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01/11/2013 00:26
 
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Giocando nei prati del Signore. Storie dei “bambini prodigio” di Dio


Posted on 31/10/2013


collage4

piccoli passi verso ilCielo:

quei bambini che hanno capito tutto

prima di noi. E senza paura hanno guardato il Mistero, senza terrore sono andati incontro, consapevoli, al sacrificio. Con semplicità si sono immersi negli abissi degli assoluti. Toccando il cielo con un dito. Giocando nei prati del Signore

Chi sono i santi bambini e perché in qualche modo inquietano? Cosa c’è di straordinario e di terribile in loro che attrae e e nello stesso tempo atterrisce? Un viaggio attraverso la santità dei più piccoli ci svela il mistero delle loro delicatissime e meravigliose figure, rispondendo alle varie obiezioni che vengono sollevate da noi adulti. Che di obiezioni ne abbiamo tante proprio perché questo tipo di santità ci sembra spesso innaturale e quasi irreale. Ma è davvero così? La vita di questi santi bambini sembra suggerirci proprio il contrario e ci dice che loro sono arrivati per primi a comprendere l’essenza della santità Perchè se questa appartiene a chi si fa bambino per il Regno dei Cieli loro, questi piccoli d’età non hanno aspettato di diventare adulti per capirlo.

 

di Dorotea Lancellotti da papalepapale.com

Ci scrive il Mastino: “Sono stranamente terrorizzato da queste figure di bambini santi…”. Io, Claudia e Nicola gli rispondiamo che non c’è nulla da aver paura, anzi, dobbiamo ringraziare il Cielo per queste anime predilette e giù a spiegare quel tipo di santità senza filtri che spaventa “il nostro Mastino”.

In verità scopriamo poi, ancora una volta, il suo animosensibile quando ci dice che:  «In questi bambini avverti l’impatto dell’incontro nudo e crudo con la divinità, senza sovrastrutture culturali, senza veli pedagogici, senza barriere e filtri, in modo spontaneo e diresti quasi selvatico, naturale. Senza mediazioni di sorta: diretti. Soli dinanzi a Dio senza soggezione. Questo spaventa, rende spaventoso questo impatto tragico, e dolce, con il divino. Questi bambini riescono ad essere totalmente “altro”, sembrano quasi perdere non dico l’umanità ma l’infanzia, come non ne avessero mai avuta una. Avverti che non sono, non sono mai davvero stati di questo mondo. E tutto questo è spaventoso, fa accapponare la pelle. Mi sembra tutto estremo in loro, tutto disperato e al contempo pieno di grazia…». Questo dice con la sua non sai mai se profondità o innocenza il Mastino.

Il dolore degli “Innocenti”?

Il martirio di un santo bambino: San Cristoforo della Guardia. Di lui si sa pochissimo ma il suo culto fu autorizzato dalla Chiesa nel 1805.

Innanzi tutto sfatiamo un mito: nessuno è “innocente”, neppure un bambino. E questo è comprensibile solo se si accoglie con serenità la dottrina del peccato originale. Nel momento in cui questa dottrina è venuta meno, rifiutata – grazie anche ad una certa propaganda protestante da quattrocento anni a questa parte – si è indebolita la comprensione di certo dolore, si è offuscato il senso della sofferenza e della donazione di sé.

Dice sant’Agostino nell’esporre il Salmo 51(50) : “in un altro passo il profeta dice: Nessuno è puro al tuo cospetto, neppure il bambino che ha un solo giorno di vita sulla terra. Sappiamo, infatti, che con il battesimo di Cristo sono lavati i peccati, e che il battesimo di Cristo è efficace per ottenere il perdono dei peccati. Se i fanciulli sono assolutamente innocenti, perché le madri corrono alla chiesa con i loro piccoli deboli? Che cosa si lava con quel battesimo, che cosa si perdona con quella remissione? Io vedo l’innocente piuttosto piangere che adirarsi. Che cosa lava il battesimo? che cosa scioglie quella grazia? Scioglie la radice del peccato…”.

Per questo quando parliamo dell’Immacolata non parliamo di una creatura nata senza peccato perché era una dea, ma che in previsione dei meriti di Cristo, suo Figlio e Salvatore, fu “preservata”, salvata nel momento del concepimento, unica Creatura al mondo ad aver avuto questo privilegio per i motivi che la dottrina ci insegna e quale nostro prototipo: ossia Ella è icona, modello ed esempio di ciò che ognuno di noi deve diventare per entrare nel Regno dei Cieli.

L’esortazione apostolica di Giovanni Paolo II sulla sofferenza: Salvifici doloris.

