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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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DALLE PREDICHE DI SAN GREGORIO MAGNO PAPA (A.D.535/540)

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2016 19:11
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01/08/2014 22:13
 
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   "Ci dedichiamo ogni giorno ad una serie di occupazioni terrene, dopo le quali ci mettiamo a pregare (Multa terrena cotidie agimus, post haec ad orationem redimus). Allora lo spirito desidera la compunzione del cuore (Accenditur ad compunctionem animus), ma il ricordo delle cose compiute in precedenza continua a occupare la mente (earum rerum quas egimus imagines versantur in mente) così da impedire l'intensità della compunzione (et intentionem compunctionis praepediunt). E ciò che abbiamo compiuto volentieri al di fuori diviene adesso sofferenza non voluta al di dentro di noi stessi (et quod volentes foris egimus, hoc interius patimur inviti). La fantasmagoria dei pensieri distrae la mente con immagini corporee e così viene impedito il giusto raccoglimento e la completa concentrazione nella preghiera (ne stricte totam in oratione se colligat). Ecco, anche in questo caso si tratta di voce della carne (Haec quoque vox carnis est)". 
 
(Omelie su Ezechiele, I, VIII, 13. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 247).



"Come l'udito fisico viene messo in movimento dal suono della voce, così il senso spirituale viene sollecitato dalla comprensione che si determina nell'interiorità (sicut auditus corporis excitatur voce, ita sensus mentis excitatur intellectu qui de interioribus agitur). C'è quindi nell'anima una voce che assomiglia ad una vibrazione dell'intelligenza (Vox ergo est in mente quasi quidam sonus intellegentiae). Bisogna sapere allora che ai nostri sensi parla qualche volta la voce della carne e qualche volta la voce dello spirito (sed sciendum est quia nostris sensibus aliquando vox carnis loquitur, alquando vox animae)...Chiunque, per esempio, pensa che sia ragionevole il metodo del colpo su colpo e risponde al male col male, dimostra di aderire con il suo spirito alla voce della carne (qui ex humana ratione cogitat ut vicem laesioni reddat, malum pro malo retribuat, huic vox carnis loquitur in mente)". 
 
(Omelie su Ezechiele, I, VIII, 12-13. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 245).


"Quanto valga la virtù della concordia lo dimostra il fatto che, senza di essa, tutte le altre virtù non valgono assolutamente nulla (Quanta autem sit concordiae virtus ostenditur cum, sine illa, virtutes reliquae virtutes non esse monstrantur)...Chiunque dunque cerca di possedere il sale della sapienza, faccia tutto il possibile di non allontanarsi mai dalla pace, frutto di concordia (quisquis habere sal sapientiae studet, curet necesse est quatenus a pace concordiae numquam recedat)".
 
(Omelie su Ezechiele, I, VIII, 8. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p.243).



"E' assoluamente necessario che ci troviamo sempre ben uniti e compatti mediante la carità e mai divisi dalla discordia (summopere necesse est ut per caritatem semper uniti atque conscripti et nunquam interrupti per discordiam inveniamur), perché qualunque siano le nostre opere buone, se manca la carità a causa del male della discordia, si apre il fianco da cui il nemico può entrare per colpirci. Il nostro nemico non teme la nostra castità...non teme l'astinenza...non teme la distribuzione dei beni terreni...teme invece molto in noi la vera carità, cioè l'amore umile che ci dimostriamo a vicenda, ed ha molta invidia della nostra concordia (antiquus inimicus... valde in nobis caritatem veram, id est amorem humilem quem nobis vicissim impendimus timet, et nimis concordiae nostrae invidet); quella concordia che noi possediamo in terra e che lui non ha saputo conservare in cielo". 
 
(Omelie su Ezechiele, I, VIII, 6-7. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p.241).



"Io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque" (Ez 1, 24).

