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"Catholica" lineamenti d'ecclesiologia agostiniana in un libro di mons. Gherardini

Ultimo Aggiornamento: 23/01/2012 14:46
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Un nuovo libro di Monsignor Brunero Gherardini






«A tener banco è Lui, Agostino»





È uscito, in libreria, un nuovo ed istruttivo testo di Monsignor Brunero Gherardini, dal titolo La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, edito da Lindau.

«Catholica» era il termine che sant’Agostino d’Ippona, Padre e Dottore della Chiesa, utilizzava senza aggiungere il sostantivo «Ecclesia», non perché considerasse sinonimi i due vocaboli, bensì perché l’attributo sintetizzava alla perfezione tutta la «ratio Ecclesiae», significando esplicitamente che la Chiesa o è cattolica oppure non è Chiesa. Agostino vedeva con chiarezza il problema poiché visse in un tempo in cui si diffondevano con grande facilità idee sbagliate ed eresie.
Il Vescovo di Ippona fronteggiò, con Fede, amore, coraggio e capacità intellettuale fuori dal comune una situazione criticissima per l’unità della Chiesa: donatisti, manichei, pelagiani insidiavano la Sposa di Cristo con le loro false asserzioni, traviando sia ecclesiastici che ignari fedeli. Sant’Agostino ebbe ragione sui nemici della Chiesa, facendo leva sulla Tradizione, vero punto d’appoggio, riaffermando così la dottrina di sempre e riproponendo il volto lindo, trasparente e genuino della stessa Chiesa.

Con la sua mente lucida, nel mastello e nel lavacro della Tradizione, epurò principi e concetti errati, contrapponendo, con vigore, sapienza e forza, la Sposa di Cristo: la Cattolica, appunto.
Finalmente siamo di fronte ad un’opera dove non sono gli altri a parlare di Agostino, ma è il santo e Dottore ad emergere, in tutta la sua magnificenza, tanto da far affermare all’autore stesso: «Ho voluto, infatti, un’esposizione “ordinaria” insieme e “cursoria” del pensiero agostiniano sulla Chiesa, per non sovrapporre nessun altro pensiero ad esso e per non filtrarlo al setaccio degl’interpreti. A tener banco è Lui, Agostino» (1).
La storia della Chiesa ripropone, di tanto in tanto, queste imponenti sfide; pensiamo, per esempio, ai grandi scismi, alla Riforma di Lutero e di Calvino: questi terremoti, che sembrano sconquassare la Chiesa, vengono ad essere mezzo di purificazione, risanamento e ringiovanimento. A conti fatti sono i santi ad avere maggior “voce in capitolo” nella lotta contro la menzogna e le subdole macchinazioni intellettuali che hanno ben poco in comune con la semplicità e chiarezza della Verità portata da Gesù Cristo e travasata nella Tradizione scritta ed orale. Ecco allora le figure di indomiti uomini di Dio come Clemente Romano (?-97), Ignazio d’Antiochia (?-107/110), Ireneo da Lione (130–202), Tertulliano (155 ca.–230 ca.), Atanasio (295 ca.-373), Cirillo Alessandrino (370–444), Basilio (330–379), Gregorio Nazianzeno (329–390 ca.), Giovanni Crisostomo (344/354–407), Leone Magno (390 ca.–461), Gregorio Magno (540 ca.– 604), Ilario di Poitiers (315 ca.–367), Ambrogio da Milano (339/340–397), Eusebio da Vercelli (283 ca.-371) e lui, Agostino, il cartaginese battezzato da san’Ambrogio. Al loro fianco ricordiamo anche alcuni nomi successivi: Roberto Bellarmino (1542-1621), Carlo Borromeo (1538-1584), Francesco di Sales (1567-1622), Gregorio XVI (1765-1846), John Henry Newman (1801-1890), Pio IX (1792-1878), Pio X (1835-1914). Si tratta di giganti che hanno dato un contributo, a volte decisivo, alla rotta da seguire, quella insegnata da Cristo e dai suoi apostoli, da san Pietro e da san Paolo.

Sant’Agostino a «Petiliano, che l’accusava di parzialità per aver privilegiato un’unica proprietà ecclesiale, cioè la cattolicità, rispondeva dimostrando esattamente il contrario», spiega monsignor Gherardini, «Argomentava […] per dimostrare che proprio loro, i donatisti e gli aderenti alla loro eresia, si macchiavan di parzialità, tagliandosi fuori spontaneamente dalla comunione della Chiesa che si diffonde in tutta la terra e che appunto per questo è la Cattolica» (2).

La Chiesa, dunque, detentrice della Verità, per sua natura, stringe tutto ed implica, oltre all’universalità di tempo e di spazio (presenza storica qui e dovunque): la coerenza e fedeltà dottrinale a tutta la divina Rivelazione; l’assoluta compresenza fra Cristo e la Chiesa, che sant’Agostino definisce con la formula «Christus totus»; la pienezza di vita soprannaturale e dei mezzi che la diffondono, in particolare del battesimo e dell’eucaristia, che sono in definitiva la matrice della stessa Chiesa; la sua santità come continuità misterica della santità originaria di Cristo, nonché la sua perfezione costituzionale grazie alla quale nulla le manca di quel che la fa Chiesa» (3).
Sostiene Monsignor Gherardini che pochi come il genio Agostino hanno trattato l’argomento della natura della Chiesa con più frequenza e più acume teologico. Fra gli elementi sui quali insistette maggiormente fu senz’altro la genesi della Sposa di Cristo, ovvero dal costato di Gesù e il paragone per Agostino è immediato: come Eva fu tratta dalla costola di Adamo dormiente, così dal fianco squarciato di Cristo morente scaturì la Chiesa con i suoi sacramenti dai quali essa è formata o, per dirla con san Tommaso, «è fabbricata» (4). Ecco che l’Ecclesia divenne Sposa diletta di Cristo, suo Capo: «un medesimo colpo di lancia determinò la presenza della Chiesa nella sua qualità di corpo» (5).

La Chiesa è il corpo mistico di Cristo, ecco il Chritus totus: due parole per esprimere un universo di mistero e verità, due parole che condensano la catechesi scritta ed orale del Vescovo d’Ippona: egli insiste moltissimo sulla verità cristologica-ecclesiologica del Corpo mistico e non si ferma ad asserirla, ma la spiega, la sviscera, la sviluppa, in quanto bisognava «far capire che non si trattava d’un corpo comune, qual è quello umano. Né d’un corpo puramente sociale. Né d’un’entità vaga ed impalpabile, all’interno della quale i vari elementi fossero irrelevabili e confusi.

Bisognava, cioè, riportar il discorso nel suo ambito soprannaturale come il solo che dà senso alla dottrina del corpo mistico, cioè:

a) all’unità in Cristo di quanti, giustificati dalla sua grazia salvificante, vivon di essa per mezzo del mistero sacramentale della Chiesa;

b) all’unità dello stesso Verbo incarnato, Dio vero e vero uomo: Dio perché Figlio eterno dell’eterno Padre, uno con Lui e con lo Spirito che da entrambi procede; uomo perché Figlio della Vergine Maria: Uomo-Dio, dunque, che porta in sé tutt’i rinati alla vita nuova d’ogni dove e d’ogni tempo, nonché potenzialmente – in quanto chiamato alla salvezza – l’intero genere umano» (6).