Quante volte ci sentiamo chiedere, oppure ce lo chiediamo noi stessi: “che senso ha che un bambino soffra? Può un Dio, che chiamiamo Amore e Bene assoluto, godere o desiderare della sofferenza dei bambini?”. Ci sono alcuni che finiscono per dipingere un Dio bramoso che si “alimenta” della sofferenza di questi bambini dimenticando però che Dio stesso si fece bambino per finire sulla Croce. I più fatalisti invece, che rifiutano di avere a che fare con un Dio fatto Persona, parlano di fatalità, destino, ma anche a voler assecondare la loro opinione, non si risolve la domanda spinosa: perché? Noi che fatalisti non siamo, con un pò di sano realismo vogliamo affrontare l’argomento per tentare di capirci qualcosa, senza pretesa alcuna, ma con il corretto discernimento di una coscienza aperta al mistero di Dio, senza pretendere di svelarlo, quanto piuttosto arricchirci di qualche elemento in più per poterlo accoglierlo serenamente. Suggeriamo anche la Lettera Salvifici Doloris di Giovanni Paolo II.

E’ naturale che laddove ci soffermassimo ad estremizzare i fatti, non renderemo mai pienamente la verità di quanto fa trasparire, su questi santi bambini, lo stesso Mastino: ” non sono mai davvero stati di questo mondo” ma senza perdere, per questo, la realtà che erano nel mondo. E sempre di Antonio vi suggeriamo di ri-sfogliare e rimeditare l’articolo“Chi vi ha detto che avete diritto di essere felici?” quando parliamo, appunto, della falsa felicità che pretende un paradiso in terra, mentre, in realtà. attendiamo la vera felicità per il regno di Dio e qui siamo, come diciamo nella Salve Regina,  “in una valle di lacrime”. La terra è il nostro Calvario.

Ma che tipo di fede è quella dei bambini santi?

La piccola Maria Goretti, una santa bambina tra le più note. Uccisa a 12 anni per non avere acconsentito alle voglie di un ragazzo.

Veniamo ora ad esaminare le possibili obiezioni.

1) Non si dovrebbero beatificare i bambiniperché l’adesione alla fede deve essere piena, consapevole, razionale. E i bambini non hanno raggiunto questa consapevolezza.

Apparentemente è vero: quale consapevolezza potrebbero avere dei bambini a riguardo del peccato e del male? In verità essi, specialmente se battezzati, essendo così salvati dal peccato originale e non avendo ancora consapevolezza della malizia, possono dare testimonianza della perfetta beatitudine, motivo per il quale Gesù stesso ce li offre quale immagine da seguire: ” In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt.18,1-5). Notare che Gesù oppone una clausola per noi adulti che leggiamo e che bambini non lo siamo più, il convertirsi. Prima bisogna convertirsi e poi diventare piccoli, ossia riacquistare quell’innocenza che i bambini hanno ricevuto nel battesimo. Dice infatti san Paolo agli Efesini: ” In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà” (cap.1,4-6).

La serva di Dio brasiliana Odette Vidal de Oliveira. 9 anni di vita vissuti tutti per Gesù: giovanissima catechista, amante della Santa Eucaristia e poi sul Calvario con il suo Signore per una febbre tifoidea che la consumò in 49 giorni.

Erroneamente si va dicendo che nel passato la Chiesa fosse restia ad intraprendere e portare avanti cause di beatificazione riguardanti ragazzi e adolescenti di ambo i sessi; qualcuno diceva che un bambino di per sé non può essere santo e semmai lo sembrasse ciò sarebbe il risultato dell’opera troppo pressante di adulti, che quasi lo costringono ad essere così. In verità non è così, la Chiesa ha sempre tenuto in alta considerazione l’esempio dei bambini. Vi è da dire, piuttosto, che solo dal 1800 ad oggi troviamo riscontro di bambini protagonisti di una diretta difesa o testimonianza della fede e forse non è un caso che proprio in questo tempo in cui l’aborto miete milioni di vittime innocenti, che l’eroicità di queste anime si è fatta più pressante uscendo allo scoperto.

