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Il Don Camillo di Guareschi e la triste attualità.....

Ultimo Aggiornamento: 27/04/2017 22:11
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DON CAMILLO E PAPA CHICHÌ


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Il tentativo di Francesco di appropriarsi di Don Camillo con una citazione fasulla è inutile, perché l’attuale Papa non si potrebbe trovare a suo agio in nessun angolo del Mondo piccolo e tanto meno nella povera chiesa di don Camillo, dove il Crocifisso parla davvero e lo fa sempre in punta di dottrina, perché è proprio su quel culmine affilato, e non nei giubilei della misericordia un tanto al chilo, che si trova la vera carità… e guardiamo anche cosa Guareschi pensasse del Vaticano II.

Egregio dottor Gnocchi,

nella sua visita a Firenze, proprio oggi, papa Francesco ha citato don Camillo e Guareschi. Non è contento neanche di questo?

Distinti saluti

Domenico Vitaliani


Caro Vitaliani,

12218272_10206907717483189_1422459587_ono che non sono contento, perché, se sono fedeli le cronache a cui lei si riferisce, papa Francesco ha detto: “Ma pensiamo anche alla semplicità di personaggi inventati come don Camillo che fa coppia con Peppone. Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente. Di sé don Camillo diceva: ‘Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro’. Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte”.

Si tratta dell’ennesima citazione sbagliata, o mal ricordata, o inventata da Bergoglio a proprio uso e consumo. Anzi a proprio abuso e consumo. Lo aveva già fatto con Gilbert K. Chesterton e, su Riscossa Cristiana, lo aveva spiegato da par suo Fabio Trevisan (clicca qui).

Quindi, caro Vitaliani, cominciamo togliendo di mezzo l’equivoco e falso “don Camillo che fa coppia con Peppone”. Don Camillo non “fa coppia con Peppone”, ma, ogni volta, fa la fatica di ricondurre alla casa di Dio il povero sindaco traviato dal comunismo. E con quali metodi lo faccia è spiegato molto bene in un racconto che si intitola “La processione”, quello che si conclude con la benedizione del Po nonostante il divieto dei comunisti.
Quando don Camillo si trova la strada sbarrata da Peppone e compagni, imbraccia il crocifisso come fosse un arma e poi, una volta arrivato in riva al fiume, va a finire così:

«Gesù – disse ad alta voce don Camillo – se in questo sporco paese le case dei pochi galantuomini potessero galleggiare come l’arca di Noè, io vi pregherei di far venire una tal piena da spaccare l’argine e da sommergere tutto il paese. Ma siccome i pochi galantuomini vivono in case di mattoni uguali a quelle dei tanti farabutti, e non sarebbe giusto che i buoni dovessero soffrire per le colpe dei mascalzoni tipo il sindaco Peppone e tutta la sua ciurma di briganti senza Dio, vi prego di salvare il paese dalle acque e di dargli ogni prosperità. “Amen”, disse dietro le spalle di don Camillo la voce di Peppone. “Amen” risposero in coro, dietro le spalle di don Camillo, gli uomini di Peppone che avevano seguito il Crocifisso».

Questa, caro Vitaliani, è l’immagine letteraria più efficace della Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo: la Croce al Vertice, poi il sacerdote e quindi, a piramide tutto il resto del corpo sociale, autorità civile in testa, in totale deferenza rispetto a Cristo. Non mi pare che sia esattamente l’idea di rapporto con il mondo praticata dall’attuale Pontefice.

Don Camillo non è quella robetta sdolcinata spacciata per prete cattolico dal vescovo venuto dalla fine mondo. Se c’è un concetto completamente estraneo al prete di Mondo piccolo e al suo creatore è quello di “umanesimo”: che non può essere “cristiano” e, quindi, neppure “popolare, umile, generoso, lieto”. Alla fine, il discorrere di Bergoglio, anche quando ci mette di mezzo la preghiera, anche quando parla del Vangelo, anche quando indica come esempio Nostro Signore, arriva sempre lì, all’uomo come centro e fine ultimo dell’universo. Il mondo che piace a questo Francesco è letteralmente invertito rispetto a quello in cui vive don Camillo, che ha al suo vertice, come principio e come fine, Gesù Crocifisso. Il mondo di Bergoglio è quella della Gaudium et spes, uno dei documenti più importanti del Concilio Vaticano II. E, per capire che cosa Guareschi, il padre di don Camillo, pensasse del Vaticano II, si guardi queste due vignette, pubblicate sul Borghese nel 1965.

