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Matteo Capitolo 5 e 11 La scomunica per la vita, le parole SCOMODE di Gesù, il suo stile di vita per noi

Ultimo Aggiornamento: 07/02/2014 00:25
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Una scomunica per la vita


VI Domenica del Tempo Ordinario, 13 febbraio 2011



di padre Angelo del Favero*

Roma, venerdì, 11 febbraio 2011 (ZENIT.org).

- Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. (…) A nessuno ha comandato di essere empio, e a nessuno ha dato il permesso di peccare (Sir 15,16-20).

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. (…) Io vi dico..: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geenna.(…) Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.(…) (Mt 5,17-37).


Gesù è venuto a dare “pieno compimento alla Legge” (Mt 5,17), e a rivelare che “pienezza della Legge è la carità” (Rm 13,10). L’antico “occhio per occhio, dente per dente” (Es 21,24), da Gesù è sostituito con la misericordia e il perdono: “amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano..siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6, 27.36).

Per questo il Vangelo è “buona notizia”! Ma il Vangelo di oggi può dare l’impressione di una drasticità che sa ancora di antica Legge. Gesù, infatti, ci avvisa severamente sulle conseguenze di certi peccati, facendo temere il giudizio di Dio e dando consigli fin troppo radicali per non finire nell’inferno: “Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te;..tagliala (la mano destra) e gettala via da te...” (Mt 5,29-30).

Certo, questa Parola non ha niente a che fare con la mutilazione del corpo, dato che vuol solo far intendere la necessità di una determinazione assoluta nell’impegno di eliminare ogni grave abitudine di peccato; tuttavia proprio per questo non si può sottovalutare ciò che Gesù afferma sulle conseguenze della negligenza colpevole: il giudizio, il sinedrio e il fuoco della Geenna.

Al primo posto tra i peccati egli ricorda l’omicidio: “Avete inteso che fu detto agli antichi: non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico..” (Mt 5,21s).

Riflettiamo sul significato fisico del precetto “non ucciderai”.

Oggi l’omicidio che per numero di vittime e gravità di conseguenze è al primo posto nel mondo intero è l’aborto volontario, definito dalla Chiesa “abominevole delitto” al pari dell’infanticidio (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 51) e considerato un peccato tanto grave da comportare la sanzione penale della scomunica.

Vogliamo perciò soffermarci sull’autentico significato spirituale di tale grave sanzione, considerato che la piaga spirituale del peccato di aborto è diffusissima anche fra i battezzati.

Per “aborto”, il Diritto Canonico intende l’interruzione volontaria della gravidanza, dal concepimento alla nascita. Al riguardo, il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) e il Codice di Diritto Canonico (CIC) affermano: “La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. “Chi procura l’aborto, ottenendo l’effetto, incorre nella scomunica latae sententiae” (CIC, can. 1398) “per il fatto stesso d’aver commesso il delitto” (CIC, can. 1314). La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all’innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società” (CCC 2272).

La sottolineatura “ottenendo l’effetto” permette di affermare che non incorre nella scomunica chi fa uso di farmaci “intercettivi” (la “pillola del giorno dopo”: Norlevo, EllaOne, ecc.), i quali agiscono intercettando mortalmente l’embrione nel suo percorso verso la parete uterina. Infatti, dato che non si può sapere se il concepimento sia avvenuto o meno dopo il rapporto sessuale, non può esserci certezza di avvenuto aborto. Al contrario, chi fa uso di farmaci “contragestativi” (l’RU486), che agiscono compromettendo irreparabilmente l’impianto vitale dell’embrione nella parete uterina, incorre nella scomunica se sussistono determinate condizioni (età maggiore di 16 anni, piena avvertenza, deliberato consenso, ecc..: cfr cann. 1323, e 1324 del CIC). Lo stesso vale per l’aborto ottenuto con qualunque altro mezzo: chirurgico, chimico, meccanico.

Il motivo della scomunica è perciò pastorale: si tratta di salvare la vita dell’anima!

Tale sanzione medicinale si oppone infatti a quella gravissima malattia della coscienza che è l’anestesia del senso del peccato contro la vita.

Davanti alla vita, oggi l’uomo sta indifferente, come davanti alla morte, poiché una sola cosa desidera scegliere: il proprio piacere; ma Dio lo avverte: “Davanti agli uomini stanno la vita e la morte: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà” (Sir 15,17). Il fatto criminoso dell’aborto non accade solo nel grembo, ma anche fuori di esso, nel vetro di in una provetta. Nella fecondazione artificiale, infatti, la sorte è fatale per circa il 94 % dei figli innocenti concepiti, tutti fratelli di coloro che sono stati trasferiti nel grembo “con successo”.

Dal 2005 ad oggi, in Italia, i bambini nati con tecniche di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) sono stati 31.791, al prezzo di 550.000 loro fratelli uccisi nell’indifferenza generale.

