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La Fede Cattolica spiegata ai semplici del Vescovo Alessandro Maggiolini (1931 - + 2008)

Ultimo Aggiornamento: 23/01/2017 16:07
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23/01/2017 16:07
 
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  Domande degli ascoltatori di Radio Maria a Monsignor Alessandro Maggiolini dopo il suo colloquio con P. Livio su: “Quando il Signore ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?”


Un ascoltatore lo interpella sulla libertà, chiedendo se oggi la gente sia consapevole del dono della libertà che il Signore ci dà.

Maggiolini. – Devo dire di no. Devo dire che ci hanno cambiato le carte in tavola senza che noi ce ne accorgessimo. Cioè, mentre la libertà è una tensione verso l’Assoluto, e per il credente verso l’Assoluto incarnato, morto e Risorto, che è Gesù, il Fine della nostra esistenza, per cui la libertà può andare verso il Fine o rifiutarlo, il pensiero contemporaneo diffuso – quello più superficiale, ma anche quello abbastanza agghindato, dei competenti -, ha finito per, o negare la libertà, o ridurla a libero arbitrio (o al fare ciò che più piace o ciò che si vuole. Ndt). Soprattutto ha tentato di negare la libertà. E l’ha negata, sia sotto i condizionamenti esterni del pensiero, del comportamento, eccetera, sia dal punto di vista chimico. Non dimentichiamo che oggi molti turbamenti, anche religiosi, vengono placati con metodologie farmaceutiche. Trattate cioè come delle malattie. Oppure sono turbamenti che vengono osservati come una fatalità, quando addirittura non si tenta di programmare un uomo senza il tentacolo che vuole raggiungere Dio sotto l’azione della grazia. Bisogna reagire a tutti questi tentativi di dissuasione, perché in questo modo si perde la dignità di uomo oltre che quella di credente. (Mi arrivano da vari paesi europei, da siti cattolici, allarmi per quella che viene chiamata “decostruzione dell’uomo e della società”. Davvero un progetto perverso portato avanti con ogni mezzo da élite culturali e finanziarie che possiamo tranquillamente definire come “diaboliche”. Ndt)

Altra ascoltatrice. Buon giorno eccellenza! Le faccio i complimenti anch’io per la sua catechesi, però mi è venuta la pelle d’oca quando ha parlato della sua malattia e ha detto che quando andrà in cielo vorrà vedere il colore e lo sguardo degli occhi di Gesù e le persone che le sono state vicine (E qui il suo dire è soffocato nel pianto. Ndt), perché anch’io sono una malata come lei. Ho apprezzato molto quanto ha detto, perché anch’io voglio quello che ha detto lei prima. Ma non riesco a ripeterlo …

Maggiolini. – Si. Ma signora, non si allarmi! Quando le vengono dei rigurgiti di ribellione, si metta nelle mani di Dio. Poi è Lui che conduce. Io le dirò che mi son messo nella condizione di uno che va avanti a fare il vescovo con tutte le forze e con l’entusiasmo di cui sono capace. E voglio un bene dell’anima alla mia gente, alla gente che il Signore mi ha affidato. Però sono pronto, quando il Signore lo vorrà … Credo di avere anche un po’ di paura. Però è la paura della mia fragilità, non la paura della mancanza della bontà e della misericordia del Signore nei miei confronti. Quindi, teniamoci la mano, Signora, e preghiamo insieme. Dopo vedremo, perché quando si è di là si guarda indietro e si vede che tutto aveva un significato. Anche ciò che sembrava una sciarada impossibile e cattiva. Auguri! (A una ascoltatrice di Varese che gli dice, da malata, che lo ricorda nella preghiera e che l’importante è andare in paradiso, così risponde). La ricordo anch’io al Signore. Mi tenga presente, perché mi fido molto delle preghiere della gente, e credo che il vescovo abbia anche il compito di mostrare come si muore, oltre che come si vive. Mi viene in mente il Cardinal Ferrari quando fu colpito da un cancro alla gola – me lo diceva la mamma -. Quando si era accorto che ormai era sul declino, aveva fatto aprire la stanza e lui benediceva la gente che passava davanti al suo letto. E diceva: “Voglio che la gente sappia come muore il suo vescovo. Ecco, mi pare una cosa molto bella. Signora, ringrazi il Signore se le dà la pace che mi ha detto. Grazie! 

