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La Congregazione di Contemplative NON vedenti di don Orione.....

Ultimo Aggiornamento: 01/08/2013 23:54
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17/11/2010 20:01
 
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Un carisma nuovo dalla differenza: contemplative non vedenti


Ramo della famiglia religiosa di Don Orione che si estende in America


di Nieves San Martín


BUENOS AIRES, venerdì, 29 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Un ramo nuovo della famiglia religiosa di Don Orione inizia ad estendersi in America Latina. Sono le religiose sacramentine contemplative non vedenti.

Tutto è iniziato in Argentina, ha spiegato a ZENIT suor María Virginia Borda. “La nostra missione è quella di essere adoratrici”.

Dal 1° al 6 novembre, questa comunità diffusa in vari Paesi latinoamericani si riunirà nella Casa Provinciale, a Buenos Aires.

Accanto alla Madre generale María Irene Bizzotto, alla vicaria generale María Mabel Spagnolo e alle superiore provinciali di Brasile, Cile e Argentina, le comunità di contemplative sacramentine di questi Paesi si dedicheranno ad “analizzare e paragonare il cammino percorso”, ad avanzare proposte per crescere nella loro missione e a scegliere tra loro una religiosa che parteciperà al Capitolo Generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità.

Le sacramentine dell'Argentina hanno eletto come rappresentante la prima suora sacramentina non vedente del Paese, suor María Fe. Sia suor María Virginia che suor María Fe hanno comunicato direttamente con ZENIT mediante un computer adattato alla loro situazione.

La storia di questa religiosa argentina è, come indica il suo nome, una storia di fede, di molta fede. Fede per trasformare gli ostacoli che devono affrontare i non vedenti in altrettante mete da superare.

“Mi chiamo Micaela, nella religione suor María Fe del Santissimo Sacramento. Sono nata a Comallo, nella provincia di Río Negro. Attualmente la mia famiglia vive a San Carlos de Bariloche, dove vado in genere in vacanza”, ha riferito a ZENIT.

“Quando avevo 11 anni, mentre aspettavo l'autobus, vidi passare molte bambine che indossavano uno spolverino bianco, tutte molto allegre, accompagnate da una religiosa anche lei allegra. Guardando verso dove mi trovavo mi sorrise”.

Il sorriso di quella religiosa che esortava le bambine le fece concepire l'idea di essere come lei. Non poté realizzare il suo sogno perché un'infezione le fece perdere la vista in modo prima parziale e poi totale quando aveva 15 anni.

“Venni a Buenos Aires a studiare nel collegio per ragazze non vedenti ‘Hogar Santa Cecilia’. Tra studio e giochi non mi ricordai più della mia vocazione. Vedendo le suore così misericordiose, educate e con grandi accorgimenti nei confronti dei non vedenti, chiesi alla madre superiora di accogliermi nella sua congregazione”, ha aggiunto suor María Fe.

La superiora le rispose che se fosse stato per lei l'avrebbe accolta immediatamente, ma che la sua congregazione non accettava non vedenti. La orientò tuttavia verso l'opera di San Luigi Orione, fondatore delle Piccole Suore Missionarie della Carità (PHMC), che ha un ramo di religiose non vedenti, fondate a Tortona (Alessandria).

“Mi mise in contatto con un sacerdote della Piccola Opera della Divina Provvidenza (PODP), padre Roque Tonoli. Mi ha illuminata, mi ha guidata durante i sette anni che mi hanno fatto aspettare, fino ad averne 21. Padre Tonoli ha chiesto ai superiori maggiori il permesso affinché tre suore non vedenti si recassero in Argentina per fondare qui questo ramo”, ha riferito la prima sacramentina argentina.

“Da allora, il 15 agosto 1952, siamo entrate in quattro, vivendo nella casa provinciale. Qui mi sono preparata come postulante, novizia, professa, condividendo la vita con tutte le PHMC, fino al 1975, quando ci siamo trasferite a Claypole”.

Ora le sacramentine non vedenti sono già diffuse in altri Paesi del continente americano.

La riunione di Buenos Aires, che si celebrerà tra maggio e giugno 2011, “è un momento fraterno, in cui ci comunicheremo esperienze e desideri”, ha detto la suora.

