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Il Diritto Canonico e quello Orientale ... il Codice di Diritto Canonico...

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2015 20:41
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09/10/2010 12:37
 
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Leggi delle Chiese di rito orientale: storia e portata


20 anni dalla promulgazione del Codice di Diritto Canonico Orientale


di Carmen Elena Villa


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 8 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Dopo 20 anni dalla promulgazione del Codice di Diritto Canonico Orientale, è necessario “far emergere la sua ricchezza disciplinare, spirituale e di dialogo, e studiarne ulteriori potenzialità applicative”.

Lo ha affermato questo giovedì mattina monsignor Cyril Vasil S.I., segretario della Congregazione per le Chiese Orientali e Vescovo di Tolemaide, in Libia.

Il Codice di Diritto Canonico per le Chiese Orientali è stato pubblicato nel 1990 e regola i 23 riti sui iuris della Chiesa cattolica. Per questa ragione, si svolgerà a Roma questi venerdì e sabato un congresso per commemorare la seconda decade della sua promulgazione.

I riti sui iris hanno origine nelle tradizioni alessandrina, antiochena, armena, caldea e costantinopolitana.

In materia di sacramenti e degli elementi essenziali della fede cattolica, i riti orientali hanno le stesse leggi del rito latino. Il compendio dei canoni per le Chiese orientali ha tuttavia elementi particolari.

Parlando con ZENIT, monsignor Vasil, di origine slovacca e appartenente al rito bizantino, ha detto che il Codice di Diritto Canonico per le Chiese orientali “rappresenta la conclusione di un iter formativo del Diritto Canonico con speciale riguardo per le Chiese cattoliche orientali”.

Con la promulgazione di questo compendio di leggi, ha segnalato, “è la prima volta nella storia che abbiamo un codice comune a tutte le Chiese cattoliche orientali e un codice promulgato insieme come un intero libro dal Romano Pontefice”.

Un po' di storia

La ricerca della promulgazione del Codice di Diritto Canonico per le Chiese orientali è nata nel 1927 sotto il pontificato di Pio XI, “con preparazione dei lavori previ e raccolta delle fonti delle singole Chiese orientali, raccolte nei numerosi volumi pubblicati nelle Chiese orientali stesse”, ha spiegato monsignor Cyril. Si è iniziato così a pubblicare “singole parti di un futuro codice”, ha riferito.

A questo scopo, sono stati pubblicati prima quattro motu proprio che coprivano gran parte della materia giuridica di questo Codice. Quando il testo era già pronto, Papa Giovanni XXIII annunciò la convocazione del Concilio Vaticano II, “e questo comportò un cambiamento di aspetti e la ripresa del lavoro sul nuovo Codice”, ha spiegato il segretario della Congregazione per le Chiese Orientali. I lavori sono così ripresi nel 1972.

Il Codice è stato approvato nel 1990 da Giovanni Paolo II, e ha rappresentato “il risultato dell'incessante preghiera della Chiesa”, ha detto monsignor Cyril.

E' un compendio di leggi che rappresenta “l'espressione della sua lunga tradizione spirituale e disciplinare (della Chiesa) e della saggezza di quei sacri pastori rivestiti della potestà conferita loro da Cristo per il bene delle anime”.

Un cammino lungo 20 anni


Monsignor Cyril ha anche sottolineato i successi dell'applicazione di questo Codice nei suoi due decenni di storia, che a suo avviso “sono sufficienti per poter vedere i primi risultati”.

Uno dei maggiori successi, ha commentato, è il progresso di una struttura più solida nella tradizione orientale e la sua valorizzazione ecclesiale. Ad esempio, la Chiesa malabar, la Chiesa malankar e la Chiesa rumena sono diventate Chiese arcivescovili maggiori. La Chiesa slovacca, dal canto suo, è ora una Chiesa metropolitana sui iuris.

Il presule si è quindi riferito al caso dell'Europa orientale, dopo il cambiamento dell'aspetto geopolitico. “Siamo stati testimoni della nascita di alcune nuove Chiese, o dello sbriciolamento delle strutture ecclesiali in nuove circoscrizioni ecclesiastiche senza una univoca collocazione giuridico-amministrativa”, ha indicato.

“Il futuro indicherà qual è la strada che deve prendere un ulteriore sviluppo di queste comunità, quale deve essere il loro cammino”.

In questo contesto, c'è un contributo speciale delle Chiese circoscritte al rito bizantino in Europa, che si incontrano annualmente per trattare in modo fraterno vari aspetti della vita pastorale e dell'aggiornamento teologico, liturgico e giuridico. “Il cammino intrapreso in questi incontri comincia a portare i frutti di una reciproca conoscenza, di condivisione delle problematiche di interesse comune, di crescita del senso di solidarietà fra le nostre Chiese”.

Ad ogni modo, esistono altre Chiese particolari che procedono più lentamente. “Guardando il mosaico delle Chiese orientali cattoliche, specialmente in Europa, vediamo che le singole Chiese camminano a velocità differenziate”, ha riconosciuto il segretario della Congregazione per le Chiese Orientali.

Ad esempio, ci sono sedi diocesane che hanno la sede vacante da un decennio, “e senza la gerarchia vera e propria, o anche quelle che purtroppo finora non hanno una formale struttura gerarchica”.

