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Le verità fondamentali di «Pinocchio» spiegate dal cardinale Giacomo Biffi

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2020 22:56
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03/05/2012 12:14
 
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10. UN VESTITINO DI CARTA FIORITA

Geppetto rifà i piedi di Pinocchio e vende la propria casacca per comprargli l’abbecedario

 

Placata la fame, Pinocchio cominciò subito a bofonchiare e a piangere, perché voleva un paio di piedi nuovi. Geppetto lo lasciò piangere e disperarsi per mezza giornata. Solo alla fine lo esaudì, regalandogli due piedini svelti, asciutti e nervosi.

I silenzi di Dio sono tremendi! Sembra abbandonarci alla nostra miseria, per farci cogliere e acutizzare il bisogno di lui. La mano forte del Padre corregge e usa una pedagogia robusta: anche Gesù “offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì” (Eb 5,7-8). Certo la “giustificazione”, cioè il perdono, è gratuita. Ma... quanto poi la dobbiamo “pagare”! Dio vuole unire la nostra parte di croce a quella di Cristo, come “corredenzione”. Dio ci purifica per “spremere” un amore e una fiducia piena in Lui: “Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo” (Ap 3,19). O anche: “Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto” (Gv 15,2).

Poi Geppetto gli confezionò un vestituccio di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza d’albero e un berrettino di midolla di pane.

Dopo la colpa di Adamo e in attesa della redenzione - sta scritto - “Dio fece all’uomo e alla donna delle tuniche di pelle e li vestì” (Gen 3,21). Non potendo ancora rivestirlo di Cristo e della “veste nuziale”, gli fa indossare questi abiti provvisori, che sono i grandi doni naturali offerti all’uomo come anticipo e preparazione al dono della figliazione divina, della “grazia”. Sono il primo soccorso all’uomo decaduto perché possa sopportare, in una terra ostile, una vita difficile, che facilmente può giungere alla disperazione allorquando scopre la sua precarietà ...!

Essi sono:

- la sana capacità di ragionare, senza fanatismi, poi assunta e dilatata dal dono della fede;

- l’amore tra l’uomo e la donna, stabile e sereno, rafforzato poi dalla grazia del sacramento del matrimonio;

- l’amicizia che conforta e unisce gli uomini, in attesa del dono della carità;

- il sano ed equilibrato piacere della mensa e dei sensi, in attesa del “vino nuovo” nel regno dei cieli e della risurrezione della carne;

- il gusto del bello e la delizia della natura, in attesa di gustare la bellezza stessa di Dio e del suo amore per noi come ce lo rivelerà poi Cristo;

- la norma etica e le leggi basate sulla retta coscienza, in attesa del dono dello Spirito santo, vera e definitiva legge del cristiano;

- l’autorità e il buon governo che danno sicurezza e libertà per lo sviluppo di ognuno. Spesso pesano, ma guai se mancassero o fossero troppo deboli! Nell’attesa che tutti riconoscano un solo Signore e gli obbediscano, creando così una nuova e più profonda solidarietà.

Sono “tuniche di pelle” preziose per l’uomo. Costituiscono quella “sana natura” sulla quale può inerire la “grazia”. Non vanno perciò disprezzate per malsano ascetismo o per balordo “antiborghesismo”! La Chiesa ha sempre condannato movimenti integristi. Spesso il troppo angelismo collima (o si rovescia) con la peggior perversione. Dai “digiunatori” dell’epoca Gesù fu accusato di essere “un mangione e un beone”. Il suo equilibrio dice tutta la preziosità di una sana stima dei valori umani, compresi quelli del corpo. Un vero “cristianesimo umano”.

C’è anche il rischio di credere questi beni come definitivi, dar loro maggior valore di quello che meritano. Il troppo attaccamento a questi può soffocare aspirazioni più alte: l’anelito a diventare niente di meno che eredi stessi di Dio. Il pericolo è la tendenza all’eccessivo “orizzontalismo”, all’interno e al secolarismo, all’esterno!

“A proposito - soggiunse il burattino - per andare a scuola mi manca sempre qualcosa: l’Abbecedario”. Geppetto uscì a vendere la casacca; quando tornò il pover’uomo era in maniche di camicia, e fuori nevicava.

