Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.

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Il Papa: L'aborto è una ferita nel cuore dell'uomo "Pontificia Accademia per la Vita"

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2017 08:43
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26/02/2011 21:46
 
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L'aborto volontario nel discorso di Benedetto XVI all'assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita

Una ferita nel cuore
dell'essere umano

 

L'aborto è un "dramma" per la donna e una "ferita gravissima" per la coscienza morale. Lo ha ribadito il Papa ricevendo in udienza stamane, sabato 26 febbraio, nella Sala Clementina, i partecipanti all'assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita.

Signori Cardinali
Venerati Fratelli nell'Episcopato
e nel Sacerdozio,

cari Fratelli e Sorelle, vi accolgo con gioia in occasione dell'Assemblea annuale della Pontificia Accademia per la Vita. Saluto in particolare il Presidente, Mons. Ignacio Carrasco de Paula, e lo ringrazio per le sue cortesi parole. A ciascuno rivolgo il mio cordiale benvenuto! Nei lavori di questi giorni avete affrontato temi di rilevante attualità, che interrogano profondamente la società contemporanea e la sfidano a trovare risposte sempre più adeguate al bene della persona umana.

La tematica della sindrome post-abortiva - vale a dire il grave disagio psichico sperimentato frequentemente dalle donne che hanno fatto ricorso all'aborto volontario - rivela la voce insopprimibile della coscienza morale, e la ferita gravissima che essa subisce ogniqualvolta l'azione umana tradisce l'innata vocazione al bene dell'essere umano, che essa testimonia.

In questa riflessione sarebbe utile anche porre l'attenzione sulla coscienza, talvolta offuscata, dei padri dei bambini, che spesso lasciano sole le donne incinte. La coscienza morale - insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica - è quel "giudizio della ragione, mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto" (n. 1778). È infatti compito della coscienza morale discernere il bene dal male nelle diverse situazioni dell'esistenza, affinché, sulla base di questo giudizio, l'essere umano possa liberamente orientarsi al bene. A quanti vorrebbero negare l'esistenza della coscienza morale nell'uomo, riducendo la sua voce al risultato di condizionamenti esterni o ad un fenomeno puramente emotivo, è importante ribadire che la qualità morale dell'agire umano non è un valore estrinseco oppure opzionale e non è neppure una prerogativa dei cristiani o dei credenti, ma accomuna ogni essere umano. Nella coscienza morale Dio parla a ciascuno e invita a difendere la vita umana in ogni momento. In questo legame personale con il Creatore sta la dignità profonda della coscienza morale e la ragione della sua inviolabilità.

Nella coscienza l'uomo tutto intero - intelligenza, emotività, volontà - realizza la propria vocazione al bene, cosicché la scelta del bene o del male nelle situazioni concrete dell'esistenza finisce per segnare profondamente la persona umana in ogni espressione del suo essere. Tutto l'uomo, infatti, rimane ferito quando il suo agire si svolge contrariamente al dettame della propria coscienza. Tuttavia, anche quando l'uomo rifiuta la verità e il bene che il Creatore gli propone, Dio non lo abbandona, ma, proprio attraverso la voce della coscienza, continua a cercarlo e a parlargli, affinché riconosca l'errore e si apra alla Misericordia divina, capace di sanare qualsiasi ferita.

I medici, in particolare, non possono venire meno al grave compito di difendere dall'inganno la coscienza di molte donne che pensano di trovare nell'aborto la soluzione a difficoltà familiari, economiche, sociali, o a problemi di salute del loro bambino. Specialmente in quest'ultima situazione, la donna viene spesso convinta, a volte dagli stessi medici, che l'aborto rappresenta non solo una scelta moralmente lecita, ma persino un doveroso atto "terapeutico" per evitare sofferenze al bambino e alla sua famiglia, e un "ingiusto" peso alla società.

Su uno sfondo culturale caratterizzato dall'eclissi del senso della vita, in cui si è molto attenuata la comune percezione della gravità morale dell'aborto e di altre forme di attentati contro la vita umana, si richiede ai medici una speciale fortezza per continuare ad affermare che l'aborto non risolve nulla, ma uccide il bambino, distrugge la donna e acceca la coscienza del padre del bambino, rovinando, spesso, la vita famigliare.

Tale compito, tuttavia, non riguarda solo la professione medica e gli operatori sanitari. È necessario che la società tutta si ponga a difesa del diritto alla vita del concepito e del vero bene della donna, che mai, in nessuna circostanza, potrà trovare realizzazione nella scelta dell'aborto. Parimenti sarà necessario - come indicato dai vostri lavori - non far mancare gli aiuti necessari alle donne che, avendo purtroppo già fatto ricorso all'aborto, ne stanno ora sperimentando tutto il dramma morale ed esistenziale. Molteplici sono le iniziative, a livello diocesano o da parte di singoli enti di volontariato, che offrono sostegno psicologico e spirituale, per un recupero umano pieno. La solidarietà della comunità cristiana non può rinunciare a questo tipo di corresponsabilità. Vorrei richiamare a tale proposito l'invito rivolto dal Venerabile Giovanni Paolo II alle donne che hanno fatto ricorso all'aborto: "La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi s'è trattato d'una decisione sofferta, forse drammatica. Probabilmente la ferita nel vostro animo non s'è ancor rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto. Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l'avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Allo stesso Padre e alla sua misericordia potete affidare con speranza il vostro bambino. Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita" (Enc. Evangelium vitae, 99).

La coscienza morale dei ricercatori e di tutta la società civile è intimamente implicata anche nel secondo tema oggetto dei vostri lavori: l'utilizzo delle banche del cordone ombelicale, a scopo clinico e di ricerca. La ricerca medico-scientifica è un valore, e dunque un impegno, non solo per i ricercatori, ma per l'intera comunità civile.

Ne scaturisce il dovere di promozione di ricerche eticamente valide da parte delle istituzioni e il valore della solidarietà dei singoli nella partecipazione a ricerche volte a promuovere il bene comune.

Questo valore, e la necessità di questa solidarietà, si evidenziano molto bene nel caso dell'impiego delle cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale. Si tratta di applicazioni cliniche importanti e di ricerche promettenti sul piano scientifico, ma che nella loro realizzazione molto dipendono dalla generosità nella donazione del sangue cordonale al momento del parto e dall'adeguamento delle strutture, per rendere attuativa la volontà di donazione da parte delle partorienti. Invito, pertanto, tutti voi a farvi promotori di una vera e consapevole solidarietà umana e cristiana.

A tale proposito, molti ricercatori medici guardano giustamente con perplessità al crescente fiorire di banche private per la conservazione del sangue cordonale ad esclusivo uso autologo. Tale opzione - come dimostrano i lavori della vostra Assemblea - oltre ad essere priva di una reale superiorità scientifica rispetto alla donazione cordonale, indebolisce il genuino spirito solidaristico che deve costantemente animare la ricerca di quel bene comune a cui, in ultima analisi, la scienza e la ricerca mediche tendono.

Cari Fratelli e Sorelle, rinnovo l'espressione della mia riconoscenza al Presidente e a tutti i Membri della Pontificia Accademia per la Vita per il valore scientifico ed etico con cui realizzate il vostro impegno a servizio del bene della persona umana. Il mio augurio è che manteniate sempre vivo lo spirito di autentico servizio che rende le menti e i cuori sensibili a riconoscere i bisogni degli uomini nostri contemporanei. A ciascuno di voi e ai vostri cari imparto di cuore la Benedizione Apostolica.



(©L'Osservatore Romano - 27 febbraio 2011)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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05/03/2011 10:56
 
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I feti sono bambini, chiamiamoli col loro nome.



11 Febbraio 2008 .

di Carlo Bellieni

Nell’attuale dibattito sulla prematurità, si discute se rianimare i piccoli neonati e si sente dire che chi si applica in questo invece vuole rianimare i feti. Intanto chiariamo che al momento della nascita si deve usare il termine neonato, e che nessuno pensa certo di rianimare un neonato che non è maturo per sopravvivere; ma dobbiamo chiarire qualcosa a proposito dell’innata paura verso il termine “feto”. Purtroppo chiamando feto il neonato sembra che si intervenga su un “essere” estraneo, perché associamo la parola feto con qualcosa di confuso e “altro”.

“Feto” è una parola fragile. La usiamo per convenzione, ma proviamo a riflettere su tre punti e molte cose si chiariranno:

1) Lo chiamiamo feto un minuto prima del parto e bambino un minuto dopo. Cosa è cambiato? Sul piano fisico quasi nulla. E’ arrivata la luce agli occhi ed è entrata l’aria nei polmoni. Si è chiuso (e non sempre) un canale tra aorta e arteria polmonare e poco più. Non sono cambiamenti sostanziali: anche prima di nascere il bambino si succhiava il pollice, poteva sentire il dolore, aveva memoria, sentiva le voci, gli/le batteva il cuore. Su questo si può trovare ampia documentazione scientifica. Certo: ora l’ossigeno arriva dall’aria e non dal cordone ombelicale… ma sono differenze strutturali, non di sostanza.

2) Ma da dove viene la parola “feto”? In realtà la distinzione tra “feto” (prima di nascere) e “bambino” (dopo il parto) è recente. Il termine “feto” deriva da una radice indoeuropea che significa “succhiare”, e la parola “fetus” in epoca romana significava “frutto” oppure “progenie” (Catullo indicava come “dulces musarum fetus” i figli delle muse, cioè le poesie). Insomma, i romani non avevano un termine per indicare il bambino nascituro… perché sapevano bene che era un “puer”: già in epoca romana il bambino non ancora nato poteva ereditare e la lex Cesarea istituì il diritto del figlio di nascere anche per via operatoria (da qui il termine “parto cesareo”) se la madre stava per morire. Questa coscienza della continuità della vita proseguì nel tempo e appare chiara anche dai famosi disegni di Leonardo da Vinci che mostrano il bambino prenatale, e ne illustrano l’inequivocabile umanità, associandovi la parola “putto”, cioè “bimbo”.

Eppure ad un certo punto della storia, si è verificata questa cesura, che ha un peso che va ben oltre lo scopo “descrittivo”: qualcuno ha usato un termine che fino ad allora era un sinonimo di “figlio” (“feto”, appunto) per indicare qualcosa che, nella sua idea, figlio non è ancora. I termini “bambino”, “adolescente”, “anziano”, “adulto” descrivono gli stadi di sviluppo di qualcuno che tutti riconosciamo come “persona”; invece il termine “feto” serve a denotare un minor livello di diritti. Sottolinea questa spersonalizzazione del termine il fatto che il termine “feto” non abbia un corrispettivo femminile: è una forma “neutra”, che come tale non ha la caratterizzazione sessuale che è la principale caratteristica della persona.

