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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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La Santa Eucaristia (brevi lezioni sulla Dottrina)

Ultimo Aggiornamento: 11/03/2013 11:16
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Agenzia FIDES – 14 giugno 2008

 

DOSSIER FIDES

 

 

L’EUCARISTIA

sacrificio, banchetto e

presenza del Signore

 

                   Introduzione: le tre dimensioni della fede eucaristica

 

                   Il codice di Gesù

 

                   La goccia d’acqua nel vino

 

                   Il farmaco d’immortalità

 

                   Signore, non sono degno

 

                   Il sacramento dell’amore cristiano

 

Questo Dossier è disponibile anche sul sito dell’Agenzia Fides: www.fides.org







[SM=g1740771]  Introduzione: le tre dimensioni della fede eucaristica

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Consideriamo quale realtà unica Gesù ci ha affidato con il suo mandato “Fate questo in memoria di me”.
    
Attorno al senso delle parole dell’Ultima Cena « quasi due millenni ormai hanno pregato, riflettuto e lottato … Indagando pertanto il loro significato, ci si deve proporre anzitutto chiaramente in che modo le vogliamo prendere. La risposta è una sola: con tutta semplicità, così come suonano. Il testo intende significare esattamente ciò che dice. … Gesù, mentre parlava e agiva, come si riferisce qui, sapeva trattarsi di cosa di valore divino. Volendo quindi essere capito, parlava nel modo in cui voleva essere capito » (R. Guardini, “Il Signore”, settima edizione italiana fatta da Vita e pensiero, Milano 1977, pag. 456-457). È questo suggerimento, dato da Romano Guardini nel suo libro “Il Signore”, che vogliamo prendere a cuore quando vediamo rivelate, nelle parole dell’istituzione di Gesù, soprattutto tre dimensioni della fede eucaristica.
    
“Questo è il mio corpo ... offerto in sacrificio per voi”.  “Questo è il calice del mio sangue ... versato per voi”. Le parole “offerto in sacrificio” e “versato” ricordano che l’Eucaristia è il sacrificio del Signore. Dopo che Gesù, sulla Croce, ha compiuto la sua unica offerta, la redenzione è compiuta una volta per tutte. Le Sue ultime parole “Tutto è compiuto!” (Gv 19,30) sono da intendere anche sotto questo aspetto: per la nostra salvezza, da parte Sua tutto è stato fatto. Ma da parte nostra abbiamo sempre nuovamente bisogno di appropriarci di questo sacrificio salvifico. Il sacrificio della Messa serve a questa appropriazione! Ci tira fuori, per così dire, dalla nostra esistenza limitata nel tempo e nel luogo e ci colloca nella presenza della Croce. Quando celebriamo la Messa, ci troviamo – non localmente, ma sacramentalmente – ai piedi della Croce. Dal Signore possiamo ricevere i frutti prodotti dall’albero della Croce. Siamo però anche di fronte all’altare celeste, dove il Signore risorto e innalzato fa dono di sé al Padre, e dove tutti gli angeli e tutti i Santi si uniscono a questa liturgia celeste: “L’Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione” (Ap 5,12).    

Se volessimo rappresentare questa realtà in un film – come ha tentato di fare Mel Gibson – dovremmo riuscire a produrre non solo un semplice intrecciarsi di sequenze, per dissolvenza incrociata, di immagini dell’Ultima Cena, della Croce e della Messa. Così come non dovrebbe neanche mancare in ogni scena il cielo aperto per liberare lo sguardo sull’Agnello. La Celebrazione Eucaristica è il luogo teologico dove questa dissolvenza incrociata della sala al piano superiore (dell’Ultima Cena), Gòlgota e Gerusalemme celeste non avviene soltanto come in un film, ma nella realtà del “mysterium fidei”, del “mistero della fede”.

Chi, nella Messa, ascolta le parole della consacrazione, chi partecipa nella fede al sacrificio, sperimenta su di sé l’azione dell’amore di Dio. Chiunque viene alla Celebrazione Eucaristica può esclamare con San Paolo: “Mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).
    
“Prendete e mangiate”, “Prendete e bevete”. Queste parole “mangiare e bere” rievocano un banchetto. Questo è il secondo messaggio che le parole della consacrazione ci vogliono dare: L’Eucaristia è il banchetto del Signore. San Tommaso, a tale proposito, coniò la classica sequenza: «O sacrum convitum in quo Christus sumitur … mens impletur gratia et futurae gloriae nobis pignus datur» (O santo banchetto nel quale viene gustato Cristo, … dove l’anima viene riempita di grazia e dove ci viene concesso il pegno della vita eterna). La partecipazione a questo santo banchetto è il nostro ingresso nel sacrificio di Cristo e il passaggio del sacrificio di Cristo nella nostra vita.

