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MA CHI SONO I FALSI MAESTRI, COME RICONOSCERLI? (qui alcuni esempi) (4)

Ultimo Aggiornamento: 30/12/2017 09:49
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 prosegue la nostra indagine sui FALSI MAESTRI......
cliccando qui: MA CHI SONO I FALSI MAESTRI, COME RICONOSCERLI? (qui alcuni esempi) (3) troverete gli articoli precedenti. Oltre 30 mila visite.... significa che l'argomento interessa.. e vogliamo sperarlo, perché il nostro compito non è di alimentare polemiche ma di FARE DISCERNIMENTO TRA CIO' CHE E' BENE E CIO' CHE E' MALE....

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IL FILM DI SCORSESE

Silence
 

Silence di Scorsese, tratto dal libro omonimo di Endo, non è un film cristiano fatto da un regista cattolico, bensì una giustificazione della mancanza di fede: l’apostasia, se salva delle vite, diventa un atto di carità cristiana, proprio come il martirio diventa quasi satanico se inasprisce le persecuzioni.

di Brad Miner*

Quando San Francesco Saverio portò il cattolicesimo in Giappone nel 1549, era dura imbattersi in persone convertite. Saverio ebbe molte difficoltà a imparare il giapponese, e, inizialmente, si affidò alle immagini, di solito illustrazioni di Cristo, di Maria e dei santi, per raccontare la storia cristiana. Morì tre anni dopo l’inizio della sua missione in questo paese.

Tuttavia, si convertirono in centinaia di migliaia, e la Chiesa giapponese prosperò per più di una generazione, fino all’inizio delle persecuzioni.  Nel 1597, ventisei cristiani furono crocifissi a Nagasaki. A partire dell’anno seguente e fino agli anni ’30 del secolo successivo, altri 205 nel paese furono martirizzati. E, dall’arrivo in Giappone, nel 1639, dei due preti-eroi portoghesi, di cui parla anche Shusaku Endo nel suo romanzo Silenzio, del 1966, ne vennero uccisi altri 206 con la colpa di essere Kirishitan.

Quello che le autorità giapponesi ritenevano essere un contributo commerciale con i paesi occidentali, da quel momento venne considerato una minaccia letale al patrimonio culturale giapponese. L’opera missionaria era pericolosa, e quei finti preti, basati su veri missionari, erano totalmente pronti a morire per Gesù. Ma il libro di Endo (e la sua nuova versione cinematografica di Martin Scorsese) non parla di martirio, ma su come evitarlo. Le autorità vogliono, soprattutto, l’apostasia (convinta o non), e la maggior parte dei personaggi principali diventano apostati.

Ora, a distanza di cinque secoli, è facile guardare con disdegno un prete che conosce i rischi e abbandona la vocazione della fede a cui la sua ordinazione lo aveva vincolato. Scorsese sembra chiedersi: Cosa fareste se vi venisse chiesto di calpestare un’immagine sacra di Gesù, se, così facendo, salvaste la vita di altri? I Kirishitan sono sospesi a testa in giù sopra una fossa, con delle piccole incisioni sul collo, sanguinando lentamente a morte, e solo voi potete salvarli. Non dovete fare altro che pestare il piede su di una fumi-e – una specie di icona demoniaca su cui è raffigurato Cristo. Cosa fareste voi?

Bene, quelle centinaia di veri martiri giapponesi, tutti quanti santi, morirono per il loro rifiuto a diventare apostati – perché credevano che le loro vite, nonostante una fine agonizzante, fossero redente da Cristo. Li aspettava la gioia eterna. 

Endo era un cattolico convertito, ed è giusto chiedersi quanto completa fosse la sua conversione. Martin Scorsese è cattolico dalla nascita, ma, nonostante il suo incontro con Papa Francesco durante il lancio del suo film  (la cui prima è stata il 23 dicembre), non lascia trasparire in nessun modo la sua fede cattolica. 

Il libro riprende molto il romanzo anti-coloniale di Joseph ConradCuore di tenebra (1899), la storia di un uomo di nome Marlow che fa un viaggio in Congo in cerca di un commerciante d’avorio di nome Kurtz, descritto come ”emissario della pietà, della scienza, del progresso” ma venerato dagli indigeni come un dio. Il libro di Conrad ha ispirato anche Apocalypse Now, il film del 1979 di Francis Ford Coppola, in cui un capitano dei servizi segreti dell’esercito statunitense va nel Mekong in cerca di un colonello ribelle, anche lui di nome Kurtz, divenuto un dio per i Montagnard. Entrambi i Kurtz muoiono pronunciando la famosa frase: “L’orrore! L’orrore!”.

Cosa ha a che fare questo con Silenzio di Scorsese? I due preti Gesuiti, Sebastiao Rodrigues (Andrew Garfield) e Francisco Garrpe (Adam Driver) arrivano in Giappone per cercare Padre Cristovao Ferreira (Liam Neeson), che si dice sia diventato un indigeno, al punto da diventare apostata e sposarsi.

Quando Endo lesse Cuore di tenebra, evidentemente rimase impressionato dall’organizzazione fittizia con cui corrisponde Kurtz, la Società Internazionale per la Soppressione delle Usanze Selvagge, perché questa è sicuramente una parte di quello a cui equivale l’attività missionaria in ogni parte del mondo – perlomeno, nella mentalità indigena – e, probabilmente, Endo amava Cristo, ma non era particolarmente appassionato dei cristiani.

Quando Marlow/Rodrigues/Garfield, alla fine, si confronta con Kurtz/Ferreira/Neeson, è l’uomo più anziano, ex insegnante di Rodrigues in Portogallo, che assicura l’apostasia dell’uomo più giovane.

