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Le verità fondamentali di «Pinocchio» spiegate dal cardinale Giacomo Biffi

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2020 22:56
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03/05/2012 12:18
 
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21. UN “DUNQUE” AMARO E CRUDELE

Pinocchio è derubato delle sue monete d’oro e per castigo si busca quattro mesi di prigione.

 

Pagina amarissima questa di Collodi, piena di sarcasmo e delusione nei confronti della giustizia umana. E’ la tragica sorte di ogni povero Pinocchio costretto a essere “vaso d’argilla in mezzo a tanti vasi di ferro”.

Capitò che l’ingenuo Pinocchio, vistosi derubato delle sue quattro monete dal Gatto e la Volpe, sia andato dal giudice della città e lì abbia raccontato la sua disgrazia per avere giustizia.

Era il giudice, uno scimmione della razza dei gorilla; l’ascoltò con molta benignità, prese vivissima parte al racconto: si intenerì, si commosse ..., e alla fine sentenziò: “Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque, e mettetelo in prigione”.

Quel “dunque” è terribile! Poiché sei debole, indifeso, sfortunato, magari timido e senza malizia perché innocente..., sei tu che sbagli e devi pagare! Un “dunque” pronunciato anche dal più celebre magistrato della storia, Pilato: “Non trovo in lui nessuna colpa: prendetelo dunque e crocifiggetelo” (Gv 19,6). Se è capitato al Figlio di Dio, ...non c’è speranza di sorte migliore per noi! E’ un rovesciamento di parti cui non ci si può rassegnare. Per questo siamo tutti “affamati e assetati di giustizia”;... e sempre un po’ in esilio in questo mondo!

 

“Dies irae, dies illa”. Giorno d’ira sarà quel giorno del giudizio finale, quando finalmente Dio farà piena e definitiva giustizia per tutti.

Certo ne abbiamo timore un po’ tutti, ma ne sentiamo forte il bisogno e la necessità. Guai se non ci fosse! Guai se tutti i giusti e gli innocenti fossero trattati alla stregua dei malvagi! Non ci sarebbe più possibilità di misura: cosa è vero, cosa è falso? Cosa è giusto, cosa ingiusto? Il giudizio di Dio è il fondamento e la garanzia sicura di ogni autentica giustizia. Nessun giudizio umano può soddisfare il bisogno di valutazione interiore che ha ogni uomo; neppure “il tribunale della storia”. La storiografia è un compito che i vincitori non spartiscono mai con nessuno!

Per questo la Sposa dice: “Vieni ...!”. E l’Agnello risponde: “Verrò presto e porterò con me il salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere” (Ap 22,12). Così finisce la Bibbia!

Pinocchio esce di prigione, dopo quattro lunghissimi mesi, per un’amnistia in cui vengono aperte le carceri e mandati fuori tutti i malandrini. (...Come si ripete la storia in fatto di scarcerazioni facili!). Pinocchio però non è un malandrino:

“Voi no - rispose il carceriere - perché voi non siete del bel numero ...”. Escono i terroristi e i capimafia, e stanno dentro i rubapolli!

Per poter uscire, Pinocchio deve dichiarare:

“Sono un malandrino anch’io!” – “In questo caso avete mille ragioni”, disse il carceriere!

Siamo al vertice dell’avvilimento! Di “tribunali del popolo” che esigono l’autocritica è piena la storia. Oggi, cadute le ideologie, è il potere economico o la cultura egemone ad imporre l’omologazione o l’esser “cacciato fuori” (cfr. Gv 9,34). Almeno una volta ci si pentiva dinanzi a Dio, e ci si sentiva più uomini! Ora dobbiamo umiliarci di fronte agli uomini, disumanizzandoci! Ma... lo chiamano “progresso”!

 

22. IL SIGNOR SERPENTE

Liberato dalla prigionia, Pinocchio si avvia per tornare a casa della Fata; ma lungo la strada trova un Serpente orribile, e poi rimane preso alla tagliola.

