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Lettere di Santa Caterina da Siena da 153 a 231 (3)

Ultimo Aggiornamento: 03/12/2022 10:39
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   LETTERE di Santa Caterina da Siena dalla 1 alla 71 (1)


 CLICCA QUI PER: Libro Secondo  -  numerate da 72 a 152


 


Libro Terzo



                                                                                                                                 
CCXVIII

A Gregorio XI
                         
 
 
 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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CLIII  (153)- A monna Caterina, a monna Orsola, e altre donne in Pisa


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnate e annegate nel sangue dello svenato Agnello, considerando me, che nel sangue abbiamo la vita. E però io voglio, dilettissime figliuole, che apriate l'occhio dello intellettoa ragguardare nel vasello del cognoscimento di voi. Nel quale cognoscimento trovate voi, essere uno vasello dove si riceve questo glorioso e prezioso sangue, perocché nel sangue è unita la natura divina intrisa col fuoco dellacarità. E però l'anima che ragguarda nel vasello del cognoscimento di sé, trova questo sangue, il quale Dio ha dato per mezzo del Figliuolo suo. E perché il sangue fu sparto solo per lo peccato, però vi trova il cognoscimento di sé; a vedendosi difettuosa, vede ancora nel sangue la divina giustizia; perocché per fare giustizia del peccato commesso, sparse il sangue suo. E cognosce allora l'anima che l'eterna volontà di Dio non cerca né vuole altro che la sua santificazione; perocché, se egli avesse voluto altro che il nostro bene, non avrebbe dato la vita. Adunque specchiatevi nel sangue che trovate nel vasello di voi medesime.


Aprite, aprite l'occhio dello intelletto nella potenzia del Padre eterno, il quale trovate in questo sangue per l'unione della natura divina nella natura umana. Troveretevi ancora la sapienzia del Figliuolo, nella quale sapienzia cognoscerete la somma ed eterna sua bontà, e la miseria nostra; trovando la clemenzia dello Spirito Santo il quale fu quello legame, che unì Dio nell'uomo, a l'uomo in Dio; a tenne confitto e chiavellato questo Verbo in sul legno della santissima croce. E così s'empirà a distenderà la volontà vostra ad amare; e per siffatto modo vi legherete con Cristo crocifisso, che né dimonio né creatura non ve ne potranno mai separare; ma ogni contrario che vi venisse, vi fortificherà in amore e in unionecon Dio a col prossimo vostro. Perocché nei contrari si prova la virtù; a tanto quanto più è provata nell'anima, tanto è più perfetta questa unione fatta col suo Creatore.


E parendovi forse alcuna volta che le tribolazioni siano cagione di separarvi dall'unione di Dio a dalla virtù, non è però così: anco, sono accrescimento di virtù a d'unione: perocché l'anima savia, del sangue di Cristo crocifisso vestita, quanto più si vede perseguitare a scalcheggiare dal mondo, tanto più leva l'affetto dal mondo. E se elle sono battaglie che elle procedono dal dimonio; elle ci fanno umiliare a levare dal sonno della negligenzia, a fannoci venire a perfetta sollicitudine. Torranvi, sesarete savie a prudenti, ogni ignoranzia: a concepirete uno lume e uno cognoscimento; e per siffatto modo riceverete grazia che non tanto che renda lume in voi, ma renderallo di fuore nell'altre creature per esempioe specchio di virtù. E così adempirete la parola del nostro Salvatore, cioè che noi dobbiamo essere lucerna ardente, che renda lume, a non tenebre.


Orsù dunque, dilettissime figliuole, fate che io non vi senta più dormire, né vi vegga tenebrose per amore proprio, ma con amore ineffabile, nel quale amore cerchiate voi per Dio, il prossimo per Dio, a Dio per Dio, in quanto egli è somma ed eterna Bontà, degno d'essere amato, a non offeso da noi. Altro non dico. Amatevi, amatevi, dilettissime a carissime figliuole, insieme; e legatevi nellegame della vera a ardentissima carità. Permanete nella santa e dolcedilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


 


CLIV - A frate Francesco Tebaldi di Fiorenza, essendo nell'Isola di Gorgona


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissimo a dolcissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voinel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi abitare nella casa del cognoscimento di voi, nel quale cognoscimento acquisterete ogni virtù; a senza questo vivereste in ogni male e senza veruna ragione. Ma potreste dire a me: «In che modo ci posso entrare? e come mi ci posso conservare dentro?». Rispondovi. Voi sapete che senza il lume in neuno luogo potremo andare se non in tenebre; dalla qual tenebra saremooffesi: e in questa tenebra non potreste cognoscere la vostra necessità di quello che vi bisogna tra via. Noi siamo tutti viandanti e peregrini, posti nella strada della dottrina di Cristo crocifisso. Chiva con comandamenti nella carità comune; e chi va per gli consigli, per la carità perfetta, non scordandosi però dei comandamenti. Per questa via neuno può andare senza il lume; perocché non avendo lume, non potrebbe vedere il luogo dove gli conviene riposare, nel quale luogo può discernere chi l'offende e chi 'l sovviene.


Questo luogo è la casa del cognoscimento santo di sé; la quale casa l'anima vede col lume della santissima fede che sta nella strada della dottrina di Cristo crocifisso. Cioè, che colui che vuole seguitare, subito entra in sé medesimo. In questa casa truova il principale nemico suo, che' l vuole offendere, cioè la propria sensualità, ricoperto col manto dell'amore proprio. Il quale nemico ha due principali compagni, con molti altri vassalli d'intorno. L'uno è il mondo con le vanità a delizie sue, il quale s'è fatto amico dell'appetito sensitivo che disordinatamente desidera; l'altro è il dimonio co' suoi inganni a con false a diverse cogitazioni a molestie, alle quali lavolontà sensitiva è inchinevole, che volontariamente si diletta in esse cogitazioni per qualunque modo il dimonio gli le ponesse innanzi. Questi principali nemici hanno molti servitori, che tutti stanno per offendere l'anima, se per lo lume non è discreta a ponerci rimedio. E però la ragione trae fuora il lume della santissima fede, eintra in casa, e signoreggia la propria sensualità; perché ha veduto ch'ella non cerca né vuole altro che la morte sua; a però s'è accompagnata co' falsi suoi nemici. Questo ha cognosciuto col lume:e però con impeto si leva; e trae fuora il coltello dell'odio d'essa sensualità, a dell'amore delle vere a reali virtù, e con esso l'uccide.


Morto questo, tutti gli altri rimangono sconfitti: ché neuno il può offendere se egli non vuole. Con questo lume vede chi è quello che l'ha sovvenuto e campato dalla morte e ridottolo a vita: vede ch'è il fuoco della divina carità; perocché Dio per amore diè la virtù a potenzia all'anima, che con la forza della ragione salisse in su la sedia della coscienzia, e con la sapienzia del Verbo, che egli le fece participare, desse la sentenzia che la sensualità fosse morta. La volontà che participa la clemenzia dello Spirito Santo, a le dolcevolontà di Dio, col coltellosopraddetto a con la mano del libero arbitrio l'uccida. Vedendo che Dio è il suo rimedio, sovvenitore ed aitatore, cresce l'anima, in questa casa del cognoscimento di sé, in uno lume della verità a in uno fuoco inestimabile ineffabile e incomprensibile, che arde e consuma ciò che fusse nella casa contra la ragione; consumando nella fornace della carità di Dio e del prossimo l'acqua dell'amore proprio spirituale e temporale. In tanto che veruna cosa cerca l'affetto dell'anime, se non Cristo crocifisso; volendolo seguitare per la via delle pene, a modo di Dio, e non a modo suo; libero libero si lassa guidare alle dolcevolontà di Dio.


Allora i nemici nol possono offendere. égli bene data licenzia dal giusto Signore, che percuotano alla porta: e questo permette egli, perché più sia sollicita la guardia anon dormire nel letto della negligenzia, ma prudentemente vegghi; e anco per provare se questa casa è forte o no, acciocché, non trovandosi forte, abbia materia di fortificarsi, e col lume vedere chi la fa forte e perseverante; e poiché l'ha veduto, con grande sollicitudine la stringa a sé. Quale è quella cosa che ci fai forti a perseveranti? é l'orazione umile e continua, fatta nella casa del cognoscimento di sé e della bontà di Dio in sé. Facendola fuore di questa casa, l'anima n'averebbe poco frutto.


Questa orazione ha per suo fondamento l'umilità; la quale umilità s'acquista in questa casa sopraddetta; e è vestita del fuoco della divina carità; la quale si trova nelcognoscimento che aviamo di Dio, quando col lume l'anima ragguarda sé essere amata inestimabilmente da lui. Il quale amore prova ed ènne certificata nella propria creazione, vedendosi creata per amore alla imagine e similitudine di Dio; e nella seconda si vide ricreato a grazia nel sangue dello immacolato Agnello. Queste sono due principali grazie che rinchiudono in sé ogni altra grazia spirituale e temporale, particolare e generale. E così con questo lume si veste di fuoco. A mano a mano séguita la lagrima; perché l'occhio, quando sente il dolore del cuore, gli vuole satisfare, e geme, siccome il legnoverde quando è messo nel fuoco, che per lo grande calore gitta l'acqua. Così l'anima che sente il fuoco della divina carità, il desiderio e l'affetto suo stanno nel fuoco, el'occhio piange, mostrando di fuore quella particella che gli è possibile di quello che è dentro. Questa procede da diversi sentimenti dentro, secondo che le è porto dall'affetto dell'anima: siccome voi sapete che si contiene nel Trattato delle Lagrime; e però in questo non mi stendo più.


Ritorno breve breve all'orazione: breve ve ne dico, perché distesamente l'avete. In tre modi potiamo intendere, orare. L'uomo è orazione continua, alla quale ogni creatura che ha in sé ragione è obbligata. Questo è il fuoco a vero desiderio fondato nella carità di Dio e del prossimo; facendo per onore di Dio tutte le sue operazioni in sé e nel prossimo suo. Questo desiderio sempre òra; cioè òra l'affetto della carità dinanzi al suo Creatorecontinuamente, in ogni luogo e in ogni tempo che l'uomo è, in ciò che egli fa. Che frutto riceve di questo? riceve una tranquillità serena dentro nell'anima, d'una volontà accordata a sottoposta alla ragione; che in neuna cosa si scandalizza. Non gli è dura a portare il giogo della vera obedienzia, quando gli sono posti i pesi e gli esercizi manuali, o a servire il fratello suo, secondo i casi etempi che occorrono: per questo già non viene a tedio né in afflizione di mente, e non si lassa ingannare al desiderio dell'anima, che appetisce la cella, la consolazione epace sua. né quando egli vuole orare attualmente, ed egli gli conviene far altro; dico che non si lassa ingannare a questo desiderio, pigliandone pena tediosa a affliggitiva, iria trae fuore l'odore con vera umilità, e il fuocodella carità del prossimo suo. A questa orazione c'invita il glorioso apostolo Paolo, quando dice che noi doviamo orare senza intermissione. E chi non ha questa, neuna ne può avere che gli dia vita. E chi volesse lassare questo per avere la pace sua, perde la pace.


Ed un'altra orazione, cioè orazione vocale, quando vocalmente l'uomo dice il divino Officio, o altre orazioni che voglia dire. Questa è ordinata per giugnere alla mentale; e questo è il frutto che ne riceve, se ella è fondata in su la prima, e con esercizio vi perseveri, sforzando sempre la mente sua a pensare, porgere e ricevere in sé più l'affetto della carità di Dio, che il suono delle parole. E con prudenzia vada: che quando si sente essere visitato nella mente sua, ponga termine alle parole; eccetto l'Officio divino, il quale egli fusse obbligato di dire. E così giunge alla terza, cioè alla mentale, levando lamente e il desiderio suo sopra di sé a una considerazione dell'affetto della carità di Dio e di sé medesimo; dove cognosce la dottrina della verità, gustando il latte della divina dolcezza, il quale latte esce delle mammelle della carità per lo mezzo di Cristo cruciato a passionato. Cioè, che non si diletta di stare altrove che in croce con lui. Da questo giunge e riceve il frutto dell'unitivo stato; dove l'anima viene a tanta unione, che ella non vede più sé per sé, ma sé per Dio, il prossimo per Dio, e Dio per la sua infinita bontà. II quale vede che è degno d'essere amato e servito da noi: e però l'ama senza modo, ma come spasimata corre morta ad ogni volontà perversa; dilettasi di stare nel talamo e cubicolo dello sposo suo, dove Dio manifesta sé medesimo a lei, a dove vede le diverse mansioni che sono nella casa del Re eterno. E però gode e ha in reverenzia ogni modo differente che vedesse nelle sue creature; giudicando in ogni cosa la volontà di Dio, e non la volontà degli uomini. Così è liberata da falso giudicio: che non giudica né si scandalizza nell'operazioni di Dio, né in quelle del prossimo suo.


Il diletto è vita eterna che gusta quest'anima. Dio vel faccia provare per sua infinita misericordia, perocché con lingua né con inchiostro none 'l voglio né posso narrare.


Sicché avete che ci fa perseverare fermi nella casa del cognoscimento di noi; a chi vi ci conduce, a dove lo troviamo.


Detto è che il lume ci guida; trovianla nella dottrina di Cristo crocifisso, come detto è; e l'orazione vi ci serrae conserva dentro. E così è la verità. Adunque voglio, carissimo e dolcissimo figliuolo, che, acciocché potiate compire il voto della santa obedienzia, alla quale novellamente sete intrato, sempre stiate nella casa del cognoscimento di voi; perché in altro rnodo non potreste osservare. E però dissi ch'io desideravo di vedervi in questa casa del cognoscimento. Questa casa, poiché i nemici ne sono cacciati, e morto il principale nemico della volontà sensitiva, ella si riempie e s'adorna dell'adornamento delle virtù. A questo voglio che studiate; perocché non basterebbe se la casa fusse vota a non si riempisse. Io voglio che sempre stiate in questo cognoscimento di voi, e in voi cognoscere il fuoco e la bontà della carità di Dio. Questa è quella cella la quale io voglio che per l'isola e in ogni luogo la portiate con voi in ciò che avete a fare; e non l'abbandoniate mai nel coro, nel refettorio, nella congregazione, negli esercizi; ein ciò che avete a fare vi strigniate in essa. E voglio chenell'orazione attuale sempre si drizzi l'intelletto vostro alla considerazione dell'affetto della carità di Dio più ehe nel dono che vi paresse ricevere da lui, acciocché l'amore sia puro e non mercennaio. E voglio che la cella attuale sia visitata da voi quanto vi permette l'obedienzia; a piuttosto vi dilettiate di stare in cella con guerra, che fuora di cella in pace. Perocché 'l dimonio usa questa arte co' solitari per fargli venire a tedio la cella, didargli più tenebre, battaglie e rnolestie dentro, che di fuore; acciocché ella lor venga in terrore, quasi come la cella fusse cagione delle loro cogitazioni. Sicché per questo non voglio che voltiate il capo a dietro, ma siate costante e perseverante; non stando mai ozioso, ma esercitando il tempo con l'orazione, con la lezione santa, o con esercizio manuale; stando sempre con la memoria piena di Dio, acciocché l'anima non sia presa dall'ozio. E voglio che in ogni cosa giudichiate la volontà di Dio, come di sopra è detto, acciocché dispiacimento né mormorazione non cadesse in voi verso i vostri fratelli. Anco, voglio che l'obedienzia pronta tutta riluca in voi, non in parte né a mezza, ma compitamente; che in neuna cosa ricalcitriate alla volontà dell'Ordine né del prelato vostro; facendovi specchio dell'osservanzia e de' costumi dell'Ordine, studiandovi d'osservarli infino alla morte; dispregiando a tenendo a vile voi medesimo, uccidendo la propria volontà, a mortificando il corpo con quella mortificazione che ha posto l'Ordine. Anco voglio che caritativamente vi sforziate di portare i costumi e le parole, le quali alcuna volta o per illusione del dimonio o per la propria fragilità, o che siano pur così, paiono incomportabili. In tutto si vuole resistere in questo e in ogni altra cosa; a così osservare la parola di Cristo chedice che' l reame del cielo è di coloro che fanno forza a loro medesimi con violenzia.


La memoria voglio che s'empia e stia piena del sangue di Cristo crocifisso, de' beneficii di Dio, e del ricordamento della morte; acciocché cresciate in amore, in timore santo, e in fame del tempo; ragguardandoli con l'occhio dell'intelletto, col lume della santissima fede, acciocché la volontà corra prontamente senza veruno legame di disordinato amore che aveste a veruna cosa fuore di Dio. Anco voglio che quando il dimonio invisibile o visibile o la fragile carne dessero battaglie o ribellioneallo spirito, di qualunque cosa si sia o fusse, voi il manifestiate, aprendo il cuore vostro al priore, se egli v'è, e se non v'è, a un altro al quale ve ne sentiate più disposta lamente di manifestarlo, e che vediate che sia più atto a darvi rimedio. Anco voglio che guardiate che 'l movimento dell'ira non si porga alla lingua, gittando parole rimproccevoli che abbiano a dare scandalo o turbazione; ma la reprensione e l'odio si rivoltino verso voi medesimo.


Queste sono quelle cose le quali Dio e la perfezione che avete eletta, vi richieggono. E io indegna a miserabile vostra madre, cagione di male a non cagione di veruno bene, desidero di vederle nell'anima vostra. Pregovi dunque e stringo per parte di Cristo crocifisso, dolce e buono Gesù, che vi studiate d'osservarle infino alla morte, acciocché siate la gloria mia, e voi riceviate la corona della beatitudine per la lunga perseveranzia, la quale è sola quella che è coronata. Altro non vi dico. Fate sì che io non abbia a piangere e che io non mi richiami di voi a Dio. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


 


 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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07/01/2020 11:29
 
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CLV - A madonna Niera di Gherardo Gambacorti in Pisa


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi, nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vestita del vestimento della divina carità, vero e perfetto amore, sì eper siffatto modo, che ogni altro amore v'esca del cuore e dell'affetto: perché l'anima insiememente di due amori non può esser vestita. Sicché, se ella è vestita del mondo,non può esser vestita di Dio, perché è molto contrario l'uno all'altro. L'amore e l'affetto che è posto nel mondo, ama sé d'amore sensitivo, cerca sempre onore, stato, e ricchezze, delizie, piaceri, consolazioni sensitive; li quali diletti conducono l'anima nella morte eternale. Perocché colui che ama disordinatamente il mondo e e' diletti suoi, sempre è radicato in superbia: e dalla superbianascono tutti e' vizii.


Oh a quanta miseria si reca quel cuore! Tutto s'annega nelle sollicitudini perverse del mondo: egli n'acquista la morte, e perdene la vita della Grazia; viene in tenebre,e perdene il lame; cade nella perversa servitudine del peccato, e così diventa servo a schiavo di quella cosa che non è; e peggio non può avere. Drittamente quest'anima piglia sé medesima, e mettesi in mano de' nemici suoi. Or non voglio così, dilettissima figliuola e figliuolo Gherardo; ma voglio che con una vera a santa sollicitudine spogliate il cuore e l'affetto di questo perverso amore, e vestitelo dell'amore di Cristo crocifisso con perfetta e ardentissima carità, stando sempre in dilezione e in amore col prossimo vostro. Questo amore pieno di letizia, di gaudio e d'ogni soavità, egli ingrassa, ed empie l'anima di virtù; ed apre l'occhio dell'intelletto, e fàlloragguardare, e ponere per obietto Cristo crocifisso, e l'amore ineffabile che egli ci ha. Così con amore s'empie d'amore; e séguita subito le vestigia di quello ch'egli ama; e perché ama Cristo, séguita le vestigie di Cristo, sempre dilettandosi delle virtù. E nelle fadighe si conforma con lui con pazienzia: nella prosperità, e diletti del mondo, stati e grandezze si conforma in dispiacimento; cioè che come Cristo spregiò e' diletti del mondo, così essa anima vestita d'amore li spregia con ogni santa a vera sollicitudine.


Questo fa il divino e santo amore; questo è il vestimento nuziale, il quale ci conviene avere perché siamo invitati alle nozze della vita durabile. E però vi dissi cheio desideravo vedervi vestiti di vero e perfetto amore, acciocché pienamente possiate adempire la volontà di Dio, e 'l desiderio mio, che non cerca né vuole altro che la vostra santificazione.


Bagnatevi del sangue di Cristo crocifisso. Nel sangue troverete il fuoco dell'amore; nel sangue si lavano le nostre iniquità. Questo fa il vicario di Cristo, quando assolve l'anima nostra, confessandoci noi: non fa altro, se non che getta il sangue di Cristo sopra il capo nostro. Dite a Gerardo, ché ora ch'è tempo accettabile, mentre che egli vive, che non dispregi questo sangue; però che non è sicuro quando debba morire, né quanta debba vivere. Rechisi a vomitare il fracidume de' peccati suoi per la bocca, confessandosi bene a diligentemente; ché in altro modo non potrebbe participare la divina Grazia.


Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, figliuola e figliuolo miei, che non sia né amore di figliuoli, né amore proprio di voi, né diletto del mondo, che vi ritragga da questo, che per debito doverete fare. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


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CLVI - A Giovanni Perotti cuoiaio in Lucca


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissimo a dilettissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù: Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel preziosa sangue suo; con desiderio di vedervi vero padre a nutricare, reggere e governare la famiglia vostra con Santo timore di Dio; che voi siate quell'arbolo fruttifero, che' l frutto che è uscito di voi,sia buono e virtuoso. Sapete, figliuolo mio, che prima che l'arbolo renda il frutto, egli debbe esser buono, e bene ordinato: così dico che l'anima vostra si debbe ordinare col Santo e vero timore ed amore di Dio.


E se dicessimo: «io non mi so ordinare»; ecco il Verbo del Figliuolo di Dio, che s'è fatto a noi guida. E così disse egli: «Io sono Via, Verità, e Vita». Chi terrà per questa via, non potrà errare; ma egli producerà frutto di vita. Questo frutto si notricherà il figliuolo dell'anima vostra; e eziandio e' figliuoli naturali riceveranno dell'odore e della sustanzia di questo frutto. Che via ha fatto questo dolce maestro, Agnello immacolato? Ha fatto la via della profonda e vera umiltà: ché, essendo Dio, s'è umiliato agli uomini. La via sua sono obbrobrii, strazi a rimprovèrii, pene a fadighe, fino all'obbrobriosa morte della croce. Spregiando ogni diletto a delizie, sempre volle tenere per la via più umile e dispetta che trovasse. E che frutto produsse poich'ebbe fatta la via a noi? Che chiunque vuole, la può seguitare. Udistilo in sul legno della santissima croce, se fu mai un frutto di pazienzia simile al suo; ché, gridando e' Giudei crucifige, egli grida: «Padre, perdona a loro, che non sanno che si fare». O smisurata bontà di Dio! che non tanto che perdoni, ma egli gli scusa dinanzi al Padre. Egli è uno Agnello mansueto, che non è udito il grido suo per veruna mormorazione. Egli ha prodotto a noi il frutto della carità; perocché l'amore ineffabile che Dio ebbe all'uomo, il tenne confitto e chiavellato in croce. Non sarebbero stati né chiovi né croce che l'avessero tenuto se non fosse il legame della carità. Egli fu obediente al Padre suo; non ragguardando a sé, ma solo all'onore del Padre, e alla salute nostra.


Or questa è la via, figliuolo mio dolce, ch'io voglio che teniate, acciò che siate vero padre, a nutricare l'anima vostra, e' figlioli che Dio v'ha dati, crescendo sempre di virtù in virtù. E sappiate che per neuno modo possiamo avere per noi medlesimi questi frutti delle virtù, perocché siamo arboli salvatichi, se noi non facessimo uno innesto, per amore a desiderio di Dio, in su questo dolce arbolo, Cristo crocifisso. Però che, vedendoci tanto amare da lui, che ha data la vita per noi, non ci potremo tenere che noi non siamo fatti una cosa con lui. Allora l'anima inebriata d'amore non vuole tenere per altra via che' l maestro suo; ogni diletto e consolazione del mondo fugge, perché esso le fuggì; e ama ciò che Dio ama, e odia ciò che Dio odia: ama la virtù, e odia il vizio; e innanzi elegge la morte che offendere il suo Creatore. E non sosterrà, che e' suoi figliuoli, e la famiglia sua l'offenda; anco, li correggerà, come vero padre; e giusta il suo potere vorrà che tengano le vestigia sue. Or di questo vi prego che siate sollecito. Confortate e benedicete tutta la famiglia, e molto mi raccomandate alla madre e alla donna vostra; e singolarmente benedicete la mia figliuola, quella che io desidero, che sia sposa di Cristo, econsecrata a lui. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


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CLVII - A' Vanni ed a Francesco, figliuoli di Niccolo de' Buonconti da Pisa


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo Gesù, ioCatarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo e confortovi nel prezioso sangue del figliuolo suo; con desiderio di vedervi veri figli, e che sempre viviate nel veroe santo timore di Dio, sì e per siffatto modo, che voi none spreziate il sangue di Cristo; anco, vi venga in tedio ein abominazione il fracidume del peccato mortale, il quale fu cagione della morte del Figliuolo di Dio. Bene è dunque degno di reprensione colui che dà il corpo suo a tanta iniquità ed immondizia. E considerando la perfetta unione che Dio fece nell'uomo! Non voglio dunque, fratelli miei carissimi, che questo sia in voi.


E specialmente tu, Vanni, voglio che tu tenga un altro modo di vivere, che tu non hai fatto per lo tempo passato; recandoti dinanzi agli occhi l'anima tua, e la brevità del tempo; pensando che dèi morire, e non sai quando. Oh quanto sarebbe cosa oscura, che la morte ti trovasse in peccato mortale; e per una trista dilettazione perdessimo tanto bene e diletto, quanto egli è aver Dio per grazia nell'anima sua, e poi nell'ultimo avere la vita durabile, la quale non debbe mai avere fine! E vedete che io v'invito tutti e tre a fare sacrificio de' corpi vostri, e a disponervi a morire per Cristo crocifisso, se bisogno sarà. E in questo mezzo, prima che venga il tempo, voglio che siate con una virtù santa, e con la confessione spessendo; dilettandovi sempre d'udire la parola di Dio. Perocché, come il corpo non può stare senza 'l cibo, così l'anima non può stare senza 'l cibo della parola di Dio, cioè senza la confessione. Guardatevi dalle perverse compagnie: perocché molto impedirebbero il santo proponimento. Non dico più. Carissimi a dolcissimi fratelli in Cristo Gesù, permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù. Gesù. Gesù.


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CLVIII - A prete Nino da Pisa


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissimo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso, e nascosto nel costato suo. Però che nel sangue troverete il fuoco (perocché per amore fu sparto) e nel costato troverete l'amore corale: però che tutte l'operazioni che Cristo adopera in noi, le mostra fatte con tanto corale amore. Allora l'anima vostra s'accenderà a un fuoco di santo desiderio. II quale desiderio è un affetto d'amore: non ne invecchia mai, ma sempre ringiovenisce, l'anima che se ne veste, e rinfrescala in virtù, e fortificala e illuminala, e uniscela col suo Creatore. Perocché in questo oggetto di Cristo crocifisso trova il Padre, e participa dellapotenzia sua; trova la sapienzia dell'unigenito Figliuolo di Dio, il quale gl'illumina lo intelletto; gusta e vede laclemenzia dello Spirito Santo trovando l'affetto e l'amore con che Cristo ha donato a noi il beneficio della sua passione, facendoci bagno di sangue, dove sono lavate le nostre iniquitadi; del costato suo ci ha fatto abitazione erecettacolo, dove l'anima si riposa, e trova e gusta Dio-ed-Uomo.


