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Il Santo Padre Benedetto XVI spiega l'importanza dei Santuari e dei Pellegrinaggi

Ultimo Aggiornamento: 01/06/2015 09:55
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15/08/2011 19:14
 
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Le indicazioni della Congregazione per il Clero

I santuari
per la nuova evangelizzazione




I santuari ancora oggi possono contribuire efficacemente ad arginare il secolarismo e a incrementare la pratica religiosa. È quanto si sottolinea in una lettera che in questi giorni il cardinale Mauro Piacenza e l’arcivescovo Celso Morga Iruzubieta, presidente e segretario della Congregazione per il Clero, hanno indirizzato, tramite gli ordinari diocesani, ai rettori dei santuari di tutto il mondo. Ne pubblichiamo ampi stralci.

In un clima di diffuso secolarismo, il santuario continua, ancora oggi, a rappresentare un luogo privilegiato in cui l’uomo, pellegrino su questa terra, fa esperienza della presenza amorevole e salvifica di Dio. In esso egli trova uno spazio fecondo, lontano dagli affanni quotidiani, ove potersi raccogliere e riacquistare vigore spirituale per riprendere il cammino di fede con maggiore ardore e cercare, trovare e amare Cristo nella vita ordinaria, nel mezzo del mondo. Il santuario è il luogo in cui risuona con singolare potenza la Parola di Dio. Il Santo Padre Benedetto XVI, nell’esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini, ribadisce che la Chiesa «si fonda sulla Parola di Dio, nasce e vive di essa» (n. 3). Essa è la «casa» (cfr. Ibidem, n. 52) in cui la divina Parola è accolta, meditata, annunciata e celebrata (cfr. Ibidem, n. 121). Quanto il Pontefice dice della Chiesa può analogamente affermarsi del santuario. L’annuncio della Parola assume un ruolo essenziale nella vita pastorale del santuario.

I ministri sacri hanno pertanto il compito di preparare tale annuncio, nella preghiera e nella meditazione, filtrando il contenuto dell’annuncio con l’aiuto della teologia spirituale, alla scuola del magistero e dei santi. La risposta umana a un fecondo annuncio della Parola di Dio è la preghiera. «I santuari, per i pellegrini che sono alla ricerca delle loro vive sorgenti, sono luoghi eccezionali per vivere “come Chiesa” le forme della preghiera cristiana» (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2691). La vita di preghiera si sviluppa in diversi modi, tra i quali troviamo varie forme di pietà popolare che sempre devono lasciare «spazio adeguato alla proclamazione e all’ascolto della Parola di Dio; infatti, “nella parola biblica, la pietà popolare troverà una fonte inesauribile di ispirazione, insuperabili modelli di preghiera e feconde proposte tematiche”» (Verbum Domini, n. 65). Il Direttorio su pietà popolare e liturgia (Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, 9 aprile 2002) dedica un capitolo ai santuari e ai pellegrinaggi, auspicando «un corretto rapporto tra le azioni liturgiche e i pii esercizi» (n. 261). La pietà popolare è di grande rilievo per la fede, la cultura e l’identità cristiana di molti popoli. Essa è espressione della fede di un popolo, «vero tesoro del popolo di Dio» (Ibidem, n. 9) nella e per la Chiesa: per capirlo, basti immaginare la povertà che ne risulterebbe per la storia della spiritualità cristiana d’Occidente l’assenza del «Rosario» o della «Via crucis», come delle processioni. Sono soltanto esempi, ma sufficientemente evidenti per rilevarne l’imprescindibilità. Come responsabili della pastorale nei santuari, quindi, è vostro compito istruire i pellegrini sul carattere assolutamente preminente che la celebrazione liturgica deve assumere nella vita di ogni credente. La pratica personale di forme di pietà popolare non va assolutamente ostacolata o rigettata, anzi va favorita, ma non può sostituirsi alla partecipazione al culto liturgico.

Il santuario è pure il luogo della permanente attualizzazione della misericordia di Dio. Occorre a tale scopo favorire e dove sia possibile intensificare la presenza costante di sacerdoti che, con animo umile e accogliente, si dedichino generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali. I confessori, illuminando la coscienza dei penitenti, pongano pure in evidenza il vincolo stretto che lega la Confessione sacramentale a un’esistenza nuova, orientata verso una decisa conversione. Esortino perciò i fedeli ad avvicinarsi con regolare frequenza e fervente devozione a questo sacramento, affinché, sorretti dalla grazia che in esso è donata, possano alimentare costantemente il loro fedele impegno di adesione a Cristo, progredendo nella perfezione evangelica. Per rispettare la libertà di ogni fedele e anche per favorire la propria piena sincerità nel foro sacramentale, è opportuno che siano, in luoghi adatti (a esempio, possibilmente, cappella della Riconciliazione) disponibili dei confessionali provvisti di una grata fissa. In considerazione del fatto che i santuari sono luoghi di vera conversione, può essere opportuno che sia potenziata la formazione dei confessori per la cura pastorale di chi non ha rispettato la vita umana dal concepimento fino al naturale suo termine. I sacerdoti, poi, nel dispensare la misericordia divina, adempiano debitamente questo peculiare ministero aderendo con fedeltà all’insegnamento genuino della Chiesa. Siano ben formati nella dottrina e non trascurino di aggiornarsi periodicamente su questioni attinenti soprattutto all’ambito morale e bioetico (cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1466). Anche nel campo matrimoniale, rispettino quanto autorevolmente insegna il magistero ecclesiale. Evitino quindi di manifestare in sede sacramentale dottrine private, opinioni personali o valutazioni arbitrarie non conformi a ciò che la Chiesa crede e insegna.

