relativo decreto S.R.C. 31 ottobre 1950, oltre a dare testi propri alla festa, ha aggiunto alle litanie Lauretane il titolo di “Regina in caelum assumpta dopo l’invocazione Regina sine labe originali concepta.

Fonte: Pio XII, Bolla Munificentissimus Dei, 1950;
R. LESAGE, Dizionario pratico di Liturgia Romana, ed. Studium, Roma 1956.



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Affido a Maria Santissima i Miei Cari che di recente hanno raggiunto la vita Eterna .....

Vi chiedo Preghiere e Suffragi per tutti i Defunti



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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15/08/2011 18:27
 
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Pope Benedict XVI waves to pilgrims prior to a mass in honour of Assumption Day, a celebration of the Virgin Mary, at his summer residence of Castel Gandolfo, on the outskirts of Rome, on August 15, 2011.


Il Papa: le cose di Dio meritano fretta, anzi le uniche cose del mondo che meritano fretta sono proprio quelle di Dio, che hanno la vera urgenza per la nostra vita. Allora Maria entra in questa casa di Zaccaria e di Elisabetta, ma non entra sola. Vi entra portando in grembo il figlio, che è Dio stesso fatto uomo

SOLENNITA' DELL'ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA: LO SPECIALE DEL BLOG

Vedi anche:

Osservatore Romano: l'Assunta ci dice che siamo fatti per il Cielo (Izzo)

Si compie in Maria l'attesa umana della risurrezione della carne. La splendida eccezione (Inos Biffi)

A Santa Maria Maggiore l'apice della devozione romana. Una nebulosa punteggiata di venerazione (Giovanni Carrù)

L'appello della tomba vuota. Nei capolavori pittorici conservati nella cattedrale di Verona l'Assunta e le storie della Vergine (Marco Agostini)

L'omelia di Giacomo di Sarug per la Dormizione di Maria. Spalancatevi porte entra la Madre del Re (Nin)

Maria Assunta anticipa la nostra destinazione. La speranza affidabile (Salvatore M. Perrella)

Domani il Papa celebra la Messa per la festa dell'Assunta. 61 anni fa Pio XII proclamava il dogma (Izzo)

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA, 15.08.2011

Alle ore 8.00 di oggi, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato la Santa Messa nella parrocchia pontificia "San Tommaso da Villanova" in Castel Gandolfo.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

ci ritroviamo riuniti, ancora una volta, a celebrare una delle più antiche e amate feste dedicate a Maria Santissima: la festa della sua assunzione alla gloria del Cielo in anima e corpo, cioè in tutto il suo essere umano, nell’integrità della sua persona. Ci è data così la grazia di rinnovare il nostro amore a Maria, di ammirarla e di lodarla per le "grandi cose" che l’Onnipotente ha fatto per Lei e che ha operato in Lei.

Nel contemplare la Vergine Maria ci è data un’altra grazia: quella di poter vedere in profondità anche la nostra vita. Sì, perché anche la nostra esistenza quotidiana, con i suoi problemi e le sue speranze, riceve luce dalla Madre di Dio, dal suo percorso spirituale, dal suo destino di gloria: un cammino e una meta che possono e devono diventare, in qualche modo, il nostro stesso cammino e la nostra stessa meta. Ci lasciamo guidare dai brani della Sacra Scrittura che la liturgia oggi ci propone. Vorrei soffermarmi, in particolare, su un’immagine che troviamo nella prima lettura, tratta dall’Apocalisse, e alla quale fa eco il vangelo di Luca: cioè, quella dell’arca.

Nella prima lettura, abbiamo ascoltato: "Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza" (Ap 11,19). Qual è il significato dell’arca? Che cosa appare? Per l’Antico Testamento, essa è il simbolo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Ma ormai il simbolo ha ceduto il posto alla realtà. Così il Nuovo Testamento ci dice che la vera arca dell’alleanza è una persona viva e concreta: è la Vergine Maria. Dio non abita in un mobile, Dio abita in una persona, in un cuore: Maria, Colei che ha portato nel suo grembo il Figlio eterno di Dio fatto uomo, Gesù nostro Signore e Salvatore.

Nell’arca – come sappiamo – erano conservate le due tavole della legge di Mosè, che manifestavano la volontà di Dio di mantenere l’alleanza con il suo popolo, indicandone le condizioni per essere fedeli al patto di Dio, per conformarsi alla volontà di Dio e così anche alla nostra verità profonda. Maria è l’arca dell’alleanza, perché ha accolto in sé Gesù; ha accolto in sé la Parola vivente, tutto il contenuto della volontà di Dio, della verità di Dio; ha accolto in sé Colui che è la nuova ed eterna alleanza, culminata con l’offerta del suo corpo e del suo sangue: corpo e sangue ricevuti da Maria. A ragione, dunque, la pietà cristiana, nelle litanie in onore della Madonna, si rivolge a Lei invocandola come Foederis Arca, ossia "arca dell’alleanza", arca della presenza di Dio, arca dell’alleanza d’amore che Dio ha voluto stringere in modo definitivo con tutta l’umanità in Cristo.

Il brano dell’Apocalisse vuole indicare un altro aspetto importante della realtà di Maria. Ella, arca vivente dell’alleanza, ha un destino di gloria straordinaria, perché è così strettamente unita al Figlio che ha accolto nella fede e generato nella carne, da condividerne pienamente la gloria del cielo.

E’ quanto ci suggeriscono le parole ascoltate: "Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta… Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni…" (12,1-2; 5). La grandezza di Maria, Madre di Dio, piena di grazia, pienamente docile all’azione dello Spirito Santo, vive già nel Cielo di Dio con tutta se stessa, anima e corpo. San Giovanni Damasceno riferendosi a questo mistero in una famosa Omelia afferma: "Oggi la santa e unica Vergine è condotta al tempio celeste … Oggi l’arca sacra e animata del Dio Vivente, [l’arca] che ha portato in grembo il proprio Artefice, si riposa nel tempio del Signore, non costruito da mano d’uomo" (Omelia II sulla Dormizione, 2, PG 96, 723) e continua: "Bisognava che colei che aveva ospitato nel suo grembo il Logos divino, si trasferisse nei tabernacoli del Figlio suo … Bisognava che la Sposa che il Padre si era scelta, abitasse nella stanza nuziale del Cielo" (ibid., 14, PG 96, 742). Oggi la Chiesa canta l’amore immenso di Dio per questa sua creatura: l’ha scelta come vera "arca dell’alleanza", come Colei che continua a generare e a donare Cristo Salvatore all’umanità, come Colei che in cielo condivide la pienezza della gloria e gode della felicità stessa di Dio e, nello stesso tempo, invita anche noi a divenire, nel nostro modo modesto, "arca" nella quale è presente la Parola di Dio, che è trasformata e vivificata dalla sua presenza, luogo della presenza di Dio, affinché gli uomini possano incontrare nell’altro uomo la vicinanza di Dio e così vivere in comunione con Dio e conoscere la realtà del Cielo.

Il vangelo di Luca appena ascoltato (cfr Lc 1,39-56), ci mostra quest’arca vivente, che è Maria, in movimento: lasciata la sua casa di Nazaret, Maria si mette in viaggio verso la montagna per raggiungere in fretta una città di Giuda e recarsi nella casa di Zaccaria e di Elisabetta.

Mi sembra importante sottolineare l’espressione "in fretta": le cose di Dio meritano fretta, anzi le uniche cose del mondo che meritano fretta sono proprio quelle di Dio, che hanno la vera urgenza per la nostra vita. Allora Maria entra in questa casa di Zaccaria e di Elisabetta, ma non entra sola. Vi entra portando in grembo il figlio, che è Dio stesso fatto uomo.

Certamente c’era attesa di lei e del suo aiuto in quella casa, ma l’evangelista ci guida a comprendere che questa attesa rimanda ad un’altra, più profonda. Zaccaria, Elisabetta e il piccolo Giovanni Battista sono, infatti, il simbolo di tutti i giusti di Israele, il cui cuore, ricco di speranza, attende la venuta del Messia salvatore. Ed è lo Spirito Santo ad aprire gli occhi di Elisabetta e a farle riconoscere in Maria la vera arca dell’alleanza, la Madre di Dio, che viene a visitarla. E così l’anziana parente l’accoglie dicendole "a gran voce": "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?" (Lc 1,42-43). Ed è lo stesso Spirito Santo che davanti a Colei che porta il Dio fattosi uomo, apre il cuore di Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta. Elisabetta, esclama: "Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo" (v. 44).

Qui l’evangelista Luca usa il termine "skirtan", cioè "saltellare", lo stesso termine che troviamo in una delle antiche traduzioni greche dell’Antico Testamento per descrivere la danza del Re Davide davanti all’arca santa che è tornata finalmente in patria (2Sam 6,16). Giovanni Battista nel grembo della madre danza davanti all’arca dell’Alleanza, come Davide; e riconosce così: Maria è la nuova arca dell’alleanza, davanti alla quale il cuore esulta di gioia, la Madre di Dio presente nel mondo, che non tiene per sé questa divina presenza, ma la offre condividendo la grazia di Dio. E così – come dice la preghiera – Maria realmente è "causa nostrae laetitiae", l’"arca" nella quale realmente il Salvatore è presente tra di noi.

Cari fratelli! Stiamo parlando di Maria, ma, in un certo senso, stiamo parlando anche di noi, di ciascuno di noi: anche noi siamo destinatari di quell’amore immenso che Dio ha riservato - certo, in una maniera assolutamente unica e irripetibile - a Maria.

In questa Solennità dell’Assunzione guardiamo a Maria: Ella ci apre alla speranza, ad un futuro pieno di gioia e ci insegna la via per raggiungerlo: accogliere nella fede, il suo Figlio; non perdere mai l’amicizia con Lui, ma lasciarci illuminare e guidare dalla sua parola; seguirlo ogni giorno, anche nei momenti in cui sentiamo che le nostre croci si fanno pesanti. Maria, l’arca dell’alleanza che sta nel santuario del Cielo, ci indica con luminosa chiarezza che siamo in cammino verso la nostra vera Casa, la comunione di gioia e di pace con Dio. Amen!

15.8. 2011 - Libreria Editrice Vaticana


Nella parrocchia pontificia "San Tommaso da Villanova" sono stati inaugurati questa mattina anche i restauri che hanno riguardato la facciata della chiesa - restituita al colore originario voluto dal Bernini - e il ripristino dell’antico campanile in ferro. I lavori di restauro sono stati realizzati dall’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, rappresentata oggi dal Presidente S.E. Mons. Domenico Calcagno, accompagnato dall’Ing. Carlo Poggi e dall’Arch. Rosario Giuffré.
Al termine della celebrazione, prima di lasciare l’edificio sacro, il Santo Padre Benedetto XVI ha compiuto una breve sosta davanti alla lapide che ricorda i lavori di restauro e subito dopo, all’esterno della chiesa, ha ammirato la nuova porta laterale.
Infine, prima di rientrare nel Palazzo Apostolico, il Papa si è soffermato davanti alla lapide posta sul Palazzo Comunale di Castel Gandolfo che reca le parole da lui pronunciate il 7 luglio scorso arrivando a Castel Gandolfo: "Qui trovo tutto: la montagna, il lago e vedo anche il mare… e gente buona".


Pope Benedict XVI blesses pilgrims during his Angelus prayer ahead of a mass to mark the Assumption Day, honoring the Virgin Mary in the church of his summer residence in Castel Gandolfo, in the outskirts of Rome, on August 15, 2011.



LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 15.08.2011

Alle ore 12 di oggi, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per recitare l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

Nel cuore del mese di agosto i Cristiani d’Oriente e d’Occidente celebrano congiuntamente la Festa dell’Assunzione di Maria Santissima al Cielo. Nella Chiesa Cattolica, il dogma dell’Assunzione – come è noto – fu proclamato durante l’Anno Santo del 1950 dal mio venerato predecessore il Servo di Dio Papa Pio XII. Tale memoria, però, affonda le sue radici nella fede dei primi secoli della Chiesa.

In Oriente, viene chiamata ancora oggi "Dormizione della Vergine".

In un antico mosaico della Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, che si ispira proprio all’icona orientale della "Dormitio", sono raffigurati gli Apostoli che, avvertiti dagli Angeli della fine terrena della Madre di Gesù, sono raccolti attorno al letto della Vergine. Al centro c’è Gesù che tiene fra le braccia una bambina: è Maria, divenuta "piccola" per il Regno, e condotta dal Signore al Cielo.