Il danno che la Chiesa vuole evitare mediante la sanzione della scomunica, non è solo quello irreparabile della morte di un numero così sterminato di persone, ma anche quello della ferita profonda nel cuore dei genitori dei figli abortiti, assieme a quello dell’autodistruzione “legale” della nostra società, sempre più vittima della perversa cultura di morte generata dalle leggi contrarie alla vita.

Pur comprendendo tale intendimento “terapeutico”, si può avere l’impressione che la sanzione della scomunica consista in una drastica rottura del rapporto vitale con la Chiesa e con il Dio della misericordia. Sembra quasi che il consiglio di Gesù di cavare e gettare via da sé l’occhio o la mano responsabili di uno scandalo, la Chiesa lo metta in pratica senza pietà nei confronti delle persone che hanno abortito.

Ma, al di là del vocabolo, si tratta di capire il senso profondo della “scomunica”. Il termine, in effetti, non appare felice: sa di punizione, di rifiuto, di cacciata di casa.

L’aggiunta poi delle parole latine “latae sententiae” (ai più non del tutto chiare), accentua tale impressione. “Latae sententiae” significa che all’aborto commesso è automaticamente associata la pena della scomunica, con-portata dal fatto in sé (latae = portata, da “ferre” = portare), come un cortocircuito che interrompe la corrente elettrica.

Ma il significato della scomunica non è né quello di uno sfratto dalla Chiesa, né quello di un’amputazione di un suo membro dal Corpo di Cristo.

Anche se la parola di per sé non fa pensare alla bontà di Gesù con l’adultera, la Chiesa che “scomunica” lo fa per comportarsi esattamente come Lui, quasi dicendo alla persona scomunicata: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11).

La scomunica, infatti, è una sanzione, non una condanna; cioè è pena medicinale, correttiva, che aiuta con massima efficacia a non peccare più, non solo educando alla gravità delle conseguenze, ma offrendo subito la grazia del perdono che salva.

Chi è scomunicato non può accedere ai sacramenti, ma solo fintanto che non si confessa, allo stesso modo in cui un paziente non può entrare in sala operatoria senza preparazione chirurgica. In tal modo, la scomunica automatica interviene sul piano delle conseguenze immediate del peccato commesso, avendo come fine non la punizione del battezzato, ma il suo ravvedimento.

L’aborto infatti, e la cooperazione formale ad esso, causano una specie di “black-out” interiore (come quando saltano le valvole per un consumo eccessivo di corrente) che “spegne” la luce della presenza di Dio nell’anima, togliendo la pace del cuore e la gioia di vivere. La “scomunica latae sententiae” è in realtà un “avviso di interruzione di grazia”, un avviso anche preventivo.

In verità, perciò, con la scomunica la Chiesa non intende restringere il campo della comprensione e della misericordia, come scrive il beato Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae: E’ vero che molte volte la scelta abortiva riveste per la madre carattere drammatico e doloroso, in quanto la decisione di disfarsi del frutto del concepimento non viene presa per ragioni egoistiche e di comodo, ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti beni, quali la propria salute o un livello dignitoso di vita per gli altri membri della famiglia. Talvolta si temono per il nascituro condizioni di esistenza tali da far pensare che per lui sarebbe meglio non nascere. Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche, non possono mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano innocente(n. 58).

Concludo, infine, con la risposta a due domande fondamentali:

1) Come fare a sapere se in un caso di aborto la persona interessata è incorsa nella scomunica?
Occorre guardare queste nostre sorelle e fratelli con lo sguardo del cuore e alla luce del Vangelo della vita, tenendo ben presenti i cann. 1321-1325 del CIC, che regolano la materia “Il soggetto passivo delle sanzioni penali”.

2) Chi può assolvere dal peccato d’aborto?
Tradizionalmente tutti i sacerdoti di un Ordine Religioso, mentre, per quanto riguarda il clero diocesano, le disposizioni in materia vengono date dal vescovo Ordinario del luogo.

---------

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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20/02/2011 18:33
 
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Il Papa: La nostra perfezione è vivere con umiltà come figli di Dio compiendo concretamente la sua volontà...Esorto tutti i Pastori ad «assimilare quel "nuovo stile di vita" che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli»

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 20.02.2011

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

In questa settima domenica del Tempo Ordinario, le letture bibliche ci parlano della volontà di Dio di rendere partecipi gli uomini della sua vita: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» - si legge nel Libro del Levitico (19,1). Con queste parole, e i precetti che ne conseguono, il Signore invitava il popolo che si era scelto ad essere fedele all’alleanza con Lui camminando sulle sue vie e fondava la legislazione sociale sul comandamento «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18).

