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La simpatia, la chiarezza e l'ortodossia di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro (imperdibili)

Ultimo Aggiornamento: 08/10/2015 00:01
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Intervista a Gnocchi e Palmaro sul loro nuovo libro




Concilio Vaticano II


il mito di un "superdogma" da cui uscire



La Chiesa cattolica sta attraversando una delle crisi più gravi della sua esistenza: apostasia e scandali morali la intossicano. Chi è cattolico ne rimane profondamente turbato e addolorato e qualcuno cerca, con coraggio intellettuale, una spiegazione di questo traumatico momento storico. Gli effetti hanno sempre una causa: Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, con il loro nuovo libro di prossima uscita, mostrano che alla radice del dramma c’è una crisi di Fede che si è manifestata in tutta la sua virulenza a partire dagli anni Sessanta con il Concilio Vaticano II. Si tratta di un’analisi che farà scalpore poiché sono evidenziate le origini della crisi attuale e il lettore potrà trovare ricostruiti, con tutte le loro responsabilità, volti e fatti che sono stati mitizzati e posti in un alveo di intoccabilità.


Abbiamo rivolto alcune domande agli autori:


Il 7 ottobre esce il vostro nuovo libro, edito da Vallecchi. Un titolo e un sottotitolo come La Bella addormentata - Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà lasciano pochi dubbi sul contenuto che, come è prevedibile, susciterà polemiche.


Siamo preparati al fatto che il libro possa suscitare delle polemiche. Tuttavia, noi non l’abbiamo scritto per il gusto della provocazione. Quel titolo dice che noi amiamo la Chiesa, e che davanti a lei ci mettiamo innanzitutto in contemplazione di un mistero soprannaturale: la Chiesa è una madre bella e senza errore, perché non è una realtà solo umana, ma fondata dal Figlio di Dio. Certo, la Chiesa vive nella storia, e si intreccia con i problemi e con le miserie degli uomini, con le mode passeggere, con l’inimicizia senza posa del misterium iniquitatis. La stagione conciliare e post conciliare è un pezzo di questa storia bimillenaria: siccome c’è chi pretende di considerarla l’unica senza macchia e senza errori, allora è necessario che qualcuno sgomberi il campo da questa visione mitologica e leggendaria.



Voi insistete molto su questo concetto di “mito del Concilio”, una categoria che in qualche modo avete contribuito a elaborare insieme a un gruppo di intellettuali. Che cosa intendete esattamente con questa espressione?


Ormai è evidente quasi a tutti che il Vaticano II è avvolto da un aura mitologica che provoca reazioni rabbiose nei confronti di chi semplicemente ponga domande scomode su quell’evento e sulle sue conseguenze. Augusto Del Noce diceva che la modernità si caratterizzava per un inquietante divieto: quello di fare domande. Anche in casa cattolica c’è chi vorrebbe impedire di fare delle domande sul Vaticano II. Siccome noi parliamo del Concilio senza quella riverenza politicamente, teologicamente e clericalmente corretta così diffusa tanto fra i progressisti quanto fra i conservatori, qualcuno griderà allo scandalo. Magari senza aver letto il libro, come accade sempre più frequentemente. Ma questo fa parte del gioco e non ce ne stupiamo. Come Totò, siamo uomini di mondo: anche noi, a modo nostro, abbiamo fatto tre anni di militare a Cuneo.


Che cosa ci sarebbe di tanto “scandaloso” nel vostro libro?


L’aspetto più scandaloso è che non c’è nulla di scandaloso. È il lavoro di due cattolici che si trovano a vivere la crisi acuta del mondo cattolico di oggi e cercano di capirne i motivi. Una crisi teologica, filosofica, morale, liturgica, disciplinare. Dal punto di vista cronologico, questa crisi viene dopo il Concilio Vaticano II. Ovviamente, non tutto ciò che accade prima di un certo fatto né è anche la causa. Fra l’altro, nel nostro lavoro, noi sosteniamo che la crisi inizia e viene preparata molto prima. Ma non possiamo nascondere che in quel punto preciso della storia della Chiesa avviene qualche cosa di inedito che fornisce alle forze moderniste gli strumenti, gli uomini e i temi che tanto cercavano per avere la meglio.


Desenzano, 28 maggio 2011, Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro alla Marcia per la vita



Ma questa affermazione, per il pensiero dominante, è scandalosa…


Benissimo, non saremo certo noi a farcene un problema. Molti preferiscono pensare che la crisi viene dopo il Concilio, ma non a causa del Concilio. Il nostro libro, senza preconcetti e senza tesi precostituite, vuole mettere alla prova una simile interpretazione, che non può essere accettata come un assioma indiscutibile. Per sostenere un’ipotesi occorre argomentarla. Parliamone, discutiamone pacatamente, senza pretendere di chiudere la bocca a chi ha seri dubbi e vuole avere risposte chiare e precise. Noi non siamo d’accordo con coloro che si impegolano nella questione ermeneutica travisando le indicazioni di Papa Benedetto XVI e attribuendo al Pontefice il proprio pensiero. Costoro sovrappongono il proprio magistero a quello del Papa pensando di crearsi uno scudo imperforabile. Noi facciamo un’altra operazione; applichiamo l’ermeneutica del buon senso e arriviamo a una conclusione molto semplice e diffusa tra tanti buoni cattolici: se dopo il Concilio non è arrivata la primavera ma la tempesta, significa che qualche problema ci deve essere. Altrimenti si rischia di ritenere il triennio 1962-65 l’unico periodo immacolato della storia terrena della Chiesa. Errore in cui cadono tanti esegeti conciliari, ci si passi i termini rubati alla politica, sia di sinistra sia di destra. Anzi, ormai più di destra che di sinistra.



Il vostro libro arriva dopo quelli di Monsignor Brunero Gherardini e del professor Roberto de Mattei: che cosa dice di diverso e di nuovo?



Il nostro lavoro si inserisce in quella linea interpretativa e non sarebbe stato possibile senza il lavoro di Gherardini e de Mattei. Quello che c’è di diverso e di nuovo nel nostro testo dipende dal fatto che noi non siamo teologi, come Gherardini, e non siamo storici, come de Mattei. Noi prendiamo in esame altri aspetti di quell’evento: il fondamentale ed esiziale rapporto con i mass media e il loro linguaggio, l’abbandono del linguaggio giuridico e metafisico, la traduzione pratica nella vita della Chiesa dei cardini della filosofia moderna, la questione liturgica. E ci arriviamo sempre partendo dall’oggi. Questi temi, affrontati partendo dagli effetti che si vedono in questi tempi, sono la novità del nostro lavoro.



Conoscendo le vostre posizioni, molti sosterranno che il vostro lavoro è fondato su tesi precostituite.



Guardi, si può rispondere che le nostre tanto vituperatie posizioni non dipendono da una nostra scelta pregiudiziale ma dalla constatazione dello sfacelo di cui parlavamo prima. Abbiamo affrontato il tema in tutta serenità, senza cedere ad emotività e, soprattutto, come recita il sottotitolo, certi che la Chiesa si risveglierà. Sarebbe già un segno di risveglio il fatto che gli eventuali detrattori facciano il loro onesto lavoro argomentando serenamente, senza ricorrere a veti e scomuniche che, più che dolorosi, sono ridicoli.



Questo libro esprime una posizione minoritaria all’interno della Chiesa?



Al contrario. In questi ultimi anni è in atto un cambiamento epocale proprio nel rapporto fra Chiesa e Vaticano II. Si tratta di un cambiamento molto prudente, che non è ancora arrivato nelle diocesi e nelle conferenze episcopali, che non passa e non può passare attraverso atti formali di rottura o di rinnegamento del Concilio, perché il Vaticano II è un fatto, e il suo valore formale di Concilio della Chiesa cattolica è innegabile. D’altra parte, è impensabile che la Chiesa agisca come un Parlamento qualsiasi, che abolisce una legge o vi introduce emendamenti. Il Vaticano II è un concilio pastorale, e questo suo carattere non dogmatico rende non solo possibile ma necessaria una sana discussione, dentro la cornice dalla dottrina e della tradizione cattolica. Possiamo testimoniare che oggi come oggi vi sono moltissime personalità che nella Chiesa condividono tutte o molte delle tesi esposte nel nostro libro, anche se preferiscono esprimersi in modo ufficioso o tacere. Con un effetto paradossale: il movimento post conciliare progressista ha il fiatone e percepisce in modo netto la dissoluzione del mito del Concilio. I più strenui difensori della tesi di un “Concilio senza problemi” rischiano di restare, paradossalmente, alcuni ambienti conservatori, che sembrano ignorare il cambiamento epocale in atto dentro e fuori la Chiesa. Una situazione complicata, che durerà ancora molto tempo.


Alessandro Gnocchi - Mario Palmaro, La Bella addormentata - Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà, Vallecchi, 13 €, pp. 248.

Cristina Siccardi

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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La "Bella Addormentata" di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

Qualche settimana fa, in un nostro post, avevamo proposto una interessante intervista di Cristina Siccardi agli autori del libro, Gnocchi e Palmaro.
Presentiamo qui una attenta recensione del libro a firma di Cristina Siccardi.



Nel leggere il libro di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, La Bella addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà, edito da Vallecchi, non si può che rimare sconcertati e addolorati nel constatare che la Chiesa è stata scossa nelle sue fondamenta fino a rischiare la profanazione della sua sacralità. Ma la Bella, oggi addormentata, da chi è stata insidiata? È lui, il grande nemico di sempre, vigile e ruggente, diabolico per essenza, Satana.

