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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Santa Brigida di Svezia e il ramo "ecumenico", ossia riportare il cattolicesimo in Svezia con la Beata Elisabetta

Ultimo Aggiornamento: 06/06/2016 10:10
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Beata Elisabetta

MARIA ELISABETTA HESSELBLAD

(1870 — 1957)

FONDATRICE
DELL'ORDINE DEL SANTISSIMO SALVATORE DI SANTA BRIGIDA

Beatificazione: 9 aprile 2000 — Festa: 24 aprile

MARIA ELISABETTA HESSELBLAD nacque a Fåglavik (Västergöt­land), in Svezia, il 4 giugno 1870, quinta di tredici figli di August Robert Hesselblad e Cajsa Pettesdotter Dag. Al battesimo, nella chiesa luterana della parrocchia di Hundene, il 12 luglio 1870, ricevette il nome di Elisabetta. Passò la sua infanzia in diversi luoghi, seguendo la sua famiglia in cerca di lavoro per motivi economici. Crescendo in un ambiente religioso di controversie fra le chiese libere (la religione più diffusa in Svezia) e le altre comunità religiose, senza capire perché Dio dovesse essere venerato diversamente, soffriva nell'in­timo per questa divisione della Chiesa.

Terminata la scuola elementare, nel 1886 andò a lavorare a Kârlosborg e nel 1888, a 18 anni, emigrò negli Stati Uniti d'America in cerca di lavoro per venire incontro alle necessità della numerosa famiglia. Qui visse lunghi anni (1888­-1904) solerte infermiera nel grande ospedale Roosevelt di New York, dove a contatto con la sofferenza e la malattia affinò la sua sensibilità umana e spiri­tuale, conformandola a quella della sua compatriota Santa Brigida, sempre in ricerca dell'Unico Ovile, come scrive nelle «Memorie autobiografiche »: «Da bambina, andando a scuola e vedendo che i miei compagni appartenevano a molte chiese diverse, cominciai a domandarmi quale fosse il vero ovile, perché avevo letto nel Nuovo Testamento che ci sarebbe stato un solo ovile ed un solo pastore ». Pregai spesso per essere condotta a quell'ovile e ricordo di averlo fatto specialmente in un'occasione quando, camminando sotto i grandi pini del mio paese natio, guardai in special modo verso il cielo e dissi: "Caro Padre, che sei nei cieli, indicami dov'e l'unico ovile nel quale Tu ci vuoi tutti riuniti". Mi sembrò che una pace meravigliosa entrasse nella mia anima e che una voce mi rispondesse: ‘Si, figlia mia, un giorno te lo indicherò’. Questa sicurezza mi accompagnò in tutti gli anni che precedettero la mia entrata nella Chiesa ».
Un evento significativo per la sua vita spirituale Isabella lo sperimentò nel dicembre 1901, a Saratoga, New York. Fu l'incontro con una suora ammalata, la quale aveva bisogno di massaggi e fisioterapia. Elisabetta curava con devozione l'inferma e venne ripagata con preghiere della religiosa. Fu proprio qui che cominciò la sua conversione al cattolicesimo.

Un altro evento fondamentale accadde nel giugno del 1902, quando la sua amica Emma Cisneros entrò in convento. Isabella si rivolse allora, il 12 agosto 1902, alla locale Università dei Gesuiti per parlare con un sacerdote sulla Chiesa cattolica. Sotto la guida del dotto Gesuita p. Johann Georg Hagen studiò con passione la dottrina cattolica e, con meditata scelta, l'accettò, facendosi battezzare sotto condizione il giorno dell'Assunzione della Beata Vergine Maria del 1902 e, il 17 agosto seguente, s'accostò al sacramento dell'Eucaristia. Descri­vendo il tempo che precedette questo suo passo nella Chiesa cattolica osserva: «Passarono alcuni mesi durante i quali la mia anima fu immersa in un'agonia che credetti mi avrebbe tolta la vita. Ma la luce venne, e con essa la forza. Per tanto tempo avevo pregato: "0 Dio, guidami, Luce amabile!" ed effettivamente mi fu concessa una luce benevola e con essa una pace profonda ed una ferma deci­sione di fare immediatamente il passo decisivo ed entrare nell'unica vera Chiesa di Dio. Oh! bramavo di essere esteriormente quella che ero da tanto tempo nell'interno del mio cuore e scrissi subito alla mia amica al Convento della Visitazione a Washington: "Adesso vedo tutto chiaro, tutti i miei dubbi sono scomparsi, devo divenire immediatamente figlia della vera Chiesa e tu dovrai farmi da madrina... Prega per me e ringrazia Dio e la Beata Vergine" ».

Nella primavera del 1903 Maria Elisabetta si trovava a casa in Svezia e, prima di partire per far ritorno in America, scrisse alla nonna i seguenti versi:
« Ti adoro, grande prodigio del cielo,
Che mi dai cibo spirituale in abito terreno!
Tu mi consoli nei miei momenti bui.
Quando ogni altra speranza per me e spenta!
Al Cuore di Gesù presso la balaustra dell'altare
Eternamente in amore sarò legata ».

Colpita da un male grave e ritenuto inguaribile, Elisabetta fu costretta ad interrompere gli studi di medicina. Data l'imminenza della morte, nel 1904, volle recarsi a Roma per offrire, come la sua connazionale santa Brigida (morta nel 1373), la vita per la Svezia separata dalla Chiesa di Roma. Qui ebbe per la prima volta l'incontro, nella cappella di Santa Brigida, con la Santa svedese. L'impatto con la santa provocò in lei un cambiamento radicale. D'ora in poi la sua vita non sarebbe più stata una ricerca, ma un'esperienza dell'unione con Dio.