Or questo voglio che noi facciamo, carissimo padre; sicché l'occhio dell'intelletto nostro non si serri mai, masempre vegga e ragguardi quanto egli è amato da Dio; il quale amore ci ha manifestato per mezzo del Figliuolo suo. La volontà sempre ami e non cessi mai, né allenti l'amore verso del suo Creatore, né per diletto né per pena né per veruna altra cosa che ci fusse fatta o detta: ma se tutte le altre operazioni ed esercizi corporali venisseromeno, questo non debbe mancare. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


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CLIX - A frate Ranieri, in Cristo, di Santa Catarina de' frati predicatori in Pisa


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, reverendo padre in Cristo Gesù, per reverenzia di quello dolcissimo sacramento, io Catarina serva e schiava de' servi di Dio, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vero cavaliere e combattitore contra ogni vizio e tentazione, per Cristo crocifisso, con una santa e vera perseveranzia. Perocché la perseveranzia è quella che è coronata. Sapete che con la perseveranzia e con la battaglia si riceve vittoria. Noi siamo in questa vita posti come in uno cameo di battaglia, e dobbiamo combattere virilmente, e non schifare i colpi, né vollere il capo addietro; ma ragguardare il nostro capitano Cristo crocifisso, che sempre perseverò, e non lassò per detto de' Giudei, quando dicevano: «discendi della croce»; né per dimonio, né per nostra ingratitudine. Ma persevera, e non lassa però di compiere l'obedienzia del Padre, e la salute nostra, infino all'ultimo, che torna al Padre eterno con la vittoria, ch'egli ha avuta, d'aver tratta l'umana generazione dalla tenebra, e rendutagli la luce della Grazia, vincendo il dimonio e il mondo con tutte le delizie sue. E n'è rimaso morto. Questo Agnello ha dato la morte a sé per rendere la vita a noi: colla morte sua distrusse la morte nostra. Il sangue e la perseveranzia di questo capitano ci debbe fare inanimare a ogni battaglia, portando gene, strazio, rimprovèrio, e villania per lo suo amore: avere povertà volontaria, umiliazione di cuore, obedienzia compiuta e perfetta. A questo modo, quando sarà distrutta la nuvila del corpo suo, tornerà colla vittoria alla città di vita eterna: arà sconfitto ildimonio, il mondo e la carne, che sono tre perversi nemici.


E singolarmente la carne, che sempre ci stimola, e impugna contro lo spirito, conviencela domare e macerare col digiuno, vigilie e orazioni; e le cogitazioni che vengono, cacciarle colle continue e sante imaginazioni, imaginando e cogitando quanto è il fuoco dell'ardentissima carità; quanto è il fuoco dell'ardentissima carità: quanto egli ha fatto per noi per grazia e non per debito. Ché il Padre ci ha dato il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo; e il Figliuolo ha dato la vita: che per amore ha svenato ed aperto il corpo suo, che da ogni parte versa sangue. Egli ha lavate le macchie delle nostre iniquità, di sangue. Quando l'anima ragguarda tanto amore, consumasi per amore; e non gli pare poter fare tanto, né potrebbe, se desse il corpo suo ad ogni pena e tormento. Non gli pare potere, né può, satisfare a tanto amore e a tanti benefizi, quanto riceve dal suo Creatore. Egli è il dolce Dio nostro, che ci amò senza essere amato. Or con questo modo caccerete le cogitazioni del dimonio.


Ma voi mi potreste dire: «poiché tu vuoi ch'io sia cavaliere virile; e io sono nel campo della battaglia, combattuto da molti nemici; arme mi conviene avere. Dimmi che arme io prenda». Rispondovi ch'io non voglio che siate disarmato; ma voglio che abbiate farme di Pauluccio, che fu uomo come voi; cioè la corazza della vera a profonda umiltà la sopraveste della ardentissima sua carità. Che, come la corazza è unita colla sopraveste, e lasopraveste colla corazza; così l'umiltà è balia e nutrice della carità e la carità nutrica l'umiltà. Questa è l'arme che io vi do: perocché ella riceve i colpi, che assai può gittare il dimonio, il mondo, e la carne (saette tanto avvelenate) che ce ne coglia neuna; perocché l'anima innamorata di Cristo crocifisso non riceve in sé saetta di peccato mortale, cioè per consentimento di volontà. Egli è di tanta fortezza, che né dimonio né creatura il può costringere più che si voglia. Anco vi conviene avere in mano il coltello per difendervi da' nemici vostri: e abbia due tagli; un taglio di odio dispiacimento di voi medesimi, e del tempo passato spesso speso con poca sollicitudine di virtù, e con molta miseria e iniquità, e ofese del nostro Salvatore. Dobbiamo odiare questa ofesa, e noi medesimi che abbiamo offeso; perocché la persona che ha conceputo uno odio, vuole fare vendetta della vita passata, e sostenere ogni pena per amore di Cristo a scontamento de' peccati suoi vendicando la superbia coll'umiltà, la cupidità e avarizia con la larghezza e carità, la libertà delle proprie sue volontà coll'obedienzia.Queste sono le sante vendette che noi dobbiamo fare quando portiamo questo coltello dell'odio e dell'amore.


Ma io godo ed esulto delle gloriose novelle ch'io ho udite di voi; che mi pare che abbiate fatta la vendetta della libertà, essendo andato al giogo dell'obedienzia santa. Non potevate fare meglio, Che d'avere renunziato al mondo e a' diletti a delizie sue, e alla propria volontà. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, che virilmente con una santa perseveranza siate in questo campo della battaglia, e non volliate mai il capo addietro a schifare niuno colpo di molestia e tentazione; ma fermo armato, dell'arme detta: coll'arme sostenete e riparate a' colpi che vengono: col coltello di due tagli di odio e d'amore e vi difenderete da' vostri nemici.


L'arbore della croce voglio che sia piantato nel cuore e nell'anima vostra. Conformatevi con Cristo crocifisso: nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso; bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; inebriatevi e vestitevi di Cristo crocifisso; come dice Paolo, gloriatevi nella croce di Cristo crocifisso satollatevi d'obbrobri, di vergogne e di vituperii, sostenendo per amore di Cristo crocifisso. Conficcatevi il cuore e l'affetto in croce con Cristo; perocché la croce n'è fatta nave, e porto, che vi conduce a porto di salute: i chiovi vi sono fatti chiave per aprire ilreame del cielo. Orsù, padre a fratello carissimo, non dormite più nel letto della negligenzia; ma come cavaliere virile e non timoroso, combattete contra ogni avversario: ché Dio vi darà la plenitudine della Grazia; sicché, consumata la vita vostra, dopo le fadighe giugnerete al riposo, e a vedere la somma eterna bellezza e visione di Dio, dove l'anima si quieta e riposa, finita ogni pena e male; riceve ogni bene, sazietà senza fastidio, e fame senza pena. Finite la vita vostra in croce. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


 


 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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CLX  (160)- A Giovanni Perotti cuoiaio da Lucca, e a monna Lippa sua donna


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Dilettissimo e carissimo figliuolo in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedere in voi adempiuta quella parola del dolce Apostolo Paolo quando diceva: Induimini Dominum nostrum Jesum Christum. Cioè spogliatevi dell'uomo vecchio e vestitevi dell'uomo nuovo, cioè di Cristo crocifisso, il quale è quello vero vestimento che ricuopre la nudità dell'uomo, e vestelo di virtù. Oh inestimabile e diletta Carità, che s'è fatto nostro vestimento, poiché per lo peccato perdemmo la vita della Grazia! Venne come innamorato, costretto dal fuoco della divina carità. Avendo noi perduto il detto vestimento della Grazia, il caldo della divina carità; esso, come fuoco, ci tolsela freddezza, vestendosi della nostra umanità. Allora riavemmo il vestimento della Grazia, la quale non ci può essere tolta né per dimonia né per creature, se noi medesimi non vogliamo. Adunque vi prego fratello, e suoro mia carissimi, che siate solleciti di prendere questo santoe dolce vestimento; non commettendo negligenzia, acciò che non vi sia detta quella parola di rimprovèrio: «Maledetto sia to che ti lasciasti morir di freddo a di fame!». Poiché Cristo è tuo vestimento ed èttisi dato in cibo. oimé! or quale sarebbe quel cuore tanto indurato e ostinato che non si levasse a spogliarsi d'ogni ignoranzia e negligenzia, e vestirsi di questo dolce vestimento, il quale dà vita a coloro che sono morti? O quanto sarà dolce e beata l'anima nostra quando verrà il tempo nostro, che saremo richiesti dalla prime dolceVerità nel tempo dolce della morte, dove l'anima gode ed esulta quando si vede vestita del vestimento della divina Grazia! Il quale è uno vestimento, che le dimonia non posson contro di lui: perocché la Grazia fortifica e tolle ogni debilezza; solo il peccato è quella cosa che indebilisce l'anima. O quanto è pericoloso e perverso il vestimento del peccato! Ben è da fuggirlo con odio e dispiacimento: poiché tanto c'è nocivo, e spiacevole e abominevole a Dio.


Con ardore e infiammato desiderio vi levate a stringere e vestirvi di questo dolce vestimento nuziale della divina carità; il quale l'anima si mette per non esser cacciata dalle nozze della vita durabile, alle quali Dio c'invitò einvita in sul legno della santissima croce. Prego la somma eterna Verità che vi faccia sì andare virilmente che giugniate al termine e fine per lo quale voi foste creati. Esiccome per carità e per amore vestiste il bambino di drappo; così vesta egli voi di sé medesimo, uomo nuovo, Cristo crocifisso. Ringraziovi molto. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


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CLXI - A monna Nella, donna che fu di Niccolò de' Buonconti da Pisa; e a monna Catarina, donna di Gherardo di Niccolò predetto


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissima madre monna Nella, e carissima figliuola Catarina in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, vi conforto e benedico nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi unite e legate col vincolo della carità, il quale tenne confitto e chiavellatoil Figliuolo di Dio in croce. Oh inestimabile e dolcissima carità, quanto è forte questo legame che tiene Dio-e-Uomo piagato e lacerato in sul legno della croce! Ine portò egli e' pesi delle nostre iniquitadi; ine si fabricarono come ancudine sotto il martello; e così è fabricata l'anima nelle pene di Cristo per mezzo del fuoco della sua carità. O unione dolce e perfetta, la quale tu, Dio, hai fatto con l'uomo!


Voglio dunque, che vi leviate con perfetta sollecitudine; e fate una unione, che non sia né dimonio né creatura che vi possa separare. Perocché questa è quell'unione e quello comandamento il quale Iddio ci lassò, perché non aveva più cara cosa che dare. Or ècci più cara cosa che avere Dio, e stare in questa perfetta unione della carità di Dio? Perocché Dio è carità; e chi sta in carità, stain Dio, e Dio in lui. Così dice la prima Verità: «Chi osserverà la mia parola, io starò in lui, e egli in me; e manifesterò me medesimo a lui». O dolcissimo amore, or che siamo noi, che tu manifesterai te medesimo all'uomo? Che manifestazione è questa che tu fai all'anima? non è altro se non un ineffabile amore; il quale è una madre, che concepe l'odore della Virtù. E siccome la madre nutrica al petto e' figliuoli suoi, così la madre della Caritànutrica e' figliuoli suoi delle virtù; e riporta el frutto nella vita durabile.


Adunque con perfettissima sollecitudine vi levate suso, dolcissima madre e figliuola, a seguitare le virtù; e riposatevi a questo glorioso petto della carità. E se mi diceste: «in che modo posso trovare questa gloriosa madre?» dicovelo: in su l'arbore della venerabile e santissima croce, dove fu innestato il Verbo incarnato del Figliuolo di Dio, sparto con tanto fuoco d'amore. E vollendo l'occhio dello intendimento vostro inverso la divina Carità, che continuamente si riposa verso di voi; non si potrà tenere il cuore che non ami, quando si vedrà tanto amare. Onde, amando, séguita un odio e dispiacimento di voi medesima, e dispiacimento del mondo; e per quale spregerete le delizie e gli onori, e abbracceretele ingiurie e le vergogne; e agevolissimamente porterete, ragguardando le ingiurie, e li scherni del vostro Creatore. Oh quanto è ignorante e villano quello cuore che vuole tenere per altra via che tenesse il Maestro suo! Conciosiacosaché, chi vuole la vita durabile, gli conviene seguitare le vestigie sue. Così disse egli: «lo son via,verità, e vita. Chi va per me, non va per le tenebre, ma giugne alla luce». E in uno altro luogo dice: «Neuno può andare al Padre, se non per me».


Adunque, poiché noi vediamo tanto amore fondato nell'anima nostra, e la necessità ci stringe a levare l'affetto e il desiderio nostro dal secolo, il quale è pieno di tenebre e d'amaritudine, e senza alcuna fermezza e stabilità, e neuna conformità ha con Cristo crocifisso (poiché Cristo è vita, e egli è morte); virilmente ci leviamo, carissima madre e figliuola; e abbandonate la pompa e la vanità del secolo, sì che in questo punto del tempo, dolendoci del tempo perduto, il vogliate restituire nel tempo presente che avete. E pensate che' l tempo ci sarà richiesto nell'ultima estremità della morte. Oh quanta confusione sarà a colui che negligentemente e iniquamente avrà speso il tempo suo! Non voglio dunque che aspettiamo questa confusione; ma che viviamo con tanta virtù, che, consumata la vita, noi ci troviamo col fuoco della virtù, con la madre dolce della Carità, in quella città vera di Jerusalem, e ine ci riposiamo in quella visione della pace, dove è vita senza morte, luce senza tenebre, sazietà senza fastidio, e fame senza pena. Oh quanto è benigno e dolce to Dio nostro, che, per lassare le cose finite, ci dona le cose infinite! Non più dunque negligenzia né ingratitudine; ma seguitiamo le vestigie di Cristo crocifisso. Amatevi, amatevi insieme, dilettissima madre e suoro. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Laudato sia Gesù Cristo. Gesù dolce, Gesù amore.


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CLXII - A monna Franceschina, e a monna Caterina, e a due altre compagne spirituali in Lucca


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, dilettissime e carissime figliuole e suoro mie in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo e confortovi tutte nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi vere figliuole e spose consecrate allo Sposo eterno, il quale con tanto fuoco di carità ha dato la vita per noi. Così dunque fate: e virilmente e con ardentissimo desiderio seguitate il gonfalone della santissima croce; cioè seguitate le vestigie sue per via di pene, e di cruciati e amorosi desiderii. Però che il figliuolo si debbe sempre dilettare di seguitare il padre, e la sposa lo sposo suo: onde se egli ha pena,egli si conforma con lui in pena: e se egli ha diletto, eglisi conforma in diletto. Siccome disse lo apostolo innamorato di Paolo, di sé medesimo: «Io godo con coloro che godono, e piango con coloro che piangono». Questo fa l'anima che sta in perfetta carità: e facendo così, s'adempie in lei la parola d'esso apostolo Paolo: cioè chi participa la tribulazione (cioè la croce di Cristo) si participerà le consolazioni, cioè sarà in gloria con Cristo. Ragionevolmente Dio darà loro la eredità sua, perché per amore hanno lassata la eredità e la sollecitudine del mondo, lassato il diletto e le consolazioni mondane; e seguitando la croce di Cristo crocifisso, hanno abbracciate pene e obbrobrii e vituperii per l'amore suo.


Or questo dunque è quello fuoco, carissime mie figliuole, a cui l'anima debbe andare per infiammati e amorosi desiderii; ed in altro non si debbe dilettare: perocché ogni altra via è oscura e tenebrosa a noi, e conduce l'anima in morte eternale. Non siate dunque negligenti, ma sollecite, in queste dolcee dritta via, Cristo Gesù. Così diss'egli «Io son via, verità e vita. Chi va perme, va per la luce e non per la tenebra; e perviene alla vera vita; la quale non gli sarà tolta in eterno». Non caggia ignoranzia né amore proprio in voi, perocché egli è quella cagione che non lassa correre l'anima; ma rimane legata tra via, e sempre si volle indietro a mirare l'arato.Ma la vera sposa e figliuola ch'è sollicita, non si volle mai indietro, ma sempre corre innanzi, coll'olio della vera umiltà e col fuoco dell'ardentissima carità. Questo è sempre il suo studio; e con questo si rappresenta e sempre serve il suo dolcissimo Salvatore.


Pregovi dunque per l'amore di Cristo crocifisso che, poi che' l nostro dolce e buono Gesù è tanto cortese e largo, noi non c'indugiamo più, ma rechianci per le mani la brevità del tempo nostro, e ricoveriamo con dolore e amaritudine santa il tempo perduto e speso con poca sollecitudine; e in questo modo acquisteremo il tempo passato.


Non dico più. Prego la prima Verità che vi cresca di virtù in virtù, infino che giugniate a quello termine dove è vita senza morte, sazietà senza fastidio, fame senza pena, letizia senza tristizia; dov'è ogni bene senza alcuno male. La pace di Dio sia sempre nell'anime vostre. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù Gesù.


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CLXIII - A monna Franceschina in Lucca


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A Voi, dilettissima e carissima suoro e figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo e confortovi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vera serva e figliuola del dolce e buono Gesù, bagnata e vestita del sangue del Figliuolo di Dio, acciò che ogni vestimento d'amore proprio sia partito da voi e ogni negligenzia e ignoranza. Onde io voglio che seguitiate quella dolce e innamorata di Maddalena, la quale non si staccò mai dall'arbore della croce santissima; ma con perseveranzia ella s'inebriava e bagnava del sangue del Figliuolo di Dio; e tanto s'empi la memoria e' l cuore a lo intendimento, che mai non si potè vollere ad amare altra cosa che Cristo Gesù. Così voglio che facciate voi, infino all'ultimo della vita vostra crescendo di virtù in virtù, e non restandosi in perseverare le giornate, come vero pellegrino non vollendosi a dietro per neuna stanchezza. E non vi ponete a sedere per negligenzia; ma voglio che pigliate il bastone della santissima croce dove sono piantate e fondate tutte le virtù; ragguardando l'Agnello svenato per noi con tanto ardentissimo fuoco che doverebbe ardere e consumare ogni freddezza e durezza di cuore o amore di sé medesimo, il quale fusse nell'anima.


Oh come potrà fare la sposa che non séguiti le vestigie dello sposo suo, cioè con amore sostenere, e andare per la via delle pene, per qualunque modo Dio ce le concede? Or vi levate su con una pazienzia e vera umiltà, a seguitare l'Agnello mansueto, col cuore liberale largo e caritativo: e abbandonare voi per lui, imparando da esso Gesù che per darci la vita della Grazia, perdé l'amore del corpo suo. E in segno di larghezza egli aperse tutto sé medesimo; e poi che fu morto in segno d'amore, del costato suo fece bagno. Volete stare sicura? Or vi nascondete dentro da questo costato. E guardate che da questo cuore partito voi non siate trovata di fuori: benché se voi v'entraste, vi trovereste tanto dilettoe dolcezza, che non vi vorreste mai partire. Perocché ell'è una bottiga aperta, piena di spezieria, con abbondanza di misericordia; la quale misericordia dà Grazia; e conduce alla vita durabile, dove è vita senza morte, sazietà senza fastidio, fame senza pena, letizia perfetta e compiuta senza neuna amaritudine. Ine è saziato il gusto e l'appetito della creatura. O inestimabile e ineffabile carità, chi ti costrinse a darci questo vero bene? solo lo smisurato tuo amore, col quale tu creasti la tua creatura, non per debito che tu avessi, però che noi siamo obligati a te, non tu a noi.


Ma pensate, dilettissima suoro in Cristo dolce Gesù, che l'anima non può venire a tanto bene di vedere Dio se prima in questa vita non s'ingegna di gustarlo per ardentissimo ed affocato amore, il quale amore inchiude e trae a sé tutte le virtù. Non manca virtù all'anima. che è ferita della saetta dlella divina carità; la quale carità s'acquista alla mensa della santissima croce, dove è l'Agnello immacolato che è mensa, cibo e servitore.


Or come si potrebbe tenere l'anima che non amasse il dolce suo Salvatore, vedendosi tanto amare da lui? Usanza e consuetudine è dell'amore che sempre rende amore per amore; ed è trasformata la cosa che ama nell'amato. Così l'anima sposa di Cristo, che si vede amare da lui, dimostri ehe gli voglia rendere cambio, rendendogli amore; cioè che per amore voglia portare pene e obbrobri per lui: e così si trasforma e diventa una cosa con lui per amore e per desiderio: e ama ciò che Dio ama, e odia ciò che Dio odia, perché vede che il dolce Gesù sommamente si dilettò di portare la croce delle molte fadighe per amore dell'onore del Padre e della nostra salute, come mangiatore e gustatore delle anime. E a questo modo cel conviene gustare a noi, e conformarci con lui.


Or corriamo, e non dormiamo più nel letto della negligenzia, ad andare a questo vero bene. Altro non dico. Permanete nella Santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


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CLXIV - A monna Mellina, donna di Bartolomeo Balbani in Lucca


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A te, figliuola in Cristo dolce Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo e conforto nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti unita e trasformata nel fuoco della divina carità, sì e per siffatto modo, che non sia creatura né neuna altra cosa che da essa carità ti parta. Sai, diletta e cara figliuola mia, che avolere unire due cose insieme, non conviene che vi sia mezzo: che se mezzo v'è, non può essere perfetta unione. Or così ti pensa che Dio vuole l'anima senza mezzo d'amore proprio di sé, o di creatura; perocché Dio ama noi senza veruno mezzo, largo e liberale per grazia, e non per debito, amando senz'essere amato. Di questo amore non può amare l'uomo; però ch'egli è sempre tenuto d'amare di debito, participando 3 ricevendo sempre e' beneficii di Dio e la bontà sua in lui. Doviamolo amare dunque del secondo amore; e questo sia sì netto e libero, che neuna cosa ami fuore di Dio, né creatura né cosa creata, né spiritualmente né temporalmente.


E se mi dici: «Come posso avere questo amore?» dicoti, figliuola, che noi nol possiamo avere né trarre altroche dalla fonte della prima Verità. A questa fonte troverai la dignità e bellezza dell'anima tua; vedrai il Verbo, Agnello svenato, che ti s'è dato in cibo e in prezzo, mosso solo dal fuoco della sua carità, non per servizio che avesse ricevuto dall'uomo; ché non aveva avuto altro che offesa. Dico dunque che l'anima, ragguardando in questa fonte, assetata e affamata della virtù, bee subito, nonvedendo né amando sé per sé, né neuna cosa per sé: ma ogni cosa vede nella fonte della bontà di Dio, e per lui ama ciò che ama, e senza lui nulla.


Or come potrebbe allora l'anima che ha veduta tanta smisurata bontà di Dio, tenersi che non amasse? A questo parve che le dolceprima Verità c'invitasse, quando gridò nel tempio con ardore di cuore, dicendo: «Chi ha sete, venga a me, e beia; ché son fonte d'acqua viva». Vedi dunque, figliuola, che gli assetati sono invitati. Non dice: chi non ha sete, ma, chi ha sete. Richiede dunque Dio, che noi portiamo il vasello del libero arbitrio con sete, e volontà d'amare. Andiamo dunque alla fonte delle dolcebontà di Dio, come detto è. In questa fonte troveremo cognoscimento di noi e di Dio; nel quale attuffando l'uomo il vasello suo, ne trarrà l'acqua della divina Grazia, la quale è sufficiente a dargli la vita durabile.


Ma pensa che per la via non potremmo andare col mezzo del peso. E però non voglio, che tu ti vesta d'amore di me né di neuna creatura se non di Dio. Questo ti dico, perché ho udito, secondo che mi scrivi, della pena che sostenesti della mia partita. Onde io voglio che impari dalla prima dolce Verità, che non lasciò, per tenerezza di madre né per neuno de' discepoli suoi, che non corresse come innamorato alla obbrobriosa morte della croce, lasciando Maria e' discepoli suoi. E nondimeno gli amava smisuratamente; ma per più onore di Dio e salute della creatura si partivano l'una dall'altro, perché non attendevano a loro medesimi; rifiutavano le consolazioni proprie per lode e gloria di Dio, sì come mangiatori e gustatori dell'anime. Debbi credere, che al tempo ch'egli erano tanto tribolati, sarebbono stati volentieri con Maria, ché sommamente l'amavano; e nondimeno tutti si partono. perché non amano loro per loro, né il prossimo per loro, né Dio per loro; ma amavanlo perché era degno d'amore, sommamente buono; e ogni cosa, e' l prossimo loro, amavano in Dio.


Or a questo modo tu e l'altre voglio che amiate: ragguardate solo in dare l'onore a Dio, e dare la fadiga al prossimo vostro. ché, perch'egli vi paia alcuna malagevolezza di vedere partite quella cosa che altri ama, non dimeno ella si piglia senza tedio s'egli è vero amore, fondato solo nell'onore di Dio, e ragguarda più alla salute dell'anima che a sé medesimo. Fate, fate che io non vi vegga più in pena; però che questo sarebbe un mezzo che non vi lascerebbe vivere né conformare con Cristo crocifisso: considerando me, che Dio, come egli s'è dato libero, così richiede noi.


E però ti dissi che io volevo che tu e l'altre figliuole mie fuste unite e trasformate in Dio per amore, traendone ogni mezzo che l'avesse a impedire, ma solo col mezzo della divina carità; però che è quello dolce e glorioso mezzo, che non divide mai, ma unisce. E veramente pare che faccia come il maestro che edifica il muro, che rauna molte pietre e combaciale insieme, e insiememente è chiamato pietra e muro: e questo ha fatto col mezzo della calcina; però che se non avesse posto il mezzo, sarebbero cadute, partite, e rotte più che mai. Or così ti pensa che l'anima nostra debba raunare tutte le creature, ed unirsi con loro per amore e desiderio della salute loro, sì che sieno partecipi del sangue dell'Agnello. Allora si conserva questo muro, perché sono molte creature e sono una. A questo parbe che c'invitasse Santo Paolo, quando disse che molti corrono al patio, e uno è quello che l'ha, cioè colui che ha preso questo mezzo della divina carità.


Ma tu potresti dire a me, come dissero e' discepoli a Cristo, quando disse: «Un poco starete, e non mi vederete; e uno poco, e voi mi vederete». Onde essi dicevano allora fra loro: «Che farà costui? che dice egli? un poco, e voi mi vederete; e un poco, e voi non mi vederete». Così potreste dire voi: «Tu ci dici che Dio non vuol mezzo; e ora dici che noi poniamo il mezzo». Rispondoti, e così ti dico, che tu vada col mezzo del fuoco della divina Carità, il quale è quello mezzo che non è mezzo, ma fassi una cosa con lui, sì come il legno che si mette nel fuoco. Dirai tu allora, che il legno sia legno ? no: anco, è fatto una cosa col fuoco. Ma se mettessi il mezzo dell'amore proprio di voi medesimi, questo sarebbe quello mezzo che vi tollerebbe Dio: e nondimeno è non cavelle però che' l peccato è nulla, e in altro non sono fondati e' peccati, se non nell'amore proprio e' piaceri e'diletti fuora di Dio. Ché, come dalla Carità procede e dà vita ogni virtù; così da questo procede ogni vizio, e dà morte, e consuma ogni virtù nell'anima. E però ti dissi, che Dio non vuole mezzo: e ogni amore che non è fondato nel vero mezzo, non dura.


Correte, dilette figliuole mie; e non dormiamo più. Ho avuta compassione alle vostre pene; e però vi do questo rimedio, che voi amiate Dio senza mezzo. E se volete il mezzo di me misera miserabile, vogliovi insegnare dove voi mi troviate. Acciocché non vi partiate da questo vero amore, andatevene a quella dolcissima e venerabile croce con quella dolce innamorata Maddalena: ine troverete l'Agnello e me, dove si potranno pascere e notricare e adempiere e' vostri desiderii. Ora a questo modo voglio che voi cerchiate me e ogni cosa creata: questo sia il gonfalone e refrigerio vostro. E non pensate, perché il corpo sia dilungi da voi, che sia dilungato l'affetto e la sollecitudine della salute vostra: anco, è piùfuora della presenzia corporale che nella presenzia. Non sapete che e' Discepoli santi ebbero più dopo la partita del Maestro, cognoscimento e sentimento a di lui, che prima? Perocché tanto si dilettavano dell'umanità, che non cercavano più oltre. Ma poi che la presenzia fu partita, essi si diero a cognoscere e intendere la bontà sua. Però disse la prima Verità: «Egli è bisogno ch'io vada: altrimenti, il Paraclito non verrebbe a voi». Così dico io:egli era bisogno ch'io mi partissi da voi, acciò che vi deste a cercare Dio in verità e non con mezzo. Dicovi che n'averete meglio poi, che prima, entrando dentro di voi a pensare le parole e la dottrina che vi fu data: e a questomodo riceverete la plenitudine della Grazia, per essa grazia di Dio. Non scrivo più, perché non ho più tempo da scrivere.