Cliccare per ingrandire

No, caro Vitaliani, proprio non mi piace questa fasulla citazione di don Camillo, perché ne fa un sacerdote dell’uomo invece che un sacerdote di Cristo. Se mi chiedesse di trovare un concetto che riassuma il don Camillo vero, quello creato da Guareschi e non quello inventato da Bergoglio, le direi che sta nell’opposizione a tutti coloro che vantano anche il minimo diritto dell’uomo davanti al Creatore.

È proprio lì il vero don Camillo, perché è proprio lì il vero Guareschi:

«Davanti a Dio l’uomo ha solo dei doveri perché solo Dio ha diritti».

Mi dica lei, caro Vitaliani, se un prete così può trovare posto nella chiesa da campo che questo Francesco sta erigendo a sua immagine e somiglianza. Non c’è un argine, non c’è un campo, non c’è una strada di Mondo piccolo in cui l’attuale Papa si possa trovare a suo agio. E meno ancora si potrebbe trovare bene nella povera chiesa di don Camillo, dove il Crocifisso parla davvero e lo fa sempre in punta di dottrina, perché è proprio su quel culmine affilato, e non nei giubilei della misericordia un tanto al chilo, che si trova la vera carità.

In Don Camillo e don Chichì, l’ultima opera dedicata a Mondo piccolo, il vecchio parroco è costretto a sopportare il giovane curatino che è venuto a spiegargli l’aggiornamento voluto dal Vaticano II.

Tra i molti episodi narrati da Guareschi, c’è un dialogo che mostra la differenza tra la Chiesa vera, quella fondata da Cristo, che non muore mai anche se troppi fanno di tutto per oscurarla, e la parodia messa su da chi nomina invano il nome di Cristo.

«”La sua campagna contro la guerra”, dice don Camillo al curatino, “per esempio, è giusta: ma non si può trattare da criminali coloro che l’hanno combattuta e, magari, ci hanno rimesso la salute o la vita”.

«”Chi uccide è un assassino”, gridò don Chichì. “Non esistono né guerre giuste né guerre sante: ogni guerra è ingiusta o diabolica! La legge di Dio dice: non uccidere, amerai il tuo nemico. Reverendo: questa è l’ora della verità e bisogna dire pane al pane e vino al vino!”».

“Pericoloso dire pane al pane e vino e al vino là dove il pane e il vino sono il corpo e il sangue di Gesù!”, borbottò don Camillo testardo».

Capisce, caro Vitaliani, si tratta di due fedi diverse. E direi che è discretamente significativo che “Chichì”, il nomignolo con cui Guareschi chiama il curatino aggiornatore, sia il diminutivo di Francesco. Che quel pretino fastidioso ed arrogante sia diventato Papa?

Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo.

© Riscossa Cristiana (10-11-2015)

QUESTO E' GUARESCHI.....

 

"In molte chiese il Cristo crocifisso è stato tolto dall’altar maggiore e appeso dalla parte opposta, accosto alla porta. La ragione ‘ufficiale’ è che, essendo stata istituita al posto dell’altar maggiore la famosa ‘tavola calda modello Lercaro’, l’ex parroco, oggi Presidente dell’Assemblea, celebrando la ex Messa dovrebbe voltare le spalle al Cristo. La ragione vera è che il Cristo risulta sistemato in modo che i ‘fedeli’ gli voltino le spalle e possa rapidamente e senza scandali essere cacciato fuori dalla chiesa”.

ECCO UN BRANO CHIARISSIMO DI GUARESCHI:

 

Il pretino progressista, don Chichì, sentenzia rivolgendosi al rude parroco della Bassa: “Don Camillo, la Chiesa è una grande nave che, da secoli, era alla fonda. Ora bisogna salpare le ancore e riprendere il mare! E bisogna rinnovare l’equipaggio: liberarsi senza pietà dei cattivi marinai e puntare la prua verso l’altra sponda. E’ là che la nave troverà le nuove forze per ringiovanire l’equipaggio. Questa è l’ora del dialogo, reverendo!”

 

Ma don Camillo risponde: “Litigare è l’unico dialogo possibile coi comunisti. Dopo vent’anni di litigi, qui siamo ancora tutti vivi: non vedo migliore coesistenza di questa. I comunisti mi portano i loro figli da battezzare e si sposano davanti all’altare mentre io concedo ad essi, come a tutti gli altri, il solo diritto di obbedire alle leggi di Dio. La mia chiesa non è la grande nave che dice lei, ma una povera piccola barca: però ha sempre navigato dall’una all’altra sponda. (…) Lei allontana molti uomini del vecchio equipaggio per imbarcarne di nuovi sull’altra sponda: badi che non le succeda di perdere i vecchi senza trovare i nuovi. Ricorda la storia di quei fraticelli che fecero pipì sulle mele piccole e brutte perché erano sicuri che ne sarebbero arrivate di grosse e bellissime poi queste non arrivarono e i poveretti dovettero mangiare le piccole e brutte?”