La celebrazione eucaristica costituisce il cuore della vita sacramentale del santuario. In essa il Signore si dona a noi. I pellegrini che visitano i santuari siano allora resi consapevoli che, se accolgono fiduciosamente il Cristo eucaristico nel proprio intimo, Egli offre loro la possibilità di una reale trasformazione dell’esistenza. La dignità della celebrazione eucaristica venga anche opportunamente messa in risalto mediante il canto gregoriano, polifonico o popolare (cfr. Sacrosanctum concilium, nn. 116 e 118); ma anche selezionando adeguatamente sia gli strumenti musicali più nobili (organo a canne ed affini, cfr. Ibidem, n. 120) sia le vesti che vengono indossate dai ministri unitamente alle suppellettili utilizzate nella liturgia. Esse devono rispondere a canoni di nobiltà e di sacralità. Il Santo Padre Benedetto XVI scriveva, nell’esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), che «la migliore catechesi sull’Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata» (n. 64). Nella santa messa, allora, i ministri rispettino fedelmente quanto stabilito dalle norme dei libri liturgici. Le rubriche, infatti, non rappresentano indicazioni facoltative per il celebrante bensì prescrizioni obbligatorie che egli deve accuratamente osservare con fedeltà a ogni gesto o segno. A ogni norma, infatti, è sotteso un senso teologico profondo, che non può essere sminuito o comunque misconosciuto.

Uno stile celebrativo, che introduca innovazioni liturgiche arbitrarie, oltre a generare confusione e divisione tra i fedeli, lede la veneranda tradizione e l’autorità stessa della Chiesa, nonché l’unità ecclesiale.

Il sacerdote che presiede l’Eucaristia non è, però, neppure un mero esecutore di rubriche rituali. Piuttosto, l’intensa e devota partecipazione interiore con la quale celebrerà i divini misteri, accompagnata dall’opportuna valorizzazione dei segni e gesti liturgici stabiliti, plasmerà non solo il suo spirito orante, ma si rivelerà feconda anche per la fede eucaristica dei credenti che prendono parte alla celebrazione. Come frutto del Suo dono nell’Eucaristia, Gesù Cristo rimane sotto le specie del pane. Le celebrazioni come l’adorazione eucaristica al di fuori della santa messa, con l’esposizione e la benedizione con il Santissimo Sacramento, manifestano quello che sta nel cuore della celebrazione: l’adorazione, ossia l’unione con Gesù Ostia.

Si attribuisca notevolissima importanza al luogo del tabernacolo nel santuario (o anche di una cappella destinata esclusivamente all’adorazione del Santissimo) poiché è in sé «calamita», invito e stimolo alla preghiera, all’adorazione, alla meditazione, all’intimità con il Signore. Il Sommo Pontefice, nella summenzionata esortazione, sottolinea che «la corretta posizione del tabernacolo, infatti, aiuta a riconoscere la presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento. È necessario, pertanto, che il luogo in cui vengono conservate le Specie eucaristiche sia facilmente individuabile, grazie anche alla lampada perenne, da chiunque entri in chiesa» (Ibidem, n. 69). Il tabernacolo, custodia eucaristica, occupi un posto preminente nei santuari, così come anche, nel ricordare la relazione tra arte, fede e celebrazione, si ponga attenzione a «l’unità tra gli elementi propri del presbiterio: altare, crocifisso, tabernacolo, ambone, sede» (Ibidem, n. 41).

Ancora oggi i santuari conservano uno straordinario fascino, testimoniato dal numero crescente di pellegrini che vi si recano. Non raramente si tratta di uomini e donne di tutte le età e condizioni, con situazioni umane e spirituali complesse, alquanto lontani da una vita di fede solida, o con un fragile senso di appartenenza ecclesiale. Fare visita a un santuario può rivelarsi per essi una preziosa opportunità per incontrare Cristo e per riscoprire il senso profondo della propria vocazione battesimale o per sentirne un richiamo salutare. Anche a questo riguardo, nulla sia lasciato all’improvvisazione. Con sapienza evangelica e con ampia sensibilità, sarebbe altamente educativo farsi compagni di viaggio con i pellegrini e i visitatori, individuando le ragioni del cuore e le attese dello spirito. A tal riguardo sarà conveniente considerare la possibilità di creare appuntamenti spirituali anche in serata o di notte (adorazioni notturne o veglie di preghiera) laddove l’affluenza di pellegrini si rilevi di notevole entità e di flusso permanente. La vostra carità pastorale potrà costituire provvida occasione e forte stimolo perché nel loro cuore zampilli il desiderio di intraprendere un cammino di fede serio e intenso.

I santuari, nella fedeltà alla loro gloriosa tradizione, non dimentichino di essere impegnati nelle opere caritative e nel servizio assistenziale, nella promozione umana, nella salvaguardia dei diritti della persona, nell’impegno per la giustizia, secondo la dottrina sociale della Chiesa.

12 agosto 2011 da L’Osservatore Romano

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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