Bellissime pagine si aprono poi sulla Chiesa gerarchica e piramidale: il Papa, i Vescovi, i presbiteri, i diaconi, gli ostiari, i lettori, gli accoliti, i suddiaconi, «una sfaccettatura polimorfa d’istituzionalità che porta la Cattolica su tutt’i livelli dove i suoi figli vivono ed operano, con tutti e con ognuno impegnandosi, a tutti e ad ognuno sovvenendo» (7).

Sant’Agostino spiega il perché la Chiesa è UNA, SANTA, CATTOLICA E APOSTOLICA. Monsignor Gherardini parte, appunto, dalla prima definizione, UNA. Afferma che nel nostro tempo il senso esclusivo dell’aggettivo «unus» si è perso. Il vocabolo «unus» è uno soltanto (unica la Chiesa come unico è il Figlio di Dio, avente un’unica Sposa) e non può essere paragonato a «quidam», vago riferimento di un qualcosa che è uno fra tanti. Inoltre, poiché Cristo è simultaneamente e totalmente Capo e Corpo per aver incorporato in sé ogni battezzato, ne consegue che santo non è solo il Capo, ma anche chi è nella comunione del Corpo, ovvero nella SANTA «Chiesa […] santa, la madre vostra, che dovete onorar amar e predicare come la Gerusalemme celeste, la città santa di Dio» (8). La Chiesa è Corpo, ma è anche Madre Santa che esige figli santi. Una famiglia che oltrepassa i confini, comprende tutte le nazioni e le genti, configurando in questo modo, dichiara colui che si convertì leggendo un passo della lettera di san Paolo ai Romani (9): «la Chiesa dei santi e non degli eretici: dei santi, designata da Dio prima che facesse la sua comparsa, e additata poi perché fosse riconosciuta […] Prima nei Libri Sacri, poi fra le genti» (10).

Essere dovunque, con tutti, per tutti, sempre e per sempre, in eterno… questo significa CATTOLICA e non altro. Ancora sant’Agostino parla con autorità perché nella Verità: «Gli eretici son su tutta la faccia della terra, ma non tutti dappertutto. Gli uni qui, gli altri là. Tuttavia non mancan mai […]. La superbia è la loro unica madre, così come la madre di tutt’i fedeli cristiani, sparsi in tutt’il mondo, è la nostra Chiesa cattolica. Nessuna meraviglia: la superbia ingenera lacerazioni, la carità produce l’unità» (11). Nessuna meraviglia: la superbia è sempre presente, lo sarà ancora, fino alla fine dei tempi e con essa gli errori e purtroppo anche gli orrori, da quelli generati. La gramigna mischiata al grano, le tenebre coabitanti con la luce.

Infine, APOSTOLICA: non c’è Chiesa, quella di Cristo, senza gli apostoli, perché il Corpo mistico di Nostro Signore è la Chiesa degli Apostoli che continua, senza la benché minima cesura: un unico corpo, un'unica Fede, un unico Capo. Non si tratta, dunque, di un ricordo nostalgico degli “avi” del Credo, bensì di una realtà oggettiva, viva e organica, custode e, quindi, trasmettitrice (missionaria) dell’integrità dottrinale. «L’esser e il rimanere apostolica è dunque la condizione per la quale la Chiesa è e resta una santa cattolica» (12).

La Chiesa, che ha sede a Roma per volontà del Fondatore, sarà senza macchia e senza ruga soltanto nella gloria celeste; pertanto, nel suo peregrinare «fra le persecuzioni e le consolazioni di Dio» (13), dovrà continuare a pazientare, ma anche a lottare per difendere dottrina e insegnamenti nell’attesa che il buon grano sia separato dal loglio (pianta spontanea della famiglia delle graminacee), il quale non avrà spazio e scampo nell’unità istituita da Cristo, il «Celeste Maestro», come lo chiama Agostino, unità atta a confermare la Fede dei credenti e garanzia dell’insegnamento univoco della Salvezza.
Andare alle prodigiose fonti di sant’Agostino significa capire e debellare i dubbi: grazie a Monsignor Brunero Gherardini possiamo abbeverarcene in sintesi, senza l’aggiunta di additivi o surrogati.

Brunero Gherardini, La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, LINDAU, € 18,00, pp. 202.





Cristina Siccardi
Note
(1) B. Gherardini, La Cattolica. Lineamenti d'ecclesiologia agostiniana, LINDAU, Torino 2011, p. 16.
(2) Ivi, p. 9.
(3) Ivi, p. 10.
(4) Ivi, p. 25
(5) Ivi, p. 25.
(6) Ivi, p. 33.
(7) Ivi, p. 98
(8) Sant'Agostino, Sermon., 214,11 PL 38,1071.
(9) «Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri», Rm 13, 13-14.
(10) Sant'Agostino, Enarrationes in Psalmos 149,3 PL 37, 1950.
(11) Sant'Agostino, Sermon. 46,8,18 PL 38,280.
(12) Brunero Gherardini, La Cattolica. op.cit., p. 119.
(13) Sant'Agostino, De Civitate Dei XVIII,51,2,PL 41,641.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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LA CHIESA CATTOLICA NELLA

DOTTRINA DI SANT’AGOSTINO



don CURZIO NITOGLIA

3 agosto 2011

http://www.doncurzionitoglia.com/chiesa_cattolica_e_s_agostino.htm
 
 
sant'Agostino

Prologo

● Monsignor Brunero Gherardini ha dato alle stampe la sua ultima fatica: La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana (Torino, Lindau, 2011)[1]. Essa riassume la sua attività sia di professore di ecclesiologia alla Lateranense dal 1968 e sia di Autore degli studi recenti[2] sul problema spinoso dei rapporti tra Tradizione e Concilio Vaticano II.

● S. Agostino e S. Tommaso sono i maestri preferiti dell’Autore. Egli nel suo ultimo volume espone l’insegnamento eccesiologico di S. Agostino (+ 430), il quale di fronte al pericolo di frattura e frantumazione, che correva la Chiesa nel suo tempo (donatismo e pelagianesimo), riuscì a “trovare la quadra” tornando alla dottrina di sempre o alla Tradizione apostolica e mostrando come gli errori e le divisioni contemporanei non minano l’unità della Chiesa. Oggi ci si trova in una situazione analoga ove la “Una, Santa, Cattolica e Apostolica” si trova sbattuta dai flutti del mare in tempesta della modernità e post-modernità filosofica, che ha prodotto il modernismo e neo-modernismo teologici, i quali si sono infiltrati nelle menti di molti uomini di Chiesa tanto da far sembrare che Essa stia per soccombere e frantumarsi, si fieri potest.

● Mons. Gherardini risponde al problema dell’ora presente con lo stesso metodo di S. Agostino: il ritorno alla Tradizione apostolica, quale garanzia di unità, continuità, vita e giovinezza della Chiesa sempre Santa nella sua sostanza malgrado gli uomini (buoni e malvagi) che la compongono. Quindi il rimedio alla crisi che attraversano i cattolici oggi e gli uomini di Chiesa (non la Chiesa in sé, che è divina e non muta) va affrontata e risolta col ritorno alla Tradizione quale ce la fa conoscere S. Agostino.