La beatificazione che si fa ai bambini è infatti una proclamazione, affermazione, di quella realtà da loro vissuta e che Gesù vuole per i suoi discepoli, per le sue membra nella Chiesa. Non a caso i funerali che si fanno ai bambini battezzati non sono funerali di riparazione, ma è già una glorificazione; è detta “Messa degli Angeli” e non è un comune funerale che si fa come nel caso degli adulti; è per questo che la loro bara è bianca, a significare già la loro beatitudine. Tutti i bambini morti – con il battesimo – prima dell’età della ragione (effetto con il quale l’animo dell’adolescente entra in contatto con la malizia), sono già beatificati. Quelli che la Chiesa eleva agli onori degli altari servono a noi come prova e come insegnamento, quali modelli e icone della parola del Cristo applicata e pienamente realizzata e sono casi particolari, ma sono anche la prova, appunto, di questo rapporto della grazia che il battesimo dona a quanti lo ricevono e ne rimangono fedeli.

Antonietta Meo, conosciuta come Nennolina. Ha il titolo di “venerabile” e molti parlano della santità della sua breve vita.

In questi bambini, spesse volte, l’adesione alla fede è messa a dura prova, dalla sofferenza che vivono, come nel caso della piccola Nennolina, la quale era pienamente consapevole di ciò che stava passando: in una sua letterina ai genitori promette di mandare tanti gigli dal Paradiso ossia tante grazie. Un’altra espressione che va ricordata è il suo desiderio di essere “la lampada che arde davanti al Tabernacolo giorno e notte”; e vi è riuscita, sapeva quello che voleva, sapeva quello che faceva e sapeva di dover morire presto.

Forse sia Nennolina che altri bambini in cammino verso la canonizzazione o già canonizzati non erano consapevoli delle frasi paoline, teologicamente lette, quali “completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo” così come ce lo hanno spiegato poi gli adulti canonizzati, ma senza dubbio questi bambini hanno tradotto nella propria realtà di vita il contenuto stesso di ciò che leggiamo nella Scrittura: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto” (Lc. 10, 21); Gesù rende grazie al Padre perché si è deliziato dei piccoli. ” Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio”. (I Cor 1,27-28). Questo è il senso della beatificazione dei bambini santi.

Che idea hanno del sacrificio?

Francesco e Giacinta, i pastorelli di Fatima, già beatificati dalla Chiesa.

Seconda obiezione:

2) Morendo, i bambini non sanno a cosa rinunciano e non hanno idea di cosa sia davvero il sacrificio.

La prima risposta è la seguente: come si fa a desiderare altro quando si è venuti a contatto con l’eternità! E’ proprio vero che i bambini morti in odore di santità non fossero consapevoli di ciò che lasciavano? Mi vengono a mente le parole della Madonna di Fatima ai tre Pastorelli, prendiamo Giacinta, solo 8 anni, ella fu consapevole che doveva morire. Glielo aveva detto la Madonna senza giri di parole. Nella prima apparizione la Madonna chiede: “Volete offrirvi a Dio pronti a sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in riparazione dei peccati con cui Egli è offeso, e per ottenere la conversione dei peccatori?” – “Si, vogliamo!”, rispondono i tre bambini, ma non basta, la Madonna va ben oltre a annuncia: “Allora dovrete soffrire molto, ma la grazia di Dio sarà il vostro conforto”. Nell’apparizione di giugno Lucia, che aveva già 12 anni, chiede: “Vorrei chiederLe di portarci in Cielo” – e la Madonna preannuncia: “Si, Giacinta e Francesco li porto fra poco, ma tu resterai qui ancora per qualche tempo. Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere ed amare. Vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato. A chi la praticherà prometto la salvezza. Queste anime saranno predilette da Dio, e come fiori saranno collocate da Me dinanzi al Suo trono”. “Resterò qui da sola?” – chiede Lucia spaventata di dover rimanere senza coloro con i quali stava condividendo un pezzo di Cielo: “No, figlia Mia. Non ti scoraggiare, Io non ti abbandonerò mai. Il Mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e la via che ti condurrà a Dio”.

 

In questo breve dialogo si comprende perfettamente quanto essi fossero consapevoli che più che  rinunciare a qualcosa, si stavano guadagnando la beatitudine eterna.

Non dimentichiamo a quanto sarà dolorosa la croce di Giacinta che a soli 8 anni vivrà un tremendo calvario fino a morire da sola, lontano dai genitori, come la Madonna le aveva predetto e che lei aveva accettato liberamente senza mai pentirsi.

In queste parole di Nennolina si comprende perfettamente la consapevolezza di questi bambini adombrati, senza dubbio, dalla grazia santificante: ” Caro Gesù io so che Tu soffristi tanto sulla Croce ed io questa settimana di Passione voglio soffrire con Te, voglio soffrire per le anime che ne hanno bisogno, perché si convertano. Caro Gesù io Ti voglio tanto bene, proprio tanto o Gesù, e io voglio essere la Tua lampada e il Tuo giglio, il giglio che rappresenta la purità dell’anima e la lampada che rappresenta la fiamma d’amore che non Ti lascia mai solo. Caro Gesù benedici la Chiesa, il Clero e specialmente il mio confessore la mia famiglia la mia maestra, e tutto il mondo. Caro Gesù Ti mando tanti baci e saluti la Tua Antonietta e Gesù.”

