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LA DOMINUS JESUS promulgazione EXTRA ECCLESIAM NON EST SALUS

Ultimo Aggiornamento: 24/06/2014 15:34
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06/12/2010 22:48
 
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II. IL LOGOS INCARNATO
E LO SPIRITO SANTO NELL'OPERA DI SALVEZZA



9. Nella riflessione teologica contemporanea spesso emerge un approccio a Gesù di Nazaret, considerato come una figura storica particolare, finita, rivelatrice del divino in misura non esclusiva, ma complementare ad altre presenze rivelatrici e salvifiche. L'Infinito, l'Assoluto, il Mistero ultimo di Dio si manifesterebbe così all'umanità in tanti modi e in tante figure storiche: Gesù di Nazaret sarebbe una di esse. Più concretamente, egli sarebbe per alcuni uno dei tanti volti che il Logos avrebbe assunto nel corso del tempo per comunicare salvificamente con l'umanità.

Inoltre, per giustificare, da una parte, l'universalità della salvezza cristiana, e, dall'altra, il fatto del pluralismo religioso, viene proposta una economia del Verbo eterno, valida anche al di fuori della Chiesa e senza rapporto con essa, e una economia del Verbo incarnato. La prima avrebbe un plusvalore di universalità rispetto alla seconda, limitata ai soli cristiani, anche se in essa la presenza di Dio sarebbe più piena.

10. Queste tesi contrastano profondamente con la fede cristiana. Deve essere, infatti, fermamente creduta la dottrina di fede che proclama che Gesù di Nazaret, figlio di Maria, e solamente lui, è il Figlio e il Verbo del Padre. Il Verbo, che «era in principio presso Dio» (Gv 1,2), è lo stesso « che si è fatto carne» (Gv 1,14). In Gesù «il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16) « abita corporalmente tutta la pienezza della divinità » (Col 2,9). Egli è «il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre» (Gv 1,18), il suo « Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione [...]. Piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, pacificando col sangue della sua croce le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (Col 1,13-14.19-20).

Fedele alla Sacra Scrittura e refutando interpretazioni erronee e riduttive, il primo Concilio di Nicea definì solennemente la propria fede in «Gesù Cristo, il Figlio di Dio, generato unigenito dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, consustanziale al Padre, per mezzo del quale sono state create tutte le cose in cielo e in terra. Egli per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso e si è incarnato, si è fatto uomo, ha patito ed è risorto il terzo giorno, è risalito al cielo e verrà a giudicare i vivi e i morti».28 Seguendo gli insegnamenti dei Padri, anche il Concilio di Calcedonia professò « che l'unico e identico Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, è egli stesso perfetto in divinità e perfetto in umanità, Dio veramente e uomo veramente [...], consustanziale al Padre secondo la divinità e consustanziale a noi secondo l'umanità [...], generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità e, negli ultimi giorni, egli stesso per noi e per la nostra salvezza, da Maria, la vergine Madre di Dio, secondo l'umanità ».29

Per questo, il Concilio Vaticano II afferma che Cristo, « nuovo Adamo », « immagine dell'invisibile Dio » (Col 1,15), « è l'uomo perfetto, che ha restituito ai figli d'Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato [...]. Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita, e in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l'apostolo: il Figlio di Dio “ha amato me e ha sacrificato se stesso per me” (Gal 2,20) ».30

A tale riguardo, Giovanni Paolo II ha esplicitamente dichiarato: « È contrario alla fede cristiana introdurre una qualsiasi separazione tra il Verbo e Gesù Cristo [...]: Gesù è il Verbo incarnato, persona una e indivisibile [...]. Cristo non è altro che Gesù di Nazaret, e questi è il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti [...]. Mentre andiamo scoprendo e valorizzando i doni di ogni genere, soprattutto le ricchezze spirituali, che Dio ha elargito a ogni popolo, non possiamo disgiungerli da Gesù Cristo, il quale sta al centro del piano divino di salvezza ».31

E pure contrario alla fede cattolica introdurre una separazione tra l'azione salvifica del Logos in quanto tale e quella del Verbo fatto carne. Con l'incarnazione, tutte le azioni salvifiche del Verbo di Dio si fanno sempre in unità con la natura umana che egli ha assunto per la salvezza di tutti gli uomini. L'unico soggetto che opera nelle due nature, umana e divina, è l'unica persona del Verbo.32

Pertanto non è compatibile con la dottrina della Chiesa la teoria che attribuisce un'attività salvifica al Logos come tale nella sua divinità, che si eserciterebbe « oltre » e « al di là » dell'umanità di Cristo, anche dopo l'incarnazione.33

11. Similmente, deve essere fermamente creduta la dottrina di fede circa l'unicità dell'economia salvifica voluta da Dio Uno e Trino, alla cui fonte e al cui centro c'è il mistero dell'incarnazione del Verbo, mediatore della grazia divina sul piano della creazione e della redenzione (cf. Col 1,15-20), ricapitolatore di ogni cosa (cf. Ef 1,10), «diventato per noi, sapienza, giustizia, santificazione e redenzione» (1 Cor 1,30). Infatti il mistero di Cristo ha una sua intrinseca unità, che si estende dalla elezione eterna in Dio alla parusia: «In lui [il Padre] ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità» (Ef 1,4). «In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà» (Ef 1,11). «Poiché quelli che egli [il Padre] da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati» (Rm 8,29-30).