● Quando (nel 1600 a. C. circa) i figli di Giacobbe erano nell’indigenza e per poter sopravvivere dovettero recarsi in Egitto, ove era vice re il loro fratello Giuseppe (che avevano tentato di uccidere), si diceva tra la gente affamata: “Ite ad Joseph” per ottenere cibo e sostentamento. Oggi si può dire, coll’Autore, “Ite ad Augustinum”, per sormontare la carestia che attanaglia le anime, ben più brutta di quella che attanagliava i corpi all’epoca di Giacobbe.

 

Cristo Capo principale della Chiesa e il Papa suo Vicario in terra

● La ‘prima Sede’ è un elemento costitutivo essenziale della Chiesa. Il Papa assicura la vita, l’unità, l’apostolicità e la cattolicità della Chiesa, che è stata voluta e fondata da Cristo su Pietro e i suoi successori sino alla fine del mondo. Su Pietro la Chiesa trova la roccia su cui si fonda e che non la fa crollare[3]. Quindi coloro che non riconoscono in Pietro e nei Papi la roccia inespugnabile non riconoscono la Chiesa[4].

● L’Ipponate prosegue: “Petrus petra, petra Ecclesia”[5]; insomma la Chiesa ha per fondamento Pietro, che è il Vicario di Cristo su questa terra. Gesù è il capo principale e invisibile mentre Pietro è il Capo secondario, subordinato e visibile della Chiesa. Quindi, Pietro, anche se roccia subordinata a Cristo e suo prolungamento storico su questa terra, nella catena ininterrotta di suoi successori impersona e sintetizza la Chiesa. Perciò “ubi Petrus, ibi Ecclesia” e “sine Petro, nulla Ecclesia”. Sempre S. Agostino scrive: “Ergo in Petri nomine figurata est Ecclesia”[6] e ancora: “Sic Petrus ab hac petra appellatus, personam Ecclesiae figuraret”[7]. Ma, come spiega S. Paolo “Petra autem erat Christus” (1 Cor., X, 4). Quindi la Pietra, che secondariamente è Pietro, principalmente è Cristo. S. Agostino, con uno dei suoi giochi di parole, spiega: «Non dictum est illi “Tu es petra”, sed “Tu es Petrus”. Petra autem erat Christus; quem confessus Simon, dictus est Petrus».

● La Cattedra da cui insegna, governa e santifica Pietro è stata istituita da Cristo per confermare la Fede dei credenti e per garantire l’unità, la santità, la cattolicità e l’apostolicità della Chiesa. Pietro e Roma hanno una preminenza su ogni Apostolo e Vescovo, in quanto sono secondariamente “la pietra [principale] che è Cristo”. L’unità, con le altre tre note, e la visibilità della Chiesa si personificano in Pietro. Pietro è la sintesi della Chiesa stessa. Quindi senza Pietro o Papa non sussiste la Chiesa, che è in comunione con Cristo tramite il Primo e il Principe degli Apostoli[8]. Per cui tutto ciò che avviene fuori della catena di Pietro e dei suoi successori è fuori dell’apostolicità formale della Chiesa[9] ed evidenzia lo staccarsi dei rami secchi dal tronco vitale della Chiesa di Cristo. I rami secchi non hanno la vita che è Cristo “Ego sum Vita…” e sono gli eretici e gli scismatici formali, ai quali manca la linfa vitale della pianta che è la Chiesa, ossia Pietro e Cristo[10]. I Vescovi sono ‘pastori’ dei fedeli o ‘agnelli’, ma ‘pecorelle’ sotto Pietro, il ‘Principe dei pastori’, alla scuola dell’unico Maestro, “Via, Verità e Vita”, che è Cristo[11].

● L’apostolicità è, nella crisi che l’ambiente ecclesiale sta vivendo, la nota più utile e importante per capire cosa succede e porre rimedio a tanto male. Senza Apostoli non sussiste la Chiesa di Cristo, poiché Gesù stesso l’ha fondata su di loro. Ma senza il Principe degli Apostoli, senza Pietro, che è la ‘pietra’ secondaria e subordinata a Cristo, gli Apostoli sono slegati da Cristo. È allora assolutamente necessaria la presenza del Papa e dei Vescovi in atto o in essere e non solo in potenza o in fieri. Infatti, se la Chiesa fosse in potenza o in divenire, non sarebbe con Cristo tutti i giorni dal calvario sino alla fine del mondo, ma lo sarebbe ad intervalli, certe volte in atto o in essere e certe altre solo in potenza o in fieri. Ma il fieri non è l’essere. Quindi il Papa e i Vescovi in fieri non sono la Chiesa esistente in atto, ma la “Chiesa cosmica” che diviene, come il “Cristo cosmico” di Teilhard. Il Papato o la Chiesa materialiter sono la “Chiesa cosmica”, che si evolve continuamente e passa  dalla potenza all’atto. Invece Cristo ha fondato una Chiesa sul Papato in atto d’essere e non in divenire perpetuo o a intermittenza: Pietro e gli Apostoli erano Papa e Vescovi in atto e formalmente, non in potenza, in fieri o materialmente. La Chiesa poggia sull’essere, sull’atto e la forma, non sul divenire, la potenza e la materialità. Come la sana filosofia si fonda sull’essere e non sul divenire. La filosofia dell’essere è la filosofia perenne e sana, mentre la filosofia del divenire è la filosofia falsa o sofistica della modernità. Così la Chiesa o il Papato materiale o in divenire è un Papato concepito dalla mente di un uomo, fosse anche un grandissimo teologo (che non è Cristo in terra né il Magistero ecclesiastico), ma non è la Chiesa voluta da Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

● Se i “gerarchi” ecclesiali e spirituali sono i successori formali di Cristo, di Pietro e degli Apostoli, sono la Chiesa di Cristo come Cristo l’ha voluta; altrimenti sono una “emergenza”, un’“escrescenza”, una “protuberanza” o un prodotto dell’intelletto (cometa dialettica hegeliana) in uno stato di “emergenza”, il quale potrebbe giustificare una soluzione “emergente” o “protuberante” in divenire, ma non stabile e non fondata sull’immutabilità dell’essere. Tale prodotto dell’intelletto umano è essenzialmente diverso dalla Chiesa di Cristo. Il reale stato di emergenza o necessità in cui ci troviamo non ci autorizza a cambiare l’essenza della Chiesa, quale Cristo l’ha voluta e fondata, idealizzandone una in fieri o in potenza o materiale, che non è (est, da esse) ma diviene (fit da fieri). La Chiesa è stata, è e sarà in atto; non in divenire, proprio come Cristo è hodie, heri et in saecula, “semper idem” e non “semper in fieri”. La successione apostolica vera è quella formale, alimentata dalla sua radice, che è la ‘Pietra’, Cristo, e il suo Vicario in terra, ‘Pietro’. S. Agostino insegna che una semplice successione materiale, non unita formalmente con la sua radice, sarebbe sterile[12]. Come un tralcio che parte da rami recisi e secchi non è vivo e fruttuoso, così una successione apostolica solamente materiale è morta e mortifera. È una “successione” o “protuberanza” storica, cronologica, materiale, fisica, ma non apostolica, viva e vivificante[13].

 

Rapporti tra Stato e Chiesa

● Al capitolo VII del suo libro mons. Gherardini tratta dell’origine divina del potere civile[14]. Secondo S. Agostino[15] il governante o Principe deve amministrare la res publica con un’attività volta al bene comune, ossia per far conseguire ai cittadini il bene morale e far loro evitare il male. L’origine remota – come rivela S. Paolo (Rom., XIII, 1) – del potere è divina. Il governo, quindi, è buono se rispetta la sua natura, ossia la Causa efficiente da cui trae l’Autorità, che è Dio, e la sua Causa finale, che è il bene comune temporale subordinato a quello morale o spirituale. Altrimenti, se non riconosce Dio come sua Causa efficiente e non ha di mira il vivere virtuosamente (naturale e soprannaturale) il governo è cattivo, anzi è paragonabile ad “una banda di ladroni”[16].