Nella pagina del Vangelo di San Luca della liturgia odierna, abbiamo letto che Maria "in quei giorni si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda" (Lc 1,39). In quei giorni Maria si affrettava dalla Galilea verso una cittadina vicino a Gerusalemme, per andare a trovare la parente Elisabetta. Oggi la contempliamo salire verso la montagna di Dio ed entrare nella Gerusalemme celeste, "vestita di sole, con la luna sotto i piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle" (Ap 12,1).

La pagina biblica dell’Apocalisse, che leggiamo nella liturgia di questa Solennità, parla di una lotta tra la donna e il drago, tra il bene e il male. San Giovanni sembra riproporci le primissime pagine del libro della Genesi, che narrano la vicenda tenebrosa e drammatica del peccato di Adamo ed Eva. I nostri progenitori furono sconfitti dal maligno; nella pienezza dei tempi, Gesù, nuovo Adamo, e Maria, nuova Eva, vincono definitivamente il nemico, e questa è la gioia di questo giorno! Con la vittoria di Gesù sul male, anche la morte interiore e fisica sono sconfitte. Maria è stata la prima a prendere in braccio il Figlio di Dio, Gesù, divenuto bambino, ora è la prima ad essere accanto a Lui nella Gloria del Cielo.

E’ un mistero grande quello che oggi celebriamo, è soprattutto un mistero di speranza e di gioia per tutti noi: in Maria vediamo la meta verso cui camminano tutti coloro che sanno legare la propria vita a quella di Gesù, che lo sanno seguire come ha fatto Maria. Questa festa parla allora del nostro futuro, ci dice che anche noi saremo accanto a Gesù nella gioia di Dio e ci invita ad avere coraggio, a credere che la potenza della Risurrezione di Cristo può operare anche in noi e renderci uomini e donne che ogni giorno cercano di vivere da risorti, portando nell’oscurità del male che c’è nel mondo, la luce del bene.

DOPO L’ANGELUS

En ce jour de la fête de l’Assomption de la Vierge Marie, je salue avec joie les pèlerins de langue française. «Aujourd’hui la Vierge Marie, la Mère de Dieu, est élevée dans la gloire du ciel ». Elle nous ouvre ainsi le chemin de l’espérance. En contemplant son visage, n’hésitons pas à redire notre « oui » inconditionnel au Seigneur. À sa suite, dans les jours heureux comme dans les jours difficiles, prions le Magnificat. Que la Vierge Marie veille sur l’Église et sur toutes les familles.

I offer a warm welcome to the English-speaking visitors gathered for this Angelus prayer on the Solemnity of the Assumption of Our Lady. May the example and prayers of Mary, Queen of Heaven, inspire and sustain us on our pilgrimage of faith, that we too may attain the glory of the Resurrection and the fulfilment of our hope in her Son’s promises. Upon you and your families I invoke the Lord’s richest blessings!

Gern heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher beim Angelusgebet hier in Castel Gandolfo willkommen. Am heutigen Festtag gedenkt die Kirche der Aufnahme Mariens in den Himmel. Wir verehren Maria nicht als eine Persönlichkeit einer vergangenen Zeit, sondern als die Lebendige, die in der Gegenwart Gottes steht und uns nahe ist. An ihr wird der ewige Plan des Schöpfers sichtbar, den Menschen ganz – mit Seele und Leib – zu erlösen und zu erneuern. Auch wir hoffen, Gott einst in unvergänglicher Freude von Angesicht zu Angesicht sehen zu können. Maria, die Mutter des Herrn, sei uns Unterpfand dieser wunderbaren Zuversicht, in der wir leben.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana. La solemnidad de la gloriosa asunción de la Virgen María, que hoy recordamos, nos abre a la esperanza de la plenitud de la vida del Cielo, a la que Ella ya ha llegado y en la que nos aguarda. Que por la amorosa intercesión de la Madre de Dios desciendan abundantes gracias y bendiciones sobre la Iglesia y el mundo.

Queridos peregrinos de língua portuguesa: sede bem-vindos! A Imaculada Virgem Maria ao ser elevada à gloria do Céu torna-se aurora e imagem da Igreja celeste e sinal de consolação e esperança para a Igreja peregrina na terra. Que pela Sua maternal intercessão desçam sobre vós e sobre vossas famílias as bênçãos de Deus.

Serdecznie pozdrawiam Polaków. Wniebowziętej Matce Boga i ludzi zawierzam cały Kościół w Polsce. Niech Maryja wyprasza wszystkim wierzącym i ludziom dobrej woli obfitość darów i łask. Niech otacza opieką tych, którzy się do Niej uciekają. Przez Jej ręce niech Bóg wam błogosławi!

[Saluto cordialmente i polacchi. A Maria assunta in cielo, Madre di Dio e degli uomini, affido tutta la Chiesa in Polonia. Maria ottenga per tutti i credenti e gli uomini di buona volontà un’abbondanza di doni e di grazie. Avvolga della sua protezione quanti a lei ricorrono. Per suo mezzo Dio vi benedica!]

Saluto, infine, i pellegrini italiani. In particolare saluto i giovani della Diocesi di Piazza Armerina e quelli della parrocchia Cristo Re Universale, in Bitonto. A tutti auguro una buona festa dell’Assunta! Grazie. Buona Festa!


Pope Benedict XVI blesses the faithful as he leads the Angelus prayer during the Assumption Festival at his summer residence in Castel Gandolfo, outside Rome, August 15, 2011.


Affido a Maria Santissima i Miei Cari che di recente hanno raggiunto la vita Eterna .....

Vi chiedo Preghiere e Suffragi per tutti i Defunti





[Modificato da Caterina63 15/08/2011 19:45]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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29/07/2012 11:27
 
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La donna dell’Apocalisse e l’anticristo


Riproponiamo, per la sua sorprendente attualità, un articolo di Ignace de la Potterie che pubblicammo nel numero 10, 1995, di 30Giorni


di Ignace de la Potterie

 

La bestia che sale dal mare, una delle scene dell’Apocalisse affrescata da Giusto de’ Menabuoi nell’abside del Battistero di Padova

La bestia che sale dal mare, una delle scene dell’Apocalisse affrescata da Giusto de’ Menabuoi nell’abside del Battistero di Padova

 

Due spunti ci offrono l’occasione per continuare la riflessione sull’Apocalisse iniziata nel numero scorso1: il diciannovesimo centenario della composizione dell’ultimo libro della Bibbia, celebrato nell’isola greca di Patmos su iniziativa del patriarcato ecumenico di Costantinopoli; ma soprattutto il fatto che l’Apocalisse sia stata al centro dell’interesse di due grandi esegeti oggi messi da parte dall’establishment accademico e che 30Giorni ha giustamente riproposto ai suoi lettori negli ultimi numeri: Erik Peterson (1890-1960)2 e Heinrich Schlier (1900-1978)3.
Per i due teologi tedeschi, entrambi convertiti dal protestantesimo, le visioni narrate nell’Apocalisse raffigurano la battaglia terribile e insieme reale in corso nella storia tra il Redentore e il suo nemico escatologico. I due esegeti considerano l’anticristo come un attore dell’Apocalisse, rappresentato nei simboli del drago e delle due bestie. Peterson, nel suo studio del 1938 sull’Apocalisse, parlando della bestia che viene dalla terra la identifica con «il falso profeta che si può anche chiamare il teologo dell’anticristo». Schlier più di vent’anni dopo scrive tutto un articolo sull’anticristo concentrandosi unicamente sul capitolo 13 dell’Apocalisse, nel quale egli scopre tutta la simbologia del culto imperiale. L’anticristo nella sua lettura si identifica con l’Impero romano e, più in generale, con le potenze mondane che perseguitano la Chiesa.


A una lettura esclusivamente politica dei segni dell’Apocalisse sono ricorsi in molti nel corso dei secoli, dentro e fuori la Chiesa. Tutti i persecutori e tutti i protagonisti tragici e negativi della storia, fino a Hitler e Stalin, sono stati identificati di volta in volta come personificazioni dell’anticristo. Lutero ha attribuito le caratteristiche dell’anticristo addirittura al papa di Roma.
Una tale inflazione di anticristi rischia di generare equivoci. Per questo sembra opportuno riscoprire cosa è veramente l’anticristo per Giovanni, il discepolo che ne ha parlato.
Innanzitutto c’è da notare che, anche se molti commenti mettono in relazione anticristo e Apocalisse, l’espressione “anticristo” non compare mai esplicitamente nel libro scritto da Giovanni a Patmos. Ci sono, è vero, le figure terribili delle due bestie e del drago. Ma anche qui, se da una parte la bestia che viene dal mare si identifica con Roma e i regni mondani, l’altra bestia, quella che viene dalla terra, rappresenta il potere religioso incarnato dalla casta sacerdotale giudaica (la prostituta), come ha messo bene in rilievo Eugenio Corsini nel suo volume Apocalisse prima e dopo (Sei, Torino 1980). La bestia religiosa è pericolosa in quanto strumento del maligno così come lo sono i grandi poteri mondani.

Se poi vogliamo sapere cosa sia per Giovanni l’anticristo, più che all’Apocalisse dobbiamo guardare alle sue prime due lettere. È qui che il termine anti-cristo, coniato da Giovanni, compare per la prima volta; esso significa: “Colui che è contro Cristo” ossia «colui che nega che Gesù è il Cristo» (1Gv 2, 22). Il brano fondamentale sta un po’ prima: «Figlioli, è l’ultima ora, e avete udito che un anticristo deve venire, ma ora molti anticristi sono apparsi; da ciò riconosciamo che è l’ultima ora. Di mezzo a noi sono usciti, ma non erano di noi; se fossero stati di noi, sarebbero rimasti con noi; ma doveva essere reso manifesto che loro, tutti quanti, non sono di noi» (1Gv 2, 18-19). Ecco, dunque, la prima caratteristica dell’avvento dell’anticristo: si tratta di un evento ecclesiale, prima che politico. L’anticristo come figura misteriosa, ancora non precisata, la cui venuta viene descritta anche da Paolo (2Ts 2, 7-8) come uno dei segni degli ultimi tempi, assume nelle lettere di Giovanni dei connotati storici precisi. Coincide con il manifestarsi della prima dolorosa frattura nel seno della comunità cristiana. Gli anticristi sono i primi eretici, come gli gnostici, coloro cioè che hanno rotto l’unità della comunità attorno a Cristo. Il loro è il delitto più grave, quello che Giovanni chiama «peccato d’iniquità»: essere contro Gesù Cristo. Non riconoscere Gesù venuto nella carne, e quindi, come spiega anche la seconda lettera, voler andare oltre: «Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non possiede Dio» (2Gv 9).

Nella prima lettera, la figura dell’anticristo viene menzionata insieme agli altri due antagonisti dei cristiani: il maligno («Ve lo scrivo, giovani: avete vinto il maligno», 1Gv 2, 13) e il mondo («Non amate il mondo, né ciò che è nel mondo», 1Gv 2, 15). Tra questi tre soggetti c’è un legame stretto: le singole persone, definite anticristi, che rinnegando Gesù Cristo hanno provocato la divisione della comunità, rappresentano un potere collettivo, il mondo, che si è chiuso all’amore del Padre ma che è ispirato dal potere del maligno. In questo senso l’anticristo, in quanto ispirato dal maligno, cioè satana, svela la sua dimensione essenziale, escatologica, che ci riconduce all’Apocalisse. L’evento ecclesiale dello scisma per eresia viene svelato nella sua drammaticità di evento escatologico: dietro il delitto degli anticristi c’è l’azione del maligno nella sua lotta contro il regno messianico. Un’opposizione destinata alla sconfitta, perché il maligno sa che il Signore ha già vinto. Ma proprio l’approssimarsi del rivelarsi definitivo della vittoria rende il diavolo più rabbioso nella persecuzione dei discepoli di Gesù lungo la storia: «Esultate dunque, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo» (Ap 12, 12).

