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La Devozione popolare mariana, fatti e storie, cultura di popoli

Ultimo Aggiornamento: 05/01/2015 11:36
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[SM=g1740720] A difesa della fede cattolica [SM=g1740752]


Il santuario lombardo di Tirano


di Pina Baglioni


Veduta del santuario di Tirano. Accanto al campanile in stile romanico-lombardo,la maestosa cupola realizzata nel 1580

Veduta del santuario di Tirano. Accanto al campanile in stile romanico-lombardo,la maestosa cupola realizzata nel 1580

Non è un santuario come un altro quello di Tirano.
La facciata rinascimentale in puro stile bramantesco, la maestosa cupola e l’alto campanile in stile romanico-lombardo segnalano una particolarità: qui la Madonna, alle prime ore dell’alba del 29 settembre del 1504, non è apparsa in luogo sperduto di montagna, come tante altre volte è accaduto in queste terre lombarde. Ma in un lembo di terra, si direbbe oggi, geopoliticamente strategico: nel bel mezzo della Valtellina, con Bormio e il passo dello Stelvio sullo sfondo, allo sbocco della valle del Poschiavo. Dove l’itinerario trasversale delle Alpi si unisce a quello della strada di valle, la Valeriana, e a quello, non secondario, del passo dell’Aprica: uno snodo importante per raggiungere tutti i territori d’oltralpe, dove mercanti e soldati, eretici e santi si sono incontrati.

I valtellinesi devono tutto alla Madonna. Non solo ha guarito, resuscitato bambini nati morti, allontanato pestilenze e carestie e concesso una quantità impressionante di grazie. Sotto il suo sguardo vigile, Lutero, Calvino e le pratiche esoteriche, particolarmete diffuse in queste terre, hanno trovato in Lei un baluardo inespugnabile.

Anche oggi a Tirano tutto parla di Lei: le storie, le guide locali, le segnalazioni stradali. Gli alberghetti che fanno da corona alla grande piazza rettangolare, dove si erge maestoso il santuario, hanno sempre il tutto esaurito di pellegrini. Ogni giorno un treno rosso attraversa la città, si ferma alla contrada denominata “Madonna”, portando a destinazione centinaia di devoti. E poi prosegue per la Svizzera.
In questi cinquecento anni dopo l’apparizione si sono inginocchiati davanti alla sua statua lignea persone semplici e pellegrini di rango: re e regine, imperatori e ambasciatori, principi della Chiesa e santi. I cardinali Angelo Roncalli e Giovanni Battista Montini, futuri Giovanni XXIII e Paolo VI, solevano spesso farvi tappa in occasione delle vacanze estive. Nel 1968 vi sostò in preghera anche Aldo Moro, allora presidente del Consiglio della Repubblica Italiana.

L’icona lignea del santuario dell’Apparizione della Madonna di Tirano è tra le più belle che si siano mai viste: sulla sua testa splende una corona dorata: papa Alessandro VIII volle che il capitolo di San Pietro la incoronasse solennemente. E il manto di seta e oro che le avvolge le spalle è un ex voto dei valtellinesi offerto durante l’imperversare della peste nel 1746.

«Io sono la gloriosa Vergine Maria, non devi avere paura»
«Ubi steterunt pedes Mariae» ricorda la scritta sulla tavoletta conservata dietro l’altare della cappella dell’Apparizione, una vera chiesa nella chiesa: piccole statue dorate e dipinte ricordano l’evento miracoloso. È quel che rimane dell’antica pala rinascimentale dell’artista Giovan Battista del Majno, considerata al tempo la più bella d’Italia: nel 1798 purtroppo i funzionari della Repubblica Cisalpina saccheggiarono l’altare degli ornamenti d’argento, privando la pala in parte dell’antico splendore.