Anche di Dio è scritto: “spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini..” (Fil 2,7). E di Cristo: “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9).

 

 

11. PINOCCHIO VENDE L’ABBECEDARIO

Pinocchio vende l’abbecedario per andare a vedere il teatro dei burattini

 

Nella vita di ognuno c’è il momento di una partenza entusiasta, fatta di grandi ideali. Pinocchio s’incammina verso la scuola col suo bravo abbecedario nuovo sotto il braccio, e strada facendo fantasticava di guadagnare molti quattrini e di fare a Geppetto una casacca tutta d’argento e d’oro e coi bottoni di brillanti. Diceva tra sé:

“Quel pover’uomo se la merita davvero: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia.. a questi freddi! Non ci sono che i babbi che siano capaci di certi sacrifici!”.

Commuovono questi grandi propositi di Pinocchio; come commuovono sempre - per nostalgia - le ingenue idealità degli adolescenti! Non per disprezzarle, ma per sentire quanta fragilità, quanto scarto ci sia dentro di noi tra il dire e il fare, tra il sognare e... il razzolare d’ogni giorno. Quando si è al bivio delle scelte concrete, dove le velleità devono diventare volontà e programmi precisi, ... lì casca l’asino! Pinocchio sente un suono lontano di pifferi e di grancassa: è un teatro di burattini. La sua natura burattinesca ne è irresistibilmente attratta.

Il cuore dell’uomo è sottoposto a una continua tensione tra il fascino del cielo e il ritorno alla terra. Se in lui vi è un “desiderio naturale” di Dio è perché una sua impronta e un profondo bisogno di Lui è in ognuno di noi. Sopravviene però nell’uomo, quasi subito, un richiamo al mondo, alla sua più modesta prospettiva intratemporale, all’orgogliosa e prepotente tentazione all’indipendenza da ogni legame, al prometeico farsi da sé e..., forse anche al fascino discreto e quotidiano dell’aurea mediocritas, della pigrizia e dell’anonimato, dei comodi compromessi con la coscienza che fanno convivere il diavolo e l’acqua santa, o, se si vuole - almeno una volta si usava – “falce, martello e moccolo”! E’ di pochi la vocazione ad essere eroe o santo!

Vi è uno strano guazzabuglio di desideri nell’animo umano: non c’è libertino che non senta a volte il fascino della divina intimità. Non esiste asceta che non porti in sé il desiderio della sfrenata festa chiassosa del mondo. Angelo e demonio convivono in ogni persona!

Proprio per questo, tentiamo di mascherare la scelta sempre di buoni pretesti, nel tentativo di non rinunciare a niente. “Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona” (Mt 6,24).

Pinocchio rimase lì perplesso, e disse:

Oggi anderò a sentire i pifferi e domani a scuola: per andare a scuola c’è sempre tempo.

La via del poi poi - si dice - finisce nel mai mai! Pinocchio ci metterà tutto il libro per arrivare a quella scuola!

Sicché vende l’abbecedario! La scuola e l’abbecedario sono la strada, faticosa, dell’umanizzazione e della sana ragione. Quando uno la perde, finisce tra i burattini. Quando uno rinuncia a ragionare con la propria testa e si lascia martellare dagli slogans; quando non sottopone più a critica i giudizi prefabbricati che la cosiddetta “cultura” gli ammannisce dai teleschermi o dai festivals; quando si sgrava del fastidio di decidere e si lascia muovere dai fili invisibili del fanatismo di partito o ideologico..., non è più che un burattino, e si merita un bel burattinaio, rosso o nero che sia!

Né è meno pericoloso l’opinionismo che infesta oggi i mass-media, dove tuttologi di turno squadernano pareri soggettivi l’uno contrapposto all’altro, in un pluralismo che fa dimenticare che la verità è una, come una è la realtà e la vita. Un retto uso della ragione significa appunto lo sforzo dell’interpretazione giusta del reale, non l’esercizio estetizzante un po’ fasullo che sembra essere il criterio valutativo in uso nei prodotti “culturali” di oggi.

