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Novembre: Festa liturgica di Tutti i Santi e dei Nostri cari Defunti (2)

Ultimo Aggiornamento: 13/11/2017 14:48
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01/11/2011 23:42
 
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[SM=g1740733] I Santi? Una ricchezza per il cattolico


I Santi patroni ? Ci sono, certo, quelli delle Nazioni, dei Continenti interi, come magnificamente illustra la Mostra aperta a Roma, demonstratio esemplare che chi vuol disconoscere per l’Europa le “radici cristiane“ non pecca contro la religione, bensì contro la storia, la cultura, l’arte.

 Ma ci sono anche i santi protettori delle città, anzi di ogni comune: tutti gli anni, la “festa patronale“ è ancora, spesso, il maggior momento di aggregazione, di confluenza su valori condivisi , di superamento delle divisioni politiche. Ma anche delle fratture territoriali, da Nord a Sud: per stare a quattro soli esempi (tra gli oltre 8.100 possibili, ché tanti sono i comuni italiani), malgrado ogni secolarizzazione, non sono ancora divenuti giorni come gli altri quelli di sant’Ambrogio per i milanesi e di san Petronio per i bolognesi o quelli di santa Rosalia per i palermitani e di san Nicola per i baresi. Non avevano torto i cattolici del Risorgimento che ammonivano coloro che volevano “sbattezzare“ la nuova Italia: il cattolicesimo popolare, quello della “sagre“, era l’unico collante tra zone tanto diverse, talora agli antipodi.

Ma, accanto a quelli comunitari, ci sono anche i patroni individuali: e sono tanti quanto i battezzati. Pochi lo notano, ma tra le distorsioni della tradizione italiana operate dall’ “imperialismo culturale“ americano, c’è il successo della festa per il compleanno, sino a prevalere su quella per l’onomastico. Nella cultura cattolica , sino all’inizio del secolo scorso, erano sconosciuti i coretti melensi da happy birthday to you intonati dai colleghi di lavoro.

L’unico, vero dies natalis del cristiano era quello della “nascita alla vita eterna“. Dunque, il giorno della morte che, per i santi, era segnata sul calendario e, per i credenti usuali, era l’occasione annuale per messe, preghiere di suffragio, visite alla tombe. Prima delle moderne anagrafi, molti addirittura ignoravano il giorno preciso della loro venuta alla luce, ma nessuno se ne preoccupava. Ciò che contava era l’onomastico, cioè il giorno in cui ricorreva la memoria del santo il cui nome si era ricevuto al battesimo. Il parroco non accettava nomi che non venissero dalla tradizione cristiana e poiché non c’era nessuno di quei santi o beati che non avesse un posto nella liturgia, non c’era uomo o donna che fosse senza “festa“. Il protestantesimo soppresse, tra molte altre cose (“un cristianesimo amputato“, lo chiamava Newman il grande convertito dall’anglicanesimo) anche il culto dei santi e con essi sparì l’onomastico ma comparve, per compensazione, un inedito birthday che ha finito per imporsi anche da noi. Oggi molti, del resto, anche volendo non potrebbero festeggiare alcun patrono, avendo ricevuto un nome estraneo al calendario cristiano e derivato magari da soap opera americani.

In una prospettiva di fede, l’eclisse del patrono personale non è cosa irrilevante . Nella chistianitas nessuno era mai solo: sotto la luce della Trinità, accanto a ciascuno, per miserabile e abbandonato che fosse, vegliavano, oltre la Vergine Maria, l’angelo custode e, appunto, il santo di cui si portava il nome. A lui ci si rivolgeva perché intercedesse presso il Cristo e a lui si guardava come esempio di vita. I parenti potevano morire, gli amici tradire, la fortuna abbandonare: ma un santo, assieme all’angelo, erano pur sempre vicini e attenti.