3) D’altronde anche il termine “embrione” dovrebbe veder riparata la stessa ingiustizia, dato che più che una parola è una specie di aggettivo che vuol dire “che fiorisce dentro” (en- brỳein), il cui soggetto, evidentemente è “il bambino”, ed ha la stessa origine della parola “brio”, che esprime, come tutti sanno “vita ed esuberanza”: altro che “umano in progetto” o “diritto dei genitori”.

Ma perché dobbiamo usare per il bambino prenatale un termine dirottato dal suo significato originario? Forse perché tutti noi usiamo termini stigmatizzanti per indicare qualcuno che “non è dei nostri”. E’ un fenomeno dell’antilinguaggio –spesso inconscio-, come lo definiva Orwell: un bambino è un bambino, ma se lo chiamiamo feto…

Lasciamo il termine feto ai ricordi del secolo scorso! Può forse servire in qualche discussione nostalgica, ma deve ritornare la nostra lingua ad usare i termini giusti. Lasciamo la nostra vista e il nostro cervello concordino sull’evidenza e iniziamo a chiamare i bambini per quello che sono… semplicemente bambini, anche se sono piccolissimi, nascosti nell’utero, talora malati: la scienza non serve a questo? E impariamo a discutere su come curarli – prima e dopo la nascita -, su come soccorrerli e far progredire la ricerca scientifica nel loro esclusivo interesse, invece di passare il tempo a discutere se far venir meno il nostro obbligo di assistere chiunque. I bambini e le loro famiglie ce ne saranno grati.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Intervento di Mario Palmaro alla «Giornata internazionale per la vita»
 di Mario Palmaro

[Da AA.VV., "Aborto. Il genocidio del XX secolo", Effedieffe, Milano 2000]

"Ci troviamo di fronte, oggi, ad uno scontro immane e drammatico tra il bene e il male, la Morte e la vita, la cultura della morte e la cultura della vita. Ci troviamo, non solo di fronte, ma necessariamente in mezzo a tale conflitto: tutti siamo coinvolti e partecipi con l’ineludibile responsabilità di scegliere incondizionatamente a favore della vita". (Evangelium vitae, n. 28)

Non saprei trovare parole più appropriate di queste, scritte da Giovanni Paolo II nel 1995 nella sua enciclica "Evangelium vitae", per introdurre il mio intervento a questa giornata internazionale per la vita.

Le parole del Santo Padre esprimono con mirabile capacità di sintesi una verità fondamentale per tutti gli uomini di buona volontà. È in atto nel mondo una guerra, una guerra epocale tra le forze del male e il bene, tra verità e menzogna. Noi, noi tutti, non solo i cattolici ma tutti gli uomini che vivono su questa terra, non possiamo dirci semplici spettatori. Siamo, dice appunto il Papa, non di fronte ma in mezzo alla tragedia, perché siamo parte di questo incredibile capovolgimento delle categorie del bene e del male.

Non possiamo dire che l’aborto procurato, reso legale in quasi tutti i Paesi moderni, sia qualcosa che non ci riguarda. Lo insegna innanzitutto la saggezza evangelica che ci costringe a gettare uno sguardo contemplativo sul concepito e a vedere nel suo volto, il volto stesso di Gesù di Nazareth:

"In verità vi dico, ciò che non avete fatto a uno di questi più piccoli, non l’avete fatto a me". (Mt, 25.45)

Parole belle e terribili, che inchiodano ciascun uomo di fronte alla responsabilità dell’uccisione sistematica del più povero tra i poveri: l’innocente bambino non ancora nato. Ma anche al di fuori dell’orizzonte cristiano, c’è una verità che il mondo classico-pagano ci svela attraverso le parole di Terenzio: "Homo sum, humani nihil a me alienum puto". Sono uomo, e nulla di quanto è umano credo che mi sia estraneo. S. Agostino racconta che queste parole avevano il potere, una volta pronunciate, di fare eccheggiare di applausi ogni teatro sebbene gremito di "stultis indottisque". L’aborto, l’eutanasia, ma anche l’uccisione diretta o indiretta di embrioni umani prodotti al solo scopo di soddisfare il desiderio di un figlio da parte di coppie che non possono averne, e ai relativi tentativi di legalizzare queste pratiche abominevoli, sono argomenti che non possono non interpellare la nostra umanità, anzi essi devono essere collocati in cima alle nostre preoccupazioni, perché mai prima di oggi, nella società, era stato sferrato un così massiccio e sistematico attacco contro la vita umana.

L’intellettuale cattolico Cesare Cavalleri ha scritto una volta:

"Qual è il supremo diletto del maligno? Il sacrificio cruento dell’innocente. E chi e più innocente dell’essere umano non ancora venuto alla luce? L’aborto è il sacrificio cruento di cui il demonio si compiace, dietro ogni aborto è leggibile il ghigno di Satana che si bea nella libagione di sangue innocente".

Certo, l’aborto è qualcosa di diabolico, sia nella sua essenza omicida ma allo stesso tempo nella carica di menzogne, di falsità che accompagnano la sua legalizzazione e la sua giustificazione morale. Per questa ragione è urgente riaffermare alcune verità sull’aborto e sgomberare il campo da luoghi comuni e modi di pensare gravemente erronei, che in questi anni si sono affermati nella società italiana e, credo, in quella europea e americana in genere. Ecco quindi sette punti che oggi vorrei sviluppare in sintesi, sette false concezioni che stanno alla base della mentalità abortista oggi diffusa.

1. Che cos’è l’aborto procurato

L’aborto procurato è l’uccisione cruenta di un essere umano non ancora nato. Occorre investire la società, a tutti i suoi livelli, di questa tremenda verità, bisogna rifuggire dall’uso ideologico delle parole, dal diffondersi di una specie di anti-lingua, cioè di un camuffamento della verità attuato attraverso l’uso di parole edulcorate. Ad esempio, l’aborto diventa "interruzione volontaria di gravidanza", il nascituro diventa "prodotto del concepimento". L’aborto è omicidio, in Italia, ma anche negli Stati Uniti e in molte altre parti del mondo.

Un bambino su quattro viene ucciso prima di nascere; da 250 a 260 bambini, ogni 1.000 nati, sono vittime dell’aborto legale, oggi in Italia. Negli ospedali italiani, ogni 4 minuti si pratica un aborto; ogni giorno, ogni mese, a spese di tutta la collettività, anche di coloro, come noi oggi, che non siamo d’accordo. Più di 3.500.000 di bambini sono stati uccisi in 20 anni a partire dal 22 maggio ’78, l’anno in cui la "194" ha reso lecito l’aborto nel nostro Paese. I bambini che sono abortiti, va ricordato, vengono uccisi con metodi e con sistemi spaventosi, aberranti, che il filmato del dottor Bernard Nathanson documenta in maniera efficacissima e raccapricciante.

Quante vite potremmo salvare attuando questo semplice apostolato della verità, mostrando a quante più persone possibili il grido silenzioso? Il secondo punto è che le leggi abortiste creano una cultura abortista nella società, cioè hanno un effetto diseducativo.

2. Le leggi abortiste creano una cultura abortista nella società.

È innegabile che il nostro tempo sarà ricordato come l’era dei "filodossi", cioè di coloro che intendono utilizzare come bussola per l’agire morale, non le classiche categorie del giusto e del vero, ma le più televisive categorie dell’opinione dei più, del facile consenso, del senso comune che soppianta - per dirla con Manzoni - il buon senso.

Il tutto, ovviamente, senza disdegnare un’abile azione manipolatoria, attraverso l’uso dei mass media. Potremmo parlare, a questo proposito, di un rapporto di tipo circolare fra la legge dello Stato e i costumi che si affermano in una società. Si afferma in partenza che la legge deve affannosamente rincorrere la prassi, qualora questa si discosti dalla norma esistente. Sentivamo prima il professor Di Bella evocare anche giustamente lo stato di decadimento morale della società. L’errore nel ragionamento sta di ritenere che la legge debba in qualche modo abbassarsi al livello del decadimento morale e non sia, invece, suo compito, proprio quello di dare un "input", dare quantomeno un’indicazione, una tensione verso il giusto e il buono.

Una volta affermato questo, nella società si osserva un curioso fenomeno a catena, dove causa-effetto si confondono e si sostituiscono, per cui si va verso una legge più liberale, più libertaria anzi, scusate. Questa legge induce un comportamento ancora più libertario e si innesca un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.

Al termine del percorso, il male è chiamato bene; il bene, male. Ciò che prima era riprovato dal senso comune e vietato dalla legge, diventa un male necessario che è opportuno rendere lecito, dopodiché nella mentalità comune si insinua un ragionamento di questo tipo: se la legge permette questo comportamento significa che non vi è nulla di male ad assecondarlo.

Ecco dunque che cosa accade: la legalizzazione che in origine è un effetto della presunta, almeno nelle proporzioni, prassi clandestina, diventa causa, a sua volta, di un sovvertimento dei valori e delle intime convinzioni dì una società. La nuova legislazione permissiva diventa a sua volta un fattore di incremento della prassi degenerativa, inducendo i mass-media a esercitare pressioni per un ulteriore processo di liberalizzazione all’interno di un circolo vizioso che, onestamente, appare senza vie d’uscita.

3. L’aborto non è una questione confessionale

I credenti hanno certo un ruolo di primo piano nel promuovere il Vangelo della vita ma non possono cadere nell’errore di quanti ritengono che questioni come l’aborto siano problemi che contrappongono credenti e non credenti, cristiani e laici, cattolici e credenti di altre confessioni. La battaglia contro l’aborto è una battaglia per la difesa dei diritti umani. Fra qualche giorno celebreremo il 50° anniversario della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il 10 dicembre. Quale più clamorosa violazione dei diritti umani si può immaginare, una volta che lo Stato abbia organizzato le sue strutture, i suoi ospedali, i suoi tribunali, per allearli contro il bambino non ancora nato, per metterlo a morte?

Questo secolo non sarà ricordato come il secolo della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo ma come il secolo della sua sistematica negazione; non come il secolo della pace, della giustizia, ma come il secolo di Caino. Come ha detto Giovanni Paolo II, "Il secolo di Erode".