Il film di Scorsese è, di fatto, la seconda trasposizione sul grande schermo del libro di Endo. La prima fu Chinmoku (Silenzio in giapponese) di Masahiro Shinoda, del 1971. Due attori americani impersonarono i preti portoghesi, ma con una differenza: entrambi erano in grado di pronunciare la maggior parte delle loro battute in giapponese, mentre Garfield, verso la fine del film di Scorsese, ne mastica appena qualche parola. Forse, la cosa più sorprendente riguardo al primo film è la scelta di Tetsuro Tamba (che aveva interpretato Tanaka “Tigre” nel film di James Bond Si vive solo due volte) per il ruolo di Ferreira. Come dire: ecco qua un Gesuita portoghese che è diventato un vero indigeno!

Il film di Shinoda ha una durata ragionevole di due ore, quello di Scorsese quasi tre; questo perché è ripetitivo e non perché debba raccontare di più rispetto a Shinoda. Quando il libro raggiunge l’apice, Rodrigues sente la sabbia che gli cede sotto i piedi

 Dai più profondi recessi del mio essere, un’altra voce si fece sentire in un sussurro. Supponendo che Dio non esita … 

Era una fantasia spaventosa. Se non esiste, quanto diventa tutto assurdo! Quale assurdo dramma diventano le vite di Mokichi e di Ichizo, legati al palo e lambiti dalle onde. E i missionari che hanno passato tre anni solcando i mari per giungere in questo paese … che illusione è stata la loro! Anch’io qui, a vagare su desolate montagne: che assurda situazione!

Silenzio di Scorsese non è un film cristiano fatto da un regista cattolico, bensì una giustificazione della mancanza di fede: l’apostasia, se salva delle vite, diventa un atto di carità cristiana, proprio come il martirio diventa quasi satanico se inasprisce le persecuzioni. “Cristo sarebbe diventato un apostata a causa dell’amore” dice Ferreira a Rodrigues e, naturalmente, Scorsese è d’accordo.

La visione di Silenzio, è consentita ai bambini solo in presenza di un adulto, per via delle molteplici scene di tortura. Molti americani e britannici si sono visti rubare la scena per il film da un superbo cast giapponese che include: Yosuke Kubozuka nel ruolo di Kichijiro, un Giuda che guadagna molto più argento rispetto a quello originale; Issei Ogata nel ruolo del principale antagonista dei missionari, l’inquisitore Inoue; Shin’ya Tsukamoto (Mokichi) e il grande Yoshi Oida (Ichizo), nel ruolo dei paesani cattolici martirizzati dall’inquisitore. Non sorprenderebbe se uno tra Oida o Kubozuka ricevesse una nomination all’Oscar come attore non protagonista. Nel caso, si tratterebbe, probabilmente, dell’unico accenno al film da parte dell’Accademia.

*Pubblicato su The Catholic Thing, 26 dicembre 2016. Traduzione di Davide Polenghi



IL RITRATTO (di un pessimo maestro, gesuita)
 

Definito da Papa Francesco "il più grande teologo per il giorno d’oggi", Michel de Certeau ha sostenuto tesi di rottura conciliare e di attrazione verso il maggio francese cercando di unire il '68 al Concilio. E la rivista dell'Università cattolica ne ha scritto il ritratto appassionato. 

di Rino Cammilleri
Michel de Certeau

Sull’ultimo numero di «Vita & Pensiero», la rivista dell’Università Cattolica, la storica americana Natalie Zemon Davis traccia un ritratto appassionato di Michel de Certeau (1925-1986), che papa Bergoglio ha definito «il più grande teologo per il giorno d’oggi». Poiché non mi intendo di teologia, incuriosito sono andato a vedere su internet e ho trovato le foto (sempre in borghese) di questo «gesuita, antropologo, linguista e storico francese, la cui opera spazia su ambiti diversi quali la psicoanalisi, la filosofia e le scienze sociali».

Al suo funerale, a Parigi, nella chiesa di Saint-Ignace risuonarono le note di Je ne regrette rien di Edith Piaf: «Non rimpiango niente». Curioso: che cosa ci sarebbe stato da rimpiangere o i cui pentirsi? Savoiardo di Chambéry ed ex staffetta partigiana, il de Certeau, nel 1950 divenne gesuita e fu allievo del celebre p. Henri de Lubac (poi diventato cardinale), nello stesso anno in cui il papa Pio XII «ordinò a de Lubac di interrompere l’insegnamento pubblico e censurò il suo libro sul soprannaturale». De Certeau era affascinato dai «mistici selvaggi» del XVII secolo, in particolare dal gesuita Jean-Joseph Surin, la cui predicazione itinerante rasentava l’eresia (nella Francia delle guerre di religione) e che ebbe un ruolo di primo piano nel grande esorcismo delle suore orsoline indemoniate di Loudun (attorno agli anni 1635 e 1636).

Scrive infatti la Davis su de Certeau che «i suoi eroi sono spesso vagabondi, pellegrini, missionari e nomadi come il visionario seicentesco Jean de Labadie, che iniziò da gesuita (…) e finì col fondare nei Paesi Bassi una comunità protestante». De Certeau nel 1964 fu uno dei membri fondatori dell’École freudienne di Parigi, l’istituto del famoso Jacques Lacan. Erano gli anni del Concilio, le cui riforme a suo avviso «costituivano un “rottura” creativa con gli inflessibili schemi gerarchici del passato». Infatti, «riteneva che il Vaticano II avrebbe dovuto portare la Chiesa a immergersi completamente nelle tematiche del mondo moderno».