La donna vestita di sole e il drago che tenta di divorarne il bambino, una delle scene dell’Apocalisse affrescata da Giusto de’ Menabuoi nell’abside del Battistero di Padova [© Archivi Alinari, Firenze]

La donna vestita di sole e il drago che tenta di divorarne il bambino, una delle scene dell’Apocalisse affrescata da Giusto de’ Menabuoi nell’abside del Battistero di Padova [© Archivi Alinari, Firenze]

Tutta la seconda parte dell’Apocalisse (capitoli 12-22) è consacrata al destino di persecuzione della Chiesa nel corso del tempo fino alla vittoria finale nella nuova Gerusalemme che scende dal cielo. All’inizio di questa sezione la Chiesa perseguitata è descritta nel simbolo della lotta tra la donna e il drago. Proprio per la figura della donna, oltre alla interpretazione che già nei commenti dei Padri vedeva in essa un’immagine della Chiesa, è stata proposta a partire dal Medioevo una chiave di lettura mariana, che ha influenzato largamente la tradizione iconografica e liturgica. In effetti i primi cristiani e in particolare la comunità giovannea, considerato il rapporto filiale di Giovanni con Maria iniziato sul Calvario, non potevano non riferire l’immagine della donna dell’Apocalisse alla donna concreta di cui parla il Vangelo, la madre di Gesù che egli stesso chiama «donna» prima alle nozze di Cana (Gv 2, 4) e poi quando ella è sotto la croce, insieme a Giovanni («Donna, ecco tuo figlio [...]. Ecco tua madre», Gv 19, 26-27). Si possono fare varie considerazioni che confermano la legittimità della duplice lettura. La donna è vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi. Grida per le doglie del parto e il figlio maschio che partorisce viene insidiato come lei dal drago. Tutti simboli e immagini attribuibili sia a Maria che alla Chiesa.

Ad esempio il parto doloroso, che non può essere un riferimento alla natività di Gesù da Maria (lì il parto fu verginale e senza dolore: l’enciclica di Pio XII Mediator Dei, riassumendo tutta la Tradizione, lo ha definito «felice parto»), simboleggia invece l’evento pasquale, con la nascita della Chiesa. Evento che accade proprio ai piedi della croce: Maria e Giovanni ai piedi del Redentore crocifisso sono la Chiesa nascente. Ed è lì che la madre di Gesù diventa madre di tutti i discepoli. Quei discepoli su cui, come dice ancora l’Apocalisse, si riverserà la collera del drago: «Allora, per placare la sua collera contro la donna, il drago se ne andò a guerreggiare con il resto dei suoi figli, cioè quelli che obbediscono agli ordini di Dio e custodiscono la testimonianza di Gesù» (Ap 12, 17).

Se è dunque lecita la lettura mariana della donna dell’Apocalisse, ci interessa qui cogliere proprio il senso della lotta tra la donna Maria e il drago. Ossia la contrapposizione tra Maria e quel simbolo del male escatologico che, come abbiamo visto, per Giovanni emerge storicamente nella fuoriuscita dalla Chiesa dei primi eretici. C’è una bellissima antifona, che s’incontrava nelle feste mariane del passato e che la riforma liturgica ha eliminato sia dal breviario che dal messale: «Gaude, Maria Virgo, cunctas haereses tu sola interemisti in universo mundo» (Rallegrati, Vergine Maria, tu sola hai distrutto tutte le eresie nel mondo intero). Non è che Maria abbia fatto nella sua vita qualcosa contro le eresie. Ma certo il riconoscimento di Maria nei dogmi mariani è sintomo e baluardo della saldezza della fede. Anche il cardinale Ratzinger, nel suo libro-intervista con Vittorio Messori4, sottolinea che «Maria trionfa su tutte le eresie»: se si accorda a Maria il posto che le conviene nella Tradizione e nel dogma, ci si trova già veramente al centro della cristologia della Chiesa.

I primi dogmi, riguardanti la verginità perpetua e la maternità divina, ma anche gli ultimi (immacolata concezione e assunzione corporale nella gloria celeste), sono la base sicura per la fede cristiana nell’incarnazione del Figlio di Dio. Ma anche la fede nel Dio vivente, che può intervenire nel mondo e nella materia, così come la fede circa le realtà ultime (risurrezione nella carne, e quindi trasfigurazione dello stesso mondo materiale) è confessata implicitamente nel riconoscimento dei dogmi mariani. Anche per questo si spera che verrà realizzato il progetto di reintrodurre, magari nella festa dell’Assunzione corporea di Maria al cielo, il 15 agosto, la bella antifona accantonata dalla riforma liturgica.

 


Note
1 Cfr. I. de la Potterie, L’Apocalisse è già accaduta, in 30Giorni, n. 9, settembre 1995, pp. 62-63.

2 Cfr. L. Cappelletti, Teologo senza patria, in 30Giorni, n. 7/8, luglio/agosto 1995, pp. 62-65; Come agnelli tra i lupi, a cura di L. Cappelletti, ibid., pp. 65-67; I. de la Potterie, L’Israele di Dio, in 30Giorni, n. 11, novembre 1995, pp. 64-67; L’elezione rimane sempre una grazia, a cura di G. Valente, ibid., pp. 68-72.
3 Cfr. L. Cappelletti, Apocalisse, una storia attuale, in 30Giorni, n. 6, giugno 1995, pp. 64-66; Christus vincit, a cura di L. Cappelletti, ibid., pp. 67-70.
4 V. Messori – J. Ratzinger, Rapporto sulla fede, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo 1985.
 

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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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LA MADRE DI DIO – LA TUTTASANTA

La dormizione della Theotokos


Approfondimenti mariologici su vita, morte e risurrezione


di sua santità Bartolomeo I

Ricorrendo i sessant’anni dalla proclamazione del dogma dell’Assunzione della Beata Vergine Maria alla gloria del Paradiso in anima e corpo (1° novembre 1950), abbiamo chiesto a Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, un commento.
Lo scritto inviatoci è occasione di gratitudine per la fede che insieme professiamo e di domanda al Signore che doni la piena comunione


Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, durante la liturgia della festa della Dormizione della Santa Madre di Dio, nel monastero di Sumela, nella provincia turca di Trabzon, il 15 agosto 2010 <BR>[© Reuters/Contrasto]

Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, durante la liturgia della festa della Dormizione della Santa Madre di Dio, nel monastero di Sumela, nella provincia turca di Trabzon, il 15 agosto 2010
[© Reuters/Contrasto]

La Chiesa ortodossa venera intensamente la Madre di Dio – ovvero Theotokos (la Madre di Dio), ovvero Panaghia (la Tuttasanta), come noi preferiamo riferirci a lei – esaltandola non come una pia eccezione ma proprio come un esempio concreto del modo cristiano di affidarsi e rispondere alla vocazione a essere discepoli di Cristo. Maria è straordinaria solo nella sua virtù ordinariamente umana, che noi siamo chiamati a rispettare e imitare come devoti cristiani. La sua morte è commemorata il 15 di agosto, una delle dodici Grandi feste del calendario ortodosso.

E nel comprendere la “sacra alleanza” o mistero di Maria, che «nessuno può avvicinare con mani non esperte», la teologia ortodossa guarda alla Scrittura ma soprattutto alla Tradizione, in particolare alla liturgia e all’iconografia. A questo riguardo, i cristiani ortodossi collegano Maria prima di tutto al suo ruolo nella divina incarnazione come Madre del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, mentre allo stesso tempo la connettono a una lunga serie di esseri umani – e non divini – che implica la continuità della storia sacra conducendo fino alla nascita del Figlio di Dio, Gesù di Nazareth, duemila anni fa. Isolare Maria da questa stirpe preparatoria o “economica” la separa dalla nostra realtà e la mette al margine rispetto alla nostra salvezza.

Anche Maria ha bisogno della salvezza – come tutti gli esseri umani; anche se ella è stata considerata “senza peccati personali”, nondimeno ella resta soggetta alla servitù del peccato originale. Anche se ella è «più onorabile dei Cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei Serafini», ciò che vale per noi vale anche per Maria. Benché sia stata «benedetta tra tutte le donne», ella incarna l’unica cosa necessaria tra tutti gli esseri umani, ossia la dedizione alla Parola di Dio e l’affidarsi alla Sua volontà.


Così, mentre i cristiani ortodossi stanno in chiesa e guardano in alto verso il Pantokrator («colui che contiene tutto»), ossia Cristo, che sovrasta le loro teste durante il culto, essi si trovano direttamente di fronte la Platytera («colei che è più spaziosa di tutto»), ossia la Madre di Dio, che sta immediatamente davanti a loro, proprio nella vasta abside che unisce l’altare con il cielo. Dal momento che, nel dare la nascita a Dio Verbo e «concependo l’inconcepibile» nel suo grembo, ella fu capace di contenere l’incontenibile e di rendere descrivibile colui che non può essere circoscritto.

Noi impariamo dalla Scrittura che quando Nostro Signore era appeso alla croce, vide sua madre e il suo discepolo Giovanni e si volse alla Vergine Maria dicendo: «Donna, ecco tuo figlio», e a Giovanni dicendo: «Ecco tua madre!» (Gv 19, 25-27). Da quel momento, l’apostolo ed evangelista dell’Amore si prese cura della Theotokos nella sua propria casa. In aggiunta al riferimento negli Atti degli apostoli (At 2, 14), che conferma che la Vergine Maria era con gli apostoli del Signore nella festa della Pentecoste, la Tradizione della Chiesa tiene fermo che la Theotokos rimase nella casa di Giovanni a Gerusalemme, dove ella continuò il suo ministero in parole e opere.

La tradizione iconografica e liturgica della Chiesa professa anche che al momento della sua morte, i discepoli si trovavano sparsi nel mondo ad annunciare il Vangelo, ma ritornarono a Gerusalemme per rendere omaggio alla Theotokos. A eccezione di Tommaso, tutti gli altri – compreso l’apostolo Paolo – si ritrovarono al suo capezzale. Al momento della sua morte, Gesù Cristo discese per portare la sua anima in cielo. Dopo la sua morte, il corpo della Theotokos fu portato in processione per essere deposto in una tomba vicino al Giardino del Getsemani; quando l’apostolo Tommaso arrivò tre giorni dopo e volle vedere il suo corpo, la tomba era vuota. L’assunzione corporea della Theotokos fu confermata dal messaggio dell’angelo e dall’apparizione di lei agli apostoli, tutte cose che riflettono gli avvenimenti relativi alla morte, sepoltura e risurrezione di Cristo.

<I>Dormizione della Vergine</I>, mosaico della chiesa di Cristo Salvatore in Chora, 1320 circa, Museo di Kariye Camii, Istanbul, Turchia

Dormizione della Vergine, mosaico della chiesa di Cristo Salvatore in Chora, 1320 circa, Museo di Kariye Camii, Istanbul, Turchia

L’icona e la liturgia della festa della morte e sepoltura di Maria tratteggiano chiaramente un servizio funebre, sottolineando allo stesso tempo gli insegnamenti fondamentali riguardo alla risurrezione del corpo di Maria. A questo riguardo, la morte di Maria funge come una festa che afferma la nostra fede e speranza nella vita eterna. Ancora: i cristiani ortodossi si riferiscono a questo evento festivo come alla “Dormizione” (Koimisis, o “l’addormentarsi”) della Theotokos, piuttosto che alla sua “Assunzione” (o “traslazione” fisica) in cielo.

Perché sottolineare che Maria è umana, che morì e fu sepolta come gli altri esseri umani, ci dà l’assicurazione che – anche se «né tomba né morte potrebbero contenere la
Theotokos, nostra incrollabile speranza e sempre vigilante protezione» (dal kontakion del giorno) – Maria è in realtà molto più vicina a noi di quanto pensiamo; non ci ha abbandonato. Come rimarca l’apolytikion per la Festa: «Nella nascita, tu hai preservato la tua verginità; nella morte, tu non hai abbandonato il mondo, o Theotokos. Come madre della vita, tu sei partita verso la sorgente della vita, liberando le nostre anime dalla morte per mezzo delle tue intercessioni».


Per i cristiani ortodossi, Maria non è solo colei che fu “prescelta”. Ella simboleggia soprattutto la scelta che ciascuno di noi è chiamato a compiere in risposta alla divina iniziativa per l’incarnazione (ossia per la nascita di Cristo nei nostri cuori) e per la trasformazione (ossia per la conversione dei nostri cuori dal male al bene). Come san Simeone il nuovo teologo disse nel decimo secolo, noi siamo tutti invitati a diventare Christotokoi (generatori di Cristo) e Theotokoi (generatori di Dio).
Attraverso la sua intercessione, possiamo noi tutti diventare come Maria la Theotokos.




(Si ringrazia padre John Chryssavgis per la collaborazione)


[SM=g1740733]
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Il Pancarpium Marianum

1607: regnano felicemente sui Paesi Bassi Spagnoli Alberto d’Austria e Isabella Clara Eugenia di Spagna. Strana coppia in effetti. Lui prima di sposarsi era Cardinale, Primate di Spagna, senza essere stato ordinato peraltro; lei ha passato gli ultimi vent’anni, vedova, da monaca clarissa, come Governatore dei Paesi Bassi in favore del re di Spagna. Appartenevano a grandi famiglie nobiliari con straordinari retaggi culturali : Alberto era figlio dell’imperatore Massimiliano II e di Maria d’Asburgo; Isabella era figlia di Filippo II di Spagna e di Elisabetta di Valois. Carlo V era il nonno paterno di lei e materno di lui. Nonna di Isabella era Caterina de’ Medici.