 

Finalmente è la volta buona: tormentato dalla passione di rivedere il suo babbo, si dirige verso la casa della sua sorellina dai capelli turchini. Ha capito che la buona Fatina è la tappa obbligata per ritrovare babbo Geppetto.

Un proposito che è tutta una passione bruciante da neofita convertito: pur sotto la pioggia e nel fango correva come un can levriero.

Lontano - ultimo nel fine ma primo nell’intenzione - sta il pensiero che qualcuno lo ama veramente:

mi struggo di fargli mille carezze e di finirlo dai baci;

più immediato e vicino è il malessere interiore suscitato da tante delusioni e dalla consapevolezza di essere la fonte dei propri guai:

io sono un burattino testardo e piccoso; i ragazzi, a essere disubbidienti, ci scapitano sempre!, giungendo fino al proponimento di cambiar vita!

Appunto, il dolore di aver offeso Dio e il dispiacere per il proprio danno sono le molle di ogni autentico ravvedimento. Se questo parte da una scelta interiore decisa, sfocia nel sacramento della riconciliazione offerto dalla Chiesa.

 

Il sentiero della conversione è irto di ostacoli e tentazioni.

La prima conversione è interiore, ricuperando fiducia nella misericordia di Dio e nella capacità della Chiesa:

la Fata mi perdonerà la brutta azione che le ho fatto? E il mio babbo mi avrà aspettato? Ce lo troverò a casa della Fata?

Certo che ti aspetta tuo padre, povero Pinocchio di sempre! Ricordi la parabola? “Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro” (Lc 15,20). La Chiesa possiede il potere vero, a nome di Dio: “Ricevete lo Spirito santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi...”. Solo la conoscenza della GRATUITA’ dell’amore di Dio e la sua MISERICORDIA, consegnata da amministrare alla Chiesa con esplicita autorizzazione, possono ridare coraggio e nuovo slancio a chi ha perso ogni fiducia.

La seconda è esteriore: è data dal grande mostro moderno che è l’opinione pubblica corrente, la cosiddetta “cultura egemone”, alla quale si offre conformismo, compromessi, mimetizzazione, ...in una parola: svendita d’identità!

Apparve sulla strada di Pinocchio il signor Serpente, di mole eccezionale, con gli occhi di fuoco e la coda fumigante, già visibile alla distanza di più di mezzo chilometro, dalla vocina dolce e d’insoliti modi cortesi. Scavalcarlo per passare dall’altra parte della strada è il tentativo di Pinocchio; ma quello troppo invade la strada. Si richiede un confronto aperto!

Sembra la descrizione puntuale dei nostri mass-media, “potenze, principati, potestà” del mondo moderno, mezzi indifferenti in sé, ma a servizio del “serpente antico, colui che chiamiamo diavolo e satana, che seduce tutta la terra”, di cui parla l’Apocalisse (12,9). Oggi penetrano da ogni parte e solo un rigore personale salva dall’omologazione certa e dal capovolgimento dei valori.

Così avviene per Pinocchio:

restò col capo confitto nel fango della strada e con le gambe ritte su in aria.

Quando si perdono i riferimenti divini, il minimo è lo sconvolgimento dei mezzi e dei fini, un impantanamento del cuore e della volontà! Col risultato di far morir dal ridere quel mostro tanto grosso e tanto cinico. Perché capita davvero così: dopo essere stato manipolato nel cervello e nella coscienza, ti ridono anche in faccia per l’ignoranza e la poca furbizia che hai dimostrato...!

Ancor peggio: ti lasciano con una propensione al “coniglismo” o assuefazione alla schiavitù. Liberato dal Serpente, Pinocchio ricominciò a correre per arrivare alla casa della Fata; ma, entrato in un campo a rubare poche ciocche d’uva moscatella, restò preso da una tagliola, destinata dai contadini alle faine.