Il Magistero della Chiesa, fedele alla rivelazione divina, ribadisce che Gesù Cristo è il mediatore e il redentore universale: «Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, è diventato egli stesso carne, per operare, lui, l'uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore [...] è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti».34 Questa mediazione salvifica implica anche l'unicità del sacrificio redentore di Cristo, sommo ed eterno Sacerdote (cf. Eb 6,20; 9,11; 10,12-14).

12. C'è anche chi prospetta l'ipotesi di una economia dello Spirito Santo con un carattere più universale di quella del Verbo incarnato, crocifisso e risorto. Anche questa affermazione è contraria alla fede cattolica, che, invece, considera l'incarnazione salvifica del Verbo come evento trinitario. Nel Nuovo Testamento il mistero di Gesù, Verbo incarnato, costituisce il luogo della presenza dello Spirito Santo e il principio della sua effusione all'umanità non solo nei tempi messianici (cf. At 2,32-36; Gv 7,39; 20,22; 1 Cor 15,45), ma anche in quelli antecedenti alla sua venuta nella storia (cf. 1 Cor 10,4; 1 Pt 1,10-12).

Il Concilio Vaticano II ha richiamato alla coscienza di fede della Chiesa questa verità fondamentale. Nell'esporre il piano salvifico del Padre riguardo a tutta l'umanità, il Concilio connette strettamente sin dagli inizi il mistero di Cristo con quello dello Spirito.35 Tutta l'opera di edificazione della Chiesa, da parte di Gesù Cristo Capo, nel corso dei secoli, è vista come una realizzazione che egli fa in comunione col suo Spirito.36

Inoltre, l'azione salvifica di Gesù Cristo, con e per il suo Spirito, si estende, oltre i confini visibili della Chiesa, a tutta l'umanità. Parlando del mistero pasquale, nel quale Cristo già ora associa a sé vitalmente nello Spirito il credente e gli dona la speranza della risurrezione, il Concilio afferma: «E ciò non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo infatti è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale».37

È chiaro, quindi, il legame tra il mistero salvifico del Verbo incarnato e quello dello Spirito, che non fa che attuare l'influsso salvifico del Figlio fatto uomo nella vita di tutti gli uomini, chiamati da Dio ad un'unica mèta, sia che abbiano preceduto storicamente il Verbo fatto uomo, sia che vivano dopo la sua venuta nella storia: di tutti loro è animatore lo Spirito del Padre, che il Figlio dell'uomo dona liberalmente (cf. Gv 3,34).

Per questo il recente Magistero della Chiesa ha richiamato con fermezza e chiarezza la verità di un'unica economia divina: «La presenza e l'attività dello Spirito non toccano solo gli individui, ma anche la società e la storia, i popoli, le culture, le religioni [...]. Il Cristo risorto opera nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito [...]. È ancora lo Spirito che sparge i “semi del Verbo”, presenti nei riti e nelle culture, e li prepara a maturare in Cristo».38 Pur riconoscendo la funzione storico-salvifica dello Spirito in tutto l'universo e nell'intera storia dell'umanità,39 esso, tuttavia, ribadisce: «Questo Spirito è lo stesso che ha operato nell'incarnazione, nella vita, morte e risurrezione di Gesù e opera nella Chiesa. Non è, dunque, alternativo a Cristo, né riempie una specie di vuoto, come talvolta si ipotizza esserci tra Cristo e il Logos. Quanto lo Spirito opera nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture e religioni, assume un ruolo di preparazione evangelica e non può non avere riferimento a Cristo, Verbo fatto carne per l'azione dello Spirito, “per operare lui, l'Uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale”».40

In conclusione, l'azione dello Spirito non si pone al di fuori o accanto a quella di Cristo. Si tratta di una sola economia salvifica di Dio Uno e Trino, realizzata nel mistero dell'incarnazione, morte e risurrezione del Figlio di Dio, attuata con la cooperazione dello Spirito Santo ed estesa nella sua portata salvifica all'intera umanità e all'universo: «Gli uomini non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l'azione dello Spirito».41

III. UNICITÀ E UNIVERSALITÀ
DEL MISTERO SALVIFICO DI GESU CRISTO



13. È anche ricorrente la tesi che nega l'unicità e l'universalità salvifica del mistero di Gesù Cristo. Questa posizione non ha alcun fondamento biblico. Infatti, deve essere fermamente creduta, come dato perenne della fede della Chiesa, la verità di Gesù Cristo, Figlio di Dio, Signore e unico salvatore, che nel suo evento di incarnazione, morte e risurrezione ha portato a compimento la storia della salvezza, che ha in lui la sua pienezza e il suo centro.