Coppia felice dicono. Certamente interessata e aperta ai grandi temi della fede, alle istanze della cultura e dell’arte. Bruxelles divenne importante snodo della cultura e della diplomazia europea.

La loro vicenda si intreccia con quella di un rinomato predicatore e scrittore: padre Giovanni David, gesuita. Questi nel 1607 pubblica un’opera in due parti dedicata alla coppia reale: Paradisum sponsi et sponsae [...] e, come seconda parte dedicata in particolare a Isabella, il Pancarpium Marianum septemplici titulorum serie distinctum [...]. 

Pancarpium_marianum copia.jpg

La finalità dell’opera viene esplicitata con chiarezza nel sottotitolo: affinché corriamo dietro il profumo della Beata Vergine e perché Cristo sia formato in noi. Imitando Maria, identificandosi con il suo percorso, ciascuno si trova a sperimentare la verità del detto evangelico che recita: “Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (Mc 3,35). Chi crede rivive l’esperienza di Paolo: “Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi!” (Gal 4,19). 

Nell’introduzione padre David cita anche anche la sua fonte patristica: Ambrogio di Milano. Il santo vescovo commentando l’incontro tra il Risorto e la Maddalena afferma: “Allora le disse il Signore: Maria, guardami. Quando non crede è donna, quando comincia a convertirsi è chiamata Maria, cioè riceve il nome di colei che ha partorito Cristo.  E’ infatti un’anima che spiritualmente concepisce Cristo” (De virg.; l. 3). [SM=g1740733]

Ecco qualche riga introduttiva dell’autore: “Dobbiamo ora osservare che a ragione siamo chiamati non solo semplici madri della nostra vita migliore, come è dimostrato da vari passi della Scrittura, ma anche madri di Cristo e per così dire spirituali Marie. Poiché mentre ci rappresentiamo a imitazione di Cristo, secondo il significato etimologico, o ci studiamo di fare altrettanto con gli altri, noi stessi concepiamo, partoriamo, educhiamo Cristo. Infatti come nel battesimo ci siamo rivestiti di Cristo e siamo divenuti per adozione figli di Dio e fratelli di Cristo, così noi facciamo la stessa cosa in  modo nuovo con la santità di una vita e di un comportamento davvero cristiano” (citazione dal Preambolo nella traduzione di: Testi mariani del secondo millennio, a cura di Angelo Amato, Stefano De Fiores, Roma 2003, 453).

Non inventa nulla dunque padre Giovanni, inserendosi in una delle molte correnti spirituali che attraversano il cristianesimo. Eppure è tutt’altro che scontato il suo procedere rimandando continuamente a Cristo. A volte la spiritualità mariana ha preso sentieri non così chiari. L’autore invece non molla mai la presa: ogni singolo titolo mariano è sempre riferito a Cristo. Maria è donna che non ferma mai lo sguardo su di sé, rimandando sempre Oltre. 

Per introdurre a questo cammino il gesuita sceglie o inventa 50 titoli mariani, raggruppandoli in sette gruppi che identificano diverse fasi della vita spirituale:

 

schema_Pancarpium_marianum copia.jpg

Ogni titolo mariano è corredato da una stampa, che non ha solo funzione estetica. Tra testo e immagine c’è un nesso strettissimo di continuo rimando reciproco. Notate come le lettere a margine del testo tornino nella stampa:

 

rimandi testo-immagine.jpg

La prima stampa del Pancarpium è del 1607. Fu un grande successo che oltre alla versione originale latina conobbe anche traduzioni in francese, tedesco e polacco. Arrivò presto anche a Brescia dato che nel 1618 la volta della chiesa era già affrescata con immagini tratte da quel testo. 

Si tratta di somiglianze quasi imbarazzanti se volessimo portare avanti una presunta originalità del Cossali, cui si devono i disegni preparatori mentre l’esecuzione fu subappaltata a un certo Stefano Viviani.

In realtà il pittore e il suo committente, padre Maurizio Luzzari, scelsero di semplificare le immagini del Pancarpium togliendo tutte le parti simboliche retrostanti la scena principale. 

L’altra rilevante operazione del Cossali e del Luzzari fu la scelta di quali titoli utilizzare, ne erano disponibili cinquanta, e in quale ordine. Su questo cercheremo di riflettere e di ricostruire dato che non abbiamo documenti che raccontino questa fase.

 

P.S.: Nel corso delle prossime puntate riporteremo diverse pagine del Pancarpium ma se proprio non ce la fai ad aspettare (e sai il latino) [SM=g1740733] puoi leggertelo tutto in Google Libri cliccando qui

21:02 Scritto da: fragiampaolo


[SM=g1740717] [SM=g1740750] [SM=g1740752]
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Cosa racconta alla donna di oggi

La Madonna di Raffaello

Armonia, serenità e obbedienza sono ancora considerate doti nella donna moderna? Che sia a casa o al lavoro, la nostra epoca sembra spingere le donne verso l’auto-affermazione e il multi-tasking attivo piuttosto che verso la contemplazione e la quiete. Non deve quindi sorprenderci se oggi le Madonne di Raffaello Sanzio, un tempo desiderate per ogni casa o altare del Rinascimento, hanno perso il favore della gente, arrendendosi ai modelli di femminilità contemporanei.

Al di là delle mode attuali, lo stile coinvolgente di Raffaello costringe ancora chi guarda le sue opere a soffermarsi e a confrontarsi con la sua intuizione che la Madre di Dio può insegnare lezioni preziose a tutte le donne di ogni tempo.

Malgrado la morte prematura a 37 anni nel 1520, Raffaello ha lasciato una ricca eredità di immagini mariane, che spaziano dalle opere meditative domestiche alle grandiose pale d’altare. In esse, la sua attenzione si concentrava invariabilmente sulla bellezza interiore piuttosto che sulle azioni esteriori.

Maria ha dato a Cristo la sua natura umana e lo ha portato nel mondo per l’umanità. Pertanto, le Madonne devozionali più belle di Raffaello sono poste in ambienti paesaggistici ameni: nella sua Bella Giardiniera (oggi al Louvre), Maria è posta, insieme ai bambini Cristo e Giovanni, tra le dolci colline del paesaggio toscano. Le figure, compatte e tuttavia voluminose, dominano lo spazio, ma ai loro piedi si estende una natura morta di foglie e piante. La testa e le spalle della Vergine sono incorniciate dal cielo blu e da delicate nuvole, e la sua pelle risplende della luce celeste. Le colline rispecchiano la curva delle sue spalle, creando una linea perfetta. Il leggero movimento del suo velo e il rigonfiamento della veste servono a sottolineare la struttura della chiesa alla sua destra. Qui, e molte altre volte, Raffaello ha indicato Maria come portale della grazia: Madre sia di Cristo, sia del suo corpo, la Chiesa.

Raffaello non era però legato unicamente alla natura. Era a sua agio anche nel trasportare Maria lontano dalla sfera terrena nel regno dell’apparizione. La sua Madonna Sistina (ora nella Gemäldegalerie di Dresda), costituisce un’incursione in una nuova iconografia. Le tende scostate rivelano la Madonna con Bambino che fluttua a mezz’aria sopra un parapetto. Nubi rigonfie sembrano sostenere i suoi piedi, mentre la luce rivela le sagome di cherubini tra la foschia che l’avvolge. Santa Barbara guarda in giù con indulgenza, verso due putti in posa ai piedi di Maria, mentre Papa san Sisto richiama l’attenzione di Maria sulle nostre suppliche. La Vergine, però, guarda verso chi osserva l’opera, serena e rassicurante, offrendo speranza. La sua tranquilla grazia è frutto dello studio instancabile e della meditazione dell’artista su Maria quale intercessore.

Sebbene Raffaello sia conosciuto in modo particolare per aver dipinto la serena calma della maternità di Maria, si è cimentato anche con i momenti più dolorosi della sua vita. Nella Deposizione, il ventitreenne pittore ha infranto una tradizione separando Madre e Figlio, ponendoli ai lati opposti del dipinto. Tuttavia, anche quando è distante da Gesù, Maria colma lo spazio con la sua empatia. Mentre la testa di Cristo cade all’indietro senza vita, Maria si accascia nel dolore, con la spalla in avanti, il collo inclinato. Essi sono il riflesso l’una dell’altro attraverso la divisione, creando un legame tanto stretto e intimo quanto lo è il contatto fisico.

Con tutte le sue sperimentazioni nell’arte — ispirato dalle relazioni dinamiche tra le figure di Leonardo o dalle torsioni scultoree di Michelangelo — Raffaello non ha mai perso di vista il suo obiettivo particolare di rafforzare l’unione tra la Madre e suo Figlio.

Come le rassicuranti preghiere del Rosario, le Madonne di Raffaello consentono a chi le osserva di meditare sulla gioia, la tristezza o l’esaltazione, partecipando allo stesso tempo alla profonda serenità dell’ancella del Signore. Forse, tra il portare a casa la spesa e l’accompagnare i bambini agli allenamenti di calcio, le donne d’oggi potrebbero ancora trarre beneficio dall’ideale senza tempo proposto da Raffaello.

  Elisabeth Lev
Osservatore Romano 30 giugno 2012



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L’UMILTA’ DI MARIA

(da “LE GLORIE DI MARIA” di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori)




Sant'Agostino dice che per ottenere con più sicurezza e abbondanza il favore dei santi bisogna imitarli, perché vedendo che noi pratichiamo le virtù da loro esercitate, essi sono più portati a pregare per noi. Maria, la regina dei santi e la nostra prima avvocata, dopo aver sottratto un'anima dagli artigli di Lucifero e averla unita a Dio, vuole che quest'anima cerchi d'imitarla, altrimenti non potrà arricchirla delle sue grazie come vorrebbe, vedendola con­traria ai suoi comportamenti.
Perciò la Vergine chiama beati quelli che imitano diligentemente la sua vita: "Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie!" (Prov.8,32).
Chi ama, o è simile o cerca di rendersi simile alla persona amata, secondo il celebre proverbio: "L'amore trova o fa uguali". Perciò San Girolamo ci esorta dicendo che se noi amiamo Maria, dobbiamo cercare d'imitarla, perché questo è il maggiore omaggio che possiamo offrirle.
Riccardo di San Lorenzo afferma che sono e possono chiamarsi veri figli di Maria quelli che cercano di imitare la sua vita. Dunque, conclude San Bernardo, il figlio si sforzi di imitare la Madre, se desidera il suo favore; poiché allora, vedendosi onorata come madre, Maria lo tratterà e favorirà come figlio.

In quanto poi alle virtù di questa Madre, anche se i Vangeli non ne riportano molti dettagli, tuttavia, dato che vi si dice che fu piena di grazia, comprendiamo facilmente che Maria ebbe tutte le virtù e tutte in grado eroico. San Tommaso dice: "Ciascuno degli altri santi ha primeggiato in una virtù particolare: uno fu soprattutto casto, un altro fu soprattutto umile, un altro fu soprattutto misericordioso. Ma la beata Vergine ci è stata data come esempio di tutte le virtù". E Sant'Ambrogio afferma: "Così fu Maria, perché la sua vita fosse di esempio a tutti". Perciò il Santo ci lasciò scritto: "Come in un'immagine rifulga in voi la verginità e la vita di Maria, nella quale risplende ogni forma di virtù. Da lei attingete gli esempi di vita... ciò che dovete correggere, ciò che dovete evitare, ciò a cui dovete aderire".

E poiché, come insegnano i santi padri, l'umiltà è il fondamento di tutte le virtù, vediamo in primo luogo quanto fu grande l'umiltà della Madre di Dio.



L'UMILTA’ DI MARIA

"L'umiltà è fondamento e custode delle virtù", dice San Bernardo, e con ragione. Senza umiltà, infatti, non vi può essere alcun'altra virtù in un'anima. Anche se essa possiede tutte le virtù, tutte verranno meno se viene meno l'umiltà. Al contrario, come San Francesco di Sales scrisse alla beata suor Giovanna di Chantal, Dio ama tanto l'umiltà, che subito accorre dove la vede. Questa bella virtù così necessaria era sconosciuta nel mondo, ma il Figlio stesso di Dio venne ad insegnarla sulla terra con il suo esempio e volle che specialmente in essa noi cercassimo d'imitarlo: "Imparate da me che sono mite e umile di cuore" (Mt.11,29). Come fu la prima e più perfetta discepola di Gesù Cristo in tutte le virtù, così Maria lo fu anche nell'umiltà, per cui meritò di essere esaltata sopra tutte le creature. Fu rivelato a santa Matilde che la prima virtù esercitata dalla Vergine fin dalla fanciullezza fu l'umiltà.