 

23. VITA DA CANI

Pinocchio è preso da un contadino il quale lo costringe a fare da cane da guardia a un pollaio

 

Intanto si fece notte. Il povero Pinocchio lo ritroviamo legato a una catena con un grosso collare tutto coperto di spunzoni di ottone, più morto che vivo, a motivo del freddo, della fame e della paura, a menare una vera vita da cani, facendo guardia a un pollaio! Gli appare una Lucciola, altra incarnazione del Grillo parlante e perciò della sua coscienza, che lo fa riflettere sulla sua condizione umiliante, spingendolo nuovamente al pentimento: un’altra volta non lo farò più!

 

Vita da cani, come conseguenza del male compiuto. E’ il tema centrale di tutto questo commento a Pinocchio in chiave teologica: la natura umana ci è affidata, all’inizio, come un seme che deve maturare, come una prima distribuzione di carte che renda possibile la partita della nostra vita, perché sia la nostra libertà per una certa parte a determinarne il destino, quasi un “trasnaturarla” per degradarsi o per elevarsi, cioè per imbestiarsi, divenire bestia, o per divinizzarsi, divenire “simili a Dio”.

Ci accorgiamo bene che la nostra esistenza effimera tende a evolversi, alla ricerca di un senso e di un assetto più definitivo. L’uomo è oggetto e artefice del suo duplice destino, che non è solo il dato finale, ma un processo che si evolve gradualmente all’interno, trasformando intelligenza, volontà, sensibilità, carne, ossa, sangue, ecc.. Quale grandezza ha mai la nostra libertà!

E l’imbestiamento, come la divinizzazione, si attuano coll’agire: attraverso gli atti liberi si cambiano l’essere e la natura. Di solito si dice: chi è bestia, agisce da bestia. Ma bisogna anche dire: chi agisce da bestia, bestia a poco a poco immancabilmente diventa. Sarà la storia finale di Lucignolo... e in parte di Pinocchio, a confermarci tale tesi.

Del resto l’esperienza insegna: spesso ammiriamo uomini miracolosamente più che uomini, e incontriamo uomini, al contrario, simili a bestie insensibili e irrecuperabili!

 

La nostra trasnaturazione ha chiaramente diversi stadi: nel suo momento finale la divinizzazione sarà la partecipazione piena alla vita stessa di conoscenza, d’amore e di gioia propria di Dio; la materializzazione, nella degradazione, sarà uno spirito schiavizzato dalla materia e, con linguaggio biblico, raffigurata dal fuoco. Nella sua fase terrena, attuale, la vita divina iniziale noi la chiamiamo “vita di grazia”, dove nella fede incominciamo ad adeguarci - per esempio nella carità - alla vita di Dio. La degradazione, prodotta e aggravata da una vita di peccato, si rivela invece sempre più come vita egoista, violenta e, interiormente, sempre più vicina alla disperazione dei dannati. Per fortuna Dio lascia fino all’ultimo la possibilità del pentimento.

Quale peso allora hanno anche i piccoli gesti di ogni giorno! Niente è indifferente; tutto lascia una traccia. Mentre il bene facilita il bene successivo, il male e il peccato condizionano e schiavizzano sempre di più la nostra intelligenza e la nostra volontà.

Anche rubare due grappoli di uva moscatella porta, alla fin fine, alla schiavitù dell’avere collare, catenella e... cuccia, come Pinocchio incappato nella tagliola dei suoi misfatti. Queste esperienze di schiavitù sono dei campanelli d’allarme: guai se non ne sentiamo il richiamo...! La vita scivola sempre più velocemente su una china di rovina inarrestabile.

 

24. OH, SE POTESSI RINASCERE…!

Pinocchio scopre i ladri e, come ricompensa per essere stato fedele, viene posto in libertà

 

Sulla strada dell’ “imbestiamento”, la china è pericolosa: un passo tira l’altro, il male incalza. Esso ha dentro una logica ferrea che, a non contrastarla, mena a livelli di degradazione non previsti.