Coerentemente, viaggiò molto in Sudamerica, «attirato dai sacerdoti della Teologia della liberazione». Si entusiasmò per il Maggio (1968) francese e scrisse che «lo scorso maggio la parola è stata presa come nel 1789 è stata presa la Bastiglia». Manifestò in seguito la sua delusione per il fallimento sia delle speranze sessantottine che di quelle conciliari. Nel 1971 un suo saggio sul significato del cristianesimo fu respinto dall’Institut Catholique di Parigi (che glielo aveva richiesto) e lui, anziché correggerlo come suggerito dallo stesso Istituto, lo pubblicò col titolo La rupture instauratrice, dove sosteneva che «il “seguitemi” di Gesù viene da una voce eclissata, ormai irrecuperabile per sempre». A questo punto anche de Lubac prese le distanze da lui, «accusandolo di essere un gioachimita alla ricerca, come il visionario medievale, di una presunta epoca d’oro della pura spiritualità, priva di qualsiasi tipo di istituzione ecclesiastica o disciplinare».

Forse qualcuno, più esperto di me, può illuminare meglio questa figura di teologo e farmi capire perché è «il più grande» per i tempi che corrono. E’ anche vero che i gesuiti non sono più quelli di san Roberto Bellarmino, ma quando hanno cessato di esserlo? 


ebbene... se la cosa può interessarvi, CLICCANDO QUI, troverete uno studio approfondito sulla responsabilità del gesuitismo moderno nella crisi della Chiesa....

Chi sta de-cattolicizzando la Chiesa cattolica? Ma si tratta proprio del glorioso ordine fondato da Sant’Ignazio di Loyola. In questo studio, cercheremo di capire il come e il perché di questa diabolica deriva, che segue l’intuizione del prete apostata Ernesto Buonaiuti, “guru” del modernismo italiano: «Fino ad oggi si è voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma. Bisogna riformare Roma con Roma».

Dietro a tutto ciò, e come abbiamo dimostrato fin qui, ci sono i gesuiti. All’inizio abbiamo spiegato che il loro progetto, ben riuscito, è stato quello di mettere mano alla dottrina morale della Chiesa che, non potendone dissentire o modificarla, arrivarono a ridicolizzare e ad annientare. Indovinate come? Con il movimento Hippie.

Si, avete letto bene, sorpresi? Alla sorgente del grande movimento Hippie c’era un sacerdote gesuita, il già menzionato Richard McSorley, meglio conosciuto come “prete marxista” che inventò il “Gesù anti-istituzionale”, quello con i capelli lunghi, con il pollice in alto, il piacione, con la sua filosofia del ma lasciati andare, che male c’è!?”. Nasce, quindi, il vangelo dell’ammmore, della liberazione, della libertà, della prosperità, il Gesù amicone e compagnone, il Gesù rock and roll, il Gesù esistenziale che “esce dalla chiesa” e dai tabernacoli per tuffarsi in mezzo alla gente in godibili musical…

_08-dossier-gesuiti-parte-prima-5Avete forse dimenticato il movie-musical Jesus Christ Superstar[27] del 1973? Il Gesù che rischia tutto e che non si preoccupa di scandalizzare i “carta pecoriti” conservatori della ChiesaAria nuova, spiriti nuovi, venti nuovi… Gesù si rinnova: non insegna più ma dialoga abbracciando tutti indistintamente, a prescindere dallo stato di peccato in cui l’uomo si trova. Anzi, il peccato cessa di esistere, il peccato è tutto ciò che rigetta questo “vento nuovo”. Sfidiamo chiunque a non trovare, oggi, tutto questo nella Chiesa e nelle sue moderne pastorali! McSorley inventa il Gesù “del popolo”, mentre Rahner aveva già impostato la nuova chiesa del popolo e, se esiste una chiesa del popolo, ci deve essere, ovviamente, anche una teologia del popolo.









 

[Modificato da Caterina63 01/02/2017 15:09]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Tra i vari istituti religiosi interpellati dalla Segreteria di Stato nel 1959 per fornire “piattaforme teologiche” al “Vaticano II” vi furono anche le università pontificie: furono quasi tutte all’altezza, tranne il Pontificio Istituto Biblico di Roma già ampiamente infetto dalla lue modernistica e poche altre. Qui di seguito la nostra traduzione dell’intervento del Pontificio Ateneo Antoniano. L’ateneo antoniano propone che il “Vaticano II” formuli un ampio “sillabo” di condanna di tutti gli errori e le eresie del Novecento. Proponiamo la lettura di questo fecondo documento ai lettori di Radio Spada. (a cura di Piergiorgio Seveso)


“Tra tutti gli errori che manifestano aspetti teorici e pratici, nella Chiesa oggi, produce i maggiori danni quella che viene chiamata dallo stesso Sommo Pontefice Pio XII “la nuova morale”. […] Vi sono alcuni chiari documenti del Magistero Ecclesiastico che devono essere tenuti ben presenti, soppesando questo nuovo errore. […] Papa Pio XI nell’enciclica “Ubi arcanum” ai numeri 23 e 24, dove parla di modernismo mirale, giuridico e sociale afferma: “Se non che quelle stesse sociali vicende che crearono ed accrebbero la necessità della accennata cooperazione del clero e del laicato, hanno pure creato pericoli nuovi e più gravi: sono idee non rette e non sani sentimenti… gli stessi alunni del Santuario non ne sono immuni… Molti sono infatti quelli che credono o dicono di tenere le dottrine cattoliche sull’autorità sociale, sul diritto di proprietà, sui rapporti tra capitale e lavoro, sui diritti degli operai, sulle relazioni tra Chiesa e Stato, fra religione e patria, fra classe e classe, fra nazione e nazione, sui diritti della Santa Sede e le prerogative del Romano Pontefice e dell’Episcopato, sui diritti sociali di Gesù Cristo stesso, Creatore, Redentore, Signore degli individui e dei popoli. Ma poi parlano, scrivono, e quel che è peggio, operano come se non fossero più da seguire, o non con il rigore di prima, le dottrine e le prescrizioni solennemente richiamate ed inculcate in tanti documenti pontifici”. Così Pio XII nei discorsi del 23 marzo 1952 e 18 aprile 1952 (Acta Apostolicae Sedis 34, 1952, pp. 270-278, 413-419).