Quando la chiamata di Dio è radicata in qualcuno, non ci sono ostacoli, solo il desiderio di seguire il disegno inscritto nel cuore. Un desiderio che in questa storia ha trovato il campo fertile del carisma ispirato a Don Orione in Italia e già radicato nel continente americano.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]


                                  sacramentine non vedenti

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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01/08/2013 23:52
 
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ANNIBALE MARIA DI FRANCIA E LUIGI ORIONE

«Don Orione fu sempre della Chiesa e del papa»


La sua fedeltà da bambino al successore di Pietro e la sua grande carità stupirono i pontefici che ebbero modo di conoscerlo. Alcuni anche prima di salire sulla cattedra di Pietro. Il prefetto della Congregazione delle cause dei santi ripercorre il rapporto tra don Orione e i papi del XX secolo


del cardinale José Saraiva Martins - 30Giorni aprile 2004

Don Orione con gli orfanelli accolti nel Piccolo Cottolengo di Claypole, a Buenos Aires, in Argentina, nel 1935.

Don Orione con gli orfanelli accolti nel Piccolo Cottolengo di Claypole, a Buenos Aires, in Argentina, nel 1935.

In un foglietto don Orione scrisse le parole essenziali dell’epigrafe che egli avrebbe voluto per sé. Eccole: «Qui riposa nella pace di Cristo il sacerdote Luigi Orione, dei Figli della Divina Provvidenza, che fu tutto e sempre della Chiesa e del Papa. Pregate per lui» (Summarium, p. 978).

Chi conosca anche solo un po’ la vicenda di colui che Giovanni Paolo II ha definito «una geniale espressione della carità cristiana», sa che l’amore filiale al papa costituisce la nota dominante e caratterizzante del santo prete di Tortona. «La mia fede è la fede del Papa, è la fede di Pietro» (Scritti
, 49, p. 116). È la sua lezione di vita, destinata non solo agli Orionini cui ha detto: «Questa è l’eredità che vi lascio: che nessuno ci dovrà mai superare nell’amore e obbedienza, la più piena, la più filiale, la più dolce al Papa e ai Vescovi» (Scritti, 20, p. 300). Ma la sua schietta e radicale fedeltà al magistero del papa, apertamente vissuta, professata e proclamata sempre, soprattutto di fronte a fatti e pensieri che la minacciavano, invece di essere segno di fanatismo settario, è condizione a un abbraccio di carità universale, è nota essenziale d’una spiritualità aperta, senza confini. Una fedeltà-unità che non fu per don Orione imbrigliamento nel camminare avanti, «alla testa di tempi», come lui affermava, ma garanzia, punto di riferimento, «sicurezza di battere le vie della Provvidenza» (Scritti, 61, p. 215) con coraggio pioneristico e lungimiranza, in frontiere d’azione non ancora esplorate, in abbracci che sembravano impossibili o anche proibiti, come quelli con alcuni uomini del modernismo, e con personalità della cultura e della vita pubblica che battevano vie di pensiero e di azione ben diverse da quelle della Chiesa.


Di fatto, con questa profonda devozione verso il successore di Pietro, egli fu «a fianco dei papi», di cinque papi. I quali lo interpellarono in diverse circostanze, affidandogli questioni spinose e delicate, e per i quali don Orione rese con intelligenza servigi anche molto personali, impegnativi e, talvolta, eroici. Toccando il tema della vicinanza filiale di don Orione nei confronti dei papi, ci immergiamo dunque nel cuore della spiritualità e della storia di questo umile, singolare e santo sacerdote. E leggendo le sue biografie non è difficile raccogliere alcuni dati della sua azione a fianco dei papi che si sono succeduti sul soglio di Pietro durante il ventesimo secolo.