Dopo il furto di due grappoli d’uva, Pinocchio - divenuto cane da guardia - rischia di farsi complice di quattro faine, animaletti carnivori, ghiottissimi specialmente d’uova e di pollastrini giovani, che vengono al pollaio a rubare otto galline. Tentano di coinvolgerlo, associandolo all’impresa.

Questa volta Pinocchio sa reagire. Ha il coraggio di spezzare quella logica. Non c’è mai un momento in cui non possa scattare la nostra libertà responsabile! Pinocchio non si associa ai ladri e, abbaiando proprio come se fosse un cane da guardia, sveglia il padrone, meritandosi così la libertà.

Dove sta la radice di questa vittoria, di questo primo passo di redenzione? Pinocchio, nella consapevolezza della propria miseria e della propria colpa, ha un’intuizione del cuore che lo eleva - per noi - alla più autentica soglia evangelica:

Oh!, se potessi, rinascere un’altra volta!...

 

La presa di coscienza d’aver sbagliato tutto nella vita, lo spinge a ricominciare da capo, a non rinunciare o rassegnarsi, a sentire come ancora valida la propria libertà...: un sussulto di sano orgoglio vitale! E’ possibile cancellare il passato? La soluzione non è “dimenticare”, né “emanciparsi” da regole o morali-tabù, o far tacere la coscienza con sofismi ideologici: alla fine non si può barare con se stessi! E’ necessaria una nuova creazione del cuore, un riportarsi all’innocenza originale, avere un perdono che sia una autentica pagina bianca.

Questo è possibile a noi? È sufficiente autogiustificarsi. E’ giusto autopunirsi? Pinocchio sembra scoraggiato, non vede prospettive di libertà a breve termine:

ormai è tardi, e ci vuol pazienza.

Anche Nicodemo, nel Vangelo, si poneva la domanda: Come può un uomo rinascere? “Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?” (Gv 3,4).

La risposta per una soluzione corretta sta in Gesù: “Se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (Gv 3,3). Occorrono l’irruzione di un perdono e la forza di una vita divina che risanino alla radice il nostro essere, così da renderlo capace di azioni nuove. “Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3,5). “Quel che è nato da carne è carne...”. Quel che è impossibile all’uomo, è possibile a Dio! Proprio per questo s’è fatto nostro Salvatore.

 

All’uomo è richiesta - per questa giustificazione che essenzialmente è dono gratuito di Dio - una risposta di FEDE: la coscienza che una radicale rinnovazione ci è data solo dall’alto, accreditata da nostri gesti di buona volontà che ne dicano la sincerità. E’ ciò che noi chiamiamo “preparazione alla fede” (“preambula fidei”): cuore sincero e gesti buoni.

Incamminato verso la salvezza, Pinocchio ha fatto un primo passo concreto. Anche a noi, come il padrone del pollaio che gli ha ridato libertà, viene spontaneo battergli affettuosamente una mano sulla spalla e dirgli:

Codesti sentimenti ti fanno onore.

Sei sulla strada buona, “Non sei lontano dal regno di Dio” (Mc 12,34).

 

25. O FATINA MIA, PERCHE’ SEI MORTA?

Pinocchio piange la morte della bella Bambina dai capelli turchini, poi trova un Colombo che lo porta sulla riva del mare, e lì si getta nell’acqua per andare in aiuto del suo babbo Geppetto

 

Capita sempre così: il valore di una mamma lo si scopre quando viene a mancare. In vita, la si sopportava a fatica: è d’altri tempi, ha sempre da richiamarci qualcosa. A un figlio discolo poi pesa anche il suo soffrire! Così era apparsa anche a Pinocchio la bella Bambina dai capelli turchini! Quando ritorna alla casa della Fata, vi trova solo la sua tomba con su scritto:

qui giace, morta di dolore per essere stata abbandonata dal suo fratellino Pinocchio. Questi si dispera e pianse tutta la notte, tanto che le colline all’intorno ne ripetevano l’eco.