Così il Santo Uffizio nell’Istruzione del 2 febbraio 1956 contro “l’etica della situazione”. […] Se guardiamo con attenzione alle parole del Sommo Pontefice, possiamo descrivere la “morale nuova” nel seguente modo: è il tentativo di innovare la morale cattolica, sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista dei casi concreti, sia dal punto di vista della pastorale. […] Per quanto riguarda i principi, la “nuova morale” vuole l’indipendenza dell’ordine morale soggettivo da quello oggettivo. Pretende che in concreto non si diano azioni intrinsecamente cattive (per tutti e per sempre), che la coscienza individuale sia la norma misurante e non come in realtà è, misurata della moralità e che non si debba dare la necessaria dipendenza dall’autorità della Chiesa per formarsi un giudizio sulle proprie azioni. Per quanto riguarda i singoli casi: poiché non si darebbero azioni intrinsecamente cattive in concreto, quei casi che nella tradizionale casuistica cattolica vengano definiti, sempre e per tutti, illeciti, possono talvolta essere leciti ed in alcuni casi giustificati. Perciò si afferma, in base a considerazioni della propria “coscienza”, la liceità morale dell’aborto, della perdita della fede cattolica, dell’onanismo coniugale, delle relazioni carnali tra i fidanzati, del vizio solitario presso i giovani… (come dice il Papa Pio XII). Per quanto riguarda la pastorale vogliono nuovi metodi, quasi che la Chiesa avesse errato per secoli in relazione a questo problema. Oppongono la morale “evangelica” e una morale “d’amore” alla morale cattolica di oggi. Pretendono che non sia lecito esporre i precetti della legge divina in forma negativa: ma solo in forma positiva. Alcuni addirittura pretendono che il sacerdote sia da ritenersi inetto e inidoneo alla cura delle anime, se non conosca a fondo le scienze moderne della psicologia e della (cosiddetta) psicanalisi.


Origini della “nuova morale”.


Già Abelardo e la sua scuola pretendeva che la moralità dipendesse unicamente dall’intenzione di chi agisce e non dall’oggetto. Sarebbe lungo aggiungere testi: ci sono vasti studi sull’argomento. Possiamo poi indicare alcuni come fonti remote e prossime di questa “morale”: i filosofi moderni (kantiani ed esistenzialisti: Kant,  Kierkegaard, Unamuno, Sartre, Griesebach, Husserl, Max Scheler…; l’influsso dei teologi protestanti Barth, Brunner; alcuni autori cattolici (si nominano solo quelli già condannati dal Santo Offizio all’Indice dei libri proibiti: Ernest Michel, Hesnard, Marc Oraison).


Espressioni e manifestazioni della “morale nuova” si hanno: nella vita individuale, familiare e sociale (ad esempio, il numero elevato di cattolici che votano per i comunisti, nonostante le proibizioni del magistero. Essi credono di poter formare la propria coscienza innanzi a Dio, indipendentemente dalla voce del Magistero. Pur non negando teoricamente Dio e la Chiesa, praticamente seguono i dettami della “morale nuova”). Espressioni connesse con questa “morale nuova” sembrano poter essere quelle associazioni che direttamente vogliono un mondo moralmente migliore ma indipendentemente dal Magistero della Chiesa: associazioni indifferentiste e indipendenti come il Rotary Club, di origine protestantica”.


I professori del Pontificio Ateneo Antoniano continuano, proponendo una CONDANNA precisa della “morale nuova” e di chi ritiene che l’insegnamento, anche in forma negativa, non sia l’insegnamento di Cristo. Aggiungono poi che è necessaria una forte messa a punto del valore delle Encicliche e dei Discorsi Pontifici: sembra qui adombrata la richiesta di procedere alla proclamazione in sede conciliare, dell’infallibilità del Magistero ordinario Pontificio (già verità teologicamente certa). Dopo alcune questioni minori, riguardo la necessita di un continuo aggiornamento casuistico dei sacerdoti, l’Ateneo Antoniano propone un elenco di errori, connessi a vario titolo con la “morale nuova” da condannare in un nuovo Sillabo:


1 Umanesimo ateo o agnostico;


2 Naturalismo (secondo la “Quanta Cura” e il Syllabus di Papa Pio IX, le encicliche “Libertas”, “Inimica Vis”, “Immortale Dei” di Papa Leone XIII, “Casti connubii” e “Divini illius Magisteri” di Papa Pio XI);


3 Razionalismo conoscitivo e morale;


4 Indifferentismo religioso e morale (secondo la “Mirari Vos” di Papa Gregorio XVI e altri documenti fino a Pio XII);


5 Agnosticismo religioso e morale (secondo, tra gli altri, la “Quadragesimo anno” di Papa Pio XI);
6 Supernaturalismo (secondo il discorso di Papa Pio XII del 3 settembre 1952);

7 Spiritualismo (secondo il discorso di Papa Pio XII dell’ 11 settembre 1947);

8 Americanismo (secondo la lettera di Papa Leone XIII al cardinale Gibbons);

9 Laicismo (secondo l’Enciclica “Quas primas” di Papa Pio XI);

10 Esistenzialismo (secondo svariati discorsi di Papa Pio XII);

11 Attualismo etico, soggettivismo etico, modernismo etico;

12 Psicologismo (secondo svariati discorsi di Papa Pio XII;

13 Pedagogismo (secondo la “Divini illius Magisteri” di Papa Pio XI);

14 Odio Razziale (secondo lo spirito della “Mit Brennender Sorge” e altri discorsi di Papa Pio XI);

 15 Eugenismo (secondo la “Casti connubi” di Papa Pio XI e il discorso di Papa Pio XII del 20 settembre 1949);

16 Femminismo;

17 Nudismo e società nudistiche;

18 Comunismo, Marxismo, Collettivismo (qui il numero è troppo elevato: citismo solo la «Divini Redemptoris” di Papa Pio XI);