Dobbiamo riconoscere serenamente che, nonostante l’esito del secondo conflitto mondiale, la cultura e la mentalità che era alla base del fenomeno nazional-socialista è oggi più che mai viva, perché la cultura eugenetica in base alla quale è possibile sopprimere il nascituro malato o handicappato proviene direttamente da lì.

4. L’abortismo è penetrato nelle redazioni dei giornali e delle televisioni

In tutti questi anni, alla base del permissivismo in materia di aborto, vi è l’uso sapiente e strumentale dei mass media per condizionare la gente. Per chi intenda difendere con coraggio e in modo integrale la vita nascente, i mass media sono diventati, oggi, luoghi quasi impraticabili.

Ma il fatto più sorprendente e doloroso è che, per questa terribile malattia della ragione e della verità, l’abortismo è entrato in maniera strisciante anche in alcuni uffici della redazione di giornali di ispirazione cristiana. Lo devo dire con molta sincerità.

Oggi, tra l’altro, fra i relatori ho il piacere di salutare Maurizio Blondet, uomo di valore e giornalista molto bravo, che sicuramente non appartiene alla schiera dì cui sto trattando, ma anzi, è in parte vittima di questa cultura che penetra tra le pareti del giornale presso il quale lavora, cioè "Avvenire". Mi limiterò a raccontare una vicenda che vede come inconsapevole protagonista proprio il professor Luigi Di Bella.

Giorni fa, lessi le sue dichiarazioni rilasciate a "Millennium" - una rivista, un mensile credo - contro l’aborto e la legge 194, e pensai fosse utile intervistarlo per "Avvenire" sull’argomento. Telefonai al giornale - fra l’altro a un redattore che sapevo sensibile al tema e ortodosso, incontrando infatti il suo entusiasmo - ma appena l’amico chiese conferma ai "piani alti", il suo interesse si trasformò in un imbarazzato diniego. Mi è stato risposto che, purtroppo, vi erano ragioni di opportunità politica che impedivano di intervistare il professor Di Bella. Compresi subito che, in quel caso, "Avvenire" aveva messo gli interessi di bottega e le cautele politiche davanti al valore primario e assoluto del diritto alla vita. Incredibile!

5. L’abortismo è penetrato nella Chiesa e nelle confessioni cristiane.

Il quinto punto è che l’abortismo è purtroppo penetrato anche nella Chiesa e nelle confessioni cristiane. Tutti noi abbiamo seguito in queste ore la sconcertante vicenda del sacerdote cattolico genovese che ha ammesso pubblicamente di aver accompagnato delle prostitute albanesi ad abortire. Il fatto si commenta da sé.

Resta la costernazione per non aver ancora riscontrato, a quello che mi risulta, nessun provvedimento disciplinare adeguato da parte della gerarchia nei confronti di un credente, di un sacerdote che, per quello che so di diritto canonico, sarebbe scomunicato.

Vi devo segnalare un altro caso esemplare, forse meno noto, e riguarda l’ospedale San Raffaele che voi tutti conoscete, qui a Milano, fondato e diretto da don Luigi Verzè.

In questo nosocomio, per altri versi meritorio, dove si fa del gran bene per la verità, sì pratica la fecondazione artificiale omologa, cioè sì producono e si usano embrioni umani per soddisfare la voglia di maternità, esponendo ciascuno di essi ad altissima probabilità di morte.

Molti sacerdoti e vescovi cattolici, purtroppo, sono quantomeno tiepidi sull’argomento aborto e preferiscono non trattarlo mai nella loro pastorale. Il Papa insiste moltissimo sul diritto alla vita dei non nati ma i suoi pastori, molte volte, non lo seguono e lo ignorano.

6. L’abortismo è penetrato nelle formazioni politiche sedicenti cristiane.

In Italia la legge 194 del ’78 che ha legalizzato l’aborto, porta la firma di cinque esponenti della Democrazia Cristiana, all’epoca partito di maggioranza relativa. Si trattava di Giulio Andreotti, del presidente Leone, dei ministri Bonifacio, Anselmi e Pandolfi.

Nessuno di loro si dimise, tutti rimasero al loro posto e diedero il loro avvallo a una legge omicida. Da allora, molti esponenti dei partiti cristiani o sedicenti tali, hanno ampiamente disatteso i loro doveri rispetto a un tema così cruciale. Basti ricordare l’esempio dell’attuale capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, che ha sempre evitato di prendere posizioni ufficiali sull’aborto, oppure al caso del ministro Bindi, che teorizza lo sdoppiamento della sua identità di cattolica di politico.

7. L’aborto è la vera pietra di paragone dell’autentico ecumenismo.

Senza il rispetto di tutte le vite umane innocenti, a cominciare dal bambino non nato, non è possibile effettuare un autentico cammino ecumenico. L’incontro svoltosi a Graaz fra le Confessioni cristiane europee è un clamoroso esempio di come le questioni bioetiche siano accuratamente accantonate da certi credenti.

Nel documento finale di quell’assise, si trovano riferimenti e propositi comuni su tutto, dall’ambiente agli interessi degli animali in via di estinzione, tranne che su una materia: le questioni della bioetica, dell’aborto e dell’eutanasia.

Un altro caso, recentissimo. Negli ultimi giorni dell’anno, la diocesi Ambrosiana ospiterà migliaia di ragazzi provenienti da tutta Europa nell’ambito del "pellegrinaggio di fiducia sulla terra" che la comunità francese di Taizè anima da più di vent’anni. Una bellissima iniziativa con la quale i cattolici della Diocesi di Milano vogliono dimostrare di essere una Chiesa che accoglie, ascolta e cammina.

A tutti i partecipanti, la Diocesi consegnerà una cartellina con materiale utile ai momenti di preghiera e svago. Un dirigente del movimento per la vita italiano, di mia conoscenza, ha preso contatti informali con gli uffici della Curia milanese per offrire agli organizzatori alcune migliaia di opuscoli sulla "vita umana prima meraviglia".

Si è sentito rispondere che "l’argomento non rientra fra quelli in programma per la manifestazione". Prendere atto di queste sconsolanti verità, non significa certo abbandonarsi a sterili malinconie o inconcludenti autocommiserazioni.

Ma solo una diagnosi corretta permetterà, anche nei casi più difficili, di dare qualche possibilità di salvezza al paziente. Milioni di bambini e di mamme attendono di essere salvati da un piccolo, grande popolo. Il piccolo e grande popolo dei "pro-life" di tutto il mondo.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Il Papa: Vorrei ricordare agli sposi che vivono la condizione dell’infertilità, che non per questo la loro vocazione matrimoniale viene frustrata. I coniugi, per la loro stessa vocazione battesimale e matrimoniale, sono sempre chiamati a collaborare con Dio nella creazione di un’umanità nuova. La vocazione all’amore, infatti, è vocazione al dono di sé e questa è una possibilità che nessuna condizione organica può impedire. Dove, dunque, la scienza non trova una risposta, la risposta che dona luce viene da Cristo



UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA, 25.02.2012

Alle ore 11.45 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza, a conclusione dei lavori, i partecipanti alla XVIII Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, che si è svolta nell’Aula nuova del Sinodo in Vaticano dal 23 al 25 febbraio, sul tema: "Diagnosi e terapia dell’infertilità".
Riportiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti nel corso dell’incontro:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle,

sono lieto di incontrarvi in occasione dei lavori della XVIII Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita. Saluto e ringrazio voi tutti per il generoso servizio in difesa e a favore della vita, in particolare il Presidente, Mons. Ignacio Carrasco de Paula, per le parole che mi ha rivolto anche a nome vostro. L’impostazione che avete dato ai vostri lavori manifesta la fiducia che la Chiesa ha sempre riposto nelle possibilità della ragione umana e in un lavoro scientifico rigorosamente condotto, che tengano sempre presente l’aspetto morale. Il tema da voi scelto quest’anno, "Diagnosi e terapia dell’infertilità", oltre che avere una rilevanza umana e sociale, possiede un peculiare valore scientifico ed esprime la possibilità concreta di un fecondo dialogo tra dimensione etica e ricerca biomedica.

Davanti al problema dell’infertilità della coppia, infatti, avete scelto di richiamare e considerare attentamente la dimensione morale, ricercando le vie per una corretta valutazione diagnostica ed una terapia che corregga le cause dell’infertilità.

Questo approccio muove dal desiderio non solo di donare un figlio alla coppia, ma di restituire agli sposi la loro fertilità e tutta la dignità di essere responsabili delle proprie scelte procreative, per essere collaboratori di Dio nella generazione di un nuovo essere umano.

La ricerca di una diagnosi e di una terapia rappresenta l’approccio scientificamente più corretto alla questione dell’infertilità, ma anche quello maggiormente rispettoso dell’umanità integrale dei soggetti coinvolti. Infatti, l’unione dell’uomo e della donna in quella comunità di amore e di vita che è il matrimonio, costituisce l’unico "luogo" degno per la chiamata all’esistenza di un nuovo essere umano, che è sempre un dono.

È mio desiderio, pertanto, incoraggiare l’onestà intellettuale del vostro lavoro, espressione di una scienza che mantiene desto il suo spirito di ricerca della verità, a servizio dell’autentico bene dell’uomo, e che evita il rischio di essere una pratica meramente funzionale. La dignità umana e cristiana della procreazione, infatti, non consiste in un "prodotto", ma nel suo legame con l’atto coniugale, espressione dell’amore dei coniugi, della loro unione non solo biologica, ma anche spirituale.

L’Istruzione Donum vitae ci ricorda, a questo proposito, che "per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna" (n. 126). Le legittime aspirazioni genitoriali della coppia che si trova in una condizione di infertilità devono pertanto trovare, con l’aiuto della scienza, una risposta che rispetti pienamente la loro dignità di persone e di sposi. L’umiltà e la precisione con cui approfondite queste problematiche, ritenute da alcuni vostri colleghi desuete dinanzi al fascino della tecnologia della fecondazione artificiale, merita incoraggiamento e sostegno. In occasione del X anniversario dell’Enciclica Fides et ratio, ricordavo come "il facile guadagno o, peggio ancora, l’arroganza di sostituirsi al Creatore svolgono, a volte, un ruolo determinante. È questa una forma di hybris della ragione, che può assumere caratteristiche pericolose per la stessa umanità" (Discorso ai Partecipanti al Congresso Internazionale promosso dalla Pontificia Università Lateranense, 18 ottobre 2008: AAS 100 [2008], 788-789). Effettivamente lo scientismo e la logica del profitto sembrano oggi dominare il campo dell’infertilità e della procreazione umana, giungendo a limitare anche molte altre aree di ricerca.