La Bambina dai capelli turchini è la Chiesa, immortale in se stessa (e nella storia di Pinocchio riapparirà!), la quale tuttavia può morire, presso un popolo o un individuo, per disamore. Gesù aveva ben minacciato: “Il regno sarà tolto a voi e sarà dato ad altri” (Mt 21,43).

Strano è il rapporto della nostra cultura occidentale con la Chiesa. Da lei ha ricevuto tutto: l’arte del corretto ragionare, il senso della solidarietà e fraternità, il culto della libertà... “Liberté, égalité, fraternité” sono tutti valori evangelici: in sostanza, la più alta civilizzazione culturale e spirituale! Eppure, oggi, la nostra cultura secolarizzata ne misconosce la matrice. Ha usurpato questi valori come suoi con orgogliosa emancipazione, fino a utilizzarli contro la Chiesa stessa e il vangelo che li ha generati.

 

Ma guai a tagliarsi le radici: anche i fiori più belli.. inaridiscono! La spietata lettura che la “Centesimus annus” fa degli avvenimenti dell’Est europeo mette in luce proprio il ribaltamento dei valori umani quando questi sono sradicati dal loro fondamento etico e religioso.

Questi divengono strumenti di schiavitù e di morte! L’ateismo è la radice dell’errore antropologico, che a sua volta è causa sia della soppressione della libertà sia del fallimento anche economico.

Chi rinnega la Chiesa, perde oltre alla certezza, la sicurezza di avere un Padre, la speranza di un destino diverso, la serenità di sentirsi capito, amato, perdonato da Qualcuno...! Col risultato della solitudine, del sentirsi sballottato dalle onde della violenza degli uomini e dagli imprevisti del caso. Anche Pinocchio si lamenta:

E il mio babbo, dove sarà? O Fatina mia, dimmi, dove posso trovarlo? Che vuoi che faccia io solo in questo mondo? Ora che ho perduto te e il mio babbo, chi mi darà da mangiare? Dove andrò a dormire la notte? Chi mi farà la giacchettina nuova?

Mai come oggi si costata quanto un umanesimo ateo sia controproducente. Al contrario è stato proprio lo spirito evangelico della nonviolenza, del dialogo, della tenacia nel credere alla verità, la forza che ha sollevato l’enorme macigno che pesava sull’Europa orientale:

è ancora la lettura che il Papa fa dei fatti dell’89.

L’alternativa, all’avere un Padre, è o la schiavitù di un tiranno o la disperazione di chi si sente solo e impotente di fronte alla vita.

Sarebbe meglio, cento volte meglio che morissi anch’io!

Non è un caso che tra i giovani crescano l’alienazione, il suicidio, il disprezzo della vita (propria e altrui). Moda.. di una società decadente!

 

Dio non si stanca. Dà sempre nuove possibilità all’uomo che sinceramente lo cerca.

Intanto passò per aria un grosso Colombo...:

Dimmi, non conosci per caso fra i tuoi compagni un burattino, che ha nome Pinocchio? - Pinocchio?... Pinocchio sono io!

Il colombo lo prese sulla sua groppa e lo portò alla ricerca di Geppetto. Esattamente come è avvenuto nella Storia vera: il Padre ha mandato il Figlio e Questi ha preso sulla sua umanità la nostra condizione mortale per riportarci a Casa e farci rivivere la piena condizione di figli di Dio! È scritto: il buon Samaritano “gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui” (Lc 10,34).

Come Pinocchio, così ogni uomo è rimesso sulla strada interminabile della ricerca del Padre e della propria vera identità!