Il testo spiega in modo lineare e alla portata di tutti la patologia che ha colpito la Chiesa, facendone una diagnosi esplicita e puntuale. La crisi ecclesiale è da decenni che si manifesta, ma tutti tacevano e le poche voci coraggiose venivano subito silenziate, come esponenti di un mondo tradizionalista da perseguitare e demolire come qualcosa di pericolosissimo e settario. Quale giustificazione, allora, i cattolici davano alle cattive pieghe della Chiesa? «si imputava l’origine di tutti i mali alla mancata applicazione del Concilio o, quanto meno, all’annacquamento della sua carica innovativa: in una parola, al tradimento» (1) e i traditori più colpevoli avevano un volto preciso a causa del loro marchio di cattolicità: Monsignor Marcel Lefebvre, Romano Amerio, padre Cornelio Fabro, don Divo Barsotti, padre Pio da Pietrelcina…

Tuttavia la Verità è più forte della menzogna. Gnocchi e Palmaro lo dimostrano con questo loro compendio che sintetizza, in maniera mirabile, a volte con toni ironici, a volte con accenti gravi, ciò che è accaduto negli ultimi tempi: gli studi di grandi personalità come il teologo di Santa Romana Chiesa, Monsignor Brunero Gherardini (2), e del professor Roberto de Mattei (3) sono stati determinanti per rompere, finalmente, la calotta ghiacciata, una calotta costituita dal «superdogma» (4) del Concilio Vaticano II, così compatta e così dura che sembrava infrangibile. Ma di fronte all’evidenza di un’apostasia generalizzata, di una decadenza dei costumi, di un’ignoranza religiosa, nell’a b c della dottrina cattolica, divenuta ormai crassa, di una sete di Fede di credenti ormai insoddisfatti o, addirittura, angosciati, i perché e i punti interrogativi, ormai, sono non soltanto doverosi, ma scontati. Le voci della passata generazione che erano state scandalose e per le quali ci si copriva le orecchie per non sentirle sono state sostituite provvidenzialmente da quelle di intellettuali contemporanei. E allora, come dice don Massimo Vacchetti: «Alla vigilia dei cinquant’anni della convocazione conciliare occorre superare la stagione ideologica che ne ha caratterizzato la recezione, ricomporre le ferite inferte in questi anni e restituire al popolo cattolico quelle certezze di pensiero e di fede su cui, solo, è possibile camminare lieti di ciò che ci attende, grati per ciò che ci ha preceduto» (cfr. http://www.libertaepersona.org/dblog/articolo.asp?articolo=2774).

La Chiesa, e nessuno può negarlo, si è progressivamente secolarizzata e ciò non è, secondo Gnocchi e Palmaro, un problema di interpretazione del Concilio Vaticano II, ma un problema intrinseco a quei documenti che l’Assise ha prodotto. Ha affermato padre Serafino Lanzetta, teologo dei Francescani dell’Immacolata: «Fino a poco tempo fa, il solo pensare di potersi porre in modo critico dinanzi al Vaticano II, appariva come una cripto-eresia per la coltre di silenzio che necessariamente doveva regnare, ammantandolo solo di lodi […]. Il Vaticano II è un problema? Sì, nel senso che le radici dell’estro postconciliare non sono solo nel postconcilio. Il postconcilio non dà ragione di sé. Per amore della Chiesa e per il futuro delle fede nel mondo, bisogna esaminare la radice del problema» (5).

A stupire, nello scenario intellettuale, non sono più soltanto coloro che seguono la cosiddetta Scuola di Bologna, dove si inneggia alla “benefica” rivoluzione maturata nella Chiesa grazie al Concilio Vaticano II, ma anche la «Balena Bianca ecclesiale votata a un conservatorismo invaghito del presente» (6), si tratta di una lettura neocentrista secondo la quale le ragioni della crisi della Chiesa e, dunque, della Fede sarebbero sorte successivamente al Concilio a causa dell’interpretazione rivoluzionaria dei documenti. Pertanto, la soluzione consisterebbe nel separare il Concilio dal postconcilio. Si tratta, in definitiva, di una posizione di compromesso, un escamotage per far finta di nulla, negando l’evidenza dei fatti. Si sceglie, in pratica, la linea del Peppone di Don Camillo che, ascoltando i terrificanti racconti del parroco a riguardo della Russia sovietica, afferma: «Lasciatemi in pace, preferisco tenermi la mia idea di Russia, voi tenetevi la vostra» (7).
Fenomeni che nella Chiesa non si erano mai visti, come la rivolta liturgica o l’ecumenismo, sono chiari frutti del giacobinismo conciliare. Entrambi sono da ricondurre ad esigenze protestantizzanti: l’assemblea, la Parola e il memoriale della cena per quanto riguarda la Messa, escludendo il Santo Sacrificio, mentre l’istanza ecumenica nacque da alcuni missionari protestanti all’inizio del Novecento, i quali promossero iniziative atte a dialogare fra le innumerevoli confessioni riformate.

Il Vaticano II fu il primo Concilio ad essere esclusivamente pastorale e non dogmatico, deviando l’attenzione dalla Fede e dalla sua ortodossia, un effetto che riconduce, inevitabilmente, al clima culturale progressista degli anni Sessanta, quando l’ortoprassi prese il posto della filosofia autentica, ovvero quando ci si pose domande non più sull’esistenza (Chi chiamo? Da dove veniamo? Da chi andremo?), ma sulla contingenza esperienziale, personale e terrena.
Fu così che molti, nella Chiesa, «pensarono che quel treno, veloce e moderno, non potesse essere perduto: bisognava salirci sopra a tutti i costi» (8). Un treno che oggi è deragliato, ma che all’epoca nessuno voleva perdere perché troppo allettante era il pensiero di quei teologi che volevano, come stilisti d’avanguardia, disegnare e confezionare un abito alla moda alla Sposa di Cristo, un abito nuovo e con esso un linguaggio à la page. I novatori erano così volenterosi e tronfi delle loro idee che misero persino in dubbio il potere del Papa. Fu così che acquisirono un potere del tutto straordinario e dottrinalmente ingiustificato le Conferenze episcopali, che nacquero i consigli pastorali, le assemblee parrocchiali…

Il libro di Gnocchi e Palmaro offre anche un’interessante disamina sul potere che i media ebbero all’interno dell’Assise: furono loro, oltre che i teologi modernisti, ad influire su quei vescovi che non erano né progressisti, né fortemente legati alla Tradizione. Così accadde che padre Antoine Wenger de «La Croix», Raniero La Valle su «Avvenire d’Italia», Henri Fesquet di «Le Monde», don René Laurentin de «Le Figaro», il redentorista americano Francis X. Murphy sul «New Yorker Magazine» ed altri abbiano avuto influenza nelle decisioni conciliari. E fu così che nel Concilio non si parlò dei problemi e degli errori del mondo (per esempio il comunismo, l’indifferentismo religioso, la secolarizzazione o il modernismo nella Chiesa), bensì di come la Chiesa poteva avvicinare i «lontani», come poteva spalancare il proprio portone al mondo… e l’imprudenza fu immensa, visto che il fumo di Satana (come lo ebbe a definire Paolo VI nel 1972) poté entravi con tutta la sua virulenza.
D’altra parte gli esiti del Concilio sono stati obiettivamente visti dai vincitori di quell’Assise: «Abbiamo in qualche modo contribuito con la nostra azione precedente anche all’esito del Concilio», lascia scritto il «partigiano» (9), Giuseppe Dossetti, «Si è potuto fare qualcosa al Concilio in funzione di un’esperienza storica vissuta nel mondo politico, anche da un punto di vista tecnico assembleare che qualcosa ha contato. Perché nel momento decisivo proprio la mia esperienza assembleare […] ha capovolto le sorti del Concilio stesso» (10). Di fronte a queste dichiarazioni non si può restare indifferenti. Ma proprio da qui presero le mosse personaggi come Enzo Bianchi, che fondò la Comunità di Bose l’8 dicembre 1965, guarda caso, giorno della chiusura del Concilio. Eppure, la realtà ecumenica di Bose, che ha oltrepassato le più rosee speranze dei primi missionari protestanti di cui si è parlato, nonostante l’ampio successo mediatico, non ha a tutt’oggi alcun riconoscimento ecclesiastico. Il fatto che la comunità del “profeta” Bianchi «non possa essere contemplata dentro la struttura di questa Chiesa significa solo che la struttura di questa Chiesa deve mutare: troppo gerarchica, costantiniana, fondata sul potere, vecchia» (11).

Il lettore vedrà snocciolarsi, pagina dopo pagina, le ragioni di una problematicità conciliare chiara ed evidente, così netta che, se il cattolico seriamente intenzionato a comprendere la realtà dei fatti, non potrà che arrivare ad una convinzione tanto cruda quanto amara: la Chiesa è stata ingannata e allora, come disse Paolo VI, il Papa che vide la sciagura, ma non l’arrestò: «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza» (29 giugno 1972). Tuttavia la Sposa di Cristo troverà la forza di risvegliarsi dal lungo letargo causato dal sonnifero conciliare e a risvegliarla saranno coloro che non usano la Chiesa per i propri fini, siano essi materiali o ideologici, ma coloro che la amano veramente, perdutamente, persino pronti a perdere se stessi per Lei.


Cristina Siccardi


Note
1. A. Gnocchi - M. Palmaro, La Bella addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà, Vallecchi, Firenze 2011, p. 15.
2. B. Ghereradini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Casa Mariana Editrice, Frigento 2009. B. Gherardini, Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Lindau, Torino 2011.
3. R. de Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau, Torino 2010.
4. «La verità é che questo particolare Concilio [Vaticano II] non ha definito alcun dogma, e ha deliberatamente scelto di rimanere a un livello modesto, come un concilio meramente pastorale; eppure molti lo considerano quasi come fosse un super-dogma, che priva di significato tutti gli altri concili» (Cardinale Joseph Ratzinger, Santiago del Cile 1988).
5. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., p. 16-17.
6. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., p. 20.
7. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., pp. 30-31.
8. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., p. 57.
9. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., p. 109.
10. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., p. 110.
11. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., pp. 120-121.