Mandola principalmente a te, Mellina, e poi a Catarina e a monna Chiara e a monna Bartolomea e a monna Lagina e a monna Colomba. Permanete nella Santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


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[Modificato da Caterina63 07/01/2020 11:35]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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03/05/2020 12:14
 
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CLXV - A monna Bartolomea, donna di Salvatico da Lucca



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, dilettissima e carissima suoro in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi sempre pascere e nutricare al petto delle dolcemadre Carità: considerando me, che senza questo latte che ci dà questa gloriosa madre, neuno può avere vita. Ella è tanto dolce e tanto soave all'anima che la gusta, che ogni cosa amara in lei diventa dolce, e ogni grande peso leggero. Non me ne maraviglio se così è; perocché stando in questa carità e amore, si sta in Dio. Così dice Santo Giovanni; che Dio è carità; e chi sta in carità, sta in Dio, e Dioin lui. Dunque, avendo Dio, non può avere alcuna amaritudine; però che egli è sommo diletto, somma dolcezza e letizia.


E questa è la ragione perché sempre e' servi di Dio godono: onde, se essi sono infermi, godono; o in fame o in sete, o poveri, o afflitti, o tribolati o perseguitati dallecreature; che se tutte le lingue loro tagliassero sopra il servo di Dio, non se ne cura, ma d'ogni cosa gode e esulta: perocché egli ha Dio che è ogni suo riposo; e ha gustato il latte della divina carità. E siccome il fanciullo trae a sé il latte per mezzo del petto della madre, così l'anima innamorata di Dio trae a sé per mezzo di Cristo crocifisso: seguitando sempre le vestigie sue, volendolo seguitare per la via degli obbrobrii, delle pene e delle ingiurie; e in altro non si vuole dilettare se non in Cristo crocifisso, e fugge di gloriarsi in altro che nella croce. Questi cotali dicono con santo Paolo: «a Io mi glorio nelle tribulazioni per amore del mio signore Gesù Cristo, per cui il mondo m'è crocifisso, e io a lui». Allora l'anima s'abbraccia al legno della santissima croce e volle in su il volto del santo desiderio, e ragguarda al consumato ardentissimo amore, il quale gli ha portato il corpo suo che da ogni parte versa sangue per amore. Adunque non mi maraviglio se l'anima allora è paziente nelle tribolazioni; perocché per amore e con libera volontà ha rifiutate le consolazioni del mondo, e ha fatta grande amistà con le fadighe e con le persecuzioni: però che ha veduto che questo fu il vestimento del Figliuolo di Dio, il quale egli elesse per lo più prezioso e glorioso vestimento che trovare si potesse. Questa è quelle dolcemargarita che dice il nostro dolce Salvatore che l'uomo poiché l'ha trovata, vende ciò ch'egli ha per comprarla.


Quale è questa cosa che è nostra, che c'è data da Dio, che né demonio né creatura ce la può tollere? é la volontà. A cui venderemo questo tesoro di questa volontà? a Cristo crocifisso. Cioè, che volontariamente a con buona pazienzia renunceremo alla nostra perversa volontà; la quale quando è posta in Dio, è uno tesoro. E con questo tesoro compriamo la margarita delle tribolazioni, traendone il frutto con la virtù della pazienzia, ilquale mangiamo alla mensa della vita durabile.


Ora a questo cibo, mensa e latte v'invito figliuola mia dolcissima; e pregovi che ne siate sollicita di prenderlo. Levatevi dal sonno della negligenzia, poiché non voglio che siate trovata a dormire quando sarete richiesta dalla prima Verità. O dolce e soave richiedimento, il quale tolli la gravezza del corpo nostro che è quello mezzo perverso che sempre ha ribellato al suo Creatore con diletti e piacimenti disordinati, facendosene per disordinato amore uno nostro Dio! Era tanto abbondante la cecità nostra, che non ragguardavamo, non essere; ma come superbi credevamo passare per la porta stretta col peso dell'affettuoso perverso amore del mondo; il quale è la morte dell'anima nostra.


Voglio dunque che ci leviamo il carico d'ogni vanità del mondo e amore proprio di sé medesima. Sai tu, perché dice che la porta è stretta, onde dobbiamo passare? perché dobbiamo ristringere l'amore e' desiderii nostri in ogni diletto e consolazione del mondo e trasformare sé medesimo nella dolce madre della Carità, come detto è. Dico che debbe chinare il capo, perché la porta è bassa; perocché portandolo alto, cel romperemmo. Vuolsi chinare per santa e vera umiltà, ragguardando che Dio è umiliato a noi. Debbiti tenere e voglio che ti tenga la piùvile di tutte l'altre. E guarda che tu non volla il capo indietro per neuna cosa che sia, né per illusione di demonio, né per parole che io udissi o dallo sposo tuo o da neuna altra creatura.


Persevera virilmente nel santo proponimento cominciato. ché sai che dice Cristo: «Non vi vollete in dietro amirare l'arato». Perocché la perseveranzia è quella cosa che è coronata. Volliti con affettuoso amore, con quelle dolceinnamorata di Maddalena, abbracciando quella venerabile e dolce croce: ed ine troverai le dolci e reali virtù; perocché ine troviamo e Dio e uomo. Pensati che 'l fuoco della carità ha premuto quello venerabile e dolce corpo in tanto che d'ogni parte versa sangue con tanto amore e pazienzia santa, che il grido di questo Agnello non è udito per mormorazione. é umile e despetto e saziato d'obbrobri. Féndati il cuore e l'anima tua per caldo d'amore ... a questo petto della carità col mezzo della carne di Cristo crocifisso. In altro modo non potresti gustare né avere virtù; perché egli è la via ed è verità; e chi tiene per essa, non può essere ingannato.


Fàtti ragione che tutto el mondo ti fusse contra; e tu con uno cuore virile e non vollere il capo in dietro; ma pàrati innanzi con lo scudo in mano a ricevere e' colpi. Sai che lo scudo ha tre canti: così ti conviene avere in tetre virtù. Odio e dispiacimento dell'offesa che hai fatta al tuo Creatore, singolarmente nel tempo passato, quando tu eri uno demonio; perocché seguitavi le vestigie sue. Dico che poi ti conviene avere l'amore ragguardando nella bontà di Dio che tanto t'ha amata non per debito ma per sola grazia, mosso solamente dall'amore ineffabile suo: e non ti trasse l'anima del corpo nel tempo che tu eri ribella a lui; ma hatti il dolce Gesù tratta dallemani del demonio e portata a Grazia. E dicoti che, subito che averai questo perfetto amore e odio, ti nascerà la terza, cioè una pazienzia: che non tanto che tu ti doglia di parole o d'ingiurie che ti fussero dette o fatte, o per veruna pena che sostenessi tu non ti muoverai per impazienzia, ma con letizia sosterrai, avendole in riverenzia, reputandoti indegna di tanta grazia. Non sarà veruno colpo né di demonio né di creatura, che, avendo questo scudo dell'odio e dell'amore e della vera pazienzia, che ti possa nuocere; perocché elle sono quelle tre colonne forti che conservano, e tolgono la debilezza dell'anima.


Questo prese quelle dolce Maddalena per siffatto modo che ella non vedeva sé, ma con uno cuore reale si vestì di Cristo crocifisso; non si volle più né a stati né a grandezze né alle vanità sue: perduto ha ogni piacere e diletto del mondo. In lei non si trova altra sollecitudine né pensiero se non in che modo ella possa seguitare Cristo. E subito ch'ella ha posto l'affetto in lui, e cognosciuta sé medesima; ella l'abbraccia e prende la via della viltà, dispregia sé per Dio, perché vede che per altra via nol può seguitare né piacergli. Ella si fa ragione d'esserela più vile creatura che si truovi. Costei, come ebra, non si vede più sola che accompagnata: che se ella si fosse veduta, non sarebbe stata tra quella gente di soldati di Pilato; ma né andata e rimasa sola al monumento. L'amore non le faceva pensare: «Che parrà egli? sarà egli detto male di me, perché io son bella e di grande affare?» Non pensa qui; ma pure in che modo possa trovare e seguitare il maestro suo. Or questa è quella compagna la quale io ti do, e che io voglio che tu seguiti; perché ella seppe sì bene la via, ch'ella è fatta a noi maestra. Corri, figliuola e figliuole mie: non mi state più a dormire, ché'l tempo corre e non aspetta punto.


Non voglio dire più. Confortate madonna Colomba; che io mando a lei come a voi e anco a monna Giovanna d'Azzolino. Benedimmi monna Mellina e Caterina e monna Lagina, e tutte l'altre figliuole in Cristo Gesù. Non si maraviglino e non piglino pena, perché io non abbia scritto a loro. Hone fatto uno corpo di tutte quante. Ho fatto questo perché piante novelle hanno bisogno di maggiore aiuto. Confortatevi in Cristo Gesù da parte di tutte. Permanete nella Santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CLXVI - A monna Colomba in Lucca

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissima suoro e figliuola in Cristo dolce Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere che voi fuste uno campo fruttifero che faceste frutto, ricevendo il seme della parola di Dio, per voi e per altrui; essendo specchio di virtù voi vecchia oggi mai nel mondo, sciolta del legame del secolo, alle giovane, che anco sono legate nel mondo per li legami degli sposi loro.

Oimé, oimé, io m'avveggio che noi siamo terra infruttifera, che lasciamo affogare il seme della parola di Dio dalle spine e pruni de' disordinati affetti a desiderii delmondo, andando per la via de' diletti e delizie sue, studiandoci di piacere più tosto alle creature che al Creatore. E anco è maggiore miseria, che non ci basta assai il nostro male; ché colà dove noi dobbiamo essere esempio di virtù e di onestà, noi ci poniamo in esempio di peccato e di vanità. E pare che, come il dimonio non volle cadere solo, ma volle la molta compagnia; così noi a quelle medesime vanità e diletti e piacimenti che sono in noi, a essi stessi invitiamo altrui. Dovete ritrarre voi(che nol richiede lo stato vostro) delle vane letizie e nozze del mondo, ed ingegnarvi di ritrarne coloro che vi volessero essere, per amore della virtù e salute vostra. E voi ne dite male, e invitate le giovane che per amore della virtù se ne vogliono ritrarre, a non andarvi, perché veggono che è offesa di Dio. Non mi maraviglio dunque se 'l frutto non apparisce, perocché 'l seme è affocato, come detto è.

Forse che pigliereste alcuna scusa in dire: «Mi conviene pure condescendere a' parenti e agli amici, a fare questo; se non che si turberebbono a scandalizzerebbono contro di me». E così il timore e piacimento perverso ci tolle la vita, e spesse volte ci dà la morte; tolleci la perfezione alla quale Dio ci elegge e chiama. Non è accettata a Dio questa scusa; perocché non dobbiamo condescendere agli uomini in cosa che offenda Dio e l'anima nostra; né amarli né servirli dobbiamo se non in quelle cose che sono di Dio e secondo lo stato nostro.

Oimé misera miserabile me! Sono stati o parenti o amici o neuna creatura che ci abbia ricomperate? No: solo Cristo crocifisso fu quello Agnello che coll'amore ineffabile svenò e aperse il corpo suo, dandoci sé in bagno e in medicina, e in cibo, e in vestimento, e in letto dove ci possiamo riposare. Non ragguardando ad amore proprio di sé né a diletto sensitivo, ma con pena, sostenendo obbrobrii e vituperii, avvilì sé medesimo, cercando l'onore del Padre e la salute nostra. Non si conviene che noi miseri miserabili teniamo per altra via che tenesse la prime dolceVerità.

Sapete che nelle delizie e nei diletti non si trova Dio. Vediamo, che quando il nostro Salvatore si smarrì nel Tempio andando alla festa, Maria non lo potè trovare né tra gli amici né tra' parenti, ma trovollo nel Tempio che disputava con dottori: e questo fece per dare esempio a noi; perocché egli è nostra regola e via, la quale noi dobbiamo seguitare. Odi, che dice che si smarrì andando alla festa. Sappiate, dilettissima suoro: come detto è, Dio non si trova alle feste, né a balli o giuochi o nozze o delizie. Anco, andandovi, è strumento e cagione di perderlo, cadendo in molti peccati e difetti, e in molti piacimenti di disordinati detti . Poiché questa è la cagione che ci ha fatto smarrire Dio per Grazia; ècci modo a ritrovarlo? Sì: accompagnarci con Maria. E cerchianlo con lei, cioè coll'amaritudine, dolore e dispiacimento della colpa commessa contro 'l nostro Creatore per condescendere alla volontà delle creature. Convienci dunque andare al Tempio; ed ine si trova. Levisi il cuore, l'affetto 'l desiderio nostro con questa compagnia dell'amaritudine, e vada al tempio dell'anima sua, ed ine cognosca sé medesima. Allora cognoscendo, sé medesima non essere, cognoscerà la bontà di Dio in sé, ch'è colui ch'è. Allora si leverà la volontà con sollicitudine, ed amerà quello che Dio ama, e odierà ciò ch'egli odia. Allora riprenderà, stando a disputare in sé medesima, la memoria che ha ricevuto in sé, e' diletti, e' piaceri del mondo,e non ha ricevuto né riservato in sé le grazie e' doni ed e'grandi benefici di Dio, che ha dato sé medesimo a noi con tanto fuoco d'amore. Riprenderà l'intelletto, che s'è dato più tosto a intendere la volontà delle creature, a osservare e' pareri del mondo, che la volontà del suo Creatore; e però la volontà e l'amore sensitivo s'è vòlto ad amare e desiderare queste cose grosse sensitive, che passano come il vento. Non debbe fare così; ma debbe intendere e cognoscere la volontà di Dio, che non cerca né vuole altro che la nostra santificazione, e però ci ha datola vita.

Non v'ha Dio sciolta dal mondo, perché voi siate affogata e annegata nel mondo coll'affetto e col disordinato desiderio. Or avete voi altro che un'anima? no. Che se ne aveste due, potreste l'una dare a Dio, e l'altra al mondo. né altro che uno corpo non avete; e questo d'ogni leggera cosa si stanca. Siatemi dispensatrice a' poveri delle vostre sostanzie temporali. Soggiogatevi al giogo della santa a vera obedienzia. Uccidete, uccidete la vostra volontà, acciò che non sia tanto legata ne' parenti, e mortificate il corpo vostro e nol vogliate tenere in tante delicatezze. Dispregiate voi medesima: non ragguardate né a gentilezza né a ricchezza; però che solo la virtù è quella cosa che ci fa gentili, e le ricchezze di questa vita sono pessima povertà, quando sono possedute con disordinato amore fuore di Dio. Recatevi alla memoria quello che ne dice il glorioso Jeronimo (che non pare che se ne possa saziare) vietando che le vedove non abbondino in delizie, e non portino la faccia pulita né e' gentili e delicati vestimenti. né le conversazioni loro debbono essere con giovane vane né dissolute, ma la loro conversazione debba essere in cella: e debbe fare come la tortora, che, poi ch'è morto il compagno suo, sempre piange, e stringesi in sé medesima, e non vuole altra compagnia. Restringetevi, carissima e dilettissima suora, con Cristo crocifisso; ine ponete l'affetto e 'l desiderio vostro, in seguitarlo per la via degli obbrobrii e della vera umiltà; e con mansuetudine, legandovi coll'Agnello col legame della carità.

Questo desidera l'anima mia; si che voi siate vera figliuola e sposa consacrata a Cristo, e campo fruttifero e non sterile, pieno di dolci frutti delle reali virtù. Correte, correte; ché 'l tempo è breve, e il cammino è lungo. E se voi deste tutto l'avere del mondo, non v'aspetterebbe 'l tempo che non facesse il corso suo. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonatemi se io ho dette troppe parole; ché l'amore e la sollecitudine ch'io ho della salute vostra me l'ha fatte dire. Sappiate che più tosto 'l farei, ch'io nol dico. Dio vi riempia della sua dolcissima grazia. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/05/2020 12:17
 
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CLXVII - A monna Nella, donna che fu di Niccolo Buonconti da Pisa



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnata per Santo desiderio nel sangue di Cristo crocifisso, nel qual sangue l'anima si purifica da ogni colpa di peccato, e trovavi il caldo della divina carità, vedendo che per amore fu sparto. Onde l'anima s'inebria d'amore, e sente l'odore della pazienzia: e per l'amore che ha trovato nel sangue si spoglia d'ogni amor pruprio di sé a porta con mansuetudine ogni avversità e tribulazione del mondo, trapassandole con vera pazienzia. E le prosperità e le delizie del mondo e gli stati e l'amore de' figliuoli, sì trapassa, con uno vero e Santo timore amandole come cosa prestata, e non come cosa sua. E così debbe fare ogni persona che ha in sé ragione.


Facendo così, non offende Dio; e gusta l'arra di vita eterna in questa vita, con una carità fraterna col prossimo suo. E tutto questo trova l'anima nella memoria del sangue. E veramente così è: perocché, mentre che noi terremo a mente con ansietato desiderio il benefizio del sangue, saremo grati e cognoscenti a rendergli il debito dell'affetto della carità e delle vere a reali virtù. Ché peraltro non offende tanto la creatura, se non perché non ha la memoria del sangue e degli altri benefizi: e però non è grato; non si cura delle virtù.


Adunque, carissima madre, poiché c'è di tanta necessità la memoria di questo sangue, stringetevi coll'umile e immacolato Agnello, bagnandovi nel sangue dolcissimo suo. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CLXVIII - Agli anziani della città di Lucca

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo dolce Gesù. lo Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi pieni della divina Grazia e lume di Spirito Santo; considerando me, che senza questo lume non possiamo andare. Sapete, fratelli carissimi, che noi siamo in via peregrini e viandanti in questa tenebrosa vita. Noi siamo ciechi per noi medesimi: come dunque potrà andare il cieco per la via che è molto dubbiosa, senza guida, che egli non caggia? Adunque c'è bisogno, di avere il lume e la guida che c'insegni. Ma confortatevi, fratelli carissimiche non ci bisogna dubitare, perché Dio per la sua infinita bontà ci ha dato il lume del cognoscimento, onde l'uomo cognosce che la virtù e il servire al suo Creatore gli dà vita: e 'l vizio e peccato e l'amore proprio di sé medesimo. e la superbia in cercare e tenere e possedere le cose del mondo e gli Stati suoi ingiustamente cioè con poco timore e onore di Dio vede che questo gli dà la morte e fallo degno dell'eterna dannazione. Dico che c'è data la guida, cioè l'Unigenito Verbo incarnato Figliuolo di Dio, che c'insegna per che modo dobbiamo andare per questa via cotanto lucida. Sapete che egli dice: «Io sono via, verità e vita. Chi va per me, non va per le tenebre, ma va per la luce». Elli è verità che non ha in sé bugia. E che via ha fatta questo dolcissimo maestro? Ha fatta una via d'odio e d'amore. Odio ha avuto e dispiacimento del peccato, sì e per siffatto modo che ne fete vendetta sopra il corpo suo con molte pene, scherni, strazii e rimproverii, morte e passione; non per sé, ché insé non era veleno di peccato, ma solo in servizio della creatura per satisfare alla colpa commessa; rendégli il lume della Grazia, e tolsegli la tenebra, che per lo peccato era entrata nell'anima. Insegnaci dunque la via d'andare, per odio e dispiacimento del vizio e del peccato, e dell'amore proprio, il quale è quella tenebra onde viene ogni tenebra spiritualmente a temporalmente. Colui che ama sé per sé, non si cura del danno del fratello suo né del vituperio e offesa di Dio, però che non ragguarda altro che a sé medesimo d'amore sensitivo e non ragionevole. E questa è la cagione che gli Stati del mondo non bastano; perché non s'attende all'onore di Dio e alla giustizia santa, altro che a sé medesimo.

Venne dunque questo dolce Gesù, e hacci insegnata la via d'avere in odio e dispiacimento questo amore proprio tanto pericoloso. Hacci dato il lume dell'amore della sua verità: però che l'amore di Dio e della virtù santa è un lume che tolle ogni tenebra d'ignoranzia; donaci vita, e tolleci la morte; dacci una forza sicura e fortezza contra ogni avversario e nemico nostro. perché, come dice san Paolo: «Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?». Non dimonio né creatura ci potrà tollere questo bene e vero lume che ci ha a conservare la Grazia nell'anima, e anco lo stato e la signoria sua. Egli è potente, lo Dio nostro dolce, a volerci e poterci conservare e trarre dalle mani de' nemici nostri, purché voi attendiate all'onor suo ed all'esaltazione nostra, perché in altro non riceve l'anima vita, se non in essa chiesa.

Questo dolce Gesù, il quale s'è fatto a noi via e insegnatore e nostro conducitore, non guardò mai altro se non all'onore del Padre e alla salute nostra; e prese per sposa la santa madre Chiesa. Ine messe il frutto e il caldo del sangue suo, quasi per medicina delle nostre infirmitadi. Ciò sono i sacramenti della Chiesa, che hanno ricevuta vita nel sangue del Figliuolo di Dio, il quale fu sparto con tanto fuoco d'amore. E pensate che nel fuoco della sua carità egli ha sì fermata questa sposa in sé, e tutti coloro che a essa stanno appoggiati e fannosi suoi figli legittimi, che eleggono innanzi cento migliaia di volte la morte, prima che mutare il passo senza lei; che non sarà dimonio né creatura che le possa tollere che ella non sia eternalmente, che ella non sia durabile questa venerabile e dolcissima sposa.

E se voi mi diceste: «pare che ella vengasi meno, e non pare che possa aiutare sé, non tanto che i figliuoli suoi»; dicovi che non è così; ma e' pare bene all'aspetto di fuori. Oh ragguarda dentro, e ritruoveravi quella fortezza, della quale il nemico suo è privato.

Voi sapete bene che Dio è colui che è forte, e ogni fortezza e virtù procede da lui. Questa fortezza non è tolta alla sposa. né questo adiutorio forte a fermo, che non l'abbi. Ma i nemici suoi che fanno contro a lei, hanno perduto questa fortezza e adiutorio; perocché, come membri putridi, tagliati sono dal corpo loro; onde subito che 'l membro è tagliato, si è indebolito. Stolto dunque e matto è colui il quale è uno piccolo membro, e vuol fare contro un gran capo. E specialinente quando vede che prima verrebbe meno il cielo e la terra che venisse meno la virtù sua di questo capo. E se diceste: «io non so! io veggo pure le membra che prosperano e vanno innanzi», E aspetta un poco: ché non debbe andare né può andare così. Perocché dice lo Spirito Santo nella scrittura santa: «In vano s'affadiga colui che guarda la città che non venga meno, se Dio non la guarda». Adunque non può durare che ella non venga meno, e non sia destrutta l'anima e' l corpo; però che sono privati di Dio, per grazia che la guarda, perché hanno fatto contra la sposa sua, dove si riposa Dio che è somma fortezza. Non c'inganni dunque verun timore servile: perocché il timore servile fu quello che ebbe Pilato, il quale per paura di non perdere la signoria uccise Cristo: e per la sua ignoranzia perdé lo stato dell'anima e del corpo. Ma se avesse mandato innanzi il timore di Dio, non cadeva in tanto inconveniente.

Adunque io vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, fratelli carissimi a figliuoli della santa Chiesa, che sempre stiate fermi e perseveranti in quello che avete cominciato. E non vi muova né dimonio, né creatura, che sono peggio che dimoni. Li quali drittamente hanno preso l'ufficio loro; che non basta il male loro, ma vanno invitando e ritraendo coloro che non vogliono essere e sono stati figliuoli. Non vi muovete per veruno timore di perder la pace e lo stato vostro né per minacce che questi dimoni facessino a voi; però che non vi bisogna: ma confortatevi con un dolce e santo ringraziamento, che Dio v'ha fatto grazia e misericordia: perocché non sete sciolti dal capo e da colui che è forte e non sete legati nelmembro debile e putrido tagliato dalla sue fortezza. Guardate, guardate che questo legame voi non faceste. Prima eleggete ogni pena: e vada camera innanzi il timore dell'offesa di Dio, oltr'a ogni pena; e non vi bisogneràpoi temere. Ma io godo ed esulto in me della buona fortezza che infin'a qui avete avuta, d'essere stati forti e perseveranti e obbedienti alla santa Chiesa. Ora udendo il contrario, mi contristai fortemente: e però ci venni da parte di Cristo crocifisso per dire a voi che questo non dovete fare per veruna cosa che sia. E sappiate che se questo faceste per conservarvi e aver pace, voi cadereste nella maggior guerre a ruina che avesse mai l'anima e il corpo. Or non cadete dunque in tanta ignoranzia; ma siate figliuoli veri e perseveranti. Voi sapete bane: se ilpadre ha molti figliuoli e solo l'uno rimanga fedele a lui,a colui darà la eredità. Questo dico che se solo vi rimanesse, fermi state in questo campo, a non vollete il capo addietro: ché, per la grazia di Dio, ancor ce n'è rimasto un altro. Ciò sono e' Pisani vostri vicini; che, colà dove voi vogliate star fermi e perseveranti, mai non vi verranno meno, ma sempre vi aiuteranno e difenderanno da chi vi volesse fare ingiuria, infino alla morte. oimé, dolcissimi fratelli, quale sarà quello dimonio che possa impedire questi due membri che sono legati per non offendere Iddio nel legame della carità, appoggiati e stretti nel corpo suo ? Non veruno.

Abbiamo dunque a cercare il lume, dal quale io prego la somma ed eterna Bontà e Verità che n'adempia e vesta l'anima vostra. Perocché, se questo sarà in voi, non temo che facciate il contrario di quello che io vi prego e dico da parte di Cristo, cioè di fare altro per lo avvenire, che abbiate fatto per lo tempo passato. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CLXIX - A frate Matteo Tolomei da Siena dell'ordine de' predicatori in Roma, ed a don Niccolo di Francia monaco di Certosa e Belriguardo

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Forza e diletto delle battaglie interiori contro le illusioni del pensiero e le fiacche delizie del mondo. L'impazienza e il consenso al male sono i colpi che atterrano; ma la libertà può, se vuole, fra la tempesta de' più laidi pensieri tenersi alta e pura. Lodi eloquenti delle ben combattute battaglie. Destano l'anima, le fanno sentire i propri difetti, e umiliando, la sollevano a riconoscenza amorosa di Dio.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vero combattitore in questo campo della battaglia, sicché mai non volliate il capo indietro per veruna cosa che sia; ma, come cavaliere virile, stiate a ricevere i colpi senza timore servile: perocché, essendo voi armato, i colpi non vi potranno nuocere. Convienci armare coll'arme della fortezza, unite coll'ardentissima carità; perocché, per amore dal sommo e eterno Bene, ci doviamo disponere a portar volontariamente ogni pena e fadiga. Questa è un'arme di tanto diletto e fortezza, che né dimonia con diverse e molte tentazioni, né le creature con scherni e ingiurie che ci facessero, non ci possono tollere la fortezza né il diletto che riceve l'anima nella dolcezza dellacarità. Anco, l'anima che così dolcemente è armata, percuote loro: perocché le dimonia, trovando l'arme della fortezza nell'anima, nelle battaglie che egli le dà, vede che con allegrezza le riceve per odio santo che ha di sé medesima, e per desiderio che ha di conformarsi con Cristo crocifisso e portare pene e fadighe per lo suo amore. E vede che con dilezione d'amore del suo Creatore le spregia, cioè che con la volontà non consente a veruna illusione sua. Onde di questa fortezza che' l dimonio trova e vede in quell'anima, n'ha pena, e vedesene rimanere sconfitto: e l'anima si rimane piena della divina Grazia, tutta affocata d'amore, a inanimata alla battaglia a combattere per Cristo crocifisso. Sicché vedete, carissimo figliuolo, che con la fortezza percuoterete loro. E dico che percuoterete il mondo, con tutte le sue delizie, e le creature che vi volessero perseguitare inqualunque modo si fusse; sostenendo con la dilezione della carità, con vera e santa pazienzia. E con la pazienzia a con la carità lor gitterete carboni accesi d'amore sopra i capi loro; ché per forza d'amore si placherà l'ira e la persecuzione loro. Molto ci è dunque necessaria quest'arme, perocché senz'essa non potremo resistere. La battaglia non potiamo noi fuggire, mentre che siamo nel corpo mortale, in qualunque stato la persona si sia; e ciascuno le porta in diversi modi, secondo che piace alla bontà di Dio di darle. Onde se la persona non è armata, riceve il colpo della impazienzia, e riceve il colpo del diletto di consentire volontariamente: e non ripara a colpi delle molte battaglie che' l dimonio gli dà. E così ne rimane morto, rimanendo nella colpa del peccato mortale. Ma s'egli è armato, neuno colpo gli può nuocere, come detto è.