La riconoscenza dei graziati dalla Vergine ha depositato, secolo dopo secolo, quadretti e cuori d’argento, ricordi di sciagure evitate e malattie scomparse e una montagna di fotografie di persone d’ogni età. Soprattutto di neonati.
Quando Maria decise di far visita in Valtellina, pestilenze, grande povertà e disorientamento generale avevano messo a dura prova i valligiani: il ducato di Milano, al quale questa terra apparteneva, era ormai nelle mani di Luigi XII di Francia, che aveva oppresso il popolo a suon di tasse. C’erano anche i grigioni, un popolo della Svizzera meridionale, pronti a calare per impadronirsi della valle dell’Adda. Già lo avevano fatto nel 1486, quando Chiavenna, non distante da Tirano, era stata messa a ferro e fuoco.
Alle prime luci dell’alba della domenica del 29 settembre del 1504, festa di san Michele Arcangelo, un giovane di nobile famiglia, Mario Omodei, se ne stava andando verso la sua vigna a raccoglier frutta quando improvvisamente si sentì sollevare da terra e trasportare con dolcezza in un piccolo orticello non lontano da casa. L’orticello era proprio fuori dal borgo di Tirano, protetto allora dalle mura fatte erigere da Ludovico il Moro, presso il ponte sul torrente Poschiavino detto “della Folla”.

Terrorizzato per quanto gli stava capitando, Mario si trovò di fronte una giovanetta, di quattordici o quindici anni, di straordinaria bellezza avvolta da una gran luce e da un soavissimo profumo. Che prese a parlagli con tono affettuoso: «“Mariolo, Mariolo!” Et lui respose “Bene, Madona” con grande pagura. La prefata Madona si ge respose “Bene averastu. Sapi che io sono la gloriosa Vergine Maria, non voia havere pagura”». Quasi una cronaca in diretta fissata in lingua dialettale nel Libro dei miracoli, un prezioso manoscritto redatto da un anonimo autore tra il 1505 e il 1519, ritrovato per caso solo nel 1946 da padre Ambrogio Maria Rugginenti dei Servi di Maria, a quel tempo incaricati del servizio religioso del santuario. «Sapiathe, questo anno, si è comenso una grande mortalitate de homini et de bestiami» proseguì la Vergine «et anchora haverà a pesorare in masore mortalitate, salvo et reservato che qui in questo loco se avere a fare una ecclesia a honore mio; et tuti li personi li quali haverano a visitare questo sancto et benedeto loco, cum qualche bono et sancte elemosine, secondo la loro qualitate, sarano liberi e salvi da questa pestilentia e mortalitate». Stordito da quanto gli stava capitando, il ragazzo cadde in ginocchio. E Maria gli ordinò: «Va per tuto donda che tu puoi andare et notifica questa aparitione e miracolo». Sulla parete della navata di sinistra della basilica un ignoto pittore fissò, nove anni dopo l’apparizione, in immagini semplici, l’avvenimento: la Vergine con la mano destra indica al giovane il punto esatto dove costruire la chiesa in suo onore.

Veduta panoramica del santurario di Tirano posto nel mezzo della Valtellina

Veduta panoramica del santurario di Tirano posto nel mezzo della Valtellina

Mario prontamente ubbidì. Di corsa se ne tornò in città a riferire l’accaduto al cavalier Luigi Quadrio, uno dei personaggi più autorevoli della valle, l’uomo che sei anni prima aveva tentato di difendere quella terra dagli invasori. Era anche il proprietario dell’orto dove la Madonna era apparsa. Il ricco cavaliere donò con prontezza quel lembo di terra per l’edificazione della chiesa.
Considerata la “committenza” celeste, notabili e gente comune, solo undici giorni dopo il prodigio, in un clima di grande letizia, cominciarono a raccogliere denari per la costruzione del santuario. Da parte sua, la curia vescovile di Como autorizzava il culto e la costruzione di una cappella provvisoria. Intanto la notizia dell’apparizione s’era sparsa velocemente e la gente cominciò ad accorrere da tutta la valle, dalle regioni del Lario, del Bresciano e della Bergamasca. Ma anche dal Tirolo e dalla Baviera. Già il 25 marzo del 1505 ebbe luogo l’atto di fondazione e la posa della prima pietra della basilica.
La vita fino ad allora dorata del nobile Mario Omodei cambiò radicalmente: il giovane lasciò Tirano per esaudire il desiderio della Vergine, che gli aveva chiesto di andare di luogo in luogo, fino a che le sue forze glielo avessero permesso, a chiedere soldi per il santuario. Molte fonti e documenti ricordano i suoi numerosi viaggi. Morì a Trento, proprio mentre stava raccogliendo offerte.
E la Madonna lo ricompensò: oltre a salvare il fratello colpito dalla peste, gli salvò il figlio da una malattia gravissima. Il ragazzo poi ottenne anche il dono del sacerdozio che esercitò proprio presso il santuario di Tirano.

