Le parole colorate di Brigida
La santa del mese raccontata da Ulla Birgitta Gudmundson
Sulla mia libreria tengo uno stampo per i formaggi ereditato dai nonni. È quadrato, di legno, con incisa la data 6 maggio 1794 e le iniziali di chi lo ha realizzato. Sul fondo, all’interno, c’è un disegno intricato, che serviva a decorare il formaggio, decorazione che si sarebbe vista togliendo il formaggio dal piatto e capovolgendolo. Piccoli fori consentivano al siero di colare via durante il processo di maturazione.
Il modo di fare il formaggio nella Svezia rurale non è molto cambiato tra il XIV e il XVIII secolo. Quindi l’immagine che Brigida (1303-1373), unica santa svedese canonizzata dalla Chiesa cattolica, aveva in mente quando ha fatto fare a Cristo il paragone tra l’anima e un formaggio e tra il corpo e uno stampo per i formaggi non può essere stata molto diversa da quella che vedo adesso mentre scrivo.
Santa Brigida è stata derisa per questo paragone molto terra terra. Tuttavia è un’immagine dalla grande forza esplicativa. Come il formaggio nel suo stampo, l’anima umana deve trascorrere un certo tempo a maturare nel corpo, liberandosi gradatamente delle impurità, come il formaggio si libera del siero. Il fine ultimo, però, è quello che il formaggio lasci lo stampo, maturo e perfetto.
Brigida è la prima grande scrittrice in lingua svedese. La sua creazione — il convento di Vadstena — è stato per duecento anni il centro culturale del Nord Europa. Ebba Witt-Brattström, femminista e docente di letteratura, afferma che lo svedese scritto, di fatto, è nato dalle attività di traduzione dell’ordine brigidino. L’immagine del formaggio utilizzato dalla santa è solo una tra le tante, tutte molto colorite. Paragona i Papi alle farfalle e agli uccellini appena nati, un vescovo a un tafano, una badessa a una vacca grassa, re e regine a scimmie, serpenti e torsoli di mela. Riesce però anche a evocare l’eleganza di corte. La Vergine, patrona e principale interlocutrice di Brigida nelle sue Rivelazioni, è maestosa, sontuosamente vestita di una tunica d’oro, con un mantello blu cielo e una corona con «sette gigli e sette pietre».
Erich Auerbach, autore del classico letterario Mimesis, sottolinea che questo movimento tra stile alto e basso, tra sublimitas e humilitas, è, di fatto, il contributo che il cristianesimo ha dato alla letteratura occidentale. Una dimensione che si basa sull’incarnazione di Cristo, la sua sofferenza, la sua morte ignominiosa e la sua gloriosa risurrezione. È iniziato nel XII secolo, ma indica Dante e l’epoca moderna.
Santa Brigida corrispondeva ai requisiti che deve avere una scrittrice secondo Virginia Woolf: una stanza tutta per sé e un reddito di cinquecento sterline annue. Era un’aristocratica, imparentata con la casa reale svedese. La sua famiglia era immensamente ricca. Crebbe e visse da sposata in case splendide. Al suo arrivo a Roma nel 1350 le fu offerto il palazzo di un cardinale e, successivamente, un altro a piazza Farnese, l’attuale Casa Santa Brigida, dove si vede ancora la stanza in cui dormì e scrisse. Naturalmente, però, il fine di santa Brigida non è letterario. La sua missione è profetica. Lungi dal seguire il consiglio di tacere che san Paolo rivolge alle donne, intende mettere chierici e principi sulla retta via (le sue origini e la sua posizione in ciò si rivelano utili). È profondamente umile dinanzi a Dio, ma è implacabile nella sua critica ai grandi del mondo. Birgher Berg, compianto docente di latino all’università di Lund, la paragona a un’agente di polizia con un mandato d’arresto, fiduciosa che l’autorità, non la sua, ma quella del suo principale, verrà rispettata.
Erano tempi turbolenti. Nella Svezia di santa Brigida i principi si uccidevano tra loro. La peste imperversava in Europa. Imperatori e re lottavano per il potere. Il Papa era praticamente prigioniero dei francesi ad Avignone. Brigida si fa carico dei conflitti politici dell’epoca. Cerca di mediare per la pace tra l’Inghilterra e la Francia. Cerca d’influenzare la successione in Svezia. Suggerisce a Clemente vi e Urbano v di ritornare a Roma. Il suo fine, però, è la salvezza delle anime. La sua eredità duratura è l’umanizzazione del cristianesimo attraverso Maria: non una giovane obbediente, ma un’avvocata forte, intelligente e misericordiosa dell’umanità dinanzi al tribunale di Cristo. I pubblici ministeri sono diavoli; sempre logici, onesti e formati teologicamente. Pur se cattivi, sono servitori di Cristo e gli obbediscono. Ottengono un processo giusto e talvolta conquistano un’anima. Ma non riescono a vedere che c’è qualcosa che va oltre la ragione e la legge, vale a dire la grazia e la misericordia.
Brigida è stata canonizzata nel 1391. Nel 1999 Giovanni Paolo II l’ha eletta patrona d’Europa. Era impavida, straordinariamente capace, decisa a confrontarsi con la storia. Forse era difficile andarci d’accordo, ma di sicuro si preoccupava delle persone sofferenti e nutriva un grande amore verso Dio e la Chiesa. Una mia amica cattolica, quando le ho chiesto la sua opinione su santa Brigida, mi ha detto: «L’ammiro immensamente. Vorrei che la Chiesa apprezzasse le tante donne coraggiose e intelligenti che, come santa Brigida, oggi giustamente amano e cercano una Chiesa viva».
Ulla Gudmundson è ambasciatore di Svezia presso la Santa Sede dal 2008. In precedenza è stata direttore dell’ufficio per l’analisi delle politiche del Ministero degli Affari Esteri svedese, vice capo della delegazione svedese presso la Nato e primo corrispondente europeo della Svezia. Scrive per «Kyrkans Tidning», il giornale della Chiesa in Svezia. Tra gli altri, ha pubblicato Nato i närbild (“La Nato vista da vicino”) e Påven Benedictus, Kyran och världen (“Papa Benedetto, la Chiesa e il mondo”, premio Axel Munthe San Michele 2011).
Osservatore Romano 31 luglio 2012