"Maria Maddalena, dopo essersi macchiata di molte colpe, si recò ai piedi del nostro Redentore  piangendo; ma chi la inondò di lacrime dentro, se non Colui che benigno l'accolse fuori? (quis illam infundit intus, nisi qui benigne suscepit foris?) Chi ha provocato in lei il pianto per spirito di compunzione (per compunctionis spiritum) se non Colui che esteriormente l'accolse con il perdono di fronte ai commensali? Il nostro Redentore ha toccato l'animo della peccatrice suscitando in lei la compunzione per la colpa,  (Redemptor igitur noster peccatricis mulieris mentem extrahebat cum de culpa compungeret) e l'ha accolta proprio per  liberarla  dalla colpa. Perciò è detto bene dal profeta che il fremito delle ali è simile alla voce di Dio altissimo, perché ogni azione virtuosa è grazia di Colui che elargisce i meriti (quia quidquid in virutibus agitur, eius est gratiae qui merita largitur)". 
 
(Omelie su Ezechiele, I, VIII, 2. Città Nuova Edtrice, Roma 1992, p. 237).



Il giusto diviene tale quando comincia ad accusare se stesso(Pr 18,17). 

Ogni peccatore che prorompe in lacrime si trasforma in giusto perché comincia ad accusare se stesso (quilibet peccator conversus in fletibus iam iustus esse inchoat cum coeperit accusare quod fecerit). Come potrebbe infatti non essere giusto chi ormai infierisce piangendo contro la sua stessa ingiustizia? (Cur enim iustus non sit qui contra suam iniustitiam iam per lacrimas saevit?)".

(Omelie su Ezechiele I, VII, 24. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p.233).


"Sotto il firmamento erano distese le loro ali, l'una verso l'altra" (Ez 1, 23).

"Accade spesso che chi è troppo assorbito dagli interessi materiali non attenda come dovrebbe all'impegno della preghiera (Fit autem saepe ut qui terrena substantia nimis occupatur, orationi non quantum debet invigilet). E spesso accade che chi attende alla preghiera, libero da tutti i pesi del mondo, non ha di che vivere (et fit plerunque ut is qui ad exorandum Dominum, cunctis mundi oneribus exutus, vacat, sustentationem vivendi non habeat) ...ora le ali degli esseri viventi, distese, si protendono l'una verso l'altra (pennae animalium rectae alterius ad alterum tenduntur). Infatti, mentre quello mi offre la parola della predicazione e con la luce della verità scaccia dal mio cuore le tenebre dell'ignoranza, e mentre io a lui, che forse è oppresso da qualche potente di questo mondo, procuro l'appoggio della mia difesa e lo sottraggo alle mani del violento, allora ci tendiamo vicendevolmente le nostre ali, per toccarci nel bene che abbiamo ricevuto con l'affetto e l'aiuto reciproco (vicissim nobis pennas nostras tendimus, ut nos affectu et ope vicaria ex bono quod accepimus tangamus)...le nostre ali sono distese quando indirizziamo ciò che abbiamo verso l'utilità del prossimo. Infatti i nostri beni non provengono da noi (bona nostra non a nobis sunt), ma da colui al quale dobbiamo la nostra stessa esistenza. Se ci rendiamo conto che ci sono stati dati dal nostro Creatore per l'utilità comune, come possiamo fruirne come se fossero proprietà privata? (tanto ea nobis non debemus retinere privata, quanto ea nobis conspicimus ab Auctore nostro ad communem utilitatem data)". 
 
(Omelie su Ezechiele, I, VII, 21. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 231).
E Gregorio non si limitava a dirle sotanto queste verità, ma le metteva coerentemente in pratica!