La Chiesa presta molta attenzione alla sofferenza delle coppie con infertilità, ha cura di esse e, proprio per questo, incoraggia la ricerca medica. La scienza, tuttavia, non sempre è in grado di rispondere ai desideri di tante coppie.

Vorrei allora ricordare agli sposi che vivono la condizione dell’infertilità, che non per questo la loro vocazione matrimoniale viene frustrata. I coniugi, per la loro stessa vocazione battesimale e matrimoniale, sono sempre chiamati a collaborare con Dio nella creazione di un’umanità nuova. La vocazione all’amore, infatti, è vocazione al dono di sé e questa è una possibilità che nessuna condizione organica può impedire. Dove, dunque, la scienza non trova una risposta, la risposta che dona luce viene da Cristo.

Desidero incoraggiare tutti voi qui convenuti per queste giornate di studio e che talora lavorate in un contesto medico-scientifico dove la dimensione della verità risulta offuscata: proseguite il cammino intrapreso di una scienza intellettualmente onesta e affascinata dalla ricerca continua del bene dell’uomo. Nel vostro percorso intellettuale non disdegnate il dialogo con la fede. Rivolgo a voi l’accorato appello espresso nell’Enciclica Deus caritas est: "Per poter operare rettamente, la ragione deve sempre di nuovo essere purificata, perché il suo accecamento etico, derivante dal prevalere dell'interesse e del potere che l'abbagliano, è un pericolo mai totalmente eliminabile. […] La fede permette alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio" (n. 28). D’altro canto proprio la matrice culturale creata dal cristianesimo – radicata nell’affermazione dell’esistenza della Verità e dell’intelligibilità del reale alla luce della Somma Verità – ha reso possibile nell’Europa del Medioevo lo sviluppo del sapere scientifico moderno, sapere che nelle culture precedenti era rimasto solo in germe.

Illustri scienziati e voi tutti membri dell’Accademia impegnati a promuovere la vita e la dignità della persona umana, tenete sempre presente anche il fondamentale ruolo culturale che svolgete nella società e l’influenza che avete nel formare l’opinione pubblica. Il mio predecessore, il beato Giovanni Paolo II ricordava che gli scienziati, "proprio perché sanno di più, sono chiamati a servire di più" (Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, 11 novembre 2002: AAS 95 [2003], 206). La gente ha fiducia in voi che servite la vita, ha fiducia nel vostro impegno a sostegno di chi ha bisogno di conforto e di speranza. Non cedete mai alla tentazione di trattare il bene delle persone riducendolo ad un mero problema tecnico! L’indifferenza della coscienza nei confronti del vero e del bene rappresenta una pericolosa minaccia per un autentico progresso scientifico.

Vorrei concludere rinnovando l’augurio che il Concilio Vaticano II rivolse agli uomini di pensiero e di scienza: "Felici sono coloro che, possedendo la verità, la continuano a cercare, per rinnovarla, per approfondirla, per donarla agli altri" (Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza, 8 dicembre 1965: AAS 58 [1966], 12). È con questi auspici che imparto a voi tutti qui presenti e ai vostri cari la Benedizione Apostolica.

[SM=g1740738]




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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LEGGETE E GUARDATE QUA… I CRISTIANI SONO VERAMENTE UNA MERAVIGLIA !!!

Ho ricevuto una mail stupefacente. C’era insieme un video girato in famiglia… E’ tutto qua sotto: leggete, ascoltate e guardate… Vi stupirete, vi commuoverete…. Io dico solo una cosa: questi padri e madri sono i veri grandi!!! Non i miti di cartapesta che quotidianamente vengono inventati e imposti dai media.

I nomi di questi
padri e madri dal grande cuore non stanno scritti sui giornali, ma nel libro del Regno dei Cieli…

Caro Antonio,
ho seguito la vostra storia sin dal principio e attraverso un Social network che ho messo su da ormai quasi sei anni ( www.pregoperte.com ) tutti vi abbiamo sostenuto. Mi sei venuto in mente perché so che puoi capirmi…
Siamo in attesa (ormai quasi al capolinea) del nostro quarto figlio, che sappiamo essere down. Abbiamo realizzato un videoclip, tutti noi, con musica e parole inedite che promuovono la vita sempre e comunque.
Vedilo, mettiti le cuffie e gioisci sorridi e commuoviti con noi… Fallo sentire ai tuoi figli, so che gli piacerà.. Fammi sapere.
Ti abbraccio fraternamente
Marco e Claudia

www.youtube.com/watch?v=9-WJJY-A8xc&feature=youtu.be

Ho chiesto a Marco e Claudia di raccontarmi meglio come e perché è nata questa iniziativa e mi hanno risposto così:

La Vita è sacra. Questo tante volte lo avevamo sentito, e annunciato ai nostri figli, ma attraverso il nostro Emanuele, si è manifestata tale.
I nostri fratelli (facciamo parte di una comunità neocatecumenale qui a Roma) sono stati le pietre angolari grazie ai quali è stato possibile sperimentare un amore all'altro che solo attraverso Cristo è possibile.
Sapere da subito che il nostro piccolo era down, ci ha messo davanti a qualcosa di più grande di noi anche se cosi piccolo. Che fare oltre che pregare per lui? Ed ecco l'idea.
Dedicargli musiche, parole, un video che gridasse a lui e al mondo quanto la vita è bella, e per questo va difesa, e dare voce a chi non può per celebrarla.
Un videoclip dedicato a tutti quei bimbi mai nati o che hanno bisogno di essere amati di più perché fragili , dove anche le parole di Madre Teresa con il suo inno alla vita trovano dove poter essere cantate.
Un videoclip speciale per un figlio speciale, che si è fatto spazio tra le angosce e le paure del mondo. Emanuele, il nostro piccolo che a breve nascerà, sostenuto dalla preghiera comunitaria e quella in famiglia in questo percorso difficile, ci ha permesso di esprimere questa attesa, nella speranza di poter aiutare chi è nel dubbio di una scelta.
Non sappiamo nulla del nostro futuro (abbiamo smesso da un bel po’ di pensarci), potrebbe essere dura non lo so, ma una cosa è certa...EMANUELE sarà veramente DIO con noi. Sosteneteci con la preghiera.

Marco e Claudia


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Fraternamente CaterinaLD

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA
DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA

Sala Clementina
Giovedì, 3 marzo 2016

[Multimedia]


 

Cari fratelli e sorelle,

porgo il mio benvenuto a tutti voi, convenuti per l’Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita. Mi fa piacere particolarmente incontrare il Cardinale Sgreccia, sempre in piedi, grazie! Questi giorni saranno dedicati allo studio delle virtù nell’etica della vita, un tema di interesse accademico, che rivolge un messaggio importante alla cultura contemporanea: il bene che l’uomo compie non è il risultato di calcoli o strategie, nemmeno è il prodotto dell’assetto genetico o dei condizionamenti sociali, ma è il frutto di un cuore ben disposto, della libera scelta che tende al vero bene. Non bastano la scienza e la tecnica: per compiere il bene occorre la sapienza del cuore.

In diversi modi la Sacra Scrittura ci dice che le intenzioni buone o cattive non entrano nell’uomo dall’esterno, ma scaturiscono dal suo “cuore”. «Dal di dentro – afferma Gesù –, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male» (Mc 7,21). Nella Bibbia il cuore è l’organo non solo degli affetti, ma anche delle facoltà spirituali, la ragione e la volontà, è sede delle decisioni, del modo di pensare e di agire. La saggezza delle scelte, aperta al movimento dello Spirito Santo, coinvolge anche il cuore. Da qui nascono le opere buone, ma anche quelle sbagliate, quando la verità e i suggerimenti dello Spirito sono respinti. Il cuore, insomma, è la sintesi dell’umanità plasmata dalle mani stesse di Dio (cfr Gen 2,7) e guardata dal suo Creatore con un compiacimento unico (cfr Gen1,31). Nel cuore dell’uomo Dio riversa la sua stessa sapienza.

Nel nostro tempo, alcuni orientamenti culturali non riconoscono più l’impronta della sapienza divina nelle realtà create e neppure nell’uomo. La natura umana rimane così ridotta a sola materia, plasmabile secondo qualsiasi disegno. La nostra umanità, invece, è unica e tanto preziosa agli occhi di Dio! Per questo, la prima natura da custodire, affinché porti frutto, è la nostra stessa umanità. Dobbiamo darle l’aria pulita della libertà e l’acqua vivificante della verità, proteggerla dai veleni dell’egoismo e della menzogna. Sul terreno della nostra umanità potrà allora sbocciare una grande varietà di virtù.

La virtù è l’espressione più autentica del bene che l’uomo, con l’aiuto di Dio, è capace di realizzare. «Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1803). La virtù non è una semplice abitudine, ma è l’attitudine costantemente rinnovata a scegliere il bene. La virtù non è emozione, non è un’abilità che si acquisisce con un corso di aggiornamento, e men che meno un meccanismo biochimico, ma è l’espressione più elevata della libertà umana. La virtù è il meglio che il cuore dell’uomo offre. Quando il cuore si allontana dal bene e dalla verità contenuta nella Parola di Dio, corre tanti pericoli, rimane privo di orientamento e rischia di chiamare bene il male e male il bene; le virtù si perdono, subentra più facilmente il peccato, e poi il vizio. Chi imbocca questo pendio scivoloso cade nell’errore morale e viene oppresso da una crescente angoscia esistenziale.

La Sacra Scrittura ci presenta la dinamica del cuore indurito: più il cuore è inclinato all’egoismo e al male, più è difficile cambiare. Dice Gesù: «Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato» (Gv 8,34). Quando il cuore si corrompe, gravi sono le conseguenze per la vita sociale, come ricorda il profeta Geremia. Cito: «I tuoi occhi e il tuo cuore non badano che al tuo interesse, a spargere sangue innocente, a commettere violenze e angherie» (22,17). Tale condizione non può cambiare né in forza di teorie, né per effetto di riforme sociali o politiche. Solo l’opera dello Spirito Santo può riformare il nostro cuore, se noi collaboriamo: Dio stesso, infatti, ha assicurato la sua grazia efficace a chi lo cerca e a chi si converte «con tutto il cuore» (cfr Gl 2,12 ss.).