Il 19 marzo 1904 ricevette la Cresima e in quel momento sentì che la sua vita doveva essere votata alla conversione cattolica del suo paese e al suo avvicinamento a Roma. Il 24 novembre 1904, nella casa di Santa Brigida, abitata dalle Carmelitane che l'accolsero con grande comprensione, vesì l'abito carme­litano prendendo Il nome di Suor Maria Elisabetta di Santa Brigida, conducendo una vita di preghiera e meditazione finche, nel 1906, diversi avvenimenti spin­sero Elisabetta alla realizzazione del sogno della sua infanzia: il desiderio che i membri della sua famiglia si convertissero al cattolicesimo si fece sempre più palese, l’arrivo a Roma del padre Hagen, preposto alla specola vaticana, l'inco­raggiava. L'intensa corrispondenza con le suore brigidine di Syon Abbey stimo­lava le sue prospettive e Pio X, informato delle sue intenzioni, le concesse di vestire l'abito del Ordine del SS. Salvatore di S. Brigida e di pronunciare i voti religiosi come figlia della Santa di Svezia. Il 22 giugno 1906, Elisabetta indossò per la prima volta l'abito brigidino e pronunciò i voti religiosi.

Intanto, guarita inaspettatamente dalla malattia gastroenterica, nel 1908 si mise in viaggio per raggiungere i monasteri brigidini sparsi in Germania, In­ghilterra, Olanda e Spagna. Ovunque veniva accolta amorevolmente, ma non sempre veniva data sufficiente attenzione al suo desiderio di riportare 1'Ordine nella nativa Svezia.

Al ritorno a Roma, nel 1911, sapeva che per la realizzazione del suo progetto bisognava percorrere altre strade. Rispondendo alle istanze e ai segni dei tempi dietro suggerimento del suo direttore spirituale, p. Hagen, fondò, il 9 settembre 1911, un nuovo ramo delle Brigidine, l'Ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida (Fig.), iniziando con tre giovani inglesi la vita comuni­taria. Rimanendo fedele alla tradizione brigidina per l'indole contemplativa e la celebrazione solenne della liturgia, diede al suo Ordine una notevole tensione ecumenica per favorire il dialogo tra la Chiesa di Svezia e Roma, ispirato dal grande ideale « Ut omnes unum sint ».

Con molto coraggio e lungimiranza, nel 1923, riportò le figlie di Santa Brigida in Svezia, sopportando tutte le sofferenze fisiche che l'accompagnarono per tutta la vita. La fondazione fu il primo convento brigidino in Svezia dopo la Riforma. Gli anni tra il 1923 e il 1937 furono quelli, in cui Elisabetta si adoperò per aprire nuove case in Europa e, nel 1937, anche in India. Durante la seconda guerra mondiale (1939-1944), come anche durante il dopoguerra (1945-1954), diede rifugio a molti ebrei perseguitati e trasformò la sua casa in un luogo dove le sue figlie potevano distribuire viveri e vestiario a quanti si trovavano in necessità. In questo periodo strinse contatti con il mondo evangelico, l'ambiente ebraico nonché con la nascente Associazione per l'unità dei cristiani, chiamata Unitas, che ospitava nella casa di Santa Brigida, ottenuta nel 1931 dalla Santa Sede, e il suo orizzonte ecumenico si allargò sempre più.

Gli ultimi anni della Madre Elisabetta (1954-1957) furono segnati dalla sofferenza fisica e morale, anche a causa di sofferenze interne, nelle quali essa viveva un amore indicibile alla Chiesa e una fedeltà senza limiti ai suoi pastori, anche quando questi furono investiti di particolari mandati all'inter­no dell'Ordine.

Il 24 aprile 1957, dopo una lunga vita segnata dalla sofferenza e dalla malattia, morì nella casa di Santa Brigida a Roma, lasciando grande fama di santità tra le sue Figlie Spirituali, nel clero e tra la gente povera e semplice, che la venerò Madre dei poveri e Maestra dello spirito.

I suoi resti mortali riposano nel piccolo chiostro della casa di Santa Brigida, Piazza Farnese, 96, Roma.
Beata Elisabetta
Il 9 aprile 2000, Maria Elisabetta Hesselblad è stata proclamata Beata da Papa Johann Paolo II.


Testi con tabelle ed immagini in alta qualità si trovano in:

Resch, Andreas: I Beati di Johann Paolo II. Volume IV : 1996-2000. - Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 2003, 343 p., ISBN 88-209-7502-5

Deutsch
RESCH, Andreas: Die Seligen Johannes Pauls II. 1996 - 2000. - Innsbruck: Resch, 2008 (Selige und Heilige Johannes Pauls II.; 4).(in preparazione)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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Santa Catarina Ulfsdotter, meglio conosciuta col nome di Caterina di Svezia, era la secondogenita degli otto figli di S. Brigida,
la grande mistica svedese che molta influenza ebbe nella storia, nella vita e nella letteratura del suo Paese, assai più della regale compatriota Cristina, che riempì delle sue stranezze le cronache mondane della Roma rinascimentale. Anche Brigida e la figlia Caterina legarono il loro nome alla città di Roma, ma con ben altri meriti.

Caterina, nata nel 1331, in giovanissima età si era maritata con Edgarvon Kyren, nobile di discendenza e soprattutto di sentimenti, poiché acconsentì al desiderio della giovane e graziosa consorte di osservare il voto di continenza, anzi, con commovente emulazione nella pratica della cristiana virtù della castità, si legò egli stesso a questo voto. Caterina, non certo per rendere più agevole l'osservanza del voto, all'età di diciannove anni raggiunse la madre a Roma, in occasione della celebrazione dell'Anno santo. Qui la giovane apprese la notizia della morte del marito.