Il primo atto dell'umiltà di cuore è avere un basso concetto di sé. Maria ebbe sempre un così basso concetto di se stessa, come fu ugualmente rivelato a Santa Matilde, che, pur vedendosi arricchita di grazie più degli altri, non si mise mai al di sopra di nessuno.
Spiegando quel passo del Cantico dei Cantici: "Mi hai ferito il cuore, sorella mia sposa... con un solo capello del tuo collo" (Ct.4,9 Vulg.), l'abate Ruperto dice che questo capello del collo della sposa fu appunto l'umile concetto che Maria ebbe di sé, con cui ferì il cuore di Dio; "che cosa c’è infatti più sottile di un capello?". Non già che la santa Vergine si stimasse peccatrice, perché l'umiltà è verità, come dice Santa Teresa, e Maria sapeva di non aver mai offeso Dio. Non che non confessasse di aver ricevuto da Dio maggiori grazie di tutte le altre creature, perché un cuore umile ben riconosce i favori speciali del Signore per umiliarsi ancor più; ma la divina Madre, alla luce più grande che aveva per conoscere l'infinita grandezza e bontà del suo Dio, conosceva meglio la sua piccolezza. Perciò si umiliava più di ogni altro e con la sposa del Cantico dei Cantici diceva: "Non guardate che io sono bruna, perché mi ha abbronzato il sole" (Ct.1,6). San Bernardo commenta: "In confronto al suo splendore, mi trovo nera". Infatti, dice San Bernardino, "la Vergine aveva sempre un rapporto attuale con la divina maestà e con il proprio niente". Come una mendicante, se indossa una ricca veste che le è stata donata, non se ne insuperbisce, ma nel vederla tanto più si umilia davanti al suo donatore perché più si ricorda della sua povertà, così Maria, quanto più si vedeva arricchita, tanto più si umiliava, ricordandosi che tutto era dono di Dio. La Vergine stessa disse alla benedettina Santa Elisabetta: "Sappi che io mi ritenevo la creatura più spregevole e indegna della grazia di Dio". San Bernardino afferma: "Come nessuna creatura, dopo il Figlio di Dio, s'innalzò sulle vette della grazia quanto Maria, così nessuna creatura scese più in basso nell'abisso dell'umiltà".

Inoltre è atto di umiltà nascondere i doni celesti. Maria volle tacere a San Giuseppe la grazia di essere divenuta Madre di Dio, anche se pareva necessario informarlo, per dissipare i sospetti che lo sposo poteva avere sulla sua onestà vedendola incinta, o almeno per liberarlo dal tur­bamento. San Giuseppe infatti, non potendo dubitare della castità di Maria e d'altra parte ignorando il mistero, "decise di rimandarla in segreto" (Mt.1,19); e, se l'angelo non gli avesse rivelato che la sposa aveva concepito per opera dello Spirito Santo, l'avrebbe lasciata.

Inoltre l'umile rifiuta le lodi per sé e le riferisce tutte a Dio. Maria si turbò nel sentirsi lodare dall'angelo Gabriele e quando santa Elisabetta le disse: "Benedetta tu fra le donne... A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?... Beata colei che ha creduto... " (Lc.1), la Vergine, attribuendo tutte quelle lodi a Dio, rispose con l'umile cantico: "L'anima mia magnifica il Signore". Come se dicesse: Elisabetta, tu lodi me, ma io lodo il Signore a cui solo è dovuto l'onore. Tu ammiri che io venga a te; io ammiro la divina bontà: "il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore". Tu mi lodi perché ho creduto; io lodo il mio Dio che ha voluto esaltare il mio niente: "perché ha guardato l'umiltà della sua serva" (Lc.1,46-48). Maria disse a Santa Brigida: "Perché mi umiliavo tanto e ho meritato tanta grazia, se non perché ho saputo e pensavo di non essere e di non avere niente? Perciò non volli la mia lode, ma soltanto quella del donatore e del creatore". Parlando dell'umiltà di Maria, Sant'Agostino esclama: "O beata umiltà, che donò Dio agli uomini, aprì il paradiso e liberò le anime dagli inferi".

È proprio degli umili il servire, e Maria non esitò ad andare a servire Elisabetta per tre mesi. Dice dunque San Bernardo: "Elisabetta si meravigliava che Maria fosse venuta, ma ancor più si stupisca che sia venuta non per essere servita, ma per servire".

Gli umili se ne stanno in disparte e si scelgono il posto peggiore. Perciò Maria, osserva San Bernardo, quella volta che Gesù stava predicando in una casa (Mt.12), desiderava parlargli ma "non volle interrompere il discorso di suo Figlio con la sua autorità di madre e non entrò nella casa in cui egli parlava". Per la stessa ragione, stando nel cenacolo con gli apostoli, Maria volle mettersi all'ultimo posto. Leggiamo in San Luca: "Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù" (At.1,14). Non che San Luca non conoscesse i meriti della divina Madre, per cui avrebbe dovuto nominarla in primo luogo; ma poiché Maria si era messa all'ultimo posto nel cenacolo, dopo gli apostoli e le altre donne, San Luca menziona tutti i presenti secondo l'ordine in cui stavano collocati. È questo il pensiero di un autore. Dice San Bernardo: "Giustamente l'ultima è diventata la prima perché, pur essendo la prima di tutti, si comportava come se fosse l'ultima".

Infine gli umili amano le manifestazioni di disprezzo. Perciò non si legge che Maria fosse presente in Gerusalemme quando nella Domenica delle palme il Figlio fu ricevuto dal popolo con tanti onori. Invece al momento della morte di Gesù la Vergine non si astenne dal comparire in pubblico sul Calvario, affrontando il disonore di esse­re riconosciuta come madre del condannato, che moriva da infame con una morte infame. Maria disse a santa Brigida: "Che cosa c'è di più spregevole di essere considerata incapace, di avere bisogno di tutto e di credersi la più indegna di tutti? Tale, o figlia, fu la mia umiltà, questa la mia gioia e questa la mia volontà, perché non avevo altro pensiero che di piacere unicamente a mio Figlio".

Alla venerabile suor Paola da Foligno fu dato in un'estasi di comprendere quanto fu grande l'umiltà della Santa Vergine. Parlandone al suo confessore, la religiosa, piena di stupore, diceva: "Ah padre, l'umiltà della Madonna! Nel mondo non vi è neppure un minimo grado di umiltà in confronto a quella di Maria". Una volta, il Signore fece vedere a Santa Brigida due dame, una tutta fasto e vanità. "Questa, le disse, è la superbia. L'altra che vedi, con atteggiamento modesto, rispettosa verso tutti, con il pensiero rivolto unicamente a Dio e che si considera come un niente, è l'umiltà e si chiama Maria". Dio volle in tal modo manifestarci che la sua beata Madre era così umile, che era l'umiltà stessa.

È certo che per la nostra natura corrotta dal peccato non c'è forse, dice San Gregorio Nisseno, nessuna virtù più difficile da praticare che l'umiltà. Ma non c'è altra via: non potremo mai essere veri figli di Maria se non siamo umili. Dice San Bernardo: "Se non puoi imitare la verginità dell'umile, imita l'umiltà della Vergine". Ella aborrisce i superbi, chiama a sé soltanto gli umili: "Chi è fanciullo venga a me" (Prov.9,4). Riccardo di San Lorenzo afferma: "Maria ci protegge sotto il mantello dell'umiltà". La Madre di Dio stessa così parlò a Santa Brigida: "Anche tu, figlia mia, vieni e nasconditi sotto il mio mantello; questo mantello è la mia umiltà". Poi disse che la considerazione della sua umiltà è un buon mantello che riscalda. Ma come il mantello non riscalda se non chi lo porta, non solo con il pensiero, ma anche in opera, così, aggiunse, "la mia umiltà non giova, se non ci si sforza di imitarla. Perciò, figlia mia, rivestiti di questa umiltà". Quanto sono care a Maria le anime umili! San Bernardo scrive: "La Vergine riconosce e ama quelli che la amano ed è vicina a coloro che la invocano, specialmente a quelli che vede conformi a sé nella castità e nell'umiltà". Perciò il santo esorta tutti coloro che amano Maria ad essere umili: "Sforzatevi di emulare questa virtù, se amate Maria". Martino d'Alberto della Compagnia di Gesù per amore della Vergine era solito scopare il convento e raccoglierne le immondizie. Una volta, riferisce il padre Nierembergh, gli apparve la divina Madre e ringraziandolo gli disse: "Quanto mi è cara quest'azione fatta per amor mio!".

Dunque, mia Regina, non potrò mai essere tuo vero figlio se non sono umile. Ma non vedi che i miei peccati dopo avermi reso ingrato verso il mio Signore mi hanno fatto diventare anche superbo? Madre mia, poni tu rimedio alla mia situazione: per i meriti della tua umiltà ottienimi di essere umile, divenendo così figlio tuo. Amen.

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

 

vedi: Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
         
DISCORSO I. - Dell'Immacolata Concezione di Maria.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Il Papa: Aprendoci a Dio, non perdiamo niente. Al contrario: la nostra vita diventa ricca e grande. E così, fede e speranza e amore si combinano. Ci sono oggi molte parole su un mondo migliore da aspettarsi: sarebbe la nostra speranza. Se e quando questo mondo migliore viene, non sappiamo, non so. Sicuro è che un mondo che si allontana da Dio non diventa migliore, ma peggiore. Solo la presenza di Dio può garantire anche un mondo buono.

SOLENNITA' DELL'ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA: LO SPECIALE DEL BLOG

SANTA MESSA: VIDEO INTEGRALE


Vedi anche:

Il cammino di Maria. All'omelia e all'Angelus una riflessione su origini, significato e messaggio dell'Assunzione (Sir)

Santa Messa dell'Assunta: video Repubblica

Santa Messa ed Angelus: servizio di Alessandra Buzzetti
Festa dell'Assunzione. Il Papa: la nostra vita non finisce nel nulla, ci aspetta l'amore infinito di Dio

Il Papa celebra la solennità dell' Assunta, una sinfonia di presenza, spazio e speranza (Ambrogetti)

Il Papa: "Dopo la morte non ci aspetta il vuoto" (Repubblica)


Messa del Papa per l’Assunzione: Dio ci aspetta, questa è la nostra grande speranza, un mondo lontano da Dio diventa peggiore (Radio Vaticana)


Meditazione sull’Assunta (Alberto F. Ambrosio)

Il 1° novembre 1950 Pio XII definì il dogma dell'Assunzione (Perrella)

Domani bagno di folla per il Papa dopo le amarezze di Vatileaks (Izzo)

Domani Benedetto XVI celebra la Messa dell'Assunta a Castel Gandolfo (Asca)



SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA , 15.08.2012

Alle ore 8.00 di oggi, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato la Santa Messa nella parrocchia pontificia "San Tommaso da Villanova" in Castel Gandolfo.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE


Cari fratelli e sorelle,


il 1° novembre 1950, il Venerabile Papa Pio XII proclamava come dogma che la Vergine Maria «terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». Questa verità di fede era conosciuta dalla Tradizione, affermata dai Padri della Chiesa, ed era soprattutto un aspetto rilevante del culto reso alla Madre di Cristo. Proprio l’elemento cultuale costituì, per così dire, la forza motrice che determinò la formulazione di questo dogma: il dogma appare un atto di lode e di esaltazione nei confronti della Vergine Santa. Questo emerge anche dal testo stesso della Costituzione apostolica, dove si afferma che il dogma è proclamato «ad onore del Figlio, a glorificazione della Madre ed a gioia di tutta la Chiesa». Venne espresso così nella forma dogmatica ciò che era stato già celebrato nel culto e nella devozione del Popolo di Dio come la più alta e stabile glorificazione di Maria: l’atto di proclamazione dell’Assunta si presentò quasi come una liturgia della fede.

E nel Vangelo che abbiamo ascoltato ora, Maria stessa pronuncia profeticamente alcune parole che orientano in questa prospettiva. Dice: «D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). E’ una profezia per tutta la storia della Chiesa. Questa espressione del Magnificat, riferita da san Luca, indica che la lode alla Vergine Santa, Madre di Dio, intimamente unita a Cristo suo figlio, riguarda la Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi. E l’annotazione di queste parole da parte dell’Evangelista presuppone che la glorificazione di Maria fosse già presente al periodo di san Luca ed egli la ritenesse un dovere e un impegno della comunità cristiana per tutte le generazioni. Le parole di Maria dicono che è un dovere della Chiesa ricordare la grandezza della Madonna per la fede. Questa solennità è un invito quindi a lodare Dio, e a guardare alla grandezza della Madonna, perché chi è Dio lo conosciamo nel volto dei suoi.