A. Gnocchi - M. Palmaro, La Bella addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà, Vallecchi, Firenze 2011, pp. 243, € 12,50.

Il libro sarà presentato sabato 15 ottobre 2011 (ore 18,00) durante il convegno La Chiesa dopo l'ultimo Concilio, Chiesa di San Salvatore in Ognissanti, Borgo Ognissanti 42 - Firenze. Interverranno Alessandro Gnocchi, Mario Palmaro, Alfio Krancic, Paolo Deotto.

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13/10/2011 19:28
 
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Articolo di Padre Serafino Lanzetta

Pubblichiamo una recensione di Padre Serafino Lanzetta dei Francescani dell'Immacolata sul libro di A.Gnocchi e M.Palmaro, La Bella Addormentata (Vallecchi Editore) che, ricordiamo, sarà presentato sabato 15 ottobre alle ore 18,00 nella chiesa di San Salvatore in Ognissanti (Borgo Ognissanti 42) di Firenze, dopo la celebrazione della Santa Messa in rito romano antico delle ore 16,30.

La Chiesa, i cattolici, il mondo e il no al mito del Concilio


Un altro contributo sul Vaticano II, non tanto elogiativo del mito trionfalistico che ha accompagnato questi cinquant’anni di ricezione conciliare, piuttosto di critica intelligente documentata e divulgativa, è venuto da poco alla luce: ha un titolo stimolante, La Bella Addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà, frutto di un lavoro esimio di due firme del cattolicesimo battagliero e non allineato a quegli stereotipi “da sacrestia”, A. Gnocchi e M. Palmaro. La Chiesa di quei “formidabili anni” è descritta come la Bella, perché sempre l’Immacolata Sposa di Cristo, ma addormentata, proprio come la fiaba.

Qui il sonno è metafora di una crisi molto profonda, di cui parlava di recente e nuovamente il S. Padre in Germania, una crisi di fede, una crisi dell’identità cattolica. Cosa è successo nella Chiesa cattolica? Da dove ha preso corpo quell’ondata limacciosa di ottimistica quanto presuntuosa baldanza della novità, un modo sciocco eppure riaffermato di credersi nuovi e sempre al passo con i tempi, perché finalmente emancipati da un prima ecclesiale ed ecclesiastico insopportabile: una Chiesa, una liturgia, un predicazione non più tollerabili. Bisognava essere moderni. Purtroppo quei tempi moderni si rivelarono presto già superati dopo qualche anno, mentre alcuni tenacemente si affaticavano a rincorrerli. Il tutto come in grande sonno. O forse il sogno di vedere all’orizzonte la realizzazione di una Chiesa che non c’era, né poteva esserci. Si intrufolarono in questa compagine dell’ottimismo tante ideologie: una Chiesa dei poveri, una teologia della politica, una teologia della liberazione.

Tanti cristiani, tanti uomini erano privati della libertà sotto l’egida disumana del comunismo, mentre uomini di Chiesa si intrattenevano sul come raggirare gli ostacoli per ammettere gli osservatori ortodossi al Concilio. Non si parlò punto del comunismo. Ecco come si fece. Eppure il Concilio si era prefisso di essere pastorale. Si gridava invece al cambiamento. A differenza del ribaltamento culturale ideologico, quello ecclesiastico aveva un “marchio”, d’autore: il Concilio Vaticano II. In nome di esso, abusandone, si volle re-iniziare ad esser cattolici.
Una cosa però sorprese gli uditori attenti: nel discorso inaugurale del B. Giovanni XXIII, Gaudet mater ecclesia, si intravedeva un nemico, che non era fuori, era in casa: i “profeti di sventura”, ovvero non il neo-modernismo, il materialismo scientifico, l’ateismo, i nuovi errori teologici, ma quelli che si industriavano a mettere il bastone tra le ruote al carro della felicità, che doveva partire speditamente. Purtroppo la sventura c’è stata, ma si è originata ahimè non dentro ma fuori, ed è penetrata come fumo all’interno: il mondo, dirà pentito J. Maritain, era entrato nella Chiesa, quel mondo che la Chiesa voleva incontrare ad ogni costo.
Non si tratta, comunque, di fare un’inquisizione al Vaticano II, che resta un concilio ecumenico della Chiesa cattolica, ma di collocarlo al suo giusto posto. Quel posto che il Concilio scelse: un ambito pastorale e non dogmatico-definitorio; un Concilio che non riassume l’intera Tradizione della Chiesa; un Concilio che non è la Chiesa, né è al di sopra di essa; un Concilio che resta tale e non può trasformarsi in un discrimine per appurare il grado di fede cattolica di un credente. Non era mai successo nella storia della Chiesa che un concilio determinasse l’essere cattolici. Era piuttosto l’inverso.

Un cattolico non può non essere fedele e ossequioso al Vaticano II, ma non può neppure “credere” nel Vaticano II, come si trattasse di un dogma. Il Vaticano II non fu un “evento epocale”, che cambiò le sorti della Chiesa. O meglio, a guardare questi anni, sembra che lo fu, ma Gnocchi e Palmaro vogliono invece dire che il Vaticano II, come ogni altro concilio, non poteva esserlo, né deve esserlo. Essere cattolici implica la totalità della fede, così come ricevuta.

Una peculiarità di questo libro, appassionante anche per quel bell’italiano che fa scorrere le pagine, è l’analisi interessante della genesi del mito “Vaticano II”. La Chiesa pensò di affidare il suo Concilio ai mezzi di comunicazione. Tutto (o quasi) quello che si diceva in aula il giorno dopo lo si leggeva sui giornali, i quali anticipavano ai lettori i temi e gli orientamenti dei Padri nelle Assemblee generali, condizionando così l’andamento dei lavori. Non si tenne conto che «il mezzo è il messaggio», (M. McLuhan) e che, come dicono gli autori, «nell’universo mediatico, lo scopo del messaggio non è la trasmissione del vero, ma la propria diffusione» (p. 78). Si finì col sovrapporre al «trascendentale ideologico» della modernità quello tecnico della stampa e della TV, sì da produrre «‘il trascendentale ecclesiologico’ che da subito si impose come premessa per ‘fare’ e poi ‘comprendere il Concilio» (p. 82). Dopo cinquant’anni siamo ancora alle prese con la giusta ermeneutica del Vaticano II.

P. Serafino M. Lanzetta

Fonte: "Corriere Fiorentino" (inserto toscano del "Corriere della Sera"), 13 ottobre 2011, p. 17.

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[SM=g1740733] sto leggendo con molta serietà il libro.... impeccabile sotto molti aspetti.... ma se avessi la possibilità di parlare agli Autori chiederei un chiarimento, per ora, a pag 35 dove si legge:  
 
..."...e c'è un Papa che invece raccomanda di leggere Concilio e postconcilio come prosecuzione della stessa Chiesa e della stessa dottrina.."  
 
... no! non è così...chiedo venia agli Autori che leggo sempre con piacere, ma hanno commesso un errore:  
Benedetto XVI non parla affatto di "postconcilio" come prosecuzione della stessa Chiesa e della stessa dottrina, al contrario, egli vuole proprio correggere il contesto postconcilio con gli errori che ci sono stati stati, con gli abusi e le false interpretazioni del Concilio.... Wink  
Benedetto XVI sta dicendo di ripartire DAL Concilio con la RILETTURA dei Documenti scaturitiin continuità con la Chiesa di sempre e la dottrina di sempre....parlare di "postconcilio" affermava già l'allora Ratzinger, sarebbe come riconoscere di fatto UNA NUOVA CHIESA CON UNA INTERPRETAZIONE del Concilio dissociata dalla Chiesa stessa, in sostanza, affermare un "postconcilio" sarebbe come promuovere una sorta di chiesa parallela, e poichè di fatto c'è, Benedetto XVI non la vuole istituzionalizzare ma la vuole eliminare facendola assorbire attraverso una serie di correzioni a cominciare appunto dalla Liturgia....  
 
Comunque la si pensi, resta palese che Benedetto XVI ha chiesto la lettura DEL CONCILIO e non del postconcilio... questo chiarimento è fondamentale e chi può farlo presente agli Autori, lo faccia, magari anche per un chiarimento ulteriore... Embarassed


[SM=g1740771]



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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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26/03/2012 12:07
 
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Ci permettimo di rilanciare quest'intervista molto bella ed interessante che è passata un po' in sordina ma che ci pare davvero molto importante far conoscere. Si tratta di un punto di vista che condividiamo in pieno e che sintetizza, pensiamo, l'esperienza e il pensiero di molti dei nostri lettori. Ne ringraziamo chi l'ha realizzata, chi l'ha pubblicata e soprattutto il dott. Gnocchi.

Intervista
(concessa in esclusiva alla CORSIA DEI SERVI)
ad ALESSANDRO GNOCCHI*
Bergamo, gennaio 2012

1- Qual è, secondo lei, lo stato di salute della Chiesa al giorno d’oggi? Sono questi i tempi in cui la profezia di Papa Paolo VI (anche nella Chiesa è entrato il fumo di Satana…può succedere che nella Chiesa prevalga un pensiero di tipo non cattolico…) trova il suo pieno compimento?