E se voi mi diceste: «Io non posso avere quest'arme» o «che modo posso tenere per averla?» io vi rispondo che non è alcuna creature che abbia in sé ragione, che non la possa avere, se egli la vuole mediante la divina Grazia. Perocché la colpa e la virtù si fanno con la volontà: ché, tanto quanto la volontà dell'uomo consente al peccato o adopera una virtù tanto è peccato o virtù. Però che senza la volontà né il peccato sarebbe peccato, né la virtù sarebbe virtù; però che l'anima non riceverebbe colpa, né dall'atto del peccato né d'alcuna ria cogitazione né l'atto della virtù darebbero vita di Grazia all'anima, se la volontà non consentisse a riceverle con aff'etto d'amore. E questa volontà dell'uomo è si forte, che né dimonio, né creature, né veruna cosa creata la può muovere, ne fare consentire né a peccato né a virtù più che voglia. Questo ci mostra Paolo, quando disse: «Né fame né sete né persecuzione né fuoco né coltello, né cose presenti né future, né angeli né dimonia mi partiranno dalla carità di Dio, se io non vorrò». In queste parole il glorioso Apostolo ci dimostra quanta è la fortezza della volontà che Dio ci ha data per sua misericordia. sicché neuno può dire: «Io non posso», né avere veruna scusa di peccato. Possono bene venire i molti e laidi pensieri nel cuore, a' quali neuno può resistere che non vengano: ma il venire non è peccato; ma il riceverli con la volontà è peccato, e a questo si può resistere di non consentire.

Poi, dunque, che sì grande tesoro aviamo, che neuno può essere vinto se egli non vuole; non è da schifare i colpi, ma è da dilettarsi di star sempre in battaglia, mentre che viviamo. Chi vedesse quanto è il frutto della battaglia, non sarebbe neuno che con desiderio non l'aspettasse. Chi non ha battaglia non ha vittoria; e chi non ha vittoria, si è confuso. Sapete quanto bene ne viene per la battaglia? l'uomo ha materia, nel tempo delle grandi battaglie, di levarsi dalla negligenzia e d'essere più sollicito ad esercitare il tempo suo, e di non stare ozioso; e singolarmente all'esercizio dell'orazione santa, nella quale orazione umilmente ricorre a Dio, il quale vede che è sua fortezza, e dimandagli l'adiutorio suo. Ed anco ha materia di cognoscere la debilezza o fragilità della passione sua sensitiva: onde per questo concepe uno odio verso il proprio amore, e con vera umilità dispregia sé medesimo e fassi degno delle pene e indegno del frutto che séguita dopo le pene. E anco cognosce la bontà di Dio in sé, vedendo che la buona volontà, la quale egli ha che non consente, l'ha da Dio; e però concepe amore nella bontà sua con uno santo ringraziamento perché da lui si cognosce e sente conservato nella buona volontà. Nelle battaglie veramente s'acquistano le grandi virtù, perocché ogni virtù riceve vita dalla carità, e la carità è nutricata dall'umilità: e come già abbiamo detto che nel tempo delle battaglie, l'anima ha materia di cognoscere più sé medesimo e la bontà di Dio in sé, dico che in sé cognosce la sua fragilità, e però s'umilia; e nella buona volontà, la quale si trova conservata, cognosce in sé la bontà di Dio, onde viene ad amore e carità.

Adunque bene è da godere nel tempo delle battaglie, e non venire mai a confusione. perocché non potendoci alcuna volta il dimonio ingannare coll'amo del diletto d'esse, ci vuole pigliare con l'amo della confusione, volendoci far vedere che nel tempo delle battaglie siamo riprovati da Dio, e che l'orazione e li altri santi eserciziinon ci vogliano; dicendo nella mente nostra: «Questo che tu fai, non ti vale. Tu debbi fare la tua orazione e l'altre cose col cuore schietto e con mente quieta e non con tanti disonesti e variati pensieri. Meglio t'è dunque di lassare stare». E tutto questo fa il dimonio acciocché noi gittiamo a terra i santi esercizii e l'umile orazione, la quale è l'arme con che noi ci difendiamo, o vogliamo dire uno legame che lega e fortifica la volontà nostra in Dio e cresce la fortezza coll'ardentissima carità, con la quale l'anima resiste a i colpi come detto è. E però il dimonio s'ingegna con questo amo, di fare che noi la gittiamo a terra: perocché, perduto questo a mano a mano potrebbe avere di noi quello che vuole. Adunque mai per veruna battaglia doviamo venire a confusione, né lassare alcuno esercizio. Eziandio se avessimo peccato attualmente, a confusione di mente non si debbe venire, perocché doviamo credere che subito che l'uomo si ricognosce e ha dolore e dispiacimento della colpa commessa, Dio li riceve a misericordia. Ma con speranza e fede viva si debba credere in verità che Dio non vi porrà maggiore peso che voi potiate portare; perocché tanto ci molestano le dimonia quanto Dio lo permette, e più no. E noi dobbiamo esser certi che Dio sa, può e vuole liberarci, quando vederà che sia el tempo che faccia per la salute nostra di tollerci le tentazioni e ogni altra fadiga;perocché ciò che ci dà e permette, il fa per nostra salute e per accrescimento di perfezione.

Or con questo lume della fede e vera speranza passerete questo e ogni altro inganno del dimonio: con profonda umilità, inchinando il capo a passare per la porta stretta: seguitando la dottrina di Cristo crocifisso,acquisterete il dono della fortezza e della carità, della quale abbiamo detto ch'è l'arme con che noi ci difendiamo. Con che s'acquista quest'arme? col lume della santissima fede, come detto è. Sicché la fede con ferma speranza e con la carità (che altrimenti, non sarebbe fede viva) ci darà lume in cognoscere la nostra fortezza, Cristo dolce Gesù e la debilezza de' nemici. E la speranza ci farà certi ch'ell'è così aspettando che ogni colpa sarà punita e ogni fadiga remunerata. E la carità ci fortifica contra ogni avversario. Dunque su a combattere, carissimo figliuolo; ponendoci dinanzi il sangue dell'umile e immacolato Agnello, che ci farà essere forti e inanimati alla battaglia. In altro modo non torneremo alla città nostra di Gerusalemme, cioè vita eterna, con la vittoria. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi vero combattitore, mentre che siamo nel campo della battaglia, siccome cavaliere virile; e così vi prego che facciate. E sempre con la verga della vera obedienzia.

O carissimo figliuolo, parmi che lo Sposo eterno voglia che voi vi gloriate insieme col glorioso Paolo, il quale si gloria nelle molte tribolazioni: e fra l'altre, del grande stimolo, che egli ebbe, poiché fu preso e battuto cotante volte da' Giudei. E voi con lui insieme, figliuolo carissimo, vi gloriate, e abbiatele in debita reverenzia; reputandovi indegno del frutto e degno della pena. Ora è il tempo nostro di sostenere per gloria e loda del nome di Dio. Non dubitate: né voglio che veniate meno sotto la discipline dolcedi Dio. Confortatevi; che tosto verrà l'aurora. Voi chiamerete, e saravvi risposto in verità. Annegatevi, annegatevi nel sangue dolce di Cristo crocifisso, dove ogni cosa amara diventa dolce, e ogni grande peso leggiero. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Gridate in cella, e la Verità eterna udirà il grido vostro. Ed io, ignorante e misera vostra madre, farò il simile: e così sarà sovvenuto a' vostri bisogni. Non mancate in speranza: ché a voi non mancherà la divina Provvidenza.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/05/2020 12:23
 
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CLXX - A Pietro marchese del Monte, Podestà di Siena



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Catarina, serva, e schiava de' servi di Gesù Cristo, mi vi raccomando nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi vero servo e cavaliere di Cristo, combattendo sempre virilmente contra i vizii e peccati, non con negligenzia, ma con vera e Santa sollecitudine; sicché venendo quel punto dolce della morte, torniamo con la vittoria nella città vera di Gerusalem, visione di pace, dove noi non troveremo la carne che voglia ribellare allo spirito.


Ma attendete, padre, che, a volere la vita durabile, ci è bisogno di lasciare la carne, prima che venga la morte, e che la carne abbandoni noi; cioè lassare gli appetiti e i desiderii, e i sentimenti carnali. oimé non ve ne fate invitare a lasciarli; perocché non ci è tempo. E non è niuna cosa che faccia l'uomo bestiale, quanto questo perverso vizio. E grande stoltizia è della creatura, che si tolle tanta dignità, e per tanto trista cosa diventa animale bruto.


Adunque stirpiamo, a combattiamo contra questo vizio, e contra ad ogni altro, con l'odore della Santa continenza e onestà; con lo scudo della santissima croce riparare ai colpi.


Sì che siate vero giudice e signore nello stato che Dio v'ha posto; e drittamente rendiate il debito al povero, e al ricco secondo che richiede la santa Giustizia, la quale sempre sia condita con misericordia. Non dico più qui.


Manifestovi un caso ch'è intervenuto al monasterio di Santo Michele Angelo da Vico. Però che un giovane, il cui nome vi dirà la lettera che l'abbadessa del detto monasterio vi manda, il quale, già è buon tempo, le ha stimolate, e a tanto è venuto, che egli vi s'entra ad ogni orache gli piace, avendo smurata una finestra del monasterio, minacciando quelle che non vogliono il male, di metter fuoco nel monasterio e ardevele dentro, secondo che esse hanno detto a me. Per la qual cosa vi prego e costringo che voi ci poniate quel rimedio che vi pare, e più convenevole; sì che si ponga rimedio a tanta abominazione. Non vorrei, però, che egli perdesse la vita: ma d'ogni altra pena io sarei molto consolata. Non dico più sopra questa materia. Lo Spirito Santo v'illurnini di questo e d'ogni ultra cosa. Laudato sia Gesù.



CLXXI - A Niccolo Soderini di Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo figliuolo e fratello in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi membro legato, e unito nel legame della vera Carità, sì e per siffatto modo che participiate di questo vero amore: ché poi che sete fatto capo e posto in signoria, voi siate quel mezzo che aiutiate a legare tutti i membri de' vostri cittadini, sì che non stiano tanto a pericoloe dannazione dell'anima e del corpo. Sapete che il membro che è tagliato dal capo suo, non può avere in sé vita, perché non è legato con quello ond'egli aveva la vita; così vi dico che fa l'anima che è partita dall'amore a dalla carità di Dio; cioè di quelli, i quali, non seguitano il loroCreatore, ma più tosto li perseguitano con molte ingiurie e peccati mortali, i quali manifestamente si veggono per segni e modi, che noi vediamo apparire e fare tutto dì; e voi mi potete intendere. Or chi siamo noi miserabili, miseri miserabili, iniqui, superbi, che noi facciamo contra il capo nostro? oimé, oimé! La superbia e la grandezza nostra, con veder cieco, ci mostra il fiore dello Stato e delle signorie; e non vediamo il vermine che è entrato sotto a questa pianta che ci dà il Fiore, che rode;e tosto verrebbe meno, se egli non si argumenta. Conviensi dunque argumentare col lume della ragione, della vera umilità; la quale virtù, coloro che la posseggono, sempre sono esaltati: e così per lo contrario, come disse Gesù Cristo, sempre i superbi sono umiliati. Questi tali non possono aver vita, però che sono membri tagliati dal dolce legame della Carità.

Or che peggio potiamo avere che esser privati di Dio? Bene potremo avere assai legame; e, fatta lega, legati con molte città e creature; che se non c'è il legame e l'adiutorio di Dio, non ci varrà nulla. Sapete che in vano s'afadiga colui che guarda la città se Dio non la guarda. Che faremo, disavventurati a noi ciechi e ostinati ne' difetti nostri; poiché Dio è colui che guarda e conserva la città e tutto l'universo, e io mi sono ribellato da lui, ch'è Colui che è? E se io dicessi: «Io non fo contra lui»; E dico che tu fai contra lui quando fai contra il Vicario suo, la cui vece tiene. Vedi che tu sei tanto indebilito per questaribellione fatta, che quasi non ci hai forza veruna, perché siamo privati della nostra fortezza. oimé fratello e figliuolo carissimo, aprite l'occhio a ragguardare tanto pericolo, e tanta dannazione d'anima a di corpo. Pregovi che non aspettiate la rovina del vizio del divino giudicio. Perocché il vermine potrebbe tanto crescere, che il fiore darebbe a terra. L'odore di questo fiore già è mortificato, perché siamo stati ribelli a Cristo. Sapete che l'odoredella grazia non può stare in colui che sta contra al suo Creatore.

Ma il rimedio ci è, se il vorremo pigliare: e di questo vi prego quanto so e posso in Cristo dolce Gesù, che il pigliate e gli altri cittadini. E fatene ciò che potete dallaparte vostra. Umiliatevi e pacificate i cuori e le menti vostre: perocché per la porta bassa non si può tenere col capo alto, però che noi ce lo romperemmo. Egli ci conviene passare per la porta di Cristo crocifisso, che si umiliò a noi stolti e con poco cognoscimento. E se voi vi umilierete, domanderete con pace e mansuetudine la pace al vostro capo Cristo in terra. Vogliate dimostrare che siate figliuoli, membri legati e non tagliati: troveretemisericordia e benignità, e esaltazione nell'anima e nel corpo. Sapete che la necessità ci debbe strignere a farlo, se non ci strignesse l'amore. Non può stare il fanciullo senza l'adiutorio del padre; però che non ha in sé virtù, né potenzia veruna per sé; ma ciò ch'egli ha, ha da Dio. Conviengli, dunque, stare in amore del padre: ché se egli sta in odio e in rancore l'adiutorio suo gli verrà meno; e venendogli meno l'adiutorio conviene che venga meno egli. Adunque con sollicitudine d'andare a dimandare l'adiutorio del Padre, cioè di Dio, conviencelo addimandare; ed avere dal Vicario suo; però che Dio gli ha dato nelle mani le sue chiavi del cielo, e a questo portinaio ci conviene far capo. Perocché quello che egli fa è fatto; e quello che non fa non è fatto; sì come disse Cristo a santo Pietro: Cui to legherai in terra, sarà legato incielo; e cui to scioglierai in terra, sarà sciolto in cielo. Poi, dunque, che gli è tanto forte questo Vicario, e di tanta virtù e potenzia, che serra ed apre la porta di vita eterna: noi membri putridi, figliuoli ribelli al padre, saremo sì stolti che facciamo contra a lui? Ben vediamo che senza lui non potiamo fare. Se tu se' contra alla Chiesa santa, come potrai partecipare il sangue del figliuolo di Dio? che la Chiesa non è altro, che esso Cristo? Egli è colui che ci dona e ministra i sacramenti, i quali sacramenti ci dànno vita, per la vita che hanno ricevuta dal sangue ci fussi dato, né virtù né altro erano sufficienti a darci vita eterna. Come adunque siamo tanto arditi che noi spregiamo questo sangue?

E se dicessi: «Io non spregio il sangue»,- dico che non è vero. Ché chi spregia questo dolce Vicario, spregia il sangue; ché chi fa contra l'uno, fa contra l'altro, però ch'essi sono legati insieme. Come mi dirai tu che se tu offendi uno corpo, che tu non offenda il sangue che è nel corpo? Non sai tu che tiene in sé il sangue di Cristo? Intendi che avviene come del figliuolo e del padre; che se offendesse il padre il figliuolo che, il figliuolo abbiamai ragione sopra di lui? O non può mai offenderlo (né debbe offendere) che non sia in pericolo di morte, e in stato di dannazione. Egli è sempre debitore a lui, per l'essere che gli ha dato: e non pregò mai il figliuolo il padre, che gli desse della sustanzia della carne sua; nondimeno il padre, mosso per l'amore ch'egli ha al figliuolo prima ch'egli abbia l'essere, gliel dà. Oh quanto maggiormente noi ignoranti ingrati sconoscenti figliuoli possiamo patire di offendere il nostro vero Padre! Conciossiacosaché ci abbia amati senza essere amato; perocché per amore ci creò e anco ci ricreò a Grazia nel sangue suo, dando la vita con tanto fuoco d'amore, che, ripensandolo, la creatura patirebbe innanzi fame e sete e ogni necessità insino alla morte, prima che ribellasse e facessecontra al Vicario suo; per lo quale ci portò il frutto del sangue di Cristo; e tutto ci ha dato per grazia, e non per debito.

Oh non più, fratelli miei! Non più dormite in tanto poco lume e cognoscimento. Traiamo il vermine della superbia e dell'amore proprio di noi medesimi, e uccidiamlo col coltello dell'odio e dell'amore, coll'amore di Dio e riverenzia della santa Chiesa, con odio e dispiacimento del peccato e del difetto commesso contra Dio e contra lei. Allora arete fatto uno innesto, piantati e innestati nell'alboro della vita: torravvi la morte, e renderavvi la vita. Privati sarete della debilezza; ché già abbiamodetto che sete fatti debili, perché siamo privati di Dio, che è nostra fortezza, per la ingiuria che facciamo alla sposa sua. Adunque facendo questa unione, con odio e dispiacimento della divisione avuta, sarete fatti forti nelle grazie spirituali, le quali doviamo partecipare, volendo la vita della grazia; e nelle temporali, sì e per sifattomodo, che neuno v'offenderà.

Meglio vi è dunque di stare in pace e in unione, eziandio non tanto col capo vostro, ma con tutte le creature. Però che noi non siamo Giudei né Saracini, ma Cristiani, bagnati e ricomperati nel sangue di Cristo. Stolti noi, che ci andiamo ravvollendo per appetito di grandezza; e per timore di non perdere stato pigliamo e facciamo l'officio delle dimonia, andando invitando l'altre creature a fare quello male medesimo che fate voi. Così fecero le dimonia; che quand'essi erano angioli, quelli che caddero, si legaro insieme, e ribellaro a Dio e volendo essere alti, diventarono bassi. Non voglio, e così vi prego, che voi non facciate il simile; volendo fare contra la sposa di Cristo, v'andiate legando insieme. Facendo così, quando credeste d'esser legati e inalzati, e voi sareste più sciolti e abbassati che mai. Non più così, fratelli carissimi. Ma legatevi nel legame dell'ardentissima carità; e dimandate di tornare a pace ed unione col capo vostro, acciò che non siate membri tagliati. Voi avete un padre tanto benigno che volendo tornare all'ammenda non tanto che egli vi perdoni, ma egli v'invita a pace, nonostante la ingiuria che ha ricevuta da voi; benché forse non vi pare aver fatta ingiuria, ma ricevuta. Se questo è, è per poco lume ch'è in voi. E questo è il gran pericolo, e la cagione che l'uomo non si corregge né torna all'ammenda, perché non vede la colpa sua; non vedendola, non la grava per odio e dispiacimento. Adunque ci conviene vedere, acciocché cognosciamo i difetti nostri, sì che, cognoscendoli, li correggiamo. Noi non dobbiamo amare i vizii che noi vedessimo nelle creature; ma dobbiamo amare ed avere in reverenzia la creatura, e l'autorità che Dio ha posta ne' ministri suoi; e de' peccati loro,lassargli punire e gastigare a Dio; però che egli è quello sommo giudice che drittamente dà e' giudici suoi, e a ognuno rende il debito suo giustamente, secondo che ha meritato, e con drittura. Troppo sarebbe sconvenevole, che volessimo giudicare noi, che siam caduti in quello medesimo bando. Pregovi dunque, che non vi lassiate più guidare a tanta simplicità; ma con cuore virile e virtuoso vi legate col vostro capo: sicché, venendo il punto della morte, dove l'uomo non si può scusare, rioi possiamo participare e ricevere il frutto del sangue di Cristo.

Pregovi, Niccolò, per quello amore ineffabile col quale Dio v'ha creato e ricomperato sìi dolcemente, che voi vi studiate giusta al vostro potere (ché senza misterio grande Dio v'ha posto costì), di fare che la pace e l'unione tra voi e la Santa Chiesa si faccia, acciò che non siatepericolati voi, e tutta la Toscana. Non mi pare che la guerra sia sì dolce cosa, che tanto la dovessimo seguitare, potendola levare. Or ècci più dolce cosa che la pace? Certo no. Questo fu quel dolce testamento e lezione che Gesù Cristo lassò a' discepoli suoi. Così disse egli: «Voi non sarete cognosciuti che siate miei discepoli per fare miracoli, né per sapere le cose future, né per mostrare grande santità in atti di fuore; ma se averete carità e paceed amore insieme». Voglio adunque che pigliate l'officio degli angeli, che sono mezzo, ingegnandosi di pacificarci con Dio. Fatene ciò che potete: e non mirate per veruna cosa né per piacere né per dispiacere; attendete solo all'onore di Dio e alla salute vostra. Eziandio se la vita non dovesse andare, non vi ritragga mai di dire la verità, senza veruno timore che il dimonio o le creature vi volessino fare, o mettere. Ma ponetevi per scudo, e difesa il timore di Dio, vedendo che l'occhio suo è sopra di noi, e ragguarda sempre la intenzione e la volontà dell'uomo, come ell'è drizzata a lui Facendo così, adempirete il desiderio mio in voi; siccome io vi dissi che io desideravo che fuste membro unito a legato nel legame della carità; e non tanto in voi, ma cagione di legar tuttigli altri. Fate lor vedere, quanto potete, nel pericolo e malo stato che sono: ché io vi prometto che, se voi non vi argomentate in ricevere la pace, e dimandarla benignamente, voi caderete nella maggior ruina che cadeste mai. Temo che non si potesse quella parola dire, che Cristo disse quando andava all'obrobriosa morte della croce per voi miserabili cognoscenti di tanto beneficio, quando si volse dicendo: «Figliuole di Gerusalemme, non piangete sopra me, ma sopra voi, e sopra gli figliuoli vostri». E lo dì della domenica dell'oliva, quando scendeva dal monte, disse: «Gerusalem, Gerusalem, tu godi, però ch'egli è oggi il dì tuo; ma tempo verrà che tu piangerai». Or non vogliate, per amore di Dio, aspettare questo tempo; ma ponete in voi la vera letizia, cioè della pace e della unione. A questo modo sarete veri figliuoli, participerete ed avrete la eredità del Padre eterno.

Non dico più. Però che tanta è la pena e il duolo che io ne porto per lo danno dell'anime e dei corpi vostri, che, acciò che questo non fosse, io sosterrei con grande desiderio di dare mille volte la vita, se tanto potessi. Prego la divina Provvidenzia che a voi, figliuolo, e a tutti glialtri, dia lume e cognoscimento, e timore ed amore santo di Dio; e che vi tolla ogni tenebra e amor proprio, e timore servile, che è quella cagione onde viene e procede ogni male.

Mando a voi il portatore di questa lettera, predicatore unguanno costà dell'Ordine de' Minori, vero e buono servo di Dio, il quale v'aitarà a consigliare e dirizzare nella via della verità, e in tutte quelle cose che avete a fare per voi medesimi in particolare, e per tutta la città incomune. Pregovi che pigliate e atteniate a' consigli suoi; e non sia veruna cosa si segreta né occulta nella mente vostra, che voi non la partecipiate e manifestiate a lui. Spero per la divina grazia, che per amore e per affetto ch'egli ha alla salute vostra e d'ogni creatura, che riceverà lume da Dio, sì che drittamente vi consiglierà. Di costui fate ragione che sia un altro io. Benedicete e confortate Monna Costanza, e e tutta la famiglia. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CLXXII - A frate Niccolo de' frati di Monteoliveto nel monasterio di Fiorenza

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissimo e carissimo padre in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo, eraccomandomivi nel prezioso sangue del Figliuolo suo; con desiderio di vedervi levato il cuore, l'affetto e il desiderio vostro a questo dolce capo, Cristo Gesù, con quella brigata tratti dal Limbo, che lungo tempo in grandissima tenebra avevano aspettata la redenzione loro. Leviamo su dunque i cuori a lui, e ragguardiamo l'affettuoso e consumato amore, il quale Dio ha dimostrato in tutte le sue operazioni all'uomo; poi ragguardiamo il dolce desiderio che ebbero quelli santi e venerabili Padri, solamente aspettando l'avvenimento del Figliuolo di Dio. Confondasi dunque, e spengasi in noi la nostra ignoranzia e freddezza e negligenzia; noi, dico, che abbiamo gustato e veduto e sentito il fuoco della divina Carità. Oh che ammirabile cosa è questa! Che solo del pensiero godevamo; e ora vediamo Dio innestato nella carne nostra, e fatto una cosa coll'uomo; e non ci risentiamo. Oh dolce e vero innesto! perocché l'uomo infruttifero, che non participava l'acqua della grazia, hai fattofruttifero, purché elli distenda l'ale del santo desiderio,e appongasi in su l'arbore della santissima croce, dove egli troverà questo santo e dolce innesto del Verbo incarnato del Figliuolo di Dio. Ine troveremo i frutti delle virtù maturati sopra il corpo dell'Agnello svenato e consumato per noi. Adunque levinsi i cuori e i desiderii nostri, e con perfetta e vera sollicitudine riceviamo questi graziosi frutti; e perché noi non aspettiamo con quelli desiderii de' nostri Padri antichi, confondasi la nostra negligenzia.

Che frutti dolci sono questi, i quali ci conviene cogliere? dico, che conviene per necessità l'uomo abbia il frutto della vera pazienzia; perocché fu tanto maturo in lui questo frutto, che mai non si mosse per impazienzia né per ingratitudine né per ignoranzia nostra; ma, come innamorato, sostenne e portò le nostre iniquitadi in sul legno della santissima croce. Ine dunque troverete questo frutto, che dà vita a coloro che sono morti, lume a coloro che fussero ciechi, e sanità a coloro che sono infermi. Questo è il frutto della santissima Carità, che fu quello legame che tenne Dio in croce; perocché né chiodi né croce sarebbero stati sufficienti a tenerlo confitto in croce, ma solo il legame della Carità il tenne. Adunque ben sono maturi questi frutti. Non si tengano più i cuori vostri, ma con sollecitudine si levino a ragguardare questo ineffabile amore che Dio ha avuto all'uomo. E dicovi, che se noi il faremo, che non sarà né dimonia né creatura che ci possa impedire il vero e santo desiderio; perocché le dimonia fuggono dal cuore e desiderio arso nel fuoco della divina Carità; siccome la mosca fugge, e non s'appone in sul pignatto che bolle, perocché vede apparecchiata la morte sua per lo caldo e il calore del fuoco. Ma quando il pignatto è tiepido, elle vi corrono dentro come in casa loro; e ine si pascono. Non tiepidezza, per l'amore di Dio ! ma corriamo verso il calore della divina Carità, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso; ed entriamo nelle piaghe sue, acciocché siamo animati a portare ogni cosa per lui e fare sacrificio de' corpi nostri. Non dico più. Fornite la navicella vostra, perocché il tempo è breve. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CLXXIII - A un frate che usci dell'ordine

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi alluminato della verità, acciocché, cognoscendola, la potiate amare. perocché, amandola, ve ne vestirete; a odierete quello che è contra la verità, e che ribella a essa; e amerete quello che è nella verità e che la verità ama. O carissimo figliuolo, quanto c'è necessario questo lume! perocché in esso si contiene la salute nostra. O carissimo figliuolo io non veggo che noi potiamo avere il detto lume dell'intelletto senza la pupilla della santissima Fede, la quale sta dentro nell'occhio. E se questo lume è offuscato, o intenebrito dall'amore proprio di noi medesimi l'occhio non ha lume e però non vede: onde, non vedendo, non cognosce la verità. Convienci dunque levare questa nebula, acciocché 'l vedere rimanga chiaro. Ma con che si dissolve, e leva questa nebula? con l'odio santo di noi medesimi, cognoscendo le colpe nostre, e cognoscendo la larghezza della divina Bontà, come adopera verso di noi.