Se ascoltiamo, poi, Gesù, nel quale Dio ha assunto un corpo mortale per farsi prossimo di ogni uomo e rivelare il suo amore infinito per noi, ritroviamo quella stessa chiamata, quello stesso audace obiettivo. Dice, infatti, il Signore: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48).

Ma chi potrebbe diventare perfetto? La nostra perfezione è vivere con umiltà come figli di Dio compiendo concretamente la sua volontà.

San Cipriano scriveva che «alla paternità di Dio deve corrispondere un comportamento da figli di Dio, perché Dio sia glorificato e lodato dalla buona condotta dell’uomo» (De zelo et livore, 15: CCL 3a, 83).

In che modo possiamo imitare Gesù? Gesù stesso dice: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44-45). Chi accoglie il Signore nella propria vita e lo ama con tutto il cuore è capace di un nuovo inizio. Riesce a compiere la volontà di Dio: realizzare una nuova forma di esistenza animata dall’amore e destinata all’eternità. L’apostolo Paolo aggiunge: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1 Cor 3,16). Se siamo veramente consapevoli di questa realtà, e la nostra vita ne viene profondamente plasmata, allora la nostra testimonianza diventa chiara, eloquente ed efficace.

Un autore medievale ha scritto: «Quando l’intero essere dell’uomo si è, per così dire, mescolato all’amore di Dio, allora lo splendore della sua anima si riflette anche nell’aspetto esteriore» (GIOVANNI CLIMACO, Scala Paradisi, XXX: PG 88, 1157 B), nella totalità della vita. «Grande cosa è l’amore – leggiamo nel libro dell’Imitazione di Cristo –, un bene che rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile. L’amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Nasce da Dio e soltanto in Dio può trovare riposo» (III, V, 3).

Cari amici, dopodomani, 22 febbraio, celebreremo la festa della Cattedra di San Pietro. A lui, primo degli Apostoli, Cristo ha affidato il compito di Maestro e di Pastore per la guida spirituale del Popolo di Dio, affinché esso possa innalzarsi fino al Cielo.

Esorto, pertanto, tutti i Pastori ad «assimilare quel "nuovo stile di vita" che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli» (Lettera Indizione Anno Sacerdotale
). Invochiamo la Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, affinché ci insegni ad amarci gli uni gli altri e ad accoglierci come fratelli, figli dello stesso Padre celeste.

DOPO L’ANGELUS

Rivolgo infine il mio cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli venuti da Poggiomarino, Modica, Cento di Ferrara e dalla parrocchia di Sant’Igino Papa in Roma, come pure alla Fondazione Petroniana di Bologna. Saluto volentieri le Figlie di San Camillo, nel centenario della nascita al Cielo della loro Fondatrice, la Beata Giuseppina Vannini. A tutti auguro una buona domenica.

                           


[Modificato da Caterina63 07/02/2014 00:20]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/07/2011 20:20
 
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Il Papa: Moltitudini sfinite si trovano nei Paesi più poveri, provate dall’indigenza; e anche nei Paesi più ricchi sono tanti gli uomini e le donne insoddisfatti, addirittura malati di depressione. Pensiamo poi ai numerosi sfollati e rifugiati, a quanti emigrano mettendo a rischio la propria vita. Lo sguardo di Cristo si posa su tutta questa gente, anzi, su ciascuno di questi figli del Padre che è nei cieli, e ripete: "Venite a me, voi tutti…"

ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

Il Papa ricorda la beatificazione del vescovo Janos Scheffler che morì martire in Romania (Izzo)

Il Papa: il vero rimedio alle ferite dell’umanità è una regola di vita basata sull’amore fraterno (AsiaNews)

L'Angelus del Santo Padre nel servizio di Lucio Brunelli (Tg2)

No a arroganza e successo a tutti i costi: così il Papa indica la via dell’amore di Cristo, ricordando tanti poveri in difficoltà e tanti ricchi insoddisfatti (R.V.)

Il Papa: lo sguardo di Gesù su immigrati, sfollati e rifugiati. Bisogna abbandonare la via dell'arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere (Izzo)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 03.07.2011

Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del Suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Oggi, nel Vangelo, il Signore Gesù ci ripete quelle parole che conosciamo così bene, ma che sempre ci commuovono: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero" (Mt 11,28-30).
Quando Gesù percorreva le strade della Galilea annunciando il Regno di Dio e guarendo molti malati, sentiva compassione delle folle, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore" (cfr Mt 9,35-36).

