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Le verità fondamentali di «Pinocchio» spiegate dal cardinale Giacomo Biffi

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2020 22:56
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03/05/2012 12:12
 
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6. IL GRILLO PARLANTE

La storia di Pinocchio col Grillo parlante, dove si vede come i ragazzi cattivi hanno a noia di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro.

 

Tocchiamo un punto delicato della vita dell’uomo: la sua coscienza morale. La quale, come il Grillo, richiama al bene, ma può essere anche soffocata “con un colpo di martello”.

Sappiamo come vanno queste cose: Pinocchio, scappato di casa come il figliol prodigo, si sente uccel di bosco:

nella furia di correre saltava greppi altissimi, siepi di pruni e fossi pieni d’acqua, tale e quale come avrebbe potuto fare un capretto o un leprottino inseguito dai cacciatori.

“Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto” (Lc 15,13).

Venuta la sera, rientrato nella casa, vuota perché Geppetto era in prigione, cominciò a sentire una voce:

Io sono il Grillo parlante e abito in questa stanza da più di cent’anni.

Si sa che l’imperativo morale traduce una norma eterna, perché è espressione della nostra natura, e quindi del suo progettista che è Dio.

La coscienza è appunto il giudizio che commisura l’atto che compio con la “verità”, per pesarne il valore; essa mi dice con forza: guarda che questo è il tuo bene, compilo! Guarda che questo è il tuo male, evitalo!

Pinocchio risponde:

Oggi questa stanza è mia... e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito.

C’è gente che non ammette altro Dio all’infuori di sé e non accetta di confrontarsi con un dato oggettivo che preceda la propria libertà, e dice: “Io seguo la mia coscienza!”. Certo, fai bene a seguire la tua coscienza, ma quando essa è eco fedele della legge di Dio, quando cioè è vera, non sbagliata! Se tu dici: bevo quel bicchiere di roba perché ho sete, e non sai che è veleno, crepi, ... anche se in buona “coscienza”!

E’ veramente un disturbatore tremendo questo Grillo parlante! Se si potesse farlo tacere un po’, addomesticarlo, metterlo in una gabbietta sul balcone di casa così da disturbare i vicini e non noi..., saremmo tutti contenti! Si fa pure così con la coscienza: ci si distrae, la si soffoca con mille sciocchezze, la si accontenta col tagliare i panni addosso agli altri...; e, quando proprio non tace, si arriva alla decisione di dichiararla “alienazione”, “sovrastruttura”, “tabù”... appunto con il solito “martello” di legno che ormai è alla portata di tutti. Oggi poi ci sono ottimi imbonitori che, per evitare gli stress, ammanniscono ottimi pretesti anche pseudoscientifici pur di tacitare la coscienza.

Perché ci infastidisce la coscienza? Il burattino ha chiaro il suo programma di vita:

Mangiare, bere, dormire, fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo, correre dietro alle farfalle, salire sugli alberi, prendere gli uccellini di nido.

Forse il dramma dell’uomo nel rapporto con Dio sta proprio qui: nella sua fantasiosa grandezza di Padre, Dio ci ha assegnato un destino troppo alto per la nostra statura e il nostro piccolo cuore. “Noi ci saremmo accontentati di tre locali più servizi, mentre Dio ci prepara le eterne praterie del cielo”. Dio ha commesso lo sbaglio di voler far “sedere alla sua destra” quest’uomo, cui invece piace stare a starnazzare nelle paludi di questa terra da cui è stato tratto...!

Il TROPPO di Dio ci spaventa; ma è l’unica umanità che ci è ora possibile vivere, dacché l’uomo è stato creato più che uomo. Voler essere meno di figlio di Dio e suo erede, significa essere meno che uomo!

Sarà la vicenda stessa di Pinocchio: o divenire più che burattino e, con un salto di natura, divenire uomo, figlio di Geppetto; o fare come

Lucignolo: scendere uno scalino nella scala dell’essere, diventare un ... asinello, un animale! Come capita, a volte, di... constatare!