Oggi sono molte le istituzioni impegnate nel servizio alla vita, a titolo di ricerca o di assistenza; esse promuovono non solo azioni buone, ma anche la passione per il bene. Ma ci sono anche tante strutture preoccupate più dell’interesse economico che del bene comune. Parlare di virtù significa affermare che la scelta del bene coinvolge e impegna tutta la persona; non è una questione “cosmetica”, un abbellimento esteriore, che non porterebbe frutto: si tratta di sradicare dal cuore i desideri disonesti e di cercare il bene con sincerità.

Anche nell’ambito dell’etica della vita le pur necessarie norme, che sanciscono il rispetto delle persone, da sole non bastano a realizzare pienamente il bene dell’uomo. Sono le virtù di chi opera nella promozione della vita l’ultima garanzia che il bene verrà realmente rispettato. Oggi non mancano le conoscenze scientifiche e gli strumenti tecnici in grado di offrire sostegno alla vita umana nelle situazioni in cui si mostra debole. Però manca tante volte l’umanità. L’agire buono non è la corretta applicazione del sapere etico, ma presuppone un interesse reale per la persona fragile. I medici e tutti gli operatori sanitari non tralascino mai di coniugare scienza, tecnica e umanità.

Pertanto, incoraggio le Università a considerare tutto questo nei loro programmi di formazione, affinché gli studenti possano maturare quelle disposizioni del cuore e della mente che sono indispensabili per accogliere e curare la vita umana, secondo la dignità che in qualsiasi circostanza le appartiene. Invito anche i direttori delle strutture sanitarie e di ricerca a far sì che i dipendenti considerino parte integrante del loro qualificato servizio anche il tratto umano. In ogni caso, quanti si dedicano alla difesa e alla promozione della vita possano mostrarne anzitutto la bellezza. Infatti, come «la Chiesa non cresce per proselitismo ma “per attrazione”» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 14), così la vita umana si difende e promuove efficacemente solo quando se ne conosce e se ne mostra la bellezza. Vivendo una genuina compassione e le altre virtù, sarete testimoni privilegiati della misericordia del Padre della vita.

La cultura contemporanea conserva ancora le premesse per affermare che l’uomo, quali che siano le sue condizioni di vita, è un valore da proteggere; tuttavia, essa è spesso vittima di incertezze morali, che non le consentono di difendere la vita in maniera efficace. Non di rado, poi, può accadere che sotto il nome di virtù, si mascherino “splendidi vizi”. Per questo è necessario non solo che le virtù informino realmente il pensare e l’agire dell’uomo, ma che siano coltivate attraverso un continuo discernimento e siano radicate in Dio, fonte di ogni virtù. Io vorrei ripetere qui una cosa che ho detto parecchie volte: dobbiamo stare attenti alle nuove colonizzazioni ideologiche che subentrano nel pensiero umano, anche cristiano, sotto forma di virtù, di modernità, di atteggiamenti nuovi, ma sono colonizzazioni, cioè tolgono la libertà, e sono ideologiche, cioè hanno paura della realtà così come Dio l’ha creata. Chiediamo l’aiuto dello Spirito Santo, affinché ci tragga fuori dall’egoismo e dall’ignoranza: rinnovati da Lui, possiamo pensare e agire secondo il cuore di Dio e mostrare a chi soffre nel corpo e nello spirito la sua misericordia.

L’augurio che vi rivolgo è che i lavori di questi giorni possano essere fecondi e accompagnare voi e quanti incontrate nel vostro servizio in un cammino di crescita virtuosa. Vi ringrazio e vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie.



Fraternamente CaterinaLD

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05/11/2016 22:46
 
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STATUTO DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA

 

TITOLO I
NATURA E FINALITÀ

Art. 1 – Introduzione

§ 1 - La Pontificia Accademia per la Vita, con sede nello Stato della Città del Vaticano, è stata istituita dal Sommo Pontefice San Giovanni Paolo II con il Motu Proprio Vitae mysterium, dell’11 febbraio 1994.

La Pontificia Accademia per la Vita ha come fine la difesa e la promozione del valore della vita umana e della dignità della persona.

§ 2 - Compito specifico dell’Accademia è di:

a) studiare, in un’ottica interdisciplinare, i problemi riguardanti la promozione e la difesa della vita umana;

b) formare ad una cultura della vita – per la parte che le è propria – attraverso opportune iniziative e sempre nel pieno rispetto del Magistero della Chiesa;

c) informare in maniera chiara e tempestiva i responsabili della Chiesa, le varie istituzioni di scienze biomediche e delle organizzazioni socio-sanitarie, i mezzi di comunicazione e la comunità civile in genere, sui risultati più rilevanti delle proprie attività di studio e di ricerca (cfr Vitae mysterium, 4).

§ 3 - L’Accademia ha un compito di natura prevalentemente scientifica, per la promozione e difesa della vita umana (cfr Vitae mysterium, 4). In particolare studia i vari aspetti che riguardano la cura della dignità della persona umana nelle diverse età dell’esistenza, il rispetto reciproco fra generi e generazioni, la difesa della dignità di ogni singolo essere umano, la promozione di una qualità della vita umana che integri il valore materiale e spirituale, nella prospettiva di un’autentica “ecologia umana”, che aiuti a ritrovare l’equilibrio originario della Creazione tra la persona umana e l’intero universo (cfr Chirografo, 15 agosto 2016).

§ 4 - Nell’adempimento dell’attività prevista dal presente Statuto, la Pontificia Accademia per la Vita coopera con i Dicasteri della Curia romana, primi fra tutti la Segreteria di Stato e il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, nel rispetto delle rispettive competenze e in spirito di collaborazione.

§ 5 - Al fine poi di promuovere e diffondere la cultura della vita, l’Accademia mantiene stretti contatti con le Istituzioni universitarie, le Società scientifiche e i Centri di ricerca che seguono i vari temi connessi con la vita.

 

TITOLO II
ORDINAMENTO

Art. 2 - Struttura dell'Accademia

La Pontificia Accademia per la Vita si compone di una Presidenza, di un Ufficio Centrale e di Membri, detti anche Accademici.

Art. 3 - La Presidenza

La Presidenza è formata dal Presidente, dal Cancelliere e dal Consiglio Direttivo. La direzione ed il governo delle attività ordinarie e straordinarie dell'Accademia spettano al Presidente, insieme al Cancelliere, coadiuvati dal Consiglio Direttivo. Fa parte della Presidenza anche il Consigliere Ecclesiastico.

§ 1 - Il Presidente

a) Il Presidente è nominato dal Sommo Pontefice, rimane in carica per il periodo indicato nel biglietto di nomina e può essere riconfermato nell'incarico.

b) Il Presidente rappresenta ufficialmente la Pontificia Accademia, la dirige in tutte le sue attività e ne risponde di fronte al Santo Padre; convoca e presiede il Consiglio Direttivo, stabilisce l'ordine del giorno e dà esecuzione alle deliberazioni del Consiglio stesso. Egli convoca e presiede pure le tornate dell'Accademia. Il Presidente può avvalersi della collaborazione straordinaria dei singoli Membri.

§ 2 - Il Cancelliere

a) Il Cancelliere, nominato dal Sommo Pontefice per il periodo indicato nel biglietto di nomina, può essere riconfermato nell'incarico.

b) Il Cancelliere può rappresentare la Pontificia Accademia per la Vita a nome del Presidente, collabora con lui alla direzione e al governo delle attività dell'Accademia.

§ 3 - Il Consiglio Direttivo

a) Il Consiglio Direttivo della Pontificia Accademia per la Vita è composto dal Presidente, da un eventuale Vice-Presidente, dal Cancelliere e da sei Consiglieri nominati dal Sommo Pontefice, dei quali quattro sono scelti tra i Membri Ordinari dell’Accademia, il quinto è proposto dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita ed il sesto è il Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Ciascun Consigliere rimane in carica cinque anni e può essere riconfermato nell'incarico. Al Consiglio Direttivo partecipa anche il Consigliere Ecclesiastico, qualora nominato (cfr § 4 del presente Articolo).

b) Il Consiglio Direttivo si riunisce in seduta ordinaria almeno due volte l’anno per deliberare gli indirizzi generali delle attività ordinarie ed affrontare eventuali questioni particolari legate alla vita dell'Accademia.

c) Il Consiglio Direttivo può riunirsi in seduta straordinaria per esaminare questioni di grave ed indifferibile urgenza.

In tali sedute hanno diritto di voto tutti i componenti del Consiglio Direttivo presenti.

d) Il Consiglio Direttivo sceglie e nomina, anche valutando proposte esterne, i Membri corrispondenti della Pontificia Accademia per la Vita, di cui all'Art. 5, §3 del presente Statuto; approva i programmi di studio delle Assemblee Generali e delle attività formative, contribuendo all'indirizzo generale dei programmi annuali.

e) Il Presidente sceglie e nomina il Coordinatore di Segreteria, di cui all'Art. 4, §2 del presente Statuto.

§ 4 - Il Consigliere Ecclesiastico

a) Il Consigliere Ecclesiastico è nominato dal Sommo Pontefice per un quinquennio e può essere riconfermato. Tale carica rimane vacante nel caso in cui l'ufficio di Presidente o di Cancelliere sia ricoperto da un Ecclesiastico.

b) Il Consigliere Ecclesiastico ha il compito di garantire la conformità dei pronunciamenti della Pontificia Accademia per la Vita con la dottrina cattolica, secondo gli insegnamenti del Magistero della Chiesa. Egli, inoltre, si incarica di mantenere le relazioni con i Superiori Ecclesiastici.

Art. 4 – L'ufficio Centrale

a) L'Ufficio Centrale della Pontificia Accademia per la Vita ha sede in Vaticano. Esso costituisce l'organo esecutivo della Presidenza, per l'impostazione, l’attuazione e il coordinamento delle attività accademiche. Tale Ufficio svolge le sue funzioni secondo le direttive del Presidente e del Cancelliere.

b) Per meglio ordinare le proprie attività, l'Ufficio Centrale è strutturato in due sezioni: la sezione scientifica e la sezione tecnico-amministrativa o Segreteria.

§ 1 - La sezione scientifica

La sezione scientifica si occupa delle attività accademiche di studio e ricerca, in base alle finalità statutarie ed ai compiti specifici della Pontificia Accademia per la Vita (cfr Art. 1).

A tal fine, essa si articola in tre aree settoriali: studio, formazione e informazione.

§ 2 - La sezione tecnico-amministrativa o Segreteria

La sezione tecnico-amministrativa si occupa delle attività di segreteria ed amministrazione dell'Accademia.