(lettera n.144 - 16 marzo 1937 firma autografa).

Appare evidente che questi bambini sono consapevoli di vivere un rapporto straordinario, ma in modo ordinario, con Dio.

Il giovanissimo seminarista Rolando Rivi, beatificato di recente.

E come non citare il neo beatificato Rolando Rivi? Sì, parliamo già di un adolescente, ma non dimentichiamo che la sua resistenza in difesa della fede nasce proprio da una fanciullezza vissuta in contatto costante con Dio. Un ragazzo che a quattordici anni rischia la vita per non togliersi la talare, la divisa del sacerdote che sarebbe voluto diventare, non è preda di un capriccio nè compie un’azione da personaggio dei fumetti. Il desiderio di diventare “sacerdote e missionario” cresce guardando alla figura del suo parroco e quando Rolando capisce che i carnefici partigiani non avrebbero avuto pietà, chiede solo di poter pregare per il suo papà e per la sua mamma. Anche in quest’ultimo istante, nella preghiera, Rolando riafferma la sua appartenenza all’amico Gesù, al suo amore e alla sua misericordia, sapendo bene che sta rinunciando alla vita terrena per entrare da beato in quella eterna.

Il martire, appena quattordicenne, Josè Sanchez del Rio.

E come non ricordare i famosi Cristeros, Martiri di Cristo Re? Fra i tanti ricordiamo il quattordicenne messicano José Sanchez Del Rio, visitando la tomba del beato martire Anacleto González Flores, chiese a Dio di poter morire in difesa della fede. Fu ucciso il 10 febbraio 1928, gridando: “Viva Cristo Re! Viva la Vergine di Guadalupe!”. Il martirio di questa vittima della persecuzione religiosa provocata dalla nuova costituzione messicana del 1917, fu riconosciuto il 22 giugno 2004 da Giovanni Paolo II ed è stato beatificato il 20 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI. Bambini e adolescenti ben consapevoli a cosa stavano rinunciando pur di non rinnegare Cristo Re che avevano imparato a conoscere e ad amare. Anzi, vogliamo cogliere l’occasione di questo articolo per ricordare tutti, ma proprio tutti questi bambini e adolescenti che hanno subito torture o malattie per insegnarci come si ama Dio fino in fondo.

Ma non è che si tratta solo di un gioco da bambini?

La beata argentina Laura Vicuña: muore di malattia a 13 anni. Ma già alcuni anni prima ha chiesto a Dio di prendersi la sua vita pur di ricondurre la madre alla fede.

Terza obiezione o provocazione

3) Le cose che questi bambini dicono sembrano “fuffa devozionistica”, udita qua e là e ripetuta a gogò: sembra esserci, più che precoce consapevolezza, precoce autocompiacimento infantile, quasi uno scambiare il dramma della vita e della morte per un gioco. E questa è la cosa più inquietante che c’è in queste figure.

Per rispondere a questa obiezione, viene in mente la scena della parabola del ricco e di Lazzaro(Lc.16,19-31): ” padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi…”.

Non v’è dubbio che anche a quel “ricco” Lazzaro era sembrato una “fuffa devozionistica” ed ora, invece, compreso il mistero della sofferenza del povero, supplicava per i suoi fratelli, ma troppo tardi!

L’incredulità non ci danneggia se qualcuno non ci ammonisce dei rischi che corriamo, ma quando siamo avvisati e siamo messi al corrente dell’esistenza di un altro “mondo” per il quale Cristo ci ha preceduti preparandoci un posto (Gv.14,2), allora diventiamo responsabili delle nostre scelte e non si scappa.

Una delle lettere scritte da Nennolina.