1892. Luigi Orione, seminarista, in una foto del 1892

1892. Luigi Orione, seminarista, in una foto del 1892

Don Orione nacque nel 1872, due anni dopo la presa di Roma, all’epoca della lacerante Questione romana e del pontificato del beato Pio IX. Non ebbe modo di conoscere personalmente questo Papa, ma percepì, negli anni della sua formazione, il clima conflittuale che lo circondava, come pure la forte “pietà papale” diffusa in vasti strati del cattolicesimo italiano.
Nel 1892, chierico di vent’anni, preparò una pubblicazione, Il martire d’Italia, con la quale intendeva mostrare il valore del Sommo Pontefice e smascherare i tanti travisamenti ideologici e politici sulla sua persona e sul suo operato. «Pio IX» scriveva don Orione «fu la più grande figura del secolo nostro, lo strenuo debellatore della rivoluzione travisata in tutte le forme, l’amico e il benefattore dei popoli, l’invitto atleta della verità e dellagiustizia: le sue opere saranno immortali, ed il suo lungo pontificato, di ben 32 anni, formerà nella storia della Chiesa e della Patria una delle epoche più luminose» (Messaggi di don Orione, n.102, p. 31).
Nel 1904 don Orione fu forse il primo a intervenire presso il neoeletto papa Pio X, per incoraggiarlo ad aprire la causa di canonizzazione del suo predecessore: «Mio Beatissimo Padre, prostrato ai Vostri piedi benedetti umilmente Vi supplico di degnarVi dare mano alla Causa del Santo Padre Pio IX e Vi conforto a volerlo glorificare» (ibidem).Di fatto, la causa fu aperta e, per qualche tempo, don Orione ne fu il vicepostulatore.

È Leone XIII il primo Papa incontrato personalmente da don Orione. La spinta e l’illuminazione di papa Pecci per una presenza meno difensiva e più intraprendente dei cattolici nella vita sociale infiammarono di alte idealità e di santi progetti anche il giovane Orione, durante il tempo della formazione seminaristica e del primo avvio della sua nuova Congregazione. Certamente l’impronta in don Orione di una spiritualità e di un’azione pastorale marcatamente incarnate nel sociale provengono dal magistero e dalle direttive di Leone XIII, con cui egli era fortemente sintonizzato. Traccia indelebile restò nelle prime costituzioni della sua Congregazione, elaborate durante il pontificato di Leone XIII e a lui presentate in una memorabile udienza personale dell’11 gennaio 1902. «Gli presentai la Regola – riferì don Orione di quell’udienza –; la benedisse, la toccò, mi mise più di una volta la mano sulla testa, battendola, confortandomi; mi disse tante cose; anche di mettere nelle Regoledi lavorare per l’unione delle Chiese d’Oriente: “È questo, mi disse, un altissimo mio consiglio”» (G. Papasogli, Vita di don Orione, p.138).

Questo impegno ecumenico, insolito e profetico a inizio Novecento, è un tipico frutto del fatto che don Orione fu effettivamente “a fianco” del Papa, cioè in sintonia, devoto, pronto all’esecuzione delle indicazioni pontificie. Sappiamo che Leone XIII fu molto sensibile e attivo per quanto riguarda i rapporti con le Chiese orientali. È a partire da Leone XIII che si può parlare di un “ecumenismo cattolico”. Ebbene, don Orione, già infiammato per l’unità della Chiesa, non aveva esitato ad assumere anche questa indicazione ecumenica di Leone XIII nelle sue costituzioni e, dopo quella famosa udienza, si disse «lietissimo e consolatissimo di non aver sbagliato nei criteri costitutivi della Regola» (ibidem).


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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1914. Don Orione, al centro, con Guanella (alla sua sinistra) al termine di un’udienza con Pio X

1914. Don Orione, al centro, con Guanella (alla sua sinistra) al termine di un’udienza con Pio X

San Pio X fu senza dubbio il Papa più determinante della vita di don Orione, il quale affermava: «Il Santo Padre Pio X sarà sempre il nostro Sommo Benefattore, il nostro Papa!»(Scritti, 82, p. 98). Salito al soglio pontificio nel 1903, il patriarca Giuseppe Sarto scelse il motto “Instaurare omnia in Christo”,che don Orione aveva scelto per la sua Congregazione già da dieci anni.
La fortuita coincidenza era segno dell’affinità spirituale di quelle due grandi anime e si sostanzierà nella successiva storia delle loro relazioni.

Il loro primo incontro ha il sapore di un fioretto. Il patriarca Giuseppe Sarto aveva chiamato a Venezia il giovane musico don Lorenzo Perosi, coetaneo e concittadino di don Orione. Lo onorava della sua amicizia, lo aveva talvolta ospite a tavola e compagno in qualche partita a tarocchi. Il padre di Lorenzo, temendo che il cardinale gli viziasse il figliolo, confidò i suoi timori a don Orione.
Questi, senza pensarci due volte, scrisse una lettera al patriarca, pregandolo di non volere avviare il promettente “maestrino” verso un brutta china. Spedita la lettera, si augurava che la sua “predichetta”, rispettosa ma audace, venisse presto dimenticata. Ma... gli scritti restano! Quando, una decina d’anni dopo, fu ricevuto per la prima volta in udienza dall’ex patriarca di Venezia, neoeletto Papa, si sentì mancare quando lo vide estrarre dal breviario la celebre lettera. Il santo Pontefice non se l’era avuta a male; anzi, assicurò di averne ricavato del bene: «Una lezione di umiltà è buona anche per il
Papa» commentò (E. Pucci, Don Orione, p. 71s).