Quello sguardo di Gesù sembra estendersi fino ad oggi, fino al nostro mondo. Anche oggi si posa su tanta gente oppressa da condizioni di vita difficili, ma anche priva di validi punti di riferimento per trovare un senso e una meta all’esistenza. Moltitudini sfinite si trovano nei Paesi più poveri, provate dall’indigenza; e anche nei Paesi più ricchi sono tanti gli uomini e le donne insoddisfatti, addirittura malati di depressione. Pensiamo poi ai numerosi sfollati e rifugiati, a quanti emigrano mettendo a rischio la propria vita. Lo sguardo di Cristo si posa su tutta questa gente, anzi, su ciascuno di questi figli del Padre che è nei cieli, e ripete: "Venite a me, voi tutti…".

Gesù promette di dare a tutti "ristoro", ma pone una condizione: "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore". Che cos’è questo "giogo", che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? Il "giogo" di Cristo è la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli (cfr Gv 13,34; 15,12).

Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Per questo bisogna abbandonare la via dell’arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo.

Anche verso l’ambiente bisogna rinunciare allo stile aggressivo che ha dominato negli ultimi secoli e adottare una ragionevole "mitezza". Ma soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro degno dell’uomo.

Cari amici, ieri abbiamo celebrato una particolare memoria liturgica di Maria Santissima lodando Dio per il suo Cuore Immacolato. Ci aiuti la Vergine a "imparare" da Gesù la vera umiltà, a prendere con decisione il suo giogo leggero, per sperimentare la pace interiore e diventare a nostra volta capaci di consolare altri fratelli e sorelle che percorrono con fatica il cammino della vita.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle, mi unisco alla gioia della Chiesa in Romania, in particolare della Comunità di Satu Mare, dove oggi viene proclamato Beato János Scheffler, che fu Vescovo di quella Diocesi e morì martire nel 1952. La sua testimonianza sostenga sempre le fede di quanti lo ricordano con affetto e delle nuove generazioni.

**

Zo srdca pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z Úpora a Černovej. Bratia a sestry, budúci utorok Slovensko bude sláviť sviatok svätých bratov Cyrila a Metoda. Oni sú pre nás všetkých príkladom jednoty vo viere. Zostaňte verní tomuto ich odkazu. S láskou vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Di cuore saluto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti da Úpor e Černová. Fratelli e sorelle, martedì prossimo la Slovacchia celebrerà la festa dei Santi fratelli Cirillo e Metodio. Essi sono per tutti noi esempio di unità nella fede. Rimanete fedeli a questo sublime esempio. Con affetto vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!]

Drodzy Polacy, bracia i siostry. Modlitwa „Anioł Pański" przypomina nam, że Słowo Boże stało się ciałem pod sercem Dziewiczej Matki. W kontekście minionych obchodów liturgicznych: Najświętszego Serca Pana Jezusa i Niepokalanego Serca Maryi, polecam was wszystkich opiece tych Najświętszych Serc. Niech Serce Jezusa zjednoczone z Sercem Maryi będzie dla was źródłem życia i świętości. Wszystkim wam błogosławię, życzę dobrej niedzieli.

[Cari fratelli e sorelle Polacchi, la preghiera dell’"Angelus" ci ricorda che il Verbo di Dio si fece carne nel grembo della Vergine Madre. Nel contesto delle recenti celebrazioni liturgiche del Sacratissimo Cuore di Gesù e del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria vi raccomando alla protezione di questi Cuori santissimi. Il Cuore di Gesù unito al Cuore di Maria sia per voi sorgente di vita e di santità. Vi benedico tutti e vi auguro buona domenica.]

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli venuti da Pistoia e ai ragazzi di Latisana, Arcidiocesi di Udine. A tutti auguro una buona domenica e un buon mese di luglio. Nei prossimi giorni lascerò il Vaticano per recarmi a Castel Gandolfo. Da là, a Dio piacendo, guiderò l’Angelus domenica prossima.
Grazie!

A baby is held up as Pope Benedict XVI leads the Sunday angelus prayer from the window of his private apartment in Saint Peter's Square at the Vatican July 3, 2011.

Pope Benedict XVI blesses the audience as he leads the Sunday angelus prayer from the window of his private apartment in Saint Peter's Square at the Vatican July 3, 2011.



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07/02/2014 00:23
 
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  E non date del “pazzo” a nessuno. Lo stravagante avvertimento di Gesù

Posted on 06/02/2014

                               Gesù. Anche lui è stato capace di arrabbiarsi.

Quell’avvertimento un po’ misterioso e misconosciuto, strano anche, del Nazareno: “Guai a chi darà del pazzo al fratello”. Perché Gesù si indigna quando uno dice “pazzo” ad un fratello? … Ma cosa intende veramente per “pazzo”?