Buon giorno! chiamo dalla Puglia. Negli ultimi minuti del suo colloquio con P. Livio lei ci ha detto che riconciliarci con la nostra storia è molto importante. Io in effetti vivevo questa incapacità di accettare la storia che Dio mi donava di vivere. E questo era un impedimento molto forte alla mia conversione. Nel momento in cui, attraverso una confessione, Dio mi ha messo in mano la chiave attraverso cui riconciliarmi con la mia storia, anche nell’esperienza di alcuni giorni di adorazione, ho potuto finalmente amare la mia storia e amare il mio nemico. Il momento in cui ho finalmente detto no al demonio e alle sue tentazioni, un poco alla volta sono giunta alla conversione, aggrappandomi al Signore, credendo veramente che era lui a salvarmi.

Maggiolini. –Grazie. È molto consolante quello che sta dicendo. Mi piace sottolineare il fatto che quando ci si riconcilia con il Signore ci si riconcilia anche con se stessi, col proprio ambiente, con le persone che si hanno accanto, col tempo in cui si vive. E poi mi pare che sia molto bello l’aver identificato l’adorazione e la confessione come momenti in cui uno prende coscienza della propria situazione e la vede, non più al buio della disperazione, ma alla luce di una possibilità di revisione, di una conversione, che avverrà un po’ alla volta, con fatica, con dolore, ma anche con le sue consolazioni., non c’è dubbio. Auguri di cuore!

Buon giorno! Sono Laura e chiamo da Napoli. Volevo che lei mi chiarisse il concetto detto all’inizio sulla totale confidenza e fiducia in Dio, sul come fare per evitare di cadere nel fatalismo, di cui parlava lei. Come dobbiamo porci per lasciarci cadere nelle braccia del Padre, nell’accettazione degli eventi, della sua volontà? In una maniera passiva oppure spingerci a fare qualcosa in più?

Maggiolini. – Credo che se l’incontro con Dio dovesse essere soltanto uno stimolo alla passività, finirebbe per mortificarsi e basta. Invece si tratta di un’accoglienza e di un dono di sé al Signore che ci riconsegna ai nostri doveri, ai nostri impegni. Non possiamo dire “Amo il Signore” e poi non fare nulla. “Non chi dice Signore, Signore, entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio …”. Ecco, è questo fare che ci diversifica da persona a persona. Insomma, chi è mamma, chi è sposa, chi è docente, operaio o prete, chi è vescovo, eccetera. Deve prendere il suo dovere – i doveri del proprio stato, come si diceva una volta - , e cercare di esprimersi con libertà, con pulizia, con entusiasmo, in modo che la vita diventi vivace e capace di fascino. Ecco ciò che le auguro sinceramente! Grazie.

Buon giorno monsignore! Chiamo dalla provincia di Nuoro e vorrei sottoporle una domanda. Secondo qualche rivelazione privata, la prova  finale che la Chiesa dovrà affrontare sarà più morale che fisica. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensa lei.

Maggiolini. – Non le so dire più di quanto ha detto lei, perché la prova fisica credo che verrà certamente, nel senso che già adesso ci sono dei martiri. E il martirio non va visto soltanto in Sudan o nei paesi musulmani o nei paesi pagani, dove si ammazza la gente. Il martirio va visto anche nel compatimento che spesso viene riservato ai credenti, quando ci guardano con un senso di pietà, di condiscendenza (o in modo beffardo). Anche questo crea sofferenza. Però credo altrettanto che la prova più vera sarà la prova morale, cioè il riuscire a tener ferma la propria fede e ad aumentarla nonostante le difficoltà che incontra, come i tradimenti, le delusioni in cui ci si imbatte, il senso di inutilità, il non vedere i risultati, eccetera. Qui bisogna essere davvero freschi interiormente e saper ringraziare il Signore anche quando non vediamo tutti i motivi che abbiamo per ringraziarlo. Ma ne abbiamo sempre.

Buon giorno! Mi chiamo Claudia e telefono dalla provincia di Parma. Molto spesso parlando con delle persone capita di sentirsi dire: “Io sono credente, ma non praticante. Prego, vado a Messa quando mi sento o quando ne ho voglia …”, proprio – secondo me – in forza di quella libertà che noi abbiamo e che anche la nostra fede ci dà, cioè che non ci provoca conseguenze. Se non andiamo a messa, se non ci confessiamo, non abbiamo conseguenze visibili, se non conseguenze spirituali, che non sono riscontrabili nell’immediato. Allora è difficile far comprendere a queste persone, con degli argomenti validi, che è indispensabile seguire le pratiche religiose quando si dichiara di essere credenti e praticanti. Le faccio un esempio terra terra: quando il corpo è sano ti manda i segnali della fame e della sete, che ti fanno capire che devi nutrirti e dissetarti per il bene del tuo corpo. Quando poi ci ammaliamo, questi segnali non ci arrivano e allora capiamo che c’è qualcosa che non va, e andiamo a curarci. Così spiritualmente. Se uno è “sano” spiritualmente, sente che è necessario partecipare alla messa, pregare, confessarsi, eccetera. Ma quando lo spirito è malato, allora è lì che se ne ha ancor più bisogno!