 

 

12. PADRE O BURATTINAIO

I burattini riconoscono il loro fratello Pinocchio e gli fanno una grandissima festa; ma sul più bello esce fuori il burattinaio Mangiafoco, e Pinocchio corre il pericolo di fare una brutta fine

 

Pinocchio, seduto in fondo alla platea si gode lo spettacolo di Arlecchino e Pulcinella che se le davano di santa ragione così bene che sembravano proprio due animali ragionevoli e due persone di questo mondo. In clima di guerra quotidiana in diretta tv non si fa fatica a concludere che “homo homini lupus”, che cioè gli uomini si sbranano come lupi! Il guaio è che, ormai assuefatti alla violenza come spettacolo, alcuni la legittimano con un mucchio di pretesti; altri si rassegnano considerandola ineluttabile; altri la teorizzano come sistema (“lotta di classe”, “lotta armata”, “conflittualità permanente”, “terrorismo”, ...). Alla fine penetra in tutti, come un virus, nei rapporti spiccioli d’ogni giorno che divengono sempre più tesi e avvelenati dalla paura...!

La vita sociale diviene invivibile.

Anche Pinocchio, riconosciuto e chiamato dai burattini, salta sul palcoscenico e fa combriccola con loro, e così ora invece di continuare la recita, raddoppiano il chiasso e le grida. Proprio come capita sovente: al disordine politico ed economico si aggiunge quello sociale; ...e il pacifismo è buona scusa per rilanciare la “pantera” e i suoi più disordinati giovani cugini!

Naturalmente, in nome della libertà! Libertà dai tabù del sesso; libertà dalle strettoie del “sistema”; libertà dal nozionismo della “scuola borghese”; libertà dal colonialismo economico; ...per qualche mese s’è gridato anche libertà dal comunismo, ma... sembra che si siano sbagliati! Oggi è libertà dal sionismo, dall’americanismo...! Un “grande vecchio” domina la scena: va spazzato via, liberiamoci da tutti i padroni, “né Dio né padroni”, abbattiamoli questi prepotenti di Mangiafuoco; allora finalmente davvero non saremo più marionette, ma uomini liberi! La condizione di burattini è conseguenza dell’esistenza dei burattinai!

Ma è proprio vero che sia così? La storia ben studiata ci insegna che ogni rivoluzione non ha ottenuto che il risultato di cambiare burattinaio; e non sempre in meglio! Forse è altrove la causa della schiavitù. La storia di Pinocchio oggi ha ancora molto da insegnarci.

Pinocchio si mescola con le altre marionette sul teatro: Pulcinella, Arlecchino, la signora Rosaura..., e sembra del tutto uguale ai suoi fratelli burattini. Ci accorgeremo presto però che la sua sarà una sorte diversa: Mangiafuoco lo dovrà lasciar libero perché - gli dice Pinocchio - dovrà andare alla ricerca del suo babbo e diventare un bravo bambino.

Cosa gli ha impedito di assimilarsi alle altre teste di legno? Appunto il fatto di avere un padre, e quindi un “destino da figlio”, un destino di libertà vera!

Dimenticare la nostra condizione di figli di Dio è la radice di un ritorno a essere burattini. E’ il riferimento a Lui ciò che fonda la dignità e grandezza della persona umana, altrimenti schiacciata dal più forte. E’ il riferimento a una paternità comune ciò che fonda l’autentica fraternità e solidarietà tra gli uomini, al di là di interessi ed egoismi.

Più profondamente: solo chi arriva a riconoscere e professare di avere al mondo “un solo Signore Gesù Cristo”, non potrà più sopportare altri padroni di questo mondo e sarà capace di disincanto in piena libertà di fronte a ogni manipolazione del potere terreno. L’osso più duro in ogni forma di dittatura, il più pericoloso dissenso d’ogni regime, la talpa che scava sotto ogni oppressione... è sempre il cristiano e la Chiesa. E’ capitato anche nel crollo del comunismo nei paesi dell’est europeo, proprio per la resistenza della “Chiesa del silenzio”.

La filiazione divina ha ormai gettato nella storia degli uomini una potente risorsa di libertà. Quando gli uomini vi corrispondono, entra in opera la potenza dello Spirito. “Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2Cor 3,17).