"Può forse una lucerna  irrorare la luce se non è luce essa stessa? La luce creata non può illuminare nulla e nessuno se, a sua volta, non viene illuminata dalla luce increata (lumen creatum nobis non lucet, nisi illuminetur a lumine non creato). Il Signore Dio Onnipotente ha creato perciò le parole dei due santi Testamenti, rivelandone egli stesso il senso, per garantire la  nostra salvezza (ergo omnipotens Deus ad salutem nostram sanctorum Testamentorum dicta et ipse creavit). Infatti questa nostra Sacra Scrittura è divenuta la luce che rischiara il sentiero del nostro cammino nella vita presente (Haec nobis Scriptura in tenebris vitae praesentis facta est lumen itineris)".
 
(Omelie su Ezechiele, I, VII, 17. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 225).
Un modo "troppo" gregoriano di risolvere il problema costante del rapporto tra natura e grazia, tra storia e spirito, tra ragione e fede? Non ha forse egli ragione, e non è forse una regola valida in ogni tempo, intramontabile?



"Quando essi (gli esseri viventi) si muovevano, anch'esse (le ruote) si muovevano; quando essi si fermavano anch'esse si fermavano, e quando essi sia alzavano da terra, anch'esse ugualmente si alzavano, perché nelle ruote vi era lo spirito degli esseri viventi" (Ez 1, 21).
 
"Con gli esseri viventi che si alzano anche le ruote ugualmente si alzano, perché nella misura in cui uno progredisce verso l'alto anche gli oracoli divini gli parlano di cose più elevate (quia in quantum quisque ad alta profecerit, in tantum ei et sacra eloquia de altioribus loquuntur). Gli esseri viventi, dunque, avanzano per l'utilità del prossimo; si fermano nella custodia della fermezza personale; si innalzano verso la contemplazione di Dio (Vadunt ergo animalia ad utilitatem proximi; stant ad custodiam sui; elevantur ad contemplationem Dei)".
 
(Omelie su Ezechiele, I, VII, 15. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p.223).
Straordinaria questa <condescendentia > rispettosa del testo biblico che sembra quasi mettersi generosamente a servizio dell'<utilitas> che può ricavarne il lettore, standogli accanto in ciascuno dei gradini su cui si trova!


"Poiché le parole della Sacra Scrittura crescono con lo spirito dei lettori (Quia igitur dicta sacri eloquii cum legentium spiritu excrescunt), giustamente si dice: <Dovunque lo spirito andava, ivi, dietro lo spirito, si levavano ugualemente anche le ruote, seguendolo, perché lo spirito della vita era nelle ruote>" (Ez1,20). Lo spirito della vita è nelle ruote, perché col dono dello Spirito, attraverso la parola di Dio, noi riceviamo la vita liberandoci  dalle opere che procurano la morte (per sacra eloquia dono spiritus vivificamur ut mortifera a nobis opera repellamus). Si può intendere che lo spirito si muove, quando in diversi modi e gradi Dio tocca l'animo (spiritus vadit, cum legentis animum diversis modis et ordinibus tangit Deus) del lettore spingendolo, per esempio, ad un rigoroso tenore di vita (ultionem), suscitandone lo zelo per mezzo delle parole della Sacra Scrittura (per verba sacri eloquii), rendendolo mite con la pazienza, istruendolo per la predicazione e portandolo alla compunzione (ad paenitentiae lamenta compungit)".
 
(Omelie su Ezechiele, I, VII, 10.11. Città Nuova Editrice, Roma 1992, pp. 219-221).
Sembra chiaro che, per Gregorio, i progressi della vita spirituale sono scanditi dallo Spirito di Dio che <tocca>  (tangit) l'animo del lettore biblico in diversi modi e a diversi livelli (diversis modis et ordinibus) fino a produrre quel dispiacere particolare dell'animo (paenitentia) che sfocia nella compunzione (compungit). E dunque ogni tappa della vita spirituale è compiuta grazie alle parole della Sacra Scrittura (per verba/dicta sacri eloquii).


