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La Fede Cattolica spiegata ai semplici del Vescovo Alessandro Maggiolini (1931 - + 2008)

Ultimo Aggiornamento: 23/01/2017 16:07
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23/01/2017 16:05
 
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  Al tempo dell’intervista il vescovo Maggiolini soffriva per un tumore, che poi l’avrebbe portato alla morte l’11 novembre 2008. Monsignor Maggiolini nacque a Bareggio il 15 luglio 1931, fu ordinato sacerdote il 26 giugno 1955 e vescovo il 7 aprile 1983

 
Mons. Maggiolini al I° Convegno di Radio Maria (anno 2000)


P. Livio. – Cari amici di Radio Maria, siamo di nuovo qui insieme per presentare il libro di monsignor Maggiolini intitolato: “Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?”. Monsignor Maggiolini è il vescovo di Como ed è già intervenuto diverse volte a Radio Maria. Tra l’altro, come sapete, fu l’unico vescovo italiano a partecipare alla stesura del Catechismo della Chiesa Cattolica, e proprio per la sua competenza, gli è stata affidata la parte che riguarda i “Novissimi”, cioè le realtà ultime della storia e della vita umana. Con questo libro, tascabile, edito da Bompiani, monsignor Maggiolini tocca le tematiche che riguardano, non soltanto la fine dei tempi, ma la presenza della Chiesa oggi. Direi che prende spunto da una frase del Vangelo che proprio Paolo VI si era posto in un momento di difficoltà, di crisi della Chiesa. Il titolo del libro è lo spunto col quale monsignor Maggiolini ha cercato di interpretare il momento storico attuale della Chiesa, e cioè il fatto che siamo in un momento di crisi della fede e quali sono le prospettive e gli sbocchi di questa lotta tra il bene e il male che sarà presente fino alla fine dei tempi. Questo attacco è talmente forte che, per quanto riguarda l’Europa, il Sinodo dei vescovi ha detto che siamo di fronte a un’apostasia silenziosa. Ecco, Eccellenza, noi la salutiamo. La prima domanda che facciamo è: perché questo titolo così drammatico per il suo libro?

Maggiolini. – Perché ho l’impressione che quando si parla della storia umana e della Chiesa dentro la storia umana, i filosofi e anche alcuni teologi, sembra che ci vogliano anestetizzare, sembra che dormicchino. Cioè, pensano alla storia come a qualcosa che si evolve lemme lemme, tutta facile. E invece se si guarda la Scrittura e se si guarda la tradizione: la storia è lotta, la storia è dramma. C’è l’attore principale, che è Dio, però c’è anche il demonio, e c’è quell’enigma che è la libertà umana, la quale può dir di si o può dire di no alla proposta di Dio. E di conseguenza scatta un combattimento, una lotta, un dramma, che non può essere evitato. Se viene evitato vuol dire che si passa accanto alla storia, o sopra la storia. Non si è dentro il divenire umano e cosmico.

P. Livio. – Eccellenza, la domanda che a me personalmente preme di più è proprio questa. Nella sua lettura dei momenti dell’attualità e dell’attuale situazione della Chiesa e della cristianità, lei vede in atto una crisi di fede?

Maggiolini. – Io vedo in atto una crisi di fede, non ho dubbi. Anche perché non basta, per avere la fede, mantenere qualche straccetto colorato e mostrarlo per dire che si ha qualcosa d’altro. Manca la fede quando manca la certezza che Gesù Cristo è Figlio di Dio, insomma! Guardi, non più tardi di ieri, c’era l’idea del musulmano filooccidentale che dice: “Ma si, fate il presepio, perché anche i musulmani hanno Gesù come … Si hanno Gesù come un profeta, non come il Figlio di Dio! A me, un Gesù profeta, o un Gesù maestro, un Gesù poeta o un Gesù filosofo, non mi interessa proprio niente! A me interessa il Figlio di Dio che viene a salvarmi dai miei peccati e mi dà la grazia! Diversamente non mi attira. Insomma, la mia impressione è che si stia riducendo il cristianesimo a una bella dottrina, facile, molto agevole da mettere in pratica, e chi s’è visto s’è visto. Dopo di che del cristianesimo non rimane niente.

P. Livio. – Eccellenza, ma questa crisi di fede è proprio in rapporto a quello che è il mistero centrale del cristianesimo, cioè l’incarnazione. Mi pare che sia un attentato alla stessa base del cristianesimo. Insomma, non siamo di fronte a un’eresia su questa o quella verità, ma su quello che è l’essenza stessa del cristianesimo?