Art. 5 – I Membri o Accademici

Fanno parte della Pontificia Accademia per la Vita i Membri ordinari, i Membri corrispondenti, i Membri onorari e i Membri giovani ricercatori. La nomina a Membro dell’Accademia richiede l’accertata disponibilità a collaborare con l’Accademia in spirito di servizio, unicamente per l’adempimento dei suoi compiti specifici.

§ 1 - I Membri ordinari

I Membri ordinari possono raggiungere un numero massimo di settanta. Essi sono nominati per un quinquennio dal Santo Padre, sentito il parere del Consiglio Direttivo, in base ai loro titoli accademici, a provata serietà e competenza professionale, al fedele servizio a difesa e promozione del diritto alla vita di ogni persona umana.

I Membri ordinari al termine del quinquennio possono essere riconfermati per successivi mandati fino al compimento dell’ottantesimo anno di età.

§ 2 - I Membri onorari

Sono nominati dal Santo Padre Membri onorari alcuni Accademici, legati in maniera particolare alla vita e all’attività dell’Accademia.

§ 3 - I Membri corrispondenti

I Membri corrispondenti sono scelti e nominati per un quinquennio dal Consiglio Direttivo, in base alla loro serietà e competenza professionale e al loro riconosciuto impegno in favore della promozione e tutela della vita umana.

I Membri corrispondenti al termine del quinquennio possono essere riconfermati per un massimo di altri due mandati.

§ 4 - I Membri giovani ricercatori

I Membri giovani ricercatori provengono da discipline che interessano le aree proprie di ricerca dell’Accademia, con l’età massima di 35 anni, scelti e nominati dal Consiglio Direttivo per la durata di un quinquennio, rinnovabile per un altro mandato.

§ 5 - Indicazioni e norme per i Membri

a) Gli Accademici sono scelti, senza alcuna discriminazione religiosa, fra le personalità ecclesiastiche, religiose e laiche appartenenti a diverse nazionalità, esperti nelle discipline attinenti alla vita umana (medicina, scienze biologiche, teologia, filosofia, antropologia, diritto, sociologia, ecc.)

b) I nuovi Accademici si impegnano a promuovere e difendere i principi circa il valore della vita e della dignità della persona umana, interpretati in modo conforme al Magistero della Chiesa.

c) Gli Accademici sono tenuti a partecipare alle Assemblee Generali, dove presentano comunicazioni, note e memorie scientifiche; discutono, votano ed hanno diritto di proporre al Consiglio Direttivo nomine e temi di studio e di ricerca.

d) Nel caso di impossibilità a prendere parte ai lavori dell’Assemblea Generale, gli Accademici dovranno giustificare adeguatamente la loro assenza.

L’assenza ingiustificata per più di due volte nell’arco di un quinquennio comporta ipso facto la decadenza da Membro dell’Accademia.

e) La qualifica di Accademico può essere revocata, secondo la procedura prevista dal Regolamento proprio dell’Accademia, nel caso di una pubblica e deliberata azione o dichiarazione palesemente contraria a detti principi, oppure gravemente offensiva della dignità e credibilità della Chiesa Cattolica e della stessa Accademia.

f) Incarichi politici istituzionali, nel proprio Paese o all'estero, non sono compatibili con la nomina e l'esercizio dell'ufficio di Membro della Pontificia Accademia per la Vita. Pertanto, qualora un Membro dell'Accademia assuma un tale incarico, è sospeso dalle sue funzioni accademiche, né può avvalersi pubblicamente del titolo di Membro della medesima Accademia, fino al termine di tale incarico politico istituzionale.

 

TITOLO III
ATTIVITA' SCIENTIFICA E STRUMENTI OPERATIVI

Art. 6 - Descrizione delle attività ordinarie

L'attività scientifica ed interdisciplinare della Pontificia Accademia per la Vita dovrà mantenere uno stretto collegamento con gli organismi e le istituzioni mediante le quali la Chiesa è presente nel mondo delle scienze biomediche, della salute e delle organizzazioni sanitarie, offrendo la propria collaborazione ai medici ed ai ricercatori anche non cattolici e non cristiani, che riconoscono, come fondamento morale essenziale della scienza e dell'arte medica, la dignità dell'uomo e l'inviolabilità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, così come sono proposte dal Magistero della Chiesa.

Per il raggiungimento dei suoi fini statutari (cfr Art. 1), la Pontificia Accademia per la Vita:

a) organizza ogni anno un'Assemblea Generale, a cui partecipano tutti i Membri;

b) convoca e coordina le attività di gruppi di lavoro, a carattere nazionale ed internazionale;

c) studia le legislazioni vigenti nei diversi Paesi e gli orientamenti di politica sanitaria internazionale, nonché le principali correnti di pensiero, che hanno incidenza sulla cultura contemporanea della vita;

d) pubblica i risultati dei suoi studi e delle sue ricerche e diffonde le sue proposte culturali ed operative attraverso pubblicazioni ed altri mezzi di comunicazione di massa;

e) organizza Convegni nazionali ed internazionali su tematiche bioetiche di grande interesse;

f) organizza iniziative di formazione in bioetica, vi partecipa ed offre il proprio contributo;

g) partecipa con rappresentanti alle più importanti iniziative scientifiche, biomediche, giuridiche, politiche, filosofiche, antropologiche, caritativo-assistenziali, morali, pastorali, ecc., attinenti alle finalità dell'Accademia stessa.

 

TITOLO IV
MEZZI FINANZIARI

Art. 7 – Risorse finanziarie

In quanto Istituzione sostenuta dalla Santa Sede, la Pontificia Accademia per la Vita presenta ogni anno il bilancio delle proprie attività ordinarie e straordinarie all'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, secondo le norme vigenti.

§ 1 - La Fondazione Vitae Mysterium

Le risorse eventualmente provenienti dalla Fondazione Vitae mysterium sono prevalentemente destinate al sostegno delle attività ordinarie o straordinarie dell’Accademia. In caso di sufficiente disponibilità di mezzi finanziari, una parte delle risorse può essere destinata anche al finanziamento di borse di studio e di altre iniziative per la formazione in bioetica, in particolare di persone dei Paesi in via di sviluppo, oppure di zone in cui la cultura della vita ha maggiore necessità di sostegno.

 

TITOLO V
DISPOSIZIONI FINALI

Art. 8 - Regolamento proprio

Per un'efficace attuazione del presente Statuto, il Presidente ed il Cancelliere, sentito il parere del Consiglio Direttivo, sottopongono all'approvazione del Cardinale Segretario di Stato il Regolamento proprio della Pontificia Accademia per la Vita.

Tale Regolamento contiene, oltre alla Tabella organica ed al Mansionario del personale dell'Ufficio Centrale, le disposizioni integrative concernenti l'ordinamento ed il funzionamento dell'Accademia.

Il presente Statuto è approvato per cinque anni. Ordino che sia promulgato tramite pubblicazione sul quotidiano “L’Osservatore Romano” e quindi pubblicato sugli Acta Apostolicae Sedis, entrando in vigore il 1° gennaio 2017.

Dal Vaticano, 18 ottobre 2016

FRANCESCO






Fraternamente CaterinaLD

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[SM=g1740717] PER NON DIMENTICARE.....

Cari Amici, il 10 maggio 1981, tre giorni prima dell’attentato, Giovanni Paolo II pronunciò un Regina Coeli davvero infuocato dallo Spirito Santo, in difesa della vita umana e contro l’aborto. ;-) In questo video vi offriamo e proponiamo l’audio originale - da brividi!!! - che sollecitiamo tutti ad ascoltare con molta attenzione, dal momento che parla anche della retta coscienza, del dovere della Chiesa non solo di difendere la vita umana in ogni sua fase, ma che questa difesa è fondamentale per la retta formazione di ogni coscienza, così infatti spiega san Giovanni Paolo II “La Chiesa sempre ha ritenuto il servizio alla coscienza come il suo servizio essenziale…”

www.youtube.com/watch?v=8men3uTMvpc

REGINA COELI

IV Domenica di Pasqua, 10 maggio 1981

1. “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10).

Con queste parole termina il Vangelo di oggi, quarta domenica di pasqua. È Cristo Buon Pastore che pronuncia queste parole. È Cristo, che chiama se stesso “porta delle pecore” (Gv 10, 7).
Desidero riferire queste parole sull’abbondanza della vita prima di tutto al dono della grazia, che ci ha portato Cristo nella sua Croce e nella Risurrezione. Desidero riferirle anzitutto allo Spirito Santo, “che è Signore e dà la vita”, e confessiamo la fede in Lui con le parole che, da sedici secoli, il primo Concilio Costantinopolitano pone sulle labbra della Chiesa.

Lo Spirito Santo è l’autore della nostra santificazione: Egli trasforma l’uomo nel suo intimo, lo divinizza, lo rende partecipe della natura divina (cf. 2 Pt 1, 4), come il fuoco rende incandescente il metallo, come l’acqua sorgiva disseta: “fons vivus, ignis, caritas”. La grazia è comunicata dallo Spirito Santo per il tramite dei sacramenti, che accompagnano l’uomo durante tutto l’arco della sua esistenza. E, mediante la grazia, Egli diventa il dolce ospite dell’anima: “dulcis hospes animae”: inabita nel nostro cuore; è l’animatore delle energie segrete, delle scelte coraggiose, della fedeltà incrollabile. Egli ci fa vivere nell’abbondanza della vita: della stessa vita divina.

E proprio per questa sollecitudine circa l’abbondanza della vita Cristo rivela se stesso come Buon Pastore delle anime umane: Pastore che prevede l’avvenire definitivo dell’uomo in Dio; Pastore che conosce le sue pecore (cf. Gv 10, 14) fino al fondo stesso della verità interiore dell’uomo, il quale può parlare di se stesso con le parole di sant’Agostino: “Inquieto è il mio cuore, finché non riposi in Te” (cf. S. Agostino, Confessiones I, 1).

2. Cari fratelli e sorelle!

Ecco, voi rappresentanti delle parrocchie e delle comunità di tutta Roma siete oggi riuniti in piazza san Pietro per testimoniare che, nel corso di questi mesi e delle ultime settimane, avete pensato alla vita umana, prima di tutto alla vita nascosta sotto il cuore della donna madre, alla vita dei nascituri. Questa vita l’avete fatta oggetto delle vostre meditazioni, del vostro impegno di credenti, di uomini e di cittadini, ma soprattutto ne avete fatto il tema delle vostre preghiere. Avete meditato sulla responsabilità particolare verso la vita concepita, che, secondo il retto sentire dell’uomo, deve essere circondata da una particolare sollecitudine e protezione, da parte sia dei genitori stessi, sia anche della società, in particolare degli uomini che, in diversi modi, sono responsabili di questa vita.