Io credo che oggi stiamo vedendo gli effetti di quanto Papa Paolo VI aveva preconizzato; per la verità a mio avviso tali effetti erano presenti già allora, perché tali profezie furono dette in più occasioni: “anche nella Chiesa è entrato il fumo di Satana” fu detto in un discorso pubblico, l’idea che “nella Chiesa prevalga un pensiero di tipo non cattolico…” fu contenuta in un’ intervista con Jean Guitton; quindi non si tratta di parole estemporanee ma meditate e sofferte. Sicuramente già allora c’era questo problema. Oggi vediamo le conseguenze di tutto quello. Ho preparato un articolo con Mario Palmaro riguardo il verbale della Consulta liturgica della regione Lombardia (risalente al 31 marzo 2011) nel quale i delegati di tutte le diocesi lombarde fanno il punto della situazione; al fondo di ogni intervento si parla del “Summorum Pontificum” (SP).
Ebbene, il delegato di Milano e presidente della Consulta dice: “un breve accenno al caso della SP, rigurgiti di tradizionalismo liturgico si manifestano in diocesi senza destare troppe preoccupazioni”, quello di Pavia dice: “per quanto riguarda l’SP, in diocesi la cosa è sotto controllo”, quello di Vigevano dice: “nessun caso di SP”, quello di Cremona dice “la richiesta per la SP è stata fatta d una sola parrocchia, il tutto è sotto controllo”, quello di Crema dice: “nessun problema riguardo alla SP”, quello di Bergamo denuncia 80 casi di SP ma “la cosa è sotto controllo”.
Alla luce di queste dichiarazioni, se in una Consulta liturgica si arriva a trattare in questo modo un provvedimento del Papa, è evidente dove siamo arrivati! Del resto Chiesa che vai messa che trovi! Si trova veramente di tutto: nelle predicazioni si possono sentire le eresie più totali, la morale non esiste più, della liturgia abbiamo accennato, l’obbedienza non c’è…io credo che, pur estrapolando i casi in cui l’abbiamo giustamente difesa, tutte le questioni che riguardano i problemi che stanno investendo la Chiesa (ad esempio la pedofilia) sono la spia di un malessere che è tremendo. Quindi la situazione della Chiesa oggi è paragonabile o al periodo della crisi ariana (dove anche il Papa stava vacillando e grazie alla fede e alla fermezza di sant’Atanasio la Chiesa si è ripresa), oppure al periodo che conosco meglio, quello della riforma protestante che ha rischiato di devastare tutto. Più precisamente, il tipo di problematica che vedo oggi nella Chiesa è più simile a quella di derivazione protestante che non a quella di derivazione ariana; credo che sia evidente quanto il problema della Chiesa oggi sia l’avviarsi verso la protestantizzazione definitiva.
Questo è uno dei punti finali dove si vuole arrivare e la riforma liturgica, a mio avviso, è stata fatta con questo criterio: è stato proprio Papa Paolo VI a sottolineare che la riforma liturgica è stata realizzata per ottenere un rapporto migliore con i protestanti. Il problema però è che il rapporto migliore con qualcuno non ce l’hai se indebolisci la tua identità, ma ce l’hai solo se la rafforzi.
La situazione è questa: il ruolo del sacerdozio viene scientificamente distrutto per lasciare spazio e rilievo a dei laici che non si sa bene che cosa potranno fare, si vuol realizzare una vera e propria ristrutturazione del ruolo sacerdotale, si assiste a episcopati interi che sono acefali, cioè non fanno riferimento a Roma (mi raccontava un amico sacerdote di Gubbio che il parroco di una vicina parrocchia non recita più il Credo alla Messa, “tanto non ci crediamo quindi è inutile che lo diciamo”!).
Altra cosa che mi fa veramente paura perché nasconde il disegno satanico finale è il costatare che la maggior parte dei sacerdoti oggi non crede più alla Presenza reale di Cristo nella Consacrazione durante la Messa; sono convinto di questo perché ho delle prove…se nessun sacerdote credesse più nella Presenza reale di Cristo e però consacra, volendo fare ciò che fa la Chiesa, la consacrazione è valida…ma se un sacerdote non ci crede e non vuol fare espressamente quello che vuol fare la Chiesa, la consacrazione non è valida: quindi se tutti i sacerdoti fossero così non ci sarebbe più la Messa nel mondo. Non succederà, ma il disegno diabolico è questo: noi (A. Gnocchi e M. Palamaro – ndr) lo abbiamo raccontato nel libro su Padre Pio, -La Messa di Padre Pio-: studiando quello che Padre Pio aveva detto e fatto sulla Messa, devo dire che anche nel nostro tempo il disegno è ancora quello.

2- Il ruolo del Papa e i lupi voraci (come lo stesso Santo Padre ha rivelato) contro il suo magistero: pare che sia opinione diffusa tra tanti, troppi, cattolici che in fondo, ciò che dice il Papa, non sia un insegnamento da seguire ma è tutto sindacabile…il Papa è solo il vescovo di Roma, è il solo vescovo vestito di bianco, è un vescovo, tra tanti…
Uno degli aspetti fondamentali della crisi della Chiesa è il declino del ruolo del principio di autorità. Qui bisogna parlarsi chiaro: uno dei fattori di ripresa può essere soltanto il fatto che Roma riprenda a fare Roma.
Sicuramente c’è la necessità che da parte della base si riformi una vita cattolica sana - e va bene - però tutto questo non avrà compimento sino a quando l’autorità non sarà pienamente reintegrata. A mio avviso oggi è evidente che l’autorità praticamente non esiste più. Per cui questo è uno degli aspetti problematici veramente grossi: nel libro -La bella addormentata- è stato adombrato come uno dei principali fattori di ripresa il ruolo del principe azzurro. Chi è il principe azzurro? È il popolo cristiano che si ricostituisce nella forma cattolica…Tuttavia questo in sé non è un procedimento essenzialmente cattolico perché il cattolicesimo prevede un’autorità che governi il popolo, non un popolo che ricostituisce l’autorità. Attualmente questa autorità non riesce, diciamo così, a trovare compimento perché non c’è la volontà, si ha paura, si è alle prese con una difficoltà insormontabile. Materialmente è impossibile farlo; io credo che questa impossibilità abbia generato anche il timore nell’autorità, nell’esercitare il governo… Bisogna dirlo: è evidente che Roma teme nell’esercitare l’autorità perché teme la ribellione aperta alla quale non saprebbe come rispondere. Non solo non saprebbe cosa rispondere ma nemmeno come rispondere.
Però bisognerebbe anche pensare a questo: se c’è un vescovo che, nonostante il suo giuramento di fedeltà e obbedienza al Papa, non obbedisce, va cacciato: si metta in un monastero a pregare per l’anima sua e le anime di chi si vuole… forse provare a riprendere in mano la situazione potrebbe essere una soluzione: io frequento abbastanza Roma e alcuni ambienti sani vaticani (ce ne sono più di quanti si potrebbe immaginare); però tali ambienti sono tutti timorosi: “…si però il Papa deve stare attento…, noi non possiamo fare questo, fare quello perché…”. Fin quando sarà così, io credo che non succederà assolutamente mai niente: da questo punto di vista, ricorrendo ad un paragone storico, ci troviamo come nel periodo della Vandea dove erano i contadini che andavano a prendere i nobili per costringerli a combattere.
Noi siamo costretti a fare lo stesso: a parte il Papa, quanti vescovi in Italia fanno il vescovo cattolico? Io credo di contarne una decina o poco più: Caffarra, Negri, Crepaldi, Riveri, Moraglia, Betori… ma alla maggior parte dei vescovi non frega letteralmente niente di Roma. Se ci fate caso, adesso non si dice più -diocesi di Bergamo-, -diocesi di Milano-…ma -chiesa di Bergamo-, -chiesa di Milano-… anche dal punto di vista lessicale è importante tenere presente queste differenze perché significa che alla fine quelle diocesi si ritengono un qualcosa di completamente sganciato dal resto.
Quindi il problema dell’autorità è fondamentale, anche perché ne deriva un altro consequenziale: il cattolico ordinario ovviamente finisce poi nell’assimilare il pensiero del curato, del parroco, del vescovo, non curandosi se tale pensiero sia o meno in linea con quello del Papa, Capo dei vescovi.
Io penso che una delle cause del problema che stiamo vivendo va ricondotto anche al pontificato di Giovanni Paolo II: dal punto di vista mediatico esso ha nuociuto all’immagine dell’autorità e al suo esercizio. L’aspetto mediatico, che è uno dei settori che riguardano il mio lavoro, produce proprio questo effetto: l’aspetto mediatico porta tutti sotto lo stesso cappello e tutti allo stesso livello, dove la star, in questo caso il Papa Giovanni Paolo II, non è l’autorità; la star è il divo, che è altra cosa. Questo non è connaturale alla vita cattolica. Oltre tutto l’impatto mediatico prolungato ha dato l’idea in quel periodo di una Chiesa che in realtà non esisteva e di una presa della Chiesa sul mondo che in realtà non c’era e non c’è. In altre parole, questa immagine mediatica dava idea di una penetrazione della fede cattolica che in realtà non esisteva, anzi era l’esatto contrario. A suo tempo avevo parlato di questo argomento con Vittorio Messori , il quale sosteneva una cosa giustissima: “quando non ci sarà più Giovanni Paolo II ci troveremo davanti a un guscio vuoto”. Questo è il problema: la crisi dell’autorità, tenuto conto anche che scientemente la si è voluta minare, in quanto il collegialismo, il conciliarismo.. sono stati certamente reintrodotti dagli anni 60 in poi proprio con questo scopo, per mettere in minoranza Roma.
Certo questo Papa che ha il suo temperamento ben noto, che è molto caritatevole ma molto fermo su determinate questioni, si troverà in una situazione di sofferenza…
È così, anzi, non riusciremo neanche ad immaginare la sofferenza di questo Papa perché essere a capo di una situazione di questo genere, avendo la responsabilità del destino di tutti, penso sia alquanto pesante. Poi è un uomo anziano, sofferente, malato…io credo che a causa di questa grande sofferenza che sta passando adesso, il Papa stia purgando tanto di quello che eventualmente ha da purgare…Questo è l’aspetto più tremendo dell’essere successore di Pietro in questo periodo: non tanto la solitudine quanto la costatazione dell’impossibilità di intervenire (e la situazione di tutto il mondo è conosciuta perfettamente da questo Papa perché egli viene, quando era Cardinale, da un dicastero dove aveva sott’occhio proprio tutta la situazione generale del mondo e della Chiesa).