7. COMINCIO’ A FARSI NOTTE

Pinocchio ha fame e cerca un uovo per farsi una frittata, ma sul più bello la frittata gli vola via dalla finestra

 

Gli sembrava di aver toccato il cielo col dito, libero com’era dal padre e avendo fatto tacere anche la coscienza. Ed ecco farsi notte, sentirsi solo, affamato: avere paura! Spente le luci della ribalta esaltante, perso il luccichio falso della vita superficiale, viene per tutti il momento della verità. Ci si trova soli con se stessi: invece che padroni del mondo... molto spesso - come Pinocchio - ci si sente solo dei pezzi di legno!

Ci capitano allora almeno tre cose strane:

1. La delusione del “vuoto”. Pinocchio si guarda in giro affamato e scorge sul camino una pentola tutta in bollore: meno male! Ma...

la pentola era dipinta sul muro! Immaginatevi come restò!

Capita così anche a noi: credevamo saziante quel traguardo di piacere... e subito ci lascia la bocca amara. Tanto eccitante era quell’esperienza, quanto presto giunge l’inedia; tanto era appetibile quel “peccato”, quanto.. “succhiare un turacciolo”!

Del resto, solo l’esperienza della “vanità” delle cose ci può rendere più liberi, umoristi, distaccati e veri. La convinzione che “passa la scena di questo mondo” (1Cor 7,31) è la premessa indispensabile per aprirsi alla fede!

 

2. La rassegnazione “esistenziale”. Pinocchio, affamato, cerca qualunque cosa possa placare la sua fame:

gli avanzi di un po’ di pane, magari di un po’ di pane secco, d’un crosterello, d’un osso avanzato al cane, d’un po’ di polenta muffita, di una lisca di pesce, d’un nocciolo di ciliegia, insomma di qualche cosa da masticare.

Del figliol prodigo è detto: era talmente affamato che “avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava” (Lc 15,16). L’uomo, così schizzinoso con Dio, diventa poi di bocca buona di fronte ai suoi idoli irrazionali e ridicoli. “Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono...” (Sal 115,5). E’ quanto succede anche oggi: chi ha abbandonato la razionalità e l’umanesimo plenario cristiano lo si vede finire in forme di irrazionalità magica e superstiziosa che abbrutiscono l’uomo, lo rendono schiavo e lo conducono fino.. al suicidio collettivo!

Il risultato finale è la disperazione del nulla e dell’assurdo, come ci insegnavano Sartre e Moravia.

Non trovò nulla, il gran nulla, proprio nulla!

O Dio o il nulla: l’eterno dilemma dell’uomo!

 

3. La “ribellione delle cose”. Finalmente Pinocchio, nella spazzatura, trova un uovo: è tutta la ricchezza rimastagli e il segno della sua vagheggiata signoria sulle cose. Ma ecco lo sberleffo: dall’uovo salta fuori un pulcino tutto allegro e complimentoso, che, fatta una bella riverenza, infila la finestra e se ne va!

L’uomo è nato per servire Dio e regnare sull’universo: se rifiuta il servizio, perde anche il regno! Se l’uomo si ribella a Dio, le cose si ribellano all’uomo. Non è più il re del creato. E’ cacciato dal giardino di Eden. La terra produrrà “spine e cardi” (Gen 3,18). La Bibbia parla chiaro. Dà conferma anche la nostra esperienza odierna: gli sperperi e i disastri ecologici sono il risultato dell’insensata tirannia della tecnica senza amore e senza sapienza, di una cultura atea, che si sente padrona assoluta delle cose. Il creato invece è un dono di Dio perché l’uomo ne goda, rispettandone finalità e leggi.

Per fortuna la notte... porta consiglio: dal profondo della miseria umana parte il grido della liberazione e della salvezza, il cui primo passo è il pentimento. Dice Pinocchio:

Il Grillo parlante aveva ragione. Ho fatto male a rivoltarmi al mio babbo e a fuggire di casa...! Se non fossi scappato di casa e se il mio babbo fosse qui, ora non mi troverei a morire di fame!

Scrive ancora Luca del figliol prodigo: “Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io invece qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te ...” (Lc 15,17-18).

E’ sempre grande la notte di ogni “Innominato”!

 

8. QUALCUNO BUSSO’ ALLA PORTA

Pinocchio si addormenta coi piedi sul caldano e la mattina dopo si sveglia coi piedi tutti bruciati

 

Notte oscura nel cuore, per Pinocchio, notte tremenda, fuori!