Sarebbe lungo enumerare i servizi resi da don Orione a Pio X e le dimostrazioni di fiducia e di affetto di Pio X verso don Orione, dopo quell’udienza. Si instaurò tra il Santo Padre e il giovane prete tortonese una relazione di confidenza a tutta prova. Don Orione accettò senza minima esitazione le incombenze, spesso delicate e difficili, affidategli da Pio X, quali quella di vicario generale plenipotenziario della diocesi di Messina nei quattro turbolenti anni che seguirono al terremoto del 1908, o quella di prolungare l’azione del Pontefice nei confronti dei modernisti, spesso severa in nome della verità, ma sempre pervasa da carità fraterna.

Per questa intesa retta, leale e discreta, stabilita tra i due santi, don Orione si trovò in situazioni personali irte di difficoltà e incomprensioni. «È un martire!» disse Pio X di don Orione, al termine del periodo messinese (Summarium, p. 524).

È significativo un altro episodio da fioretto, ma vero e drammatico. A un certo punto, la frequentazione di don Orione con modernisti incorsi in censure ecclesiastiche suscitò il sospetto circa la sua piena ortodossia. Della cosa volle occuparsi Pio X in persona. Lo chiamò a udienza senza apparente motivo e ne scrutò le parole e il volto. A un certo punto gli chiese di inginocchiarsi e di recitare il Credo
. «Erano di fronte il Supremo Pastore della Chiesa, trepido delle sue responsabilità – riferì poi lo scrittore Tommaso Gallarati Scotti –, e don Orione innocente, con la fede semplice della sua prima comunione, ma che portava le tribolazioni e le colpe nostre». Terminata la recita del Credo, tanto devota e interiormente vissuta, il volto del Santo Padre appariva rasserenato. E congedò don Orione dicendo: «Va’, va’, figliuolo… Non è vero ciò che dicono di te!» (Papasogli, p. 227).


1921. Don Orione con gli orfanelli di colore durante il suo primo viaggio in Sud America

1921. Don Orione con gli orfanelli di colore durante il suo primo viaggio in Sud America

Anche con Benedetto XV don Orione ebbe molti contatti personali. Del “Papa della pace” assecondò soprattutto il programma di un più deciso universalismo dell’opera missionaria. È di questi anni il coraggioso slancio missionario della Piccola Opera della Divina Provvidenza sulle rotte dell’America Latina, del Medio Oriente arabo e della Polonia cristiana guardando alla Russia. Egli stesso fu in Brasile, Argentina e Uruguay nel 1921 e nel 1922. A conoscenza della volontà del Pontefice circa la Questione romana, scrisse un coraggioso Appello agli uomini di Stato perché facessero «coraggiosamente un passo avanti» per giungere alla soluzione (Scritti, 90, p. 352). Benedetto XV fece giungere a don Orione, in occasione del suo venticinquesimo anniversario di sacerdozio, il dono di un calice e di una lunga lettera autografa, nella quale riconosceva il merito di aver «speso tutti questi anni non soltanto per te, ma per il bene comune, in un perenne vantaggio dellaSanta Chiesa» (Papasogli, p. 367).


Il rapporto di don Orione con Pio XI fu ancor più fitto di udienze, colloqui e resoconti su missioni confidenziali e delicate, ulteriormente intensificate per la altrettanta fiducia che lo legava al cardinale Pietro Gasparri, Segretario di Stato. Ad esempio, solo recentemente gli archivi hanno fatto conoscere il ruolo decisivo e discreto del beato tortonese per fare chiarezza sulle intricate vicende legate a san Pio da Pietrelcina. Al termine di una difficile mediazione di don Orione per evitare una iniziativa che poteva intaccare il prestigio della Santa Sede, Pio XI non esitò a commentare in un’udienza: «Don Orione ha sudato sette camicie, ma ha dato delle consolazioni al Papa» (Summarium, p. 894).

La ragione unificante di tanti episodi e azioni che vedono don Orione a fianco di Pio XI, è la volontà di favorire il prestigio e la centralità del papato, condizione per l’affermarsi di un’autentica cattolicità ecclesiale, forza di coesione di un universalismo che solo avrebbe potuto valorizzare il genio dei popoli salvandoli dalle crescenti tentazioni nazionalistiche.

In questo quadro vanno visti anche i significativi ed efficaci interventi di don Orione per sbloccare le trattative che portarono alla Conciliazione tra Stato e Chiesa in Italia nel 1929. Nella lettera da lui scritta a Mussolini nel 1923, egli faceva comprendere che la vera conciliazione da ricercare era quella tra “romanità” e “universalità” del papato che presupponevano una autonomia e libertà anche politica (cfr. Messaggi di don Orione, 107, pp.27-45). Questa visione della missione spirituale e civile del papato si esprimeva, in quegli anni di accentuati e pericolosi nazionalismi, in un lungimirante profetismo: «Vedo dai quattroventi venire i popoli verso Roma» scriveva don Orione. «Vedo l’Oriente e l’Occidente riunirsi nella verità e formare i giorni piùbelli della Chiesa. Sarà una mirabile ricostruzione, forse la più grande delle epoche, la pax Christi in regno Christi» (Scritti,86, p. 102).

Settembre 1934. Don Orione e il cardinale Eugenio Pacelli in qualità di legato pontificio per le celebrazioni del Congresso eucaristico internazionale a bordo della nave Conte Grande

Settembre 1934. Don Orione e il cardinale Eugenio Pacelli in qualità di legato pontificio per le celebrazioni del Congresso eucaristico internazionale a bordo della nave Conte Grande

Il cardinale Eugenio Pacelli aveva conosciuto don Orione nel 1934, durante il viaggio in nave dall’Italia a Buenos Aires e nella successiva permanenza nella capitale argentina per le celebrazioni del Congresso eucaristico internazionale. Fu eletto papa, con il nome di Pio XII, il 12 marzo 1939, un anno esatto prima della morte di don Orione. Ci fu il tempo solo per un saluto, carico di apprensione per i venti di guerra che già imperversavano. Fu quasi un’icona-testamento: don Orione a fianco e “in ginocchio” ai piedi del Papa. Era il 28 ottobre del 1939. L’auto del Papa sostò sulla via Appia – la “Patagonia romana” affidata da Pio X agli Orionini – di ritorno da Castel Gandolfo. Don Orione si avvicinò e si inginocchiò a lato, circondato dai confratelli e da 1200 allievi dell’Istituto San Filippo. Il Papa si sporse. Don Orione gli prese la mano, la baciò e se la calcò sul capo chinato con gesto umile, riconoscente, credente. Pio XII lo lasciò fare e lo benedisse amabilmente (Papasogli, p. 494). Quando, dopo pochi mesi, il 12 marzo 1940, don Orione morì, Pio XII lo definì «padre dei poveri e insigne benefattore dell’umanità dolorante e abbandonata» (Summarium, p. 86).

Possiamo dire che don Orione è stato a fianco anche degli ultimi papi succedutisi sulla cattedra di san Pietro, non solo per la comunione spirituale che lega la Chiesa, ma anche per il ricordo che i papi hanno avuto di lui.
Giovanni XXIII raccontò in varie occasioni del suo primo incontro con don Orione quando, all’inizio del servizio presso la Santa Sede, negli anni Venti, fu invitato a consigliarsi con lui. Si recò fuori Porta San Giovanni, all’Istituto San Filippo, e il portiere gli disse che avrebbe trovato don Orione in cortile. In un angolo, un gruppo di ragazzi giocava a piattelle con un prete maturo d’anni. Questi volse lo sguardo, si distaccò un attimo dai suoi amici e chiese: «Monsignore, cerca qualcuno?». «Sì, vorrei parlare con don Orione», rispose monsignor Roncalli. «Don Orione sono io. Abbia pazienza qualche minuto: termino la partita; mi lavo le mani e sono da lei».