● Il buon governante deve, secondo S. Agostino e tutti i Padri greci e latini, mettersi al servizio del bene e deve promuovere socialmente o assieme alla Società civile o Stato la Religione divina[17]. L’obbedienza all’Autorità civile, tuttavia, è condizionata al di lei mantenersi nella finalità morale (vivere virtuoso) e nella dipendenza da Dio (causalità efficiente). Altrimenti, l’Autorità diventa tirannia ed è lecito resisterle a certe determinate condizioni (specialmente quella di non rendere la situazione posteriore peggiore di quella anteriore)[18].

● Secondo l’Ipponate il governante cristiano non solo deve provvedere alla pace interna ed esterna della Società civile, ma anche a quella spirituale, cioè lo Stato deve favorire la Chiesa nella sua missione di espandere il Regno di Dio in tutto il mondo[19]. Certamente la Chiesa e lo Stato non possono costringere a fare il bene, che non sarebbe più libero e meritorio, ma debbono proibire di fare il male[20]. Anzi, per difendere la Fede, è lecito chiedere anche l’intervento di chi porta la spada. Infatti se il Principe deve punire i crimini civili, perché mai gli si dovrebbe impedire di reprimere anche i crimini spirituali (l’eresia e lo scisma)? Siccome l’eresia e lo scisma sono un male, anzi il massimo dei mali, chi porta la spada non può non servirsene per reprimerli[21].

● S. Agostino confuta con 1000 anni di anticipo l’obiezione dei catto-liberali secondo i quali l’uomo, come singolo individuo, è religioso, ma, come cittadino facente parte di uno Stato, deve essere neutrale in materia religiosa (cfr. Concilio Vaticano II, Dichiarazione Dignitatis humanae, sulla “Libertà religiosa”, 7 dicembre 1965). L’Ipponate infatti afferma che il Principe serve Dio in due modi: come uomo vivendo la Fede informata dalla Carità e come Governante facendo leggi conformi a quella divino-naturale, facendole rispettare e punendo i loro trasgressori[22].

 

Conclusione

1°) Se - in matematica - si toglie il ‘numero 1°’, cadono tutti gli altri numeri. Così - in teologia - se si toglie la ‘prima Sede’ la Chiesa non ha più fondamento. Ma questo è un assurdo, reso impossibile dalle promesse di Gesù alla sua Chiesa.

2°) ‘Pietro’ o Cefa significa ‘Pietra’: “Petra autem erat Christus” (1 Cor., X, 4). La Chiesa coincide con e si fonda su Cristo, suo Capo invisibile, e con/su Pietro, suo Capo visibile: Ubi Petrus ibi Ecclesia.

3°) Pietro e Cristo sono Persone in atto, non in divenire. Altrimenti avremmo, oltre il “Cristo cosmico” di Teilhard de Chardin, il “Papa cosmico” e la “Chiesa cosmica”.

4°) La Chiesa ha fatto sua la filosofia e teologia dell’essere stabilmente immutabile ed ha ripudiato quella del divenire in continuo cambiamento o in “moto perpetuo”. La Tesi del Papato in divenire è contraria allo spirito della sana ragione, della retta teologia e al “sentire cum Ecclesia”: “Stat Beata Trinitas dum volvitur orbis”.

5°) Lo Stato deve essere subordinato alla Chiesa come il corpo all’anima, la materia alla forma, la potenza all’atto, il divenire all’essere. S. Agostino - assieme a tutti i Padri ecclesiastici - ha insegnato la dottrina della cooperazione gerarchica tra Stato e Chiesa. Mons. Gherardini ha compendiato nel suo ultimo volume questi princìpi sulla Chiesa in sé ed in rapporto alla Societas o Polis. La Chiesa “non può non fare politica” (San Pio X), che non è partitica ma è la virtù di Prudenza applicata alla Società civile, essendo l’uomo un “animale sociale per natura” (Aristotele e S. Tommaso).

 

don CURZIO NITOGLIA

 

3 agosto 2011

http://www.doncurzionitoglia.com/chiesa_cattolica_e_s_agostino.htm


 
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[1] Corso Re Umberto, n. 37, 10128-Torino; www.lindau.it, pagine 200, 18 euro.

[2] Gli altri suoi libri più recenti sul problema ecclesiologico in relazione alla tematica del Concilio Vaticano II in “continuità” o in rottura con la Tradizione apostolica sono: Brunero Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; Id., Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Id.,Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Id., Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011.

[3] S. Augustinus, De baptismo contra Donatistas, II, 1.

[4] S. Aug., De agone christiano, 31, 33.

[5] Enarr. In Ps. 103, 3, 2.

[6] Retractationes, I, 21.

[7] In epist. Johann. ad Parthos, 10, 1.

[8] Cfr. B. Gherardini, La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011, pp. 77-78.

[9] S. Aug., Ep., 53, 1, 2.

[10] Ep., 232, 3.

[11] S. Aug., Contra Cresconium, II, 11, 13.

[12] Psalmus contra partem Donati, PL 43, 30.

[13] S. Aug., Ep. 223, 3. Cfr. B. Gheradini, La Cattolica, cit., pp. 121-124.

[14] B. Gheradini, La Cattolica, cit., p. 147.

[15] S. Aug., Contra Faustum manichaeum, XXII, 75; Id., De civitate Dei, IV, 4 e V, 1; Id., Serm., 358, 6.

[16] S. Aug., De civitate Dei, IV, 4: “Remota iustitia, regna sunt magna latrocinia”.

[17] S. Aug., Contra Cresconium, III, 51, 56; Id., De civitate Dei, V, 24.

[18] S. Aug., De catechizandis rudibus, 21, 37. I “rudi” non sono i “rozzi”, ma coloro che ancora non conoscono la dottrina cristiana.

[19] S. Aug, Contra Cresconium, II, 19; III, 51-56.

[20] S. Aug., Contra litteras Petiliani, II, 38, 183-184.

[21] S. Aug., Contra epistulam Parmeniani, I, 10, 16.

[22] S. Aug., Epist., 185, 5, 19.
 

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sant'Agostino d'Ipponia: LA VERA RELIGIONE


Il Cristianesimo come vera religione e la sua diffusione universale.

3. 3. Posso tuttavia dire, con la massima sicurezza e con buona pace di tutti coloro che amano ostinatamente i loro libri, che non si può dubitare, in questi tempi segnati dal Cristianesimo, quale religione sia da preferire e costituisca la via per la verità e la felicità.(...)