 

13. COME UN FUSCELLO NELLA CORRENTE

Mangiafoco starnutisce e perdona a Pinocchio il quale poi difende dalla morte il suo amico Arlecchino

 

Per rimettere ordine su quel palcoscenico scompigliato, non c’è che il metodo violento: prendere Pinocchio e bruciarlo per lo spiedo del padrone Mangiafuoco. Ma la notizia che quel burattino ha un padre commuove il burattinaio, che lascia libero Pinocchio.

 

Riprendiamo il tema del rapporto burattini-burattinaio. Come siamo, sul palcoscenico della vita, chiassosi burattini ubriachi di libertà; altrettanto, un momento dopo, siamo povere marionette ridotte al silenzio e... pronte per lo spiedo. Tutti abbiamo sempre a che fare con un Mangiafuoco padrone e tiranno! Questi avrà a volte il volto della natura cieca e del caso che ci bistratta con le sue improvvise bizzarrie, tal altra avrà il volto delle ferree leggi economiche con i loro condizionamenti antiumani. O sarà il potere politico, dove pochi dispongono della sorte di altri e non sempre secondo giustizia. O il volto della scienza e della tecnica delirante che si ritorce come un boomerang in disastri ecologici o terrori atomici ... O quello che paventiamo nel domani ormai prossimo, la robotizzazione della società tecnologica e tecnocratica, dove tutti saranno “razionalizzati” a computer!

Impigliato in questa molteplice casualità, l’uomo è libero... quanto un fuscello abbandonato a una corrente d’acqua vorticosa. Ciascuno sente il peso di questa schiavitù. Ne ha sempre più coscienza, sospinto dall’amara ironia di una sempre più vasta campagna di emancipazionismo!

 

Anche quando finalmente le cose sembrano andar bene perché s’è trovato un assetto “democratico”, c’è sempre un Mangiafuoco che esige che il suo montone sia arrostito bene. Ci mangiano sopra sempre e comunque...! Perché “il potere logora chi non ce l’ha..!”.

Umanizzare ogni autorità è discorso di moda. Moralità o ricupero delle evidenze etiche sembrano i linguaggi oggi in uso. Anche Mangiafuoco è toccato al cuore dalla compassione:

Mangiafoco pareva un uomo spaventoso... ma nel fondo poi non era un cattivo uomo.

E commosso, dice a Pinocchio:

Chi lo sa che dispiacere sarebbe per il tuo vecchio padre, se ora ti facessi gettare fra quei carboni ardenti. Povero vecchio! Lo compatisco! Etcì, etcì, etcì...

Ma quanto resiste l’appello del cuore di fronte a un interesse concreto? Se risparmia Pinocchio, Mangiafuoco vuol sacrificare Arlecchino.

Allora Pinocchio interviene fieramente:

“In questo caso conosco qual è il mio dovere. Avanti, signori giendarmi! Legatemi e gettatemi là fra quelle fiamme. No, non è giusta che il povero Arlecchino, il vero amico mio, debba morire per me!”.

Di fronte a un tale atto di generosità eroica, anche Mangiafuoco si commuove e cambia parere.

Certo, l’appello a un Padre e a un Giudice che sta sopra di tutti, è fondamento solido e unico a che gli uomini si sentano tutti uguali e ogni autorità non divenga autocrazia disumanizzante. Probabilmente però solo dei gesti profetici, delle testimonianze personali di gratuità e servizio, renderanno credibile e significativa, da parte dei cristiani, quella proclamazione di paternità di Dio e fraternità tra gli uomini che possono garantire un po’ di respiro alla nostra libertà e limitare la rigidità delle nostre inevitabili schiavitù terrene. Questo è compito proprio della Chiesa nei confronti del mondo: seminare tra gli uomini isole di gratuità e perdono, perché queste, diventate un arcipelago, contagino individui e famiglie e condizionino, almeno un po’, il potere economico e politico. Ancora concludiamo: o Dio o un padrone!