Ma perché Maria viene glorificata con l’assunzione al Cielo? San Luca, come abbiamo ascoltato, vede la radice dell’esaltazione e della lode a Maria nell’espressione di Elisabetta: «Beata colei che ha creduto» (Lc 1,45). E il Magnificat, questo canto al Dio vivo e operante nella storia è un inno di fede e di amore, che sgorga dal cuore della Vergine.

Ella ha vissuto con fedeltà esemplare e ha custodito nel più intimo del suo cuore le parole di Dio al suo popolo, le promesse fatte ad Abramo, Isacco e Giacobbe, facendone il contenuto della sua preghiera: la Parola di Dio era nel Magnificat diventata la parola di Maria, lampada del suo cammino, così da renderla disponibile ad accogliere anche nel suo grembo il Verbo di Dio fatto carne.

L’odierna pagina evangelica richiama questa presenza di Dio nella storia e nello stesso svolgersi degli eventi; in particolare vi è un riferimento al Secondo libro di Samuele nel capitolo sesto (6,1-15), in cui Davide trasporta l’Arca Santa dell’Alleanza. Il parallelo che fa l’Evangelista è chiaro: Maria in attesa della nascita del Figlio Gesù è l’Arca Santa che porta in sé la presenza di Dio, una presenza che è fonte di consolazione, di gioia piena. Giovanni, infatti, danza nel grembo di Elisabetta, esattamente come Davide danzava davanti all’Arca. Maria è la «visita» di Dio che crea gioia. Zaccaria, nel suo canto di lode lo dirà esplicitamente: «Benedetto il Signore, Dio di Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo» (Lc 1,68). La casa di Zaccaria ha sperimentato la visita di Dio con la nascita inattesa di Giovanni Battista, ma soprattutto con la presenza di Maria, che porta nel suo grembo il Figlio di Dio.

Ma adesso ci domandiamo: che cosa dona al nostro cammino, alla nostra vita, l’Assunzione di Maria?
La prima risposta è: nell’Assunzione vediamo che in Dio c’è spazio per l’uomo, Dio stesso è la casa dai tanti appartamenti della quale parla Gesù (cfr Gv 14,2); Dio è la casa dell’uomo, in Dio c’è spazio di Dio.
E Maria, unendosi, unita a Dio, non si allontana da noi, non va su una galassia sconosciuta, ma chi va a Dio si avvicina, perché Dio è vicino a tutti noi, e Maria, unita a Dio, partecipa della presenza di Dio, è vicinissima a noi, ad ognuno di noi.

C’è una bella parola di San Gregorio Magno su San Benedetto che possiamo applicare ancora anche a Maria: San Gregorio Magno dice che il cuore di San Benedetto è divenuto così grande che tutto il creato poteva entrare in questo cuore. Questo vale ancora più per Maria: Maria, unita totalmente a Dio, ha un cuore così grande che tutta la creazione può entrare in questo cuore, e gli ex-voto in tutte le parti della terra lo dimostrano. Maria è vicina, può ascoltare, può aiutare, è vicina a tutti noi. In Dio c’è spazio per l’uomo, e Dio è vicino, e Maria, unita a Dio, è vicinissima, ha il cuore largo come il cuore di Dio.

Ma c’è anche l’altro aspetto: non solo in Dio c’è spazio per l’uomo; nell’uomo c’è spazio per Dio. Anche questo vediamo in Maria, l’Arca Santa che porta la presenza di Dio. In noi c’è spazio per Dio e questa presenza di Dio in noi, così importante per illuminare il mondo nella sua tristezza, nei suoi problemi, questa presenza si realizza nella fede: nella fede apriamo le porte del nostro essere così che Dio entri in noi, così che Dio può essere la forza che dà vita e cammino al nostro essere. In noi c’è spazio, apriamoci come Maria si è aperta, dicendo: «Sia realizzata la Tua volontà, io sono serva del Signore».

Aprendoci a Dio, non perdiamo niente. Al contrario: la nostra vita diventa ricca e grande. E così, fede e speranza e amore si combinano. Ci sono oggi molte parole su un mondo migliore da aspettarsi: sarebbe la nostra speranza. Se e quando questo mondo migliore viene, non sappiamo, non so. Sicuro è che un mondo che si allontana da Dio non diventa migliore, ma peggiore. Solo la presenza di Dio può garantire anche un mondo buono.

Ma lasciamo questo. Una cosa, una speranza è sicura: Dio ci aspetta, ci attende, non andiamo nel vuoto, siamo aspettati. Dio ci aspetta e troviamo, andando all’altro mondo, la bontà della Madre, troviamo i nostri, troviamo l’Amore eterno. Dio ci aspetta: questa è la nostra grande gioia e la grande speranza che nasce proprio da questa festa. Maria ci visita, ed è la gioia della nostra vita e la gioia è speranza.
Cosa dire quindi? Cuore grande, presenza di Dio nel mondo, spazio di Dio in noi e spazio di Dio per noi, speranza, essere aspettati: questa è la sinfonia di questa festa, l’indicazione che la meditazione di questa Solennità ci dona. Maria è aurora e splendore della Chiesa trionfante; lei è la consolazione e la speranza per il popolo ancora in cammino, dice il Prefazio di oggi.

Affidiamoci alla sua materna intercessione, affinché ci ottenga dal Signore di rafforzare la nostra fede nella vita eterna; ci aiuti a vivere bene il tempo che Dio ci offre con speranza. Una speranza cristiana, che non è soltanto nostalgia del Cielo, ma vivo e operoso desiderio di Dio qui nel mondo, desiderio di Dio che ci rende pellegrini infaticabili, alimentando in noi il coraggio e la forza della fede, che nello stesso tempo è coraggio e forza dell'amore.

Amen.


ANGELUS

Castel Gandolfo
Mercoledì, 15 agosto 2012

[Video]

 

 

Cari fratelli e sorelle,

Nel cuore del mese di agosto la Chiesa in Oriente e in Occidente celebra la Solennità dell’Assunzione di Maria Santissima al Cielo. Nella Chiesa Cattolica, il dogma dell’Assunzione – come sappiamo – fu proclamato durante l’Anno Santo del 1950 dal Venerabile Pio XII. La celebrazione, però, di questo mistero di Maria affonda le radici nella fede e nel culto dei primi secoli della Chiesa, per quella profonda devozione verso la Madre di Dio che è andata sviluppandosi progressivamente nella Comunità cristiana.

Già dalla fine del IV secolo e l’inizio del V, abbiamo testimonianze di vari autori che affermano come Maria sia nella gloria di Dio con tutta se stessa, anima e corpo, ma è nel VI secolo che a Gerusalemme, la festa della Madre di Dio, la Theotòkos, consolidatasi con il Concilio di Efeso del 431, cambiò volto e divenne la festa della dormizione, del passaggio, del transito, dell’assunzione di Maria, divenne cioè la celebrazione del momento in cui Maria uscì dalla scena di questo mondo glorificata in anima e corpo in Cielo, in Dio.

Per capire l’Assunzione dobbiamo guardare alla Pasqua, il grande Mistero della nostra Salvezza, che segna il passaggio di Gesù alla gloria del Padre attraverso la passione, la morte e la risurrezione. Maria, che ha generato il Figlio di Dio nella carne, è la creatura più inserita in questo mistero, redenta fin dal primo istante della sua vita, e associata in modo del tutto particolare alla passione e alla gloria del suo Figlio. L’Assunzione al Cielo di Maria è pertanto il mistero della Pasqua di Cristo pienamente realizzato in Lei. Ella è intimamente unita al suo Figlio risorto, vincitore del peccato e della morte, pienamente conformata a Lui. Ma l’Assunzione è una realtà che tocca anche noi, perché ci indica in modo luminoso il nostro destino, quello dell’umanità e della storia. In Maria, infatti, contempliamo quella realtà di gloria a cui è chiamato ciascuno di noi e tutta la Chiesa.

Il brano del Vangelo di san Luca che leggiamo nella liturgia di questa Solennità ci fa vedere il cammino che la Vergine di Nazaret ha percorso per essere nella gloria di Dio. E’ il racconto della visita di Maria ad Elisabetta (cfr Lc 1,39-56), in cui la Madonna è proclamata benedetta fra tutte le donne e beata perché ha creduto al compimento delle parole che le sono state dette dal Signore. E nel canto del «Magnificat» che eleva con gioia a Dio traspare la sua fede profonda. Ella si colloca tra i «poveri» e gli «umili», che non fanno affidamento sulle proprie forze, ma che si fidano di Dio, che fanno spazio alla sua azione capace di operare cose grandi proprio nella debolezza. Se l’Assunzione ci apre al futuro luminoso che ci aspetta, ci invita anche con forza ad affidarci di più a Dio, a seguire la sua Parola, a ricercare e compiere la sua volontà ogni giorno: è questa la via che ci rende «beati» nel nostro pellegrinaggio terreno e ci apre le porte del Cielo.

Cari fratelli e sorelle, il Concilio Ecumenico Vaticano II afferma: «Maria assunta in cielo, con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci le grazie della salvezza eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata» (Lumen gentium, 62). Invochiamo la Vergine Santa, sia la stella che guida i nostri passi all’incontro con il suo Figlio nel nostro cammino per giungere alla gloria del Cielo, alla gioia eterna.

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[Modificato da Caterina63 14/08/2013 09:04]
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05/08/2013 14:58
 
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benedetto xvi i preti

ANGELUS

Palazzo Apostolico, Castel Gandolfo
Domenica, 12 agosto 2007

 

Cari fratelli e sorelle,

la liturgia di questa diciannovesima domenica del tempo ordinario ci prepara, in qualche modo, alla solennità dell'Assunzione di Maria al cielo che celebreremo il prossimo 15 agosto. Essa infatti è tutta orientata verso il futuro, verso il cielo, dove la Vergine Santa ci ha preceduti nella gioia del paradiso. In particolare, la pagina evangelica, proseguendo il messaggio di domenica scorsa, invita i cristiani a distaccarsi dai beni materiali in gran parte illusori, e a compiere fedelmente il proprio dovere con una costante tensione verso l'alto. Il credente resta desto e vigilante per essere pronto ad accogliere Gesù quando verrà nella sua gloria. Attraverso esempi tratti dalla vita quotidiana, il Signore esorta i suoi discepoli, cioè noi, a vivere in questa disposizione interiore, come quei servi della parabola che sono in attesa del ritorno del loro padrone. "Beati quei servi - Egli dice - che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli" (Lc 12, 37). Dobbiamo dunque vegliare, pregando e operando il bene.

È vero, sulla terra siamo tutti di passaggio, come opportunamente ci ricorda la seconda lettura dell'odierna liturgia, tratta dalla Lettera agli Ebrei. Essa ci presenta Abramo in abito di pellegrino, come un nomade che vive in una tenda e sosta in una regione straniera. A guidarlo è la fede. "Per fede - scrive l'autore sacro - Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava (Eb 11, 8). La sua vera meta era infatti "la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso" (11, 10). La città a cui si allude non è in questo mondo, ma è la Gerusalemme celeste, il paradiso. Era ben consapevole di ciò la primitiva comunità cristiana che si considerava quaggiù "forestiera" e chiamava i suoi nuclei residenti nelle città "parrocchie", che significa appunto colonie di stranieri [in greco pàroikoi] (cfr 1Pt 2, 11). In questo modo i primi cristiani esprimevano la caratteristica più importante della Chiesa, che è appunto la tensione verso il cielo. L'odierna liturgia della Parola vuole pertanto invitarci a pensare "alla vita del mondo che verrà", come ripetiamo ogni volta che con il Credo facciamo la nostra professione di fede. Un invito a spendere la nostra esistenza in modo saggio e previdente, a considerare attentamente il nostro destino, e cioè quelle realtà che noi chiamiamo ultime: la morte, il giudizio finale, l'eternità, l'inferno e il paradiso. E proprio così noi assumiamo la responsabilità per il mondo e costruiamo un mondo migliore.

La Vergine Maria, che dal cielo veglia su di noi, ci aiuti a non dimenticare che qui, sulla terra, siamo solo di passaggio, e ci insegni a prepararci ad incontrare Gesù che "siede alla destra di Dio Padre Onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti".