Gesù, che pure è stato capace di indignarsi più volte contro farisei, apostoli e mercanti del tempio, dice che non dobbiamo dire pazzo e stolto al fratello. Perché la pena sarà gravissima. Come mai? Il passo, contenuto nel Vangelo di Matteo, è molto severo. Per essere ben compreso, occorre leggerlo alla luce del contesto. Guardando anche all’autorevole opinione dell’abate Ricciotti, uno che per tutta la vita ha studiato bene l’ambiente, la mentalità e le tradizioni che sono dietro al Nuovo Testamento. Il messaggio di Gesù è forte, ma ancor di più lo è la novità che Lui ha portato con la sua Incarnazione. Lui che non è venuto ad abolire la Legge, ma a darle compimento, ci chiede un passo avanti in linea con quello che è venuto ad insegnarci.

di Dorotea Lancellotti da papalepapale.com

Il Mastino, probabilmente come molti di noi, si sofferma su un brano del Vangelo e me lo sottopone. Il passo è questo: «Avete inteso che fu detto dagli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna» (5, 21-37).

E allora mi domanda: «Ma Gesù con chi ce l’ha? Chi intende per “pazzo”? E se uno è pazzo e dice cose da pazzo, perché non dovremmo dargli del pazzo? Che c’è di male a dire “pazzo” a uno? Perché mai Gesù se la prende tanto con questa parola e lo fa indignare tanto? Del resto, è lo stesso Gesù che non lesina termini quantomeno ingiuriosi a chi lo fa indignare: “stolti”, “razza di vipere”, “ipocriti”; a Pietro addirittura dice “vattene via figlio del demonio”. Ma allora?».

Queste, dunque, le domande incalzanti che mi pone il Mastino. Vediamo allora di chiarirgli le idee, spiegando il vero senso di quelle parole in Matteo e perché tanto i termini “stupido” e “pazzo” alterano il Cristo.

Sentiamo cosa dice Ricciotti…

 

Non esiste un trattato patristico, specifico, sull’argomento. La dinamica interpretativa, però, ruota attorno a tutto il contesto della cosiddetta “nuova legge” che Gesù venne a sigillare col proprio sacrificio della Croce.

Ci faremo aiutare dal famoso sacerdote Ricciotti (1890-1964) presbitero, biblista e archeologo italiano, studioso di storia del Cristianesimo e medaglia d’oro al valor militare (come cappellano) nella prima guerra mondiale, che scrisse La vita di Gesù Cristo e si prese cura delle relative note riportate nella Bibbia degli anni Quaranta.

Il discorso del Signore non vuole assolutizzare i termini: piuttosto risponde ad una serie di domande provocatorie dei farisei.  Le tre mancanze citate vanno inserite nel lungo contesto che parte dalla legge e dai profeti. Poco prima infatti Gesù aveva detto: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt.5,17).

Paolo VI, in una udienza del 26 aprile 1978, spiegava: «Gesù non condanna la legge antica, ma la dice incompleta, e promulga la nuova, quella evangelica, e la solleva al livello della perfezione: al fratello è dovuto un rispetto completo; completo nel sentimento interiore, donde il rispetto nasce e si esprime, e completo nella tutela esteriore dovuta alla dignità del fratello, in quanto tale; possiamo dire: in quanto uomo-fratello. Cioè: il Vangelo ci insegna a professare nei sentimenti e negli atti un rispetto tale verso gli uomini nostri simili, nostri fratelli, che un sistema sociale, il quale ammetta come logico e normale l’odio di classe, ovvero l’egoismo di classe, non può certo rivendicare a proprio legittimo ed esclusivo favore».

In definitiva, spiega il Ricciotti, in questi passi si distinguono tre mancanze contro la carità verso il prossimo, a cui corrispondono tre specie di tribunali che dovranno giudicarle ed eventualmente punirle o purificarle. La semplice ira contro il prossimo è già degna d’essere giudicata dall’ordinario tribunale locale. Se l’ira è accompagnata da un insulto, quale chiamareraca (sciocco) una persona, è degna di essere deferita al tribunale supremo della nazione che era, all’epoca, il Sinedrio stabilito a Gerusalemme. Se infine si giungerà a chiamare il prossimo “stolto”, che equivaleva a “empio” e poi ad “ateo”, il colpevole è meritevole del fuoco della Geenna.

In un sermone così la spiega sant’Antonio di Padova: ” Chi non si adira, non uccide; la libertà di adirarsi può essere causa di omicidio. Elimina l’ira e non ci sarà più omicidio. L’ira consiste in ogni cattivo impulso a far del male; l’impulso improvviso, al quale non si acconsente, è una pre-passione, cioè, una malattia interiore. Se vi si aggiunge il consenso, diventa passione, ed è la morte in casa. In questi peccati c’è una gradazione. Il primo stadio consiste nell’arrabbiarsi e nel conservare questo impulso dell’animo, Il secondo quando questo impulso fa alzare la voce e dire cose che feriscono colui con il quale si è arrabbiati. Il terzo quando si arriva a veri e propri insulti e ingiurie, a volte fino all’estremo, con l’omicidio. Parimenti c’è una gradazione anche nella pena.” (Sermoni – Domenica VI dopo Pentecoste). Naturalmente l’ira umana non deve essere confusa con la biblica “ira divina” che nulla ha che vedere con la nostra.



   continua...........