Alla fine, una società ben fondata potrebbe dare anche benessere: Mangiafuoco regalò addirittura a Pinocchio cinque zecchini d’oro! Ogni benessere è ricchezza ambivalente: può aiutare Pinocchio ad arrivare più in fretta a casa o portarlo... nel paese dei Barbagianni ossia di

Acchiappacitrulli. Come vedremo, seguitando la storia.

 

14. IL GATTO E LA VOLPE

Il burattinaio Mangiafuoco regala cinque monete d’oro a Pinocchio, perché le porti al suo babbo Geppetto, e Pinocchio invece si lascia abbindolare dalla Volpe e dal Gatto e se ne va con loro

 

Si fa in fretta a perdere il Padre, come ha fatto Pinocchio. Poi ci vuole tutta una vita per ..ricuperare la fede!

Mentre si fa già fatica a superare se stessi, le proprie pigrizie, il proprio orgoglio che ci ha spinti all’emancipazione, capita poi di trovare sulla strada del ritorno a Dio continui ostacoli anche esterni e tentazioni piene di fascino che ci distolgono dai molteplici propositi fatti con sincerità.

Una Volpe zoppa da un piede e un Gatto cieco da tutti e due gli occhi si presentano a Pinocchio, e - Buon giorno, Pinocchio - gli disse la Volpe, salutandolo garbatamente.

Lupi vestiti da agnello, appaiono nella veste compassionevole del perseguitato dalla mala sorte con tutte le belle maniere possibili. Anzi superinformati e interessati alle nostre faccende, come gente di casa, tanto che lo stesso ingenuo Pinocchio si meraviglia: Com’è che sai il mio nome? - Conosco bene il tuo babbo, risponde la Volpe. Non si può dubitare che satana ci conosca bene, come conosce bene il Padre e il nostro destino di figli di Dio. Sta tutta qui la sua rabbia nei nostri confronti! Inoltre la Volpe rimprovera Pinocchio delle sue infedeltà e ha parole di compassione per Geppetto... Capita spesso che i nemici divengano più papisti del Papa, e, per tattica, ti diano anche la luna nel pozzo...!

Naturalmente, oltre che difensori di Dio e della moralità pubblica, si presentano come i veri difensori del popolo:

Vuoi tu, di cinque miseri zecchini, farne cento, mille, duemila? Noi lavoriamo unicamente per arricchire gli altri!

Prospettano rivoluzioni sociali ed economie “scientifiche” sempre all’insegna della giustizia e della difesa dei poveri... Il loro fascino sta qui, e forse è anche il loro lato buono - almeno per chi è in buona fede. San Paolo scrive: “Satana si maschera da angelo della luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia” (2Cor 1,14-15).

Ma ormai siamo disincantati: costatiamo ogni giorno il crollo di utopie non precisamente fondate sul rispetto dell’uomo e di Dio!

L’incomprensibile è che, nonostante i fatti di ogni giorno, rimanga ancora qualcuno - e lo ostenta anche senza provarne vergogna! - che vada per le strade o al seggio elettorale a dire: Che brave persone! come diceva Pinocchio dei due compari della nostra storia.

Questo è del resto il punto debole dell’uomo: come il figlio prodigo credeva di possedere libertà lontano da casa, così Adamo, cui il serpente aveva prospettato di diventare “conoscitori del bene e del male”, ha creduto più a lui che alle promesse e agli anticipi datigli da Dio...! Il peccato di Pinocchio, come dei progenitori, non sta tanto nel cedere al fascino del tesoro favoloso, quanto l’aver creduto di raggiungere la felicità andando non verso il Padre, ma allontanandosi da lui. In fondo, Dio e satana promettono tutti e due cose grandi: “diventare simili a Dio”. L’aberrante è che ci fidiamo di più del secondo, fuggendo dall’Amore che ci ha creato!

Quando riusciamo a fermarci e a ragionarci sopra, tutto ci sembra così assurdo, e, come Pinocchio, ci viene un dubbio:

No, non ci voglio venire!

Purtroppo, sappiamo come vanno le cose: quando abbiamo dato anche solo un po’ d’ascolto alla tentazione, siamo già su una strada scoscesa, ed è difficile fermarsi! Perché “larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” (Mt 7,13-14).

Così che tutto finisce spesso come per Pinocchio:

Andiamo subito, io vengo con voi!