3. Ciò facendo, voi avete dimostrato la vostra solidarietà all’invito dei vostri Vescovi, i quali, durante la Quaresima, hanno attirato l’attenzione di tutta la società sulla grande minaccia che incombe su questo valore fondamentale che è la vita umana e in particolare la vita dei nascituri. È compito della Chiesa riaffermare che l’aborto procurato è morte, è l’uccisione di una creatura innocente. Di conseguenza, la Chiesa considera ogni legislazione favorevole all’aborto procurato come una gravissima offesa dei diritti primari dell’uomo e del comandamento divino del “Non uccidere”.

4. Tutti questi vostri sforzi, tutto il lavoro della Chiesa, in Italia come in ogni altra parte del mondo, che mira ad assicurare la santa inviolabilità della vita concepita, io oggi desidero presentare a Cristo, il quale ha detto: “Sono venuto perché abbiano la vita”. Affinché questi esseri umani più piccoli, più deboli, più indifesi abbiano la vita, affinché questa vita non venga loro tolta prima che nascano, noi appunto a questo serviamo e serviremo in unione col Buon Pastore perché questa è una causa santa.

5. Servendo questa causa, serviamo l’uomo e serviamo la società, serviamo la patria. Il servizio all’uomo si manifesta non solo nel fatto che difendiamo la vita di un nascituro. Esso si manifesta contemporaneamente nel fatto che difendiamo le coscienze umane. Difendiamo la rettitudine della coscienza umana, perché chiami bene il bene e male il male, perché essa viva nella verità. Perché l’uomo viva nella verità, perché la società viva nella verità.

Quando Cristo dice: “Sono venuto perché abbiano la vita...” pensa anche, anzi soprattutto, a quella vita interiore dell’uomo che si manifesta nella voce della retta coscienza.

La Chiesa sempre ha ritenuto il servizio alla coscienza come il suo servizio essenziale: il servizio reso alla coscienza di tutti i suoi figli e figlie – ma anche alla coscienza di ogni uomo. Poiché l’uomo vive la vita degna dell’uomo quando segue la voce della retta coscienza e quando non permette di assordire in se stesso e di rendere insensibile questa coscienza.

Così servono gli uomini – proprio i più poveri e più bisognosi – tutti quegli uomini e quelle donne che, nel mondo, si dedicano alla difesa della vita, della vita dei corpi e delle anime: missionari e missionarie, suore, medici, infermieri, educatori, tecnici. Basti per tutti ricordare ancora, come a noi ben nota, madre Teresa di Calcutta, la cui voce in difesa della vita dei nascituri si alza non solo dall’India, ma anche dai diversi punti della terra. In Giappone, recentemente, ha detto: “Ogni bambino ucciso con l’aborto, è un indice di grande povertà, perché ogni vita umana è importante e ha un carattere speciale per Dio”.

Facendo tutto per salvare l’uomo dalla miseria materiale, madre Teresa – questo mirabile testimone della dignità dell’umanità – fa di tutto per difendere anche la sua coscienza dalla insensibilità e dalla morte spirituale.

Dopo il Regina Coeli

6. Cari fratelli e sorelle!


Eleviamo i nostri cuori nella preghiera alla Madre del Redentore, invitandola alla gioia pasquale, come ora facciamo in questo periodo. E contemporaneamente

Preghiamo la Madre più santa di tutte le madri –
per ogni madre su questa terra
e per ogni bambino nascituro nel suo seno.
Preghiamo per le madri la cui coscienza
è maggiormente minacciata
quando consente
che venga tolta la vita al suo bambino...
Cristo ha detto:
“La donna, quando partorisce è afflitta,
perché è giunta la sua ora;
ma quando ha dato alla luce il bambino,
non si ricorda più dell’afflizione
per la gioia che è venuto al mondo un uomo” (Gv 16, 21).
Preghiamo per una tale gioia della vita
anche se riscattata dalla sofferenza
e dalla lotta interiore.
Preghiamo per la gioia delle coscienze.
“perché abbiano la vita
e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10).

w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/angelus/1981/documents/hf_jp-ii_reg_19810...

gloria.tv/video/Em7aE4ks7N8H3yGTBYAzVTWRM







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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06/10/2017 08:28
 
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  • PAPA


Ideologia del gender è contro la vita




L'alleanza tra l'uomo e la donna per vincere la sfida epocale costituita dalle manipolazioni della vita grazie alla potenza delle biotecnologie. Così il Papa all'assemblea della Pontificia Accademia per la Vita.



Le «manipolazioni della vita» grazie alla «potenza delle biotecnologie» costituiscono una «sfida epocale». E per vincere questa sfida papa Francesco pone al centro «l’alleanza tra l’uomo e la donna», un'alleanza «sigillata dall’unione d’amore, personale e feconda, che segna la strada della trasmissione della vita attraverso il matrimonio e la famiglia».

E’ il cuore dell’intervento che Francesco ha tenuto ieri ai partecipanti alla XXIII assemblea generale dei membri della Pontificia Accademia per la Vita, guidata dal presidente monsignor Vincenzo Paglia. Contro «l’egolatria» che caratterizza i nostri tempi, in cui l’uomo appare sempre più ripiegato su sé stesso, incapace perfino di alzare gli occhi al Cielo, è «l’alleanza tra l’uomo e la donna» che deve divenire custode della vita e del creato. «L’uomo e la donna non sono chiamati soltanto a parlarsi d’amore, ma a parlarsi, con amore, di ciò che devono fare perché la convivenza umana si realizzi nella luce dell’amore di Dio per ogni creatura».

LA DIFFERENZA SESSUALE E’ UN PRINCIPIO NON NEGOZIABILE

In questa grande sfida affidata agli sposi e alle famiglie, la differenza tra maschio e femmina è «benedetta», vanno abbandonate, ha detto il Papa, «le forme di subordinazione che hanno tristemente segnato la storia delle donne». Ma per ripartire, per vincere la sfida epocale, occorre una «rinnovata cultura dell’identità e della differenza», la fluidità sessuale, che si può identificare nelle cosiddette teorie del gender, è l’ostacolo più imponente che si innalza di fronte al nuovo umanesimo che Francesco sembra indicare.

L’affondo su questo tema ieri è risuonato molto chiaro alle orecchie dei nuovi membri dell’accademia per la vita. «L’ipotesi recentemente avanzata di riaprire la strada per la dignità della persona neutralizzando radicalmente la differenza sessuale e, quindi, l’intesa dell’uomo e della donna, non è giusta», ha detto il Papa. «L’utopia del “neutro” rimuove ad un tempo sia la dignità umana della costituzione sessualmente differente, sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita. La manipolazione biologica e psichica della differenza sessuale, che la tecnologia biomedica lascia intravvedere come completamente disponibile alla scelta della libertà – mentre non lo è! –, rischia così di smantellare la fonte di energia che alimenta l’alleanza dell’uomo e della donna e la rende creativa e feconda».

ESSERE PRO LIFE

In consonanza con alcune recenti dichiarazioni del neo presidente dell’Accademia, monsignor Vincenzo Paglia, anche papa Francesco ha sottolineato l’importanza di una «passione per l’accompagnamento e la cura della vita, lungo l’intero arco della sua storia individuale e sociale». Non si è spinto a fornire gli esempi che Paglia ha, invece, dato in alcune recenti interviste, ossia includendo nella difesa della vita anche temi come la lotta contro la pena di morte, l’inquinamento ambientale, l’immigrazione e la guerra, ma ha certamente ribadito questo concetto “ampio” di difesa della vita.

Rivolgendosi alla rinnovata Accademia per la Vita, infatti, il Papa ha sottolineato come l’accompagnamento responsabile della vita umana va «dal suo concepimento e per tutto il suo corso sino alla fine naturale», indicando appunto un arco ampio di difesa della vita. Peraltro, sappiamo che fin dall’inizio del pontificato Francesco ha voluto prendere le distanze dai cosiddetti principi non negoziabili. «Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili», disse in un’intervista concessa al Corriere della sera. «I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra».

Le battaglie pro life quindi da questo punto di vista sembrano abbracciare un nuovo orizzonte, fermo restando il fatto, come ha detto lo stesso Francesco, che «l’alleanza generativa dell’uomo e della donna è un presidio per l’umanesimo planetario degli uomini e delle donne, non un handicap. La nostra storia non sarà rinnovata se rifiutiamo questa verità». La nostra storia quindi non ci sarà se le leggi civili non terranno in debito conto il valore della differenza sessuale, l’apertura alla vita dell’amore sponsale, la famiglia come cardine dell’educazione dei figli.



DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA GENERALE DEI MEMBRI 
DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA

Aula del Sinodo
Giovedì, 5 ottobre 2017

[Multimedia]



 

Eccellenza,
Illustri Signori e Signore
,

sono lieto di incontrarvi in occasione della vostra annuale Assemblea Plenaria e ringrazio Monsignor Paglia per il suo saluto e la sua introduzione. Vi sono grato per il contributo che offrite e che, col passare del tempo, rivela sempre meglio il suo valore sia nell’approfondimento delle conoscenze scientifiche, antropologiche ed etiche, sia nel servizio alla vita, in particolare nella cura della vita umana e del creato, nostra casa comune.

Il tema di questa vostra sessione: “Accompagnare la vita. Nuove responsabilità nell’era tecnologica”, è impegnativo e al tempo stesso necessario. Esso affronta l’intreccio di opportunità e criticità che interpella l’umanesimo planetario, in riferimento ai recenti sviluppi tecnologici delle scienze della vita. La potenza delle biotecnologie, che già ora consente manipolazioni della vita fino a ieri impensabili, pone questioni formidabili.

È urgente, perciò, intensificare lo studio e il confronto sugli effetti di tale evoluzione della società in senso tecnologico per articolare una sintesi antropologica che sia all’altezza di questa sfida epocale. L’area della vostra qualificata consulenza non può quindi essere limitata alla soluzione delle questioni poste da specifiche situazioni di conflitto etico, sociale o giuridico. L’ispirazione di condotte coerenti con la dignità della persona umana riguarda la teoria e la pratica della scienza e della tecnica nella loro impostazione complessiva in rapporto alla vita, al suo senso e al suo valore. E proprio in questa prospettiva desidero offrirvi oggi la mia riflessione.