19 Socialismo (secondo le Encicliche “Noscitis et nobiscum” di Papa Pio IX, “Quod apostolici muneris” di Papa Leone XIII, “Il fermo proposito” di San Pio X, lettera “Libenter admodum” di Benedetto XV etc. etc.);

20 Totalitasmo e Statolatria assolutistica;

21 Liberalismo (secondo il Magistero di tutti i Papi a partire da Pio IX);

22 Spiritismo e relative pratiche (secondo l’Enciclica “Supremae” di Papa Pio IX);

23 Teosofismo (secondo il decreto di Santo Offizio del 24 aprile 1917);

24 Irenismo morale (secondo i discorsi di Papa Pio XII);

25 Falso misticismo (secondo l’Enciclica “Mystici Corporis” di Papa Pio XII);

26 Interiorismo (secondo i discorsi di Papa Pio XII).

Come vedete il Pontificio Ateneo Antoniano aveva fatto la sua parte, poi passò il tornado roncalliano: rimasero le macerie.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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ALCUNE ADDOLORATE OBIEZIONI A PADRE TIMOTHY RADCLIFFE, CHE DOVREBBE ESPRIMERSI  COME L’EX MAESTRO GENERALE DELL’ORDINE DOMENICANO, NON COME IL MAESTRO DI UNA LOGGIA MASSONICA

Mi meraviglia in un Domenicano questa imprecisione di linguaggio, che fa pensare ad una visione relativistica ed indifferentista della religione. Egli sembra confondere la fede con l’opinione. Le opinioni possono essere molte, anche in contrasto di loro, e questo è normale. Ma la fede in Dio è una sola, così come la verità è una sola, perché è verità oggettiva, certa, assoluta ed universale.

Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

   PDF  articolo formato stampa






l’ex Maestro Generale dell’Ordine dei Frati Predicatori Padre Timothy Radcliff, O.P.

Essendo rimasto perplesso per varie risposte, un Lettore mi ha inviato il testo di una intervista fatta da Alain Elkann al Padre Timothy Radcliffe, ex Maestro Generale dell’Ordine dei Frati Predicatori, al quale io appartengo, chiedendomi un parere in tal senso  [cf. intervista su La StampaQUI].

.

Mi sono piaciute alcune cose che egli ha detto, come l’importanza dell’amore per la verità e per il silenzio, la bellezza della  fede nel suo rapporto con la ragione, la vita fraterna domenicana, che ogni uomo è fatto per raggiungere Dio e quindi chiamato alla salvezza e la convivenza pacifica dei fedeli delle varie religioni. Non mi sento invece di condividere alcune sue affermazioni, che riporto qui con le mie relative osservazioni. Do un numero alle parole del Padre Timothy Radcliffe, e di seguito metto le mie osservazioni.

 

  1. Alla domanda dell’intervistatore: «Lei pensa che tutte le religioni siano mezzi per raggiungere lo stesso luogo?» Padre Timothy Radcliffe risponde: «Sarei lieto di dirlo, ma è oltre la nostra capacità di comprensione».

 

Io avrei risposto precisando che tutte le religioni sono mezzi umani più o meno imperfetti per raggiungere Dio. Ma solo la religione cristiana cattolica tra tutte è la più elevata, perché fondata dallo stesso Figlio di Dio, Gesù Cristo, Mediatore Unico e perfetto, Che ci fa sapere che Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo.

 

  1. «Le guerre fanno parte della storia dell’umanità e in guerra si usa ogni mezzo per vincere, tanto il nazionalismo quanto la religione. Non è corretto dire che c’è la religione all’origine della guerra. Direi piuttosto che gli esseri umani hanno coltivato la violenza usando la religione per imporla o per giustificarla».

Faccio osservare che Padre Timothy Radcliffe fa una falsa generalizzazione. La guerra può avere un fine giusto: per esempio, la difesa della patria, la liberazione di un popolo oppresso, l’abbattimento di un regime tirannico, la riconquista di un territorio occupato dal nemico, la liberazione dei cristiani dall’oppressione degli islamici o dei comunisti.

Non bisogna confondere la violenza col giusto uso della forza. La violenza è ingiustizia e viene punita dal codice civile e militare; il giusto uso della forza è atto di fortezza che può giungere all’eroismo ed è il principio del valor militare, degno del massimo onore. Il disprezzo o la condanna indiscriminata della guerra come tale, senza distinguere quella giusta da quella ingiusta, è segno di animo meschino, pavido e falsamente pacifico, che finisce per tollerare che i prepotenti opprimano i deboli e li lascino indifesi. La difesa della religione può giustificare una guerra, come avvenne per esempio nella battaglia di Lepanto o nelle guerre di Israele narrate dall’Antico Testamento, anche se è vero che la religione può essere un pretesto che nasconde avidità di potere o volontà di dominio, come fu la guerra dei prìncipi luterani contro la Chiesa per impossessarsi dei beni della Chiesa.

Non è vero, pertanto, come pensava Karl Marx, che le guerre avvengono sempre per interessi materiali, e che quelli ideali servono solo a coprire i primi. Anche questa idea è segno di animo gretto e barbaro, che non capisce che l’uomo non è una bestia, ma tiene all’onore, alla giustizia e al diritto.