 

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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07/02/2014 00:25
 
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Ma chi è il pazzo?  (continua da sopra)

Gesù ha ben spiegato di essere venuto non per abolire la legge ma per darle compimento.

Gesù ha ben spiegato di essere venuto non per abolire la legge ma per darle compimento.

Come abbiamo già compreso da queste brevi esposizioni, in Matteo ci viene insegnato come Gesù interpretava e spiegava la Legge di Dio. Cinque volte ripete la frase: «Avete inteso che fu detto agli antichi, ma io vi dico che…!» (Mt 5,21.27.33.38.43). Gesù non sta parlando di chi, in modo folle, lo combatte o remando contro Dio può essere a ragione definito “stolto, pazzo”. La Bibbia stessa usa questo termine in tredici occasioni diverse. Il problema è più a monte. Un esempio chiaro lo troviamo anche in Matteo 19, 1-12 sulla questione del divorzio: «Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova… »: il discorso è eloquente. Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?». Rispose loro Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio». Secondo la mentalità dei farisei, Gesù stava eliminando la legge.

Ma era esattamente il contrario. Lui diceva: «Non pensate che sono venuto ad abolire la Legge ed i Profeti. Non sono venuto ad abolire, ma a completare». Dinanzi alla Legge di Mosè, Gesù ha un atteggiamento di rottura e di continuità: rottura con delle aggiunte alla Legge a causa «della durezza del loro cuore» e di continuità quando dice «ma dal principio non fu così», ripristinando la vera Legge di Dio. Rompe, in sostanza, con le interpretazioni sbagliate che si rinchiudevano nella prigione della lettera, ma riafferma in modo categorico l’obiettivo ultimo della legge: raggiungere la giustizia maggiore, che è l’Amore, l’Amore di Dio per l’uomo. Gesù stesso definisce i due discepoli di Emmaus con queste parole: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!» (Lc.24,24-27). Non intendeva certo riferirisi alla loro intelligenza, ma alla loro “durezza di cuore”.

E’ ovvio che Gesù non parla di chi dà del pazzo a un pazzo riconosciuto clinicamente! O meglio, non è di questo genere di pazzia che il Signore sta parlando. E’ importante capire chi è il vero “pazzo” descritto nella Bibbia.

Pazzo è chi si mette contro Dio. Come chi, per esempio, perseguita i profeti.

Pazzo è chi si mette contro Dio. Come chi, per esempio, perseguita i profeti.

«Sono venuti i giorni del castigo,sono giunti i giorni del rendiconto, – Israele lo sappia: un pazzo è il profeta, l’uomo ispirato vaneggia – a causa delle tue molte iniquità, per la gravità del tuo affronto» (Osea 9,7); «Per qualunque via lo stolto cammini è privo di senno e di ognuno dice: “È un pazzo”» (Eccl.10.3). In tal senso “pazzo” o “stolto” è colui che rema contro Dio, che uccide i profeti, che li prende in giro come nel caso di Davide il quale, incompreso da Achis re di Gat: «cominciò a fare il pazzo ai loro occhi, a fare il folle tra le loro mani; tracciava segni sui battenti delle porte e lasciava colare la saliva sulla barba. Achis disse ai ministri: “Ecco, vedete anche voi che è un pazzo. Perché lo avete condotto da me? Non ho abbastanza pazzi io perché mi conduciate anche costui per fare il folle davanti a me? Dovrebbe entrare in casa mia un uomo simile?”». (1Sam.21,1-15).

La rivoluzione del Cristo sta alla radice: «Le parole calme dei saggi si ascoltano più delle grida di chi domina fra i pazzi» (Eccl.9,17).

Prendere il passo del Vangelo alla lettera o no?

S. Paolo implora: "non tramonti il sole sopra la vostra ira".

S. Paolo implora: “non tramonti il sole sopra la vostra ira”.

Nel momento in cui Gesù è venuto a formareun “nuovo popolo”, una folta comunità di figli redenti e che, tramite il Battesimo, ha acquisito una nuova ed autentica figliolanza, ed ha ricevuto una eredità divina, il “pazzo” o la scusa per essere definito pazzo viene meno. Lo spiegano gli Apostoli stessi: «non rendete male per male, od oltraggio per oltraggio, ma, al contrario, benedite; poiché a questo siete stati chiamati affinché ereditiate la benedizione» (1Pietro 3,9); «Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sopra la vostra ira e non fate posto al diavolo» (Ef 4,26-27). E’ ovvio poi che non tutte le singole frasi di Gesù vanno prese letteralmente, ma piuttosto bisogna scavare dentro (teologia-apologetica) per comprenderne il vero senso. E’ improbabile infatti che Matteo abbia voluto mettere i cristiani sotto la giurisdizione del Sinedrio, il famoso tribunale che per altro non esisteva già più dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. .