 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di Lui e niente senza di Lui . E, per far sì che questa verità sia compresa, amata e goduta, di modo che l’anima sia risanata e l’occhio della mente si rinvigorisca per accogliere una luce così grande, agli avari si dice: Non accumulate tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; accumulate invece tesori nel cielo, dove né la tignola né la ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, ivi sarà anche il tuo cuore ; ai lussuriosi: Chi semina nella carne, dalla carne raccoglierà corruzione; mentre chi semina nello spirito, dallo spirito raccoglierà vita eterna ; ai superbi: Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato ; agli iracondi: Hai ricevuto uno schiaffo, porgi l’altra guancia ; ai litigiosi: Amate i vostri nemici ; ai superstiziosi: Il regno di Dio è in mezzo a voi ; ai curiosi: Non cercate le cose che si vedono, ma quelle che non si vedono; quelle che si vedono infatti sono temporanee, quelle che non si vedono eterne ; e infine si dice a tutti: Non amate il mondo e ciò che è del mondo, perché tutto quello che è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia mondana .

3. 5. Queste massime oggi vengono lette ai popoli in tutto il mondo e sono ascoltate con la più schietta venerazione. Dopo tanto sangue, tanti roghi, tante croci di martiri, le chiese infatti sono sorte con tanta maggiore fertilità ed abbondanza fin tra le popolazioni barbare. Ormai più nessuno si meraviglia delle migliaia di giovani e fanciulle che rinunciano al matrimonio per vivere castamente; mentre Platone, che aveva fatto lo stesso, si dice che fosse tanto condizionato dalle perverse idee del suo tempo da far sacrifici alla natura, quasi per purificarsi da un atto peccaminoso. Queste cose invece oggi sono così accettate che sarebbe una mostruosità metterle in discussione, come una volta lo era il ritenerle possibili. A questa promessa e a questo impegno, in ogni parte abitata della terra, sono affidati i misteri cristiani. Ogni giorno queste massime sono lette e illustrate dai sacerdoti nelle chiese, e coloro che si sforzano di attuarle si battono il petto; e sono così numerosi coloro che si mettono per questa via che isole un tempo deserte e terre desolate si riempiono di uomini di ogni genere, i quali, abbandonate le ricchezze e gli onori di questo mondo, vogliono dedicare tutta la vita all’unico e sommo Dio. Infine, nelle città, nei villaggi, nei luoghi fortificati, nei borghi e anche nelle campagne e nelle private dimore questa scelta è così condivisa e la fuga dai beni terreni per consacrarsi all’unico vero Dio così cercata, al punto che ogni giorno per l’intero universo il genere umano quasi ad una sola voce risponde di avere i cuori in alto, rivolti a Dio . Se è accaduto tutto ciò, perché dunque sbadigliamo ancora per le gozzoviglie di ieri e ricerchiamo i segni della volontà divina negli animali sacrificati? E perché, quando si viene ad una discussione, preferiamo avere la bocca che risuona del nome di Platone piuttosto che il cuore ripieno della verità?

Non meritano considerazione i filosofi che restano attaccati alle realtà sensibili.

4. 6. Chi, dunque, reputa cosa inutile o dannoso il disprezzo di questo mondo sensibile e la purificazione dell’anima con la virtù, sottomettendola al sommo Dio, deve essere confutato con altri argomenti, se mai vale la pena di discutere con lui. Chi invece ammette che è cosa buona e desiderabile, cerchi di conoscere Dio e si sottometta a Lui per mezzo del quale ormai tutti i popoli si sono persuasi che queste verità vanno credute. Di certo, lo farebbero anche i filosofi, se ne fossero capaci; oppure, se non lo facessero, non potrebbero evitare l’accusa di essere invidiosi. Prendano atto della loro inferiorità rispetto a chi è stato capace di farlo; la curiosità e la vana presunzione non impediscano loro di riconoscere la differenza che c’è tra le timide congetture di pochi e la manifesta salvezza e rigenerazione dei popoli. Se infatti ritornassero in vita quegli illustri uomini dei cui nomi costoro si gloriano e trovassero le chiese gremite e i templi deserti, e il genere umano che, non più attratto dalla cupidigia dei beni temporali e caduchi, corre verso la speranza della vita eterna e verso i beni dello spirito e dell’intelletto, forse direbbero (se fossero tali quali si tramanda che siano stati): “ Queste sono le verità di cui non abbiamo osato persuadere i popoli; abbiamo ceduto ai loro costumi di vita invece di condurli alle nostre convinzioni e ai nostri propositi ”.
4. 7. Pertanto, se quei grandi uomini potessero di nuovo vivere con noi, di certo si renderebbero conto qual è l’autorità che più facilmente provvede all’umanità e, operato qualche cambiamento nel linguaggio e nel modo di pensare, diventerebbero cristiani, come hanno fatto la maggior parte dei Platonici dell’epoca più recente e della nostra. Se invece non lo riconoscessero e non lo facessero, perseverando nella superbia e nell’invidia, non vedo come, impigliati in queste meschinità, sarebbero capaci di rivolgersi di nuovo verso quei beni che, anche a loro avviso, si devono amare e desiderare. Non so poi se tali uomini si facciano ostacolare da un terzo vizio, cioè dalla curiosità di consultare i demoni: è, questo, un vizio troppo puerile; eppure è quello che allontana dalla salvezza cristiana in modo particolare i pagani, con i quali abbiamo ora a che fare.

La Chiesa cattolica e le sue sètte. [SM=g1740733]

5. 8. Ma, quale che sia la presunzione dei filosofi, per chiunque è facile capire che la vera religione non va cercata tra coloro che condividevano con il popolo gli stessi culti, mentre nelle loro scuole, pur in presenza della medesima moltitudine, proclamavano dottrine diverse e persino opposte sulla natura degli dèi e sul sommo bene. Perciò, anche se l’insegnamento cristiano non avesse fatto altro che guarirci da questo unico grande vizio, nessuno potrebbe dire che non sia da celebrare con ineffabile lode. Le innumerevoli eresie, che si sono allontanate dalla disciplina cristiana, attestano che sono esclusi dalla partecipazione ai sacramenti coloro che, intorno a Dio Padre, alla sua Sapienza e al Dono divino, pensano in modo diverso da come la verità richiede e cercano di convincerne gli altri. Così appunto si crede e si insegna - e questo è il principio della salvezza umana - che la filosofia, cioè l’amore della sapienza, e la religione sono la stessa cosa, dal momento che non partecipano con noi ai sacramenti coloro di cui non condividiamo la dottrina.

5. 9. Ciò desterà poca meraviglia in riferimento a coloro che vollero differenziarsi anche nella liturgia sacramentale, come lo è dei cosidetti Serpentini, dei Manichei e di alcuni altri. Ma questo fatto va tenuto in maggiore considerazione e va fortemente sottolineato in rapporto a coloro che, pur celebrando sacramenti identici ai nostri, tuttavia si differenziano da noi nella dottrina, preferendo difendere i loro errori con zelo piuttosto che correggerli con la dovuta prudenza. Pertanto, esclusi dalla comunione cattolica e dalla partecipazione ai suoi sacramenti, benché fossero identici ai loro, hanno meritato denominazioni e assemblee proprie, non solo per il loro linguaggio ma anche per i loro culti: così i Fotiniani, gli Ariani e molti altri. [SM=g1740733]
Diversa è la questione relativamente a coloro che si fecero promotori di scismi.

Infatti avrebbero potuto restare, come paglie, nell’aia del Signore fino al momento del vaglio finale, se non avessero ceduto, per eccessiva leggerezza, al vento della superbia e non si fossero, di propria iniziativa, separati da noi. I Giudei poi, sebbene rivolgano le loro preghiere all’unico onnipotente Dio, tuttavia, poiché si attendevano da Lui soltanto beni temporali e visibili, per eccessiva presunzione non hanno voluto riconoscere nelle loro stesse Scritture gli esordi del nuovo popolo che sorgeva dall’umiltà e così sono rimasti nella condizione dell’uomo vecchio. Di conseguenza, la vera religione non va cercata né nella confusione dei pagani né nella feccia degli eretici né nella fiacchezza degli scismatici né nella cecità dei Giudei , ma solo tra quelli che si chiamano cristiani cattolici, o ortodossi, ossia che ne custodiscono l’integrità e seguono la retta via.