Si nota nelle idee pacifiste di Padre Timothy Radcliffe l’utopismo razionalista ed ingenuo e alla fine, al di là delle intenzioni, pericoloso e guerrafondaio, tipico di Rousseau e dell’illuminismo massonico, che considera una “natura umana” elaborata a tavolino, astrattamente presa ed originariamente “buona”, a prescindere dalla sua drammatica condizione storica, conseguente al peccato originale, natura che invece ha bisogno di essere disciplinata e frenata, all’occorrenza, anche con severità. Infatti, come insegna l’esperienza, l’umanità con le sole forze della ragione e della volontà non è in grado di correggere le deviazioni e di realizzare perfettamente, attraverso opportune trattative ed azioni politiche, la giustizia e la pace, peraltro in una prospettiva meramente terrena, ma necessita dell’aiuto della grazia, come dimostra la storia della civiltà cristiana e della Chiesa.

 

  1. «Sono un grande fan di Papa Francesco, sta compiendo meraviglie facendo progredire la Chiesa in modo più rilassato e meno centralizzato. Certo, incontra resistenza, ma ci sta guidando verso la libertà e la spontaneità, riuscendo a entrare in contatto con ogni comunità».

 

Dal modo col quale Padre Timothy Radcliffe qualifica se stesso nei confronti del Romano Pontefice, ‒ «fan di Papa Francesco» ‒ come se si trattasse un divo del cinema o di un campione dello sport, si comprende all’evidenza che la visuale sotto la quale egli si pone per considerare e valutare l’operato del Papa, è del tutto insufficiente e fuorviante, è di una grossolana superficialità e meraviglia moltissimo in un Domenicano che è stato capo dell’Ordine per quasi dieci anni.

Per questo il giudizio di Padre Timothy Radcliffe sul Papa è completamente falsato e denota chiaramente la sua provenienza da quel deleterio ambiente modernista-liberal-massonico, che con somma astuzia e ingentissimi mezzi economici e mediatici, da tempo ormai esercita, nei confronti del Successore di Pietro, una raffinata quanto sporca e smaccata opera di adulazione e finta devozione, che purtroppo non manca di produrre un certo effetto sulle grandi masse di fedeli sprovveduti e secolarizzati, nonché sul Papa stesso, la cui guida della Chiesa gli è estremamente difficile sia per l’oggettiva drammatica esistenza di aspri conflitti intra-ecclesiali e sia per la difficoltà che egli ha a metter pace e concordia, sia per una sua certa mancanza di imparzialità e sia ancor più a causa di collaboratori inefficienti e finti amici, che lo circuiscono e lo condizionano.

Padre Timothy Radcliffe, con le sue dichiarazioni, dà mostra di errare nell’interpretare l’azione del Papa e di non comprenderne affatto ‒ cosa grave in un Domenicano ‒ né la vera personalità e missione apostolica e neppure di comprendere la vera, drammatica situazione attuale della Chiesa, più volte denunciata da Benedetto XVI, ma anche la Chiesa nelle sue vere prospettive e speranze.

Padre Timothy Radcliffe, da come si esprime, sembra vivere in un’atmosfera ovattata e sognante, fatta di ingenui entusiasmi giovanili, senza percepire assolutamente ‒ oggi che si parla tanto di ”discernimento” ‒  né la profondità della crisi, né quella dei valori che stanno emergendo, che sono quelli di un’autentica attuazione del Concilio Vaticano II, non nell’interpretazione modernista schillebexiana e rahneriana, ma secondo gli insegnamenti autentici dei Papi del post-concilio, dal Beato Paolo VI al presente, non senza essere in continuità con la Tradizione nell’ascolto supremo della Parola di Dio e di quello che lo «Spirito dice alle Chiese» [Ap 2,7]. E quando dico “tradizione” non intendo riferirmi al Vetus Ordo Missae, ma alla Sacra Tradizione, ossia alla custodia, conservazione e trasmissione apostolica orale infallibile del dato rivelato: in sostanza, alla predicazione del Vangelo.

Oggi il Papa non ha bisogno di «fans » – questi lasciamoli alle partite di calcio, la fede è una cosa seria –, neppure di acri accusatori farisei, non ha bisogno di essere lisciato e coccolato, non ha bisogno di essere “corretto” nella retta fede, anzi chiede a noi di ascoltarlo come maestro della fede e interprete infallibile della Tradizione e della Scrittura, nonché ha bisogno di essere aiutato e consigliato da collaboratori leali, saggi ed efficienti, che non diano scandalo al popolo di Dio. Ha bisogno di essere illuminato, confortato, consolato, incoraggiato e liberato dai Giuda, dagli intrallazzatori e dagli arrivisti, che l’attorniano come api attorno al miele. Sull’esempio di una Santa Caterina da Siena il Papa ha bisogno di essere insistentemente esortato con franchezza, carità e rispetto a compiere il suo dovere per l’onore di Cristo e il bene della Chiesa.

Padre Timothy Radcliffe si immagina un Papa promotore di una Chiesa “rilassata” come il tale che, comodamente rilassato in poltrona, si gode uno spettacolo televisivo. La sua Chiesa ”decentralizzata” è un eufemismo pietoso ma non troppo, per celare o ignorare  lo stato confusionale nel quale oggi la Chiesa si trova in un bellum omnium contra omnes tra cardinali, vescovi, teologi, preti e religiosi in temi di fede e di morale.

Secondo Padre Timothy Radcliffe Papa Francesco ci sta guidando verso una Chiesa «libera e spontanea». Ma per raggiungere tal fine,  non c’è bisogno del Successore di Pietro: basta un buon trattato di psicologia. Il Papa guida la Chiesa ben più in alto:  all’ascolto della Parola di Dio, all’imitazione di Cristo, alla liberazione dal peccato, alla vita di grazia, alla vittoria sul mondo e su Satana, alla comunione dei santi, all’esercizio della carità, alla perfezione evangelica, alla disponibilità alle sollecitazioni dello Spirito Santo, alla conquista del Regno di Dio, all’eterna beatitudine.

