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IL COMUNE SENSO DEL....PUDORE... riscopriamolo!

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2011 09:23
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31/08/2010 18:43
 
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Benedetto XVI all'inizio della messa celebrata con i suoi ex allievi

Lo stile di Dio significa
accogliere chi non ha nulla da dare


I cristiani non possono continuare a comportarsi come i pagani; devono imparare lo stile di Dio:  donare a chi non ha nulla da restituire. Lo ha ricordato Benedetto XVI domenica mattina, 29 agosto, introducendo la messa celebrata nella cappella del Centro Mariapoli, a Castel Gandolfo, alla quale hanno partecipato i suoi ex allievi riuniti nel cosiddetto Ratzinger Schülerkreis. Queste le parole del Papa.

Liebe Freunde, am Ende des heutigen Evangeliums weist uns der Herr darauf hin, wie sehr wir immer noch nach der Weise der Heiden leben; nur in der Gegenseitigkeit die einladen, die uns wieder einladen, denen geben, von denen wir wieder empfangen. Die Weise Gottes ist anders:  Wir erleben es in der heiligen Eucharistie, er lädt uns zu Tisch, die wir vor ihm lahm, blind und taub sind; er lädt uns, die wir ihm nichts zu geben haben. Wir wollen uns bei diesem Geschehen vor allem von der Dankbarkeit berühren lassen, daß es Gott gibt, daß Gott so ist, wie er ist, daß er so ist, wie Jesus Christus ist, daß er uns, obwohl wir nichts zu geben haben und voller Schuld sind, an seinen Tisch lädt und mit uns zu Tische sein will. Aber wir wollen doch auch uns davon berühren lassen, Schuld zu empfinden, daß wir so wenig aus dem Heidnischen heraustreten, so wenig wirklich das Neue, die Weise Gottes leben. Und deswegen beginnen wir die heilige Messe mit der Bitte um Vergebung, um eine Vergebung die uns ändert, die uns wirklich Gott ähnlich, Gott ebenbildlich werden läßt.

Pubblichiamo qui di seguito una traduzione in italiano.

Cari amici, alla fine del Vangelo di oggi, il Signore ci fa notare come in realtà continuiamo a vivere alla maniera dei pagani; come invitiamo, per reciprocità, soltanto chi ricambierà l'invito; come doniamo solo a chi ci restituirà. Ma lo stile di Dio è diverso:  lo sperimentiamo nella Santa Eucaristia. Egli invita alla sua mensa noi, che davanti a lui siamo zoppi, ciechi e sordi; egli invita noi, che non abbiamo nulla da dargli. Durante questo evento dell'Eucaristia, lasciamoci toccare soprattutto dalla gratitudine per il fatto che Dio esiste, che Egli è così com'è, che Egli è così com'è Gesù Cristo, che Egli - nonostante non abbiamo nulla da dargli e siamo pieni di colpe - ci invita alla sua mensa e vuole stare a tavola con noi. Ma vogliamo anche essere toccati dal sentire la colpa di staccarci così poco dallo stile pagano, di vivere così poco la novità, lo stile di Dio. E per questo iniziamo la Santa Messa chiedendo perdono:  un perdono che ci cambi, che ci faccia diventare veramente simili a Dio, a sua immagine e somiglianza.
 


L'omelia del cardinale Christoph Schönborn

Mitezza e umiltà
trasformano l'oltraggio
in benedizione



Durante la messa celebrata dal Papa per i suoi ex allievi a Castel Gandolfo l'omelia è stata tenuta dal cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn. Del testo diamo qui di seguito una nostra traduzione in italiano.

La scena del Vangelo di oggi, un pranzo di sabato presso uno dei capi dei farisei, comincia con un'osservazione reciproca. L'ospite e i suoi amici guardano Gesù. "Gli prestavano attenzione" traduce Adolf Schlatter. Lo scrutano in modo critico. E riescono a trovare l'occasione per confermare i loro giudizi critici. Gesù, infatti, guarisce un uomo malato di idropisia (la nostra lettura della domenica salta questa guarigione) e lo fa di sabato!
E Gesù osserva loro. Osserva il loro comportamento durante il pranzo, la rissa per sedersi ai primi posti. Colui che è osservato in maniera critica diviene a sua volta spettatore del proprio comportamento puerile. Sotto forma di parabola si mette uno specchio davanti a loro e anche davanti a noi, che ascoltiamo il Vangelo.