(Giovanni Guareschi)

 





FOCUSdi Paolo Gulisano
Don Camillo nell'interpretazione di Fernandel
 

É tornato don Camillo. Lo ha proposto come modello di prete nientemeno che papa Francesco, al Convegno della Chiesa italiana. Proprio lui, il pretone della Bassa uscito dalla penna talentuosa di Giovannino Guareschi, lo scrittore italiano più letto e tradotto nel mondo, ma allo stesso tempo il più censurato in patria, dileggiato come reazionario. Ma la sua trasposizione cinematografica ne ha in gran parte tradito lo spirito originario.


É tornato don Camillo. Nel modo in cui meno ce lo si poteva aspettare. Lo ha proposto come modello di prete nientemeno che papa Francesco, al Convegno della Chiesa italiana. Proprio lui, il pretone della Bassa uscito dalla penna talentuosa di Giovannino Guareschi, lo scrittore italiano più letto e tradotto nel mondo, ma allo stesso tempo il più censurato in patria, dileggiato come reazionario. Con una periodicità pressoché stagionale, le televisioni ripropongono da anni i film del ciclo di Don Camillo, liberamente, forse anche troppo, ispirati ai racconti di Giovannino Guareschi. 

Il favore presso il pubblico o, se si preferisce, l'audience, è sempre di grado elevato, e ciò ha consentito da una parte il perpetuarsi della popolarità delle "maschere" di don Camillo e Peppone a più generazioni, ma non sempre ha reso pienamente merito al loro creatore, dato che la trasposizione cinematografica ha in gran parte tradito lo spirito originario dei racconti, tanto da suscitare a suo tempo le proteste dello stesso Guareschi nei confronti  dei registi e degli sceneggiatori, stemperando spesso in un tiepido irenismo quello che era un confronto onesto, leale, ma anche duro e serrato tra le ragioni del cristianesimo e quelle dell'ideologia, che avvelenava (e avvelena) i cuori e le menti. 

Il pregiudizio che su Guareschi ha gravato per un quarantennio era motivato dal suo essere stato un autore “schierato”, e schierato “male”, agli occhi della cultura dominante. Un reazionario, un seguace quindi del trinomio “Dio, Patria e famiglia”. Può dunque sorprendere l’uscita di papa Francesco, e sarebbe bello sapere cosa ne pensano di tale autorevole indicazione pontificia i cattolici kasperiani, progressisti, aperturisti. Don Camillo, infatti, è un prete che indossa sempre la veste sacerdotale, che non viene mai a compromessi sui principi, che non fa “dialogo” con i “lontani”, ma semmai parla con molta franchezza con tutti, con Peppone, con i comunisti, con lo scopo di annunciare la verità, e amministrare la giusta misericordia cristiana. Cosa ne diranno di questa indicazione quelli che vogliono arruolare nelle loro fila il Papa, i vari Scalfari, ma anche quei teologi pret-à-porter che vogliono “svecchiare” la Chiesa rendendola prona alle mode del mondo? 

Don Camillo a tale proposito non aveva molti dubbi: la storia è una lotta tra la Chiesa che rende presente Cristo nella quotidianità e il mondo che lo rifiuta. Don Camillo, poco prima di morire, con il suo autore, Giovannino Guareschi, nel 1968, aveva avuto modo di esprimere le sue perplessità nei confronti del mondo moderno e anche della Chiesa moderna, quella che viveva la tempesta del post-Concilio, e degli interpreti del cosiddetto “spirito del Concilio”, quei “don Chichì” che descritti nell’opera ultima di Guareschi, quasi un testamento spirituale. Guareschi è stato uno scrittore che ha testimoniato e dimostrato che ciò che corrisponde al disegno di Dio corrisponde per ciò stesso alla natura reale delle cose. Guareschi ascoltò e accolse la risposta buona di Gesù: «La verità vi farà liberi». 

L’accolse e la ritradusse nelle parabole di Mondo Piccolo e di tutti i suoi racconti. Dunque vale la pena ricordarlo a chi oggi, davanti alle parole di papa Francesco, pensasse che in fondo don Camillo è solo una macchietta, da non prendere troppo sul serio. Don Camillo invece è il tipo di sacerdote che ogni cristiano si dovrebbe augurare di incontrare, in parrocchia, nel confessionale, e magari anche nelle sedi episcopali. 











[Modificato da Caterina63 13/11/2015 01:09]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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