Che cosa è dunque che inquieta di più? il fatto che questi bambini hanno ricevuto la prova di questo regno e quindi ci danno la testimonianza che è raggiungibile? E che le prove possono essere affrontate? Oppure che avendo maturato in noi la malizia e avendo abbracciato i piaceri del mondo non siamo capaci di distaccarcene e ci infastidisce, perciò, che dei bambini ci insegnino la via? Sarebbe “fuffa devozionistica” se da parte di questi bambini non ci fosse quella consapevolezza di cui abbiamo portato la prova nel dialogo a Fatima – se vogliamo anche Bernadette a Lourdes – o non avessero anche dato prova di morire in odio alla fede o dopo aver sopportato grandi sofferenze. Dunque quella conclusione che li ha visti protagonisti di croci davvero dolorose non era “fuffa” e le croci erano sopportate non certo per devozionismo, ma perchè vedevano davvero Gesù accanto a loro. Quando Nennolina in una delle sue letterine scrive: “Cara Madonnina Tu che sei tanto pura, fammi anche me pura come sei Tu. Tu che hai sofferto tanto in questi giorni, anch’io voglio sopportare la mia croce con Te.”, certo che senza dubbio sono parole “udite” dagli adulti ma a metterle in pratica è lei, è la sua libera scelta, e la sua esperienza personale che fa diventare ciò che ha udito, una meta, lo scopo della sua sofferenza. In verità, dunque, ciò che veramente ci “sconcerta” in questi bambini è quell’essere riusciti laddove noi, cattolici adulti – sic! – non riusciamo ad avvicinarci neppure dopo una confessione… è la verità che sconcerta e l’aspetto più inquietante è quando rifiutiamo questa verità per tentare di giustificare le nostre incapacità di autentica devozione.

Bambini che diventano esempio degli adulti?

 San Domenico Savio. La sua testimonianza di fede è un esempio luminoso per tutta la congregazione dei salesiani. Ma è anche uno dei santi più conosciuti e ammirati dal resto del mondo cattolico.

4) Ma che razza di esempio possono mai dare dei bambini? il ruolo del santo è proprio quello di fungere da esempio per i credenti, ma che c’è da imitare nei bambini? Nella loro così scarsa esperienza della vita e cognizione della morte che ne rende appunto molto superficiale la conoscenza del dolore?

Rispondendo a questa obiezione, dobbiamo dire, intanto, che la loro conoscenza del dolore fosse o sia superficiale è tutto da dimostrare, e molti fatti già riportati anche qui, ci dicono esattamente il contrario. L’esempio e la testimonianza che ci possono dare, e che ci danno, è già accennato in quelle espressioni offerte da Mastino: “Questi bambini riescono ad essere totalmente “altro”, sembrano quasi perdere non dico l’umanità ma l’infanzia, come non ne avessero mai avuta una. Avverti che non sono, non sono mai davvero stati di questo mondo. E tutto questo è spaventoso, fa accapponare la pelle. Mi sembra tutto estremo in loro, tutto disperato e al contempo pieno di grazia….”.

Non è che non hanno mai avuto una infanzia: al contrario, con questa infanzia essi saranno beatificati eternamente vivendo con ciò la loro più autentica maturità.

Come abbiamo già spiegato, noi eravamo stati creati per essere ciò che questi bambini di fatto ci danno testimonianza: santi e immacolati. Il peccato originale ha interrotto questa beatitudine e attraverso questi bambini – battezzati – ci viene riproposto, per grazia sublime, il vero motivo per cui nasciamo e dove siamo diretti. Cosa possiamo imitare in loro se non quella purezza della fede che essi vedono, sentono e vivono nella personale esperienza? Se prendiamo come esempio un san Filippo Neri, egli aveva l’animo innocente e la purezza di un bambino, tanto da esprimersi spesso come un bambino, un aspetto che urtava il grande sant’Ignazio di Loyola che preferiva trattare gli argomenti in modo così approfondito da diventare spesso incomprensibile però ai bambini. Non a caso san Filippo è più familiare ai bambini mentre sant’Ignazio è definito il santo dei colti, per gli adulti, per quelli che devono formarsi alla vita sacerdotale, ma entrambi sono santi, entrambi sono dovuti diventare, in un certo senso, dei bambini, entrambi sono di esempio e di grande edificazione per tutti

 

San Paolo ricorda: ” Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione.” (1Cor.1,20-21).

Questi bambini, grazie al battesimo e certamente ad un privilegio divino che sceglie i soggetti attraverso i quali vuole manifestarsi, ci danno l’esempio che si nasce in questo mondo per vivere preparandosi per l’altro, quello eterno: sono nel mondo ma non di questo mondo, ma testimoniano di essere già anime sante come avremmo dovuto essere se non ci fosse stato quel peccato originale. Dice ancora san Paolo: ” Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. L’uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. L’uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno” (1Cor.2,12-15), un linguaggio che la piccola Nennolina conosce ed usa comprendendo bene la differenza delle tre Persone nella Santissima Trinità quando scrive: ” Caro Spirito Ti voglio tanto tanto bene e di a Gesù che gli voglio bene e che lo ringrazio che questa mattina è venuto nel mio cuore. Caro Spirito Santo Ti saluto e Ti mando tanti baci Antonietta e Gesù. Gesù dal cielo vieni nel mio cuore o Tu che sei l’amore”. ( lettera n. 116 – 10 gennaio 1937 Solo Gesù è autografo)


Che c’entrano i bambini di oggi con questi piccoli santi?