La resurrezione
dei bimbi nati morti
Le grazie intanto fioccavano a Tirano: la peste scomparve. Ma l’aspetto più commovente fu la particolare predilezione che Maria dimostrò nei confronti dei bimbi nati morti. Uno di questi miracoli è narrato per immagini su una tela esposta in basilica, dove è rappresentata la resurrezione dei gemellini di Christien Peterfeit di Bressanone e di Gioanni Rodio di Innsbruck avvenuta tra il 26 e il 27 marzo del 1505. Tra una folla di testimoni oculari, tra cui Luigi Quadrio che fa da padrino, la madre allatta il suo bambino tornato in vita, mentre l’altro bimbo miracolato riceve il battesimo.

Tra le tante grazie concesse, anche quella di un po’ di benessere. La Madonna aveva liberato dalla peste non solo le persone, ma anche le bestie. In segno di ringraziamento, a partire dal 1514, nel giorno dell’anniversario dell’apparizione, si terrà attorno alla chiesa la fiera internazionale del bestiame che tanta fortuna porterà a tutta la valle. Da allora, per i tiranesi la Vergine si chiamerà «Santa Maria de la Sanitate».

C’è poi un altro prezioso documento, più tardo rispetto al Libro dei miracoli, che arricchisce di particolari la storia. Si tratta de I miracoli della Madonna di Tirano scritto dal teologo tiranese Simone Cabasso, che fu anche parroco del santuario. Il celebre testo fu stampato nel 1601 a Vicenza. Qui il racconto dell’apparizione e di ciò che accadde dopo è scritto in uno stile più colto, con molti riferimenti dottrinali rispetto alla semplicità del primo. Il motivo è comprensibile: Cabasso infatti dovette combattere più di una tenzone teologica: in quel momento i rapporti con i protestanti d’oltralpe erano difficilissimi. Era stato proprio il vescovo di Como, Feliciano Ninguarda, a volere un teologo alla guida del santuario: Cabasso si era laureato presso il Collegio Elvetico di Milano, dove aveva studiato insieme con Nicolò Rusca, arciprete di Sondrio che morirà martire prigioniero dei protestanti. Lo stesso Cabasso rischiò la vita durante una disputa tenuta proprio a Tirano tra il 1595 e il 1597 con i riformati, quando definì blasfeme alcune affermazioni di Calvino, trasgredendo così ai patti di tolleranza che erano stati concordati tra cattolici e protestanti. Gli fu comminata la pena capitale, che fortunatamente non fu eseguita.

Alla luce di questi avvenimenti, il santuario di Tirano divenne il simbolo della lotta al protestantesimo dilagante, un baluardo del cattolicesimo tenuto in grandissima considerazione dai papi. Già Leone X, nel 1517, l’anno delle 95 tesi di Martin Lutero, con la bolla Ex commisso nobis aveva assicurato una rendita permanente trasferendo al santuario i beni degli antichi ospizi di Santa Perpetua e di San Remigio situati nelle immediate vicinanze della chiesa. E non solo il papato guardava con speranza alla Vergine di Tirano: a partire dal 1603, re Enrico IV di Francia ogni anno inviò una considerevole somma di danaro per far celebrare una messa settimanale all’altare della Madonna pro rege christianissimo. Così pure il potente cardinale Richelieu, nel 1636, donò preziosissimi paramenti sacri al santuario per raccomandare alla Vergine la salvaguardia della fede.