[SM=g1740733] La Santa Messa non è banchetto nel senso di voler far rivivere la storica Cena di Gesù.
La Cena era ovviamente un banchetto pasquale ebraico che aveva luogo una sola volta all’anno in un giorno preciso. Già per questo, la Celebrazione Eucaristica della domenica, o quella di tutti i giorni, non può mai ripetere l’Ultima Cena. Quando Gesù dice “Fate questo in memoria di me”, intende la nuova Pasqua che, nonostante fosse stata istituita da Lui stesso nel quadro del vecchio banchetto pasquale, si riferisce alla Nuova Alleanza nel Suo sangue. Quando nel contesto dell’Eucaristia si parla di banchetto, s’intende soprattutto la celebrazione della Santa Comunione. In essa, il Corpo di Cristo, che una volta è stato sacrificato sulla Croce, viene offerto sotto le specie del pane e del vino come cibo e bevanda. Fin dall’inizio la Chiesa era consapevole del fatto che ciò costituisce una sfida inaudita per l’intelligenza umana.  


Il Signore del banchetto dell’Eucaristia, e cioè l’ospite, è Cristo, mediato attraverso il servizio della Chiesa. Il dono del banchetto è Egli stesso: “Io sono il pane della vita” (Gv 6,35). “Io sono la vera vite” (Gv 15,1). Non lo ripeteremo mai abbastanza: la santa ostia non è un qualcosa, non è una cosa, non è pane santo, consacrato. L’ostia è Cristo stesso. “Nell’umile segno del pane e del vino, transustanziati nel suo corpo e nel suo sangue, Cristo cammina con noi, quale nostra forza e nostro viatico, e ci rende per tutti testimoni di speranza. Se di fronte a questo Mistero la ragione sperimenta i suoi limiti, il cuore illuminato dalla grazia dello Spirito Santo intuisce bene come atteggiarsi, inabissandosi nell'adorazione e in un amore senza limiti” (Ecclesia de Eucharistia 62). Con queste parole, Papa Giovanni Paolo II, nella sua ultima Enciclica, riassunse ciò che la Chiesa crede e di cui vive.

È per un’espressione di fede e di amore per Dio che non custodiamo la Santa Eucaristia in ciotole e scodelle comuni, ma in calici preziosi e coppe dignitose. Se facciamo questo, è anche per rafforzare la nostra fede nella presenza reale del Signore sotto le specie del pane e del vino. L’occhio umano non riesce a vedere il mistero. Ma quest’ultimo può essere indicato tanto più fortemente quanto più rispettosamente viene trattato. Tutto ciò che viene a contatto con il “Santissimo” deve emanare vera dignità, non sfarzo esagerato. La cosa più importante, però, è che la Santa Comunione, dal calice sacro, venga depositata in un cuore umano degnamente preparato. Quando Madre Teresa, nel 1988, visitò il monastero austriaco di Heiligenkreuz, fece questa raccomandazione: “Preghiamo la Madonna affinché ci dia un cuore così bello, così puro, così immacolato, un cuore così pieno d’amore e umiltà che diventeremo capaci di ricevere Gesù nel pane della vita e di amarLo come Egli ha amato noi ...”

“Questo è il mio corpo”, “questo è il mio sangue”. Per due volte qui c’è l’indicativo, “questo è”. Persino Martin Lutero trovò queste parole talmente immense da non poter far diventare il “questo è” un “questo significa”. Quando Gesù – che come uomo era un ebreo – parlò, nella sua lingua madre, del corpo e del sangue, intendeva questo in modo totalmente reale: “Questo sono io in tutta la mia realtà di uomo”. Dobbiamo, però, immaginarceLo come il Signore  risorto e innalzato, il cui corpo è trasfigurato. La presenza di Gesù nella santa ostia è allo stesso tempo reale e spirituale.

La fede cattolica – contrariamente a Lutero – analizza ancora più a fondo le parole di Gesù. Il pane eucaristico è Corpo di Cristo non soltanto nel momento dell’Eucaristia. Rimane Corpo di Cristo anche dopo la funzione: l’Eucaristia è presenza permanente del Signore. Quando Gesù dice “Questo è il mio corpo”, non torna indietro. Una volta consacrato, il pane rimane Corpo di Cristo, fintantoché la specie del pane rimane intatta.
Ciò che rimane dopo la Messa, non sono gli avanzi del banchetto, ma piuttosto il “Santissimo” degnamente custodito e adorato nel tabernacolo. Il Signore eucaristico ci aspetta sempre, aspetta una nostra visita, un’adorazione da parte nostra. Com’è consolante il pensiero che Cristo, nel Santissimo Sacramento, non ci abbandona mai! Non esiste più solitudine per colui che crede in questa presenza. È vero ciò che, qualche anno fa, un chierichetto disse dopo la Messa, quando gli fu concesso di portare le chiavi del tabernacolo in sacristia: “Queste chiavi conducono al mistero più grande del mondo”.


Bisogna fare ancora una considerazione. Con questi contenuti di fede la Chiesa manifesta una considerazione indicibilmente elevata dell’Eucaristia. E di conseguenza si aspetta anche molto dai fedeli che intendono accostarsi a questo Sacramento. Quando la Chiesa, per motivi di fede e di cura pastorale delle anime, ritiene impossibile che, in determinate situazioni, qualcuno possa ricevere la santa Comunione, si deve considerare che, nella santa Eucaristia, nessuno viene lasciato a mani vuote. Chi non può partecipare alla santa Comunione, al banchetto del Signore, riceverà cibo per la sua vita alla “mensa della Parola”. Può inoltre trarre forza dall’unione con il sacrificio della Messa, e ha anche la possibilità di incontrare Gesù nell’Adorazione eucaristica.

continua.............

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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