Da questo momento la vita delle due straordinarie sante scorre sullo stesso binario: la figlia partecipa con totale dedizione all'intensa attività religiosa di S. Brigida. Questa aveva creato in Svezia una comunità di tipo cenobitico, nella cittadina di Vadstena, per accogliervi in separati conventi di clausura uomini e donne sotto una regola di vita religiosa ispirata al modello del mistico S. Bernardo di Chiaravalle. Durante il periodo romano che si protrasse fino alla morte di S. Brigida, il 23 luglio 1373, Caterina fu costantemente accanto alla madre, nei lunghi pellegrinaggi intrapresi, spesso tra gravi pericoli, dai quali le due sante non sarebbero uscite indenni senza un intervento soprannaturale.

S.Caterina viene spesso rappresentata accanto a un cervo, che, secondo la leggenda, più volte sarebbe comparso misteriosamente per trarla in salvo. Riportata in patria la salma della madre, nel 1375 Caterina entrò nel monastero di Vadstena, di cui venne eletta badessa, nel 1380.

Era rientrata allora da Roma da un secondo soggiorno di cinque anni, per seguire da vicino il processo di beatificazione della madre, che si concluse positivamente nel 1391.

A Roma, narra una tradizione leggendaria, Caterina avrebbe prodigiosamente salvato la città dalla piena del Tevere, che aveva già abbattuto gli argini.
L'episodio è raffigurato in un dipinto conservato nella cappella a lei dedicata nell'abitazione di piazza Farnese. Papa Innocenzo VIII ne permise la solenne traslazione delle reliquie; ma sarà l'unanime e universale devozione popolare a decretarle il titolo di santa e a festeggiarla nel giorno anniversario della morte, avvenuta il 24 marzo 1381.


Autore:
Piero Bargellini 

             
            santa Caterina di Svezia





Nel tardo Medioevo, sia in campo civile che in quello ecclesiastico, gli uomini si dilaniavano in lotte intestine, provocando guerre tra gli Stati e scismi nella Chiesa e mettendo a rischio la stessa sopravvivenza della civiltà cristiana, davanti al pericolo sempre incombente dei musulmani.

Dio allora suscitò donne come santa Brigida di Svezia e santa Caterina da Siena, contemporanee, che con il loro carisma cercarono di pacificare gli animi e di ricostruire l’unità della Chiesa, dando un contributo, sotto certi aspetti determinante, alla civiltà europea.

E giustamente sia s. Brigida patrona della Svezia (1303-1373), sia s. Caterina da Siena compatrona d’Italia (1347-1380), sono state proclamate compatrone dell’Europa, insieme a s. Benedetto da Norcia (470-547).

Sue origini e formazione
Brigida o Brigitta o Birgitta, nacque nel giugno 1303 nel castello di Finsta presso Uppsala in Svezia; suo padre Birgen Persson era ‘lagman’, cioè giudice e governatore della regione dell’Upplan, la madre Ingeborga era anch’essa di nobile stirpe.
In effetti Brigida apparteneva alla nobile stirpe dei Folkunghi e discendeva dal pio re cristiano Sverker I; ebbe altri sei fratelli e sorelle e le fu imposto il nome di Brigida, in onore di santa Brigida Cell Dara († 525), monaca irlandese, della quale i genitori erano devoti.
Dopo la morte della madre, a 12 anni fu mandata presso la zia Caterina Bengtsdotter, a completare la propria formazione; ancora fanciulla, Brigida dopo aver ascoltato una predica sulla Passione di Gesù, ebbe con Lui un profondo colloquio che le rimase impresso per sempre nella memoria.
Alla domanda: “O mio caro Signore, chi ti ha ridotto così?”, si sentì rispondere: “Tutti coloro che mi dimenticano e disprezzano il mio amore!”. La bambina decise allora di amare Gesù con tutto il cuore e per sempre.
Presso la zia, Brigida trascorse due anni, dove apprese le buone maniere delle famiglie nobili, la scrittura e l’arte del ricamo; durante questi anni non mancarono nella sua vita alcuni fenomeni mistici, come la visione del demonio sotto forma di mostro dai cento piedi e dalle cento mani.

Sposa e madre cristiana
A 14 anni, secondo le consuetudini dell’epoca, il padre la destinò in sposa del giovane Ulf Gudmarsson figlio del governatore del Västergötland; in verità Brigida avrebbe voluto consacrarsi a Dio, ma vide nella disposizione paterna la volontà di Dio e serenamente accettò.
Le nozze furono celebrate nel settembre 1316 e la sua nuova casa fu il castello di Ulfasa, presso le sponde del lago Boren; il giovane sposo, nonostante il suo nome, che significava ‘lupo’, si dimostrò invece uomo mite e desideroso di condurre una vita conforme agli insegnamenti evangelici.
Secondo quanto scrisse e raccontò poi la figlia s. Caterina di Svezia, al processo di canonizzazione, i due sposi vissero per un biennio come fratello e sorella nella preghiera e nella mortificazione; soltanto tre anni dopo nacque la prima figlia e in venti anni Brigida diede al marito ben otto figli, quattro maschi (Karl, Birger, Bengt e Gudmar) e quattro femmine (Marta, Karin, Ingeborga e Cecilia).
Nel 1330 il marito Ulf Gudmarsson fu nominato “lagman” di Närke e successivamente i due coniugi divennero anche Terziari Francescani; dietro questa nomina, c’era tutto l’impegno di Brigida, che gli aveva insegnato a leggere e scrivere e Ulf approfittando della spinta culturale della moglie, aveva approfondito anche lo studio del diritto, meritando tale carica.
Per venti anni Ulfasa fu il centro della vita di Brigida e tutta la provincia dell’Ostergötland divenne il suo mondo, il suo ruolo non fu solo quello di principessa di Närke, ma senza ostentare alcuna vanagloria, fu una ottima massaia, dirigeva il personale alle sue dipendenze, mescolata ad esso svolgeva le varie attività domestiche, instaurando un benefico clima di famiglia.
Si dedicava particolarmente ai poveri e alle ragazze, procurando a quest’ultime una onesta sistemazione per non cadere nella prostituzione; inoltre fece costruire un piccolo ospedale, dove ogni giorno si recava ad assistere gli ammalati, lavandoli e rammendando i loro vestiti.
In questo intenso periodo, conobbe il maestro Matthias, uomo esperto in Sacra Scrittura, di vasta cultura e zelante sacerdote; ben presto divenne il suo confessore e si fece tradurre da lui in svedese, buona parte della Bibbia per poterla leggere e meditare meglio; la sua presenza apportò a Brigida la conoscenza delle correnti di pensiero di tutta l’Europa, giacché don Matthias aveva studiato a Parigi, e tutto ciò si rivelerà utile per la conoscenza delle problematiche del tempo, preparandola alla sua futura missione.

Alla corte reale di Svezia
Quando però nel 1335, il re di Svezia Magnus II sposò Bianca di Dampierre, Brigida che era lontana cugina del sovrano, fi invitata a stabilirsi a corte, per ricevere ed assistere la giovane regina, figlia di Giovanni I, conte di Namur.
L’invito non si poteva respingere e quindi Brigida affidati due figlie e un figlio a monasteri cistercensi, lasciò temporaneamente la sua casa di Ulfasa e si trasferì a Stoccolma, portando con sé il figlio più piccolo, bisognoso ancora delle cure materne.
Ebbe grande influenza sui giovani sovrani e finché fu ascoltata, la Svezia ebbe buone leggi e furono abolite ingiuste ed inumane consuetudini, come il diritto regio di rapina su tutti i beni dei naufraghi, inoltre furono mitigate le tasse che opprimevano il popolo.
Poi man mano, mentre la regina cresceva, manifestando una eccessiva frivolezza favorita dalla debolezza del marito, Brigida si trovò messa da parte e la vita di corte divenne molto mondana.
A questo punto, senza rompere i rapporti con i sovrani, approfittando di momenti propizi e del lutto che l’aveva colpita con la morte nel 1338 del figlio Gudmar, Brigida lasciò la corte e se ne ritornò a casa sua, ritrovando nel castello di Ulfasa nella Nericia, la gioia della famiglia e della convivenza e con il marito si recò in pellegrinaggio a Nidaros per venerare le reliquie di sant’Olav Haraldsson (995-1030) patrono della Scandinavia.

Dalla vita coniugale allo stato religioso – L’esperienza mistica
Quando nel 1341 i due coniugi festeggiarono le nozze d’argento, vollero recarsi in pellegrinaggio a Santiago di Compostella; quest’evento segnò una svolta decisiva nella vita dei due coniugi, che già da tempo vivevano vita fraterna e casta.
Nel viaggio di ritorno, Ulf fu miracolosamente salvato da sicura morte grazie ad un prodigio e i due coniugi presero la decisione di abbracciare la vita religiosa, era una cosa possibile in quei tempi e parecchi santi e sante provengono da questa scelta condivisa.
Al ritorno, Ulf fu accolto nel monastero cistercense di Alvastra, dove poi morì il 12 febbraio 1344 assistito dalla moglie; Brigida a sua volta, avendo esaurito la sua missione di sposa e di madre, decise di trasferirsi in un edificio annesso al monastero di Alvastra, dove restò quasi tre anni fino al 1346.
Fu l’inizio del periodo più straordinario della sua vita; dopo un periodo di austerità e di meditazione sui divini misteri della Passione del Signore e dei dolori e glorie della Vergine, cominciò ad avere le visioni di Cristo, che in una di queste la elesse “sua sposa” e “messaggera del gran Signore”; iniziò così quello straordinario periodo mistico che durerà fino alla sua morte.
Ai suoi direttori spirituali come il padre Matthias, Brigida dettò le sue celebri “Rivelazioni”, sublimi intuizioni e soprannaturali illuminazioni, che ella conobbe per tutta la vita e che furono poi raccolte in otto bellissimi volumi.

Stimolatrice di riforme e di pace in Europa
Durante le visioni, Cristo la spingeva ad operare per il bene del Paese, dell’Europa e della Chiesa; non solo tornò a Stoccolma per portare personalmente al re e alla regina “gli ammonimenti del Signore”, ma inviò lettere e messaggi ai sovrani di Francia e Inghilterra, perché terminassero l’interminabile ‘Guerra dei Trent’anni’.
Suoi messaggeri furono mons. Hemming, vescovo di Abo in Finlandia e il monaco Pietro Olavo di Alvastra; un altro monaco omonimo divenne suo segretario.
Esortò anche papa Clemente VI a correggersi da alcuni gravi difetti e di indire il Giubileo del 1350, inoltre di riportare la Sede pontificia da Avignone a Roma.

La fondazione del nuovo Ordine religioso
Nella solitudine di Alvastra, concepì anche l’idea di dare alla Chiesa un nuovo Ordine religioso che sarà detto del Santo Salvatore, composto da monasteri ‘doppi’, cioè da religiosi e suore, rigorosamente divisi e il cui unico punto d’incontro era nella chiesa per la preghiera in comune; ma tutti sotto la guida di un’unica badessa, rappresentante la Santa Vergine e con un confessore generale.
Ottenuto dal re, il 1° maggio 1346, il castello di Vadstena, con annesse terre e donazioni, Brigida ne iniziò i lavori di ristrutturazione, che durarono molti anni, anche perché papa Clemente VI non concesse la richiesta autorizzazione per il nuovo Ordine, in ottemperanza al decreto del Concilio Ecumenico Lateranense del 1215, che proibiva il sorgere di nuovi Ordini religiosi.
Per questo già nell’autunno del 1349, Brigida si recò a Roma, non solo per l’Anno Santo del 1350, ma anche per sollecitare il papa, quando sarebbe ritornato a Roma, a concedere l’approvazione, che fu poi concessa solo nel 1370 da papa Urbano V.
L’Ordine del Ss. Salvatore, era costituito ispirandosi alla Chiesa primitiva raccolta nel Cenacolo attorno a Maria; la parte femminile era formata da 60 religiose e quella maschile da 25 religiosi, di cui 13 sacerdoti a ricordo dei 12 Apostoli con s. Paolo e 2 diaconi e 2 suddiaconi rappresentanti i primi 4 Padri della Chiesa e otto frati.
Riassumendo, ogni comunità doppia era composta da 85 membri, dei quali 60 suore che con i 12 monaci non sacerdoti rappresentavano i 72 discepoli, più i 13 sacerdoti come sopra detto.
Il gioco di numeri, rientrava nel gusto del tempo per il simbolismo, rappresentare gli apostoli e i discepoli, spingeva ad un richiamo concreto a vivere come loro erano vissuti; senza dimenticare che in quell’epoca non esisteva crisi vocazionale e ciò permetteva di raggiungere senza difficoltà il numero di monache e religiosi prescritto per ogni doppio monastero.

Roma sua seconda patria
Arrivata a Roma insieme al confessore, al segretario Pietro Magnus e al sacerdote Gudmaro di Federico, alloggiò brevemente nell’ospizio dei pellegrini presso Castel Sant’Angelo, e poi nel palazzo del cardinale Ugo Roger di Beaufort, fratello del papa, che vivendo ad Avignone, aveva deciso di metterlo a disposizione di Brigida, la cui fama era giunta anche alla Curia avignonese.
Roma non fece una buona impressione a Brigida, ne migliorò in seguito; nei suoi scritti la descriveva popolata di rospi e vipere, le strade piene di fango ed erbacce, il clero avido, immorale e trascurato.
Si avvertiva fortemente la lontananza da tanto tempo del papa, al quale descriveva nelle sue lettere la decadente situazione della città, spronandolo a ritornare nella sua sede, ma senza riuscirci.
Vedere l’Europa unita e in pace, governata dall’imperatore e guidata spiritualmente dal papa, era il sogno di Brigida e dei grandi spiriti del suo tempo.
Dopo quattro anni, si trasferì poi nella casa offertale nel suo palazzo, dalla nobildonna romana Francesca Papazzurri, nelle vicinanze di Campo de’ Fiori; Roma divenne così per Brigida la sua seconda patria.
Trascorreva le giornate studiando il latino, dedicandosi alla preghiera e alle pratiche di pietà, trascrivendo in gotico le visioni e le rivelazioni del Signore, che poi passava subito al suo segretario Pietro Olavo perché le traducesse in latino.
Dalla dimora di Campo de’ Fiori, che abiterà fino alla morte, inviava lettere al papa, ai reali di Svezia, alle regine di Napoli e di Cipro e naturalmente ai suoi figli e figlie rimasti a Vadstena.

Apostola riformatrice in Italia
Si spostò in pellegrinaggio a vari santuari del Centro e Sud d’Italia, Assisi, Ortona, Benevento, Salerno, Amalfi, Gargano, Bari; nel 1365 Brigida andò a Napoli dove fu artefice e ispiratrice di una missione di risanamento morale, ben accolta dal vescovo e dalla regina Giovanna che seguendo i suoi consigli, operò una radicale conversione nei suoi costumi e in quelli della corte.
Napoli ha sempre ricordato con venerazione la santa del Nord Europa, e a lei ha dedicato un bella chiesa e la strada ove è situata nel centro cittadino; recentemente le sue suore si sono stabilite nell’antico e prestigioso Eremo dei Camaldoli che sovrasta Napoli.
Brigida, si occupò anche della famosa abbazia imperiale di Farfa nella Sabina, vicino Roma, dove l’abate con i monaci “amava più le armi che il claustro”, ma il suo messaggio di riforma non fu ascoltato da essi.
Mentre era ancora a Farfa, fu raggiunta dalla figlia Caterina (Karin), che nel 1350 era rimasta vedova e che rimarrà al suo fianco per sempre, condividendo in pieno l’ideale della madre.
Ritornata a Roma, Brigida continuò a lanciare richiami a persone altolocate e allo stesso popolo romano, per una vita più cristiana, si attirò per questo pesanti accuse, fino ad essere chiamata “la strega del Nord” e a ridursi in estrema povertà, e lei la principessa di Nericia, per poter sostenere sé stessa e chi l’accompagnava, fu costretta a chiedere l’elemosina alla porta delle chiese.

Il ritorno temporaneo del papa – Pellegrina in Terra Santa
Nel 1367 sembrò che le sue preghiere si avverassero, il papa Urbano V tornò da Avignone, ma la sua permanenza a Roma fu breve, perché nel 1370 ripartì per la Francia, nonostante che Brigida gli avesse predetto una morte precoce se l’avesse fatto; infatti appena giunto ad Avignone, il 24 settembre 1370 il papa morì.
Durante il breve periodo romano, Urbano V concesse la sospirata approvazione dell’Ordine del Ss. Salvatore e Caterina di Svezia ne diventò la prima Superiora Generale.
Brigida continuò la sua pressione epistolare, a volte molto infuocata, anche con il nuovo pontefice Gregorio XI, che già la conosceva, affinché tornasse il papato a Roma, ma anche lui pur rimanendo impressionato dalle sue parole, non ebbe il coraggio di farlo.
Ma anche Brigida, ormai settantenne, si avviava verso la fine; ottenuto il via per il suo Ordine religioso, volle intraprendere il suo ultimo e più desiderato pellegrinaggio, quello in Terra Santa.
L’accompagnavano il vescovo eremita Alfonso di Jaén custode delle sue ‘Rivelazioni’ messe per iscritto, di cui molte rimaste segrete, poi i due sacerdoti Olavo, Pietro Magnus e i figli Caterina, Birger e Karl e altre quattro persone, in totale dodici pellegrini.
Verso la fine del 1371, la comitiva partì da Roma diretta a Napoli, dove trascorse l’inverno; in prossimità della partenza, nel marzo 1372 Brigida vide morire di peste il figlio Karl, ma non volle annullare il viaggio e dopo aver pregato per lui e provveduto alla sepoltura, s’imbarcò per Cipro, dove fu accolta dalla regina Eleonora d’Aragona, che approfittò del suo passaggio per attuare una benefica riforma nel suo regno.
A maggio 1372 arrivò a Gerusalemme, dove in quattro mesi poté visitare e meditare nei luoghi della vita terrena di Gesù, poi ritornò a Roma col cuore pieno di ricordi ed emozioni e subito inviò ad Avignone il vescovo Alfonso di Jaén, con un’ulteriore messaggio per il papa, per sollecitarne il ritorno a Roma.

Morte, eredità spirituale, culto
A Gerusalemme, Brigida contrasse una malattia, che in fasi alterne si aggravò sempre più e in breve tempo dal suo ritorno a Roma, il 23 luglio 1373, la santa terminò la sua vita terrena, con accanto la figlia Caterina alla quale aveva affidato l’Ordine del Ss. Salvatore; nella sua stanza da letto si celebrava l’Eucaristia ogni giorno e prima di morire ricevette il velo di monaca dell’Ordine fa lei fondato.
Unico suo rimpianto era di non aver visto il papa tornare a Roma definitivamente, cosa che avverrà poco più di tre anni dopo, il 17 gennaio 1377, per mezzo di un’altra donna s. Caterina da Siena, che continuando la sua opera di persuasione, con molta fermezza, riuscì nell’intento.
Fu sepolta in un sarcofago romano di marmo, collocato dietro la cancellata di ferro nella Chiesa di S. Lorenzo in Damaso; ma già il 2 dicembre 1373, i figli Birger e Caterina, partirono da Roma per Vadstena, portando con loro la cassa con il corpo, che fu sepolto nell’originario monastero svedese il 4 luglio 1374.
A Roma rimasero alcune reliquie, conservate tuttora nella Chiesa di San Lorenzo in Panisperna e dalle Clarisse di San Martino ai Monti.
La figlia Caterina e i suoi discepoli, curarono il suo culto e la causa di canonizzazione; Brigida di Svezia fu proclamata santa il 7 ottobre 1391, da papa Bonifacio IX.
Del suo misticismo rimangono le “Rivelazioni”, raccolte in otto volumi e uno supplementare, ad opera dei suoi discepoli. A questi scritti la Chiesa dà il valore che hanno le rivelazioni private; sono credibili per la santità della persona che le propone, tenendo sempre conto dei condizionamenti del tempo e della persona stessa.
Come tante spiritualità del tardo medioevo, Brigida ebbe il merito di mettere le verità della fede alla portata del popolo, con un linguaggio visivo che colpiva la fantasia, toccava il cuore e spingeva alla conversione; per questo le “Rivelazioni” ebbero il loro influsso per lungo tempo nella vita cristiana, non solo dei popoli scandinavi, ma anche dei latini.
Papa Giovanni Paolo II la proclamò compatrona d’Europa il 1° ottobre 1999; santa Brigida è inoltre patrona della Svezia dal 1° ottobre 1891.

Le Suore Brigidine
Il suo Ordine del SS. Salvatore, le cui religiose sono dette comunemente “Suore Brigidine”, ebbe per due secoli un grande influsso sulla vita religiosa dei Paesi Scandinavi e nel periodo di maggiore fioritura, contava 78 monasteri ‘doppi’, nonostante le rigide regole numeriche, diffusi particolarmente nei Paesi nordici. Declinò e fu sciolto prima con la Riforma Protestante luterana, poi con la Rivoluzione Francese; in Italia le due prime Case si ebbero a Firenze e a Roma.
L’antico Ordine è rifiorito nel ramo femminile, grazie alla Beata Maria Elisabetta Hesselblad (1870-1957), che ne fondò un nuovo ramo all’inizio del Novecento; ora è diffuso in vari luoghi d’Europa, fra cui Vadstena, primo Centro dell’Ordine; le Suore Brigidine si riconoscono per il tipico copricapo, due bande formano sul capo una croce, i cui bracci sono uniti da una fascia circolare e con cinque fiamme, una al centro e quattro sul bordo, che ricordano le piaghe di Cristo.


Autore:
Antonio Borrelli




Spunti bibliografici su Santa Brigida di Svezia a cura di LibreriadelSanto.it

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                                         santa Brigida di Svezia

http://www.santiebeati.it/dettaglio/28400

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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10/08/2012 23:08
 
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Le parole colorate di Brigida  

La santa del mese raccontata da Ulla Birgitta Gudmundson

Sulla mia libreria tengo uno stampo per i formaggi ereditato dai nonni. È quadrato, di legno, con incisa la data 6 maggio 1794 e le iniziali di chi lo ha realizzato. Sul fondo, all’interno, c’è un disegno intricato, che serviva a decorare il formaggio, decorazione che si sarebbe vista togliendo il formaggio dal piatto e capovolgendolo. Piccoli fori consentivano al siero di colare via durante il processo di maturazione.