Maggiolini. – Mi pare di si. Mi pare di si. Se è vero che il cristianesimo è un Avvenimento, un Fatto, e cioè il Verbo che si incarna in Gesù di Nazareth, il negare l’incarnazione, cioè il Dio che viene in mezzo a noi e si fa uomo, è semplicemente negare il cristianesimo! Vuol dire che non si ha il coraggio di dirlo, ma non si crede più. Che cosa me ne faccio di un poeta, di un profeta in più? Ce ne sono già altri! O c’è Gesù che salva tutti, oppure a me non interessa proprio niente! Cioè, qui siamo alla prima eresia del cristiano: siamo all’arianesimo, per cui Gesù è il predicatore, eccetera, eccetera, purché non sia il Figlio di Dio! Dopo di che, che cosa mi interessa il miracolo? E la predicazione, cos’è se non un libro da mettere accanto ad altri libri? Qui ne va del nocciolo del cristianesimo. Cioè, chiudiamo bottega.

P. Livio. – Secondo lei, questa crisi di fede, che riguarda proprio quello che è chiamato lo scandalo cristiano, e cioè di un uomo che si sia proclamato Dio e che sia Dio, secondo lei, quali sono le cause di questa crisi di fede?

Maggiolini. – Mah, credo che le cause siano tante, e penso che la maggiore di esse sia l’autonomia dell’uomo che vuole staccarsi da Dio, vuole rendersi autonomo, vuole rendersi sufficiente a se stesso e di conseguenza finisce per svanire. Cioè, Gesù, il Verbo di Dio incarnato rivela l’uomo all’uomo. Non solo, ma fa sì che l’uomo diventi sempre più uomo. Mentre quando Gesù, Figlio di Dio, è negato, fa sì che l’uomo non ritrovi più se stesso. E qui abbiamo la situazione attuale – che non è certamente la prima volta che capita -, la situazione attuale dove manchiamo di riferimenti morali, di valori che diano senso e gioia alla vita, cadiamo nella solitudine, finiamo nella disperazione. Non mi si venga a dire che questa che viviamo è una società, una cultura, liete? Siamo in una bassa marea terribile! E dietro una felicità a comando, pagata molto spesso, c’è una tristezza enorme, che chiede qualcosa di risolutivo. Ed è per questo che a me pare giusto mettere i piedi nel piatto e dire: “Sentite, o parliamo di Gesù che è venuto e che ritorna e porrà fine ai nostri giorni, e ci darà la ricompensa in bene o in male, oppure raccontiamo favole!

P. Livio. – Mi pare che lei ha commentato la frase del Santo Padre Benedetto XVI tratta da Fides et ratio, in cui si dice che alla fine la tentazione dell’uomo moderno sia la disperazione.

Maggiolini. – Certo! La disperazione e la solitudine e il contrasto con gli altri. Aggiungo che  la tentazione dell’uomo moderno è il tentare di non pensare più ai grandi problemi della vita. Solo che i grandi problemi della vita si affacciano inevitabilmente quando uno è malato, quando uno è di fronte alla morte, quando uno passa un momento di dolore, che cosa fa? Si dispera e basta? Credo però altrettanto che infondo all’animo anche oggi l’uomo ha la domanda su Dio. Ed è in questo senso che bisognerebbe essere terribilmente monotoni. Porre il problema del Dio che si incarna, che muore, che risorge, come motivo della soluzione dei nostri problemi più gravi e più decisivi.

P. Livio. - È giusto dire, come a me capita spesso di dire, che il cristiano non è tanto colui che crede in Dio,  quanto colui che crede che Dio si è fatto uomo?