In questo cognoscimento s'acquista la virtù della pazienzia. Perocché colui che cognosce il suo difetto, e la legge sensitiva che impugna contra allo spirito, s'odia; ed è contento che non tanto le creature che hanno in loro ragione, ma gli animali ne facciano vendetta. Questi dell'ingiurie, scherni, villanie e rimproverii ingrassa, e delle molte persecuzioni e pene si diletta, e tienlo per suo refrigerio. Questo cognoscimento che l'uomo ha di sé, germina umilità profonda. E non leva il capo per superbia, ma sempre più s'umilia. E per lo cognoscimento della bontà di Dio in sé, si notrica e cresce nell'affettuosa carità; la quale carità notricata dalla umilità, ha il figliuolo della vera discrezione. Onde discretamente rende il debito suo a Dio, rendendo, laude e gloria al nome suo; e a sé rende odio e dispiacimento della propria sensualità e al prossimo rende la benivolenzia, amandolo come si debbe amare, con carità fraterna, libera, ed ordinata, e non finta né senza ordine. Perocché la virtù della discrezione ha la radice sua nella carità; e non è altro che un vero cognoscimento che l'anima ha di sé a di Dio. Onde a mano a mano rende a ciascuno il debito suo. Ma non senza il lume: perocché, se non avesse il lume, ogni suo principio e operazione sarebbe imperfetta. E il lume non può avere senza 'l vero cognoscimento di sé onde trae l'odio; e della bontà di Dio in sé onde trae l'amore. Ma quando la si trova allora è servo fedele al suo Creatore. E stando nella notte di questa tenebrosa vita, va col lume; ed essendo nel mare tempestoso gusta e riceve in sé pace. E sempre corre alla perfezione con costanzia e perseveranzia infino alla morte; e con fortezza passa l'assedio delle dimonia; e non viene meno nella battaglia, in qualunque stato sia. Onde s'egli è secolare, egli è buono secolare; e s'egli è religioso, è perfetto religioso, e navica nella navicella della vera obedienzia, e non se ne stolle mai. Il suo specchio, dove si specchia, è l'Ordine, e i costumi e le osservanzie sue, le quali sempre s'ingegna di compirle in sé. E non dà luogo al dimonio, quando col timore servile gli volesse dare battaglie, dicendogli: «Tu non potrai portare le pene dell'Ordine, e le persecuzioni de' tuoi fratelli, né le penitenzie che tisaranno imposte, e le obedienzie gravi». Ma questi, che ha il lume, di tutte si fa beffe, rispondendo, come morto alla propria volontà, e come alluminato dal lume della Santissima Fede: «ogni cosa potrò per Cristo Crocifisso; perocché so veramente, ch'Egli non pone maggiore peso alle sue creature, che possono portare. Onde io le voglio lassar misurare a lui, e vogliole portare con vera pazienzia; perocché in verità conosco la verità, e che, ciò che mi permette e dà, Egli 'l fa per mio bene, acciocché io sia santificato in Lui».

O quanto è beata quest'anima, che per lo dolce cognoscirnento della verità è venuta a tanto lume e perfezione, che vede a si dà a cognoscere, che ciò che Dio permette, Egli 'l fa per singolare amore. Perocché Colui che è esso Amore, non può fare che non ami la sua Creatura, che ha in sé ragione. Il quale ci amò prima che noi fussimo, perché voleva che partecipassimo del sommo ed Eterno Bene. E però ciò che Egli ci dà, cel dà per questo fine. Ma i miseri che sono privati di questo lume della fede santa, non cognoscono la Verità. E perché non la cognosce il misero questa verità? perché non ha levata la nuvila dell'amor proprio: onde non cognosce sé, e però non s'odia; e non cognosce la divina bontà, e però non l'ama. E s'egli ama alcuna cosa, l'amor suo è imperfetto; perocché tanto ama quanto si vede trarre diletto o consolazione da Dio, e utilità dal prossimo. E però non è forte né perseverante nel bene ch'egli ha cominciato; perocché a mano a mano che il latte della grande consolazione se gli leva di bocca, egli viene meno, e volle il capo indietro a mirare l'arato. Ma se in verità avesse cognosciuta la Verità, non gli addiverrebbe così.

Ma, essendo imperfetto, se pur gli addivenisse di voltarsi indietro, quello che non ha fatto, cioè d'avere ordinato sé col lume della fede, egli ha materia di farlo dopo 'l cadimento. E debbelo fare; perocché più è spiacevole a Dio, e danno a lui la lunga perseveranzia nel peccato, che 'l proprio peccato. Perocché umana cosa è il peccare; ma la perseveranzia nel peccato è cosa di dimonio. Onde non si debbe gittare tra' morti, mentre che egli ha il tempo; né sostenere lo stimolo della coscienzia che' l chiama, rodendolo continuamente. né debbe dire: «Io aspetto. Forse, che non è anco matura questa pera acerba». Oh quanto è matto e stolto colui che aspetta 'l tempo che egli non ha, e non risponde in quello ch'egli ha; e fa né più né meno come s'egli fusse sicuro d'avere' l tempo! Oh quanta pena e ghiado è, quando e' sono veduti così matti a' servi di Dio! O quanto male fa costui! Egli offende Dio, che è somma ed eterna Verità; e offende l'anima sua facendosi male di colpa; e contrista i servidi Dio, i quali stanno come affamati dell'onore del loro Creatore e della salute dell'anime.

O figliuolo carissimo, tornivi un poco la memoria in capo: e aprite l'occhio dell'intelletto a cognoscere le colpe vostre, con speranza di misericordia. Vediate, vediate questa verità: e tornate al vostro Ovile; perocché in altromodo non la potreste cognoscere: ché verità, con colpa, cognoscere non potreste. Onde perché di fuore dall'Ovile non state senza colpa di peccato mortale, e con la gravezza della scomunicazione; non potreste cognoscere questa verità; ma ritornando voi all'Ovile la cognoscerete, perocché sarete privato della colpa. Distendete dunque la volontà vostra ad amare e desiderare 'l vostro Creatore, e l'arca vostra della santa religione. E non considerate voi, che tra gli altri che si debbono più dolere, a cui è intervenuto questo caso, sì sete voi? Perocché nell'aspetto mostravate d'aver grande sentimento e cognoscimento di Dio, e pareva che sommamente vi dilettasse di gustare 'l latte dell'orazione, e offerire dolcie amorosi desiderii: ma in effetto e in verità, non pare che foste fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù, cioè, d'amare lui senza rispetto della propria vostra consolazione, né netto di piacere e parere umano. Perocché se in verità fusse stato fatto il fondamento in Cristo crocifisso e nel cognoscimento di voi, come detto è; non sareste mai caduto, né venuto in tanta inconvenienza. Solamente cadiamo quando il fondamento non è bene cavato nella valle dell'umiltà, e fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù, volendo seguitare le vestigie sue, non eleggendo né tempo né luogo a suo modo, ma solo come piace alla Verità eterna.

O Figliuolo carissimo, quello che non è fatto, io voglio che si faccia senza alcuna confusione di mente, e senza disperazione; ma con vera speranza, e con lume della santissima fede. Col quale lume in verità cognoscerete la sua misericordia, e con questa misericordia mitigherete la grande confusione, la quale vi pare ricevere, vedendovi caduto dall'altezza del cielo nella profonda e somma miseria. Levatevi dunque con uno odio santo, reputandovi degno della vergogna e del vituperio, e indegno del frutto e della grazia: nascondetevi sotto l'ale della misericordia di Dio, perocché, Egli è più atto a perdonare, che voi a peccare. Annegatevi nel sangue di Cristo, dove ingrasserà l'anima vostra per speranza. E non aspetterete poi il tempo, perocché il tempo non aspetta voi. Ma fate forza e violenzia a voi medesimo, e dite: «Anima mia, ricognosci il tuo Creatore, e la grande misericordia sua; il quale t'ha conservato e prestato il tempo, aspettandoti per misericordia che tu ritorni al tuo Ovile». Oh dolcissimo amore, quanto t'è propria questa misericordia! Perocché, se voi ragguardate bene, chi l'ha tenuto che nel primo nostro cadere egli non comandò alla terra che c'inghiottisse, e agli animali che ci divorasseno? Anco, ci ha prestato il tempo, e ha aspettato con pazienzia. Chi n'è cagione d'avere ricevuto tanto di grazia? le nostre virtù, che non ci sono? No: ma solo la sua infinita rnisericordia. Poi, dunque, che nel tempo che noi giaciamo nella tenebra del peccato mortale, egli ci fa tanta misericordia; molto maggiormente dobbiamo sperare con fede viva, che ce la farà, ricognoscendo le colpe nostre, e tornando nell'arca al giogo dell'obedienzia. E ine uccidere e conculcare la nostra propria volontà; e non dormire più.

Oimé, oimé, io credo che li miei peccati siano cagione delle colpe. Non vogliate, pregovi, più stare, né fare danno a voi e vituperio a Dio, né più contristare i fratelli vostri; ma ripigliate il giogo dell'obedienzia, e la chiavedel sangue di Cristo, la quale chiave gittaste nel profondo pozzo; e non la potete avere né usare senza colpa, perché vi partiste dal Giardino della Santa religione, nella quale fuste piantato per essere fiore odorifero, forte, e con vera perseveranzia infino alla morte. Or le ripigliate con la contrizione del cuore, e con dispiacimento della colpa commessa, e con odio della sensualità, e con viva fede, speculandovi nella somma ed eterna Verità, e pigliando ferma speranza che Dio e l'ordine vi riceverà a misericordia, e perdoneravvi la colpa commessa; e faravvisi a rincontra il Padre eterno con la plenitudine e abondanzia della grazia sua. Or questa sia quella vera Gerusalern la quale voi seguitiate e vogliate andare, cioè nella religione santa; e troverete Gerusalem visione di pace, perocché ine si pacificherà la coscienzia vostra. Ed entrate nel sepolcro del cognoscimento di voi, e con Maddalena dimanderete: «Chi mi rivolgerebbe la pietra del monumento? perocché la gravezza della pietra (cioè, la colpa del peccato) è sì grave, che io non la posso muovere». E subito allora confesserà e vederà la nostra imperfezione e gravezza. Vedrete due angeli, che rivolgeranno questa pietra; cioè, l'auditorio divino, il quale vi manderà l'angelo del Santo amore e timore di Dio (il quale amore non è solo, ma accompagna l'anima della carità del prossimo); e l'angelo dell'odio, che Dio manda per rivoltare questa pietra, ha seco la vera umilità e pazienzia. Onde con vera speranza, e viva fede, non si parte dal sepolcro del cognoscimento di sé; ma con perseveranzia sta, infino a tanto che trova Cristo resuscitato nell'anima sua per grazia. E poiché l'ha trovato, egli il vaad annunciare a' fratelli suoi; e i suoi fratelli sono le vere, reali e dolci virtù, con le quali vuole fare e fa mansione insieme con loro. Allora apparendo Cristo nell'anima per sentimento, si lassa toccare con umile e continua orazione. Or questa è la via; altra via non ci è.

Son certa, se averete il lume della santissima fede, e che in verità cognosciate la verità per lo modo che detto è, voi terrete queste vie senza negligenzia, e senza mettere intervallo di tempo, ma con sollecitudine piglierete il punto del tempo che voi avete. Per altro modo stareste sempre in tenebre, perocché sete dilungato dalla luce; e stareste in tristizia, perché il gaudio della grazia non sarebbe in voi; ma sareste membro tagliato dal corpo mistico della santa Chiesa. E però vi dissi, poiché altra vianon ci era, che io desideravo di vedervi alluminato dalla verità col lume della santissima fede, la quale è la pupilladell'occhio dell'intelletto, con che si cognosce la verità. Onde io vi prego per amore di Cristo crocifisso, e per salute vostra, che adempiate il desiderio mio.

Altro non vi dico. Permanete nella Santa e dolce dilezione di Dio. Se io vi fusse appresso, saprei qual dimonio ha involata la mia pecorella, e quale è quello legame che la tiene legata, che ella non torna alla greggia con l'altre. Ma ingegnerommi di vederlo con la continua orazione, e con questo coltello tagliare il legame che la tiene; e allora sarà beata anima mia. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/05/2020 12:28
 
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CLXXIV (174)- A monna Agnesa di Francesco sarto da Firenze



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce


Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti vestita di vera e perfetta umiltà; però ch'ella è quella virtù piccolache ci fa grandi nel cospetto dolce di Dio. Ella è quella virtù che costrinse e inchinò Dio a fare incarnare il Figliuolo dolcissimo suo nel ventre di Maria. Ella è esaltata, siccome e' superbi sono umiliati; ella riluce nel cospetto di Dio e degli uomini; ella lega le mani dello iniquo; ella unisce l'anima in Dio: ella purga e lava le macchie delle colpe nostre, e chiama Dio a farci misericordia. Adunque voglio, figliuola dolcissima, che tu t'ingegni di abbracciare questa gloriosa virtù, acciò che tu passi questo mare tempestoso di questo mondo, senza tempesta o pericolo neuno.


Or ti conforta con queste dolce e reale virtù; e bàgnati nel sangue di Cristo crocifisso. E quando puoi vacare il tempo tuo all'orazione, ti prego che 'l faccia. E caritativamente amare ogni creatura che ha in sé ragione. Poi ti prego e comando che tu non digiuni, eccetto e' di comandati dalla santa Chiesa, quando tu puoi. E quando non ti senti da poterli digiunare, non li digiunare. E altro tempo non digiunare altro che 'l sabato, quando ti senti da potere. Quando questo caldo è passato, e tu digiuna le Sante Marie, se tu puoi; e più no. E non bere solamente acqua veruno dì. E sforzati di crescere il santo desiderio tuo: e queste altre cose làssale ormai stare. Non ti dare pensiero né malinconia di noi: ché noi stiamo tutti bene. Quando piacerà alla divina Bontà, ci rivedremo insieme. Altro non ti dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Confortatemi le mie dolci figliuole Orsola e Ginevra. Gesù dolce, Gesù amore.



CLXXV - A certo monasterio di donne

Al nome di Gesù Cristo che per noi fu crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissime e carissime figliuole e suore mie in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo, e confortovi nel prezioso sangue del Figlio suo: con desiderio di vedervi spogliate del vestimento vecchio, e vestite del nuovo, siccome dice l'Apostolo dolce, quando dice: «Induimini Dominum nostrum Jesum Christum»; e del vecchio vestimento siate spogliate, cioè del peccato, e del disordinato timore che era nella legge vecchia, la quale era solamente fondata in timore di pena. Non vuole così Dio, cioè che la sposa sua sia fondata sopra il timore, ma sopra la legge santa e nuova dell'amore; perocché questo è il vestimento nuovo. Or così dunque vi prego che sia fondato il cuore e l'anima vostra: perocché l'anima che è fondata in amore, adopera grandi cose, e non schifa fadiga; né cerca le cose sue, ma sempre cerca in che modo ella si possa unire con la cosa che ell'ama. Onde questo è quello che fanno i servi di Dio. La prima cosa che essi fanno per essere bene uniti con Cristo, si è, che essi levano via quello mezzo perverso che ci tolle il lume, e dacci la tenebra; tolleci laconversazione di Dio, e dacci quella del dimonio; tolleci la vita, e dacci la morte. Non fa così la vera carità e il puro amore di Dio e del prossimo; anco, dà lume, vita, e unione perfetta con Dio; in tanto che, per desiderio e amore diventa un altro lui, e non può volere né amare veruna cosa la quale sia fuore di Dio. Ma ciò che è in lui,ama; e ciò che è fuore di lui, odia, cioè il vizio e il peccato; e ama le virtù in tanto che dice col dolce innamorato di Paolo:

«Quelle cose che prima mi recavo a guadagno, ora per Cristo mi reco a danno, e il danno mi reco a guadagno». Cioè, dice Paolo, cioè, quando l'uomo è nell'amore proprio di sé medesimo, e ha disordinati gli appetiti dell'anima; i diletti allora, le consolazioni e i piaceri delmondo gli paiono buoni; onde egli gli ama e dilettasene: ma subito che l'anima si spoglia di questo uomo vecchio e vuole seguitare Cristo crocifisso, subito vede il danno suo nel quale è stato, e però odia lo stato quo di prima; onde subito si trova innamorata di Dio, e non vuole darsi ad altro se non ad amare la virtù in sé e nel prossimo suo. E in due cose più singolarmente si diletta che in verun'altra, perché le trova più singolari in Cristo Gesù: cioè la virtù dell'umilità e della carità. perocché vede Dio umiliato a sé uomo, e per stirpare la nostra superbia, fugge l'onore e la gloria umana, e abbraccia le vergogne e le ingiurie, scherni e vituperii, pena, fame, e sete, e persecuzioni.

Così la sposa consacrata a Cristo, la quale è tutta dritta e libera, s'è data a lui, in questo modo il vuole seguitare, e non per diletto; e così manifesta d'avere in sé la virtù dell'umilità. Anco diceva che tale sposa si diletta nella carità, manifestandola in amore del prossimo suo, intanto, che volentieri darebbe la vita corporale per rendergli la vita dell'anima. questo desiderio riceve ragguardando lo sposo, confitto, svenato, chiavellato in croce, versare l'abbondanza del sangue suo, non per forza di chiodi né di croce, ma per forza di dilezione e amore ch'egli ebbe all'onore del padre, e alla salute nostra. Onde l'amore fu quello forte legame che tenne Dio-e-Uomo confitto e chiavellato in croce. Levatevi dunque e non dormite più in negligenzia, voi spose consecrate a Cristo: ma come il corpo è rinchiuso dentro alle mura, così gli affetti e desiderii vostri siano rinchiusi e serratinel cuore, consumato e aperto per noi, di Cristo crocifisso. Ine ingrasserà ed empirassi l'anima delle virtù; e di subito si troverà queste due ale, che la faranno volare a vita eterna, cioè umiltà e carità, dimostrando d'averle per lo modo detto di sopra.

Pregovi dunque, madonna figliuola mia, e tutte le nostre figliole, che siate sollecita d'adoperare la salute lorosenza timore o tristizia, ma con sicurtà pensando per Cristo crocifisso potere ogni cosa. Pensate che Dio v'abbia fatta uno ortolano a stirpare il vizio e piantare la virtù. E così vi prego che facciate e non ci siate negligente a farlo. E così prego loro, che esse siano suddite a ricevere la correzione, sapendo ch'egli è meglio di darla, e a noi di riceverla, in questa vita e nell'altra. Pregovi tutte, carissime suore in Cristo Gesù, che siate tutte unite etrasformate nella bontà di Dio: e ognuna conosca sé medesima e i difetti suoi. E così conservare la pace e unioneinsieme; perocché per altro modo non nascono le divisioni, se non per vedere i difetti altrui, e non i suoi. e non sapere ne volere portare l'uno i difetti dell'altro. Non facciamo dunque così ma legatevi nel vincolo della carità, amando e sopportando l'una l'altra, piangendo con le imperfette, e godendo con le perfette. E con vestire del vestimento nuziale, perverremo con lo sposo alle nozze di vita eterna. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. La pace, di Dio sia nell'anime vostre.


CLXXVI - A Francesco di Pipino sarto da Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di veder crescere in voi il fuoco del santo desiderio; perocché, non crescendo, tornereste addietro; sareste degno di maggior giudicio che se mai non vi fuste mosso. Perocché più è richiesto a chi ha più ricevuto. Voglio, dunque, che virilmente vi leviate dal sonno della negligenzia; e con ogni studio brigate di crescere in voi il lume: però che, crescendo il lume, crescerà l'amore; e crescendo l'amore, cresceranno le virtù e l'opere infino alla morte. E allora renderetequello che v'è richiesto, cioè d'amare Dio sopra tutte le cose, e 'l prossimo come voi medesimo.

E così dico a te, Agnesa. Fa' che io ti senta crescere infame dell'onore di Dio e della salute dell'anime e spandere fiumi di lagrime con umile e continua orazione dinanzi a Dio per salute di tutto quanto il mondo, a specialmente per la riformazione delle dolceSposa di Cristo, la quale vediamo venire in tanta tenebra, e in tanta ruina. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù Amore.




CLXXVII - A Pietro Cardinale portuense

Al nome di Gesù Cristo crocifisso E di Maria dolce.

A voi, dilettissimo E reverendissimo padre E fratello in Cristo Gesù, io Catarina, serva E schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi un agnello umile e mansueto, imparando dall'Agnello immacolato, che fu umile e mansueto in tanto che non fu udito il grido suo per veruna mormorazione; ma come agnello che non si difende, si lassò menare al macello della santissima e dura croce. O inestimabile fuoco d'amore! la carne ci ha data in cibo, e 'l sangue in beveraggio. Tu se' quello agnello che fusti arrostito al fuoco dell'ardentissima carità. Non veggo altro modo, padre, a potere avere virtù, se non ponendoci questo Agnello per obietto alli occhi della mente nostra; perocché in lui troviamo la vera e profonda umiltà, con grande mansuetudine e pazienzia. E poniamoché sia figliuolo di Dio, egli non viene né sta come re, perocché la superbia e l'amore proprio di sé non è in lui; e però viene come servo vile; e non cerca sé per sé, ma attende solo a rendere onore e gloria al padre, e a rendere a noi la vita, la quale per lo peccato perdemmo. E questo fa solo per amore, e per adempire la volontà del padre in noi. Che, avendo Dio creato l'uomo alla imagine a similitudine sua solo perché godesse a gustasse lui nella vita durabile, per la ribellione che l'uomo fece a Dio, li fu rotta lavia; sicché le dolcevolontà di Dio; con la quale creò l'uomo, non s'adempiva, cioè d'avere vita eterna; ché non fu creato per altro fine.

Mosso dunque da quella pura e smisurata carità con la quale ci creò, per adempire la sua volontà in noi, ci diè il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo. sicché dunque il Figliuolo di Dio non ragguarda a sé, ma solo d'adempire questa dolce volontà. é fatto dunque tramezzatore tra Dio e l'uomo; e della grande guerra ha fatto pace, perocché con l'umiltà ha vinta la superbia del mondo. Però disse egli: «Rallegratevi ché io ho vinto il mondo» E cioè la superbia dell'uomo. ché non è veruno tanto enfiato, superbo, e sì impaziente, che non diventi umile e mansueto quando considererà e vedrà tanta profondità e grandezza d'amore, vedere Dio umiliato a noi uomini. E però li santi e veri servi di Dio, volendogli rendere cambio, sempre si umiliano; tutta la gloria e la loda dànno a Dio: ricognoscono, loro, e ciò che eglino hanno, solo avere da Dio. Veggono, loro non essere. E ciò ch'eglino amano, amano in Dio, siano in stato o in grandezza quanto si vuole. ché quanto è più grande, più si debbe umiliare, e cognoscere sé non essere: ché nel cognoscimento di sé egli s'umilia e non leva 'l capo o enfia per superbia: ma china 'l capo, e ricognosce, la bontà di Dio adoperare in sé. E così acquista la virtù dell'amore e dell'umiltà: ché l'una è balia e nutrice dell'altra; e senzaesse non potremmo avere la vita. oimé, oimé, chi sarà quello stolto bestiale, che, vedendosi amare, non ami, e che al tutto non levi e toglia da sé l'amore proprio perverso, che è principio e radice d'ogni nostro male? E non so vedere che sia veruno sì indurato, che non ami, vedendosi amare; purché egli non si toglia il lume coll'amore detto. Che segno dà colui che ama? Questo è il segno che appare di fuore. Dimandianne; e vedrete Jeronimo, che fu nello stato vostro: mortificava la carne sua con digiuni, vigilie a orazione, con abito sempre despetto; uccideva in sé la superbia, e con grande sollicitudine, non cercava, ma fuggiva ogni onore e stato del mondo. E pur Dio, coloro che sé umiliano, li esalta; ... avendo lp stato, non perde però la virtù sua, ma raffina, come l'oro nel fuoco, aggiugendovi la virtù della carità. Diventa mangiatore e gustatore dell'anime; non teme di perdere la vita del corpo suo, perocché egli ha presa la forma e il vestimento dello Agnello dolce, Gesù. Perocché non ama sé per sé, né il prossimo per sé, né Dio per sé ma ogni cosa ama in Dio. Non si cura né di vita né di morte né di persecuzione, né di veruna pena che sostenesse; ma attende solo all'onore della somma ed eterna Verità. Or questi sono li segni de' veri servi di Dio. Di questi cotali vi prego e voglio che siate voi, padre. Portatemi il segno della vera umilità non curioso nello stato vostro, ma despetto. Non impaziente per veruna pena o ingiuria che sostenessi, ma con ferma virtù di pazienzia sostenete nel corpo della santa Chiesa infine alla morte, annunziando e dicendo la verità, o consigliando, o per qualunque modo l'avete a dire, senza veruno timore; attendendo solo all'onore di Dio, e alla salute delle anime, e alla esaltazione della Santa Chiesa, siccome figliuolo vero suo, notricato da sì dolce madre. Or in questo dimostrerete la divine dolcecarità insiememente con la pazienzia. Siatemi largo, caritativo spiritualmente, come detto è, e temporalmente. Pensate, che le mani de' poveri v'aiutino a porgere e recare la divina Grazia. Voglio che cominciate una vita e uno vivere nuovo. Non più dormite nel sonno della negligenzia e ignoranzia.

Siatemi, siatemi campione vero. Io v'ho detto che io desidero che siate uno agnello a seguitare il vero Agnello. Ora vi dico, che voglio che siate uno leone, forte a gittare il mugghio vostro nella santa Chiesa; e siate si grande in voce, e in virtù, che voi aitiate a resuscitare lifigliuoli morti, che dentro ci giaciono. E se diceste: doveaverò questo grido e voce forte dell'Agnello? che secondo l'umanità non grida, ma sta mansueto, e secondo la divinità dà potenzia al grido del Figliuolo con la voce della smisurata sua carità; sicché, per la forza e potenziadella divina essenzia e dell'amore che ha unito Dio con l'uomo, con questa virtù è fatto l'agnello uno leone; e stando in su la cattedra della croce, ha fatto sì fatto grido sopra del figliuolo morto dell'umana generazione, che li ha tolta la morte, e data la vita. Orda costui riceveremo la forza: perocché l'amore che trarremo dell'obietto del dolce Gesù, ci farà participare della potenzia del Padre. Bene vedete che egli è così: che né dimonio né creatura ci può costringere a uno peccato mortale; perocché ha fatto l'uomo libero e potente sopra di sé. Nell'amore participiamo il lume e la forza dello Spirito Santo, 'l quale è uno mezzo che lega l'anima col suo creatore, e allumina l'intelletto e il cognoscimento, nel quale lume participa la sapientia del Figliuolo di Dio. O carissimo padre, scoppino e divellansi li cuori nostri a vedere in che stato e dignità la infinita Bontà ciha posti sì per la creazione dandoci la imagine sua, sì perla ricomperazione e unione che ha fatta la Natura Divina nell'umana. Più non poteva dare, che dare sé medesimo a coloro che per lo peccato erano fatti inimici di Dio. Oh ineffabile consumato amore, bene se' innamorato della fattura tua; perocché non potendo tu, Dio, sostenere pena, e volendo fare pace con l'uomo, e la colpa commessa si voleva pur vendicare, non essendo sufficiente puro uomo a satisfare alla grande ingiuria che fatta era a te, Padre eterno; tu ora coll'amore che hai a noi hai trovato il modo, vestendo il Verbo della carne nostra, sicché insiememente t'ha renduto l'onore, e hai placata l'ira tua, sostenendo la pena nella propria carne, cioè della massa d'Adamo, che commise la colpa. Or come dunque, uomo, ti puoi tenere che tu non abbandoni te medesimo ? Tu vedi che egli ha giocato in su la croce, e si ha lassato vincere, avendo vinto. Perocché la morte vinse la morte: fecero uno torniello insieme; al tutto la morte fu sconfitta, e la vita resuscitò nell'uomo. Or oltredunque correte, e non si tenga più il cuore vostro. Arrendasi la città dell'anima vostra: e se non s'arrende per altro, si debbe arrendere perché egli ha messo il fuoco da ogni pane; voi non vi potete voltare né spiritualmente né temporalmente, che non troviate fuoco d'amore.

