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DIRETTORIO SU PIETA' POPOLARE-DEVOZIONE-LITURGIA

Ultimo Aggiornamento: 23/09/2014 17:37
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30/11/2010 13:02
 
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Capitolo II

LITURGIA E PIETÀ POPOLARE
NEL MAGISTERO DELLA CHIESA


60. È già stata rilevata l’attenzione del Magistero del Concilio Vaticano II, dei Romani Pontefici e dei Vescovi verso la pietà popolare.[56] Sembra ora opportuno proporre una sintesi organica degli insegnamenti del Magistero in tale materia, per facilitare l’assunzione di un orientamento dottrinale comune nei confronti della pietà popolare e per favorire una valida azione pastorale.

I valori della pietà popolare

61. Secondo il Magistero la pietà popolare è una realtà viva nella Chiesa e della Chiesa: la sua fonte è nella presenza costante ed attiva dello Spirito di Dio nella compagine ecclesiale; il suo punto di riferimento, il mistero di Cristo Salvatore; il suo scopo, la gloria di Dio e la salvezza degli uomini; l’occasione storica, «l’incontro felice tra l’opera di evangelizzazione e la cultura».[57] Perciò il Magistero ha espresso più volte la sua stima per la pietà popolare e le sue manifestazioni; ha ammonito coloro che la ignorano, la trascurano o la disprezzano ad assumere nei suoi confronti un atteggiamento più positivo, che tenga conto dei suoi valori;[58] non ha dubitato, infine, di presentarla quale «vero tesoro del popolo di Dio».[59]

La stima del Magistero verso la pietà popolare è motivata anzitutto dai valori che essa incarna.

La pietà popolare ha un senso quasi innato del sacro e del trascendente. Manifesta una genuina sete di Dio e «un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante»,[60] la misericordia.[61]

I documenti magisteriali rilevano alcuni atteggiamenti interiori e alcune virtù che la pietà popolare valorizza in modo particolare, suggerisce ed alimenta: la pazienza e la «rassegnazione cristiana nelle situazioni irrimediabili»;[62] l’abbandono fiducioso in Dio; la capacità di soffrire e di percepire il «senso della croce nella vita quotidiana»;[63] il desiderio sincero di piacere al Signore, di riparare le offese a Lui arrecate e di fare penitenza; il distacco dalle cose materiali; la solidarietà e l’apertura agli altri, il «senso di amicizia, di carità e di unione familiare».[64]

62. La pietà popolare rivolge volentieri la sua attenzione al mistero del Figlio di Dio che, per amore degli uomini, si è fatto bambino, fratello nostro, nascendo povero da una Donna umile e povera, e rivela altresì una viva sensibilità verso il mistero della Passione e Morte di Cristo.[65]

Nella pietà popolare occupano largo spazio la considerazione del mistero dell’aldilà, il desiderio di comunione con gli abitanti del cielo, la beata Vergine Maria, gli Angeli, e i Santi, e la preghiera in suffragio delle anime dei defunti.

63. La fusione armonica del messaggio cristiano con la cultura di un popolo, che spesso si riscontra nelle manifestazioni della pietà popolare, è un altro motivo della stima del Magistero per quest’ultima.

Nelle manifestazioni più genuine della pietà popolare, infatti, il messaggio cristiano da una parte assimila i moduli espressivi della cultura del popolo, dall’altra permea di contenuti evangelici la sua concezione della vita e della morte, della libertà, della missione, del destino dell’uomo.

La trasmissione, quindi, dai genitori ai figli, da una generazione all’altra, delle espressioni culturali porta con sé la trasmissione dei principi cristiani. In alcuni casi la fusione è talmente profonda che elementi propri della fede cristiana sono diventati elementi integranti dell’identità culturale di un popolo.[66] Si pensi, ad esempio, alla pietà verso la Madre del Signore.

64. Il Magistero rileva ancora l’importanza della pietà popolare per la vita di fede del popolo di Dio, per la conservazione della fede stessa e per l’assunzione di nuove iniziative di evangelizzazione.