"Mosè, essendo stato chiamato dal roveto ardente, si fece più vicino per vedere la visione, ed ecco che il roveto ardeva e non si consumava. Un grande prodigio! Se in esso cerchi soltanto la storia, l'animo di chi legge ha di che nutrirsi (Si solam in eo historiam requiras, est unde legentis nutriatur animus), osservando che il fuoco brucia il legno, senza consumarlo. Se poi cerchi il senso tipico, che cos'è la fiamma se non la Legge(Si typicam intellegentiam quaeras, quid flamma nisi legem), della quale è scritto: Nella sua destra la Legge infuocata? (Dt 33,2)....Forse qualcun'altro desidera contemplare in questo fatto qualcosa di più per mezzo del tipo (Fortasse in hoc facto alius maiora per typum contemplari desiderat). Allora poiché la sensibilità del lettore aumenta, si innalzano anche le ruote (Huius quia sensus excrescit, elevantur pariter et rotae)...Forse qualcuno cerca, attraverso il senso storico, il senso morale e, mediante la comprensione dell'allegoria, la contemplazione (Alius fortasse per historiam, moralitatem, atque per allegoriae intellegentiam contemplationem requirit). Il senso storico non può lasciare alcun dubbio nel lettore, ma se si cerca il senso morale, la ruota si mette in movimento, mentre  l'affermazione del testo sacro viene condotta verso una interpretazione morale (Patet cunctis iuxta historiam hoc quod in lege scriptum est...sed si haec intelligere moraliter requiras, agitatur rota dum ad moralem intelligentiam ducitur sacri verbi sententia)".  

(Omelie su Ezechiele, I, VII,10. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 217-219).
Si notino questi vocaboli accostati alla lettura e alla comprensione del testo biblico:  historia / typica /moralitas, moralis, moraliter /contemplatio e le espressioni: in hoc facto / sacri verbi sententia / iuxta historiam / per allegoriae intelligentiam/ intelligere moraliter - ad moralem intelligentiam. Si tratta di un vocabolario onnipresente nell'ermeneutica biblica di Gregorio Magno che non si può affatto ignorare per una comprensione appropriata del suo pensiero.


"Dovunque andava lo spirito, ivi, dietro lo spirito, si levavano anche le ruote, seguendolo" (Ez 1,20).

"Dove tende lo spirito, là si innalzano anche gli oracoli divini (Quo spiritus legentis tendit, illuc et divina eloquia levantur), perché se in essi cerchi di vedere e di sentire qualcosa di elevato, questi medesimi sacri oracoli crescono con te, salgono in alto con te (quia si in eis altum quid videndo et sentiendo quaesieris, haec eadem sacra eloquia tecum crescunt, tecum in altiora ascendunt)...Le ruote seguono lo spirito, perché le parole della sacra Scrittura, diventano più comprensibili secondo la disposizione di spirito del lettore (Rotae nim spiritum sequuntur, quia verba sacri eloquii iuxta sensum legentium per intellectum crescunt). In una medesima frase della Scrittura, infatti, uno si si pasce unicamente della storia, un altro cerca il senso tipico, un altro, attraverso questo, cerca il senso contemplativo (In una enim eademque Scripturae sententia alius sola historia pascitur, alius typicam, alius vero intellegentiam per typum contemplativam quaerit)" .
 
(Omelie su Ezechiele, I, VII,9.10. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p.217).


"Se l'essere vivente si muove... e facendo un passo nel suo cuore scopre come muoversi per operare il bene (per gressum cordis inveniat quemadmodum gressum boni operis ponat), allora si muovono contemporaneamente anche le ruote, perché nell'oracolo divino troverai tanto maggior profitto quanto maggiore è il progresso che tu avrai realizzato confrontandoti con lui (quia tanto in sacro eloquio provectum invenis, quantum apud illud ipse profeceris)".
 