Pregovi, dunque, e voglio che amiate Cristo in terra. E pregatelo dell'avvenimento suo; e che tosto drizzi il gonfalone della santissima croce sopra gl'Infedeli. E non mirate né voi né gli altri perché li Cristiani si levino e sieno levati, come membri putridi e ribelli al loro dolce capo, perché questo sarà il modo a placarli e farli tornare figliuoli. Pregatenelo, e fatenelo pregare che tosto si faccia. Perdonate alla mia ignoranzia, che tanto presumo di favellare; scusimi l'amore e il desiderio che io ho della salute vostra e della renovazione ed esaltazione della Santa Chiesa, ch'è tanto impallidita, che il cuore della carità pare che sia motto venuto meno. Perocché ognuno le ruba, li tolle il colore a lei, e pollo a sé, cioè, peramore proprio di sé medesimo, dovendo solo attenderere al bene e alla esaltazione sua. Questo è il segno de' superbi, che per essere bene grandi e enfiati, non si curano che la Chiesa sia destrutta, e il Dimonio divori l'anime. Molto è contrario il segno loro, che sono lupi rapaci, a servi di Dio. che sono agnelli e seguitano 'l segno dell'Agnello. E così desidera l'anima mia di vedervi agnello.

Non dico più: ché se io andasse alla volontà, anco non mi ristarei. Raccomandatemi strettamente in Cristo Gesù al nostro Cristo in terra, e confortatelo che non tema per veruna cosa che avvenga. Permanete nella Santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CLXXVIII - A Neri di Landoccio

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti con vero lume, acciocché col lume cognosca la verità del tuo Creatore. La verità sua è questa: che egli ci creò per darci vita eterna; ma per la ribellione che fece l'uomo a Dio,non si compiva questa verità; e però discese alla maggior bassezza che discendere potesse, cioè quando vestì la deità della nostra umanità. E così vediamo con questo glorioso lume, Dio esser fatto uomo; e questo ha fatto per compiere la verità sua in noi: e col sangue dell'amoroso Verbo ci l'ha bene manifestato, in tanto che quello che per fede tenevamo, ci è certificato col prezzo d'esso sangue. E non può la creatura che ha in sé ragione, negare che quello non sia così.

Adunque io voglio che la tua confusione si consumi e venga meno nella speranza del sangue e nel fuoco della inestimabile Carità di Dio, e rimanga solo il vero cognoscimento di te; col quale cognoscimento ti umilierai, e crescerai, e notricherai il lume. E non è egli più atto a perdonare che non a peccare? E non è egli nostro medico, e noi gl'infermi? Portatore delle iniquità? E non ha egli per peggio la confusione della mente, che tutti gli altri difetti? Sì bene. Adunque carissimo figliuolo, apri l'occhio dell'intelletto tuo col lume della santissima fedee ragguarda quanto tu sei amato da Dio. E per ragguardare l'amor suo, e la ignoranzia e freddezza del cuore tuo, non entrare in confusione; ma cresca il fuoco del santo desiderio con vero cognoscimento, e umiltà, come detto è. E quanto più vedi te non corrispondere a tanti beneficii, quanti n'ha fatti e fa il Creatore, più ti umilia,e di' con un proponimento santo: «quello che io non ho fatto oggi, e io il farò ora». Sai che la confusione si scorda in tutto della dottrina che sempre t'è stata data. Ella èuna lebbra che dissecca l'anima e 'l corpo e tienla in continua aflizione, e lega la braccia del santo desiderio, e non lassa adoperare quello che vorrebbe; e fa l'anima incomportabile a sé medesima con la mente disposta a battaglie, e diverse fantasie; tollete il lume sopranaturale, e offuscale il lume naturale. E così giugne a molta infedelità, perché non cognosce la verità di Dio, con la quale egli l'ha creata: cioè in verità la creò per darle vitaeterna. Adunque con fede viva, col desiderio santo, e con speranza ferma nel sangue, sia sconfitto il dimonio della confusione.

Altro non dico. Permani nella Santa e dolce dilezione di Dio. Prego lui che ti doni la sue dolce benedizione. Gesù dolce, Gesù amore.



CLXXIX - A Francesco di Pipino sarto da Firenze e a monna Agnesa sua donna

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuolo e figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi amatori della virtù; perocché in altro modo non potreste avere la vita della grazia, né partecipare il sangue del Figliuolo di Dio. Poi, dunque, che ella c'è tanto necessaria, e convienci in tutto estirpare da noi li vizii e piantarela virtù e far forza alle nostre passioni sensitive e dire noimedesimi: «innanzi voglio morire che offendere il mio Creatore, e tollermi la bellezza dell'anima mia»; così voglio, carissimi figliuoli, che facciate. Siatemi specchio divirtù; e mettetevi il mondo con tutte le sue delizie sotto ipiedi, e voi seguite Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella Santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CLXXX (180) - A Pietro marchese del Monte a S. Maria, quando era senatore di Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissimo e carissimo padre mio in Cristo Gesù, Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo raccomandomivi; con desiderio di vedervi sempre osservatore de' santi comandamenti di Dio, senza i quali niuna creatura può avere in sé la vita della Grazia. E non è neuno che per gentilezza né per ricchezza né per signoria, né prosperità né grandezza si possa ritrarre né iscusare che non sia servo atto a servire a ad osservare questi dolci e santi comandamenti; e' quali sono dati a noi dalla prima e dolce Verità, il quale fu regola e via e vita nostra. E così disse egli: «lo son, Via, Verità e Vita». O reverendo Padre ragguardate al nostro dolce Salvatore, che fu datore della legge, che perfettamente la volle osservare in sé. Bene è adunque grande confusione, e deesi vergognare l'uomo che vede Dio umiliato a sé uomo. Onde se la Ragione si dà a considerarlo, giammai non leverà il capo contra Dio per superbia, né per neuno stato che abbia.

Oh dolce e inestimabile diletta Carità! che se' fatto servo per fare l'uomo libero, e hai dato a te la morte per dare a noi la vita; e se schernito alla obrobriosa morte della Croce per rendere a noi l'onore, il quale noi perdemmo per lo peccato della disobedienzia. oimé trovammo la morte per la ribellione che facemmo a' comandamenti di Dio; a ogni dì cadiamo in questa morte eternale, trapassando le dolcevolontà di Dio. Venne l'Agnello immacolato, svenato, in sul legno della santissima croce, arso al fuoco della divina Carità; e hacci renduta e restituita la grazia con la obedienzia santa sua. Adunque io vi prego dolcemente in Cristo dolce Gesù che noi seguitiamo questa via e regola de' veri e santi comandamenti, osservandoli in fino alla morte con la memoria del sangue del Figliuolo di Dio, acciò che siamo più animati ad osservarli. O quanto è dolce questa servitudine, che fa l'uomo libero dalla servitudine del peccato!

Ora restringiamo questi comandamenti in due parti: cioè nell'amore e dilezione di Dio e del prossimo. E questo amore fonderemo in uno timore santo di riverenzia; ed eleggeremo innanzi la morte, che offendere a quella cosa che noi amiamo non per timore di pena, ma perch'egli è degno d'essere amato, però che è somma ed eterna Bontà. E quanto più amerete Dio, tanto più si distenderà l'amore al prossimo vostro; sovnendolo spiritualmente e temporalmente, secondo che vengono e' casi, e il tempo che bisogna servire al prossimo suo. E così sarà adempiuta la volontà di Dio, che non vuole altro che la nostra santificazione.

Non dico più. Raccomandovi quanto l'anima mia due piati, de' quali vi parlerà ser Francesco portatore di questa lettera. L'uno si è del monastero di Santa Marta, che sono perfettissime serve di Dio; l'altro si è di Monna Tommasa grande serva di Dio, e a me carissima madre. So veramente, che se non fusse di ragione, nol dimanderebbero. Pregovi caramente che le spacciate 'l più tosto che potete, sì che non abbiano lunghezza di tempo. Non dico più. Innamoratevi e bagnatevi nel sangue del Figliuolo di Dio. Benedicetemi il mio singolare figliuolo e tutti gli altri. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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11/06/2020 17:30
 
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CLXXXI (181) - A Niccolo da Osimo



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, dilettissimo e carissimo padre in Cristo dolce Gesù io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi una pietra ferma, fondata sopra le dolcepietra ferma, Cristo Gesù. Sapete che la pietra e lo edificio che fosse posto a fatto sopra la terra, ogni piccolo vento o piova che venga, il dà a terra. Così l'anima che è fondata sopra le cose transitorie di questa tenebrosa e caduca vita, che passano tosto come il vento come polvere che si pone al vento, ogni piccolo contrario la dà a terra. E così quando fussimo fondati in amore propri, di noi medesimi, il quale è la più perversa lebbra e piaga che possiamo avere. Egli è quella lebbra che tutte le virtù fa guastare; e non hanno in loro vita, perocchè sono private della madre della carità; onde non vivono perché non sono accostate con la vita. Desidera dunque l'anima mia di vedervi fondati nella viva pietra. O carissimo padre, ècci migliore, più dilettevole cosa, che dovere edificare lo edificio dell'anima nostra? Dolce cosa è, che abbiamo trovata pietra, maestro e servitore uno manuale che bisogna a questo edificio. Oh come è dolce maestro il Padre Eterno, dove si riposa tutta la sapienzia e scenzia e bontà infinita! Egli è lo Dio nostro, che è colui che è. Tutte le cose che participano essere, è secondo di lui. Egli è uno maestro che fa quello che abbisogna; e non vuole altro che la nostra santificazione. E ciò che dà e permette, per nostro bene, cioè per purgazione de' peccati nostri, o per accrescimento di perfezione e di grazia. Bene è adunque dolce questo nostro maestro: si ben sa edificare, e porre quello che bisogna a noi. E ha fatto più: che, vedendo che l'acqua non era boons a intridere la calcina per porre la pietra, cioè, delle dolci e reali virtù, donocci il sangue dell'Unigenito, suo Figliuolo. Sapete che, innanzi al decreto dell'avvenimento del Figliuolo di Dio, niuna virtù aveva valore di poter dare all'uomo la vita, la quale per lo peccato aveva perduta. O padre, ragguardiamo la inestimabile carità di questo maestro, che, vedendo che l'acqua dei santi Profeti non era viva, che ci desse vita, ha tratto di sé e pôrto a noi ilVerbo Incarnato unigenito suo Figliuolo, e hagli data la potenzia e virtù in mano, e halo posto nello edificio nostro per pietra; senza la quale pietra noi non possiamo vivere. Ed è sì dolce (perché gli è unito questo Figliuolo ed è una cosa col Padre), che ogni cosa amara, per la dolcezza sua, vi diventa dolce. In lui è dunque calcina viva, e non terra né rena. O fuoco dolce di amore, tu ci hai dato per servitore e manoale l'abbondantissimo e clementissimo Spirito Santo, ch'è esso amore; il quale è quella mano forte che tenne confitto e chiavellato in croce il Verbo. Egli ha premuto questo dolcissimo corpo, e fattogli versare sangue, il quale è sufficiente a darci la vita, e edificare ogni pietra. Ogni virtù ci vale e dà vita quando è fondata sopra Cristo, ed intrisa nel sangue suo.


Spezzinsi dunque li cuori nostri d'amore, a ragguardare, che quello che non fece l'acqua, ha fatto il sangue. Or chi vorrebbe meglio? chi sarà colui che si vada oggimai avvolgendo per li fossati, cercando veruna trista o disordinata dilettazione del mondo? Dissolvansi per caldo queste pietre degli indurati cuori nostri.


Dunque il Padre (che è a vederlo!) con la sapienzia sua e potenzia e bontà ci s'è fatto maestro (perocché il maestro è quello che lavora, cioè con la virtù che ha dentro da sé; però con la memoria dove sta quello che bisogna fare, e con lo intelletto col quale ha cognosciuto, e con la mano della volontà ha adoperato) creando e edificando l'anima nostra ad imagine e similitudine sua. Perdemmo poi la Grazia per lo peccato commesso: ed egli venne, e unissi e innestossi nella natura nostra; e hadato tutto a noi, perocché la sua virtù la dè nel Figliuolo. E fecelo insiememente maestro, come è detto, dandogli la potenzia; e fecelo pietra (così dice santo Paolo) cioè, che la pietra nostra è Cristo: fecelo servitore, e lavoratore di questo edificio cioè, che la sua inestimabile Carità eamore col quale ha data la vita, col sangue suo ha intrisa questa calcina, sicché non ci manca nulla.


Godiamo, dunque, e esultiamo, poiché abbiamo sì dolce maestro, e pietra, e lavoratore; e hacci murati col sangue suo, e ha fatto sì forte questo nostro muro, che né dimonia né creature, né grandine né tempesta né vento potrà muovere questo edificio se noi non vorremo. Levisi dunque la memoria, e ritenga in sé tanto beneficio. Levisi lo intelletto e il cognoscimento a vedere l'Amore e la sua bontà, che non cerca né vuole altro che la nostra santificazione; e non vede sé per amore proprio di sé, ma per l'onore del Padre e salute nostra. Allora, quando la memoria ritenerà, lo intendimento ha inteso e cognosciuto; non si debbe tenere, e non so che si possa tenere, la volontà, che non corra, con uno ardore riscaldato dal caldo della Carità, ad amare quello che Dio ama, e odiare quello ch'egli odia. Di niuna cosa si potrà turbare; né impedirà mai il santo proponimento. Ma sarà in vera pazienzia, perché sarà fondato sopra la viva pietra, Cristo.


E però vi dissi che io desideravo che voi fuste pietra fondata sopra la pietra detta; e così vi prego per, l'amoredi Cristo crocifisso, che sempre cresciate e perseveriate nel santo proponimento. Non vi movete mai, né allentiate per veruno contrario che addivenisse. Siatemi una pietra, ferma, fondata nel corpo della santa Chiesa; cercando sempre l'onore di Dio, e la esaltazione ea rinnovazione della santa Chiesa.


Pregovi che non allenti il desiderio vostro, né la sollicitudine di pregare il Padre santo che tosto ne venga, e che non indugi più a rizzare l'arme de' fedeli Cristiani, la santissima croce. Non guardate per lo scandalo che ora sia addivenuto. Non tema, ma virilmente perseveri, e tosto mandi ad effetto il santo suo e buono proponimento. Perché sentisse delle percosse che vi fussero date, o per le dimonia o per le creature, statemi pietra vivafondata nella sposa di Cristo; annunciando sempre la verità, se ne dovesse andare la vita. Non vedete voi per voi, ma sempre attenderete di vedere l'onore di Dio. Tanto tempo abbiamo veduto il vituperio del nome suo, che ora ci dobbiamo disporre di dare la vita per la loda e gloria del nome suo. Or sollicitamente, padre! Non negligenzia. Ora, mentre che abbiamo il tempo, e 'l tempo è nostro; diamo la fadiga al Prossimo nostro, e la loda a Dio. Spero, per la bontà sua, che voi 'l farete: perdonate però alla mia presunzione, perocché l'amore e l'affetto me n'ha colpa.


Ho avuta grande letizia del buono desiderio e proponimento del santo Padre, sì della venuta sua, e sì del santo e glorioso passaggio, il quale è aspettato con grande desiderio da' servi di Dio. Non dico più.


Ho inteso che 'l Maestro dell'Ordine nostro, il Padre santo lo vuol promuovere e dargli altro benefizio. Pregovi che, se così è vero, che voi preghiate Cristo in terrache procuri all'Ordine d'uno buono Vicario, ché n'abbiamo grande bisogno. Pregovi che gli ragioniate, se vi pare, di maestro Stefano, che fu Procuratore dell'Ordine quando frate Raimondo era in corte. Credo che sappiate ch'egli è uomo buono e virile. Spero che, se noi l'avessimo, che per la grazia di Dio e per lui l'Ordine si racconcerebbe. Honne scritto al Padre santo; non però detto cui egli ci dà, ma hollo pregato che cel dia buono, e ragionine con voi e con l'arcivescovo d'Otranto. Se bisognasse, che per questo o per veruna altra cosa in utilità della santa Chiesa, che frate Raimondo venisse a voi, Padre: scrivetelo: egli sarà sempre obediente a voi. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CLXXXII - A suor Bartolomea della Seta, monaca del monasterio di Santo Stefano di Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dico che consuma... il freddo, cioè la freddezza dell'amore proprio di sé medesima; to quale amor proprio accieca l'anima, e non le lassa cognoscere né sé né Dio, e tollele la vita della Grazia, e ingenera impazienzia. E la radice della superbia mette allora fuore i rami suoi. Onde offende Dio, e offende il prossimo con disordinato affetto; ed è incomportabile a sé medesimo; e sempre ribella all'obedienzia sua. E tutto questo fa l'amor proprio di sé. Ma il vero vestimento, detto, tutti gli consuma e tolle via. E rimane nel lume della divina Grazia, e non va per la tenebra; ma in verità va per la via del consumato e immacolato Agnello, e per la porta di Cristo crocifisso entra alle nozze del Padre eterno. Ine è fermata e stabilita in Dio, e non ha paura che 'l mondo né 'l dimonio né la carne la possa separare; e truova vita senza morte, sazietà senza fastidio, e fame senza pena. Or non più! porta, porta, e fà spalle di portatore, e non rifiutare peso, se vuoli ben guadagnare insino all'ultimo. Perocché troppo sarebbe sconvenevole, che la Sposa andasse per altra via che lo sposo suo. Altro modo non c'è a voler portare, se non essere vestita, come è detto. E però vi dissi io che desideravo di vederti vestita del vestimento reale, cioè, dell'abisso della carità del Re eterno. Altro non dico. Nasconditi nel costato di Cristo crocifisso, e bàgnati e annégati nel sangue dolcissimo suo. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CLXXXIII - All'Arcivescovo d'Otranto

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissimo e reverendo padre in Cristo Gesù, io vostra indegna Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi pastore buono e fedele a Cristo Gesù, col lume e cognoscimento della sua bontà. Sapete che colui che va col lume di notte, non ofende: così l'anima che è alluminata di Dio, non può offendere; perocché apre l'occhio del cognoscimento e della ragione, e ragguarda che via tenne quello dolce Maestro suo. E come l'ha veduta, per volontà e desiderio ch'egli ha di seguitare il maestro subito corre con sollicitudine e senza negligenzia; non sta a voltare il capo in dreto, cioè a vedere sé medesimo. Vede bene sé col cognoscimento de' peccati e difetti suoi; e confessa, sé per sé non essere:e cognosce in sé la smisurata bontà di Dio, che gli ha dato ogni essere. E a questo cognoscimento si debbe sempre rivoltare e stare; ma dico che non si volti né si debbavoltare a vedere sé per amore proprio e delettazione, né per piacimento di veruna creatura. Dico che l'anima che è illuminata dal vero lume, a questo non si volge; ma poi che ha veduto sé, e trovata la bontà di Dio, allora si da per la via, cioè per tutte quelle vie e modi che tenne il dolce Gesù, e li Santi che 'l seguirono. Ponsi Gesù per obietto suo; ed è tanto il desiderio e l'amore che ha di tenere la via dritta per giugnere al suo obietto, fine dolcesuo, che, perché trovi spine e triboli a ladri che 'l volessero robbare, non cura né teme di cavelle; né per veruna cosa che trovi, vuole tornare indreto. Perocché l'amore gli ha tolto il timore servile di paura; e va dietro alle pedate di coloro che seguitano Cristo: e vede e cognosce che essi furono uomini nati come egli, pasciuti e nutricati come esso; e quella benignità e larghezza di Dio trova ora, che era allora.

Or di questo vero lume o cognoscimento desidera l'anima mia che voi, pastore e Padre mio, siate ripieno con abbondantissimo fuoco d'amore; sicché né diletti né piacimenti né stato né onore del mondo vi possano offuscare questo lume; né spine né triboli né ladro veruno vi possa impedire il corso di queste dolcevia; ma sempre ci specchiamo nel Verbo Incarnato, unigenito Figliuolo di Dio, il quale fu a noi via e regola, che osservandola, sempre ci dà vita. Oimé, Padre, non voglio che sia tentazione o illusione di dimonio che c'impedisca; che sono posti come spine per impedire il nostro andare. Non sia il tribolo della carne nostra che sempre impugna e ribella allo spirito, che è suo nemico perverso, che mai non lo lassiamo indietro; ma sempre viene con esso noi: non sieno ladri e demonii inchinati delle creature, che spesse volte ci vogliono tollere l'amore e la pazienzia con molte ingiurie e persecuzioni che ci fanno. Anco, alcuna volta pigliano l'offizio delle dimonia, volendo impedire li santi e buoni proponimenti che l'uomo averà e adopererà secondo l'onore di Dio. A costoro non basta il loro male che fanno in loro medesimi: ché ancora vogliono fare in altrui. Virilmente dunque perseveriamo nella via nostra, e confortianci, perocché per Cristo crocifisso ogni cosa potremo.

Io godo ed esulto, considerando me dell'arme forte che Dio ci ha data, e della debilezza de' nemici. Ben sapete che né dimonio né creatura può costringere la volontà ad uno minimo peccato. Questa è una mano sì forte, che tenendo el coltello con due tagli, cioè d'odio e d'amore, non sarà veruno nemico sì forte, che si possa difendere, che non sia percosso o gittato a terra. Oh inestimabile ardentissima e dolcissima Carità, che, acciò che li cavalieri che tu hai posti in questo campo della battaglia possano virilmente combattere e specialmente li pastori tuoi che hanno più percosse e più che fare che gli altri, gli hai dato una corazza si forte, cioè la volontà, che niuno colpo, perché percuota, la può nocere; perocché egli ha con che ripararsi da' colpi, e con che difendersi. Guardi pure che il coltello, che Dio gli ha dato, dell'odio e dell'amore, egli nol ponga nelle mani del nemico suo: la corazza allora poco ci varrebbe, ché, colà, dov'ella è forte, diverrebbe molle. Ché io m'avvedo che né dimonio né creatura m'uccide mai se non col mio coltello stesso; con quello che io uccido lui, dandogli, egli uccide me. Chi uccide il vizio, il peccato? solamente l'odio e l'amore: e il dispiacimento ch'io ho conceputo in esso all'amore che io ho conceputo alla virtù per Dio. Se il dimonio e la sensualità vuole voltare questo odio e questo amore, cioè che tu odii quelle cose che sono in Dio, e ami la tua sensualità che sempre ribella a lui perché il dimonio voglia fare questo, non potrà, se la mano forte della volontà non gli 'l porge. Ma se gli 'l desse, colsuo medesimo l'ucciderebbe. Dunque è da vedere quanto sarebbe spiacevole a Dio, e danno a noi; ché (sapete) padre, perché voi sete pastore, non sarebbe pur danno a voi, ma a tutti li sudditi vostri; ed ogni operazione che aveste a fare per voi, e per la Sposa di Cristo, la santa Chiesa, questo sarebbe impedimento.

Su dunque! non più dormite; rizzisi el gonfalone della santissima croce. Ragguardiamo l'Agnello aperto per noi, che da ogni parte del corpo suo versa sangue. O Gesù dolce, chi t'ha premuto, che in tanta abondanzia ne versi? Rispondi: l'amore di noi, e l'odio del peccato. Egli ci ha dato sangue intriso col fuoco della sua carità. Or a questo arbore ci appoggiamo, e con esso andiamo per la via sua detta. Bene aviamo materia di godere, però che ogni nostro nemico diventato debile e infermo, per questo dolce Figliuolo di Maria, unigenito Figliuolo di Dio. Il dimonio è indebilito, che non può tenere più la signoria dell'uomo, perduta l'ha. La carne nostra, che 'l Figliuolo di Dio prese di noi, è flagellata con obbrobri,strazi, scherni e improperii; onde l'anima, quando riguarda la carne sua, debbe subito perdere, e allentare la sua ribellione. Le lode degli uomini, o loro ingiurie che ci facessero, ogni cosa verrà meno, ponendosi innanzi il dolce Gesù, che non lassù né per ingiuria che gli fusse fatta, né per nostra ingratitudine, né per lusinghe, che non compisse l'obedienzia per onore del Padre, e per salute nostra; sicché l'onore del mondo s'atterrà col desiderio e con l'amore dell'onore di Dio.

Or correte dunque per questa via. Siate, siate gustatore e mangiatore dell'anime, imparando dalla prima e dolce Verità e Pastore buono, che ha data la vita per le pecorelle sue. Siate, siate sollicito d'adoperare per onoreed esaltazione della santa Chiesa; e non temete per alcuna cosa che sia avvenuta, o che vedeste avvenire; perocché ogni cosa è illusione di dimonio, che 'l fa per impedire li santi e buoni proponimenti, che, perché non si faccia quello che è cominciato, pare che s'avvegga del male suo. Ma confortatevi, e confortate il nostro Padre santo; e non temete di cavelle; e confortatevi virilmente, non vi restate. Fate che io senta e veda che mi siate così una colonna ferma, che per veruno vento moviate mai, Arditamente e senza veruno timore annunciate e dite la verità di quello che vi pare che sia secondo l'onore di Dio e renovazione della santa Chiesa. Or abbiamo noi altro che uno capo? E questo si dia a cento migliaia di morti se bisogna, e ogni pena e flagello, per amore di Cristo, che con tanto fuoco d'amore non vide sé per sé, ma per onore del Padre, e per salute nostra. Non dico più, Padre; ché io non mi resterei mai. Ebbi grande letizia delle buone novelle che ci mandaste dell'avvenimento di Cristo in terra, e del cominciamento del santo Passaggio. Non caggia tepidezza né sgomento in voi né nel santo Padre per le cose che sono poi avvenute; che con questo, che ci pare contrario, si farà ogni cosa. Io ho inteso che il Maestro dell'Ordin nostro 'l santo Padre 'l vuole promuovere. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso che vi sia raccomandato l'Ordine, e che ne preghiate Cristo in terra, che ci dia uno buono vicario. Vorrei che lo informasse di Maestro Stefano della Cumba, che fu procuratore dell'Ordine della Provincia di Tolosa. Credo che se egli cel darà, sarà grand'onore di Dio e racconciamento dell'Ordine; perocché mi pare ch'el sia uomo virile e virtuoso, e senza timore. écci ora bisogno di medico che non abbia timore, e usi il ferro della santa e dritta giustizia; perocché tanto unguento s'è usato infino a qui, che li membri sono quasi tutti 'imputriditi. Io n'ho scritto al Padre santo: non ho detto però cui egli ci dia; ma ho pregato che cel dia buono, e che ne ragioni con voi e con messer Niccola da Osmo.

Se vedeste, per questo o per altro, fusse utilità o bisogno che frate Raimondo vi venisse; scrivetelo, ed egli sarà subito alla vostra obedienzia. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Ser Gerardo Buonconti vi si manda molto raccomandando; e la madre mia come a caro padre, ed esso come indegno servo vostro. Gesù dolce, Gesù amore.