Maggiolini. – Ma certo! Perché colui che crede in Dio è anche il musulmano (e aggiungerei l’ebreo, col quale abbiamo in comune il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Il Dio Padre a cui si riferiva anche Gesù. Ndt). Di altre religioni non sarei così sicuro, tranne gli animisti o i buddisti, eccetera. Ma sono dei precetti morali. Quelle li, o sono mistiche del nulla, cioè, contemplazione del vuoto, o sono dei precetti morali, ma non c’è una personalità di Dio che poi addirittura si incarna, col Quale si può dialogare e dal Quale ci si può lasciar salvare. Quando si dice che i musulmani hanno anche loro il monoteismo e che dunque il loro Dio, Allah e Jahvè sono lo stesso Dio, beh, io sarei molto attento a non cadere in un tranello come questo. Perché il Dio islamico, Allah, non si commuoverà mai, non entrerà mai nella nostra storia. È un Dio che è lontano e che vuole soltanto l’obbedienza, la docilità. Ma non si impasta con la terra e con la carne. Quindi, se lo tengano pure il loro dio! A me sinceramente non tocca più di tanto. Mi commuove invece il presepio, la coronazione di spine, il grido sulla croce. Perché è Dio che fa queste cose! Per il resto, se Dio deve rimanere lontano … beh, stia lontano!

P. Livio. – Però dobbiamo ammettere che per accettare il Dio cristiano, cioè il Dio che si è fatto uomo e che è morto in croce, ci vuole la grazia. Però questa grazia, può esser rifiutata … perché è proprio qui che la ragione si scandalizza!

Maggiolini. – Credo che la ragione non raggiungerà certamente l’incarnazione e tutto ciò che viene dopo l’incarnazione. La ragione può giungere a un dio tutt’altro: a un Assoluto, a un non diveniente, eccetera. Ma quello non è il Dio cristiano! Devo dire altrettanto però che il fedele è sollecitato a ripensare la sua fede e a dare consistenza anche teoretica alle verità a cui aderisce. Credo altrettanto che la religione, quando non riesce a giungere all’incarnazione redentiva – di cui abbiamo parlato prima -, sia sempre inquieta; sia sempre alla ricerca di qualche cosa che però non riesce ad accettare. Si placa soltanto quando si accetta il Dio che giunge fino a noi e ci riscatta dalle nostre colpe, miserie e debolezze.

P. Livio. – Eccellenza, Paolo VI paventava una crisi di fede che avveniva, non tanto come attacco esterno, ma quasi come collasso interno, all’interno stesso del cuore dei credenti. Ecco, lei giustamente nel suo bellissimo libro insiste sul mistero della libertà umana. Ma, all’interno della storia, non c’è anche un mysterium iniquitatis, un mistero del male, che opera?

Maggiolini. – Le rispondo subito di sì, nel senso che la libertà umana deve fare i conti con Dio, che la importuna e la richiama, ma deve fare i conti anche con il mysterium iniquitatis. Lei si sarà accorto che io metto sempre dentro questa presenza del diabolico nella storia, perché è la Scrittura che ce lo dice! Uno che legge l’Apocalisse, uno che legge San Paolo o il Vangelo, a cominciare dalle tentazioni, eccetera … Ho sottolineato molto la libertà umana, perché la mia impressione è che il cristianesimo che viene oggi presentato è un cristianesimo tutto grazia, e non risposta alla grazia, che è chiamata! Mi spiego. Mi ha colpito molto un’avvertenza di Ignazio di Loyola, il quale dice: “Attenzione, quando predicate la grazia, non predicatela in maniera unilaterale, perché altrimenti l’uomo diventa fatalista: si lascia salvare, ma non crede di doverci mettere il suo impegno di responsabilità e di risposta al Signore che lo chiama. Si finisce con un filo-protestantesimo o quantomeno con un quietismo che lascia a Dio tutto il compito della salvezza. Mentre Dio, proprio perché è misericordia, bontà e amore, richiede una risposta terribilmente seria. Cioè, richiede che la libertà umana scatti e dica di sì. E dica di sì continuamente e in modo crescente! Perché sennò finiamo per essere dei burattini in mano a una grazia che non so dove ci porti, ma che comunque con noi ha poco a che fare.

P. Livio. – Dunque lei, a partire da questo presupposto, che è sicuramente uno dei fondamenti del cattolicesimo, e cioè la responsabilità e libertà umana nella religione cattolica, del dramma della salvezza, lei, a partire da questo, arriva poi alla conclusione che, proprio perché l’uomo è libero, può rifiutare l’amore di Dio e la divina misericordia, e quindi perdersi?