«Il Papa riesce ad entrare in contatto con ogni comunità»? Certo, egli è il Padre comune di tutti figli di Dio, è mandato da Cristo ad annunciare il Vangelo a tutto il mondo, deve comprendere i bisogni più profondi di tutti, deve saper apprezzare i valori di tutte le religioni, deve inviare a Cristo coloro che sono «affaticati ed oppressi» [Mt 11,28].

Il Papa dimostra certo una straordinaria energia ed attitudine nel contatto con le folle. Ma esse, fuorviate da una interpretazione secolaristica dell’azione del Papa ad opera dei grandi mass-media, interpretazione che il Papa stesso non pare sufficientemente smentire, che cosa poi vedono nel Papa? Il simpatico propagandista di una morale ”rilassata” o l’uomo di Dio che ci sollecita a guardare in alto? Se il Papa «incontra resistenze», dovrebbe chiedersi che cosa esse significano. Certo ci sono i soliti lefebvriani e farisei; ma c’è anche chi gli vuole bene ed è sincero amico e desidera vederlo tendere alla santità.

  1. Dobbiamo pregare per la fratellanza fra le fedi, non fomentare le divisioni.

Mi meraviglia in un Domenicano questa imprecisione di linguaggio, che fa pensare ad una visione relativistica ed indifferentista della religione. Egli sembra confondere la fede con l’opinione. Le opinioni possono essere molte, anche in contrasto di loro, e questo è normale. Ma la fede in Dio è una sola, così come la verità è una sola, perché è verità oggettiva, certa, assoluta ed universale.

Bisogna dunque favorire la fratellanza tra i fedeli delle diverse religioni.Non ha senso invece parlare di «fratellanza fra le fedi», come non ha senso la fratellanza tra il vero e il falso. Non si deve dividere ciò che dev’essere unito, ma si deve dividere ciò che va separato. Lo spirito di pace non è fare il doppio gioco o servire due padroni. In tal senso Cristo dice di essere venuto a portare una «spada» [Mt 10,34].

«Chi non è con me» – dice il Signore [Mt 12,30] – «è contro di me». Se il Corano nega ciò che insegna Cristo, non possono contemporaneamente aver ragione Cristo e il Corano. Per conseguenza, le religioni non sono come i partiti in un parlamento o la pluralità degli istituti religiosi all’interno della Chiesa Cattolica. In questi casi le varie formazioni si integrano e si completano a vicenda per rappresentare la totalità: o l’intera cittadinanza di una nazione o l’intero corpo ecclesiale.

Invece la questione del rapporto fra le religioni non è di ordine semplicemente sociale; non è semplicemente di competenza dello Stato, in applicazione del diritto di libertà religiosa, per cui lo Stato deve curare la pacifica convivenza dei gruppi in esso esistenti; non si tratta solo di rispettare le diversità tra le religioni, ma più profondamente la questione tocca il problema della verità delle dottrine delle religioni. E su questo punto il Domenicano dovrebbe essere particolarmente sensibile. Al riguardo, dobbiamo dire che la Chiesa Cattolica riconosce la presenza di valori salvifici anche nelle altre religioni, misti tuttavia ad errori. Infatti, la pienezza della verità salvifica è patrimonio esclusivo della dottrina cattolica, come afferma ancora il Concilio Vaticano II nel decreto Unitatis redintegratio II.

Per questo la Chiesa ha anche il compito di respingere o correggere gli errori contenuti nelle altre religioni, perché tutti gli uomini sono chiamati a convertirsi a Cristo per il tramite della Chiesa, come ha precisato il Concilio di Firenze nel 1442, anche se è possibile, come ha insegnato il Concilio Vaticano II, appartenere alla Chiesa in modo inconscio.

Il Padre Timothy Radcliffe sembra dunque condividere la teoria di Edward Schillebeeckx, secondo il quale la vera religione risulta dalla somma di tutte le religioni, per cui ognuna di esse darebbe il suo contributo alla edificazione del tutto, un po’ come un’enciclopedia risulta dai contributi dei collaboratori. Infatti, secondo Schillebeeckx, “nessuna religione particolare esaurisce il problema della verità”[1]. “Di conseguenza, possiamo e dobbiamo dire che c’è più verità religiosa in tutte le religioni messe assieme che in ogni singola religione”[2]. Questo che vuol dire? Che il Corano aggiunge verità salvifiche che non sono contenute nel Vangelo? Che il Vangelo non può permettersi di correggere il Corano? Schillebeeckx non si rende conto che le verità salvifiche sono state rivelate da Dio per il tramite di Cristo e della Chiesa in un certo numero e raccolte nel Simbolo Apostolico. Le altre religioni non aggiungono nuove verità, che non siano già contenute nel Credo cristiano, ma semmai ne mancano di qualcuna. Per questo, la posizione di Padre Timothy Radcliffe, in quanto riflesso delle idee di Schillebeeckx, non è per nulla conforme alla dottrina della fede, purtroppo!

 

Varazze, 24 novembre 2017

__________________________

[1] Umanità, la storia di Dio, Queriniana 1992, p.215.

[2] Ibid., p.220.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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  DERIVE DELLA NEO CHIESA

Al Credo non ci credo: il prete ora è libero di non avere fede

ECCLESIA 30-12-2017

Don Fredo durante la messa di Natale

Cronache dalla neo Chiesa. A Torino il parroco - rigorosamente di strada - annuncia alla messa di Natale: «Non dico il Credo perchè non ci credo». A Genova, un altro prete “ribelle” cancella le messe della Natività e di Maria Madre di Dio. Libertà di una cattiva teologia che sta avvelenando la fede dei semplici. E alla quale nessuno porrà freni. Invece, per i sacerdoti che esprimono dubbi su alcune derive recenti scatta la sospensione a divinis...

Cronache dalla neo Chiesa: «Io al Credo non ci credo». I fedeli della chiesa di San Rocco di Torino, radunati per la messa di mezzanotte si sono lasciati sfuggire una risatina di complicità. E così il parroco, don Fredo Olivero, ha annunciato in sostituzione il canto Dolce sentire. Insomma: un canto ispirato al Cantico delle creature come sostitutivo del Credo, che rappresenta l’ossatura fondante della fede di ogni battezzato. 

Ora, si potrebbe anche alzare le mani e dire: bè, con queste premesse, ha vinto lui. Anni e anni a tentare di camuffare articoli scomodi o parti della messa troppo farraginose e poi arriva lui con la soluzione gordiana: perché non toglierlo del tutto? Chapeau, effettivamente… La cattiva teologia che si mangia la dottrina ha toccato vette sublimi l’altra sera durante una messa che definire show è eufemistico: liturgia eucaristica modificata alla bisogna, comunione distribuita solo da ministri straordinari, anzi, fatta prendere in mano dai fedeli che l’hanno intinta personalmente nel calice, un Padre nostro condiviso con il più profano canto spagnoleggiante ricalcato da Sound of silence di Simon & Garfunkel. Liturgia anni ’70 allo stato puro, mancavano solo i cantori con zampa d’elefante. 

Invece è l’anno del Signore 2017 che ci consegna l’ultima frontiera della messa fai da te, presentata con il viso pacioso e rassicurante di un parroco con 50 anni di messa alle spalle che si dice molto attivo nel sociale e che a quelle latitudini viene chiamato con terminologia ecclesialmente corretta “un prete di strada”, perché si occupa di migranti e perché anche recentemente ha detto di voler modificare il concetto di transustanziazione.

Ovviamente criticarlo non si può, un po’ perché non si possono criticare i preti che si spendono nel sociale, anche se nel toccare le cose divine utilizzano zappa e vanga, e poi perché oggi, nella neo Chiesa, non si può prendere di mira chi attenta alla dottrina. Semmai, bisogna punire chi sommessamente fa notare che qualche cosa non va, come testimoniano i provvedimenti presi nei confronti di don Minutella o che c’è una verità di Dio sull’uomo che non cambia, come don Pusceddu. 

La sorpresa arriva al minuto 26,50 dopo un’omelia giocata ad invitare i genitori a trasmettere la fede ai figli, ma «smettendo di parlare loro dell’inferno che non serve a nessuno e fa male». 

Il cantore annuncia il canto del Credo: «Dolce sentire, pagina 39». Don Fredo attacca per primo: «Sapete perché non dico il Credo? Perché non ci credo». Risate dei fedeli. Poi riprende: Se qualcuno lo capisce…, ma io dopo tanti anni ho capito che era una cosa che non capivo e che non potevo accettare. Cantiamo qualche cos’altro che dica le cose essenziali della fede». 

A Torino non è andata poi così male. A Genova ad esempio un altro prete di frontiera, ma con rubrica fissa su Repubblica, don Paolo Farinella, ha annunciato dalle colonne del giornale di aver cancellato per quest’anno la celebrazione del Natale, del 1 gennaio (Maria Madre di Dio) e del 6 gennaio, l’Epifania. In pratica ha detto no alle feste comandate. Perché? Perché il Natale è diventata «una favoletta da presepe con ninne-nanne e zampogne, esclusivo supporto di un'economia capitalista e consumista, trasformando l'intero Cristianesimo in “religione civile”». 

Curioso. Anche solo dieci anni fa, non un passato lontanissimo, un prete che si opponeva di affermare le verità principali della fede cattolica o ad abolire a piacere le feste comandate sarebbe stato sospeso a divinis, oggi invece quasi quasi lo fanno monsignore. O comunque non gli succederà nulla. Magari il suo vescovo allargherà le braccia e sospirerà: «Vabbè, lo conosciamo, l'ho richiamato venti volte, ma lui fa così. In fondo è un mio figlio anche lui». Umanamente comprensibile, ma sicuri che non ci sia dell'altro? Invece il problema è tremendamente serio e non solo per questo povero sacerdote che ammettendo di non accettare le verità della fede cattolica semplicemente ammette di non avere fede. 

Ma anche per le pecorelle che gli sono affidate: che cosa insegnare ai bambini del catechismo se lui per primo questa fede ammette di non averla? E quale fede poi? Di che cosa stiamo parlando? Di un sentimento vago e mellifluo all’insegna del vogliamoci bene? 

La questione del Credo è invece strettamente connessa con la fede. E non è un caso che il Catechismo della Chiesa Cattolica dedichi la sua primissima parte proprio a questo. Perché il Credo è “la risposta dell’uomo a Dio”. Una risposta che è la fede e con la quale l’uomo si sottomette pienamente a Dio. E’ quella che il primo articolo del Catechismo chiama l’obbedienza della fede sull’esempio di Abramo e Maria. Credere in un solo Dio, in Gesù Cristo figlio di Dio, nello Spirito Santo. E poi credere in tutte le altre verità sotto forma di professione di fede, dall’Incarnazione alla Resurrezione fino alla comunione dei santi e la vita eterna. 

Don Fredo e don Farinella voglino rinunciare a tutta questa raccolta organica di verità che va sotto il nome di simbolo? Facciano, ma perché utilizzare il loro ruolo che gli consente di essere pastori per le anime che sono loro affidate? Una volta si sarebbe detto ciechi che guidano altri ciechi. Che cosa resta a un sacerdote che pubblicamente disconosce tutto questo? Resta probabilmente soltanto la sua narcisistica volontà di potenza di imporre una religione in forma ideologica, che è però tremendamente umana, ma con il candore e la pacifica verve del buon parroco tanto engagé. E’ da lupi di questo tenore travestiti da candidi agnelli che il fedele dovrebbe guardarsi. Perché stanno lentamente segando il ramo sul quale si sono seduti con loro. 




Fraternamente CaterinaLD

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