 

26. UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO

Pinocchio arriva all’isola delle Api industriose e ritrova la Fata

 

Alla ricerca del padre, Pinocchio si getta in mare inseguendo una barchetta:

nuotò tutta quanta la notte! Che orribile nottata fu quella!

(Dura come “la notte oscura dei sensi” nel travaglio feroce della conversione!). Finché, su indicazione di un Delfino gentile, così garbato, come se ne trovano pochi in tutti i mari del mondo (è sempre attraverso la carità che il cristiano si fa salvatore!), approdò di peso sulla rena del lido del paese delle Api industriose, dove le strade formicolavano di persone che correvano di qua e di là per le loro faccende; tutti lavoravano, tutti avevano qualcosa da fare. Una vera repubblica fondata sul lavoro!

 

Nella storia di Pinocchio siamo a una svolta: dopo quel mare e quell’approdo, cammina più deciso alla ricerca del padre.

Come avviene nel cammino dell’uomo alla ricerca di Dio: molto, o meglio, tutto cambia quando, attraverso il battesimo, conquistato magari con molta fatica, l’uomo approda nella comunità viva della Chiesa, dove tutti sono in faccende per ottenere la propria salvezza.

Sì, perché, secondo la teologia cattolica, la salvezza è anche una conquista! “Grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5,12), se avremo trafficato tutti i nostri talenti e non, come il servo pigro, se l’avremo solo custodito in una buca! La vita è “un’obbedienza”, diceva Dostoevskji, è un’obbedienza faticosa e attiva per conquistarci il regno dei cieli! “Non chi dice.... ma chi fa, ...entrerà!” (Mt 7,21). Non per finta, ma con serietà: “Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato” (Eb 12,4).

Può capitare di scoraggiarci, e dire come Pinocchio:

“Questo paese non è fatto per me!”.

Gesù ci aveva preavvisati: “Piccola è la porta e stretta è la via che conduce alla vita, e sono pochi quelli che la trovano” (Mt 7,14).

Per questo è indispensabile vivere entro la comunità cristiana, quale luogo normale di crescita e di stimolo. Stare alle sue leggi e indicazioni significa tradurre in opere concrete il nostro velleitario voler andare a Dio. Magari anche accettando le sue forme pedagogiche, i suoi istituti e ambienti educativi, facilmente passibili di critiche perché sono sempre... opere di noi uomini! Esse raccolgono una antica tradizione di sapienza ed esperienza fatta di sano realismo, di prudenze didattiche che nascono dal sapere che “anche le migliori virtù sono sorrette dai propri vizi”!

Capita pure a Pinocchio che, per decidersi a fare un atto di obbedienza (...Pazienza! Vi porterò la brocca fino a casa), dev’essere invogliato dal miraggio di piccole ricompense:

“Un bel pezzo di pane... un bel piatto di cavolfiori conditi con olio e con l’aceto,... un bel confetto ripieno di rosolio!”.

Sembra proprio tutta la pedagogia dei nostri oratori!

 

Su questa pedagogia, l’ultima osservazione. Capita proprio in questo capitolo della storia di Pinocchio che la Fata appaia in vesti di umile donna di casa, anch’ella occupata in faccende domestiche, tanto da non essere subito riconosciuta. Pinocchio la riconosce più tardi, ... per caso:

“Anche voi avete i capelli turchini.. come lei!”.

Una pedagogia, quella della Chiesa delle nostre contrade, fatta dell’umiltà e della condivisione domestica con la vicenda umana di tutti, povera e umile... da non attirare lo sguardo. Eppure un tratto di “turchino”, come il cielo, alla fine appare all’occhio anche del giovane più distratto che si è allontanato da adolescente... “sbattendo la porta”! La vita insegnerà poi a stimare quel bene ricevuto da piccoli con tanta dedizione e gratuità. Non è mai troppo tardi ritornare a scoprire che Dio e la Chiesa sono rimasti sempre nostro Padre e nostra madre, anche quando noi seguivamo la via del figlio prodigo!