Le testimonianze neotestamentarie lo attestano con chiarezza: «Il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo» (1 Gv 4,14); «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). Nel suo discorso davanti al sinedrio, Pietro, per giustificare la guarigione dell'uomo storpio fin dalla nascita, avvenuta nel nome di Gesù (cf. At 3,1-8), proclama: «In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale dobbiamo essere salvati» (At 4,12). Lo stesso apostolo aggiunge inoltre che Gesù Cristo «è il Signore di tutti»; «è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio»; per cui «chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome» (At 10,36.42.43).

Paolo, rivolgendosi alla comunità di Corinto, scrive: « In realtà anche se ci sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi e signori, per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene, e noi siamo per lui; e c'è un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui » (1 Cor 8,5-6). Anche l'apostolo Giovanni afferma: « Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui » (Gv 3,16-17). Nel Nuovo Testamento, la volontà salvifica universale di Dio viene strettamente collegata all'unica mediazione di Cristo: «[Dio] vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1 Tm 2,4-6).

È su questa coscienza del dono di salvezza unico e universale offerto dal Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito (cf. Ef 1,3-14), che i primi cristiani si rivolsero a Israele, mostrando il compimento della salvezza che andava oltre la Legge, e affrontarono poi il mondo pagano di allora, che aspirava alla salvezza attraverso una pluralità di dèi salvatori. Questo patrimonio di fede è stato riproposto dal recente Magistero della Chiesa: «Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto (cf. 2 Cor 5,15), dà all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché egli possa rispondere alla suprema sua vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini in cui possano salvarsi (cf. At 4,12). Crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana».42

14. Deve essere, quindi, fermamente creduto come verità di fede cattolica che la volontà salvifica universale di Dio Uno e Trino è offerta e compiuta una volta per sempre nel mistero dell'incarnazione, morte e risurrezione del Figlio di Dio.

Tenendo conto di questo dato di fede, la teologia oggi, meditando sulla presenza di altre esperienze religiose e sul loro significato nel piano salvifico di Dio, è invitata ad esplorare se e come anche figure ed elementi positivi di altre religioni rientrino nel piano divino di salvezza. In questo impegno di riflessione la ricerca teologica ha un vasto campo di lavoro sotto la guida del Magistero della Chiesa. Il Concilio Vaticano II, infatti, ha affermato che « l'unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione, che è partecipazione dell'unica fonte ».43 È da approfondire il contenuto di questa mediazione partecipata, che deve restare pur sempre normata dal principio dell'unica mediazione di Cristo: «Se non sono escluse mediazioni partecipate di vario tipo e ordine, esse tuttavia attingono significato e valore unicamente da quella di Cristo e non possono essere intese come parallele e complementari».44 Risulterebbero, tuttavia, contrarie alla fede cristiana e cattolica quelle proposte di soluzione, che prospettassero un agire salvifico di Dio al di fuori dell'unica mediazione di Cristo.

15. Non rare volte si propone di evitare in teologia termini come « unicità », « universalità », « assolutezza », il cui uso darebbe l'impressione di enfasi eccessiva circa il significato e il valore dell'evento salvifico di Gesù Cristo nei confronti delle altre religioni. In realtà, questo linguaggio esprime semplicemente la fedeltà al dato rivelato, dal momento che costituisce uno sviluppo delle fonti stesse della fede. Fin dall'inizio, infatti, la comunità dei credenti ha riconosciuto a Gesù una valenza salvifica tale, che Lui solo, quale Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso e risorto, per missione ricevuta dal Padre e nella potenza dello Spirito Santo, ha lo scopo di donare la rivelazione (cf. Mt 11,27) e la vita divina (cf. Gv 1,12; 5,25-26; 17,2) all'umanità intera e a ciascun uomo.

In questo senso si può e si deve dire che Gesù Cristo ha un significato e un valore per il genere umano e la sua storia, singolare e unico, a lui solo proprio, esclusivo, universale, assoluto. Gesù è, infatti, il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti. Raccogliendo questa coscienza di fede, il Concilio Vaticano II insegna: «Infatti il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, è diventato egli stesso carne, per operare, lui l'uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine della storia umana, “il punto focale dei desideri della storia e della civiltà”, il centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti».45 «È proprio questa singolarità unica di Cristo che a lui conferisce un significato assoluto e universale, per cui, mentre è nella storia, è il centro e il fine della stessa storia: “Io sono l'Alfa e l'Omega, il primo e l'ultimo, il principio e la fine” (Ap 22,13)».46


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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