Maggiolini. – Certo. E le dico la verità, che in passato, negli anni scorsi avevo un pochino fatto l’abitudine al ragionamento di Von Baltasar, il quale non diceva che l’inferno è vuoto, diceva che  “può essere vuoto”. Ma oggi, leggendo il Vangelo, mi accorgo che Gesù, caspita, non giocherella su queste cose. Parla dei “pochi che si salvano”; parla della “porta stretta”; parla dei suoi nemici che non vogliono accettare la sua predicazione e la sua presenza nel mondo, eccetera. Di conseguenza, io sospendo il giudizio, ma davvero mi stacco anche dalla ipotesi di Von Balthasar e seguaci che secondo me è un pochino intellettualoide. Credo che sia necessario rimettersi nelle mani di Dio. Quando io  ho scoperto di avere un cancro, l’unica cosa che ho chiesto al Signore è stato: “Signore, mantienimi fino in fondo la confidenza nella tua misericordia!”. Perché la vita può essere davvero un donarsi al Signore, ma può essere anche un distrarsi o un opporsi a Lui.

P. Livio. – Quindi è proprio nella struttura stessa della libertà umana – almeno come è qui su questa terra (come diceva Paolo VI in un suo scritto) – di resistere fino alla fine all’amore di Dio.

Maggiolini. – Esatto. È una cosa terribile questa! È una cosa terribile perché Dio è lì: ama fino in fondo! Ama pur non essendo riamato! Eppure la libertà umana ha questa terribile, orrenda capacità di mettersi di fronte a Dio e di chiedergli conto, oppure di non badargli. E questa è la dannazione!  È ritrovarsi murato e solo. Purtroppo, vede padre, quando mando fuori un libro, il libro deve inevitabilmente affrontare gli argomenti secondo la Rivelazione, da parte mia non ho la grande premura di essere accettato a tutti i costi. Dico quella che è la rivelazione. Ma vengo percepito come un duro, un arcigno, eccetera. Mentre è semplicemente la logica dell’amore che fa queste cose! Cioè, se Dio mi ama infinitamente, io devo riamarlo secondo le mie forze, e ho la possibilità, l’opportunità di dirgli di no. Lui è lì. Non sfonda le porte del cuore, non vuole entrare di forza, e lascia, se si vuole, che lo si rifiuti. Ecco, bisognerebbe dire al Signore: “Non lasciarti rifiutare! Non permettere che mi separi mai da te!”.

P. Livio. – Ecco, questo è molto bello. In pratica Dio fa di tutto per salvarci, senza toglierci la libertà.

Maggiolini. – Esatto. Infatti Dio non vuole degli schiavi in ginocchio. Dio vuole dei figli in piedi che gli cadono tra le braccia. Egli non costringe nessuno a salvarsi. Questa è la grandezza dell’uomo e la grandezza di Dio, che si lascia rifiutare.


P. Livio. – Tuttavia credo che – anche se questo non appartiene alla divina rivelazione, però appartiene ormai al patrimonio della Chiesa, e cioè quello che la Madonna ci ha chiesto a Fatima quando ha detto che oggi molte anime vanno all’inferno perché non c’è nessuno che prega e si sacrifica per loro. Credo che ci sia da parte della Madonna, ma anche da parte della Chiesa e dalla divina Rivelazione l’invito a pregare per la salvezza eterna dei fratelli.


Maggiolini. – Si, io sto alla Rivelazione pubblica e non entro nelle questioni delle rivelazioni private, però devo dire che non posso salvarmi se al tempo stesso non mi sento legato agli altri in una sorta di cordata, per cui se mi salvo io, tiro su anche gli altri. Questo vale non soltanto per i vescovi e per i preti, ma per tutti. Per i vescovi e per i preti vale ciò che diceva il Santo Curato d’Ars: “Il prete non va all’inferno o in paradiso da solo, mai!”. Ma questo vale anche per i papà, le mamme, i mariti, le mogli, per le persone che lavorano assieme, eccetera, perché siamo tutti legati a un destino che ci vuole tra le braccia di Dio.

P. Livio. – Mi permetta di farle una domanda un po’ così … forse non è teologica, ma comunque preme sul cuore: è così difficile salvarsi?

Maggiolini. – Ma, ecco, qui non so sinceramente … So che non è meccanico salvarsi. Non è deterministico. Bisogna che entri questa spontaneità, magari faticata, perché la libertà non è fare ciò che si vuole. Ma la libertà è tendere all’ideale, alla pienezza dell’essere, che è l’incontro con Dio! Se è questo allora bisogna che la libertà entri in gioco ed entri con la passione e la pulizia di concetti, per cui vuol bene al Signore, per cui si aggrappa al Signore e non vuole staccarsene e si lascia guidare. per questo a me pare davvero che sia falso continuare a dire che la libertà è una conquista che ci danno gli altri. La libertà è una conquista che facciamo noi, ma con la grazia del Signore, ma che dobbiamo esprimere anche con una certa fatica. Anche con una certa sofferenza. Poi, man mano che si procede nella vita, allora la libertà diventa espansa (si espande), diventa pacata, diventa totale, diventa soddisfatta, e si diventa contenti.

