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LE TRADUZIONI

Ultimo Aggiornamento: 02/06/2011 15:08
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02/06/2011 14:38
 
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Consiglia Elimina    Messaggio 34 di 95 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978Pergamena Inviato: 05/07/2003 22.04
Nel messaggio 24 julius ad un punto scrive:
 
Se la traduzione "favorita dalla grazia" non è la migliore traduzione, di sicuro quella della Vulgata è fuori luogo..
........
 
Intanto ringrazio Teofilo per i collegamenti e l'approfondimento......poi Quovadis i cui interventi ci aiutano spesso a sdrammatizzare......e ad approfondire la propria COSCIENZA...e ad Ivan che puntualizzando....approfondisce molte volte i temi da molti aspetti diversi....insomma amici....grazie al senso di Gruppo che portate avanti....
 
Ora....pur non volendo aggiungere nulla di nuovo a quanto è stato detto....riflettevo sulla Vulgata...tradotta niente popopò di meno che da un Padre della Chiesa.....la prima traduzione che nessuno vuole definire "perfetta"...ma attenzione.....riflettevo a questo aspetto:
la Vulgata si è resa UNIVERSALE.......tutta la Chiesa la leggeva...e per intere generazioni.....per molti secoli....fino all'avvento del Protestantesimo......è andata bene....
Ora pensavo....possibile che per tutti questi secoli...se non erro stiamo parlando di mille anni circa......se non di più.....Dio si sia lasciato azzittire da s.Girolamo sulle traduzioni......lasciando in balia di questa Chiesa una traduzione  (attenzione...la Sua Parola...) SBAGLIATA?
 
Il punto è un altro...e in quei collegamenti inseriti da Teofilo appare chiaro che letteralmente parlando anche tale traduzione "piena di grazia"...avanza il suo difetto.....ma dove lo avanza? Riflettiamoci......
Difetta perchè il testo originale dice il contrario...o difetta perchè non darebbe spazio alle tesi di un fondamentalismo protestanto che vuole a tutti i costi.....pur senza avere le prove......la Madre di Dio intenta a ben altro?
 
Caro Julius....una volta proposi questa domanda ripetuta più volte......ad un evangelico....il quale comprendendo la delicatezza della risposta che avrebbe dovuto dare....ci ha girato attorno....ma di fatto non disse più nulla.......perdonatemi l'ardire ma la rifaccio qui.....
 
fai conto di essere tu (mi sembra che tu sia un uomo) al posto di Giuseppe......e che ti trovi a vivere i fatti  dell'Incarnazione    e ti trovassi ad affrontare la grande constatazione di questo avvenimento eccezionale con la tua promessa sposa...scelta invece..da Dio per il SUO Progetto......
Sai.....che dentro di lei Dio ha compiuto un prodigio.....DIO STESSO, SECONDA PERSONA DELLA TRINITA' SI INCARNA DENTRO DI LEI.....
Sai anche che per il popolo ebraico " promessa in sposa" NON vuol dire POSSEDERLA carnalmente, ma anzi.....per un anno NON la devi "conoscere".......sai dunque che Maria era in questa condizione tanto da aver rischiato la lapidazione......
Ti appare un angelo per assicurarti che il "frutto in quel seno" è opera prodigiosa.......accetti.....proteggi Maria......e poi che fai? Qui entri in ballo tu......e la tua spiritualità.....la tua profondità......il tuo rapporto con questo Dio Incarnato.....che cosa fai? Sai che Maria si è votata a Dio......e tu violeresti quel "talamo".....per soddisfare i tuoi istinti carnali?
 
Non darmi risposte...non ne voglio.....dalla a te stesso......e finiamola di fare di questo Giuseppe un incapace incontinente sempre con la voglia di fare figli a tutto spiano......incapace di percepire quanto era avvenuto a colei che doveva proteggere perchè probabilmente molto più giovane anche di lui......e proviamo ad individuare il Progetto di Dio che sceglie Giuseppe "UOMO GIUSTO".......giusto per cosa? Aveva il compito di "popolare la terra" questo Giuseppe.....o forse aveva il compito di diventare "CUSTODE" DELLA SACRA FAMIGLIA che aveva posto le sue basi fra gli uomini?
 
Potremo continuare all'infinito sulle traduzione.......tuttavia se non si prendono in considerazioni certi aspetti SPIRITUALI........e velati ma esistenti nelle Scritture.......continueremo a dare tutte le interpretazioni che più ci faranno comodo....ed io....voglio restare fedele a quanto i Padri della Chiesa avevano individuato.....su Maria.....LA TEOTHOKOS.....la Madre di Dio......
 
Fraternamente C.

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Consiglia Elimina    Messaggio 35 di 95 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978Pergamena Inviato: 06/07/2003 10.28
Per non rischiare di rilegare la questione sulla traduzione.....esclusivamente su Maria......poichè forzerebbe anche la traiettoria delle nostre conoscenze.....desidero riportare l'argomentio iniziale su un aspetto più generale....e già esplicito nei Vangeli.....l'incontro con i Discepoli di Emmaus.....
Se avrete la pazienza di leggere con calma quanto segue.....riusciremo a comprendere il senso delle Scritture....il loro significato....e di come porci di fronte ad esse......
Visto che l'episodio accadde ai Discepoli e che il Cristo Risorto ci dona una chiave bellissima, credo valga la pena di approfondire il testo.....
 
Buona meditazione, fraternamente C.
 
Discepoli di Emmaus
(Lc 24, 13 – 35)
(Meditazioni tratte dalle Claustrali Domenicane, si chiede un ricordo fraterno nella Preghiera)
 
Si dovrebbe normalmente partire, seguendo il racconto del Vangelo, dai primi capitoli, quelli che noi chiamiamo 'Vangelo dell'infanzia'. Ma noi sappiamo che la 'lettura' dei Vangeli sorge dall'evento della Pasqua di resurrezione, che ha capovolto completamente la visione delle cose da parte degli Apostoli.
      Ecco perché partiamo dall'ultimo capitolo, il 24, sia perché riguarda l'impatto dell'evento Pasqua sugli Apostoli, diventando ne la base di interpretazione di tutta la figura di Gesù, sia perché serve ad introdurre il modo, proprio in particolare di Luca, della tipologia e della allegoria.

      Questo brano di Luca si trova nella terza e ultima parte del suo Vangelo. Possiamo dividere tutto il Vangelo in tre parti, precedute da un prologo (Lc 1,1-4), e da una introduzione bipartita.

Introduzione     Lc 1,5-2,52 (Vangeli dell'infanzia)
II sezione         Lc 3,1-4,13 (termina con Gesù portato verso il deserto)

I parte              Lc 4,13-9,50 Attività di Gesù nella Galilea.
                                             Infatti non si sposta al di fuori della Galilea.
II parte             Lc 9,51-19,2Sviaggio verso Gerusalemme
III parte            Lc 19,29-24,53 Avvenimenti a Gerusalemme.

      Vista la divisione, partiamo ora dall'evento della resurrezione, che e il punto di forza dell'esperienza degli Apostoli. E serve anche a comprendere il modo, molto particolare di Lc, di mettere in evidenza anche i punti oscuri della vita e della testimonianza di Gesù.
      Prendiamo in mano il testo, e sappiamo che il centro della comprensione dello stesso e sempre l'insieme di affermazioni della messianicità e divinità di Gesù.
      Di fatto, se noi tentiamo di immaginare graficamente questa pagina, incontriamo una linea discendente seguita dai due discepoli di Emmaus, che parte dal calvario, il punto più alto di Gerusalemme, per arrivare a toccare non solo la parte più bassa della Giudea, ma anche della loro esperienza di fede. Stanno perdendo la speranza, sono in una situazione di disperazione. Lo sconforto accompagna la parabola discendete della loro fede.
      Ma proprio quando incontrano il fondo della loro delusione, si rivela loro il volto di Gesù dì Nazareth risuscitato. E proprio là, nel fondo della loro angoscia, inizia, in modo impercettibile, sostenuto dalla parola non del tutto chiara, ma gravida di una forza interiore travolgente, il cammino della loro conversione. E poi la parola diventa sempre più chiara, e chiara la loro fede.
È il punto di massima lontananza diventa anche quello di massima vicinanza. Questo perché Gesù 'resta con loro' , non li abbandona al loro cammino, o alle loro fantasticherie. E li riconduce, o meglio rinvia, a Gerusalemme per portare la loro bella testimonianza di fede nel Signore Risorto.
      Abbiamo così la linea che discende, e quella che risale verso la testimonianza della resurrezione. E proprio quando ritornano in città, incontrano la comunità che ha fatto la medesima esperienza, e desidera condividere la stessa gioia con chi, per vie diverse, ha scoperto il medesimo evento.
      Il centro del discorso allora sarà il momento dell'incontro, in cui al fondo dell'esperienza di angoscia umana, il Signore si fa presente per riportare l'uomo al senso vero delle cose.

      Le parole di Gesù sono molto essenziali:

      la prima volta (v. 17) Gesù interviene per sapere che tipo di discorsi stanno facendo per via.
      Anche se la domanda è la loro, tuttavia è rivolta anche a noi. In fondo i camminatori non sono solo loro, i discepoli, bensì tutti noi, che camminiamo nella storia portandoci dietro il ricordo che ci ha inciso, il ricordo de fatti avvenuti a Gerusalemme. Feriti, compunti da quei fatti, lungo il loro viaggiare non possono dimenticarli. Sono fatti sui quali si interrogano continuamente, sono in contrasto tra di loro.
      Gesù ben sa quali sono questi eventi, ma ha bisogno di sentirseli raccontare da loro.
      L' annotazione pedagogica: Gesù pur conoscendo i nostri bisogni, le nostre aspirazioni, vuole sentircele raccontare da noi, perché vissute nella memoria viva nostra e della chiesa.

      seconda volta (v. 25): tardi di cuore a credere a tutte le cose delle quali palavano i profeti, non bisognava che il Cristo patisse questa cose per entrare nella sua gloria? Vuol dire che la memoria mantenuta dai discepoli sui fatti era un racconto intrecciato di fallimento, di disperazione. Vedevano i fatti, ma all'interno di una camera oscura.
      Vedevano soltanto l'aspetto negativo delle cose, erano sopraffatti della negatività dei fatti stessi, perdendone l'alito di speranza.
      Allora li rimprovera, perché non credono alla Parola (Gv addirittura dice: se aveste creduto alle scritture, avreste creduto anche a me).
      Iniziamo ad entrare nei discorso delle scritture. Gesù sta insegnando una strada, alla comunità sopraffatta dalla stanchezza per ritrovare il senso vero delle cose, la comprensione ultima di ogni avvenimento. E questa strada è la strada, quella della Parola.
      Lc lo fa notare, al v.27 'e cominciando da Mosè e da tutti i profeti cominciò a fare ermeneutica, cominciò ad aprire (come una chiave la porta) in tutte le scritture le cose che riguardavano noi.
      Per venire fuori dai nostri momenti di angoscia, l'unica strada è quella della scritture sante, tutte, per venire fuori dall'oppressione del nostro fallimento.
Ci permettono di scoprire il senso dei fatti, della vita, e anche dello steso fallimento. È un eiden frequente in Lc: era necessario. Perché?
      È uno dei momenti più oscuri della vita di Gesù, ma anche dei discepoli: l'ombra della croce era ancora ben presente su tutti loro. È solo dopo l'indicazione ben precisa delle scritture, che scopriamo le conseguenze per noi di questo fatto.
      Ed entrò per restare con loro (v.3O), e a tavola prese il pane, benedisse, spezzò e diede loro. La sofferenza accettata al punto da lasciarsi frantumare, diviene il modo più ampio di accettare se stessi nel nome del Signore.
      Gesù tradito trasforma il tradimento in dono, fa della sua stessa uccisione un dono per i suoi nemici. La morte è sconfitta con la morte. La sofferenza attraverso la sofferenza viene dominata. E ciò che poteva apparire fallimento, nella sua morte diventa vittoria definitiva.
      Questo fiume di generosità contamina tutti coloro che in qualche modo vengono a contato con la comunità gioiosa per la resurrezione. La loro situazione esistenziale è rovesciata, debbono gridare la gioia della vita ritrovata.
      Una volta che il cuore, la mente, il cuore si è aperto, è terminato il servizio di Gesù di Nazareth. È entrato con loro, non resta però per condizionare, per continuare a dirigere, per costringere, ma come colui che è assente, che libera l'atteggiamento di responsabilità dei discepoli diventati adulti.
      Gesù è come un altro Mosè, che dopo aver condotto il popolo sulla cima del monte Nebo, lascia al popolo di continuare la strada, mentre lui sta in disparte, è presente ma non pesa.
      È un invito a scoprire la dimensione adulta del nostro essere chiesa, e chi ha compiti di responsabilità, lo deve fare come un vero servizio, non di prevaricazione, bensì come un vero servizio, di presenza discreta e autorevole, ma senza tarpare la responsabilità dei sudditi.
      E risorgendo (notare la forma del verbo, non solo alzati, ma rinnovati nella loro stessa vita), e ritornati a Gerusalemme (ripercorrono a ritroso il cammino fallimentare dell'inizio) ritrovano la comunità pronta a riconoscere il Signore, e anche chi già lo ha ritrovato nel suo cuore.
      Ci fermiamo ora sulle parole precise di Gesù dette nei vv.25-26, con l'aggiunta del commento (o meglio esplicitazione di quello che Gesù aveva detto ai discepoli) fatto dall'evangelista.
      In questi tre versetti si possono vedere le indicazioni di metodo date da Gesù stesso per far incontrare l'esperienza storica con la luce che emerge dall'evento Gesù. La storia con tutte le sue luci e ombre diventa l'interrogativo da porre alle scritture.
      Come primum non vengono le scritture, ma il dato di fatto della vita quotidiana. Ed è partendo da questo che si interrogano le scritture.
      Non tanto una conoscenza enciclopedica della Parola, bensì una conoscenza esistenziale, che ci dà il senso della storia, e in ultima analisi della vita. Se le domande saranno marginali, anche la risposta può essere marginale, mentre se le domande sono fondamentali, anche la risposta sarà tale.
L evento della resurrezione, e il fallimento che lo ha preceduto, sono la domanda centrale del nostro cammino di fede. Accettando di seguire Gesù noi siamo in un qualche modo coinvolti anche nella sua dimensione umana e spirituale. E quindi anche nel suo fallimento, culminato con l'ignominia della croce. Ecco perché seguirlo significa accettare la via (-la croce) sulla quale Lui ci conduce, e dalla quale da il senso ad ogni avvenimento della storia. Così la nostra domanda sarà una domanda sul senso del nostro fallimento, della nostra angoscia di fronte al mistero della morte.
      Quindi la risposta che dalle scritture illuminerà il fallimento di Gesù di Nazareth, sarà anche la risposta alle nostre domande di senso di fronte allo stesso fallimento.
Abbiamo così tre momenti:

      1. l'evento di Gesù di Nazareth, i fatti, la quotidianità, la storia, il vissuto;
      2. si cerca il senso interrogando le scritture;
      3. si cerca il senso delle scritture rivelato nell'evento di Cristo, e quindi necessario per cogliere il senso della nostra vita.
      4. si trova il senso delle scritture rivelato nella frazione del pane, di Gesù che attraverso l'Eucarestia diventa come un sigillo della scrittura stessa, di Lui "Parola Incarnata".

            Quando Lc mette sulla bocca di Gesù il rimprovero sulla lentezza a capire le scritture, in fondo ci invita ad aprire il cuore sulla parola della scritture, per farci procedere nel nostro camino di fede (lectio).
            Nel Signore Gesù (evento) ci viene data la chiave ermeneutica per comprendere le scritture, ciò che è caduco, e si lascia cadere, e ciò invece che permane, e questo lo riscopriamo solo in Lui.
            Quando la risposta delle scritture illumina il nostro cuore, mette a nudo ciò che accoglie la logica di Dio, e ciò che la rifiuta. A questo punto nasce l'esperienza della preghiera.
            Procediamo in modo scolastico. Abbiamo il fatto della Pasqua del Signore, che può essere capito solo se lo si mette in connessione con una miriade di fatti che hanno preparato l'evento stesso. E questi sono presenti nella tradizione ebraica, anche perché Gesù si è presentato come colui che compie quanto intuito o preannunciato nell'A.T..
      E solo alla luce dell'evento pasquale tutto il passato dev'essere ripreso. è quanto Gesù dice con la parola compimento.
            Può avere più significati: 1. portare a termine, punto finale messo ad una frase, ad un libro; 2. adempimento, quando uno mette in pratica ciò che è stato scritto, si compiono le scritture perché si mettono in pratica le indicazioni delle scritture stesse; 3. legato alla totalità di un discorso o opera, che fino alla fine si ritiene incompiuto, come le bozze di un libro che è in via di definizione.
            Tenendo conto di queste diverse accezioni, possiamo rivisitare gli avvenimenti del NT o come situazione ancora incompiute (manca il punto), oppure come potenzialità, tensioni non ancora messe in pratica. Gesù ponendosi come compimento delle scritture, si pone come la sintesi di tutti questi modi di pensare l'evento.
            Ma insieme implicitamente invita a scoprire le diverse dimensioni del suo mistero personale proprio attraverso le caratteristiche che caratterizzano singoli fatti o personaggi. Ecco perché siamo invitati spesso a soffermarci sulla fede di Abramo o Isacco, nel senso che nella misura in cui noi comprendiamo meglio il personaggio Abramo o Isacco, significa che dobbiamo mettere meglio in evidenza l'evento Cristo presente in parte già in loro. Così come attraverso la fede di Abramo che non si tira indietro nell'offerta sacrificale dell'unico figlio, risparmiato però da Dio, si apre innanzi a noi il mistero Eucaristico nel quale il Figlio di Dio è offerto sacrificalmente per la nostra redenzione in un memoriale (la Messa) che durerà fino alla fine del mondo per rendersi vivo ed operante ad ogni generazione che viene alla luce!
       Idem per il rapporto Mosè (da comprendere in tutte le sue sfaccettature) Gesù, che così viene compreso in modo più pieno.
            Ecco la connessione tra AT e NT. Non potremmo mai capire tutti gli aspetti della vita di Gesù se non l'illuminiamo attraverso le luci che emergono dai singoli personaggi dell'AT.
      Gesù è la sintesi di <U<TUTTI< >i profeti, e tutta la legge. Sottolineiamo il tutti, perché è da tutti i personaggi o i fatti debbono essere compresi per poter esprimere il mistero di Gesù.
            Ecco perché ad esempio non possiamo pretendere di conoscere la Pasqua prescindendo dall'Esodo, e via così.
            Ma una volta che la lettura dell'AT è divenuta fonte di luce per illuminare i fatti riguardanti Gesù di Nazareth, così anche tutti i fatti e i personaggi che verranno dopo di lui rifrangeranno aspetti parziali del suo mistero, e dei suoi fatti. E come abbiamo una molteplicità di patriarchi e di profeti, così abbiamo una miriade di santi nel tempo susseguente. Ma il pleroma di tutti i santi, come di tutti i patriarchi e profeti, in qualche modo combaciano con la totalità del mistero della persona di Gesù.
            Quindi nessun carisma, o dono spirituale, o altro può prescindere dalla pienezza del mistero di Gesù. C'è una prefigurazione in parallelo tra i patriarchi (tipoi, abbozzi) rispetto alla venuta di Gesù, e i santi del nuovo testamento rispetto alla pienezza della manifestazione di Gesù alla fine dei tempi. Gli uni e gli altri vivono una esperienza di pellegrinaggio, di parzialità.
            Allora è possibile mettere a fuoco tra i santi coloro che hanno messo a fuoco alcune dimensioni dei patriarchi, Abramo, Isacco, Giacobbe etc. Ma non certo nella dimensione del Cristo, che invece lo assume, senza farsi diminuire.
            Ecco perché si può leggere la storia di qualsiasi personaggio dell'AT pensandolo come se oggi fosse illuminato dall'opera e dalla vita di Gesù.
            Così non ci si deve privare di nessuna manifestazione di santi del NT, come dell'AT, pena il rischio di chiudere gli occhi su qualche aspetto importante della testimonianza di Gesù.
            Se chiudo il cuore ad uno solo dei battezzati, chiudo il cuore ad un aspetto della vita di Cristo. La canta, l'agape, deve avere le dimensioni della cattolicità, deve essere preoccupata anzitutto del pleroma. Perché se mi manca uno solo dei battezzati, mi manca la pienezza del mistero di Gesù.
            È ciò che i Padri chiamavano il senso delle scritture, che significa non leggerle in modo fantasmagorico, o più umanamente ricercando in esse appagamenti alla nostra curiosità se pur legittima, bensì in modo spirituale, nello spirito di Gesù, in modo tale che Gesù risorto possa illuminare ogni parola, ogni pagina delle scritture. perché non passerà neppure uno iota, neppure un apice, finché tutto non sia compiuto. Ed è Gesù a concludere questo incontro con i Discepoli di Emmaus attraverso un "gesto" che ha assunto da subito la sacralità del rito della salvezza, la Messa: l'Eucarestia, attraverso la quale tutta la Scrittura trova la pienezza, l'unità, il compimento. Tanto è vero che il brano di Luca termina l'episodio dicendo: < 35- Ed essi raccontarono ciò che era accaduto lungo il cammino (spiegazione delle Scritture) e di come l'avevano riconosciuto allo spezzare il pane (comprensione finale delle Scritture) >.
      Questa è quella che noi chiamiamo la lettura tipologica delle scritture, comprese attraverso i 'tipoi' , e segni che ci permettono di avvicinarci in qualche modo al mistero, che una volta conosciuto ci fa però ricomprendere appieno il valore del 'tipos'.
            In altre parole noi ci avviciniamo al testo cogliendone solo degli aspetti parziali, non perché la Parola sia oscura, o parziale, ma perché il nostro taglio scaturisce dalla limitatezza della mia prospettiva umana.
            Così non dobbiamo assolutizzare la nostra lettura, ma saperci aprire in modo semplice alle suggestioni che la Parola apre al nostro cammino.
      Altra forma per avvicinarci al testo è 'l'allegoria' La parola significa dire agli altri (alle) in piazza (goria). Significa mostrare agli altri in pubblico qualcosa.
            Riportata al testo biblico significa che il metodo della allegoria è un continuo impegno a rendere presente il mistero del Cristo agli altri. È lui il centro del discorso, è Lui colui che dobbiamo scoprire al di sotto della parola della scrittura, del primo strato, della prima interpretazione. E se non colgo al centro il mistero forte del Cristo (riconoscimento finale dei Discepoli di Emmaus allo spezzare il pane), vuol dire che la mia allegoria mi sta portando decisamente fuori strada.
            Certo il primo passo è chiedere il dono dello Spirito, poi limitarsi a utilizzare tutte le tecniche, tutti gli strumenti che sono a mia disposizione, ma senza pretendere con questo di aver esaurito la pregnanza del testo che, attenzione, esige principalmente la fede.

            Due strumenti quindi: 1) la domanda dello Spirito; 2) utilizzare tutte le tecniche a mia disposizione per cercare di penetrare meglio il mistero. Ma sempre cercando di porre le domande importanti al Signore, per non avere solo risposte parziali, o quanto pretendo di ricevere come appagamento della mia conoscenza che finirà con l'essere limitata.

      Stolti a tardi di cuore a credere alle parole del profeta... Che non capiti anche a noi!
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