 

15. LE SOLITE STORIE L’osteria del Gambero rosso

 

Seconda notte “senza padre” per Pinocchio in compagnia di personaggi poco raccomandabili, appunto il Gatto e la Volpe, su una china inclinata dove più nulla riesce a trattenerlo.

Già all’osteria del Gambero rosso intuisce di essersi sviato tanto che gli diventa indigesto quel poco cibo pagato uno zecchino:

chiese uno spicchio di noce e un cantuccino di pane, e lasciò nel piatto ogni cosa.

Poi, a mezzanotte, parte per l’avventura del Campo dei miracoli.

Già nel suo cuore sente quella ineluttabilità al peggio che a volte prende ognuno di noi quando s’accorge d’aver fatto un passo falso, e, scoraggiato, si sente abbandonato a forze più grandi e malefiche.

Anche la natura attorno sembra trattenere il respiro in attesa come d’un grande inganno e d’una .. grande desolazione:

...nella campagna non si sentiva alitare una foglia. Solamente alcuni uccellacci notturni... venivano a sbattere le ali sul naso di Pinocchio.

 

Questo stato d’animo, da una parte è frutto della caparbietà che ci impedisce di tornare sulle proprie decisioni, dall’altra dell’ “empietà”, del negare che “il Padre mio opera sempre - dice Gesù - e anch’io opero” (Gv 5,17), ...anche e soprattutto nella notte del cuore umano!

L’immagine del buon pastore che va in cerca della pecora smarrita dice quanto Dio non si rassegni mai a perderci e fino all’ultimo solleciti un ripensamento.

Proprio da Dio, e dal suo portavoce interiore, la coscienza, giunge sempre, anche se discreta, una luce a rischiararci.

A Pinocchio apparve all’improvviso pallido e opaco, come un lumino da notte entro una lampada di porcellana trasparente: “Sono l’ombra del Grillo parlante” disse una vocina fioca fioca che pareva venire dal mondo di là.

 

La coscienza è come la memoria viva della nostra identità più vera e del nostro destino: la verità di noi stessi, fatti “a immagine di Dio”; è specchio nel quale si riflette e risuona il segnale di ciò che è il nostro vero bene al di là delle contraffazioni della nostra libertà pigra e deviata.

E’ proprio questa volontà prevaricatrice a vincere quasi sempre, e alla ‘logica’ del peccatore non c’è argomento di coscienza che tenga!

Se poi al “rimorso” - campanello d’allarme della coscienza - si sostituisce il “complesso di colpa” - ritenuto un indotto irrazionale dei condizionamenti sociologici -, si elimina l’unica autorevolezza della coscienza sana: quella della verità!

Così esiste solo “l’imperativo ideologico”: Voglio andare avanti! Questo irrazionale imperativo deriva dal paraocchi d’una fissazione politica o d’un certo obiettivo schematizzato, che elimina altri valori e si priva di capacità critica.

Anzi, ciò che è fuori dello schema sono... le solite storie! (Le solite storie della Chiesa “oscurantista”, della morale “tabù”, dei genitori “matusa”, dei professori “dispotici”, del capitale “colonizzatore”, della cultura cattolica “utopica e delegittimante”, ecc...).

E’ quel dogmatismo più “clericale” di ogni clericalismo che gli ideologismi di oggi scimmiottano da una Chiesa che hanno sempre condannato come intransigente e intollerante.

Il risultato è ben tragico:

si spense a un tratto come si spegne un lume soffiandoci sopra, e la strada rimase più buia di prima.

Ci vogliono anni per educare un ragazzo. Tutto però si può distruggere in due mesi di scuola, o in pochi anni di ingordigia goliardica, se - come è - la cultura in cui s’immerge è all’insegna della dissacrazione, del permissivismo, della “rivoluzione”...

La coscienza è l’ultima spia che segnala un pericolo, come la febbre per un corpo aggredito da virus malefici. Quando la si fa tacere è come votarsi alla “deficienza immunitaria”, spegnere gli anticorpi, cioè .. votarsi alla morte!

V’è ben più diffusa da noi un’AIDS dell’anima che non quella del corpo!




[SM=g1740771] continua.....

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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