Allo stesso modo, quando Gesù dice: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna.  E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna» (Mt.5,29-30), è ovvio che Egli non vuole che ci mutiliamo gli arti. Ci sono, invece, dei passi che vanno presi alla lettera: «Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt.5,27-28) e questo perchè è dal cuore che nascono i sentimenti buoni o cattivi, giusti o ingiusti, santi o perversi e le azioni non sono altro che il frutto di ciò che il cuore ha elaborato nel pensiero. In definitiva la nuova Legge portata da Gesù invita i suoi a non opporsi violentemente a chi fa il male, cioè a non rispondere con violenza alla violenza per evitare essi stessi ogni forma di rappresaglia e per sancire il diritto di Dio sulla vera giustizia.

Non essere come i farisei.esempio, quando si raduna tutta la comunità, tutti parlassero con il dono delle lingue e sopraggiungessero dei non iniziati o non credenti, non direbbero forse che siete pazzi?» (1Corinzi 14,23). Se, invece, tal figlio redento verrà definito pazzo o stolto solo perchè predica il giusto, benedice, ammonisce, allora riceverà la vera ricompensa da Dio, e sarà Dio stesso a difenderlo.

Non essere come i farisei.esempio, quando si raduna tutta la comunità, tutti parlassero con il dono delle lingue e sopraggiungessero dei non iniziati o non credenti, non direbbero forse che siete pazzi?» (1Corinzi 14,23). Se, invece, tal figlio redento verrà definito pazzo o stolto solo perché predica il giusto, benedice, ammonisce, allora riceverà la vera ricompensa da Dio, e sarà Dio stesso a difenderlo.

In sostanza è l’uomo nuovo, battezzato e perciò redento, che non deve dare più fare qualcosa per essere definito “pazzo”: «Se, per, quando si raduna tutta la comunità, tutti parlassero con il dono delle lingue e sopraggiungessero dei non iniziati o non credenti, non direbbero forse che siete pazzi?» (1Corinzi 14,23). Se, invece, tal figlio redento, verrà definito pazzo o stolto solo perchè predica il giusto, benedice, ammonisce, allora riceverà la vera ricompensa da Dio, e sarà Dio stesso a difenderlo

«La vostra giustizia deve superare quella dei farisei»: questo primo verso dà la chiave generale di tutto ciò che segue in Mt 5,20-48. L’evangelista indica alle comunità come devono praticare la giustizia più grande che supera la giustizia degli scribi e dei farisei e che porterà all’osservanza piena della legge, perciò, dice il Signore:« Voi avete udito che fu detto…. Io invece dico a voi…».

Per questo motivo, aggiunge subito dopo dal vv.23: «Se dunque tu, nel fare la tua offerta sull’altare, ti rammenti che il tuo fratello ha qualcosa contro di te (ti ha dato dello Stolto, ti ha detto che sei uno sciocco n.d.r.), lascia lì la tua offerta davanti all’altare e và prima a riconciliarti col tuo fratello; poi ritorna a fare l’offerta…». E il discorso continua al vv.25 dove Gesù consiglia quanto sia più saggio trovare un accordo con l’avversario, prima che lui «ti consegni al giudice e questi alle guardie e tu venga gettato nel carcere, dal quale (e qui Nostro Signore ci ricorda anche il purgatorio, n.d.r.) non ne uscirai fino a quando non avrai pagato fino all’ultimo centesimo…».

Seguono ulteriori consigli, cioè a cosiddetta “nuova legge” basata sulle azioni: il perdono delle offese; l’elemosina; la preghiera; il digiuno; tesori in cielo; occhio e cuori puri; le vane preoccupazioni e la fede nella Provvidenza.

Gesù indignato… perché?

Gesù. Anche lui è stato capace di arrabbiarsi.

Gesù. Anche lui è stato capace di arrabbiarsi.

Riconciliare e vera giustizia. Questi i due punti su cui maggiormente insiste il vangelo di Matteo. Riguardo al primo, la riconciliazione, Matteo si sofferma poiché nelle comunità di quell’epoca c’erano molte tensioni tra i gruppi con tendenze diverse, senza dialogo. Nessuno voleva cedere dinanzi all’altro, l’arroganza e la superbia primeggiavano usando la Legge di Dio in modo sbagliato. Matteo illumina questa situazione con parole di Gesù sulla riconciliazione che richiedono accoglienza e comprensione. Poiché l’unico peccato che Dio non riesce a perdonare è la nostra mancanza di perdono agli altri (cfr Mt 6,14). Per questo, cerca la riconciliazione, prima che sia troppo tardi.