Una nottaccia d’inverno, con un ventaccio freddo e strapazzone!

Cercava qualcosa o qualcuno con cui condividere la sua desolata solitudine, la sua disperata miseria e la sua fame! Ma ...: trovò tutto buio e tutto deserto.

Le botteghe erano chiuse; le porte di casa chiuse; le finestre chiuse; e nella strada nemmeno un cane. Pareva il paese dei morti.

Anzi, sotto una finestra, cui aveva invocato aiuto, si vide rovesciar giù una enorme catinella d’acqua, come se fosse un vaso di geranio appassito.

 

Un mondo senza Dio è delusione e ostilità! E’ storia iniziata da Adamo, continuata da Caino, al quale fu detto: “Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti; ramingo e fuggiasco sarai sulla terra” (Gen 4,11-12). Storia consumata dai diversi caini che a ogni stagione seminano discordie, guerre e violenze!

Non è tutto. Pinocchio rientrato in casa si pone a dormire coi piedi appoggiati sopra un caldano pieno di brace accesa.

E i piedi, che erano di legno, gli presero fuoco e adagio adagio gli si carbonizzarono e diventarono cenere.

 

Il peccato, se ci distacca da Dio (Geppetto in prigione!), se ci abbandona alla nostra solitudine arrabbiata (ucciso il Grillo parlante!), se ci rende ostili le cose e la natura (la pentola pitturata e...l’uovo divenuto pulcino!); se ci inimica con gli uomini (la catinella d’acqua),... ferisce poi anche profondamente le nostre interiori possibilità, tanto da renderci incapaci ormai di “camminare con le nostre gambe”.

L’esperienza ammaestra: c’è un groviglio di sentimenti dentro di noi fatto di buone intenzioni e di tendenze perverse, un impasto di bene e di male, che spesso diviene inestricabile e insolubile. E’ come una “tara” congenita, che sentiamo pesarci ogni giorno: un interiore squilibrio per cui, pur volendo il bene, ci troviamo di aver fatto il male; pur godendo dello spirito, ci ingolfiamo volentieri nella materia.

Scrive san Paolo: “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quel che detesto... C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; ...quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge del peccato che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?” (Rm 7,15-24).

Siamo come una sorgente inquinata dalla quale, spontaneamente, pullula assieme a un po’ di bene tanto male! In sostanza: l’uomo con le sue sole capacità - se si chiude e rifiuta ogni altra grazia di Dio - non riesce a vivere a lungo onestamente; non sa resistere al male e compiere il bene: essere onesto, giusto, solidale, aperto al suo vero destino...! Cioè.. all’altezza di essere quel che dovrebbe essere!

Dice il Concilio: “Il peccato è... una diminuzione per l’uomo stesso, impedendogli di conseguire la propria pienezza” (GS 13). I teologi dicono: “vulneratus in naturalibus”, cioè ferito nelle sue capacità di natura. Da qui l’universalità e ineluttabilità del male.

Per di più, l’uomo vive con l’incosciente ingenuità (o supponenza!) di credersi sano. Illuminismo e materialismo, mentalità radicale e borghese - ieri e soprattutto oggi - poggiano tutta la salvezza sulla capacità di riscatto esclusivo dell’uomo, sognando un paradiso terrestre fatto o rifatto solo con le proprie mani. Non ci si accorge che questo tipo di umanesimo immanente è troppo ottimistico e ingenuo... da far acqua da tutte le parti!

Pinocchio seguitava a dormire e a russare, come se i suoi piedi fossero quelli di un altro.

Finché... sentì bussare e si svegliò! Perché la salvezza non può venire che da un Altro!

Sono io, rispose una voce!

“Io sono (cioè JHWH)”, dice la voce del roveto ardente a Mosè (Es 3,14). Sono io, dice Geppetto al burattino perduto! E’ la voce del Padre che viene a cercarci, lasciando le novantanove pecore al sicuro, per andare dietro a quella smarrita (Lc 15,4).

E’ sempre di Dio l’iniziativa di salvezza, anche quando l’uomo s’addormenta o si rassegna nel suo destino di morte. Sempre per pura gratuità e misericordia. “Mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi... Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5 6-8).