Come sempre, le parabole affrontano esperienze di vita quotidiana. Sedersi all'ultimo posto non è innanzitutto una questione di umiltà, ma di saggezza:  meglio essere invitati ad andare avanti che a retrocedere con vergogna. Questa saggezza però non è una strategia scaltra per conquistare il posto d'onore. La vera umiltà a sempre qualcosa di realistico. Mozart sapeva e, a volte diceva, di essere fra i migliori.
Era vero. La sua umiltà stava nel fatto che apprezzava il suo genio, ma lo considerava sempre un dono di Dio e quindi lo considerava come un compito. Non ho bisogno di spiegare l'analogia con il nostro venerato maestro. L'umiltà è qualcosa di molto sobrio. Ha a che fare con la veridicità e con la gratitudine.

L'umiltà è soprattutto lo sguardo grato, sobrio e gioioso al nostro essere creature. Gesù ha detto a santa Caterina da Siena:  "Riconosci chi sei tu e chi sono io e sarai felice:  io sono colui che è, tu sei colei che non è". L'Apostolo dice:  "Che cosa mai possiedi, che non tu non abbia ricevuto". L'umiltà come fondamentale atteggiamento creaturale! Per comprenderla e viverla in modo più profondo, il Creatore-Logos si è fatto carne, servitore, egli stesso divenuto creatura per mostrarci dal centro della nostra essenza creaturale quale deve essere l'atteggiamento di una creatura. Ci invita ad apprendere da lui che è "mite e umile di cuore" (Matteo 11,29).

Mitezza e umiltà raccomandava già il Siracide:  "Quanto sei più grande, tanto più fatti umile" (Siracide, Prima lettura), letteralmente è così (però nella traduzione ufficiale della bibbia in tedesco era troppo duro, sebbene il riferimento cristologico saltasse agli occhi).
Quindi il nostro sguardo è rivolto a Cristo. Egli è colui che ha scelto l'ultimo posto, lui che era nella condizione di Dio (cfr. Filippesi 2). Mi ricorda la breve parabola dell'ultimo posto durante un altro pasto, che Gesù condivise con i suoi discepoli. Secondo san Luca, dopo che Gesù ebbe fondato l'Eucaristia, nacque una discussione fra gli apostoli su chi di loro fosse da considerare più grande (cfr. Luca 22,24-30):  una lotta clericale per il predominio nel cenacolo, subito dopo l'istituzione del sacerdozio della Nuova Alleanza!

Sì, Signore, tu osservi in che modo lottiamo per il posto d'onore, apertamente o subdolamente. E ci ricordi:  "Io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Luca 22,27). Dovremmo vergognarci costantemente riconoscendo che dobbiamo ancora imparare molto da te. Signore tu stesso ci consoli:  Sì, nel cenacolo, nonostante il tradimento imminente, il Signore ha fatto agli apostoli la grande promessa:  "voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l'ha preparato per me" (Luca 22, 28 e seguenti). Che atto di fiducia da parte del Signore! Ci ha affidato il Regno di suo Padre.

Affinché la grandezza della nostra vocazione non ci renda superbi, egli ha posto noi, e soprattutto i primi apostoli, all'ultimo posto. Così almeno pensa san Paolo:  "ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati... Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati la spazzatura del mondo" (1 Corinti 4, 9-13).

Santo Padre! Che queste parole dell'Apostolo le siano di conforto quando gli oltraggi provengono dai fedeli stessi, dai cristiani stessi e le viene mostrato il "cartellino rosso". L'umiltà trasforma l'oltraggio in benedizione. Grazie, santità, per averci mostrato l'atteggiamento di Gesù, che è mite e umile di cuore.

Non c'è forse qualcosa di meraviglioso nella fede cristiana, nell'esperienza cristiana? La gioia per il fatto che i criteri del regno dei cieli sono così diversi. Chi è veramente grande nel regno dei cieli? Quanto riempie di gioia poter intuire, già qui sulla terra, nelle persone che vivono secondo il cuore di Gesù, chi sono i grandi nel regno dei cieli! E questa gioia non manca al Santo Padre nei numerosi incontri con persone che sono grandi secondo i criteri dell'"ecclesia", della comunità dei "primogeniti i cui nomi sono iscritti nei cieli", anche se per il mondo non hanno significato.

Ora il Signore stesso ci invita alla sua mensa. Non ha paura di invitare poveri, storpi, zoppi e ciechi. Invita noi, umili peccatori, con tutte le nostre mancanze e pecche e sta in mezzo a noi come colui che serve. Beati coloro che vengono invitati al banchetto dell'Agnello!





(©L'Osservatore Romano - 1 settembre 2010)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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