[SM=g1740717] San Carlo Borromeo ai piedi della Vergine

Tra il 27 e il 28 agosto del 1580 il cardinal Carlo Borromeo aveva passato l’intera notte in preghiera ai piedi della Madonna di Tirano. Era salito lassù per chiedere un bel po’ di grazie: intanto la pace per la Valtellina. I bellicosi grigioni, che infatti avevano abbracciato la riforma protestante, erano di nuovo pronti a scendere ed occupare la valle.

Il cardinale aveva scritto decine di lettere alle più alte personalità del tempo per tentare di sanare i continui contrasti con quel popolo che negli anni, ogni volta che era sceso in Italia, s’era portato dietro morte e distruzione. Poco più di un decennio dopo, anche Federico Borromeo, allora nunzio pontificio presso i cantoni svizzeri, andò a raccomandarsi alla Madonna perché tenesse lontano il nemico di sempre dalle valli lombarde.

Ma non erano stati solo i grigioni a spingere Carlo Borromeo verso la Vergine di Tirano in quella notte del 1580: prima del Concilio di Trento, soprattutto in Valtellina e in Valchiavenna, molte persone invece di affidarsi al Signore, a Maria e ai santi, avevano cominciato a praticare riti satanici mettendosi nelle mani di streghe e fattucchiere. San Carlo allora, negli anni tra il 1565 e il 1583, aveva istruito tutti i parroci lombardi che dipendevano da lui raccomandando una particolare azione per ostacolare la pericolosa perversione. In questo contesto, avviene la visita del santo arcivescovo di Milano a Tirano.

Col trascorrere degli anni purtroppo la crisi tra i valtellinesi e i grigioni divenne gravissima: fatti di sangue raccapriccianti ebbero luogo in tutta la valle fino ad arrivare all’atto conclusivo, definito «Sacro macello di Valtellina» dallo storico Cesare Cantù in un famoso volume del 1832, Il Sacro Macello di Valtellina. Le guerre religiose del 1620 tra cattolici e protestanti, tra Lombardia e Grigioni. La miccia era stata innescata proprio a Tirano il 19 luglio del 1620. In poco più di un mese furono trucidate quattrocento persone, di cui cento solo a Sondrio.

L’11 settembre dello stesso anno, sempre a Tirano, accadde un fatto prodigioso: durante la battaglia decisiva, detta del Campone, dall’alto della lanterna della cupola del santuario, la statua di san Michele, volgendosi verso il campo di battaglia, roteò la spada di fuoco, inequivocabilmente solidale con le forze di parte cattolica. Che finalmente riuscirono a ricacciare indietro l’esercito svizzero.
La fama del santuario di Tirano come roccaforte del cattolicesimo aumentò ancora tanto che nel 1787 la Sacra Congregazione dei riti riconobbe la Madonna del ponte della Folla come Patrona principalis della valle, concedendo l’officiatura liturgica propria, con l’obbligo d’uso nel giorno dell’anniversario dell’apparizione non solo nel santuario, ma in tutta la Valtellina fino a Poschiavo.

Oggi è commovente e significativo il fatto che la guida più diffusa ai santuari mariani in Valtellina e Valchiavenna, un’opera finanziata e autorizzata dalla Conferenza episcopale italiana, rechi nel frontespizio la foto di suor Maria Laura Mainetti e una dedica in sua memoria. La religiosa fu uccisa il 6 giugno del 2000 da giovani dedite, a quanto hanno rivelato le indagini svolte dagli inquirenti, a riti satanici. Qualche pagina dopo, lo scrittore Vittorio Messori ha scritto: «Penso che oggi i centri di resistenza del cristianesimo siano i santuari, in particolare quelli mariani. Sono essi i bastioni, le cittadelle erette contro l’espansione delle sette religiose, delle comunità “impazzite” e del New Age… Sono essi che permettono di vivere la fede nella sua doppia dimensione: ragione e sentimento».

[SM=g1740750] [SM=g1740752]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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