 

27. NON PUO’ AVERE DIO PER PADRE...

Pinocchio promette alla Fata di essere buono e di studiare perché è stufo di fare il burattino e vuol diventare un bravo ragazzo

 

Prima o dopo, raccolto nella sua profonda coscienza, uno matura! Una volta o l’altra uno s’accorge di essere stanco delle menzogne, e dice basta.

Sono stufo - dice Pinocchio – di far sempre il burattino... Sarebbe ora che diventassi anch’io un uomo.

Finalmente uno, una volta tanto, si ribella alla sua meschinità! E si decide:

Io studierò, io lavorerò, io farò tutto quello che mi dirai, perché, insomma la vita del burattino mi è venuta a noia, e voglio diventare un ragazzo a tutti i costi.

La conversione avviene quando dal puro desiderio si passa a propositi precisi. Donde, tale conversione? “Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Quando uno s’accorge di non essere un arrivato, quando uno misura la grande distanza tra la sua miseria e l’ideale, quando uno sente che ha ancora molto da imparare..., quando uno diventa bambino.... allora si mette a obbedire e fare.

 

Pinocchio butta via la sua autosufficienza sbarazzina e randagia, e accetta la Fata come sua educatrice:

Vi chiamerò la mia mamma!

Uno arriva a scoprire di avere un padre, quando è premuto dalla tenerezza di una madre che lo rende un bambino docile. Anche nella vita di fede succede così: “Non può avere Dio per Padre, chi non ha la Chiesa per madre”. Gli uomini, filosofi o meno, che hanno tentato di arrivare a Dio senza la Chiesa, sono sfociati, al massimo, in un vago deismo!

La prima esperienza di Chiesa è quella di sentirsi parte di una famiglia che preesiste alla propria scelta. E’ come entrare in un vasto fiume la cui sorgente è Cristo, tramite il quale giunge fino a noi quell’eredità oggettiva del “Sacro” che sono gli strumenti della salvezza: la Parola, i sacramenti, l’autorità apostolica.

A questo deposito è richiesta una obbedienza, quella alla verità e allo Spirito santo: “l’obbedienza della fede”.

Io sarò la tua mamma... tu obbedirai e farai sempre quello che ti dirò io.

Come ogni madre ci richiama e ci educa al nostro impegno:

L’uomo, per tua regola, nasca ricco o povero, è obbligato in questo mondo a far qualcosa, a occuparsi, a lavorare. Guai a lasciarsi prendere dall’ozio. L’ozio è una bruttissima malattia...

 

Oggi il vero problema non è l’ozio. Fanno problema l’esagerato soggettivismo, la libertà come emancipazione da ogni vincolo morale e sociale, la libertà come capriccio e comodo individuale e la libertà come è nell’attuale cultura radicale! Questo stile di vita sappiamo tutti dove porta: svuotamento di sé, perdita di ogni valore e senso del vivere, perché vien meno ogni riferimento oggettivo di sicurezza e confronto, e svilimento d’ogni rapporto sociale fino all’anarchismo violento del terrorismo.

“La verità vi farà liberi”, dice Gesù! Questo è il punto. Il bene, il vero bene, oggettivo, è il progetto di Dio, e quindi la natura reale di ogni cosa. Non adeguarsi, scartare “il libretto di istruzione” per fare di propria testa, significa non conoscere fino in fondo come funziona la macchina, e si finisce per distruggerla! Questa è l’unica strada da percorrere per non finire imbrogliati o illusi, per essere LIBERI.

Liberi perché veri.

Questa, in fondo, è la vera “rivoluzione” da fare, la vera liberazione necessaria anche oggi. E’ la missione della Chiesa. Questa è la sola obbedienza richiesta al credente... perché è l’obbedienza dovuta alla verità, da parte di ogni uomo di buona volontà.



[SM=g1740771]  continua.....

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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