 

Leggiamo un’altra provocatoriaobiezione:

5) Non mi si venga a dire che i bambini debbono rapportarsi a questi bambini strani, a questo approccio che sembra non solo disturbato, innaturale, ma artificiale. Non è un caso che il grosso di questi esempi di bambini “prodigio” di Dio si arrestino tutti ad almeno 50 anni fa e infatti sembrano ricalcare una religiosità popolare penitenziale e asfissiante tipica di certo devozionismo preconciliare.

Esaminiamo bene la questione per rispondere. Ritornando all’esempio di Fatima, ma ce ne sarebbero altri a partire dal Vangelo, non c’è mai un obbligo ma una richiesta: “volete voi? – Vuoi tu?”. Dio è il grande Medico, non dimentichiamolo, ed è un fine pedagogo. Non imporrebbe mai ad alcuno la sua volontà. Anche dalla Beata Vergine Maria attende il “consenso”, solo dopo che Ella ebbe acconsentito – “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga per me quello che hai detto” -  l’Angelo partì da lei, e in quel “sì” avvenne il divino prodigio del concepimento. Un “fiat” per certi versi unico ed irripetibile eppure sul quale si sono formati e consolidati miriadi di santi, compresi questi santi bambini. Dunque nessuno di noi deve rapportarsi alle “stranezze” dei santi, quanto piuttosto a quel “fiat”: tutto parte da qui. Poi, per ogni singolo individuo le manifestazioni possono essere diverse e non dobbiamo scimmiottarle o persino pretendere di essere come loro, ma neanche dobbiamo mitigare, sbugiardare, negare. Non siamo chiamati ad imitare gli effetti straordinari che essi vivono, ma il fondamento della loro fede, il fondamento delle loro opere, il fondamento sul quale hanno poggiato la propria croce.

Bambino abortito.
Quanti piccoli santi ci potrebbero essere tra i bambini che vengono uccisi con l’aborto!

Diverso e interessante è l’ammettere che da cinquant’anni a questa parte sembrano svaniti questi “santi bambini”. Sembrano…. Intanto diciamo subito che l’orrore dell’aborto probabilmente ci ha privati di tanti di questi bambini, e ancora oggi ce ne priva; secondo aspetto sono forse anche cambiate le famiglie, molti i divorziati, tanti quei genitori che non insegnano più ai propri figli neppure il segno della croce – come ha ricordato ai catechisti di recente Papa Francesco – definendo ciò un “vero dramma del nostro tempo”. Papa Francesco, per esempio, ha raccontato di come egli sia grato alla nonna Rosa per avergli insegnato i “misteri della Pasqua”: oggi quante nonne insegnano il Vangelo ai propri nipoti? Una volta il compito delle nonne che si occupavano dei nipotini era quello di insegnare loro a pregare, a dire il Rosario, andare in chiesa per accendere una candela e come letture esse raccontavano le vite dei santi, spesso arricchendole di fantasia, ma sempre in un clima di santa devozione. Oggi, invece, assistiamo alla pubblicità della nonna che offre pochi euro al nipote per andare con la fidanzata a mangiarsi un hot-hamburger… e il nipote che, basito davanti a quella ridicola somma, ringrazia la nota casa ristoratrice di hamburger per aver ideato un menù con pochi euro.

Il martire Alois Grodze. già beatificato.

Fra i due esempi qual è quello veramente asfissiante? Nennolina o l’adolescente della pubblicità? Mi viene in mente un altro ragazzo, il beatoAlois Grozdè portato come esempio da Benedetto XVI (nel 2010 è stato firmato il Decreto che ha stabilito la sua morte eroica in odio alla fede nel 1943). Alois non sarebbe neppure dovuto nascere poichè è stato un frutto fuori del matrimonio, cacciato via dal patrigno e cresciuto fra una zia e il collegio. Ben presto si rivelano le sue qualità, un ragazzo intelligente e soprattutto sensibile all’Eucaristia che diventerà, come diceva, “il sole della mia vita”, militando prima nell’Azione Cattolica e poi nella Congregazione mariana e maturando nel suo cuore la vocazione al sacerdozio. Nel 1943 mentre si recava a Mirna viene catturato dai partigiani slavi che gli trovano il libro dell’Imitazione di Cristo e un libretto sulle apparizioni di Fatima. Questi due oggetti saranno l’atto di accusa per la sua condanna a morte non prima, però, di averlo torturato strappandogli gli occhi, le orecchie, la lingua, solo perchè non voleva rinnegare la sua fede cattolica. Ancora vivo venne trascinato nel bosco e lì finito a colpi di zappa sulla testa perchè la colpa di tanto efferato omicidio ricadesse sugli animali. Ma la Verità che nulla teme fece emergere i fatti crudeli e la Diocesi di Lubiana potè aprire cinquant’anni dopo il processo di beatificazione.