(Omelie su Ezechiele, I, VII, 8. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 215).
Insomma per Gregorio Magno resta estremamente importante la chiave ermeneutica forrnita dal <gressus cordis> che si esplicita nel <gressum boni operis> per capire nella maggiore profondità possibile un testo biblico. Non basta dunque solo la <techne>, per comprendere il testo, ma occorre anche un coinvolgimento concreto della sfera morale.


"Gli oracoli divini crescono insieme con chi li legge (divina eloquia cum legente crescunt); infatti uno li comprende tanto più profondamente quanto più profondamente aderisce ad essi.(nam tanto illa quisque altius intellegit, quanto in eis altius intendit). Per cui se gli esseri viventi non si alzano da terra, nemmeno le ruote si alzano (Unde nec elevantur rotae, si non elevantur animalia), perché se l'animo dei lettori non progredisce verso l'alto, le parole divine, non comprese, rimangono come rasoterra (quia nisi legentium mentes in alta profecerint, divina dicta, velut in imis, non intellecta iacent)" 
 
(Omelie su Ezechiele, I, VII, 8. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 215).
E' un principio ermeneutico al quale Gregorio è molto affezionato. Ma già Agostino aveva sintetizzato una secolare tradizione ermeneutica ebraico-cristiana e greca (si pensi alla syngeneia di Platone) nel famosissimo assioma: <crede un intellegas>. Il testo di Gregorio sembra  però insinuare una autentica crescita vivificante della verità contenuta nel testo grazie ad una sorta di azione creativa riconosciuta a chi fa suo il più intensamente possibile il testo stesso.


"Quando quegli esseri viventi si muovevavno, anche le ruote si muovevano accanto a loro e, quando gli esseri si alzavano da terra, anche le ruote si alzavano" (Ez1,19).

 
"Gli esseri viventi si muovono quando gli uomini santi capiscono, grazie alla Sacra Scrittura, come comportarsi dal punto di vista morale (Ambulant animalia cum sancti viri in Scriptura Sacra intellegunt quemadmodum moraliter vivant). Infatti gli esseri viventi si alzano da terra quando gli uomini santi si tengono sospesi nella contemplazione (Elevantur vero a terra animalia cum sancti viri se in contemplatione suspendunt). Questo perché nella misura in cui ciascun santo progredisce personalmente, in quella stessa misura anche la Sacra Scrittura progredisce dentro di lui (quia unusquisque sanctorum quanto ipse in Scriptura Sacra profecerit, tanto haec eadem Scriptura Sacra proficit apud ipsum)".

(Omelie su Ezechiele, I, VII, 8. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p.215).
Nel commento di questo versetto di Ezechiele Gregorio è particolarmente profondo e perciò dovremo centellinarlo, quasi parola per parola... Per adesso ci basti riflettere su questo misterioso parallelismo che egli stabilisce tra il distacco degli uomini santi dai legami con le cose della terra e il distaccco degli animali che si levano in volo. Infatti mentre sembra che la Scrittura parli degli animali visti in visione dal profeta essa parla in realtà degli "uomini elevati dalla contemplazione".


"Il loro corpo era pieno di occhi tutt'intorno, e perfino le loro spalle erano piene di occhi" (cfr Ez 1,18).
 
"Noi vediamo ciò che accade davanti ai nostri occhi, ma il nostro dorso è visto solo da altri (Nos ea quae sunt ante faciem nostram videmus, dorsa autem nostra alius in nobis videt)...I santi si analizzano invece con cura anche su ciò per cui potrebbero essere giudicati dagli altri (sancti viri solerter se aspiciunt in quibus ab aliis iudicari possunt) e, siccome... non ignorano nemmeno ciò che poteva restare nascosto, sono dotati di occhi anche sul dorso (qui in se nec ea quae se latere poterant ignorant, lumen in dorso portant)".
 
(Omelie su Ezechiele, I, VII, 7. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 215).



"Non si deve mai scandalizzare il prossimo.
Ma se è la verità che scandalizza
è meglio accettare lo scandalo 
che rinunziare alla verità".
 