P. Livio. – C’è una bellissima frase che leggo qui nel suo libro fra i titoli dei paragrafi, che dice: “Nella speranza siamo salvati”. Basta allora il desiderio di essere salvati?

Maggiolini. – Il desiderio è vero se si esprime in scelte reali, sennò è una chiacchiera!

P. Livio. – E la fiducia nella divina misericordia, è sufficiente per essere salvati?

Maggiolini. – Se è una fiducia che fa scattare la risposta. Insomma, non è possibile vedere che Dio va in croce e che io gli passo davanti senza degnarlo di uno sguardo! Se Dio va in croce, io devo mettermi in ginocchio davanti a Lui e dire: “Signore, abbi pietà di me peccatore!”.

P. Livio. – Come il buon ladrone?

Maggiolini. – Si, come il buon ladrone, come il pubblicano! Vede, noi siamo così superficiali che non vediamo ciò che il Vangelo ci mette davanti, quasi buttandocelo sul naso. Voglio dire: quando Zaccheo si converte, non se la cava dicendo: “Vengo giù dal sicomoro …”. Prima di tutto invita Gesù in casa sua, ma poi dice: “Se ho rubato, restituisco il quadruplo”. E comunque “faccio giustizia per quel che ho fatto di male”. E questo è certamente una difficoltà, perché richiede il nostro cambiamento di vita. Diversamente è ciò che vediamo.

P. Livio. – Come diceva il vecchio catechismo, ci vuole il pentimento, il proposito e la riparazione …

Maggiolini. – Esatto. Esatto

P. Livio. – Eccellenza, lei qui ha una frase molto bella, che le chiedo di spiegare. Lei parla di morte dialogica. Di cosa si tratta?

Maggiolini. – Si tratta del non vedere la morte come il cadere in un baratro del nulla. La morte è un protendere le braccia – qui mi permetta di cedere un pochino al sentimento -: la morte è l’arrivare alle soglie dell’aldilà col desiderio di fissare i nostri occhi negli occhi di Gesù, per vedere di che colore sono, per vedere quanto intensamente esprimono amore! E poi protendere le braccia per lasciarsi avvolgere dall’amore del Padre che ci aspetta sotto la spinta dello Spirito. In questo senso la morte non è  un finire, ma un incominciare e uno stringere una comunione con il Signore che ci aspetta. È un congiungersi con. E poi, padre, mi lasci dire: io penso proprio – e sono con la teologia più seria - : penso proprio che non ci sarà soltanto la congiunzione con il Signore. Penso proprio che arrivando di là arriviamo anche a vedere la Madonna. La voglio vedere, buttarmi nelle sue braccia! E poi voglio vedere i miei santi preferiti. Ma poi voglio vedere anche le persone che sono vissute con me! Io ho già tutta una lista! Quando vado di là ho già una lista di persone che voglio vedere per prime. C’è mio fratello, il mio papà, la mamma, che son già di là, e mi aspettano. E lì sarà un ricongiungimento stupendo! Perché io sento la nostalgia di questa gente che mi ha lasciato e mi aspetta! (La voce del vescovo qui si incrina di commozione. Ndt)

P. Livio. – Da come lei ha presentato questa morte, diciamo così, in termini evangelici è come dire: “Ecco lo Sposo che viene!”.

Maggiolini. – Esatto!

P. Livio. – La ringrazio per quello che ha detto. Ha detto delle parole altissime che sono entrate nel cuore della gente. Vorrei chiederle di spiegare anche un’altra sua affermazione che a mio parere è molto importante, perché è un po’ come una bussola che ci guida nella vita, e cioè “l’anticipazione del giudizio”. Sappiamo che il giudizio c’è nel momento della morte, ma c’è anche una anticipazione …

Maggiolini. – Ci sono delle vigilie del giudizio, ed è la Comunione. La Comunione eucaristica è anticipazione del giudizio, tanto che Paolo dice: “Se uno mangia indegnamente il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna”. Mentre un altro mangia e beve la propria salvezza. Poi c’è la Confessione, che è una prova generale del giudizio. Perché io mi metto davanti al Signore e dico tutte le mie miserie, ma con la certezza che Egli mi perdona. E son pronto a cambiar vita. Così come la preghiera è anticipazione del giudizio e della morte. Perché? Perché in fondo lì cadono tutte le mediazioni e ci si mette davanti al Signore lasciandosi giudicare e lasciandosi salvare. Tentando di rispondere con la forza, il rigore, la costanza che si riesce ad avere.