Si osserva che non è possibile non tener conto di «quelle devozioni che sono praticate in certe regioni dal popolo fedele con un fervore e una purezza di intenzione commoventi»;[67] che la sana religiosità popolare, «per le sue radici essenzialmente cattoliche, può essere un antidoto contro le sette e una garanzia di fedeltà al messaggio della salvezza»;[68] che la pietà popolare è stata un provvidenziale strumento per la custodia della fede, là dove i cristiani erano privi di assistenza pastorale; che dove l’evangelizzazione è stata insufficiente, «la popolazione in gran parte esprime la propria fede soprattutto nella pietà popolare»;[69] che la pietà popolare, infine, costituisce un valido e imprescindibile «punto di partenza per ottenere che la fede del popolo acquisti maturità e profondità».[70]

Alcuni pericoli che possono far deviare la pietà popolare

65. Il Magistero, che mette in luce gli innegabili valori della pietà popolare, non trascura di segnalare alcuni pericoli che possono minacciarla: l’insufficiente presenza di elementi essenziali della fede cristiana, quali il significato salvifico della Risurrezione di Cristo, il senso dell’appartenenza alla Chiesa, la persona e l’azione del divino Spirito; la sproporzione tra la stima per il culto dei Santi e la coscienza dell’assoluta sovranità di Gesù Cristo e del suo mistero; lo scarso contatto diretto con la Sacra Scrittura; l’isolamento dalla vita sacramentale della Chiesa; la tendenza a separare il momento cultuale dagli impegni della vita cristiana; la concezione utilitaristica di alcune forme di pietà; la utilizzazione di «segni, gesti e formule, che talvolta prendono una importanza eccessiva, fino alla ricerca dello spettacolare»;[71] il rischio, in casi estremi, di «favorire l’ingresso delle sette e portare addirittura alla superstizione, alla magia, al fatalismo o all’oppressione».[72]

66. Per porre rimedio a queste eventuali carenze e difetti della pietà popolare il Magistero del nostro tempo ribadisce con insistenza che occorre “evangelizzare” la pietà popolare,[73] porla in contatto fecondo con la parola del Vangelo. Ciò «la libererà progressivamente dai suoi difetti; purificandola, la consoliderà, facendo sì che ciò che è ambiguo acquisti una fisionomia più chiara nei contenuti di fede, speranza e carità».[74]

In quest’opera di “evangelizzazione” della pietà popolare, il senso pastorale suggerisce però di procedere con grande pazienza e con prudente senso di tolleranza, ispirandosi alla metodologia seguita dalla Chiesa nel corso dei secoli per affrontare sia i problemi dell’inculturazione della fede cristiana e della Liturgia,[75] sia le questioni inerenti alle devozioni popolari.

Il soggetto della pietà popolare

67. Il Magistero della Chiesa ricordando che «la vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola Liturgia» e che il cristiano «è sempre tenuto a entrare nella sua stanza, per pregare il Padre in segreto», anzi, «secondo l’insegnamento dell’Apostolo, è tenuto a pregare incessantemente»,[76] indica che soggetto delle diverse forme di preghiera è ogni cristiano – chierico, religioso, laico – sia quando, mosso dallo Spirito di Cristo, prega privatamente, sia quando prega comunitariamente in gruppi di varia origine e fisionomia.[77]

68. In particolare il Santo Padre Giovanni Paolo II ha indicato la famiglia come soggetto della pietà popolare. L’Esortazione apostolica Familiaris consortio, dopo aver esaltato la famiglia quale santuario domestico della Chiesa, rileva che «per preparare e prolungare nella casa il culto celebrato nella chiesa[78], la famiglia cristiana ricorre alla preghiera privata, che presenta una grande varietà di forme: questa varietà, mentre testimonia la straordinaria ricchezza secondo cui lo Spirito anima la preghiera cristiana, viene incontro alle diverse esigenze e situazioni di vita di chi si rivolge al Signore». Osserva poi che «oltre alle preghiere del mattino e della sera, sono espressamente da consigliare [...]: la lettura e la meditazione della Parola di Dio, la preparazione ai sacramenti, la devozione e consacrazione al Cuore di Gesù, le varie forme di culto alla Vergine santissima, la benedizione della mensa, l’osservanza della pietà popolare».[79]

69. Soggetto ugualmente importante della pietà popolare sono pure le confraternite e altre pie associazioni di fedeli. Tra i loro fini istituzionali, oltre all’esercizio della carità e all’impegno sociale, è la promozione del culto cristiano: verso la Trinità, verso Cristo e i suoi misteri, la beata Vergine, gli Angeli, i Santi e i Beati, nonché il suffragio per le anime dei fedeli defunti.

Spesso le confraternite hanno, accanto al calendario liturgico, una sorta di calendario proprio, in cui sono indicate feste particolari, gli uffici, le novene, i settenari, i tridui da celebrare; i giorni penitenziali da osservare e i giorni in cui svolgere processioni e pellegrinaggi o compiere determinate opere di misericordia. Hanno pure libri devozionali propri e peculiari segni distintivi, quali scapolari, medaglie, abitini e cinture, e talora luoghi di culto proprio e propri cimiteri.