[SM=g1740733]


Fraternamente CaterinaLD

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[SM=g1740758]  Prima della Messa a Castel Gandolfo, Papa Francesco, ha incontrato le Clarisse del Monastero di clausura di Albano, ad un mese dalla sua prima visita in questo istituto. L’incontro è durato circa tre quarti d’ora. Sergio Centofanti ha intervistato la Madre abbadessa, Maria Assunta Fuoco, e la Madre vicaria, suor Maria Concetta Sfregola:

D. - Madre Maria Assunta, come è andato l’incontro con il Papa?

R. - Esprimere i sentimenti che abbiamo vissuto in questo breve ma intenso incontro è difficile, però quello che il Santo Padre ci ha lasciato è questo: ci ha esortato a vivere fino in fondo la nostra vocazione, rimanendo fedeli al nostro carisma, quindi in quella semplicità, in quella ricerca di essenzialità, in quella povertà che ci fa sentire tutte sorelle. Quindi, questa ricerca forte di vivere una relazione fondata nell’amore del Signore. È un po’ se vuole quello che esprime la persona del Santo Padre: un’umanità molto ricca, un’umanità che non si ferma all’accessorio, ma va in profondità, creando relazione. Sono parole che lui ci ha detto, il suo stare in mezzo a noi, molto semplice, ma quella semplicità che rivela una profondità molto forte. Quindi è stato un momento che è difficile esprimere veramente! Però è stata una gioia e una forza che richiama ancora di più ad una responsabilità autentica, vera, della nostra risposta al Signore per la Chiesa e per il Santo Padre.

D. - Suor Maria Concetta, cosa l’ha colpita dell’incontro con il Papa?

R. - Lui era tranquillo, disteso come se non avesse alcun pensiero o nulla da fare. Ci ha parlato - in un modo che ci ha colpito tanto - di Maria, in questa Solennità dell’Assunta. La donna consacrata è un po’ come Maria. Ha raccontato una cosa simpatica, bella che ha fatto sorridere tutti, lui compreso: Maria sta all’interno della porta del Paradiso; San Pietro non sempre apre la porta quando arrivano i peccatori e allora Maria soffre un po’, però rimane lì. E la notte, quando si chiudono le porte del Paradiso, quando nessuno vede e nessuno sente, Maria apre la porta del Paradiso e fa entrare tutti. Ecco, abbiamo rivisto in questo, la nostra missione, la nostra vocazione. Questa vocazione alla vita contemplativa, in clausura, oggi non è compresa per niente, ma non importa! Qual è l’essenzialità? Qual è lo scopo di questa vita, di questa vocazione? Credo sia proprio questo.
E oggi il Papa in poche parole ce lo ha ridetto. Nel silenzio, nel buio, nella notte, quando nessuno vede, nessuno sa, nessuno sente, quanta gente passa davanti ai monasteri di vita contemplativa e non sa neanche chi c’è lì dentro e perché stanno lì! Ecco, in questo silenzio, in questa notte, si svolge la nostra missione, cioè poter aprire le porte del Paradiso per far entrare tutta l’umanità, tutti gli uomini, fratelli e sorelle che forse neanche conoscono, neanche sanno e forse non hanno il dono della fede. Come Maria, aprire quella porta; ridare fiducia, speranza. Nessuno sa… ma non ci importa. Però lo sa Dio, lo sa Maria!


SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ
DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza della Libertà, Castel Gandolfo
Giovedì 15 agosto 2013

Video



 

Cari fratelli e sorelle!

Al termine della Costituzione sulla Chiesa, il Concilio Vaticano II ci ha lasciato una meditazione bellissima su Maria Santissima. Ricordo soltanto le espressioni che si riferiscono al mistero che celebriamo oggi: La prima è questa: «L’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste col suo corpo e la sua anima, e dal Signore esaltata come la regina dell’universo» (n. 59). E poi, verso la fine, vi è quest’altra: «La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è l’immagine e la primizia della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla come segno di sicura speranza e di consolazione per il Popolo di Dio in cammino, fino a quando non verrà il giorno del Signore» (n. 68). Alla luce di questa bellissima icona di nostra Madre, possiamo considerare il messaggio contenuto nelle Letture bibliche che abbiamo appena ascoltato. Possiamo concentrarci su tre parole-chiave: lotta, risurrezione, speranza.

Il brano dell’Apocalisse presenta la visione della lotta tra la donna e il drago. La figura della donna, che rappresenta la Chiesa, è da una parte gloriosa, trionfante, e dall’altra ancora in travaglio. Così in effetti è la Chiesa: se in Cielo è già associata alla gloria del suo Signore, nella storia vive continuamente le prove e le sfide che comporta il conflitto tra Dio e il maligno, il nemico di sempre. E in questa lotta che i discepoli di Gesù devono affrontare – noi tutti, noi, tutti i discepoli di Gesù dobbiamo affrontare questa lotta – Maria non li lascia soli; la Madre di Cristo e della Chiesa è sempre con noi. Sempre, cammina con noi, è con noi. Anche Maria, in un certo senso, condivide questa duplice condizione. Lei, naturalmente, è ormai una volta per sempre entrata nella gloria del Cielo. Ma questo non significa che sia lontana, che sia staccata da noi; anzi, Maria ci accompagna, lotta con noi, sostiene i cristiani nel combattimento contro le forze del male.

La preghiera con Maria, in particolare il Rosario – ma sentite bene: il Rosario. Voi pregate il Rosario tutti i giorni? Ma, non so…
Sicuro? Ecco, la preghiera con Maria, in particolare il Rosario ha anche questa dimensione “agonistica”, cioè di lotta, una preghiera che sostiene nella battaglia contro il maligno e i suoi complici.
Anche il Rosario ci sostiene nella battaglia.

La seconda Lettura ci parla della risurrezione. L’apostolo Paolo, scrivendo ai Corinzi, insiste sul fatto che essere cristiani significa credere che Cristo è veramente risorto dai morti. Tutta la nostra fede si basa su questa verità fondamentale che non è un’idea ma un evento. E anche il mistero dell’Assunzione di Maria in corpo e anima è tutto inscritto nella Risurrezione di Cristo. L’umanità della Madre è stata “attratta” dal Figlio nel suo passaggio attraverso la morte. Gesù è entrato una volta per sempre nella vita eterna con tutta la sua umanità, quella che aveva preso da Maria; così lei, la Madre, che Lo ha seguito fedelmente per tutta la vita, Lo ha seguito con il cuore, è entrata con Lui nella vita eterna, che chiamiamo anche Cielo, Paradiso, Casa del Padre.

Anche Maria ha conosciuto il martirio della croce: il martirio del suo cuore, il martirio dell’anima. Lei ha sofferto tanto, nel suo cuore, mentre Gesù soffriva sulla croce. La Passione del Figlio l’ha vissuta fino in fondo nell’anima. E’ stata pienamente unita a Lui nella morte, e per questo le è stato dato il dono della risurrezione. Cristo è la primizia dei risorti, e Maria è la primizia dei redenti, la prima di «quelli che sono di Cristo». E’ nostra Madre, ma anche possiamo dire è la nostra rappresentante, è la nostra sorella, la nostra prima sorella, è la prima dei redenti che è arrivata in Cielo.

 Il Vangelo ci suggerisce la terza parola: speranza. Speranza è la virtù di chi, sperimentando il conflitto, la lotta quotidiana tra la vita e la morte, tra il bene e il male, crede nella Risurrezione di Cristo, nella vittoria dell’Amore. Abbiamo sentito il Canto di Maria, il Magnificat: è il cantico della speranza, è il cantico del Popolo di Dio in cammino nella storia. E’ il cantico di tanti santi e sante, alcuni noti, altri, moltissimi, ignoti, ma ben conosciuti a Dio: mamme, papà, catechisti, missionari, preti, suore, giovani, anche bambini, nonni, nonne: questi hanno affrontato la lotta della vita portando nel cuore la speranza dei piccoli e degli umili. Maria dice: «L’anima mia magnifica il Signore» - anche oggi canta questo la Chiesa e lo canta in ogni parte del mondo. Questo cantico è particolarmente intenso là dove il Corpo di Cristo patisce oggi la Passione. Dove c’è la Croce, per noi cristiani c’è la speranza, sempre. Se non c’è la speranza, noi non siamo cristiani. Per questo a me piace dire: non lasciatevi rubare la speranza. Che non ci rubino la speranza, perché questa forza è una grazia, un dono di Dio che ci porta avanti guardando il Cielo. E Maria è sempre lì, vicina a queste comunità, a questi nostri fratelli, cammina con loro, soffre con loro, e canta con loro il Magnificat della speranza.

Cari fratelli e sorelle, uniamoci anche noi, con tutto il cuore, a questo cantico di pazienza e di vittoria, di lotta e di gioia, che unisce la Chiesa trionfante con quella pellegrinante, noi; che unisce la terra con il Cielo, che unisce la nostra storia con l’eternità, verso la quale camminiamo. Così sia.



ANGELUS

Castel Gandolfo
Giovedì, 15 agosto 2013

Video

Cari fratelli e sorelle,

al termine di questa Celebrazione ci rivolgiamo alla Vergine Maria con la preghiera dell’Angelus. Il cammino di Maria verso il Cielo è cominciato da quel “sì” pronunciato a Nazaret, in risposta al Messaggero celeste che le annunciava la volontà di Dio per lei. E in realtà è proprio così: ogni “sì” a Dio è un passo verso il Cielo, verso la vita eterna. Perché questo vuole il Signore: che tutti i suoi figli abbiano la vita in abbondanza! Dio ci vuole tutti con sé, nella sua casa!

Giungono purtroppo notizie dolorose dall’Egitto. Desidero assicurare la mia preghiera per tutte le vittime e i loro familiari, per i feriti e per quanti soffrono. Preghiamo insieme per la pace, il dialogo, la riconciliazione in quella cara terra e nel mondo intero. Maria, Regina della Pace, prega per noi! Tutti diciamo: Maria, Regina della Pace, prega per noi!

Desidero ricordare il 25° anniversario della Lettera Apostolica Mulieris dignitatem, del beato Papa Giovanni Paolo II, sulla dignità e la vocazione della donna. Questo documento è ricco di spunti che meritano di essere ripresi e sviluppati; e alla base di tutto c’è la figura di Maria, infatti uscì in occasione dell’Anno Mariano. Facciamo nostra la preghiera posta alla fine di questa Lettera Apostolica (cfr n. 31): affinché, meditando il mistero biblico della donna, condensato in Maria, tutte le donne vi trovino se stesse e la pienezza della loro vocazione, e in tutta la Chiesa si approfondisca e si capisca di più il tanto grande e importante ruolo della donna.

Ringrazio tutti i presenti, abitanti di Castel Gandolfo e pellegrini! Ringrazio voi e gli abitanti di Castel Gandolfo, grazie tante! … E tutti i pellegrini, in particolare quelli della Guinea con il loro Vescovo. Saludo con afecto a las alumnas del Colegio Pasionista “Michael Ham” de Vicente López, Argentina; así como a los jóvenes de la Banda de música del Colegio José de Jesús Rebolledo de Coatepec, México.

E adesso, tutti insieme, preghiamo la Madonna:

Angelus Domini

 


Dopo l'Angelus

Vi auguro buona festa oggi, giorno della Madonna: buona festa e buon pranzo!




[Modificato da Caterina63 18/08/2013 16:34]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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06/08/2015 00:48
 
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6 Agosto. Inizia la Novena dell'Assunta


 



In questa sacra Novena, figurandoci d'esser presenti alla gloriosa Assunzio­ne di Maria santissima, ne accompagnamo con devozione il trionfo; e in me­moria di quella misteriosa corona di do­dici stelle, con la quale fu coronata in cielo, le offriremo questa piccola coro­na di dodici salutazioni angeliche ed al­trettante benedizioni, dicendo:

* I. Sia benedetta, o Maria, l'ora nella qua­le foste invitata dal vostro Signore al cielo. Ave Maria...

* II. Sia benedetta, o Maria, l'ora nella quale foste assunta dagli Angeli santi in cie­lo. Ave Maria...

* III. Sia benedetta, o Maria, l'ora in cui tutta la corte celeste vi venne incontro. Ave Maria...

* IV. Sia benedetta, o Maria, l'ora nella quale foste ricevuta con tanto onore in cie­lo. Ave Maria...

* V. Sia benedetta, o Maria, l'ora nella quale sedeste alla destra del vostro Figlio in cielo. Ave Maria...

* VI. Sia benedetta, o Maria, l'ora nella quale foste coronata con tanta gloria in cie­lo. Ave Maria...

* VII. Sia benedetta, o Maria, l'ora in cui vi fu dato il titolo di Figlia, Madre e Sposa del Re del cielo. Ave Maria...