Il piccolo servo di Dio Giuseppe Ottone.

Qui il preconciliare non c’entra nulla, quanto certa educazione alla fede che oggi non si trasmette più. Penso al servo di Dio Giuseppe Ottone 1928+1941, adottato e cresciuto all’ombra della venerazione per la la Madonna del Rosario di Pompei della quale era immensamente devoto. La sua storia non conosce un grave spargimento di sangue, ma una testimonianza d’amore incondizionato. Dovendo subire la madre un serio intervento chirurgico, scatta in Giuseppe un atto di affidamento a Maria del tutto naturale: offre la sua vita in cambio di quella della madre. Lo fa pregando. La mattina dell’intervento trova per terra una immaginetta della Madonna del Rosario di Pompei, la prende e la bacia con trasporto pensando all’atto di fede e di offerta che aveva fatto e si accascia sul suolo. In quel momento la madre adottiva prodigiosamente guarisce, si alza dal letto perchè non c’è più bisogno dell’intervento, ma viene a sapere che il figlio è ricoverato morente… Muore così Giuseppe, per un atto d’amore, di offerta a cui oggi, purtroppo, sembra che non crediamo più e non ne siamo più capaci.

Altro bambino in cammino verso la canonizzazione: Silvio Dissegna.

Ma venendo al nostro tempo basti pensare ad un altro adolescente degli anni ’70 del quale è in atto il processo di beatificazione e già dichiarato venerabile, Silvio Dissegna. In alcune sue lettere leggiamo: “Dì al Cappellano che domenica vorrei fare la Comunione! lo voglio bene a Gesù !” – “Ho tanto male. Papà! Dammi la mia Madonnina che la voglio baciare e pregala anche tu perché mi aiuti”. – “Gesù ha sudato sangue, ed io è da un anno che soffro”. – “Se muoio, non me ne importa, finirò di soffrire… mamma noi saremo felici e contenti solo in Paradiso! “

A maggio del 1979 la gamba sinistra di Silvio, colpito da un tremendo cancro alle ossa, si spezza in due, ampie piaghe si diffondono sul corpo. Il 10 giugno perde completamente la vista, il 26 luglio gli scoppia la pupilla dell’occhio sinistro. A settembre perde l’udito. “Mamma com’ è brutto non vedere il sole, la luce, le piante, i fiori ma soprattutto non più vedere te, papi e Carlo (il fratello)”. E così tante altre espressioni da mozzare il fiato. “Mamma, vieni vicino, dammi la mano… prega con me ” – ” Oggi offro le mie sofferenze per il Papa e per la Chiesa… Oggi offro tutto per i sacerdoti… – Oggi offro per la conversione dei peccatori… – Oggi offro perchè siano tutti fratelli….”.

Carlo Acutis, testimone luminoso molto vicino ai nostri anni.

E ancora, come non citare l’adolescente Carlo Acutis, nato nel 1991, la cui storia è possibile racchiudere in questa sua frase: ” L’Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo”. Sembra un vero figlio di San Giovanni Bosco perché per la sua vita due sono le colonne fondamentali: l’Eucarestia e la Madonna, ed ogni giorno voleva andare alla Messa perché senza Gesù non poteva stare. Muore a 15 anni per una leucemia fulminante, eppure ha lasciato un segno indelebile, non un segno qualsiasi, ma un segno tipico del cristiano: la fede, l’amore per i Sacramenti, la gioia di essere cristiano attivo nella sua parrocchia. Afflitto dalla malattia, non più bambino, diceva sovente a chi gli si rivolgeva in modo triste: “di chi temere? Ma tu sai quanti amici io ho in cielo che mi aspettano?” e via a fare la lista di tutti i bambini venerabili o santi o beati, di cui conosceva le storie: “non bisogna temere le malattie, ma di perdere queste amicizie”.