La Chiesa riconosce le confraternite e conferisce loro personalità giuridica,[80] ne approva gli statuti e ne apprezza le finalità e l’attività cultuale. Richiede tuttavia che questa, evitando ogni forma di contrapposizione o di isolamento, sia saggiamente inserita nella vita parrocchiale e diocesana.

I pii esercizi

70. Espressione tipica della pietà popolare sono i pii esercizi, i quali per altro sono molto diversi tra loro per l’origine storica e il contenuto, per il linguaggio e lo stile, per l’uso e i destinatari. Il Concilio Vaticano II ha preso in considerazione i pii esercizi, ha ricordato che essi sono vivamente raccomandati,[81] indicando altresì le condizioni che ne garantiscono la legittimità e la validità.

71. Alla luce della natura e delle caratteristiche proprie del culto cristiano, è evidente anzitutto che i pii esercizi devono essere conformi alla sana dottrina e alle leggi e alle norme della Chiesa;[82] devono inoltre essere in armonia con la sacra Liturgia; tener conto per quanto possibile dei tempi dell’anno liturgico e favorire «cioè una partecipazione cosciente e attiva alla preghiera comune della Chiesa».[83]

72. I pii esercizi appartengono alla sfera del culto cristiano. Perciò la Chiesa ha sempre sentito la necessità di essere attenta ad essi, perché attraverso di essi Dio venga degnamente glorificato e l’uomo riceva beneficio spirituale ed incitamento a condurre una coerente vita cristiana.

L’azione dei Pastori nei confronti dei pii esercizi è stata molteplice: di raccomandazione e di stimolo, di orientamento e, talora, di correzione. Nella vasta gamma dei pii esercizi vengono distinti: i pii esercizi che si compiono per disposizione della Sede Apostolica o che da essa sono stati raccomandati lungo i secoli;[84] i pii esercizi delle Chiese particolari, «che vengono celebrati per disposizione dei Vescovi, secondo le consuetudini o i libri legittimamente approvati»;[85] altri pii esercizi che si praticano per diritto particolare o tradizione nelle famiglie religiose o nelle confraternite e in altre pie associazioni di fedeli; essi spesso hanno ricevuto l’approvazione esplicita della Chiesa; i pii esercizi che si compiono nell’ambito della vita familiare o personale.

Alcuni pii esercizi, introdotti per consuetudine dalla comunità dei fedeli e approvati dal Magistero,[86] godono della concessione di indulgenze.[87]

Liturgia e pii esercizi

73. L’insegnamento della Chiesa sulla questione dei rapporti tra Liturgia e pii esercizi può essere sintetizzato in questi termini: la Liturgia, per sua natura, è di gran lunga superiore ai pii esercizi,[88] per cui nella prassi pastorale bisogna dare alla Liturgia «il posto preminente che le compete nei confronti dei pii esercizi»;[89] Liturgia e pii esercizi devono coesistere nel rispetto della gerarchia dei valori e della natura specifica di ambedue le espressioni cultuali.[90]

74. Una considerazione attenta di questi principi deve condurre a compiere un reale sforzo per armonizzare, per quanto possibile, i pii esercizi con i ritmi e le esigenze della Liturgia; quindi «senza fondere o confondere le due forme di pietà»;[91] ad evitare, conseguentemente, la confusione e l'ibrida commistione tra Liturgia e pii esercizi; a non contrapporre la Liturgia ai pii esercizi o, contro il sentire della Chiesa, ad eliminare questi ultimi, creando un vuoto che spesso non viene colmato a grande scapito del popolo fedele.[92]

Criteri generali per il rinnovamento dei pii esercizi

75. La Sede Apostolica non ha mancato poi di indicare con quali criteri teologici e pastorali, storici e letterari si debbano – all’occorrenza – restaurare i pii esercizi;[93] come in essi si debba accentuare l’afflato biblico e l’ispirazione liturgica e debba trovare espressione l’istanza ecumenica; come se ne debba evidenziare il nucleo essenziale, individuato attraverso l’indagine storica e fare sí che essi rispecchino alcuni aspetti della spiritualità contemporanea; come essi debbano tenere in debito conto le acquisizioni di una sana antropologia; come debbano pure rispettare la cultura e lo stile espressivo del popolo a cui sono destinati, senza lasciar perdere gli elementi tradizionali ancorati nelle abitudini popolari.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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