1. La creatura umana sembra oggi trovarsi in uno speciale passaggio della propria storia che incrocia, in un contesto inedito, le antiche e sempre nuove domande sul senso della vita umana, sulla sua origine e sul suo destino.

Il tratto emblematico di questo passaggio può essere riconosciuto sinteticamente nel rapido diffondersi di una cultura ossessivamente centrata sulla sovranità dell’uomo — in quanto specie e in quanto individuo — rispetto alla realtà. C’è chi parla persino di egolatria, ossia di un vero e proprio culto dell’io, sul cui altare si sacrifica ogni cosa, compresi gli affetti più cari. Questa prospettiva non è innocua: essa plasma un soggetto che si guarda continuamente allo specchio, sino a diventare incapace di rivolgere gli occhi verso gli altri e il mondo. La diffusione di questo atteggiamento ha conseguenze gravissime per tutti gli affetti e i legami della vita (cfr Enc. Laudato si’, 48).

Non si tratta, naturalmente, di negare o di ridurre la legittimità dell’aspirazione individuale alla qualità della vita e l’importanza delle risorse economiche e dei mezzi tecnici che possono favorirla. Tuttavia, non può essere passato sotto silenzio lo spregiudicato materialismo che caratterizza l’alleanza tra l’economia e la tecnica, e che tratta la vita come risorsa da sfruttare o da scartare in funzione del potere e del profitto.

Purtroppo, uomini, donne e bambini di ogni parte del mondo sperimentano con amarezza e dolore le illusorie promesse di questo materialismo tecnocratico. Anche perché, in contraddizione con la propaganda di un benessere che si diffonderebbe automaticamente con l’ampliarsi del mercato, si allargano invece i territori della povertà e del conflitto, dello scarto e dell’abbandono, del risentimento e della disperazione. Un autentico progresso scientifico e tecnologico dovrebbe invece ispirare politiche più umane.

La fede cristiana ci spinge a riprendere l’iniziativa, respingendo ogni concessione alla nostalgia e al lamento. La Chiesa, del resto, ha una vasta tradizione di menti generose e illuminate, che hanno aperto strade per la scienza e la coscienza nella loro epoca. Il mondo ha bisogno di credenti che, con serietà e letizia, siano creativi e propositivi, umili e coraggiosi, risolutamente determinati a ricomporre la frattura tra le generazioni. Questa frattura interrompe la trasmissione della vita. Della giovinezza si esaltano gli entusiasmanti potenziali: ma chi li guida al compimento dell’età adulta? La condizione adulta è una vita capace di responsabilità e amore, sia verso la generazione futura, sia verso quella passata. La vita dei padri e delle madri in età avanzata si aspetta di essere onorata per quello che ha generosamente dato, non di essere scartata per quello che non ha più.

2. La fonte di ispirazione per questa ripresa di iniziativa, ancora una volta, è la Parola di Dio, che illumina l’origine della vita e il suo destino.

Una teologia della Creazione e della Redenzione che sappia tradursi nelle parole e nei gesti dell’amore per ogni vita e per tutta la vita, appare oggi più che mai necessaria per accompagnare il cammino della Chiesa nel mondo che ora abitiamo. L’Enciclica Laudato si’ è come un manifesto di questa ripresa dello sguardo di Dio e dell’uomo sul mondo, a partire dal grande racconto di rivelazione che ci viene offerto nei primi capitoli del Libro della Genesi. Esso dice che ognuno di noi è una creatura voluta e amata da Dio per sé stessa, non solamente un assemblaggio di cellule ben organizzate e selezionate nel corso dell’evoluzione della vita. L’intera creazione è come inscritta nello speciale amore di Dio per la creatura umana, che si estende a tutte le generazioni delle madri, dei padri e dei loro figli.

La benedizione divina dell’origine e la promessa di un destino eterno, che sono il fondamento della dignità di ogni vita, sono di tutti e per tutti. Gli uomini, le donne, i bambini della terra – di questo sono fatti i popoli – sono la vita del mondo che Dio ama e vuole portare in salvo, senza escludere nessuno.

Il racconto biblico della Creazione va riletto sempre di nuovo, per apprezzare tutta l’ampiezza e la profondità del gesto dell’amore di Dio che affida all’alleanza dell’uomo e della donna il creato e la storia.

Questa alleanza è certamente sigillata dall’unione d’amore, personale e feconda, che segna la strada della trasmissione della vita attraverso il matrimonio e la famiglia. Essa, però, va ben oltre questo sigillo. L’alleanza dell’uomo e della donna è chiamata a prendere nelle sue mani la regia dell’intera società. Questo è un invito alla responsabilità per il mondo, nella cultura e nella politica, nel lavoro e nell'economia; e anche nella Chiesa. Non si tratta semplicemente di pari opportunità o di riconoscimento reciproco. Si tratta soprattutto di intesa degli uomini e delle donne sul senso della vita e sul cammino dei popoli. L’uomo e la donna non sono chiamati soltanto a parlarsi d’amore, ma a parlarsi, con amore, di ciò che devono fare perché la convivenza umana si realizzi nella luce dell’amore di Dio per ogni creatura. Parlarsi e allearsi, perché nessuno dei due – né l’uomo da solo, né la donna da sola – è in grado di assumersi questa responsabilità. Insieme sono stati creati, nella loro differenza benedetta; insieme hanno peccato, per la loro presunzione di sostituirsi a Dio; insieme, con la grazia di Cristo, ritornano al cospetto di Dio, per onorare la cura del mondo e della storia che Egli ha loro affidato.

3. Insomma, è una vera e propria rivoluzione culturale quella che sta all’orizzonte della storia di questo tempo. E la Chiesa, per prima, deve fare la sua parte.

In tale prospettiva, si tratta anzitutto di riconoscere onestamente i ritardi e le mancanze. Le forme di subordinazione che hanno tristemente segnato la storia delle donne vanno definitivamente abbandonate. Un nuovo inizio dev’essere scritto nell’ethos dei popoli, e questo può farlo una rinnovata cultura dell’identità e della differenza. L’ipotesi recentemente avanzata di riaprire la strada per la dignità della persona neutralizzando radicalmente la differenza sessuale e, quindi, l’intesa dell’uomo e della donna, non è giusta. Invece di contrastare le interpretazioni negative della differenza sessuale, che mortificano la sua irriducibile valenza per la dignità umana, si vuole cancellare di fatto tale differenza, proponendo tecniche e pratiche che la rendano irrilevante per lo sviluppo della persona e per le relazioni umane. Ma l’utopia del “neutro” rimuove ad un tempo sia la dignità umana della costituzione sessualmente differente, sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita. La manipolazione biologica e psichica della differenza sessuale, che la tecnologia biomedica lascia intravvedere come completamente disponibile alla scelta della libertà – mentre non lo è! –, rischia così di smantellare la fonte di energia che alimenta l’alleanza dell’uomo e della donna e la rende creativa e feconda.

Il misterioso legame della creazione del mondo con la generazione del Figlio, che si rivela nel farsi uomo del Figlio nel grembo di Maria – Madre di Gesù, Madre di Dio – per amore nostro, non finirà mai di lasciarci stupefatti e commossi. Questa rivelazione illumina definitivamente il mistero dell’essere e il senso della vita. L'immagine della generazione irradia, a partire da qui, una sapienza profonda riguardo alla vita. In quanto è ricevuta come un dono, la vita si esalta nel dono: generarla ci rigenera, spenderla ci arricchisce.

Occorre raccogliere la sfida posta dalla intimidazione esercitata nei confronti della generazione della vita umana, quasi fosse una mortificazione della donna e una minaccia per il benessere collettivo.

L’alleanza generativa dell’uomo e della donna è un presidio per l’umanesimo planetario degli uomini e delle donne, non un handicap. La nostra storia non sarà rinnovata se rifiutiamo questa verità.

4. La passione per l’accompagnamento e la cura della vita, lungo l’intero arco della sua storia individuale e sociale, chiede la riabilitazione di un ethos della compassione o della tenerezza per la generazione e rigenerazione dell’umano nella sua differenza.

Si tratta, anzitutto, di ritrovare sensibilità per le diverse età della vita, in particolare per quelle dei bambini e degli anziani. Tutto ciò che in esse è delicato e fragile, vulnerabile e corruttibile, non è una faccenda che debba riguardare esclusivamente la medicina e il benessere. Ci sono in gioco parti dell’anima e della sensibilità umana che chiedono di essere ascoltate e riconosciute, custodite e apprezzate, dai singoli come dalla comunità. Una società nella quale tutto questo può essere soltanto comprato e venduto, burocraticamente regolato e tecnicamente predisposto, è una società che ha già perso il senso della vita. Non lo trasmetterà ai figli piccoli, non lo riconoscerà nei genitori anziani. Ecco perché, quasi senza rendercene conto, ormai edifichiamo città sempre più ostili ai bambini e comunità sempre più inospitali per gli anziani, con muri senza né porte né finestre: dovrebbero proteggere, in realtà soffocano.

La testimonianza della fede nella misericordia di Dio, che affina e compie ogni giustizia, è condizione essenziale per la circolazione della vera compassione fra le diverse generazioni. Senza di essa, la cultura della città secolare non ha alcuna possibilità di resistere all’anestesia e all’avvilimento dell’umanesimo.

E’ in questo nuovo orizzonte che vedo collocata la missione della rinnovata Pontificia Accademia per la Vita. Comprendo che è difficile, ma è anche entusiasmante. Sono certo che non mancano uomini e donne di buona volontà, come anche studiose e studiosi, di diverso orientamento quanto alla religione e con diverse visioni antropologiche ed etiche del mondo, che condividono la necessità di riportare una più autentica sapienza della vita all’attenzione dei popoli, in vista del bene comune. Un dialogo aperto e fecondo può e deve essere instaurato con i molti che hanno a cuore la ricerca di ragioni valide per la vita dell’uomo.

Il Papa, e la Chiesa tutta, vi sono grati per l’impegno che vi accingete ad onorare. L’accompagnamento responsabile della vita umana, dal suo concepimento e per tutto il suo corso sino alla fine naturale è lavoro di discernimento e intelligenza d’amore per uomini e donne liberi e appassionati, e per pastori non mercenari. Dio benedica il vostro proposito di sostenerli con la scienza e la coscienza di cui siete capaci. Grazie, e non dimenticatevi di pregare per me.


[Modificato da Caterina63 06/10/2017 08:43]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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