CLXXXIV - Al priore a fratelli della compagnia della Vergine Maria

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi e dolci figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi legati nel legame dolce della carità, il quale fu quello legame che tenne confitto inchiavellato Dio-ed-uomo in sul legno della santissima croce. Sapete che né chiodi né croce era sufficiente a tenerlo se la carità non l'avesse tenuto. Ella è quello dolce e soave legame, che legò la natura divina nella natura umana. Chi ne fu cagione? Solo l'amore. L'amore fu quello che trasse noi di Dio, creandoci alla imagine e similitudine sua. E per amore, avendo noi perduta la Grazia, e volendoci restituire e rendere quello che avevamo perduto per lo peccato e difetto nostro, ci mandò Iddio 'l Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, e volse che col sangue suo riavessimo la Grazia; ed egli, Figliuolo obediente, corse all'obbrobriosa morte della croce, siccome innamorato della salute nostra. Sicché ogni cosa che Dio ha fatta e fa a noi, è fatta per amore; e però l'anima, che ragguarda questo smisurato e ineffabile amore, vi apre l'occhio dell'intelletto e del cognoscimento nel suo obietto del sangue di Cristo crocifisso, nel quale sangue se gli rappresenta più la larghezzadell'ineffabile carità, che in veruna altra cosa. E così disse Egli, che maggiore amore non può mostrare l'uomo, che dare la vita per l'amico suo. Oh inestimabile amore, se tu commendi che maggiore amore non può essere, che dare la vita per l'amico suo, quanto maggiormente è degno di commendazione l'amore tuo verso di noi, che, essendo fatti nemici, tu hai data la vita, e pagato il prezzo del sangue tuo per noi! Questo eccede ogni amore. O dolce e amoroso Verbo Figliuolo di Dio, tu se' fatto tramezzatore; hai pacificato con la morte tua l'uomo con Dio: ché i chiodi ci sono fatti chiave che ha disserrata vita eterna; ed è aperta per siffatto modo, che a veruno può essere chiusa se egli non vuole; perocché l'uomo non può esser costretto a veruno peccato, se egli non vuole. Il peccato è quello che ci chiude la porta, e tolleciil fine per lo quale fummo creati: il peccato ci tolle la vita, e dacci la morte; tolleci la luce, e dacci la tenebra, perché offusca l'occhio dello intelletto, e non gli lassa vedere il sole né la tenebra, la tenebra dico del cognosciniiento di sé, dove vede e truova la tenebrosa sensualità, che sempre ribella e impugna contra il suo Creatore; e perché non vede la tenebra sua, però non può cognoscere l'amore e il lume della divina bontà. Dissi, che l'animache ragguarda questo smisurato amore, ha conceputo amore ineffabile; ha fatta e confermata la sua volontà con quella di Dio ! Giudica e vede bene, che Dio non vuole altro che la nostra santificazione; e ciò ch'egli ci dàe permette, o tribolazioni, o consolazioni, o persecuzioni o strazi o scherni o villanie, ogni cosa ci è data perchésiamo santificati in lui. Perché la santificazione non si può avere senza le virtù, e le virtù non si possono avere, se non per lo suo contrario. E però l'anima che cognosce questo amore, non si può turbare né contristare di veruna cosa che avvenga, di qualunque cosa si sia; perché sarebbe dolersi del suo bene, e della bontà di Dio che il permette a noi. é vero che la sensualità si vuole sentire quando la cosa che gli dispiaccia: ma la ragione la vince, e fàlla stare suggetta siccome debbe. E con che faremo stare suggetta questa sensualità, che non ribelli al suo Creatore? dicovelo. I diletti e le tribolazioni si raffrenano con le dolcee santa memoria di Dio, cioè con la continua considerazione della morte, la quale trarremo per lo cognoscimento di noi medesimi. Noi vediamo, carissimi figliuoli e fratelli in Cristo dolce Gesù, che noi siamo tutti mortali; che, subitoché siamo creati nel ventre della madre nostra, siamo condannati alla morte, e dobbiamo morire, e non sappiamo quando né come. E chi sarà colui che, se egli considera in sé che la vita sua ètanto breve che aspetta di dì in dì la morte (perocché la vita nostra è quanto una punta d'ago), che non raffreni e tagli ogni disordinata letizia la quale pigliasi dalle stoltee vane letizie del mondo ? Dico che si raffrenerà, e non cercherà né onori né stati né grandezza; né ricchezza possederà con avarizia: anco, se egli averà la ricchezza, sarà fatto dispensatore di Cristo a' poveri, e non le vorràpossedere né tenere con superbia; anco con vera e profonda umiltà, vedendo e cognoscendo che veruna cosa ci è stabile né ferma in questa tenebrosa vita; ma ogni cosa passa via come il vento. Se ella è tribolazione, egli la porta pazientemente, perché vede che è piccola ogni tribolazione che in questa vita potiamo sostenere. E perché è piccola? perché è piccolo il tempo nostro. perocché la fadiga che è passata, tu non l'hai; e quelle che sono a venire, non se' sicuro d'avere, perché non sai se la morte ti verrà e sarai privato d'ogni fadiga. Hai dunque solo questo punto del tempo che t'è presente, sicché la memoria della morte tolle la impazienzia nelle tribolazioni e la disordinata letizia nelle consolazioni.

É vero che non vuole essere pura la memoria della morte, perché caderebbe in confusione; volsegli adunque dare compagnia, e la compagnia si è l'amore ordinato col Santo timore di Dio, cioè di astenersi da' vizii e dapeccati per non offendere il suo Creatore. Il peccato non è in Dio: e però non è degno d'essere amato né desiderato da noi che siamo figliuoli suoi, creature create alla imagine e similitudine sua. Dobbiamo amare quello ch'egli ama, e odiare quello ch'egli odia. Allora si apre l'occhio dello intelletto, e vede quanto è utile il dispregiare i vizii e amare le virtù e quanto gli è danno il contrario: ché il dormire ne' vizii e nelli peccati, venendoglila morte di subito (che non è sicuro), gli dà l'eterna dannazione, dove non ha poi rimedio veruno; e vivere virtuosamente gli dà sempre letizia, pace con Dio e pace col prossimo. Levatosi da ogni rancore sentesi una carità fraterna d'amare il prossimo suo come sé medesimo ama. E così dobbiamo amare amici e inimici in quanto creature ragionevoli, e desiderare la salute loro; e ingegnarci, giusta il nostro potere, di portare e sopportare i difetti loro, odiando il vizio che fusse in loro, ma non loro. Piagnete con coloro che piangono e godete con coloro che godono. Cioè, con coloro che sono nel peccato mortale, che si può dire che sieno nel tempo del pianto e della tenebra; piagnere con loro per compassione e offrirgli per Santo desiderio dinanzi a Dio: e allegrare con loro che vivono in virtù, e allegrarci con loro, non con invidia del loro bene, ma in uno santo ringraziamento della tenebra e ridotti alla luce della Grazia. E a questo modo vive in unità, e osserva il comandamento di Dio; che per l'amore suo ama il prossimo. Questo è il segno che c'è dato da Cristo per essere cognosciuti d'esser figliuoli e discepoli suoi, e così diss'egli a' discepoli: «Amatevi, amatevi, insieme; ché a questo sarà cognosciuto che voi siate discepoli miei!». Passando per queste dolcee soave via, vive in Grazia; e poi si trova nell'ultimo nell'eterna visione di Dio !

Ma sopra tutte l'altre cose, figliuoli miei, di che io viprego e costringo, si è che voi v'amiate insieme: perocché noi ci dobbiamo innestare il cuore e l'affetto nell'amore di Cristo crocifisso. E perché noi vediamo che sommamente egli ha amato l'uomo, così noi dobbiamo trarre questo amore, e legarci stretti col prossimo nostro sì e per siffatto modo, che né dimonio, né ingiuria che ci fusse fatta da esso prossimo nostro, né amore proprio di noi medesimi, ci possa mai sciogliere né rimuovere da questo legame dell'amore. Considerando me, che, in altro modo, l'anima sta in stato di dannazione; e però dissi, che io desideravo di vedervi legati nel legame della carità: ché per ogni ragione dovete essere uniti, sì perché sete tutti creati da Dio, e ricomperati d'uno medesimo sangue; e poi per la santa e dolce congregazione la quale avete fatta nel dolce nome di Maria, la quale è nostra avvocata, madre di grazia e di misericordia. Ella non è ingrata a chi la serve; anco è grata e cognoscente. Ella è quello mezzo che drittamente è uno carro di fuoco, che, concependo in sé il Verbo dell'unigenito Figliuolo di Dio, recò e donò il fuoco dell'amore: perocch'egli è esso amore. Adunque servitela con tutto il cuore e con tutto l'affetto, perocché ella è madre dolcissima vostra.

Anco vi prego che abbiate in odio e in dispiacimento il peccato della immondizia, e ogni altro difetto: ché non sarebbe cosa convenevole che con immondizia serviste a Maria che è somma purità. Non dormite più, padri, fratelli e figliuoli carissimi: levatevi con amore della virtù eodio e dispiacimento del peccato. Vedete che è tanto abbominevole dinanzi a Dio il peccato, che permise che il Figliuolo ne sostenesse morte e passione; ed egli con tanto amore sostenne pena, strazii, scherni e villania, e nell'ultimo l'obbrobriosa morte della croce. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; nascondetevi nelle piaghe sue per affetto d'amore. Maggiore amore non può mostrare l'amico, che dare la vita per l'amico suo; ed egli v'ha dato la vita, avendo svenato ed aperto il corpo suo. Ammollinsi i cuori vostri ora in questo santo tempo, il quale ci rappresenta questo Agnello immacolato, arrostito in su la croce al fuoco dell'ardentissima carità;e nella Pasqua dolcemente vi si dà in cibo. E però vi prego che tutti vi disponiate alla santa comunione; se non ne avesse già legame, che non si potesse sciogliere senza andare a Roma.

Altro non dico. Amatevi, amatevi insieme. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. lo, indegna serva vostra, mi raccomando alle vostre orazioni; benché io son certa che il fate. E pregovi, e stringovi da parte di Cristocrocifisso, che in tutte le vostre orazioni e sante operazioni che Dio vi concede di fare, voi l'offeriate e facciatene sacrifizio a Dio per la reformazione delle dolcesposa di Cristo, della santa Chiesa, per pace ed unità di tuttii Cristiani; e singolarmente per la nostra città che Dio cimandi vera e perfetta unione, e ch'egli escano d'ogni offesa che fatta avessero contra al nostro Salvatore e alla Chiesa santa. E pregate strettamente che la ruina che ci è venuta della guerra de' Fiorentini col santo Padre per li nostri peccati, che Dio, per la sua pietà, la converta invera pace. Ché io vi dico, che se noi non ci aitiamo con le molte e continue orazioni a chiamare la divina misericordia, noi siamo nel peggiore stato, l'anima e il corpo, che noi fussimo mai. Bussiamo alla misericordia sua con l'orazione e desiderio di pace: ed egli è benigno, che none spregierà la voce del popolo che griderà a lui. Udite ildolce e buono Gesù che ce lo insegna, che noi dobbiamo bussare e chiamare a lui col lume della fede che noi crediamo essere esauditi da lui: altrimenti, l'orazione non varrebbe niente. Dice le dolceprima Verità: «Bussate, e saravvi aperto: chiedete, e saravvi dato: chiamate, esaravvi risposto». Poiché egli e' insegna il modo pigliamolo con buona e santa sollicitudine, con lunga e perfetta perseveranzia; che, come dice egli stesso, se non veldesse per altro, per l'importunità della perseveranzia cel darà. Altro non dico. Gesù dolce, Gesù Amore. Maria.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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CLXXXV - A Gregorio XI



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, reverendissimo e dilettissimo padre in Cristo Gesù, la vostra indegna, misera, miserabile figliuola Catarina, serva' e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi uno arbore fruttifero, pieno di dolci e soavi frutti, e piantatoin terra fruttifera (perocché se fusse fuora della terra, siseccherebbe, e non farebbe frutto); cioè nella terra del vero cognoscimento di voi. Perocché l'anima che cognosce sé medesima, s'umilia perocché non vede di che insuperbire; e nutrica in sé il frutto dolce dell'ardentissimacarità, cognoscendo in sé la smisurata bontà di Dio; e cognoscendo sé non essere, ogni essere che ha, retribuisce poi a Colui che è. Onde allora pare che l'anima sia costretta ad amare quello che Dio ama, e odiare quello ch'egli odia.


Oh dolce e vero cognoscimento, il quale porti teco il coltello dell'odio e con esso odio distendi la mano del santo desiderio a trarre e uccidere il vermine dell'amore proprio di sé medesimo, il quale è uno vermine che guasta e rode la radice dell'arbore nostro, sì e per siffatto modo che niuno frutto di vita può producere, ma seccasi, e non dura la verdura sua; perocché colui che ama sé, vive in lui la perversa superbia (la quale è capo e principio d'ogni male) in ogni stato ch'egli è, o prelato o suddito. Che se egli è solo amatore di sé medesimo, cioè che ami sé per sé, e non sé per Dio; non può far altro che male, e ogni virtù è morta in lui. Costui fa come la donna che partorisce i figliuoli morti. E così è veramente: perché in sé non ha avuta la vita della carità, e attendettesolo alla loda e alla gloria propria, e non del nome di Dio. Dico dunque: se egli è prelato, fa male, perocché per l'amore proprio di sé medesimo (cioè, per non cadere in dispiacimento delle creature) nel quale egli è legatoper piacimento e amore proprio di sé muore in lui la giustizia santa. Perocché vede commettere i difetti e' peccati a' sudditi suoi, e pare che facci vista di non vedere, o non gli correggere; o se pure li corregge, li correggecon tanta freddezza e tiepidità di cuore, che non fa cavelle, ma è uno rampiastrare il vizio: e sempre teme di non dispiacere e di non venire in guerra. Tutto questo è perché egli ama sé. E alcuna volta è che essi vorrebbero fare pur con pace; io dico che questa è la più pessima crudelità che si possa usare. Se la piaga, quando bisogna, non s'incende col fuoco, e non si taglia col ferro, ma ponesi solo l'unguento; non tanto ch'egli abbi sanità, ma imputridisce tutto, e spesse volte ne riceve la morte.


Oimé, oimé, dolcissimo Babbo mio! questa è la cagione che li sudditi sono tutti corrotti di immondizia e di iniquità. oimé, piangendo il dico: quanto è pericoloso questo vermine detto! che non tanto che dia la morte al pastore, ma tutti gli altri ne vengono in infermità e in morte. perché séguita costui tanto unguento? perché non ne gli viene pena; perocché dell'unguento che pongono sopra gl'infermi, non ne gli cade dispiacere neuno, né neuno malevolere; però che non ha fatto contra la sua volontà; perocch'egli voleva unguento, e unguento gli ha dato. Oh miseria umana! Cieco è lo infermo che non cognosce il suo bisogno; e cieco è il pastore che è medico, che non vede né riguarda se non al piacere, e alla sua propria utilità; perocché, per non perderlo, non ci usa coltello di giustizia, né fuoco dell'ardentissima carità. Ma costoro fanno come dice Cristo: che se uno cieco guida l'altro, ambidue ne vanno nella fossa. E l'infermo e il medico ne vanno all'inferno. Costui è dritto pastore mercenaio, perocché non tanto che esso tragga le pecorelle sue di mano del lupo, egli è divoratore d'esse pecorelle. E di tutto questo è cagione, perché egli ama sé senza Dio: onde non séguita il dolce Gesù, pastore vero, che ha dato la vita per le pecorelle sue. Bene è dunque pericoloso in sé e in altrui questo perverso amore, e bene è da fuggirlo, poiché ad ogni generazione di gente fa tanto male. Spero per la bontà di Dio, venerabile Padre mio, che questo spegnerete in voi; e non amerete voi per voi, né il prossimo per voi, né Dio; ma ameretelo perché egli è somma e eterna Bontà, e degno d'essere amato; e voi e il prossimo amerete a onore e gloria del dolce nome di Gesù. Voglio dunque che siate quello vero e buono pastore che se aveste cento migliaia di vite, vi disponiate tutte a darle per onore di Dio, e persalute delle creature. O Babbo mio, dolce Cristo in terra, seguitate quello dolce Gregorio; perocché così sarà possibile a voi come a lui; però che egli non fu d'altra carne che voi; e quello Dio è ora, che era allora: non ci manca se non virtù, e fame della salute dell'anime. Ma a questo c'è il rimedio, Padre; cioè che noi leviamo l'amore detto di sopra, da noi a da ogni creatura fuora di Dio. Non s'attenda più né ad amici né a parenti, né a sua necessità temporale; ma solo alla virtù, e alla esaltazione delle cose spirituali. Ché per altro non vi vengono meno le temporali, se non per abbandonare la cura delle spirituali.


Or vogliamo noi dunque aver quella gloriosa fame che hanno avuta quelli santi e veri pastori passati, e spegnere in noi questo fuoco, cioè dell'amore di sé? Facciamo come eglino, che col fuoco spegnevano il fuoco; perocché tanto era il fuoco della inestimabile e ardentissima carità che ardeva nelli cuori e nell'anime loro, che erano affamati, e fatti gustatori e mangiatori dell'anime. Oh dolce e glorioso fuoco, che è di tanta virtù, che spegne il fuoco, a ogni disordinato diletto a piacere, e amore di sé medesimo; e fa come la gocciola dell'acqua, che tosto si consuma nella fornace. E chi mi dimandasse come ci vennero a questo dolce fuoco e fame (conciosiacosaché noi siamo pur arbori infruttiferi per noi); dico che essi s'innestaro nell'arbore fruttifero della santissima e dolcissima croce, dove essi trovaro l'Agnello svenato con tanto fuoco d'amore della nostra salute, che non pare che si possa saziare. Anco grida che ha sete; quasi dica: io ho maggior ardore e sete e desiderio della salute vostra, che io non vi mostro con la passione finita. Oh dolce e buono Gesù! Vergognisi li pontefici e li pastori, e ogni creatura, dell'ignoranzia e superbia e piacimenti nostri, a ragguardare tanta larghezza e bontà e amore ineffabile del nostro Creatore. Il quale s'è mostrato a noi arbore, nella nostra umanità, pieno di dolci a soavi frutti; perché noi, arbori salvatichi, ci potessimo innestare in lui. Or questo fu dunque il modo che tenne lo innamorato di Gregorio e gli altri buoni pastori; cioè, cognoscendo, loro senza neuna virtù non essere, ragguardando il Verbo, arbore nostro; e fecero uno innesto in lui, legati e vinti col legame dell'amore. Perocché di quello che l'occhio vede, di quello si diletta, quando è cosa bella e buona. Adunque videro, e vedendo, si legaro sì e per siffatto modo che non vedevano loro, ma ogni cosa vedevano e gustavano in Dio. E non era né vento né grandine, né dimonia, né creature, che le potesse tollere che non producessero frutti domestichi: perocché erano innestati nel midollo dell'arbore: nostro, Gesù. E li frutti, dunque, loro producevano eglino per lo midollo delle dolcecarità, nella quale erano uniti. E non ci ha altro modo.


E questo è quello ch'io voglio vedere in voi. E se per insino a qui non ci fussi stato ben fermo, in verità voglioe prego che si facci questo punto del tempo che c'è rimasto, virilmente, e come uomo virile, seguitando Cristo, di cui Vicario sete. E non temete, Padre, per veruna cosa che avvenga da questi venti tempestosi che ora vi sono venuti, cioè di questi putridi membri che hanno ribellato a voi. Non temete: però che l'aiuto divino è presso. Procurate pure alle cose spirituali, a' buoni pastori, a' buoni rettori nelle città vostre; perocché per li mali pastori e rettori avete trovata ribellione. Poneteci dunque rimedio; e confortatevi in Cristo Gesù, e non temete. Andate innanzi, e compite con vera sollecitudine e santa quello che per Santo proponimento avete cominciato; cioè dell'avvenimento vostro, e del Santo e dolce Passaggio. E non tardate più, perocché per lo tardare sono avvenuti molti inconvenienti; e il demonio s'è levato e leva per impedire che questo non si faccia, perché s'avvede del danno suo. Su dunque, Padre! e non più negligenzia. Drizzate il gonfalone della Santissima croce, perocché coll'odore della croce acquisterete la pace. Pregovi che caloro che vi sono ribelli voi gl'invitiate ad una santa pace, sicché tutta la guerra caggia sopra gl'infedeli. Spero per l'infinita bontà di Dio, che tosto manderà l'aiutorio suo. Confortatevi, confortatevi, e venite, venite a consolare li poveri li servi di Dio, e figliuoli vostri. Aspettiamovi con affettuoso e amoroso desiderio. Perdonatemi, Padre, che tante parole v'ho dette. Sapete che per l'abondanza del cuore la lingua favella. Son certa che, se sarete quello arbore che io desidero di vedervi, che neuna cosa vi impedirà.


Pregovi che vi mandiate proferendo come padre in quello modo che Dio v'ammaestrerà, a Lucca e a Pisa, sovvenendoli in ciò che si può e invitandoli a star fermi eperseveranti. Sono stata a Pisa e a Lucca, infino a qui, invitandoli quanto posso che lega non faccino con membri putridi, che son ribelli a voi: ma essi stanno in grande pensiero, perocché da voi non hanno conforto, e dalla contraria parte sempre so' stimolati e minacciati che la faccino. Ma per infino a qui, al tutto non hanno acconsentito. Pregovi che ne scriviate anco strettamente a messer Piero: e fatelo sollecitamente, e non indugiate. Non dico più.


Qui ho inteso che avete fatto i Cardinali. Credo che sarebbe onore di Dio, e meglio di noi, che attendeste sempre di fare uomini virtuosi. Se si farà il contrario, sarà grande vituperio di Dio, e guastamento della santa Chiesa. Non ci maravigliamo poi, se Dio ci manda le discipline e i flagelli suoi; perocché giusta così è. Pregoviche facciate virilmente ciò che avete a fare, e con timore di Dio.


Ho inteso che 'l Maestro dell'Ordine nostro voi 'l dovete promuovere ad altro benefizio. Onde io vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, che, s'egli è così, che voiprocuriate di darci uno buono e virtuoso vicario; perocché l'Ordine ne ha bisogno, però che egli è troppo insalvatichito. Potretene ragionare con messer Niccola da Osimo, e coll'arcivescovo di Tronto: e io ne scriverò a loro.


Permanete nelle dolcee Santa dilezione di Dio. Dimandovi umilmente la vostra benedizione. Perdonate alla mia presunzione, che presumo di scrivere a voi. Gesù dolce, Gesù amore.


CLXXXVI - A Neri di Landoccio

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dolcissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serve e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti disponere il vasello del cuore e dell'anima tua a ricevere quello che Dio ti vuole dare col mezzo dell'orazione. Perché vogl'io che ti disponga? Perché in altro modo nol potresti ricevere. Ché come Dio è sempre disposto a dare, così l'anima debbe sempre disponere sé medesima a ricevere. E con che si dispone? Con quella disposizione che ha ricevuta da Dio; la quale ricevemmo quando fummo creati all'immagine e similitudine sue. Però che allora ricevemmo il vasello della disposizione, e' l lume; cioè la memoria, la quale è quello vasello che ritiene; e l'intelletto, ricevendo il lume della fede nel santo battesimo; e la volontà, la quale è disposta ed atta da amare: Perocché senza amore non può vivere, sicché dunque la disposizione dell'amore abbiamo avuta da Dio per lo essere: perocché siamo fatti per amore e doviamo col libero arbitrio presentare e offerire nel cospetto di Dio questo per essere dato per amore, e coll'amore ricevere l'amore: l'amore dico, generale, che Dio ha ad ogni creatura ragionevole, e' doni e le grazie particolari, le quali l'anima si sente ricevere in sé medesima. Allora invitiamo Dio a traboccare sopra di noi il fuoco e l'abisso della sua inestimabile carità, con uno lume soprannaturale, e con una plenitudine di grazia, e con uno adornamento di virtù; lavando la faccia dell'anima nel prezioso sangue dell'umile e immacolato Agnello. E con una fame dell'onore di Dio e della salute dell'anime corre in su la mensa del crociato desiderio e ine mangia questo dolce e soave cibo tanto abbondantemente, che scoppia e crepa la propria sensualità; e così rimane morta la volontà ad ogni amore proprio e appetito sensitivo. E così si dispone, come sposo fedele della Verità; e a morire e dare mille volte la vita se fusse possibile, per essa Verità. Ora è il tempo, carissimo e dolcissimo figliuolo, da ponerla: e allora sarai atto a ponerla, quando averai per sempre la detta disposizione. Non dico più. Permaneto nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù Amore.


CLXXXVII - A don Giovanni Sabbatini da Bologna, e don Taddeo de' Malavolti da Siena, monaci della Certosa a Belriguardo

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Crsito Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel preziososangue suo; con desiderio di vedervi cavalieri virili senzanessuno timore servile. Così vuole il nostro dolce Salvatore, che noi temiamo lui, e non gli uomini del mondo; così disse egli: «Non temete coloro che possono uccidere il corpo; ma me, che l'anima e il corpo posso mettere nell'inferno». E però voglio che voi siate annegati nel sangue del Figliuolo di Dio, arsi nel fuoco della divina carità; perocché qui vi si perde ogni timore servile, rimane solo il timore di riverenzia. Or che può fare il mondo, il dimonio, e i servi suoi a colui che si trova in questo smisurato amore che s'è posto per obietto il sangue? niente: Anzi sono istrumenti di darci e di provare in noi, la virtù: imperocché la virtù si prova per lo suo contrario. E però debbe l'anima godere e esultare, cercare con sua pena sempre Cristo crocifisso, e per lui annichilire e avvilire sé medesimo; dilettarsi sempre di pena e di croce. Volendo pena, tu hai diletto; e volendo diletto, tu hai pena.

Adunque meglio ci è annegarci nel sangue, e uccidere le nostre perverse volontà con cuore libero al suo Creatore, senza veruna compassione di sé medesimo. Allora sarà pieno il gaudio e la letizia in voi. Aspetterete senzafadiga affiiggitiva. Di nessuno comandamento che ci fusse fatto, doviamo sentire pena, ma piuttosto diletto; perocché non è veruno comandamento fatto per gli uomini, che ci possa tòrre Dio, ma sono cagione di darci la virtù della pazienzia, e fannoci più solliciti di correre incella ad abbracciarci coll'arbore, in cercare la visione invisibile, che non vi può essere tolta; perocché l'affetto ela Carità, se noi non vogliamo, mai si perde. Or che dolce diletto sarebbe ad essere perseguitato per Cristo crocifisso! Di questo voglio che vi dilettiate per qualunque modo Dio vi dà croce; non eleggendola a vostro modo, ma a modo di colui che ve la dà, riputandovi indegni di tanta grazia quanta è ad essere perseguitati per Cristo crocifisso.

Sappiate figliuoli miei dolci in Cristo Gesù, che questa è la via de' Santi che seguitarono la via di Cristo: altra via non ci è, che ci menasse a vita. E però voglio che con ogni sollicitudine e con odio santo di voi medesimi voi vi studiate di seguitare queste dolcee dritta via. Al luogo santo dell'orazione date buona sollicitudine e perseveranzia, mentre che lo Spirito Santo ve la porge: non sia schifata né fuggita da voi se la vita ne dovesse andare. Per tenerezza né per compassione di corpo non lassate mai; perché il dimonio non vorrebbe altro se non per privarci dell'orazione, o per compassione di noi, del corpo proprio, o per tedio di mente. E però, per veruna di queste cose dobbiamo lassare l'esercizio dell'orazione; ma col pensiero della bontà di Dio, cognoscendo noi difettuosi, cacciamo le cogitazioni del dimonio, e la tenerezza di noi. Nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso; amatevi insieme per Cristo crocifisso: non temete di cosa che avvegna. Ogni cosa potrete per Cristo crocifisso, che sarà in voi, che vi conforterà.