L’ideale della giustizia più grande e più vera, la ritroviamo in tutti e quattro i Vangeli. Per cinque volte, Gesù cita un comandamento o un’usanza dell’antica legge: Non uccidere (Mt 5,21), Non commettere adulterio (Mt 5,27), Non giurare il falso (Mt 5,33), Occhio per occhio, dente per dente (Mt 5,38), Amare il prossimo e odiare il nemico (Mt 5,43), e così via. E per cinque volte, critica il modo antico di osservare questi comandamenti ed indica un cammino nuovo per raggiungere la giustizia, l’obiettivo della legge (Mt 5,22-26; 5, 28-32; 5,34-37; 5,39-42; 5,44-48). La parola giustizia è presente sette volte nel Vangelo di Matteo (Mt 3,15; 5,6.10.20; 6,1.33; 21,32). L’ideale religioso dei giudei dell’epoca era “essere giusti davanti a Dio”. I farisei insegnavano: «La persona raggiunge la giustizia davanti a Dio quando osserva tutte le norme della legge in tutti i suoi dettagli!». Ma questo insegnamento generava un’oppressione legalistica e produceva molte angosce alle persone di buona volontà, poiché era molto difficile che una persona potesse osservare tutte le norme (Rm. 7,21-24), specialmente perchè non esisteva la “predicazione” la quale nasce proprio per spiegare la Legge e aiutare l’uomo a comprenderla.

Infine, l’esempio portato da Gesù non considera il caso che si abbia qualcosa contro l’altro, e per giunta qualcosa di

Cacciata dei mercanti al tempio. C'è ira... e ira.

Cacciata dei mercanti al tempio. C’è ira… e ira.

contrario e giusto a riguardo, per esempio, delle dispute sulla sana dottrina, o per un risentimento più o meno giustificato: egli stesso reagì pesantemente contro i “mercanti nel tempio” (Mt.21.12-13/ Gv 6,4).

Piuttosto, Gesù viene a portare una rivoluzione anche nei rapporti fra le persone. È sufficiente sapere che “un altro ha qualcosa contro di me”, affinchè io stesso faccia quel primo passo verso la riconciliazione o per ristabilire la vera pace. Imitare Gesù è proprio questo agire allo stesso modo in cui Lui ha agito verso di noi. Non ci ha definiti pazzi, ma ci dice certamente stolti se rifiutiamo il suo Amore; ci ha detto che noi siamo “malati” e Lui è il nostro medico: chi è allora quel “pazzo” che riconoscendosi malato non va dal medico per farsi curare? E, al contrario, il “pazzo” è considerato colui che segue il Cristo.

Per Gesù, la giustizia non viene da ciò che faccio io per il Signore osservando la legge, ma da ciò che Dio fa per me, accogliendomi con amore, come un figlio, una figlia. Il nuovo ideale che Gesù propone è questo: «Essere perfetto come il Padre del cielo è perfetto!» (Mt 5,48). Ciò vuol dire: io sarò giusto davanti a Dio, se cerco di accogliere e perdonare le persone come Dio mi accoglie e mi perdona gratuitamente, malgrado i miei molti difetti e peccati. In definitiva è anche il caso di chi non sa trattenere l’ira, ma la sfoga con parole ingiuriose e soprattutto scagliandosi ingiustamente contro chi “pazzo-stolto” non lo è affatto. Gesù sottolinea queste parole che all’epoca (ma anche oggi) sono vituperio e disprezzo. Il vero discepolo del Cristo deve guardarsi da questi atteggiamenti perché se l’ira è lasciata allo sfogo, questa sarà sufficiente a rendere l’uomo reo di giudizio. Chi nell’ira offende e vilipende il proprio fratello, si rende come un reo dell’inferno.

Ma chi sono i nostri fratelli?

Diventiamo fratelli con il Battesimo.

Diventiamo fratelli con il Battesimo.

Come abbiamo letto sopra, fratello è principalmente colui che è stato battezzato come noi e che è entrato nella comunità della Chiesa. Dirà infatti san Paolo: «Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio» (1Corinzi 10,32), e ancora: «E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito» (1Corinzi 12,13). Essere “perfetti come Dio” è, nella sostanza, la meta a cui deve tendere il vero discepolo di Cristo; la meta è certamente irraggiungibile, ma dovere del cristiano è questo avvicinarsi il più possibile. Il nostro modello è allora il Cristo stesso, immagine del Dio invisibile, che davanti all’offesa più grave, non ha risposto o reagito come avrebbero meritato i suoi persecutori: «Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente» (1Pt.2,23). Mantenersi attenti a non venire meno alle tre mancanze contro la carità conduce, allora, alla via della perfezione ed evita che l’avversario possa trovare un qualche appiglio per trascinarti in tribunale.





  da papalepapale.com





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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