P. Livio. – Certo, è quello dell’escatologia individuale, cioè quello della propria sorte eterna è quello che ci preme di più. Però nel suo libro lei tratta anche dell’escatologia che riguarda la chiesa e il mondo. Ecco io vorrei chiederle, lei, come vede la situazione attuale della chiesa? (era il 2007). È una situazione di speranza, di difficoltà, di preoccupazione? Come la vede?

Maggiolini. – Non sarei troppo entusiasta. Perché certamente si va verso una diminuzione di credenti, e dobbiamo essere pronti ad affrontare anche questi tempi. Ma questo fa parte un poco del gioco delle cose. Con la libertà religiosa non c’è più la possibilità di convertire i popoli. C’è la possibilità di testimoniare con la vita. Del resto bisognerà che il cristianesimo si fortifichi un po’, perché stiamo celebrando il funerale del cristianesimo. Insomma, abbiamo paura di parlare di Gesù, abbiamo paura di parlare del giudizio, abbiamo paura di parlare … Insomma sembra quasi che siamo distributori di pillole soporifere, di nobrium, di nohan, di valium, che addormentano più che svegliare le persone. Ecco, io ho l’impressione che il cristianesimo sarà ancora fonte di vita se sarà sé stesso veramente, e se saprà esprimersi almeno in gruppi creativi che testimonieranno uno stile di pensiero e di vita che attira l’attenzione proprio perché è uno stile di vita sciolto, libero e contento. Ecco, insisto su questo.

P. Livio. – Naturalmente nella sua navigazione in 2000 anni di storia, la Chiesa ha visto altri momenti difficili, però lo Spirito Santo è intervenuto suscitando sempre energie nuove. Non ci sarà forse anche per questo tempo un avvento dello Spirito che rinnovi la Chiesa?

Maggiolini. – Può essere, e sarò felicissimo! Ma vedendo le cose, direi, dai tetti in giù, un po’ umanamente, credo che ci aspettino ancora delle tappe di difficoltà, perché abbiamo troppo tradito il cristianesimo. Ci siamo troppo staccati dal nocciolo del cristianesimo, e credo che ci vorranno decenni, perché bisogna che ci si entusiasmi ancora della fede: non la si senta come un peso, ma la si proponga come un motivo di esultanza.

P. Livio. – Se vogliamo parlare, non di riforma della chiesa, che mi sembra una parola troppo grossa – papa Giovanni Paolo II parlò di aggiornamento -, mentre a me piace parlare di rinnovamento della chiesa. Ecco, se lei dovesse dare dei consigli, da dove ricominciare questo rinnovamento della Chiesa perché possa affrontare le nuove sfide?

Maggiolini. – Io ho in mente il cardinale König che, all’apertura del Concilio Vaticano II, quando gli avevano chiesto di che cosa doveva trattare il Concilio aveva risposto: “Parlate di Dio. Parlate del Verbo che si incarna, di Gesù di Nazareth che muore e risorge per noi”. Secondo me bisogna davvero riprendere i fondamenti della fede, perché son questi che danno vita! Vede, oggi non ci sono più delle eresie parziali, settoriali, ma c’è una gran confusione! (padre Livio dice: “Certo”.). Nessuno più sa dire che cosa sia il cristianesimo, e invece è di una semplicità enorme! (Certo, forse ha ragione Messori quando afferma che si sono prodotti troppi documenti su vari argomenti, magari anche bellissimi, ma che pochi hanno letto. Molti poi sono stati interpretati male o strumentalizzati da fonti informative nemiche della Chiesa! Ndt). Bisogna avere il coraggio – prosegue Maggiolini -, magari saremo in pochi, ma questo non è affare nostro. Però dobbiamo non tradire le persone che ci ascoltano, e dire che cosa è veramente il cristianesimo che riempie la vita!

P. Livio. – Mi ha fatto molta impressione, leggendo le opere della Beata Caterina Hemerik, che è stata recentemente elevata all’onore degli altari (va bene che sono rivelazioni private), però si trovano anche in altri santi. Ma a Caterina Gesù dice: “Basterebbero pochi cristiani per rinnovare il mondo”. Purché siano veri.

Maggiolini. – Sì. Ebbene questo è già nel baratto che Abramo fa con Jahvè, no? Quando riduce il numero da cento giusti, fino ad arrivare a dieci e poi cinque giusti (ipoteticamente presenti in quelle città), per salvare le città condannate. Ma a me pare davvero che ciascuno deve risolvere il proprio problema, e poi sarà di contagio mimetico nei confronti degli altri. Metteremo in tentazione di credere.

P. Livio. – Eccellenza, lei parla giustamente – e ne ha parlato anche il Sinodo dei vescovi a proposito dell’Europa -, di un’apostasia silenziosa: come di una seduzione satanica che sta allontanando i cristiani dal cuore della fede, che è Cristo. Ma lei nel suo libro parla anche di Anticristo e di persecuzione. Cosa intende dire?

Maggiolini. – Semplicemente ciò che intendono San Paolo e San Giovanni. L’Anticristo è colui che predica che Gesù non è il Figlio di Dio fatto uomo. E di conseguenza è l’annacquatore, il dissolutore della originalità cristiana. Io non so in che modo si attui la grande apostasia, ma è la prova che la cristianità incontra prima di aprirsi all’abbraccio definitivo di Dio alla fine del mondo. E qui è Paolo che ne parla! E non riesco a capire come si possa eliminare una cosa del genere! E del resto è lo stesso Vangelo che ne parla di “grande prova, grande apostasia”. (p. Livio cita anche l’Apocalisse). L’apocalisse, si capisce, risponde monsignor Maggiolini. Ma qui bisogna stare attenti a non lasciarsi prendere dal discorso diffuso che ride di queste cose, mentre dovrebbe impaurirsi!

P. Livio. – Secondo lei, guardando le cose future, questa crisi che stiamo vivendo, che sta vivendo soprattutto la Chiesa, quale sbocco avrà? Avrà uno sbocco positivo o siamo entrati nella logica di cui parla il Catechismo della Chiesa cattolica, cioè che la Chiesa vivrà la passione di Cristo prima della sua ultima venuta?

Maggiolini. – Mah, io credo che vivrà la passione di Cristo prima della sua ultima venuta. Credo che siamo in un periodo in cui non sono molto facili le esaltazioni e le compiacenze. Il Signore ci lega a un periodo di difficoltà, di sofferenza. E credo che sia ingiusto dire, perché non sono nato nel Medio Evo o tra cent’anni? Uno nasce quando il Signore lo fa nascere, e deve voler bene al suo tempo, perché è qui che deve salvarsi! Non nel Medio Evo o tra mille anni. Perciò bisogna riconciliarsi con la situazione in cui ci si trova. Vedere di non lasciarci sedurre … Perché è anche questo è il problema. Io ho l’impressione che oggi non si parla più di sacrificio, di rinuncia, ma è questa ascesi che ci porta a unirci al Signore in maniera intima e sincera.

P. Livio. – Per concludere questa prima parte prima di lasciare la parola agli ascoltatori, voglio ricordare ancora il titolo di questo libro tascabile, interessantissimo di Monsignor Maggiolini (e lo cita di nuovo), ecco, io vorrei chiederle, quali sono i consigli di un vescovo ai fedeli in questo tempo di combattimento spirituale?

Maggiolini. – Seguano il cristianesimo sine glossa, cioè senza molti commenti. Seguano la preghiera, l’adorazione, l’Eucaristia, la Confessione, la Confessione, la Confessione! (La cui assenza) sta mandando a ramengo tutta l’esperienza del peccato e della liberazione del peccato. E poi l’amore agli altri, e la testimonianza di ciò che crediamo. Perché gli altri hanno diritto di vedere in noi l’entusiasmo, la passione di ciò che condividiamo dell’unione con il Signore. E poi la fraternità cristiana, che diventa il segno del “guardate come si amano!”. E questa fraternità è certamente rivolta anche al terzo mondo, ma inizia dal vicino di casa.

P. Livio. – Eccellenza io la ringrazio per questi suoi alti, vissuti e partecipati insegnamenti. Rimanga in linea, perché fra poco passeremo alla selezione delle telefonate con le domande e testimonianze degli ascoltatori.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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