(Vitare proximorum scandalum debemus. 
Si autem de veritate scandalum sumitur, 
utilius permittitur nasci scandalum
 quam veritas relinquatur)".  
 
Omelie su Ezechiele, I, VII,4. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 213)



"Se la nostra intenzione è trasparente davanti a Lui
Dio non giudicherà negativa la nostra azione" . 
 
(Si nostra intentio apud Deum simpex fuerit,
 in eius iudicio nostra actio tenebrosa non erit)"
 
(Omelie su Ezechiele, I, VII, 2. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 211).
Naturalmente Gregorio non intende riferirsi alle azioni cattive, perverse di per se, viziose, dissociate dall'etica e dalla morale o dai Comandamenti, qui il grande Padre della Chiesa intende riferirsi a quelle azioni che sono i modi attraverso i quali si vuole aiutare il prossimo, ma alla fine si finisce per fare qualche danno o qualche pasticcio. Gregorio intende sottolineare che Dio conosce a fondo le intenzioni del cuore, Egli sa quanto certe azioni siano davvero trasperenti, ossia, senza vizio di peccato. In tal senso Egli non giudicherà in negativo l'azione, seppur dannosa.


"Ampia è la carità, perché comprende anche l'amore per i nemici (Lata quippe est caritas, quia et inimicorum dilectionem capit), e con quella carità con cui Dio onnipotente largamente ci ama, anche con longanimità ci sopporta (et per eam caritatem qua nos Deus Omnipotens late diligit, etiam longanimiter portat). Perciò noi dobbiamo mostrare verso il prossimo quel medesimo amore che il Creatore mostra verso di noi che non ne siamo degni  (Hoc ergo nos exhibere proximis, quod indignis nobis a Creatore nostro conspicimus exhibere)".
 
(Omelie su Ezechiele I, VI, 19. Città Nuova editrice, Roma 1992, p. 205).



"Dove si dirigono le Parole di Dio 
se non verso i cuori degli uomini? 
 
(Quo alibi divina eloquia
 nisi ad corda hominum vadunt?)".

(Omelie su Ezechiele, I, VI, 16. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 199).



"...ruota in mezzo a un' altra ruota... "(Ez 1, 16).

"La ruota era in mezzo a un'altra ruota, come il Nuovo Testamento dentro l'Antico (Testamentun Novum intra Testamentum Vetus), perché il Nuovo Testamento ha fatto vedere ciò che l'Antico Testamento annunziava (quia quod designavit Testamentum Vetus, hoc Testamentum Novum exhibuit). Un esempio: che cosa significa il fatto che Eva viene fuori da Adamo immerso nel sonno (quid est quod Adam dormiente Eva producitur), se non che la Chiesa viene formata dal Cristo che  muore ? (nisi quod moriente Christo Ecclesia formatur?). 
 
(Omelie su Ezechiele, I, VI, 15. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p.197).

  queste tre vanno insieme:


"Mentre osservavo gli esseri viventi, apparve una ruota sopra la terra" (Ez 1,15)
 
"Che significa la ruota se non la Sacra Scrittura (Quid autem rota, nisi Sacram Scripturam signat)?... Essa gira tutto attorno perché procede diritta e umile in mezzo alle prosperità e alle avversità (ex omni autem parte volvitur, quia inter adversa et prospera et recte et humiliter incedit). Il movimento circolare dei suoi precetti va in su e in giù (circulus quippe praeceptorum illius modo rursum, modo deorsum est), perché le cose dette ai più maturi in senso spirituale, si adattano in senso letterale ai deboli (quae perfectoribus spiritaliter dicuntur, infirmis iuxta litteram congruunt) e quelle stesse cose che i piccoli comprendono fermandosi al significato letterale del testo, elevano i grandi uomini colti col loro contenuto spirituale (et ipsa quae parvuli iuxta litteram intellegunt, docti viri per spiritalem intelligentiam in altum ducunt)". 
 
(Omelie su Ezechiele, I, VI,2. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p.185).
Considerare la ruota una metafora della Sacra Scrittura può apparire una sortita eccessivamente peregrina. Invito però, nonostante tutto, a continuare a dare fiducia all'intelligenza di Gregorio. Vedremo che ci stupirà per la genialità con cui, utilizzando questa metafora, aprirà il lettore ad intuizioni davvero straordinarie sulla natura del progetto misterioso di Dio che si realizza manifestandosi progressivamente nella storia umana.



"Et aspectus rotarum, et opus earum quasi visio maris//L'aspetto delle ruote e la loro struttura erano come lo spettacolo del mare" (Cfr Ez, 1,16).
 
"A ragione si dice che le parole di Dio (sacra eloquia) sono come lo spettacolo del mare, perché contengono una grande abbondandanza di significati (quia in eis sunt magna volumina sententiarum, cumuli sensuum)...Chi attraversa il mare si affida al legno (navibus in mare navigamus)...E noi sappiamo che che la Sacra Scrittura ci preannunzia, per mezzo della legge, il legno della croce (Et scimus quia Scriptura Sacra lignum crucis per legem nobis praenuntiat)... quando proclama la passione del Signore predetta dai profeti (ubi ipsa Domini passio quae prophetata est declaratur). Essa poi annunzia la croce, perché mediante il legno ci porta nella terra dei viventi (crucem annuntiat, quia nos ad terram viventium ligno portat)"

(Omelie su Ezechiele I, VI, 13. Città Nuova Editrice, Roma 1992, pp. 195-197).


"La storia evangelica che riferisce il miracolo compiuto dal Signore, quando ordinò di riempire di acqua i recpienti vuoti e poi cambiò l'acqua in vino (cfr Gv 2,1-11), è di per sé capace di soddisfare qualsiasi anima semplice (quem non parvulorum ipsa evangelica historia in miraculi operatione reficiat?).... Ma quanti ascoltano queste cose con animo più attento, venerano la storia sacra da credenti, cercano di conoscere che cosa il testo insinui in profondità (sed cum haec vigilantiores ingenio audiunt, et sacram historiam credendo venerantur, quid interius innuat requirunt)...Il Signore ordina di riempire i recipienti di acqua, perché i nostri cuori debbono prima essere riempiti con la lettura della storia sacra (impleri  hydrias aqua iubet, quia prius per sacrae lectionis historiam corda nostra replenda sunt). E cambia l'acqua in vino quando la storia  si trasforma per noi in intelligenza spirituale grazie al mistero dell'allegoria (et aquam nobis in vinum vertit, quando ipsa historia per allegoriae mysterium in spiritralem nobis intelligentiam commutatur). La ruota quasi si trascina per terra, perché col suo discorso umile si adegua ai semplici e tuttavia, rivelando cose spirituali ai più esigenti, è come se girasse verso l'alto, e si alzasse su proprio là dove poco prima sembrava che toccasse terra (Rota ergo quasi per terram trahitur, quia parvulis humili sermone concordat, et tamen magnis spiritalia infundens, quasi circulum in altum levat, et inde sursum erigitur, unde terram tangere paulo ante videbatur)".
 
(Omelie su Ezechiele, I, VI,7. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 189).
 

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"E' di grande utilità l'oscurità stessa delle parole di Dio, perché esercita la mente costringendola ad aprirsi, e così comprenda ciò che non capirebbe rimanendo oziosa (Magnae vero utilitatis est ipsa obscuritas eloquiorum Dei, quia exercet sensum ut fatigatione dilatetur, et exercitatus capiat quod capere non posset otiosus). E c'è un'altra cosa ancor più importante. Se la sacra Scrittura fosse compresa in ciascun passo sarebbe meno apprezzata; quando invece si scopre il significato di qualche passo più oscuro, la dolcezza che ristora l'animo, per tale scoperta, è tanto maggiore quanto maggiore è stata la fatica della ricerca (tanto maiore dulcedine inventa reficit, quanto maiore labore fatigat animum quaesita)".
 