* VIII. Sia benedetta, o Maria, l'ora nella quale foste riconosciuta Regina suprema di tutto il cielo. Ave Maria...

* IX. Sia benedetta, o Maria, l'ora nella quale tutti gli Spiriti e Beati del cielo vi acclamarono. Ave Maria...

* X. Sia benedetta, o Maria, l'ora nella quale foste costituita Avvocata nostra in cielo. Ave Maria...

* XI. Sia benedetta, o Maria, l'ora nella quale cominciaste a intercedere per noi in cielo. Ave Maria...

* XII. Sia benedetta. o Maria, l'ora nella quale vi degnerete di ricevere noi tutti in cielo. Ave Maria...

Preghiamo
O Dio, che volgendo lo sguardo all'umiltà della Vergine Maria l'hai innalzata alla su­blime dignità di madre del tuo unico Figlio fatto uomo e oggi l'hai coronata di gloria incomparabile, fa' che, inseriti nel mistero di salvezza, anche noi possiamo per sua in­tercessione giungere fino a te nella gloria del cielo. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Si ripeta per nove giorni consecutivi, e se potete dite il Rosario ogni giorno, almeno le dieci Ave Maria con un Mistero della vita di Gesù.







   


Visto che l'attuale Pontefice ha deciso di non celebrare la Solennità dell'Assunta..... vedi qui - postiamo una fra le omelie più belle di Benedetto XVI per la Solennità dell'Assuna al Cielo

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ 
DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Parrocchia di San Tommaso da Villanova, Castel Gandolfo 
Sabato, 15 agosto 2009


 

Venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle

L'odierna solennità corona il ciclo delle grandi celebrazioni liturgiche nelle quali siamo chiamati a contemplare il ruolo della Beata Vergine Maria nella Storia della salvezza. Infatti, l'Immacolata Concezione, l'Annunciazione, la Divina Maternità e l'Assunzione sono tappe fondamentali, intimamente connesse tra loro, con cui la Chiesa esalta e canta il glorioso destino della Madre di Dio, ma nelle quali possiamo leggere anche la nostra storia. Il mistero della concezione di Maria richiama la prima pagina della vicenda umana, indicandoci che, nel disegno divino della creazione, l’uomo avrebbe dovuto avere la purezza e la bellezza dell'Immacolata. Quel disegno compromesso, ma non distrutto dal peccato, attraverso l’Incarnazione del Figlio di Dio, annunciata e realizzata in Maria, è stato ricomposto e restituito alla libera accettazione dell'uomo nella fede. Nell’Assunzione di Maria, contempliamo, infine, ciò che siamo chiamati a raggiungere nella sequela di Cristo Signore e nell'obbedienza alla sua Parola, al termine del nostro cammino sulla terra.

La tappa ultima del pellegrinaggio terreno della Madre di Dio ci invita a guardare al modo in cui Ella ha percorso il suo cammino verso la meta dell’eternità gloriosa.

Nel brano del Vangelo appena proclamato, san Luca racconta che Maria, dopo l’annuncio dell’Angelo, “si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa” per fare visita ad Elisabetta (Lc 1, 39). L’evangelista, dicendo questo, vuole sottolineare che per Maria seguire la propria vocazione, nella docilità allo Spirito di Dio, che ha operato in Lei l’incarnazione del Verbo, significa percorrere una nuova strada ed intraprendere subito un cammino fuori della propria casa, lasciandosi condurre solamente da Dio. Sant’Ambrogio, commentando la “fretta” di Maria, afferma: “la grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze” (Expos. Evang. sec. Lucam, II, 19: PL 15,1560). La vita della Madonna è condotta da un Altro - “Ecco la serva del Signore: avvenga in me secondo la tua parola” (Lc1,38) - è modellata dallo Spirito Santo, è segnata da eventi ed incontri, come quello con Elisabetta, ma soprattutto dalla particolarissima relazione con il suo figlio Gesù. E’ un cammino nel quale Maria, serbando e meditando nel cuore gli avvenimenti della propria esistenza, scorge in essi in modo sempre più profondo il misterioso disegno di Dio Padre, per la salvezza del mondo.

Seguendo poi Gesù da Betlemme all’esilio in Egitto, nella vita nascosta e in quella pubblica, fino ai piedi della Croce, Maria vive la sua costante ascesa verso Dio nello spirito del Magnificat, aderendo pienamente, anche nel momento dell’oscurità e della sofferenza, al progetto d’amore di Dio e alimentando nel cuore l’abbandono totale nelle mani del Signore, così da essere paradigma per la fede della Chiesa (cfr Lumen gentium, 64-65)

Tutta la vita è un’ascensione, tutta la vita è meditazione, obbedienza, fiducia e speranza, anche nelle oscurità; e tutta la vita è questa “sacra fretta”, che sa che Dio è sempre la priorità e nient’altro deve creare fretta nella nostra esistenza.

E, finalmente, l’Assunzione ci ricorda che la vita di Maria, come quella di ogni cristiano, è un cammino alla sequela, la sequela di Gesù, un cammino che ha una meta ben precisa, un futuro già tracciato: la vittoria definitiva sul peccato e sulla morte e la comunione piena con Dio, perché – come dice Paolo nella Lettera agli Efesini - il Padre “ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli in Cristo Gesù” (Ef 2,6). Ciò vuol dire che con il Battesimo siamo fondamentalmente già risuscitati e sediamo nei cieli in Cristo Gesù, ma dobbiamo corporalmente raggiungere quanto già cominciato e realizzato nel Battesimo. In noi l’unione con Cristo, la risurrezione, è incompiuta, ma per la Vergine Maria essa è compiuta, nonostante il cammino che anche la Madonna ha dovuto fare. Ella è entrata nella pienezza dell’unione con Dio, con il suo Figlio, e ci attira e ci accompagna nel nostro cammino.

In Maria assunta in cielo contempliamo, allora, Colei che, per singolare privilegio, è resa partecipe con l’anima e con il corpo della definitiva vittoria di Cristo sulla morte. “Compiuto il corso della vita terrena – dice il Concilio Vaticano II - fu assunta alla gloria celeste in corpo e anima, ed esaltata dal Signore come Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al Figlio suo, Signore dei signori (cfr Ap 19,16) e vincitore del peccato e della morte” (Lumen gentium, 59). Nella Vergine Assunta in cielo contempliamo il coronamento della sua fede, di quel cammino di fede che Ella indica alla Chiesa e a ciascuno di noi: Colei che in ogni momento ha accolto la Parola di Dio, è assunta in cielo, cioè è accolta Lei stessa dal Figlio, in quella “dimora” che ci ha preparato con la sua morte e risurrezione (cfr Gv 14,2-3).

La vita dell’uomo sulla terra – come ci ha ricordato la prima lettura – è un cammino che si svolge, costantemente, nella tensione della lotta tra il drago e la donna, tra il bene e il male, E’ questa la situazione della storia umana: è come un viaggio in un mare spesso burrascoso; Maria è la stella, che ci guida verso il Figlio suo Gesù, sole sorto sopra le tenebre della storia” (cfr Spe salvi, 49) e ci dona la speranza di cui abbiamo bisogno: la speranza che possiamo vincere, che Dio ha vinto e che, con il Battesimo, siamo entrati in questa vittoria. Non soccombiamo definitivamente: Dio ci aiuta, ci guida. Questa è la speranza: questa presenza del Signore in noi, che diventa visibile in Maria assunta in cielo. “In Lei (…) - leggeremo tra poco nel Prefazio di questa Solennità – hai fatto risplendere per il tuo popolo pellegrino sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza”.

Con San Bernardo, mistico cantore della Vergine Santa, così la invochiamo: “Ti preghiamo, o benedetta, per la grazia che tu trovasti, per quelle prerogative che tu meritasti, per la Misericordia che tu partoristi, fa’ che colui che per te s’è degnato di farsi partecipe della nostra miseria ed infermità, grazie alla tua preghiera, ci faccia partecipi delle sue grazie, della sua beatitudine ed eterna gloria, Gesù Cristo, Figlio tuo, Signore nostro, il quale è sopra tutte le cose, Dio benedetto nei secoli dei secoli. Amen” (Sermo 2 de Adventu, 5: PL 183, 43).

   

“L’odierna solennità corona il ciclo delle grandi celebrazioni liturgiche nelle quali siamo chiamati a contemplare il ruolo della Beata Vergine Maria nella Storia della salvezza. Infatti, l’Immacolata Concezione, l’Annunciazione, la Divina Maternità e l’Assunzione sono tappe fondamentali, intimamente connesse tra loro, con cui la Chiesa esalta e canta il glorioso destino della Madre di Dio, ma nelle quali possiamo leggere anche la nostra storia….” (Benedetto XVI Omelia 15 agosto 2009)


cliccare qui per un angelus bello   




PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Sabato, 15 agosto 2015

[Multimedia]



 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno, e buona festa della Madonna.

Oggi la Chiesa celebra una delle feste più importanti dedicate alla Beata Vergine Maria: la festa della sua Assunzione. Al termine della sua vita terrena, la Madre di Cristo è salita in anima e corpo al Cielo, cioè nella gloria della vita eterna, nella piena comunione con Dio.

L’odierna pagina del Vangelo (Lc 1,39-56) ci presenta Maria che, subito dopo aver concepito Gesù per opera dello Spirito Santo, si reca dall’anziana parente Elisabetta, anch’essa miracolosamente in attesa di un figlio. In questo incontro pieno di Spirito Santo, Maria esprime la sua gioia con il cantico del Magnificat, perché ha preso piena coscienza del significato delle grandi cose che si stanno realizzando nella sua vita: per mezzo di lei giunge a compimento tutta l’attesa del suo popolo.

Ma il Vangelo ci mostra anche qual è il motivo più vero della grandezza di Maria e della sua beatitudine: il motivo è la fede. Infatti Elisabetta la saluta con queste parole: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45). La fede è il cuore di tutta la storia di Maria; lei è la credente, la grande credente; lei sa – e lo dice – che nella storia pesa la violenza dei prepotenti, l’orgoglio dei ricchi, la tracotanza dei superbi. Tuttavia, Maria crede e proclama che Dio non lascia soli i suoi figli, umili e poveri, ma li soccorre con misericordia, con premura, rovesciando i potenti dai loro troni, disperdendo gli orgogliosi nelle trame del loro cuore. Questa è la fede della nostra Madre, questa è la fede di Maria!

Il Cantico della Madonna ci lascia anche intuire il senso compiuto della vicenda di Maria: se la misericordia del Signore è il motore della storia, allora non poteva «conoscere la corruzione del sepolcro colei che ha generato il Signore della vita» (Prefazio). Tutto questo non riguarda solo Maria. Le “grandi cose” fatte in lei dall’Onnipotente ci toccano profondamente, ci parlano del nostro viaggio nella vita, ci ricordano la meta che ci attende: la casa del Padre. La nostra vita, vista alla luce di Maria assunta in Cielo, non è un vagabondare senza senso, ma è un pellegrinaggio che, pur con tutte le sue incertezze e sofferenze, ha una meta sicura: la casa di nostro Padre, che ci aspetta con amore. E’ bello pensare questo: che noi abbiamo un Padre che ci aspetta con amore, e che anche la nostra Madre Maria è lassù e ci aspetta con amore.

Intanto, mentre trascorre la vita, Dio fa risplendere «per il suo popolo, pellegrino sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza» (ibid.). Quel segno ha un volto, quel segno ha un nome: il volto luminoso della Madre del Signore, il nome benedetto di Maria, la piena di grazia, perché ha creduto nella parola del Signore: la grande credente! Come membri della Chiesa, siamo destinati a condividere la gloria della nostra Madre, perché, grazie a Dio, anche noi crediamo nel sacrificio di Cristo sulla croce e, mediante il Battesimo, siamo inseriti in tale mistero di salvezza.

Oggi tutti insieme la preghiamo, perché, mentre si snoda il nostro cammino su questa terra, lei rivolga a noi i suoi occhi misericordiosi, ci rischiari la strada, ci indichi la meta, e ci mostri dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del suo seno. E diciamo insieme: O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!


Dopo l'Angelus:

 

Saluto tutti voi, romani e pellegrini di diversi Paesi! Vi affido alla materna premura della nostra Madre, che vive nella gloria di Dio e sempre accompagna il nostro cammino.

E come sarebbe bello che oggi voi poteste andare a visitare la Madonna, la Salus Populi Romani, a Santa Maria Maggiore: sarebbe un bel gesto.

Vi ringrazio di essere venuti e vi auguro una buona festa della Madonna. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

 




[Modificato da Caterina63 15/08/2015 15:10]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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