Anche gli erranti rientrano nel piano di salvezza previsto dalla divina Provvidenza e realizzato dalla Chiesa.

6. 10. La Chiesa cattolica, diffusa saldamente ed ampiamente per tutta la terra, si serve di tutti gli erranti per i propri fini e per farli redimere, se vorranno svegliarsi. Si serve infatti dei gentili come terreno di proselitismo, degli eretici a riprova della propria dottrina, degli scismatici a dimostrazione della propria stabilità, dei Giudei come termine di confronto per la propria eccellenza. Pertanto invita i primi ed esclude i secondi, abbandona gli altri ed oltrepassa gli ultimi; a tutti comunque dà la possibilità di partecipare alla grazia di Dio, sia che si tratti ancora di formare o di correggere, sia che si tratti di recuperare o di accogliere. Nei confronti poi dei suoi membri carnali, cioè di coloro che vivono e giudicano secondo la carne, li tollera come la pula protegge il frumento nell’aia fino a che esso non venga liberato di tale protezione . Ma, siccome in quest’aia ciascuno è pula o frumento a seconda della sua volontà, il peccato o l’errore di ciascuno viene tollerato fino a che egli non trovi un accusatore o non difenda la sua perversa opinione con tenace animosità. Gli esclusi, infine, o ritornano perché pentiti oppure, facendo cattivo uso della libertà, si perdono nella dissolutezza per ammonirci ad essere vigili; oppure suscitano scismi per mettere a prova la nostra pazienza; oppure escogitano qualche eresia per offrirci l’opportunità di saggiare la nostra intelligenza. Questa è la sorte dei cristiani carnali, che non fu possibile né correggere né tollerare. [SM=g1740733]

6. 11. Spesso la divina Provvidenza permette anche che, a causa di alcune rivolte troppo turbolente dei carnali, gli uomini buoni siano espulsi dalla comunità cristiana. Ora essi, se sopporteranno pazientemente l’ingiusto affronto per la pace della Chiesa, senza cercare di dar vita a qualche nuovo scisma o eresia, con ciò insegneranno a tutti con quanta autentica disponibilità e con quanta sincera carità si deve servire Dio. È loro intenzione infatti ritornare, una volta cessata la tempesta; oppure - se ciò non è loro concesso sia per il perdurare della tempesta sia per il timore che, con il loro ritorno, ne sorga una simile o più furiosa - non abbandonano la volontà di aiutare coloro che, con i loro fermenti e disordini, ne provocarono l’allontanamento, difendendo fino alla morte, senza ricorrere a segrete conventicole e mediante la loro testimonianza, quella fede che sanno proclamata dalla Chiesa cattolica. Il Padre, che vede nel segreto, nel segreto li premia . Questo caso sembra raro; gli esempi però non mancano, anzi sono più numerosi di quanto si possa credere. Così la divina Provvidenza si serve di ogni genere di uomini e di esempi per guarire le anime e formare spiritualmente il popolo.

Le ragioni della fede e dell’adesione alla Chiesa.

7. 12. Perciò, mio carissimo Romaniano, poiché già da qualche anno ti ho promesso di farti conoscere il mio pensiero sulla vera religione, mi pare giunto il momento di farlo poiché, dato l’affetto che mi lega a te, non potrei consentire più a lungo che le tue domande così acute restino sospese, senza alcun esito sicuro. Lasciamo dunque da parte tutti quelli che non sanno essere né filosofi nelle questioni religiose né religiosi nelle questioni filosofiche e quanti, per un’errata convinzione o per qualche ostinato rancore, si sono allontanati dalla disciplina e comunione della Chiesa cattolica e quanti ancora non hanno voluto accogliere né la luce delle Sacre Scritture né la grazia del popolo spirituale, cioè il Nuovo Testamento, dei quali ho fatto cenno nel modo più breve possibile. Dobbiamo attenerci alla religione cristiana e alla comunione della sua Chiesa, che è cattolica ed è chiamata tale non solo dai suoi membri, ma anche da tutti i suoi nemici.
 Lo vogliano o no, infatti gli stessi eretici e i sostenitori di scismi, quando parlano non fra loro ma con gli estranei, chiamano cattolica soltanto la Chiesa cattolica. Del resto, non riuscirebbero a farsi comprendere se non la distinguessero con il nome con cui è designata da tutto il mondo.

[SM=g1740771] continua....

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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23/01/2012 14:42
 
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[SM=g1740733] 7. 13. Il caposaldo di questa religione è costituito dalla storia e dalla profezia del manifestarsi nel tempo della divina Provvidenza per la salvezza del genere umano, che doveva essere restituito alla sua condizione originaria in vista della vita eterna.
 Credendo queste cose, si terrà uno stile di vita conforme ai divini precetti, per cui la mente si purificherà e diventerà capace di comprendere le realtà spirituali, che non hanno né passato né futuro ma, non essendo soggette a mutamento, restano sempre identiche, ossia l’unico stesso Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo.
Una volta capita questa Trinità, per quanto è consentito in questa vita, senza alcuna esitazione si comprende che ogni creatura dotata di intelletto, di anima e di corpo, in quanto è, trae il suo essere da questa Trinità creatrice, dalla quale ha la sua forma ed è regolata nel modo più ordinato possibile. Ciò però non va inteso come se, dell’intero creato, una parte l’avesse fatta il Padre, un’altra il Figlio e un’altra ancora lo Spirito Santo, ma nel senso che il Padre, mediante il Figlio, nel dono dello Spirito Santo, ha creato simultaneamente tutte le cose ed ogni singola natura. Infatti ogni cosa, sostanza, essenza o natura, o con quale altra parola la si voglia meglio designare, ha queste tre proprietà insieme: di essere qualcosa di uno, di distinguersi da tutto il resto per la sua forma propria e di avere un suo posto nell’ordine naturale.

Autorità e ragione. Anche gli eretici giovano alla Chiesa cattolica.

8. 14. Con questa conoscenza apparirà chiaro all’uomo, per quanto gli è consentito, come ogni cosa sia sottomessa a Dio, suo Signore, secondo leggi necessarie, inviolabili e giuste. Perciò tutte quelle cose, che prima abbiamo creduto confidando unicamente nell’autorità , in parte le comprendiamo come evidenti, in parte come tali che possono diventare evidenti ed è opportuno che lo diventino. Quindi compiangiamo gli increduli i quali, invece di credere insieme a noi, preferirono irridere la nostra fede. Una volta conosciuta l’eternità della Trinità e la mutevolezza della creatura, infatti la sacra e santa incarnazione, il parto della Vergine, la morte del Figlio di Dio per noi, la sua resurrezione dai morti, la sua ascensione al cielo, il suo sedersi alla destra del Padre, la remissione dei peccati, il giorno del giudizio, la resurrezione dei corpi non sono più soltanto oggetto di fede, ma vanno considerati anche come espressione della misericordia che il sommo Dio mostra nei confronti del genere umano.