Siate obedienti infino alla morte, di ciò che vi fusse imposto, che vi fusse più in grave. Non schifate il frutto per fuggire fadiga, poniamoché d'alcuna cosa il dimonio ve la farebbe sentire, e schifare sotto colore di virtù, dicendo: «Questa era la consolazione dell'anima mia, ed accrescimento di virtù in me». Non gli credete. Ma confidatevi, a tenete che quello che Dio vi donava per mezzo di quella consolazione, vi darà puramente per sé medesimo, per la sua bontà. Sapete bene, che una foglia d'arbore senza la Providenza sua non cade: sicché ciò ch'egli permette al dimonio, o alle creature, che facciano a noi, è fatto colla sua Providenzia per necessità della nostra salute, o per accrescimento di perfezione. Adunque a riverenza voglio che l'abbiate. Spogliatevi il cuore,e l'affetto eziandio, delle cose temporali, di furore da quella che vi bisogna per la vostra necessità. Vestitevi di Cristo crocifisso, e inebriatevi del sangue suo: ivi troverete la letizia e pace compiuta. Non dico di più. Permanete nella Santa e edolce dilezione di Dio. Amatevi, amatevi insieme. Gesù dolce, Gesù Amore.


CLXXXVIII - A suor Bartolomea della Seta, nel monasterio di Santo Stefano in Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi con vero e perfettissimo lume; il quale lume ci tolle la tenebra, e drizzaci per la via della verità; facci cognoscere la nostraimperfezione, e il danno che te ne séguita, e l'eccellenza della perfezione, e quanto è utile a noi e piacevole a Dio. E però da questo lume veniamo all'odio perfetto della propria sensualità e della imperfezione; e veniamo ad amore della virtù; in tanto che veruna cosa può cercare, volere o desiderare l'anima, se non quello che la faccia venire a virtù. Non rifiuta pene né fadighe; anco le abbraccia e dilettasi in esse, perché vede bene che per altravia non può compire il desiderio suo d'acquistare quella virtù che ama. Ed ella si fa una strada della dottrina di Cristo crocifisso, seguitandola con ansietato desiderio: ella non si reputa di sapere altro che Cristo crocifisso. La sua volontà non è sua, perocché ella l'ha morta e annegata nella dolce volontà di Dio; nella quale volontà s'è unita per afetto d'amore, e con lui fa mansione; perocché allora Dio è nell'anima per grazia, e l'anima è in Dio. Ella levasi sopra di sé, cioè sopra il sentimento suo sensitivo, e gusta la dolcezza della verità eterna, la quale verità cognobbe nelle dolcevolontà di Dio col lume della fede; e vide nel sangue dell'Agnello, che la sua volontà non vuole altro che la nostra santificazione. La verità sua è questa: ch'egli ha creato l'uomo alla imagine e similitudine sua per dargli vita eterna, e acciocché renda gloria, e loda al nome suo. Per la colpa di Adam, questa verità non si adempiva nell'uomo: e però egli ci donò il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, ponendogli quella grande obedienzia, che col sangue suo ricomprasse il figliuolo dell'umana generazione; ed egli, come innamorato, corse all'obbrobriosa morte della santissima croce; e non ritrasse la sua obedienzia per morte, per pena né rimproverio né per lusinghe che ricevesse; ma, come, valente e virile capitano, fece ancudine del corpo suo. né anco si ritrasse per nostra ingratitudine. così fa l'anima che col lume ha cognosciuta questa verità: ella non si ritrae per mormorazioni, né per battaglie del dimonio, né per tenebre di mente, né per la fragile carne che impugna contro lo spirito; ma tutte queste cose si mette sopra a' piei dell'affetto. Ella è costante e perseverante; che tanto gode, quanto si vede sostenere. Bene è dunque da cercare questo vero e perfetto lume, e con odio levare da noi quella cosa che cel tolle, cioè l'amore proprio di noi medesimi. A questo odio verremo, quando staremo serrati nella casa del cognoscimento di noi; dove troveremo l'amore proprio di noi. Perocché l'anima che si vede amare, non può fare che non ami. Allora s'infonde uno lume sopranaturale nell'occhio dell'intelletto nostro, col quale lume veniamo ad ogni perfezione: ma senza il lume non vi verremo mai. E però dissi ch'io desideravo di vedervi con vero e perfettissimo lame. Di questo voglio che vi studiate, quantunque potete, d'averi, in voi... Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù Amore.


CLXXXIX - A monaci di Cervaia, e a fra Giovanni di Bindo, Niccolo di Ghida, ed altri suoi in Cristo figliuoli, de' frati di Monte Oliveto presso Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo Gesù, ioCatarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo e confortovi nel prezioso sangue suo, il quale sangue fu sparto con tanto fuoco d'amore, che dovrebbe trâre a sé ogni cuore ed affetto della creatura. E non è grande fatto se la memoria del sangue è ne' cuori de' servi di Dio, però che egli è mescolato con fuoco.

Così mi ricordo che disse la prima Verità una volta ad una serva sua, dimandando ella, e dicendo: «Poiché tu eri morto, perché volesti che il costato ti fusse aperto, egittasse tanta abbondanzia di sangue?» egli diceva allora: «Molte sono le cagioni; ma due principali te ne dirò. L'una perché io volsi e che per l'apritura del lato vi manifestai il secreto del cuore; perocché più era dentro l'affetto che io aveva all'uomo, che il corpo con l'atto di fuore non poteva mostrare. L'altra si fu il battesimo che per li meriti del sangue mio era dato all'umana generazione». Sapete che egli gittò sangue, ed acqua; l'acqua per lo battesmo santo che è dato a' Cristiani, il quale ci dà la vita e la forma della Grazia, il quale, per li meritidel sangue dell'Agnello, provide la divina eterna bontà per rimedio delle nostre ignoranzie e miserie. E per coloro che non potessero avere il battesmo dell'acqua, ha posto il battesmo del sangue e del fuoco; perocché il sangue loro, sparto per Dio, sarebbe battesmo, siccome fu a' santi Innocenti. E tutto questo varrebbe loro per lo sangue del Figliuolo di Dio, perché il sangue de' martiri valse e vale per lo sangue suo. Ma noi miseri miserabili Cristiani, ricevuta già la Grazia, perché non si leva su ilcuore nostro freddo, pieno d'amore proprio e d'ignoranzia, a ragguardare tanto ineffabile fuoco d'amore, e la sua inestimabile providenzia? che, vedendo che per lo peccato noi perdiamo la Grazia e la purità che riceve l'anima nel santo battesmo (il quale è di tanta eccellenzia, che non si può prendere altro, che una volta), ha ordinato il battesmo del sangue e del fuoco, il quale possiamo continuamente prendere.

Confortianci dunque, fratelli miei, e non veniamo meno, né per peccato commesso, né per alcuna illusione o tentazione di dimonio: e sia la via sozza, brutta quanto vuole. perocché il medico nostro Cristo ci ha data la medicina contra ogni nostra infirmità, cioè il battesmo del sangue e del fuoco, nel quale l'anima purifica e lava ogni peccato, consuma e arde ogni tentazione e illusione del dimonio: perocché il fuoco è intriso col sangue. Adunque, bene è vero che egli arde d'amore, e lo Spirito Santo è esso fuoco. Perché l'amore fu quella mano che percosse il Figliuolo di Dio, e fecegli versare sangue; e unironsi insieme; e fu sì perfetta questa unione, che noi non possiamo avere fuoco senza sangue, né sangue senza fuoco. E perché l'uomo, mentre che vive nella carcere corruttibile del corpo suo (il quale è una legge perversa, che sempre lo invita e inchina a peccato)... ha posto il dolce e buono Dio questo continuo rimedio, quale fortifica la ragione e la libertà dell'uomo, cioè questa continua medicina del fuoco dello Spirito Santo, che non gli è mai tolto: anco adopera continuamente la Grazia e i doni suoi. In tanto che ogni dì puoi e debbi adoperare questo battesmo dolce, el quale t'è dato per grazia, e non per debito. Quando dunque l'anima ragguarda e vede in sé tanta eccellenza e fuoco di Spirito Santo, inebriasi per siffatto modo dell'amore del suo Creatore, che ella al tutto perde sé, e, vivendo, vive morta, e non sentein sé amore né piacimento di creatura. Perocché la memoria s'è già piena dell'affetto del suo Creatore; e lo intendimento non si sente a intendere né a vedere neuna cosa fuore di Dio: ma solo intende e vede, sé medesimo non essere, e la bontà di Dio in sé; la quale bontà infinita, vede che non vuole altro che il suo bene. E allora l'amore suo è diventato perfetto verso di Dio; e non avendo in sé altro, né intendendo altro, non si potrebbe tenere allora il veloce corso del desiderio; ma corre senza veruno peso o legame, perocch'egli ha tagliato da sé, e levato ogni peso che gli fusse cagione a impedire questo corso. E sono questi cotali sì legati nel giogo di Cristo, che amano loro per Dio, a Dio per Dio, ed il prossimo per Dio.

A questa perfezione, carissimi fratelli, voi sete invitatie tratti dallo Spirito Santo, dallo stato del secolo allo stato della santa Religione; e sete legati col funicolo della vera e santa obedienzia, menati a mangiare fialoni di mele nel giardino della santa Chiesa. Adunque io vi prego, poiché è tanto dilettevole, che giammai non volliate il capo addietro per veruna fadiga o tentazione che il dimonio vi desse; e non venga mai a tristizia e a confusione l'anima vostra: perocché il dimonio non vorrebbe altro. Onde egli spesse volte darà molte molestie e varie battaglie, e faratti falsamente giudicare contra l'obedienzia che ti fusse imposta. E non fa questo perché di primo colpo creda che noi cadiamo, ma solo perché l'anima venga a disordinata tristizia e confusione di mente; perocché, essendo condotta l'anima in su la tristizia a confusione per tedio di sé, perde e abandona i suoi esercizii spirituali li quali faceva, parendole che le sue operazioni non debbano essere accette né piacevoli a Dio; perché gli'l pare fare in tante tenebre e freddezza di cuore, parendole essere privata del calore della carità, che lepare meglio di lassarle stare, che di farle. Allora il dimonio gode, perché la vede per la via di conducerla a disperazione; perocché in altro modo non può guadagnare, se non per questo. Non è dunque da fare così; perocché, se tutti i peccati si raunassero in un corpo d'uno uomo, e gli rimanga la vera speranza e la viva fede della infinite misericordia; non ci potrà tollere che noi non partecipiamo e riceviamo il frutto del sangue del Figliuolo di Dio, il quale il dolce Gesù sparse, volendo adempire l'obedienzia del Padre e la salute nostra. E perché egli non aveva in sé altra volontà se non adempire quella del Padre suo; ogni pena, strazio, scherni, e morte gli tornava a grandissima dolcezza; in tanto che gli parbe giungere alla pasqua, giungendo alle pene. Questo parbe che mostrasse nella cena, quando disse a' discepoli suoi: «Con desiderio ho desiderato di fare questa pasqua». Questa era la pasqua; che vedeva compiuto il tempo, e venuto quello che tanto aveva desiderato, cioè di fare sacrificio del corpo suo al Padre per noi in sul legno della santissima croce. Or così voglio, dunque, che facciate voi; perocché così fa l'anima innamorata di Dio; cioè, che non schifa fadiga che trovi, né per dimonio né per obedienzia; ma tanto gode, quanto si vede sostenere. E tanto gode ed esulta, quanto si vede più legato corto dal prelato suo per obedienzia; perocché vede, quanto l'effetto e la volontà è più legato quaggiù, tanto è più larga e legata con Cristo.

E se mi diceste: «Che modo tengo quando sento le tenebre e la cecità della mente, che non pare che ci sia punto di lume, onde io mi posse attaccare a speranza?» dicovelo, fratelli e figliuoli miei. Voi sapete che il peccato sta solo nella perversa e mala volontà. E però l'anima, quando vede la buona volontà in sé, che elegge innanzi la morte, che offendere attualmente il suo Creatore; debbe allora abandonare la confusione di sé, e andare per lo lume il quale trova, d'una Grazia nascosa nell'anima, la quale Dio gli ha data, conservandogli la buona volontà. Ora questa mensa dunque si debbe pascere, esercitandosi in ogni santa operazione. E risponda alla confusione del dimonio, e dica: «Se la divina Grazia non fusse in me, io non averci buona volontà; ma seguiterei le malizie tue; e le mie perverse cogitazioni. Ma io lui confido in Domino nostro Jesu Christo, il quale mi conseverà fino all'ultimo della vita mia».

Voglio, dunque, che apriate l'occhio della ragione, fratelli miei, a cognoscere voi medesimi: perocché nel cognoscimento di noi medesimi l'anima s'umilia; il qual cognoscimento riceve per le molte tenebre e molestie delle dimonia, e cresce in sollicitudine, ed in amore di Dio; perocché vede che senza lui non si può difendere, e trova in sé Dio per snata e buona volontà. Così dunque abbiamo veduto in che modo troviamo Dio nel tempo delle tenebre, e come nelle cose amare l'anima trova dolcezza solo per l'affettuoso e consumato amore; il quale l'anima concepe, e trove continuamente nel battesmo del sangue e del fuoco dello Spirito Santo. Il quale è a noi principio, regola, mezzo e fine nostro: nel quale fine l'anima non è più viandante né peregrina in questa vita; ma è fermata a stabilita nella visione eterna di Dio, ove riceve il frutto d'ogni sua fadiga. Adunque corriamo, diletti figliuoli miei, none schifando né fuggendo neuna fadiga, ma seguitando il Capo nostro Cristo Gesù. Altro non dico. Volate con l'ale della profonda umilità e della ardentissima carità. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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11/06/2020 17:36
 
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CXC (190) - A Francesco di Pipino sarto da Firenze, e a monna Agnesa sua donna



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi alluminati di vero lume, acciocché perseveriate nella virtù infino alla morte. Senza il lume, carissimi, andereste in tenebre e non cognoscereste la verità, e le cose dolci vi parrebbero amare, e le amare dolci. Ma avendo il lume, saremo cauti, e fuggiremo tutte quelle cose che avessero a diminuire in noi le virtù, e l'amore che dobbiamo avere, schietto, al nostro Creatore. Con questo lume vederemo quanto è pericolosa la conversazione di quelli che vivono senza il timore di Dio; però ch'ella è il fondamento della nostra ruina. Ella ci fa ingrossare la coscienzia; tolleci la madre dell'orazione, leva via l'astinenzia, impedisce il fervore; dilata l'affetto ne' diletti vani del mondo,furaci l'umiltà santa, tolleci l'onestà, apre i sentimenti del corpo, e accieca l'occhio dell'intelletto nostro, in tanto che mai non pare che l'anima abbia incominciato a cognoscere il suo Creatore; e così a poco a poco non s'avvede la creatura, e trovasi d'un angelo terrestre, diventato dimonio d'inferno. E dove è la purità che tu solevi avere? Ove è il desiderio di patire per Dio? Dove sono le lagrime che tu solevi spandere nel cospetto di Dio con umile e continua orazione ? dov'è la carità fraterna che tu avevi a ogni creatura ragionevole? Nulla ce n'è rimaso, però che il dimonio ha furato tutto col mezzo degli servi suoi.


Non voglio, figliuoli carissimi e dolcissimi, che questo addivenga a voi: ma la vostra conversazione sia sempre con quelli che temono ed amano Dio in verità. Questi sono cagione di riscaldare la freddezza del cuore nostro, a dissolvono la durizia, con dolci ragionamenti di Dio; ragionando della grande bontà e carità sua verso di noi. E l'uno è cagione di dare lume all'altro, ricercando la dottrina di Cristo crocifisso, e la vita de' Santi. Odiansitutti e' sentimenti del corpo: con una modestia santa abbraccia la umiltà, e la viltà sua sorella, disprezzando sé medesimo. E così, brevemente, séguita della conversazione de' servi di Dio; siccome ogni male ci dà quella de' servi del mondo. Onde dice to Spirito Santo per bocca del profeta: «Tu sarai santo con i santi, innocente cogl'innocenti, ed eletto cogli eletti; e perverso con i perversi.


Voglio dunque che a questo abbiate una grande avvertenzia, di sempre conversare con i servi di Dio, e serve; e gli altri e l'altre fuggire come fuoco. E non vi fidatemai di voi, dicendo: «io son forte, e non temo che questi mi faccia cadere». Non così, per l'amore di Dio! Ma con vera umiltà cognosciamo che, se Dio non ci tiene egli, noi saremmo dimoni incarnati. Noi n'abbiamo esempio innanzi siffatto, che sempre doviamo stare in tremore. Son certa che, se avrete vero lume, che voi in questo e in ogni altra cosa compirete la volontà di Dio, e il desideriomio: altrimenti, no. E però vi dissi, che io desideravo di vedervi illuminati di esso lume.


Per fretta non dico più ora. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXCI - A Tommaso d'Alviano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi servo fedele alla santa Chiesa, sì come colonna e difenditore di queste dolcesposa di Cristo. Perocché, chi sarà trovato fedele nel punto della morte sua, non vederà pena eternale. Ogni fedele Cristiano è tenuto d'esser fedele e di servire alla santa Chiesa, a ciascuno secondo lo stato suo.

Dio mette i suoi lavoratori in questo glorioso giardino: e noi siamo quelli lavoratori, i quali dobbiamo servire in tre modi. L'uno modo tocca generalmente a tutti i fedeli Cristiani, i quali debbono lavorare con umili e sante orazioni, e con vera obedienzia; cioè essere obedienti e riverenti alla Santa Chiesa; la quale è il giardinode' Cristiani, dove essi si dilettano, e onde essi traggonola vita della Grazia, quando essi non sono spregiatori del sangue, cioè che lo spregino nel peccato mortale, e con la irreverenzia e disobidienzia alla santa Chiesa; ma stiano come lavoratori, come detto è. Il secondo modo, di coloro che sono posti a lavorare in questo giardino per ministri, quali hanno a ministrare, i santi Sacramenti della Santa Chiesa, e pascersi e nutricarci spiritualmente; i quali ci debbono nutricare di dottrina e di esemplo. E se l'esemplo loro non fosse specchio di virtù, non è però di meno la vita che noi traiamo da questi Sacramenti, colà dove noi li riceviamo degnamente. E non debbe essere di meno per alcun difetto o malo esemplo de' pastori, la riverenzia che noi dobbiamo avere verso di loro; perché la virtù del Sacramento, non riceve alcuna lesione per alcun difetto loro: e però noi li dobbiamo avere in riverenzia per virtù del Sacramento. E perché essi sono i suoi Unti, e chiamali per la Scrittura i suoi Cristi; e' non vuole che essi siano toccati, o buoni o cattivi che siano, per mano de' secolari. E però è molto spiacevole e abominevole a Dio questo peccato; e gl'iniqui uomini, come membri del dimonio, se ne vogliono far giudici in punire i loro difetti; e, come ciechi, perseguitano la santa madre Chiesa.

E per questa malvagia e iniqua persecuzione ha proveduto Dio del terzo modo, cioè de' terzi che lavorino in questo giardino; e questi sono coloro che la sovvengono temporalmente servendola fedelmente dell'avere e della persona. Intra li quali mi pare che Dio abbia eletto voi, perché voi gli siate servo fedele ora nel gran bisogno suo. Questo servizio è tanto piacevole a Dio, che la lingua nostra non sarebbe sufficiente a narrarlo; e specialmente quando l'uomo serve non tanto per diletto o per propria utilità, quanto per zelo della santa Chiesa, cioè per lo suo crescimento ed esaltazione. E tanto è piacevole a Dio, che eziandio se molti fossero che non avessero quella dritta e santa intenzione la quale debbono avere, anco ne saranno però rimunerati di ogni servigio che sarà fatto a queste dolceSposa. E Dio sarà per coloro che s'affadigheranno per lei: e se Dio è per loro, neuno sarà contra loro.

E però io v'invito, carissimo fratello, ad afadigarvi virilmente, voi e gli altri che sono a vostra compagnia, afadigandovi con vera e santa intenzione per le dolcesposa di Cristo. é questa la più dolce fadiga, e di più utilità, che alcuna altra fadiga del mondo. Questa è una fadiga, che, perdendo, vincete; cioè, che perdendo la vita corporale avete vita eterna. Però che nel sangue sparto per la santa Chiesa si lavano tutti i difetti e le iniquitadi chesi fossero commesse. E se vince, ha già fatta l'oferta dinanzi a Dio della vita sua, perché si mise alla morte: e seegli acquista della sostanzia temporale, è sua lecitamente. E chi non volesse, fratello carissimo, disponere sé a ogni pena e tormento per esser servo fedele di questa sposa? Non vi si metterà colui che è accecato, ed è spregiatore del sangue di Cristo, e che la perseguita: onde a uno tratto perde l'anima e il corpo, e consuma i beni temporali. Oh quanta grazia v'ha fatta Dio a voi, e agli altri che lo servono, che ve n'ha fatto aiutare e non perseguitare. Onde io dico: se voi deste il corpo vostro ad ardere, non potreste satisfare a tanta grazia.

E però vi prego, che gli rispondiate con amore ineffabile, e ad essere specchio di virtù nello stato vostro; acciocché voi facciate con santa e buona intenzione, e siate colonna ferma e servo fedele. Il gonfalone della santissima Croce non si parta mai dal cuore e dalla mente vostra; perocché, non essendo virtuoso, né purificato la coscienza con la santa confessione, non sareste servo fedele né a Dio né alla Chiesa sua, né sareste buono lavoratore in questo giardino santo.

E però vi dissi, che io desideravo di vedervi servo fedele alla santa Chiesa. Pregovene e costringovene, voi a gli altri, da parte di Cristo crocifisso, che così facciate. Esempre condite la virtù della giustizia con la misericordia; però ché, altrimenti, non sarebbe virtù. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; e con santa intenzione e buona sollecitudine fate quello che avete a fare. E io leverò le mani e la mente al cielo, e orerò continuamente per voi e per gli altri, pregandolo che vi guardi da ogni male e che ci dia grazia che si faccia una dolce pace; e dopo la pace andiamo tutti di bella brigata sopra gl'Infedeli. Quello mi darà grandissima allegrezza; e questo mi dà grandissima pena, cioè di vedere che noi siamo condotti a tanto, che l'uno Cristiano combatta coll'altro, e ifigliuoli ribellano al padre, perseguitando 'l sangue di Cristo crocifisso. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXCII - A Neri di Landoccio

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dolcissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. lo Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti sempre crescere di virtù in virtù, infine che io ti vegga tornare al mare pacifico dove tu non arai mai dubitazione d'essere, separato da Dio. Però che la puzza della legge perversa che impugna contro lo spirito, sarà rimasa alla terra e averàle renduto il debito suo. Voglio, dolcissimo figluolo, che, mentre che vivi in questa vita, tu t'ingegni di vivere morto ad ogni propria volontà; e con essa morte acquisterai le virtù. Per questo modo vivendo, darà a terra la legge della perversa volontà. E così non dubiterai che Dio permetta in te quello che permise in quell'altro; né averai pena perché per spazio di tempo l'umanità tua sia separata da me e dall'altra congregazione. Confòrtati; e stiati a mente quello che disse la Verità, cioè delle sue mani non ne sarebbe tolto veruno. Dico, delle sue mani, perché ogni cosa è suo. E io so che tu m'intendi senza molte parole. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXCIII - A misser Lorenzo del Pino da dottore in Decretali

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi amatore e seguitatore della verità e spregiatore della bugia. Ma questa verità non si può avere né amare s'ella non si cognosce. Chi è Verità? Dio è somma ed eterna Verità. In cui la cognosceremo? In Cristo dolce Gesù; perocché col sangue suo ci manifesta la verità del Padre eterno. La verità sua è questa, verso di noi: che egli ci creò alla imagine e similitudine sua per darci vita eterna,e participassimo e godessimo del bene suo. Ma per la colpa dell'uomo questa verità non s'adempiva in lui; e però Dio ci donò il Verbo del suo Figliuolo; e imposegli questa obedienzia, che dovesse restituire l'uomo a Grazia con molto sostenere, purgando la colpa dell'uomo sopra di sé e nel sangue suo manifestasse la sua verità. Onde per l'amore ineffabile che l'uomo trova mostrarsi a sé da Dio, con questo mezzo del sangue di Cristo cognosce, che non cerca né vuole altro che la nostra santificazione. E per questo fine fummo creati; e ciò che Dio dà e permette a noi in questa vita, dà, perché siamo santificati in lui. Questa verità, chi la cognosce, non se ne scorda, ma sempre la séguita e ama, tenendo per le vestigie di Cristo crocifisso. E siccome questo dolce e amoroso Verbo, a nostro esempio e dottrina, spregiò il mondo e tutte le delizie, e volle sostenere fame e sete, obbrobriie rimproverii infino all'obbrobriosa morte della croce per onore del Padre e salute nostra; così queste vie e vestigie séguita colui ch'è amatore della verità, la quale cognobbe col lume della santissima fede. Perocché senza questo lume non si potrebbe cognoscere; ma, avendolo, la cognosce; e cognoscendola l'ama, e diventa amatore di ciò che Dio ama, e odia ciò che Dio odia.

Questa differenzia è tra colui che ama la verità, e colui che l'odia. Colui che odia la verità, è quello che giacenella tenebra del peccato mortale. Questo odia quello che Dio ama, e ama quello che Dio odia. Dio odia il peccato e' l disordinato diletto e piacere del mondo; e egli l'ama, nutricandosi nella miseria del mondo; e in ogni stato si corrompe. Onde, s'egli ha offizio per lo quale egli abbia a ministrare alcuna cosa al prossimo suo, egli nol serve se non in quanto se ne vede trarre utilità, e piùno; ed è fatto amatore di sé medesimo. Cristo benedetto diè la vita per noi. ed egli non vuole dare una parola in servizio del prossimo che non si vegga pagato e soprappagato. E se egli è poverello che non possa pagare, egli ilfa stentare prima che gli dica la verità; e spesse volte nongliela dice; ma fassi beffe di lui: e dove egli ebbe esser pietoso e padre de' poveri, ed egli è fatto crudele all'anima sua, perché offende li poverelli. Ma il misero uomo non vede che il sommo Giudice non gli renderà altro che quello che riceve da lui; perocché giustamente ogni peccato è punito, e ogni bene è remunerato. Cristo abbracciò la povertà volontaria, e fu amatore della continenzia; e il misero uomo il quale è fatto seguitatore e amatore della bugia, fa tutto il contrario; però che non tanto che egli stia contento a quello ch'egli ha, o ch'eglirifiuti per amore della virtù, ma egli invola l'altrui. E non che egli stia contento allo stato del matrimonio nel quale, se l'osserva come diè, può stare con buona coscienzia; ma egli come disordinato e animale bruto s'involle in ogni miseria, e come il porco si involle nel loto, così fa egli nel loto dell'immondizia.

Ma noi potremmo dire: «Come farò io, che ho le ricchezze e sono nello stato del matrimonio, se queste cose sono dannazione dell'anima mia?». O carissimo fratello, in ogni stato che è l'uomo, può salvare l'anima sua e ricevere in sé la vita della Grazia; ma non mentre che egli sta in colpa di peccato mortale. Però che ogni stato è piacevole a Dio; e non è accettatore degli stati, ma del santo desiderio. Onde noi le possiamo tenere quando si tengono con ordinata volontà; perocché ciò che Dio ha fatto, è buono e perfetto eccetto il peccato, che non è fatto da lui, e però non è degno d'amore. Le ricchezze e lo stato del mondo, se l'uomo le vuol tenere, il può; e non offende Dio né l'anima sua; ma se egli le lassasse, sarebbe maggior perfezione, però che maggior perfezione è a lassare che a tenere. Ma s'egli non vuole lassare attualmente, debbe lassare e rifiutare col santo desiderio, e non ponere in loro il suo principale affetto, ma solo in Dio; e tenerle per uso a' suoi bisogni e della sua famigliae come cosa prestata, e non come cosa sua. Facendo così non riceve pena mai d'alcuna cosa creata; perocché la cosa che non si possiede per amore, non si perde mai con dolore. