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Interessante analisi sul Concilio da parte della FSSPX

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2018 23:27
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09/03/2011 10:44
 
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QUELLO CHE DICIAMO SUL VATICANO II

Un concilio semplicemente pastorale…ma largamente enfatizzato

Se non abbiamo mai affermato che il Vaticano II sia la causa unica della crisi attuale, né un concilio illegittimo per principio, è chiaro che a suo riguardo facciamo delle critiche: esse sono pubbliche e costanti da quarant’anni. Per cominciare con un’osservazione semplicissima, occorre sottolineare il fatto che la coscienza della Chiesa oggi è occupata, obnubilata dal riferimento unico ed invadente al Vaticano II. Se, come ci dicono, questo concilio è un concilio come gli altri, in continuità con gli altri; se, come ci ripetono in tutti i modi, questo concilio non ha cambiato niente di essenziale, ed era nuova solo la maniera di dirlo; se, come proclama la dottrina ufficiale, si tratta di un concilio pastorale e non dottrinale, allora bisogna rimettere il concilio Vaticano II al suo posto, che è assai modesto. Gli uomini di Chiesa devono smettere di vivere solo del e per il Vaticano II.

Un concilio semplicemente pastorale

Questo ventunesimo concilio ecumenico, in effetti, è atipico: non s’inscrive nella semplice continuità dei concili precedenti, per volontà espressa del suo promotore, papa Giovanni XXIII, che l’ha concepito in modo del tutto particolare come un “ concilio pastorale ”. Certo, ogni concilio è pastorale perché è dottrinale, è dottrinale per meglio essere pastorale. Ma nel caso del Vaticano II, è stato affermato che fosse “ pastorale ” in senso nuovo, perché non voleva né doveva essere “ dottrinale ”. Giovanni XXIII lo precisa nettamente nel suo discorso inaugurale, l’11 ottobre 1962, che darà il tono ai lavori del Vaticano II. Inizia con dichiarare a questo riguardo: “ Il nostro lavoro non consiste neppure, come scopo primario, nel discutere alcuni dei principali temi della dottrina cristiana ”, perché per questo, afferma, “ non ci sarebbe bisogno di riunire un concilio ecumenico ”. “Occorre, prosegue, che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. Va data grande importanza a questo metodo e, se è necessario, applicato con pazienza; si dovrà cioè adottare quella forma di esposizione che più corrisponda al magistero, la cui indole è prevalentemente pastorale. ”.

Abbiamo appena citato la versione italiana del discorso; la versione latina, un po’ diversa ( ma Giovanni XXIII ha usato due formule in due momenti differenti), dice: “ Si dovrà ricorrere a un modo di presentare che corrisponda meglio ad un insegnamento di carattere soprattutto pastorale ”. Questa scelta pastorale è stata mantenuta per tutto il Concilio. Inaugurando la seconda sessione, il 29 settembre 1963, il nuovo papa Paolo VI ricordava “ lo scopo più urgente e di natura attualmente più benefica del Concilio, lo scopo pastorale ”. Il 4 dicembre 1963, per la chiusura della seconda sessione, egli sottolineava che i Padri non avevano “ mai perso di vista l’orientamento pastorale di quel concilio ”. Il 7 dicembre 1965, concludeva : “ Il motivo dell’interesse preponderante dato dal Concilio ai valori umani e temporali risiede nel carattere pastorale che il Concilio ha voluto e di cui ha fatto in qualche modo il suo programma ”.

Un concilio che evita di porsi sul piano dogmatico

Tale designazione del Vaticano II come “ concilio pastorale ”(e non concilio e basta) esprime la ferma volontà di evitare di porsi sul piano propriamente dogmatico. Le dichiarazioni a riguardo sono estremamente chiare. Giovanni XXIII dichiara dunque l’11 ottobre 1962: “ Il nostro lavoro non consiste neppure, come scopo primario, nel discutere alcuni dei principali temi della dottrina cristiana ”. Il 6 marzo 1964, poi il 16 novembre 1964, il Segretario generale del Concilio legge una dichiarazione ufficiale della Commissione dottrinale, concernente la qualificazione teologica del Vaticano II: “ Tenuto conto dell’uso dei concili e dello scopo pastorale del concilio attuale, quest’ultimo non definisce come dovente essere ritenuto dalla Chiesa che i soli punti concernenti la fede e i costumi che avrà chiaramente dichiarati come tali ”. Il 7 dicembre 1965, Paolo VI ripete che, nel Concilio, “ il magistero della Chiesa non ha voluto pronunciarsi sotto forma di sentenze dogmatiche straordinarie ”. Il 12 gennaio 1966, insiste: “ Dato il suo carattere pastorale, il Concilio ha evitato di pronunciare in modo straordinario dei dogmi dotati del carattere d’infallibilità ”.
In un discorso pronunciato il 13 luglio 1988 davanti ai vescovi del Cile e facendo il punto sulle consacrazioni fatte da Mons. Lefebvre, il cardinale Ratzinger, futuro Benedetto XVI, ha riassunto la scelta fatta dal Vaticano II nel seguente modo: “ La verità è che il Concilio stesso non ha definito alcun dogma ed ha tenuto a situarsi su un livello più modesto, semplicemente come un concilio pastorale ”. E in una lettera aperta a Benedetto XVI pubblicata in Témoignage chrétien (26 ottobre 2006) di Mons. Jacques Noyer per protestare contro il progetto di un Motu proprio sulla messa tradizionale, il vecchio vescovo di Amiens scriveva queste parole precise:
“ Se il concilio Vaticano II ha tanto segnato la Chiesa contemporanea, è perché fu pastorale e non dottrinale ”.

Eppure, un concilio largamente enfatizzato fin dalla sua chiusura

Ora, questo concilio pastorale, semplicemente pastorale, che dovrebbe quindi avere un posto relativamente modesto nella storia e nella vita della Chiesa, è stato largamente enfatizzato. Innanzitutto, i suoi promotori non hanno esitato a proclamare che quel concilio pastorale apriva una nuova era della storia della Chiesa, che avrebbe visto il trionfo di quest’ultima. Giovanni XXIII reputava che il Vaticano II sarebbe stato una “ nuova Pentecoste ”, che avrebbe comportato “ un nuovo passo avanti del regno di Cristo nel mondo ”.
Aprendo la seconda sessione, Paolo VI dichiarava che il Concilio sarebbe stato “ il risveglio primaverile d’immense energie spirituali e morali che sono come latenti in seno alla Chiesa ”.
 E chiudendo l’ultima sessione, salutava “ quel rinnovamento di pensiero, d’azione, di costumi, di forza morale, di gioia e di speranza che è stato lo scopo stesso del Concilio ”.

Poi, dopo la chiusura del Vaticano II, c’è stato un vero diluvio di riferimenti a questo concilio semplicemente pastorale. Sarebbe possibile rilevare, nei testi pontifici degli ultimi quarant’anni, parecchie decine di migliaia di citazioni del Concilio. Per fare solo un esempio, il Catechismo della Chiesa cattolica, pubblicato nel 1992, comporta più di 800 citazioni del Vaticano II, mentre i venti concili specificatamente dottrinali che l’hanno preceduto hanno diritto a sole 200 menzioni.
Per capire lo strano carattere di tale “ citazionismo ”, basta fare un paragone col Catechismo romano o Catechismo del concilio di Trento, pubblicato nel 1566.
 Questo era successivo al concilio di Trento, concilio dogmatico d’importanza eccezionale, che ha trattato molti argomenti ripresi in quel catechismo di cui ha d’altronde richiesto espressamente la pubblicazione. Ora il concilio di Trento è citato meno di quindici volte nel catechismo che ne prende il nome. Infine, per andare fino in fondo a questa enfatizzazione di un concilio semplicemente pastorale, papa Paolo VI, il 29 giugno 1975, in una lettera ufficiale a Mons. Lefebvre, ha finito con l’usare queste parole significative: “ Il secondo concilio del Vaticano non ha minore autorità, sotto certi aspetti è perfino più importante di quello di Nicea ”. Che il Vaticano II sia considerato come più importante del concilio che ha definito il dogma della divinità di Cristo significa che quel concilio semplicemente pastorale è surrettiziamente diventato il principale riferimento dottrinale della Chiesa.

Un posto veramente sproporzionato

Noi diciamo, e abbiamo sempre detto, che indipendentemente dal suo contenuto, il Vaticano II, concilio semplicemente pastorale secondo le dichiarazioni più formali dei suoi promotori, oggi rappresenta un problema nella vita della Chiesa per il posto del tutto smisurato e sproporzionato che gli è attribuito, a scapito degli altri venti concili ecumenici che sono, invece, “ concili dottrinali ”. Allo stesso modo, il ricorso costante ed esclusivo al Vaticano II ha fatto cadere nel dimenticatoio gli insegnamenti pontifici dei due secoli che l’hanno preceduto, insegnamenti che tuttavia costituiscono un ricchissimo patrimonio dottrinale e pastorale, di cui la Chiesa avrebbe oggi un grande bisogno.

- continua -

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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