8. 15. Ma, siccome è stato detto con assoluta verità che è necessario che vi siano molte eresie, perché risulti manifesto chi sono i veri credenti tra voi , serviamoci anche di questo beneficio della divina Provvidenza. Gli eretici infatti sorgono fra quegli uomini che errerebbero ugualmente, anche se restassero nella Chiesa. Per il fatto che ne sono fuori, invece sono di grande giovamento, non certo perché insegnano il vero che non conoscono, ma perché spingono i cattolici carnali a cercarlo e i cattolici spirituali a renderlo manifesto. [SM=g1740733]
Nella santa Chiesa sono moltissimi gli uomini cari a Dio , ma essi restano tra noi sconosciuti almeno fino a che, trovando noi piacere nelle tenebre della nostra ignoranza, preferiamo dormire piuttosto che contemplare la luce della verità . E però sono molti quelli che sono svegliati dal sonno ad opera degli eretici, perché vedano il giorno del Signore e ne gioiscano . Serviamoci dunque anche degli eretici, non per condividerne gli errori, ma per essere più vigili e scaltri nel difendere la dottrina cattolica contro le loro insidie, anche se non siamo capaci di ricondurli alla salvezza.

(...)

10. 19. Guardiamoci dunque dal servire la creatura invece del Creatore, dal perderci dietro alle nostre fantasie : in questo consiste la perfetta religione. Infatti, se stiamo vicini al Creatore eterno, necessariamente anche noi saremo resi eterni. Ma l’anima, sommersa e avvolta dai peccati, di per se stessa non sarebbe capace né di scorgere né di raggiungere questa meta, poiché non troverebbe tra le realtà umane nessun punto d’appoggio che le consenta di afferrare quelle divine e attraverso il quale, perciò, l’uomo possa cercare di innalzarsi dalla vita terrena alla somiglianza con Dio. Per questo motivo l’ineffabile misericordia divina viene in aiuto in parte di ciascun uomo, in parte dello stesso genere umano, secondo un’economia di ordine temporale, per mezzo di creature mutevoli ma sottomesse alle leggi eterne, allo scopo di ricordare loro la loro primitiva e perfetta natura. Un aiuto di tal genere è ai nostri tempi la religione cristiana nella cui conoscenza e pratica è la garanzia assoluta della salvezza.

10. 20. Molti sono i modi in cui la verità può essere difesa contro i chiacchieroni e resa accessibile a chi la ricerca: è Dio stesso onnipotente che la rivela mediante se stesso e aiuta coloro che hanno buona volontà a intuirla e contemplarla, per mezzo di angeli buoni e di alcuni uomini. Spetta poi a ciascuno servirsi del metodo che gli pare più adatto per coloro con i quali deve trattare.
Da parte mia, dopo aver considerato a lungo e attentamente la questione, nel tentativo di capire quali uomini parlino a vanvera e quali cerchino la verità sul serio ovvero quale io stesso sono stato, sia quando semplicemente cianciavo sia quando l’ho cercata veramente, ho ritenuto che fosse meglio procedere in questo modo: tieni ben saldo ciò che hai riconosciuto come vero e attribuiscilo alla Chiesa cattolica; respingi invece ciò che è falso e, poiché sono solo un uomo, perdonami; accetta ciò che ti pare dubbio, fino a che o la ragione non ti avrà dimostrato o l’autorità non ti avrà ordinato di respingerlo o di riconoscerlo come vero oppure di continuare a crederlo. [SM=g1740721]

Per quanto puoi, dunque, presta attenzione in modo diligente e pio a ciò che segue; Dio infatti non può che aiutare gli uomini che si comportano così.

[SM=g1740771] continua...........


Fraternamente CaterinaLD

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[SM=g1740733]Esortazione a seguire la vera religione.

55. 107. Stando così le cose, vi esorto, o uomini carissimi e a me vicini, e con voi esorto me stesso, a correre quanto più celermente possibile verso la meta a cui Dio ci chiama attraverso la sua Sapienza. Non amiamo il mondo, perché tutto quello che è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e vanità mondana . Non desideriamo di corrompere e di lasciarci corrompere dal piacere della carne, per non incorrere nell’ancora più miserevole corruzione dei dolori e dei tormenti. Non amiamo le contese, per non essere consegnati in potere degli angeli che ne gioiscono, ed essere così umiliati, incatenati e percossi. Non amiamo gli spettacoli visibili per evitare che, con l’allontanarci dalla verità e con l’amare le ombre, siamo gettati nelle tenebre .

55. 108. Facciamo in modo che la nostra religione non consista in vuote rappresentazioni. Una cosa qualsiasi infatti, purché vera, è migliore di tutto quello che può essere immaginato ad arbitrio; non per questo, comunque, dobbiamo venerare l’anima, sebbene essa sia un’anima vera, quando immagina cose false. Un vero filo di paglia è migliore della luce prodotta dalla vana immaginazione di chi fantastica a suo piacimento; tuttavia, è da folle ritenere che si debba venerare il filo di paglia che vediamo e tocchiamo. Facciamo in modo che la nostra religione non consista nel culto delle opere umane. Sono migliori, infatti, gli artefici che le hanno fabbricate, anche se non è questo un motivo per venerarli. Che non consista nel culto di animali; migliori di essi, infatti, sono anche gli ultimi tra gli uomini che, comunque, non dobbiamo venerare. Che non consista nel culto dei morti; perché, se sono vissuti piamente, è da ritenere che non ricerchino tali lodi, ma vogliano invece che veneriamo Colui per la cui luce gioiscono, condividendo con essi il loro merito . Dobbiamo dunque rendere loro onore come esempi, non come oggetto di culto religioso. Se essi invece hanno vissuto male, ovunque siano, non dobbiamo venerarli. Che non consista nel culto dei demoni, perché ogni superstizione, mentre per essi è un onore e un trionfo, per gli uomini è un grande tormento e una pericolosissima infamia.

55. 109. La nostra religione non consista nel culto delle terre e delle acque, perché già l’aria, anche piena di caligine, è più pura e più luminosa di esse; comunque non la dobbiamo venerare. Come pure non consista nel culto dell’aria più pura e più limpida, perché si oscura quando manca la luce; peraltro, più puro di essa è lo splendore del fuoco, ma non per questo lo dobbiamo venerare, dal momento che lo accendiamo e lo spegniamo a nostro piacimento. Non consista nel culto dei corpi eterei e celesti perché, sebbene siano giustamente anteposti a tutti gli altri corpi, tuttavia sono inferiori a qualsiasi forma di vita. Se poi sono animati, qualsiasi anima è per se stessa migliore di ogni corpo animato e, tuttavia, nessuno riterrà degna di venerazione un’anima soggetta ai vizi. Non consista nel culto di quella vita che si dice propria degli alberi, perché è una vita priva di sensibilità. È dello stesso genere di quella da cui procede anche l’armoniosa struttura del nostro corpo, nonché la vita delle ossa e dei capelli, che vengono tagliati senza che se ne provi sensazione alcuna. La vita sensibile è di certo migliore di tale vita e, tuttavia, non dobbiamo venerare la vita degli animali.