Non basterebbe una biblioteca per riportare quanti altri bambini, adolescenti, hanno dato queste testimonianze. Laddove i genitori e i nonni non fanno più il loro dovere di cristiani, non dobbiamo disperare l’abbandono del Signore perché Egli in altri mille modi sempre ci darà la testimonianza della Sua presenza in mezzo a noi. Preoccupiamoci di dare noi testimonianza, piuttosto, a queste anime.

 Ma non saranno forse i genitori a “ritoccare” queste storie?

 

Infine ecco l’ultima e forse la più insidiosa delle obiezioni:

6) Si ha l’impressione che il grosso delle leggende su questi bambini, oltre eventuali loro quaderni piuttosto patetici e sussiegosi, saputelli, sia una rielaborazione dei genitori, bisognosi di compensare il dolore della perdita con la costruzione, e quasi la rimessa al mondo, del monumento del figlio perduto. Reputo queste storie di una povertà e miseria assoluta, inutili e inutilizzabili da qualsiasi punto di vista, addirittura perturbative del sano sviluppo mentale di altri bambini che venissero a conoscenza di simili storie.

Obiezione a cui è bene rispondere subito. Non siamo obbligati a venerare queste anime, ma neppure a cancellare la loro testimonianza. Vi è da dire piuttosto che i genitori di questi bambini non compaiono mai, spesso non si conoscono neppure i nomi, non si sa che volti abbiano, e spesso non hanno alcun interesse a trascinare la loro dolorosa esperienza nelle aule dei tribunali diocesani per la loro beatificazione. L’iniziativa è spesso di amici e conoscenti, di chi ha beneficiato in qualche modo di queste anime. Spesso una donazione fatta a nome loro fa scattare la curiosità di voler conoscere questo donatore e così si vengono a sapere i fatti. Senza dubbio questi genitori custodiscono gelosamente i quaderni e i diari di questi figli ma perchè meravigliarsi? Santa Teresina del Bambin Gesù (che fin da bambina ebbe la gioia di poter vedere la Madonna e l’Angelo custode), quando era in Convento, fu obbligata dalla superiora a mettere per iscritto le sue esperienze: ella non voleva, lo fece per obbedienza, ed oggi ci ritroviamo con quel capolavoro che è “Storia di un anima”. Il fatto che in questi scritti ognuno di noi può sentire e recepire messaggi differenti, è normale perché ognuno reagisce poi a seconda della propria anima e coscienza, ma questo non può legittimare l’accusa che siano delle rielaborazioni fatte dai genitori per compensare una grave perdita. Le lettere di Nennolina per esempio, sono firmate dalla bambina, e ci sono gli originali che provano la sua frenetica attività letteraria.

La grotta di San Michele Arcangelo.

Per esperienza posso riportare questo fatto che ho vissuto personalmente e che spiega come i bambini siano davvero i privilegiati e prediletti da Gesù. A Pasqua del 1994, mi reco nella Grotta sul Gargano dedicata a san Michele Arcangelo con i miei due figli di 4 e 1 anno, per sciogliere un voto per una grazia ricevuta. Era la Domenica delle Palme, la Grotta gremita, il coro cantava una melodia gregoriana meravigliosa e si era giunti alla Consacrazione. Quando il sacerdote solleva l’Ostia consacrata noto che i miei figli ma anche tutti i bambini lì presenti, alzarono la testa verso il soffitto della Grotta sopra l’altare. Nessuno piangeva, nessuno urlava, nessuno faceva capricci, erano tutti attirati da “qualcosa” che noi adulti non vedevamo, ma i bambini sì perché tutti noi, genitori e parenti, c’eravamo accorti che stava accadendo qualcosa di strano. I miei figli sorridevano, tutti i bambini sorridevano ma senza staccare lo sguardo da un certo punto sopra l’altare. Finita la Consacrazione i bambini tornarono in uno stato “normale” e si risentiva il loro vociare distratto. Provai a tirare fuori qualcosa da mia figlia che a 4 anni comunque sia sapeva parlare, ma niente da fare: non cavai un ragno dal buco, non sapeva come rispondermi: “hai visto qualcosa?” e lei ” che bello!!”, ed io: “me lo vuoi disegnare?” ma non ci riusciva, però continuava a ripetere “che bello!”. Oggi che ha 23 anni quando glielo chiedo naturalmente non ricorda nulla, ma io sono certa che fu una esperienza reale che aiuterà entrambi per sempre in questa vita se, anch’io genitore, saprò accompagnare la loro avventura con la preghiera, con la lode a Dio, con l’invocazione della e nella Comunione dei Santi, specialmente i santi bambini.

Nessuno è obbligato a credere in queste ed altre cose, ma è certo che siamo sollecitati a non prendere sottogamba queste esperienze e queste testimonianze.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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