Ciò non toglie che, accanto a quello –anzi, a quelli– imposti dal nome scelto dai genitori, la libertà cattolica permetta di affiancare altri patroni. Per intenderci, e se è lecito un riferimento personale: battezzato come Vittorio Giorgio scoprii che, vista la grande diffusione in epoca romana, i Vittore, Vittorino, Vittorio sono, al martirologio, almeno una trentina. Tutti morti per la fede, ma di cui tutto si ignora. Quale scegliere tra loro? Quanto a Giorgio, è noto il declassamento subìto, per opera della riforma liturgica, di questa figura di guerriero, dichiarata “leggendaria“ dai nuovi chierici. Da qui, per me, l’uso di venerare i patroni battesimali, ma di unire ad essi anche altri. I favoriti sono, in particolare, il beato Francesco Faà di Bruno, contemporaneo di don Bosco, il cui campanile – da lui stesso progettato e secondo per altezza solo alla Mole Antonelliana – domina il quartiere di Torino in cui sono cresciuto. Accanto a questo scienziato, uno tra i più eclettici e geniali dell’Ottocento (gli americani chiamano the Bruno’s formula un suo algoritmo che, un secolo dopo, si rivelò essenziale per il software elettronico), ecco Bernadette Soubirous, l’analfabeta miserabile che Maria scelse per affidarle il messaggio di Lourdes. Il dies natalis di questa santa corrisponde a quello del mio compleanno: una coincidenza che ha contribuito ad alimentare verso di lei fiducia e amore. Joseph Raztinger è nato in quello stesso giorno e non a caso ha confermato più volte di avere anch’egli quella piccola tra i patroni più influenti in Cielo e, grazie a lei, di avere Lourdes tra i luoghi più cari.

I tanti santi Vittorio e il Giorgio declassato, seppur ancora patrono di Genova e della Gran Bretagna, non me ne vorranno: la ricchezza cristiana concede simili libertà.

Vittorio Messori


Poeti e Santi

I Santi sono poeti.
Non un poeta, se non erro, fu santo.
Il minimo dei santi è più grande del massimo dei poeti.
Il massimo dei poeti è, tutt'al più, una crisalide di santo.//
.......
I poeti intravedono.
I santi vedono.
I poeti intravedono perchè, non avendo rinnegato il mondo, son tenuti prigionieri sotto una volta di nebbia che talora si fa diafana ma che mai scompare.
I santi vedono perchè, avendo vinto il mondo, hanno oltrepassato le nebbie al di là delle quali la Divinità, in proporzione dell' amore che la investe ,si svela.
I poeti, dunque, intravedono Dio.
I santi vedono Dio.
Quindi alla poesia non scritta, o anche scritta,dei santi deriva una maggior luce, perchè la Luce Suprema s'è fatta loro visibile.
Dante, non santo,ma, tra i poeti, (per la sua immensa fame del divino) il più prossimo ai Santi, raccontando d'esser giunto a contemplare il Mistero dell' Incarnazione, e sforzandosi di comprenderlo, sospira:
"Ma non erano da ciò le proprie penne" e narra come lo soccorresse la Grazia.
Senonchè, ciò che per la Grazia vide, non dice.
Con ciò vuol far capire che tra la parola umana e Dio corre un abisso incolmabile.
Dio, con l'aiuto della Grazia,come in un rapido fulgore, può esser visto; ma giammai, da nessuno, può esser detto cos'è.
I grandi mistici cattolici, lottando corpo a corpo con la parola, la spremono, la torcono, la violentano,la torturano e non riecono ad esprimere l'inesprimibile.
Vorrebbero darle ali e strapiomba; vorrebbero darle luce e la risputa.
Il recipiente creato non può contenere l'increato, dice Ruysbrock.
Ma in questo sforzo indicibile, prodotto dal sitibondo desiderio, nei mistici, di far conoscere il loro travolgente amore, balenano immagini che splendono come soli, nascon pensieri che svelano, illuminando, incommensurabili abissi.
Ecco la poesia dei santi.
Dante, unico, vi s'approssima;tutti gli altri, come rondini di nido caduti a terra,svolazzano e camminano,disperatamente, senza staccarsi dal suolo.

Domenico Giuliotti , "L'ora di Barabba".




San Martino de Porres

[SM=g1740771]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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