Queste parole, dette con tanto garbo, con sguardo sorridente, impressionarono il giovane prelato di allora, da poco arrivato a Roma dalla sua Bergamo, che nel suo diario alla sera annotò: «28 marzo 1921. Lunedì di
Pasqua. Nel pomeriggio visito con mgr. Guerinoni la chiesa e le opere parrocchiali di Ognissanti, fuori Porta San Giovanni; e converso lungamente con don Orione, del quale si può ben dire: contemptibilia mundi eligit Deus ut confundat fortia. Ciò che nel mondo è stolto, Dio lo ha scelto per confondere i forti (1Cor 1,27)»(Messaggi di don Orione,102, pp. 46-48). Tale stima e amicizia non si spensero mai. A Douglas Hyde, un giornalista inglese che chiedeva quale fosse la qualità emergente in don Orione, l’allora patriarca Roncalli rispose: «Don Orione era l’uomo più caritatevole che io abbia mai conosciuto. La sua carità andava oltre i limiti normali. Era convinto che si potesse conquistare il mondo con l’amore»(ibidem, p. 49).

7 marzo 1965. Paolo VI in visita alla parrocchia romana di Ognissanti

7 marzo 1965. Paolo VI in visita alla parrocchia romana di Ognissanti

Pure Paolo VI fu toccato dall’amicizia e dalla collaborazione di don Orione. Confidò alcuni suoi ricordi durante un’udienza pontificia. «Abbiamo avuto la consolazione straordinaria di conoscerlo in una nostra visita a Genova» ricordava Paolo VI: «Parlò con un candore così semplice, così disadorno, ma così sincero, così affettuoso, così spirituale che toccò anche il mio cuore, e rimasi meravigliato di quella trasparenza spirituale che emanava quest’uomo così semplice e umile»(Udienza dell’8 febbraio 1978). Quella prima conoscenza diede l’ardire al giovane monsignor Montini, negli anni Trenta, di intessere una collaborazione discreta e fattiva con don Orione per un’attività tanto delicata e benemerita: l’aiuto a sacerdoti in difficoltà – lapsi, come erano chiamati allora – da sovvenire e da indirizzare al bene (Messaggi di don Orione, 105, pp. 65-71). La stima e la devozione personali di Montini verso don Orione si prolungarono verso la sua Congregazione che sostenne generosamente soprattutto durante il suo episcopato a Milano
.

Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II non conobbero don Orione personalmente. Il primo lo definì «lo stratega della carità», mentre l’attuale Pontefice poté beatificarlo proprio all’inizio del suo pontificato e due giorni dopo la beatificazione, ricevendo in udienza particolare sacerdoti, suore e devoti orionini, sorprese tutti quando confidò: «Penso che questo Papa venuto dalla Polonia abbia in paradiso un nuovo patrono cheintercede per lui, e che – nella luce del Regno a cui apparteniamo e al quale tendiamo – sostiene il suo servizio, le sue iniziative e la sua umana debolezza in questo posto al quale è piaciuto alla Divina Provvidenza di metterlo, di chiamarlo. Questa mia grande fiducia nella intercessione del beato don Orione desidero proclamarla davanti a tutti voi che siete figli e figlie spirituali, davanti a voi tutti che siete i miei compatrioti»(Udienza del 28 ottobre 1980).

26 ottobre 1980. La cerimonia di beatificazione di don Luigi Orione

26 ottobre 1980. La cerimonia di beatificazione di don Luigi Orione

Questi ricordi storici della eccezionale dedizione di don Orione a fianco dei papi ci aiutino a rinnovare il nostro amore, la nostra devozione e la nostra fedeltà al papa. Risuoni ancora oggi l’accorato messaggio di don Orione: «Noi dobbiamo palpitare e far palpitare migliaia e migliaia di cuori attorno al cuore del Papa. Dobbiamo portare specialmente a lui i piccoli e le classi degli umili lavoratori, tanto insidiate, portare al Papa i poveri, gli afflitti, i reietti, che sono i più cari a Cristo e i veri tesori della chiesa di Gesù Cristo. Dal labbro del Papa il popolo ascolterà, non le parole che eccitano all’odio di classe, alla distruzione e allo sterminio, ma le parole di vita eterna, le parole di verità, di giustizia, di carità: parole di pace, di bontà, di concordia, che invitano ad amarci gli uni con gli altri, e a darci la mano per camminare insieme, verso un migliore, più cristiano e più civile avvenire» (Lettere, II, p. 490).



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