3- Molti cristiani, soprattutto i giovani, sono molto critici nei confronti della Chiesa e anche quando si parla della dottrina cristiana appaiono infastiditi, rancorosi…quali le cause di un simile atteggiamento e quali le eventuali soluzioni per scardinare tale ritrosia?
Sicuramente la crisi del principio d’autorità porta irrimediabilmente a una crisi dell’educazione: se non c’è autorità, non c’è autorevolezza…non si può educare. Ci si è tolti lo strumento fondamentale per parlare ai giovani.
Il giovane quand’anche fa il ribelle in realtà cerca qualcuno di più forte. Se tu questo qualcuno di più forte non glielo dai, distruggi il giovane. Per cui questo è uno degli strumenti utilizzati per devastare i giovani e le nuove generazioni.
L’altro aspetto è che sicuramente si è tolto di mezzo anche il fatto che la vita cattolica e la fede cattolica sono fatte di due assi fondamentali dal punto di vista dell’insegnamento ma anche della pratica: la dottrina e la morale. Mi spiego. Per amare Gesù Cristo, devi conoscerlo; lo conosci ordinariamente attraverso quello che ti viene insegnato, cioè attraverso la dottrina. Questo comporta un modo di vita conseguente: la morale. La morale dipende sempre dalla dottrina. Tolti questi due aspetti il giovane ha di fronte o il niente oppure un approccio soggettivistico, sentimentale (è il senso religioso che ognuno di noi ha dentro di sé e che emerge in qualche modo. Non essendo formato da nessuno, perché si è deciso di non formarlo, tale senso religioso va dove vuole: può così sfociare nella Messa tradizionale, come allo sballo in discoteca… tutto è uguale, livellato: questa è la risposta a delle domande che si hanno dentro ma alle quali nessuno ha dato lo strumento per rispondere).
Mancano gli esempi: noi adesso siamo qui alle 11 di mattina a parlare di queste cose ma ordinariamente gli adulti non fanno quello che stiamo facendo noi…io lavoro a Milano, vado in giro per Milano e guardo le persone della mia età…mi spavento! Perché vedi veramente il vuoto! Questi sono genitori, sono zii, nonni…e cosa danno? Niente! Ordinariamente il mondo è questo: tanto è vero, parlando dei giovani, che la solita obiezione è: -ma i genitori dei miei amici non fanno così, non dicono niente, siete solo voi che censurate…-.
Questa è la relazione più normale perché il ragazzo tende a fare quello che fanno i suoi amici, ad inserirsi giustamente in un gruppo: questa è la natura umana. Fino a quando hanno 8/10 anni, i ragazzi guardano come modello i genitori...e va bene. Poi i genitori giustamente non attirano più da questo punto di vista e i ragazzi guardano se ci sono attorno altre figure: attorno vedono che non c’è nessuno che assomigli al papà e alla mamma, quindi: o il papà e la mamma sono stati bravi, hanno pregato tanto, sono fortunati e i loro figli grossomodo seguono quanto è stato loro educato, oppure essi appaiono agli occhi dei figli come due poveri deficienti perché il mondo è un’altra cosa.
Del resto, guardando la tv, vedendo il grande fratello, o Maria de Filippi o Beautiful o qualsiasi altra cosa possano vedere (tranne il calcio e i film di Totò!), cosa devono pensare? che i genitori sono dei poveri deficienti non al passo con i tempi!
Cosa fare? Questa è la domanda più difficile! Per quanto riguarda casa mia, io e mia moglie cerchiamo di essere martellanti e presenti in tutti i modi, dovunque, nel senso che io dico ai miei figli: finché voi siete in questa casa, qui funziona così.
Devo dire che fortunatamente non ho grossi problemi perché guardandomi intorno e osservando quelli che sono i giovani di oggi, assicuro che c’è da baciarsi i gomiti nell’avere ragazzi normali…ma per avere ragazzi normali bisogna fare uno sforzo tremendo. Io non faccio lo sforzo che hanno fatto i miei genitori con me: ne faccio molto molto di più! Questo perché il mondo, allora, era un’altra cosa. Per cui mancano sicuramente gli esempi: credo che sia fondamentale da parte degli adulti pregare tanto dove per pregare tanto intendo anche sacrificarsi tanto; offrire in sacrificio le fatiche perché ciò che ci porterà fuori da questo pantano in cui la società è sprofondata sarà la nostra riforma personale. Prima citavo la crisi luterana: io amo molto il periodo della controriforma cattolica perché ciò che mi ha sempre colpito è che in quei tempi si sono visti non solo i grandi santi ma anche i cattolici ordinari rimontare la china, riformando se stessi. La cosa straordinaria di quel periodo è che ci sono stati tanti santi e tante persone ordinarie che hanno detto: cambio me stesso!...alla fine quello ha riformato la Chiesa. Del resto, trovandoci di fronte al Padre Eterno, Egli si commuoverà di più se scrivo un bel libro o se sto 4 ore in ginocchio di notte davanti al Santissimo? Penso la seconda ipotesi. Credo che per i figli vedere i genitori che pregano può anche, diciamo, infastidirli (ma se sono abituati no!), ma l’effetto prima o poi sui figli c’è. Il problema è che ci sono pochi genitori che pregano. Pochi genitori cattolici, intendo, cioè tra quelli che dovrebbero sapere che devono farlo.

4- Il valore della Tradizione: molti preti, chiamiamoli modernisti, sembra non vogliano riconoscere adeguatamente il valore della Tradizione, ma il loro obiettivo,dicono, è quello di costruire una Chiesa, al passo coi tempi, e quindi di uscire dagli schemi, spesso ideologici, che portano la Chiesa a conservare il passato per difendersi dal presente…Qual è la sua risposta?
Basta vedere il risultato: quando si parla della crisi della chiesa facciamo riferimento a questa ideologia che rappresenta la cultura comune del sacerdote di oggi; cioè ordinariamente il sacerdote cattolico di oggi ha questa concezione della Chiesa.
Ma preti del genere non sono cattolici!
San Tommaso diceva che basta non credere in una delle verità cattoliche per non essere cattolico, cioè in un solo elemento della dottrina cattolica per non esserlo: immaginiamo come è conciata la Chiesa di oggi. Io ho un amico salesiano (costretto a migrare per tutto il nord Italia perché non si adegua ad una serie di “cose”) il quale mi confidava che a Venezia c’era il Superiore della sua casa che gli nascondeva il crocefisso per non farglielo usare durante la Messa, per impedirgli di porlo sull’altare; oppure che il Superiore usava le candele nere sull’altare…questi sono esempi di ciò che sta accadendo nella Chiesa.
Di alcuni accadimenti non abbiamo mai dato forma pubblica perché sono veramente gravi (alcuni addirittura demoniaci) e, se non è possibile intervenire per farli cessare, è bene non denunciarli in quanto si finirebbe soltanto per scandalizzare e inquietare inutilmente le persone… Io ho risposto a quell’amico salesiano: “noi e loro appartiamo a due religioni diverse”. Ormai non formalmente ma nella pratica io, con chi sostiene che “bisogna costruire una Chiesa al passo coi tempi, e quindi uscire dagli schemi, spesso ideologici, che portano la Chiesa a conservare il passato per difendersi dal presente”, non ho niente a che fare: apparteniamo a due religioni diverse, a due chiese diverse, a due dottrine diverse, a due punti di vista diversi.
lo sai” mi a detto quel frate “io ho sofferto per anni e anni perché non riuscivo a capire come mai i miei confratelli mi aggredissero…adesso che ho metabolizzato tali comportamenti ho capito e mi sono messo il cuore in pace. Ora capisco il motivo per cui mi aggrediscono nonostante siamo tutti salesiani, nonostante siamo nella stessa casa, e dovremmo lavorare, pensavo, per la stessa causa: apparteniamo a due chiese diverse!”.
Il suo Superiore gli impediva persino di celebrare tutti i giorni la Messa all’oratorio estivo, salesiano! Cioè i salesiani, che hanno come scopo ultimo la formazione cattolica dei giovani, gli impedivano di celebrare la Messa!
Quando il suo Superiore ha visto nel volantino dell’oratorio estivo il programma delle messe, l’ha chiamato e l’ha redarguito. Irritato e in piena collera gli diceva: “ma cosa vuoi fare, vuoi farli diventare santi?” …In realtà quello dovrebbe essere l’obiettivo!... Siamo a questi livelli, lo capite?
Vi assicuro di sacerdoti e vescovi che al solo nominare la messa tradizionale si trasformano, persino fisicamente: tutto ciò è veramente inquietante; ragion per cui io non credo di appartenere alla stessa Chiesa a cui appartengono loro.
Mons. Crepaldi, arcivescovo di Trieste, ha parlato espressamente dell’esistenza di due chiese, ed è proprio così. Ma questa cosa sembra non si possa dire perché in realtà comanda quella chiesa che c’è all’interno della Chiesa. I componenti di questa chiesa eretica, ed è un fatto unico, sono riusciti a mettere in pratica ciò a cui hanno mirato di realizzare la maggior parte delle eresie nascenti da quando esiste la Chiesa: fino a ora è successo che in qualche modo queste eresie avevano sempre dovuto creare delle chiese al di fuori della Chiesa (i protestanti, gli ariani, i vari scismi); per la prima volta ora ci troviamo di fronte qualcuno che ha fatto una chiesa all’interno della Chiesa, con l’idea di farne una più bella. Se andiamo a ritroso nel tempo e guardiamo quanto accaduto nel 900 e tutto quello che ha preparato la venuta del Vaticano II, emerge con chiarezza il tentativo di affossare in modo definitivo quella Chiesa ritenuta cattiva che era la Chiesa preconciliare.
Per cui è chiaro che il concetto di Tradizione è quanto di più gli possa essere alieno, perché loro nascono per cancellare il passato, così come è curioso notare che tutte le dittature nascono per cancellare il passato. Non possono vivere se c’è un legame col passato.
La crisi dentro al mondo cristiano nasce nel rinascimento, e tutto poi trova compimento in Lutero che è il paradigma della rivoluzione sebbene non sia riuscito a creare la chiesa dentro la Chiesa come invece è stato fatto adesso.
Ora, va detto che qui ci sono gradi diversi di consapevolezza e quindi gradi diversi di responsabilità: si trovano anche sacerdoti che pensano in siffatto modo perché sono stati formati in siffatto modo. Però quelli che hanno un minimo di vocazione vera, soprattutto quelli più giovani (perché la generazione tra i 50/55 in su è persa, completamente persa perché è quella che ha fatto il cambiamento), cominciano a riflettere e notare alcune cose…
Quando passerà tutto questo? Ci vorrà qualche generazione, se non c’è un intervento provvidenziale. Il problema va indirizzato nella formazione fatta in questo modo eretico nei seminari (per fortuna non in tutti). Ci sono persino seminaristi che vengono allontanati perché ritenuti non in linea con quanto si insegna in seminario. Una volta ho incontrato due ragazzi di Cagliari, usciti dal seminario, perché si era ritenuto segno che non avessero la vocazione il fatto che si inginocchiassero alla consacrazione! A Bergamo ci sono due giovani che sono andati al seminario di Albenga in quanto ritenuti dal seminario bergamasco non idonei (uno frequentava anche la messa tradizionale, immaginatevi!)…da quando è stata liberalizzata la Messa in rito antico, su 100 persone che frequentano la Messa tradizionale, ci sono state già tre vocazioni mentre quest’anno nel seminario di Bergamo sono entrate soltanto tre nuove persone. Quindi il rapporto è 3 a 3. Una diocesi intera contro 100 persone che vanno alla Messa tradizionale!
Da questo si evince, e ne sono assolutamente convinto, che il calo di queste vocazioni sia un segno della Provvidenza perché quei seminaristi nascono, forse, anche buoni, ma vengono formati per autodistruggersi e per distruggere il sacerdozio. È chiaro che arriveremo anche al punto in cui ci sarà un sacerdote per 20 parrocchie, però sarà un sacerdote cattolico? Ebbene, piuttosto che avere 20 sacerdoti protestanti è meglio averne uno solo, ma cattolico. La situazione può ordinariamente soltanto peggiorare, ancora adesso, anche se, girando l’Italia, da quando è diventato Papa Benedetto XVI, qualche segno, anche timido, di risveglio c’è.

5- Molti fedeli, per semplice ignoranza o perché assuefatti dalla mentalità progressista, contestano il valore della messa col rito antico, poiché il latino, ad esempio, impedirebbe di comprendere quanto accade in quella celebrazione. Qual è quella specialità che in realtà contraddistingue proprio la messa in latino?
Intanto, punto primo, basterebbe andare in una Messa qualsiasi col rito nuovo, prendere una persona qualsiasi e chiederle: adesso cosa sta succedendo? Non saprebbe rispondere.
Secondo, la Messa non è una conferenza, bensì un atto di adorazione. Per quanto riguarda la lingua quindi, se non si comprende tutto, non è un problema (ci sono anche i libretti con la traduzione, quindi anche in questo caso il problema non sussiste).
Terzo, l’utilizzo della lingua latina realizza un senso sacrale e immutabile a quello che viene fatto, cosa che la lingua vernacolare non offre; prova ne è che le traduzioni in lingua vernacolare continuano ad essere cambiate: se fosse vero che la traduzione in lingua vernacolare è la panacea di tutti i mali, dovremmo avere le chiese piene, in realtà le chiese si sono svuotate.
Quarto, ed è l’altra obiezione che mi manda su tutte le furie, è l’ammonimento di non recitare il rosario durante la celebrazione. Mia nonna andava alla Messa in latino e invece di seguirla recitava il rosario; io personalmente durante la Messa dico una corona del rosario, e purtroppo non ho la fede di mia nonna e di quelle nonnine del suo tempo. Sputare sulla fede di quelle donne che andavano a Messa alle 4 di mattina, in genere tutti i giorni, che recitavano il latino storpiato, che tornavano a casa e forse le prendevano persino dal marito, significa sputare sulla fede, perché tutto ciò che facevano in quella vita dura e di sacrificio era sorretto dalla fede… nella - mediator dei- c’è un punto (90) dove PIO XII spiega che non solo è possibile ma è bene dire il rosario durante la Messa: “…chi dunque potrà dire spinto da tale preconcetto -(cioè il fatto che non si deve pregare durante la messa)- che tanti cristiani non possano partecipare al principio eucaristico e goderne i benefici? Questi possono certamente farlo in altra maniera che ad alcuni riesce più facile; come, per esempio, meditando piamente i misteri di Gesù Cristo, o compiendo esercizi di pietà e facendo altre preghiere che, pur differenti nella forma dai sacri riti, ad essi tuttavia corrispondono per la loro natura”. Io seguo anche le preghiere del sacerdote, le cosiddette segrete, che sono di una bellezza straordinaria e assoluta: la Messa antica è tutto un salmo! E se recito poi il rosario partecipo di più alla Messa.

6- Demonio, azione del maligno, cultura della morte, la salvezza dell’anima come il fine della vita, l’esistenza dell’inferno, il giudizio a cui saremo sottoposti…sono termini e concetti che tanti sacerdoti e prelati in genere non vogliono trattare, nemmeno menzionare…ma così facendo il senso del peccato viene dimenticato, la fede si annacqua, il cattolicesimo si sminuisce esaurendosi in un messaggio solidaristico e forse anche alquanto banale… Se si affrontano tali concetti si è bollati come pessimisti, remissivi, persone tristi… non si tratta invece di decapitare o comunque privare il messaggio cristiano di una parte importantissima se non fondamentale? Programmaticamente non si vuol più parlare di questi aspetti, prima di tutto del demonio. Ma il fatto di non parlare del demonio è la vittoria fondamentale di satana: il demonio vince quando non si parla più di lui così può fare tutto quello che vuole.
Altro aspetto importante è che non c’è più il senso del peccato, non si parla più del peccato. In buona sostanza, se si nega il peccato si nega l’uomo, perché la nostra condizione è quella di essere peccatori dal momento che siamo segnati dalla ferita del peccato originale. Anche per questo è difficile educare: se non ho più questi concetti scolpiti in testa, non parlo più della realtà vera circa l’uomo ma parlo di qualcosa che non esiste. Io non posso far trasformare un uomo in qualche cosa che non c’è, semplicemente lo rovino. Questo si traduce e si vede anche nella liturgia poiché l’attuale concezione della liturgia (una festa motivata dal fatto che noi siamo redenti) si contrappone alla liturgia antica, che è la liturgia del sacrificio. Nel nostro ultimo libro, mio e di Palmaro, abbiamo trattato questo aspetto evidenziando la differenza tra il culto del fariseo e quello del pubblicano: Il culto del fariseo è la liturgia nuova dove non ho niente da chiedere a Gesù perché sono già “guarito” definitivamente, e quindi siccome sono già “guarito” faccio festa. Il culto del pubblicano invece, che è quello del sacrificio, poggia sulla consapevolezza che l’uomo sa di non essere degno di non fare niente e di avere niente se non c’è qualcuno che è più grande di lui, cioè Gesù Cristo, morto in croce per lui. Tra questi due concezioni non c’è possibilità di incontro e aggiustamento: so che è difficile da dire e trangugiare perché ordinariamente il cattolico non è un rivoluzionario, tuttavia il cattolico è colui che in ogni caso deve combattere sempre perché, da quando è stata istituita, la Chiesa è militante e combattente… qui purtroppo si deve combattere con qualcuno che hai di fianco e questo è sicuramente problematico e doloroso.

7- Lei è considerato il maggior studioso di Giovannino Guareschi, al quale ha dedicato una decina di saggi. Come nasce questo suo interesse per lo scrittore di Fontanelle? Nella sua vita ha incontrato qualche prete come don Camillo?
Io sono andato alla ricerca di preti alla “don Camillo”. In realtà se uno pensa al passato, non dico tutti ma quasi tutti, i preti erano pressappoco così. Anche oggi, specialmente tra i giovani, ce ne sono che si avvicinano a quel modello. Per quanto riguarda il mio interesse per Giovannino Guareschi, esso è nato quand’ero piccolo: don Camillo è il mio primo e unico libro che mi ha regalato mio padre, quando avevo 14/15 anni. In realtà avevo già iniziato a leggere alcuni racconti familiari di Guareschi: mio papà, che era un vecchio lettore di Candido, avendomi visto maneggiare tali letture, mi regalò il libro la cui lettura è per me stata letteralmente folgorante… ho trovato tutto quello che cercavo. Guareschi è strepitoso e nonostante morì nel 68, già allora aveva detto e scritto quello che avremmo visto oggi. Ha dimostrato di essere un visionario, un profeta e rappresenta senza dubbio uno degli antidoti alla deriva di oggi. Lui al pari di Chesterthon, l’altro personaggio a cui devo molto.

8- La bella addormentata, libro bellissimo pubblicato da Vallecchi, tratta le tematiche riguardanti il Concilio vaticano II e la neolingua del post/concilio… Molti cattolici sembrano ignorare il tema Vaticano II, non si percepisce la volontà di approfondire quanto successo in questo Concilio né si comprende quanto tale Concilio abbia segnato il futuro della Chiesa… insomma vi è la sensazione che la fede venga vissuta solo in superficie non riuscendo poi a cogliere l’essenziale, ciò che c’è di più vero e bello dell’essere cristiani cattolici. È necessario e auspicabile un risveglio, come cita il sottotitolo del libro, un risveglio “provocato” dalla delicatezza di un bacio, non da uno schiaffo. Eppure, non sarebbe salutare anche uno scossone?
Abbiamo parlato di bacio e non di uno schiaffo perché ci troviamo di fronte al corpo mistico di Cristo: la Chiesa; se invece parliamo della componente umana, lì c’è bisogno ben più di uno scossone ma di vere e proprie mazzate!
È necessario veramente risvegliare la maggioranza dei cattolici da quel torpore tremendo in cui è caduta. Oltretutto l’effetto mitologico del Vaticano II che ha prodotto una sorta di sentire comune (che per la verità non è neanche un pensiero) che poi si traduce in ciò che di eretico viene fatto e compiuto, necessita sicuramente di uno scossone.
Anche perché se si porta qualcuno a ragionare e riflettere su quanto sta accadendo, se non è avvinghiato da preconcetti, capisce che stava dormendo e sognando qualcosa che non esiste. Se ci si pone davanti alla realtà si è poi costretti in qualche modo a svegliarsi…un prete giovane, che magari arriva in un posto e vede che la pratica religiosa è quella che è , che la frequenza è quella che è, che il calore della fede è quello che è… o questo giovane prete si rivela un piccolo burocrate e, allora, nulla cambia, ma se è un sacerdote che ha un minimo di amore al suo ministero, comincia necessariamente a porsi qualche domanda: o molla o cerca di capire cosa è successo. Io ho veramente tanta compassione per quei sacerdoti modernisti, che, per intenderci, appartengono all’altra chiesa, ma che erano partiti bene… poveretti: cosa fanno? Il bollettino parrocchiale, la caritas, devono seguire le ristrutturazioni dell’oratorio…e poi non sanno mettersi in ginocchio a pregare un momento. Il sacerdote che non prega è veramente mal messo.

9- In Cronache di babele, viaggio nella crisi della modernità, libro pubblicato da Fede&cultura, il titolo di un capitolo recita: chi lavora per il bene della Chiesa non deve mai avere paura. Si tratta di un’intervista a mons. Fellay, superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X (i cosiddetti lefebriani). Padre Giovanni Cavalcoli ha scritto che una tentazione che si è verificata nella storia del cristianesimo è stata quella di crearsi la convinzione che per sapere infallibilmente che cosa Cristo ci ha insegnato non c’è bisogno di stare agli insegnamenti o all’interpretazione del Magistero vivente ed attuale – per esempio quello di un Concilio -, ma è sufficiente porsi a contatto diretto e personale o con la Scrittura o con la Tradizione. Il primo è stato l’errore di Lutero ed oggi dei modernisti, soprattutto in campo esegetico; il secondo è l’errore dei lefevriani.
Il sociologo cattolico Massimo Introvigne ha osservato che i protestanti da sempre hanno apertamente dichiarato la loro opposizione al cattolicesimo, i modernisti fingono di essere cattolici, ma in realtà sono protestanti, e i lefevriani stranamente vogliono considerarsi cattolici ed addirittura paladini dell’ortodossia cattolica ancor meglio dei Papi del postconcilio e delle dottrine del Concilio Vaticano II, che essi accusano di aver falsato o abbandonato la “Tradizione”. Qual è il suo punto di vista?
C’è un modo abbastanza semplice per rispondere a un tema piuttosto complesso come questo. Una premessa: io non appartengo né rappresento la comunità di San Pio X… posso dire di conoscerla molto bene (e di nutrirle affetto) tanto che, con Palmaro, ho cercato di farla conoscere meglio per quello che vale dal momento che siamo convinti sia una risorsa molto importante.
La comunità di San Pio X,a mio avviso, è nata da un problema che è la crisi nella Chiesa di cui abbiamo parlato. Non si può negare che ci sia stata una ragione per cui i sacerdoti appartenenti a quella Comunità hanno preso le distanze dal Concilio Vaticano II.
Mons. Lefevre ( appartenente alla schiera di coloro che si erano opposti a tutte le innovazioni del Vaticano II) ha fondato la fraternità San Pio X “su richiesta” di alcuni giovani sacerdoti che erano andati da lui per ricevere una formazione sacerdotale che rimanesse legata a quello che la Chiesa aveva sempre fatto.
Tanto è vero che quando venne sospeso a divinis, mons. Lefrevre diceva: “facendo per 20 anni quello che ho sempre fatto fino adesso, mi hanno fatto diventare vescovo, ora continuo a fare quello che avevo sempre fatto e mi sospendo a divinis e forse mi scomunicheranno”. Questo, in sintesi, il panorama nel quale ci si muoveva.
Il problema è che le posizioni di critica nei confronti della comunità di San Pio X (che, per inciso, non è sicuramente la perfezione perché è gravata da alcuni punti problematici) sono non solo materialmente ma anche formalmente inesatte e ingiuste, perché quando si dice “è il magistero vivente e attuale che giudica la tradizione” si sta compiendo proprio un errore dal punto di vista dottrinale. Non è il magistero che giudica la Tradizione ma la Tradizione che giudica il magistero. Il magistero la interpreta e, per di più, ci sono gradi diversi di magistero. Non è che il Papa se dice -mangio la pastasciutta- comporta che tutti i cattolici devono mangiare la pastasciutta.
Il Vaticano II è il primo concilio nella storia della chiesa che presenta forti problemi dal punto di vista dell’interpretazione magisteriale e del tipo di magistero che viene esercitato (se è infallibile, autentico, pastorale…). Ci sono punti molto diversi che vanno analizzati… Il problema della Fraternità San Pio X è quello che si possa correre il rischio di considerarla come la comunità di coloro che in blocco rifiutano il Vaticano II, cosa che in realtà non è (infatti a suo tempo, nel 1988 quando mons. Lefevre e l’allora card. Ratzinger conclusero le trattative in atto, il testo proposto da mons. Levefre recitava: -accettiamo tutto quello che corrisponde alla tradizione, quello che è ambiguo viene interpretato alla luce della tradizione, quello che è palesemente contrario alla tradizione noi non possiamo prenderlo per buono- cosa che a me sembra una soluzione normalissima).
Per cui la critica di Cavalcoli è pregiudizievole, preconcettuale e sbagliata. Io credo che la cosa peggiore che si possa fare in generale nel mondo cattolico, in particolare nella parte cattolica che si oppone alla deriva progressista, è quella di screditare uno piuttosto che l’altro. Questa è una posizione sbagliata mentre invece soprattutto per quanto riguarda il magistero post conciliare, è necessario impegnarsi nella ricerca di quali siano i gradi di autorevolezza e stabilire dove si può eventualmente intervenire e correggere; questo lo sostengono, ad esempio, mons. Oliveri, vescovo di Albenga e Imperia, mons. Gherardini, un grandissimo teologo, il teologo padre Serafino Lanzetta di Firenze della scuola dei Francescani dell’Immacolata (istituto nato negli anni 70 fondato da padre Stefano Manelli, figlio spirituale di pade Pio, e padre Pellettieri. Insieme si ritirarono in Irpinia e seguendo la spiritualità di san Massimiliano Kolbe -con il quarto voto di fedeltà all’immacolata- fondarono la loro “casa” abitata da molte vocazioni ; nel 90, di fronte al tentativo dell’ordine francescano di raderli al suolo, si appellarono a Giovanni paolo II il quale, staccandoli dalla galassia francescana, li fece diventare Istituto di diritto pontificio).
Sottolineo anche la convinzione di Padre Stefano Manelli secondo cui il motu proprio Summorum Ponificum conserva anche un invito particolare agli ordini religiosi; io credo proprio che la rinascita della Chiesa partirà dagli ordini religiosi nuovi, perché nelle parrocchie, vista la situazione, non può rinascere niente, mentre nelle giovani vocazioni di questi nuovi ordini religiosi si assiste a persone che pregano, si sacrificano e celebrano la messa, e poi ancora, pregano, si sacrificano e celebrano la messa … Il problema, si badi bene, non è quello di dire: il Concilio Vaticano II fa acqua da tutte le parti e lo buttiamo via… innanzitutto perché è un concilio della Chiesa, tuttavia è un concilio che nella storia della Chiesa è particolare, che possiede sicuramente dei punti problematici sulle sue enunciazioni: andiamo perciò a vedere che autorevolezza hanno tali enunciazioni e che forza cogente hanno questi passaggi e vediamo come è possibile risolvere i problemi; è evidente del resto che quei punti e quel periodo storico della chiesa hanno creato dei problemi perché altrimenti non saremmo qui a parlarne adesso. O li risolviamo oppure non ne verremo fuori ma non possiamo scadere in posizioni come quelle di Cavalcoli o Introvigne che, ad esempio, per aggredire la fraternità di San Pio X, sostengono posizioni teoriche non praticabili. Perché se costato che c’è un problema devo trovare la causa; loro sostengono che il Vaticano II non è stato applicato integralmente o è stato travisato… ma in realtà è dimostrato che non è così e a tal proposito consiglio di leggere il libro del prof. De Mattei sul Concilio Vaticano II.
Infatti, nel mondo non progressista (cioè cattolico) ci sono due scuole che si stanno confrontando/affrontando: quella rappresentata da Cavalcoli, Introvigne e via discorrendo e quella dove ci sono De Mattei, io, Gherardini , i Francescani dell’Immacolata… sia chiaro che non ho animosità nei confronti di nessuno ma l’esistenza di queste due scuole di pensiero è palese: la prima sostiene che il Vaticano II è strepitoso, è stato interpretato male….noi riteniamo che invece ci siano dei problemi oggettivi: come risolverli per il bene della Chiesa? lo scopo non è quello di buttar via il Vaticano II ma quello di fare in modo che i nostri figli e i figli dei nostri figli possano crescere in una Chiesa dove ordinariamente ci si santifica. Se vedo che ci sono problemi a questo scopo (che è quello di santificarci), mi piacerebbe fare in modo che in qualche modo si possano affrontare e risolvere.
La situazione di oggi è dettata anche da questo problema: se a 50anni di distanza stiamo parlando ancora di come vanno interpretati i documenti del Vaticano II, l’ha detto il Papa non io, vuol dire che un problema c’è.
Se il Papa è costretto a invocare l’ermeneutica della continuità per interpretare il Concilio vuol dire che dentro il Vaticano II quel criterio non c’è, ce lo devi mettere tu. Allora La chiave più intelligente e fruttuosa per parlare di queste cose, non è quella della fraternità San Pio X, che si è come cristallizzata in un ghetto (anche se mi rendo conto che quella è una posizione che in qualche modo è di testimonianza) ma la strada è quella tracciata dal Papa, sfruttando la sua l’indicazione.
Ripeto, parlare di magistero vivente, che vuole significare la possibilità che esso possa sempre mutare, e che giudica la tradizione, significa esattamente capovolgere la verità perché il magistero non potrà mai dire qualcosa di suo che sia contrario alla verità, e la tradizione è una fonte della rivelazione (insieme alla scrittura). Per cui il magistero non potrà mai dire qualcosa che va contro la tradizione o che la modifica, può solo spiegarla, ma non interpretarla a modo suo, può renderla più esplicita ma ciò significa che non può dire cose contrarie a quello che si diceva prima.

10- Quali saranno le sfide che avranno dinanzi i cattolici nel prossimo futuro?
All’interno del mondo cattolico la sfida è questa: ci troviamo di fronte alla chiesa divisa in 2 parti: una è quella più grande e che è quella modernista (continua ad avere potere, soldi, tutti gli spazi possibili, ma non produce un’idea che sia una perché il progressismo cattolico o modernismo sono finiti dal punto di vista dell’elaborazione intellettuale, teorico, culturale: non producono niente), l’altra è quella più piccola ma autentica, a sua volta divisa nei due tronconi che dicevo precedentemente.
Il mio timore, riferendomi alla Chiesa autentica, è che possa prevalere quella parte che dica (anche a fin di bene per evitare scossoni) di congelare le cose così come sono adesso: il Vaticano II è stato interpretato male, vediamo di riassettarci ma va bene così. Questo però replicherebbe la situazione attuale perché una posizione di questo genere teoricamente ti porta sempre a giustificare il presente: tra 20 anni se sarà peggio di adesso, andrà bene cosi come sarà.
La sfida starà nel rimettere in circolazione il pensiero cattolico che è quello di cui parlava Paolo VI all’inizio. Bisogna fare questo attraverso il passaparola, attraverso la ricostituzione dal basso, attraverso la reintroduzione della messa (passaggio fondamentale). Questo per quanto attiene l’interno.
All’esterno vedo due forme tremende che potranno portare anche alle persecuzioni: i rapporti con le religioni montanti (ad esempio l’islamismo), il rapporto con l’etica e bioetica, quindi: aborto, eutanasia, omosessualità; su questi ultimi temi ci sarà uno scontro tremendo il cui culmine sarà lo scontro con la cultura omosessualista perché lì dentro vengono veramente sunteggiati quasi tutti i problemi che ci sono nei rapporti con il mondo moderno e io sono convinto che da lì verranno anche le persecuzioni.
Il card. Caffarra è intervenuto proprio su questo tema dell’omosessualità definendola il culmine della cultura della morte.
Si, sono convinto di questo: non c’è nulla di più contrario al cattolicesimo dell’omosessualismo poiché è la materializzazione del nichilismo: il terreno di scontro finale non sarà l’islam, ma quello dell’etica, bioetica e omosessualismo; questi saranno i temi sui quali ci sarà veramente da scontrarsi e da lì io sono convinto che verranno le persecuzioni contro noi cristiani, perché ci saranno sicuramente le legislazioni che man mano diventeranno sempre più restrittive nei nostri confronti quindi si potrà procedere legalmente contro i cattolici.
Per questo penso che ci si debba attrezzare per avere (seppur piccoli) gruppi di autoriforma e che abbiano la Messa come cardine perché è la Messa il punto più forte, il fulcro sul quale ruotare per combattere soprattutto la deriva bioetica… prendiamo ad esempio l’aborto che è sostanzialmente una messa nera, un sacrificio umano offerto al demonio. Quanti sono gli aborti che si praticano in un anno? Una messa nera planetaria alla quale si può contrapporre solamente la Messa vera.
Sono convinto che verranno momenti difficili, sul piano legislativo con tappe sempre più veloci, una legislazione che ci metterà sicuramente in difficoltà e ci impedirà di dire la Verità. A quel punto o uno dice la Verità o non la dice, ma se non la dice non è più cattolico.
Con l’Islam ad esempio puoi fare una guerra di religione e chi vince sta in piedi. In questo caso il nemico lo vedi; ma nei confronti dei temi bioetici, ci si scontra con una cultura che mira al lavaggio del cervello, ci si scontra con il nichilismo, con gente che, appunto, vuole annichilire… Bioetica/omosessualismo contro Messa: io vedo questo scenario, questo è il futuro prossimo che ci attende.

* Alessandro Gnocchi, laureato in storia e filosofia, è giornalista professionista e saggista. Studia da anni la vita e l'opera di Giovannino Guareschi (di cui è considerato il maggior studioso e su cui ha scritto diversisaggi). E' autore di numerose pubblicazioni (spesso insieme a Mario Palmaro).



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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08/10/2015 00:01
 
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  "Questo papa non ci piace". Con gli onori de "L'Osservatore Romano"



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di Sandro Magister - 7 ottobre 2015


Palmaro

La pubblicità riprodotta qui sopra occupa l'intera pagina 4 de "L'Osservatore Romano" dell'8 ottobre, a fronte di un dottissimo articolo su una nuova edizione critica delle "Enarrationes in Psalmos" di sant'Agostino.

È in memoria di Mario Palmaro, docente di filosofia e bioetica, autore cattolico molto letto e molto discusso per le sue analisi critiche delle derive mondane della Chiesa contemporanea, qui riproposto come "un grande esempio, per tutti".

E perché proprio oggi? È il giorno anniversario della sua nascita? No, essendo avvenuta il 5 giugno 1968. È il giorno anniversario della sua morte prematura? Nemmeno, essendo avvenuta il 9 marzo 2014.

Se un anniversario c'è, questo non può essere che quello della pubblicazione dell'articolo più indimenticabile di Mario Palmaro, scritto e firmato, come spesso faceva, assieme al suo amico Alessandro Gnocchi, dal titolo: "Questo papa non ci piace", apparso su "Il Foglio" il 9 ottobre 2013, due anni fa giusti, con "L'Osservatore Romano" a onorarne la vigilia.

Ecco il link all'articolo da cima a fondo, scovato negli archivi web del giornale allora diretto da Giuliano Ferrara:

> Questo papa non ci piace

Quando l'articolo uscì, Francesco era papa da quasi sette mesi. Ma già Palmaro s'era attrezzato ad analizzarne la superlativa abilità mediatica, capace di "cambiare un epoca".

Qui di seguito, un brano del lungo articolo, che costò all'autore l'immediata cacciata da Radio Maria, di cui era voce apprezzatissima.

Con un grazie a "L'Osservatore Romano" che ci ha fatto rileggere la prosa di Mario Palmaro, davvero "un grande esempio, per tutti".

*

Da: "QUESTO PAPA NON CI PIACE"

di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

[…] Si sta alzando sull’orizzonte l’idea di una nuova Chiesa, “l’ospedale da campo” evocato nell’intervista a "Civiltà Cattolica", dove pare che i medici fino a ora non abbiano fatto bene il loro mestiere. “Penso anche alla situazione di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito”, dice il papa. “Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore?”. Un discorso costruito sapientemente per essere concluso da una domanda dopo la quale si va capo e si cambia argomento, quasi a sottolineare l’inabilità della Chiesa di rispondere. Un passaggio sconcertante se si pensa che la Chiesa soddisfa da duemila anni tale quesito con una regola che permette l’assoluzione del peccatore, a patto che sia pentito e si impegni a non rimanere nel peccato. Eppure, soggiogate dalla straripante personalità di papa Bergoglio, legioni di cattolici si sono bevute la favola di un problema che in realtà non è mai esistito. Tutti lì, con il senso di colpa per duemila anni di presunte soperchierie ai danni dei poveri peccatori, a ringraziare il vescovo venuto dalla fine del mondo, non per aver risolto un problema che non c’era, ma per averlo inventato.

L’aspetto inquietante del pensiero sotteso a tali affermazioni è l’idea di un’alternativa insanabile fra rigore dottrinale e misericordia: se c’è uno, non può esservi l’altra. Ma la Chiesa, da sempre, insegna e vive esattamente il contrario. Sono la percezione del peccato e il pentimento di averlo commesso, insieme al proposito di evitarlo in futuro, che rendono possibile il perdono di Dio. Gesù salva l’adultera dalla lapidazione, la assolve, ma la congeda dicendo: “Va, e non peccare più”. Non le dice: “Va, e sta tranquilla che la mia chiesa non eserciterà alcuna ingerenza spirituale nella tua vita personale”.

Visto il consenso praticamente unanime nel popolo cattolico e l’innamoramento del mondo, contro il quale però il Vangelo dovrebbe mettere in sospetto, verrebbe da dire che sei mesi di papa Francesco hanno cambiato un’epoca. In realtà, si assiste al fenomeno di un leader che dice alla folla proprio quello che la folla vuole sentirsi dire. Ma è innegabile che questo viene fatto con grande talento e grande mestiere. La comunicazione con il popolo, che è diventato popolo di Dio dove di fatto non c’è più distinzione tra credenti e non credenti, è solo in piccolissima parte diretta e spontanea. Persino i bagni di folla in piazza San Pietro, alla Giornata mondiale della gioventù, a Lampedusa o ad Assisi sono filtrati dai mezzi di comunicazione che si incaricano di fornire gli avvenimenti unitamente alla loro interpretazione. […]

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NOTA BENE !

Il blog “Settimo cielo” fa da corredo al sito “www.chiesa”, curato anch’esso da Sandro Magister





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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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