Maggiolini. – Bisogna vedere poi cosa significhi star bene. Se star bene vuol digerire bene o respirare bene … va beh, ma se star bene vuol dire avere l’animo tranquillo, avere il cuore in pace, essere saturati dal contatto con il Signore, allora è un’altra cosa. Detto questo, a me pare che, non è che non ci siano conseguenze quando si rifiuta l’espressione della fede che si ha. La conseguenza è che si perde a poco a poco la fede. E del resto è perfettamente inutile dire che io voglio bene al Signore, se per Lui poi non faccio niente! È dire le bugie, insomma! È come un marito che dice “ti voglio bene, ti amo alla follia!” alla moglie, però poi gli spegne le sigarette negli occhi. Cosa vuol dire? Vuol dire che c’è una illogicità, una assurdità, quantomeno un distacco tra ciò che si pensa, ciò che si dice e ciò che si fa. Insomma, se uno è innamorato o ha il mal di denti, lo si vede! Se si ama il Signore si sente l’esigenza di esprimere questo amore, e lo esprime anche attraverso le pratiche religiose. Diversamente può essere solo un’illusione.

Buon giorno monsignor Maggiolini! Chiamo da Milano. La ringrazio tantissimo per quanto ci ha detto. Andrò di corsa a prendere il suo libro! Io sono una insegnante di religione nelle scuole elementari. Vorrei sottolineare il fatto che è vero che c’è questo martirio silenzioso. Lo viviamo quotidianamente soprattutto dagli adulti. Ma noi vorremmo trasmettere ai bambini questo amore a Gesù, farlo conoscere e amare. Quello che mi dispiace di più è l’atteggiamento dei genitori cristiani e cattolici delle nostre scuole, che sono sempre più spenti e spesso sembrano disinteressati all’aspetto religioso. La stessa cosa mi capita con il catechismo in parrocchia.

Maggiolini. – Credo che sarà difficile dimostrare amore geometrico, cioè con un sillogismo, che bisogna essere felici, entusiasti, eccetera. Bisogna che a un certo momento anche i genitori si rendano conto che devono svegliarsi e devono in qualche modo sollecitare il cuore a unirsi al Signore. Io credo che non sarà possibile arrivare a tutti i genitori attraverso i bambini, perché i bambini ricevono, più che dare. Però danno anche! E credo altrettanto che i genitori nascondano dei sentimenti religiosi più di quanto assicurano a parole o con il comportamento. Talvolta sono oberati da altre cose. Ma poi viene la malattia, viene la vecchiaia, eccetera, e si comincia a dire: che cosa ho fatto nella mia vita? Magari i figli deludono, e allora son qui da solo. Cosa faccio? Eccetera. Io chiedo di non scoraggiarci e di continuare il nostro lavoro perché è davvero un lavoro proficuo. E se riusciamo a mettere sulle labbra di un bambino un’invocazione a Gesù, abbiamo raggiunto lo scopo di una vita. Davvero …

Sia lodato Gesù Cristo, Eccellenza! Sono un’operatrice in parrocchia in cui lavoro assieme a mio marito e ad altre coppie nella diocesi di Vittorio Veneto. Lavoriamo con i fidanzati e con le giovani coppie. Oltre a parlare del Battesimo abbiamo parlato del nostro “sacerdozio laicale”, che ci viene dato dal battesimo. Se si riesce a far capire questi concetti, così come il nostro essere figli di Dio, li rende consapevoli di essere entrati in questo Corpo mistico che è la Chiesa. Vorrei che lei commentasse questo fatto. (Ho cercato di tradurre, come ho potuto, quello che mi pare di aver capito da una esposizione un po’ confusa. Ndt).

Maggiolini. – è molto bello ciò che sta dicendo. Andate aventi, perché siete sulla strada giusta, ecco, in modo che il Signore sia vicino e trasformi l’amore che vi volete in atto di amore a Lui. Perché dipendete da Lui nell’amore sacramentale del matrimonio e della fecondità. Se riuscite poi a trasmettere ai fidanzati queste certezze, ringraziatene il Signore, perché fate del bene! Auguri!