Il modo di fare il formaggio nella Svezia rurale non è molto cambiato tra il XIV e il XVIII secolo. Quindi l’immagine che Brigida (1303-1373), unica santa svedese canonizzata dalla Chiesa cattolica, aveva in mente quando ha fatto fare a Cristo il paragone tra l’anima e un formaggio e tra il corpo e uno stampo per i formaggi non può essere stata molto diversa da quella che vedo adesso mentre scrivo.

Lorenzo Lotto, «Storie di santa Brigida, Opere di carità in campagna» (Trescore, Oratorio Suardi, particolare, 1524)Santa Brigida è stata derisa per questo paragone molto terra terra. Tuttavia è un’immagine dalla grande forza esplicativa. Come il formaggio nel suo stampo, l’anima umana deve trascorrere un certo tempo a maturare nel corpo, liberandosi gradatamente delle impurità, come il formaggio si libera del siero. Il fine ultimo, però, è quello che il formaggio lasci lo stampo, maturo e perfetto.

Brigida è la prima grande scrittrice in lingua svedese. La sua creazione — il convento di Vadstena — è stato per duecento anni il centro culturale del Nord Europa. Ebba Witt-Brattström, femminista e docente di letteratura, afferma che lo svedese scritto, di fatto, è nato dalle attività di traduzione dell’ordine brigidino. L’immagine del formaggio utilizzato dalla santa è solo una tra le tante, tutte molto colorite. Paragona i Papi alle farfalle e agli uccellini appena nati, un vescovo a un tafano, una badessa a una vacca grassa, re e regine a scimmie, serpenti e torsoli di mela. Riesce però anche a evocare l’eleganza di corte. La Vergine, patrona e principale interlocutrice di Brigida nelle sue Rivelazioni, è maestosa, sontuosamente vestita di una tunica d’oro, con un mantello blu cielo e una corona con «sette gigli e sette pietre».

Erich Auerbach, autore del classico letterario Mimesis, sottolinea che questo movimento tra stile alto e basso, tra sublimitas e humilitas, è, di fatto, il contributo che il cristianesimo ha dato alla letteratura occidentale. Una dimensione che si basa sull’incarnazione di Cristo, la sua sofferenza, la sua morte ignominiosa e la sua gloriosa risurrezione. È iniziato nel XII secolo, ma indica Dante e l’epoca moderna.

Santa Brigida corrispondeva ai requisiti che deve avere una scrittrice secondo Virginia Woolf: una stanza tutta per sé e un reddito di cinquecento sterline annue. Era un’aristocratica, imparentata con la casa reale svedese. La sua famiglia era immensamente ricca. Crebbe e visse da sposata in case splendide. Al suo arrivo a Roma nel 1350 le fu offerto il palazzo di un cardinale e, successivamente, un altro a piazza Farnese, l’attuale Casa Santa Brigida, dove si vede ancora la stanza in cui dormì e scrisse. Naturalmente, però, il fine di santa Brigida non è letterario. La sua missione è profetica. Lungi dal seguire il consiglio di tacere che san Paolo rivolge alle donne, intende mettere chierici e principi sulla retta via (le sue origini e la sua posizione in ciò si rivelano utili). È profondamente umile dinanzi a Dio, ma è implacabile nella sua critica ai grandi del mondo. Birgher Berg, compianto docente di latino all’università di Lund, la paragona a un’agente di polizia con un mandato d’arresto, fiduciosa che l’autorità, non la sua, ma quella del suo principale, verrà rispettata.

Erano tempi turbolenti. Nella Svezia di santa Brigida i principi si uccidevano tra loro. La peste imperversava in Europa. Imperatori e re lottavano per il potere. Il Papa era praticamente prigioniero dei francesi ad Avignone. Brigida si fa carico dei conflitti politici dell’epoca. Cerca di mediare per la pace tra l’Inghilterra e la Francia. Cerca d’influenzare la successione in Svezia. Suggerisce a Clemente vi e Urbano v di ritornare a Roma. Il suo fine, però, è la salvezza delle anime. La sua eredità duratura è l’umanizzazione del cristianesimo attraverso Maria: non una giovane obbediente, ma un’avvocata forte, intelligente e misericordiosa dell’umanità dinanzi al tribunale di Cristo. I pubblici ministeri sono diavoli; sempre logici, onesti e formati teologicamente. Pur se cattivi, sono servitori di Cristo e gli obbediscono. Ottengono un processo giusto e talvolta conquistano un’anima. Ma non riescono a vedere che c’è qualcosa che va oltre la ragione e la legge, vale a dire la grazia e la misericordia.

Brigida è stata canonizzata nel 1391. Nel 1999 Giovanni Paolo II l’ha eletta patrona d’Europa. Era impavida, straordinariamente capace, decisa a confrontarsi con la storia. Forse era difficile andarci d’accordo, ma di sicuro si preoccupava delle persone sofferenti e nutriva un grande amore verso Dio e la Chiesa. Una mia amica cattolica, quando le ho chiesto la sua opinione su santa Brigida, mi ha detto: «L’ammiro immensamente. Vorrei che la Chiesa apprezzasse le tante donne coraggiose e intelligenti che, come santa Brigida, oggi giustamente amano e cercano una Chiesa viva».

Ulla Gudmundson è ambasciatore di Svezia presso la Santa Sede dal 2008. In precedenza è stata direttore dell’ufficio per l’analisi delle politiche del Ministero degli Affari Esteri svedese, vice capo della delegazione svedese presso la Nato e primo corrispondente europeo della Svezia. Scrive per «Kyrkans Tidning», il giornale della Chiesa in Svezia. Tra gli altri, ha pubblicato Nato i närbild (“La Nato vista da vicino”) e Påven Benedictus, Kyran och världen (“Papa Benedetto, la Chiesa e il mondo”, premio Axel Munthe San Michele 2011).