Monsignor Cyril ha quindi concluso dicendo che il Codice di Diritto Canonico delle Chiese Orientali è diventato “il migliore strumento pastorale” e che in queste Chiese si è raggiunto “un equilibrio di struttura interna e di strumenti tecnici”.



Il Codice di Diritto Canonico Orientale compie 20 anni


Intervista a monsignor Arrieta, segretario del dicastero per i Testi Legislativi


di Carmen Elena Villa


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 8 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Quest'anno si festeggiano i 20 anni della promulgazione del Codice di Diritto Canonico Orientale. Si tratta della norma comune che regge le 23 Chiese sui iuris della Chiesa cattolica che raggruppa le cinque grandi tradizioni orientali di Alessandria, Antiochia, Armenia, rito caldeo e bizantino.

Per questo motivo è iniziato questo venerdì a Roma un Congresso di studi per ricordare questo importante anniversario. L'evento è organizzato dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi in collaborazione con la Congregazione per le Chiese Orientali, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e il Pontificio Istituto Orientale. Il Congresso è stato presentato questo giovedì mattina durante una conferenza stampa presso la Santa Sede.

Esperti sul tema analizzeranno l'evoluzione storica della codificazione orientale, l'attività legislativa delle Chiese orientali e gli aspetti ecumenici del Diritto orientale. Il Congresso terminerà sabato con un'udienza con Papa Benedetto XVI nella Sala Clementina.

Per capire meglio in cosa consiste e qual è l'importanza di questo documento, ZENIT ha intervistato monsignor Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

Che cos'è il Codice di Diritto Canonico Orientale?


Mons. Juan Ignacio Arrieta: E' un insieme di leggi, un libro che ha 1.700 canoni, che è una legislazione comune per tutte le 23 Chiese sui iuris, la legge comune a tutte loro. In questa legge comune si lascia poi che ciascuna di queste 23 Chiese sviluppi alcuni aspetti in base alla sua cultura, alla sua liturgia particolare, a seconda dei vari Paesi e della lingua originaria.

Perché hanno un Codice di Diritto Canonico diverso rispetto al rito latino?

Mons. Juan Ignacio Arrieta: Perché hanno tradizioni diverse. Nella Chiesa ci sono state due tradizioni che risalgono ai primi secoli del cristianesimo: tutte le Chiese orientali che gravitavano nell'area di Costantinopoli e poi tutte le Chiese latine occidentali che hanno gravitato direttamente da Roma, dal primato della Chiesa. Due tradizioni con due peculiarità. La cultura dell'Oriente non è come quella occidentale, anche se la società è sempre più mescolata. Si percepisce subito che le tradizioni sono diverse. Questo si riflette anche nella liturgia, nella disciplina, nelle regole di comportamento e anche in quelle della Chiesa. Per questo ci sono stati due mondi. Dall'Occidente è partita l'evangelizzazione dell'America e dell'Africa. L'Oriente è rimasto con le sue tradizioni e da qui è nata l'espansione in Asia, in Russia tra gli altri Paesi.

Quali sono gli elementi comuni dei due Codici di Diritto Canonico?

Mons. Juan Ignacio Arrieta: Molti dei loro canoni hanno in comune le leggi essenziali, più direttamente unite ai dogmi e alla fede che è comune. Tutti abbiamo in comune la stessa fede, cresciamo nelle stesse cose. Entrambi i Codici dicono che i sacramenti sono sette, o come si celebra il matrimonio, come si entra nella Chiesa attraverso il Battesimo, come si diventa sacerdote tramite l'ordinazione. C'è una serie di aspetti comuni.

Perché il Codice di Diritto Canonico contempla in alcuni riti orientali l'ordinazione di sacerdoti sposati?

Mons. Juan Ignacio Arrieta: Molte delle Chiese orientali sono Chiese che si sono unite a Roma dopo che ne erano separate, come avverrà con gli anglicani con la Costituzione Anglicanorum Coetibus. Erano state separate per secoli prima di riunirsi in comunione con Pietro. Questa separazione, in poche parole, è la disciplina che oggi troviamo anche tra gli ortodossi, perché anche in quel caso si ammette il sacerdozio di persone sposate. Nel caso di queste Chiese che si sono riunite con Roma, è stato permesso di mantenere questa disciplina, che non era mai stata presente nella Chiesa latina.

L'evento è collegato al Sinodo per il Medio Oriente?

Mons. Juan Ignacio Arrieta: Non sono stati pensati congiuntamente. Hanno coinciso e per questo abbiamo avvicinato le date per far sì che le persone che si recano a Roma per il Sinodo partecipino anche a questo evento.

Qual è l'obiettivo di un Congresso sul Codice di Diritto Canonico Orientale?


Mons. Juan Ignacio Arrieta: Aiutare queste Chiese perché molte di loro, che incontrano difficoltà a vivere nel proprio Paese o a svilupparsi giuridicamente, completino questo diritto particolare e proprio di ognuna di loro, perché deve essere plasmata l'identità di ciascuna di quelle Chiese, molto importante soprattutto in questa società di grande movimento. E' necessario che ci siano norme e che sia chiaro che cos'è ciascuna di loro.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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