Buon giorno monsignore! Vorrei darle una testimonianza e ringraziarla per tutte le belle cose che ci ha detto, e che sono verità! Ho l’impressione che oggi il cristiano non abbia la voglia e la forza di testimoniare il Vangelo. Ieri sono rimasta molto amareggiata da una risposta di una persona che è venuta a casa mia. Sa, quando mi trovo con gli altri mi capita spesso di parlare di Dio o di Gesù, o di andare su quel discorso, e questa persona mi ha risposto: “Ma dobbiamo stare attenti anche a non far violenza …”. E se si pensasse a tutta la violenza che si fa nel mondo (anche attraverso i media. Ndt), che trasmettono cose brutte, violente, che arrivano ai nostri figli. Ecco perché Cristo muore. Muore per questo motivo. Muore anche perché noi cristiani non sappiamo testimoniare in parole e opere, perché ci si vergogna di parlare di Cristo …

Maggiolini. – Credo anch’io. Stiamo subendo davvero il contagio mimetico di ciò che si pensa e si dice in generale, e da parte nostra curviamo la testa e ci ritiriamo nel nostro guscio. E lasciamo da parte le cose importanti. Insomma, se Paolo comincia a parlare, parla di Gesù Cristo. Se Gesù incomincia a parlare, parla della sua missione e del suo essere. Non dico che noi credenti dobbiamo diventare un po’ chiacchieroni, ma se, con naturalezza, con serenità, diciamo i motivi veri che ci spingono a vivere, dobbiamo inevitabilmente tirare fuori il primo motivo che è l’adesione a Cristo. E questo può dare fastidio, ma può anche invitare a riflettere. Non aspettiamoci subito dei risultati. Prima o poi magari uno ci riflette e ci dà ragione in segreto. Insomma, continui, continui tranquillamente. E auguri! (Dieci anni dopo queste parole però siamo entrati nel tempo del “dialogo”, del “non alzare muri o steccati”, del “non fare proselitismo”, così molto cristianesimo per paura di incorrere in questi rischi, diventa incerto e timido. Ndt).

Pronto! Buon giorno! Sono Sira e chiamo da Napoli. Sono una docente e una mamma, e purtroppo vivo anch’io con molta ansia e con molta sofferenza questa situazione. Ho due figli giovani e non so come  si possa fare in modo di arginare questa piaga che ci sta invadendo. Non so se a capo di tutto ci sia una mente perversa, che sta mandando questi giovani allo sbaraglio. Cosa possiamo fare? Io nel mio piccolo quando ero a scuola sono riuscita a portare in chiesa e a fare la comunione tutta la classe di 30 persone. Poi erano tutti contenti, anche quelli che erano recalcitranti. Io vedo che questi giovani non hanno una guida forte. Non hanno una guida sicura. Nessuno si interessa di loro. Mass media, televisioni, politici, stanno spingendo tutti verso il baratro, verso questo amore libero, questo amore facile. E stiamo vedendo che cose vergognose stanno venendo fuori. Ragazzine di 19 anni che si sono già rovinate la vita buttando via un figlio. Secondo me nemmeno l’università preserva i nostri figli da enormi rischi, e spesso escono più ignoranti di quando la gente non andava a scuola. Spesso poi le famiglie non controllano o non si interessano di questi figli che vivono con altri in appartamenti o studentati. (Sono passati 10 anni e le cose non sono certo migliorate. Ndt)

Maggiolini. -  Lo credo anch’io, e ormai credo che anche i genitori si siano accorti che valgono poco le scuse buttate lì come pretesti, a cui non corrisponde niente, o corrisponde il contrario. Per quanto riguarda la cultura io farei una distinzione tra ciò che si impara a scuola e ciò che si impara dalla vita. Dalla scuola, si, si può imparare qualcosa, ma è poi la vita che rompe, dalle fatiche alla coerenza, alla serietà, all’austerità, eccetera. E questo può essere affare più di un contadino che di uno studente 110 e lode. Per quanto riguarda il fatto di parlare con i giovani, io direi, guardate che i giovani non vanno né esaltati, né disprezzati. Vanno capiti nella sofferenza che hanno dentro. Perché soffrono. Hanno bisogno di qualcuno che gli dica di no. Hanno bisogno di qualcuno che gli mostri una strada giusta, ma con autorevolezza. E che sappia ascoltarli. Li lasci parlare. Presti attenzione. Perché diversamente finiscono con lo sgusciar via dai loro impegni e dal contato che possono avere con persone che possono far loro del bene. Grazie signora! Auguri!

Ringrazio p. Livio, ringrazio le persone che sono intervenute con molta ponderatezza, con molta profondità e con una delicatezza davvero squisita. Auguri!

(Trascrizione di Claudio Forti)



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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