Percepire questa presenza è l’inizio della risurrezione: “Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò a lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).

 

9. SENTI’ INTENERIRSI...

Geppetto torna a casa e gli dà la colazione che il pover’uomo aveva portato per sé

 

Dall’esperienza della propria miseria al bisogno di salvezza il passo è breve. Può essere anche un passo verso la disperazione, se ci si accorge della propria incapacità a raggiungerla.

Il povero Pinocchio appena sentì la voce di suo padre, schizzò giù dallo sgabello per correre a tirare il paletto della porta; ma invece, dopo due o tre traballoni, cadde di picchio tutto lungo disteso sul pavimento. “Aprimi!”, gridava Geppetto dalla strada. “Babbo mio, non posso”, rispondeva il burattino piangendo e ruzzolandosi per terra. “Oh! povero me! povero me, che mi toccherà a camminare coi ginocchi per tutta la vita!”.

 

E’ questo il punto più profondo della miseria umana: l’uomo sente in sé un bisogno naturale di Dio, una sete d’infinito, spesso mascherata dal tumulto di altre voglie. Questo richiamo e anelito nascono da una profonda connaturalità con Dio di cui è immagine. Questa aspirazione alla totalità è la ragione ultima della incontentabilità e insoddisfazione dell’uomo. Chiamandolo “figlio” all’atto della creazione, la voce paterna di Dio gli si è profondamente confitta nel cuore e ne sente profonda nostalgia. Appena c’è un segnale - anche se spurio, come capita sempre più oggi! - subito rizza le orecchie e il cuore si muove..., vorrebbe!

Ma rimane subito bloccato. Attingere a Dio gli pare un sentimento fantastico, un’aspirazione senza possibile oggetto, ...un’emotività non razionale! Allora si ritrae scoraggiato, e, tra i più lucidi, disperato, perché sente l’assurdità di aspirare a cose ..irraggiungibili e impossibili alle sole sue capacità umane.

Un tipo come Leopardi concluderebbe così: faceva meglio maestro Ciliegia a destinare al caminetto questo pezzo di legno! Meglio non essere mai nati ...! Per fortuna pochi arrivano alla tragica lucidità di Leopardi.

Dio conosce bene la nostra drammatica condizione perché ha provato la fatica di essere uomo. Sa quale rovina abbia prodotto quella breve corsa di libertà sfrenata per i campi, fatta da Pinocchio, il burattino ribelle, l’Adamo di sempre.

Dio è come Geppetto, di fronte alla sua creatura ribelle e ostinata ma sempre frutto delle sue mani e del suo amore,... sentì intenerirsi, e presolo subito al collo, si dette a baciarlo e a fargli mille carezze.

Siamo davanti alla sorpresa di un Dio che si fa tenero, misericordioso e che si commuove: “Non è forse Efraim un figlio caro per me, un mio fanciullo prediletto?... Per questo le mie viscere si commuovono per lui, provo per lui profonda tenerezza. Oracolo del Signore” (Ger 31,20). Se sorprende la creazione, più sorprendente è la redenzione di fronte all’assurdità del rifiuto dell’uomo. Quasi una rivincita, regale e munifica, quella di Dio. “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”, dice san Paolo (Rm 5,20).

Non l’avesse mai fatto! Subito l’uomo alza il becco: è abituato a vedere ogni manifestazione di bontà come un’abdicazione.

Pinocchio è tormentato da una gran fame, una fame da lupi. Ci aspetteremmo che si accontenti di tutto. Invece no! Accetta le pere da Geppetto, ma gli pone delle condizioni:

Se volete che le mangi, fatemi il piacere di sbucciarle.

Fa il “figlio di papà” grasso e schifato. Spesso l’uomo, di bocca buona con tutti, diventa stranamente sospettoso di fronte al dono di Dio.

Eppure ne è l’unico veramente disinteressato. Dev’essere brutto anche fare il mestiere di Dio con uomini così orgogliosi! Vien da pensare che l’uomo, anche quando entrerà in paradiso, farà lo sdegnoso, con l’aria di aver già visto di meglio al suo paese.




[SM=g1740771] continua....
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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