55. 110. Non consista la nostra religione neppure nella stessa perfetta e sapiente anima razionale, né in quella preposta al governo dell’universo o delle sue parti, né in quella che nei grandi uomini attende la trasformazione che la rinnovi, perché ogni vita razionale, se è perfetta, obbedisce all’immutabile verità che le parla interiormente senza strepito, mentre, se non le obbedisce, diviene viziosa. Non è per se stessa perciò che eccelle, ma per quella verità cui obbedisce di buon grado. Di conseguenza, ciò che è venerato dal più elevato degli angeli deve essere venerato anche dall’ultimo degli uomini, perché è proprio non venerandolo che la natura umana è divenuta l’ultima. L’angelo non è saggio per un motivo e l’uomo per un altro, né l’angelo è veritiero per un motivo e l’uomo per un altro; ma entrambi sono tali per un’unica immutabile sapienza e verità. Infatti, nell’ambito del disegno di salvezza che percorre i tempi è avvenuto che la stessa Virtù divina, l’immutabile Sapienza di Dio , consustanziale e coeterna al Padre, si degnasse di assumere la natura umana, per insegnarci in tal modo che l’uomo deve venerare ciò che deve venerare ogni creatura dotata di intelletto e ragione.
Crediamo che anche gli angeli migliori e i ministri più eccellenti di Dio vogliano che, insieme con essi, veneriamo l’unico Dio, la cui contemplazione è per loro causa di beatitudine. Non è certo la vista di un angelo che ci rende beati, ma piuttosto quella della verità, per la quale amiamo anche gli angeli e con loro ci rallegriamo.
E non proviamo invidia per il fatto che godono della verità in maniera più adeguata e senza alcun impedimento che li ostacoli; al contrario, li amiamo di più perché anche a noi il nostro comune Signore ha ordinato di sperare qualche cosa di simile. Perciò li onoriamo con amore, non con animo da schiavi, e senza innalzare loro templi; infatti non vogliono essere onorati così, perché sanno che noi stessi, quando siamo buoni, siamo templi del sommo Dio. A buon diritto, pertanto, nelle Scritture è detto che l’angelo proibì all’uomo di venerarlo e gli prescrisse invece di venerare l’unico Dio, a cui anche lui era sottomesso .

55. 111. Gli angeli poi, che ci invitano a servirli e a venerarli come dèi, sono simili ai superbi, i quali, se fosse loro consentito, aspirerebbero ad essere venerati nello stesso modo. Comunque è più pericoloso venerare quegli angeli che tollerare questi uomini. Ogni dominio dell’uomo sull’uomo termina con la morte o di chi domina o di chi serve; invece, la sottomissione alla superbia degli angeli cattivi riguarda anche il tempo che segue la morte, perciò è motivo di maggior timore. Inoltre, chiunque può rendersi conto che, mentre sotto il dominio di un uomo, ci è ancora consentito di esercitare la libertà di pensiero, invece, sotto il dominio di questi angeli, trepidiamo per la nostra stessa mente che è l’unico occhio di cui disponiamo per contemplare e cogliere la verità.
Se, dunque, in conformità ai nostri vincoli sociali, siamo sottomessi a tutti gli organi di potere dati agli uomini per governare lo Stato, rendendo a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio , non c’è da temere che qualcuno esiga da noi un analogo comportamento dopo la morte. Una cosa, infatti, è la sottomissione dell’anima, un’altra la sottomissione del corpo. I giusti, che ripongono solo in Dio tutte le loro gioie, quando qualcuno rende gloria a Dio per le loro azioni, si rallegrano con costui; quando invece sono loro ad essere lodati, correggono, per quanto possono, coloro che compiono questo errore; se però non è possibile, non si compiacciono con loro, ma vogliono che si emendino da quel vizio. Ora, se gli angeli buoni e tutti i santi ministri di Dio sono simili ai giusti o addirittura superiori a loro in fatto di purezza e di santità, che timore abbiamo di offenderne qualcuno, a meno che non siamo superstiziosi, quando, con il loro aiuto, cerchiamo di raggiungere l’unico Dio e a Lui solo leghiamo le nostre anime (da dove si crede che provenga il termine “ religione ”?), ponendoci al riparo da ogni superstizione?

55. 112. Ecco, io venero un solo Dio, unico Principio di tutte le cose, Sapienza per la quale è sapiente ogni anima sapiente e Dono per cui è beato ogni essere beato. Ogni angelo che ama questo Dio, sono certo che ama anche me. Ogni angelo che dimora in Lui e può ascoltare le preghiere umane, mi esaudisce in Lui. Ogni angelo che ha Lui come suo bene, in Lui mi aiuta e non può provare invidia nei miei confronti perché ne partecipo. Mi dicano dunque gli adoratori o gli adulatori delle parti del mondo quale altro essere, che non sia quello ottimo, non leghi a sé quanti venerano l’unico essere che i migliori amano, della cui conoscenza godono e che consente loro, a Lui ricorrendo come loro principio, di diventare migliori. Senza dubbio, invece, non deve essere venerato quell’angelo che ama i suoi atti di superbia, che rifiuta di essere sottomesso alla verità e che, volendo gioire del suo bene particolare, si è allontanato dal bene comune e dalla vera felicità e che soggioga e opprime tutti i malvagi, ma al quale nessun uomo buono è dato in suo potere se non per essere messo alla prova. La sua gioia è la nostra miseria, il suo danno il nostro ritorno a Dio.

55. 113. La religione, dunque, ci leghi al Dio unico e onnipotente, dal momento che tra la nostra mente, con la quale lo riconosciamo come Padre, e la verità, cioè la luce interiore mediante la quale compiamo questo atto, non vi è interposta nessuna creatura. Veneriamo perciò in Lui e con Lui anche la stessa Verità, in nulla dissimile da Lui, la quale è forma di tutte le cose che dall’Uno sono state fatte e all’Uno tendono. Così appare chiaro alle anime spirituali che tutte le cose sono state fatte secondo questa forma, che sola porta a compimento ciò a cui tutte le cose aspirano. Tuttavia, le cose non sarebbero state create dal Padre mediante il Figlio, e non rimarrebbero intatte nei limiti della loro natura, se Dio non fosse sommamente buono: Egli non ha provato invidia nei confronti di nessuna natura che, per opera sua, poteva essere buona e ha consentito alle cose di rimanere nel bene stesso, alcune per quanto volessero, altre per quanto potessero. Perciò, insieme al Padre e al Figlio, dobbiamo venerare e restare fedeli al Dono stesso di Dio, ugualmente immutabile: Trinità di un’unica sostanza, unico Dio dal quale siamo, per il quale siamo e nel quale siamo : ce ne siamo allontanati cessando di essere simili a Lui, ma non ci ha permesso di perire. Egli è il principio al quale ritorniamo, la forma che seguiamo e la grazia per cui siamo riconciliati: l’unico Dio, per la cui opera siamo stati creati, per la cui somiglianza siamo formati all’unità e per la cui pace aderiamo all’unità. Egli è il Dio che ha detto: Sia fatto, ed è il Verbo per mezzo del quale fu fatto tutto ciò che ha una sostanza ed una natura; Dono della sua bontà, per il quale piacque al suo autore e si legò con Lui, affinché non andasse perduto nulla di ciò che da Lui fu fatto per mezzo del Verbo. È l’unico Dio per la cui opera creatrice viviamo, per la cui rigenerazione viviamo secondo sapienza, e per il quale, amandolo e godendone, viviamo felicemente. È l’unico Dio dal quale, per il quale e nel quale sono tutte le cose.
A Lui sia gloria nei secoli dei secoli.
Così sia.


[SM=g1740771]


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