 
Osservatore Romano 31 luglio 2012

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È SANTA MARIA ELISABETTA HESSELBLAD, LA EX LUTERANA CHE NON AVEVA MAI VISTO UN ROSARIO

di Elisabetta Longo

 È santa Maria Elisabetta Hesselblad, la ex luterana che non aveva mai visto un rosario

Ieri è stata canonizzata a Roma Maria Elisabetta Hesselblad, nata luterana a Faglavik, Svezia, il 4 giugno 1870 e morta cattolica a Roma il 25 aprile 1957, nel convento di Santa Brigida, dopo aver girato il mondo. Quinta di tredici figli, Maria Elisabetta ha convissuto ogni giorno della sua vita con i dolori atroci del Morbo di Chron, che le provocavano ulcere e sanguinamenti senza fine. Nonostante la sofferenza personale, non ha mai smesso di dedicarsi agli altri, fin dall’adolescenza, quando in cerca di fortuna si è trasferita a New York, lavorando come infermiera. Ed è proprio curando una malata irlandese cattolica che Maria Elisabetta si incuriosisce per quella fede così diversa dalla sua, rigida, luterana.

Non capiva che cosa fosse quella strana collanina da cui la malata non voleva separarsi e che altro non era se non un rosario. La santa svedese non l’aveva mai visto perché la sua religione non prevede la devozione alla Madonna, spiega a tempi.it Aldo Maria Valli, giornalista e vaticanista Rai, che ha raccontato la storia della santa nel libro La ragazza che cercava Dio (Ancora, 160 pagine, 15 euro).

Perché si è interessato alla vita di Maria Elisabetta?
Per caso, perché come tanti altri passanti ero attirato dalla bellezza del convento di Santa Brigida, in piazza Farnese, nel cuore della Capitale. Con il suo bianco candore e il suo campanile l’edificio svetta sulla piazza. Un giorno ho bussato e mi hanno aperto le suore brigidine, inconfondibili per via del loro copricapo, un velo nero con una croce bianca di lino cucita sopra. Il silenzio e la pace che regnano in quel luogo di preghiera contrastano molto con il rumore della piazza, sempre brulicante di persone. Sono state proprio loro, in seguito, a chiedermi di narrare la vita di Elisabetta, beatificata nel 2012, e appena fatta santa. Grazie al dialogo con madre Tekla, che oggi dirige l’ordine, è nato questo libro.

Fin da bambina la vita della santa sembra piena di premonizioni sul suo destino.
La Svezia in cui è cresciuta Maria Elisabetta era molto diversa dallo Stato che conosciamo oggi: era un paese povero, dal quale tutti fuggivano, per lo più diretti in America. Già tra i banchi di scuola, da piccola, la santa si chiede come mai i cristiani fossero divisi in tante fedi, pur avendo letto nella Bibbia l’espressione “un unico ovile”. Per lei sarà sconvolgente vedere come gli irlandesi cattolici siano attaccati ai loro rosari, simbolo della fede nella Madonna che lei luterana non aveva mai conosciuto. Grazie all’amicizia con un padre gesuita intraprenderà il cammino fino alla conversione e passo dopo passo prenderà consapevolezza di voler seguire i dettami di santa Brigida, svedese come lei.

Santa Brigida è vissuta nel 1300, santa Maria Elisabetta invece ha visto i due conflitti mondiali. Quali sono i punti in comune tra le due donne?
Io penso che entrambe siano state due sante molto concrete, molto impegnate a servire Cristo piuttosto che a farsi spaventare dalle difficoltà del clima in cui stavano vivendo. Santa Brigida ha assistito all’inizio dello scioglimento della Chiesa, eppure ha continuato a rimanere fedele ai suoi principi, fatti di obbedienza, austerità, preghiera. Santa Maria Elisabetta invece ha visto il mondo spaccato dalla guerra, eppure non ha avuto paura, e lo ha dimostrato ospitando nel convento di piazza Farnese tanti ebrei che rischiavano la deportazione. Inoltre, ha continuato a lottare ogni giorno con gli atroci dolori provocati dalla sua malattia, senza mai dar retta ai medici che le dicevano di riposare o fermarsi.

Il miracolo che ha aperto la strada alla sua beatificazione è avvenuto nel 1985 e ha coinvolto proprio una suora brigidina, di origine indiane, affetta da una grave forma di tubercolosi ossea. Il secondo miracolo, quello che l’ha resa santa, è accaduto invece nel 2015, e riguarda un bambino cubano affetto da tumore al cervelletto.
È particolarmente significativo che il miracolo definitivo riguardi un bambino di Cuba, per quello che Cuba ha rappresentato per la religione cattolica. Nel 2012, quando Maria Elisabetta era appena stata fatta beata, ho seguito il viaggio di papa Benedetto XVI a L’Avana. In quell’occasione mi sono recato al convento delle Brigidine, una roccaforte di silenzio e preghiera nelle strade animate e colorate della città. Mi ha molto colpito. E mi ha colpito ancora di più sapere che era stato proprio un bambino cubano il destinatario della grazia. Nel febbraio 2014 Carlos Miguel, dopo tre lunghissimi interventi, continuava a peggiorare e a soffrire. Allora una suora brigidina del convento di L’Avana ha proposto ai genitori di pregare l’allora beata Maria Elisabetta, al cospetto di una sua reliquia. Dopo qualche giorno Carlos riprese a camminare, fino a guarigione completa e rapida.



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