(Omelie su Ezechiele, I,VI, 1. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p.185).


"I santi rimarrebbero ben presto come fiumi in secca se con l'intenzione del cuore non ritornassero sempre con sollecitudine al luogo da cui sono partiti uscendo (citius siccarentur, nisi per intentionem cordis semper sollicite ad locum de quo exeunt redirent). Se infatti non rientrano nel cuore (Si enim introrsus ad cor non redeant) e non si legano con i vincoli dei buoni desideri all'amore di Dio, anche la loro  mano  cessa di compiere cose meravigliose e inaridisce sulla bocca la Parola di Dio  (et manus ab eo quod agebat deficit, et lingua ab eo quod loquebatur arescit). Ma l'amore li fa ritornare sempre nell'interiorità (Sed intus semper per amorem redeunt), e ciò che trasmettono operando e parlando in pubblico, lo attingono nel loro intimo dalla sorgente dell'amore (in secreto sui de fonte amoris hauriunt). Amando imparano ciò che insegnando comunicano (Amando enim discunt quod docendo proferunt)".
 
(Omelie su Ezechiele, I, V, 16. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p.183).



"Gli esseri viventi andavano e venivano come un baleno" (Ez 1,14)

"La mente non è capace di rimanere a lungo nella contemplazione (diu mens stare in contemplatione non valet). Infatti l'uomo vede... quasi furtivamente e di passaggio (quasi furtim hoc et per transitum videt) così che, respinto da tanta grandezza, ricade in se stesso (ab immensitate celsitudinis animus repulsus in semetipso relabitur). E' necessario allora che ritorni alla vita attiva (et necesse est ut ad activam redeat)... non tirandosi  indietro di fronte a nessuna buona azione che può compiere. Accade però che, aiutato dalle sue stesse azioni, si elevi di nuovo alla contemplazione e riceva il nutrimento dell'amore dal pascolo della verità contemplata (Sicque fit ut rursus in contemplationem surgat et amoris pastum de pabulo contemplatae veritatis accipiat), ma poi, siccome non può trattenervisi a lungo, ritorna alle opere buone, pascendosi del ricordo della soavità di Dio (suavitatis Dei memoria pascitur). Così succede che quando è fuori si pasce con le buone azioni e quando è dentro con i desideri santi (et foris piis actibus, intus vero sanctis desideriis nutritur)".  
 
Omelie su Ezechiele, I, V, 12, Città Nuova Editrice, Roma 1992, pp.177-179.


"Chi vive bene nel nascondimento, ma non aiuta gli altri a progredire nel bene è brace (qui in occulto bene vivit, sed alieno profectui minime proficit, carbo est). Chi invece è chiamato ad imitare i santi è torcia, perché fa irradiare da sé la luce della retta via a beneficio di molti (qui vero in imitatione sanctitatis positus, lumen ex se rectitudinis multis demonstrat, lampas est). Infatti arde per sé e illumina gli altri (quia et sibi ardet, et aliis lucet)...Ma se gli esseri viventi non ricevessero calore dal fuoco della verità, non potrebbero ardere né come braci né come torce (nisi ab igne veritatis illa animalia calorem susciperent, ipsa in carbonum atque lampadarum similitudinem non arderent). Il fuoco infatti indica abitualmente lo Spirito Santo (Ignis enim nomine Sanctus Spiritus significare solet)".
 
(Omelie su Ezechiele, I, V, 7. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 173).
 
 
Si delinea già la preferenza di Gregorio Magno per ciò che egli chiamerà, alla scuola di Agostino, <gemina caritas> o <perfecta caritas> quia et sibi ardet, et aliis lucet!






[Modificato da Caterina63 02/08/2014 10:39]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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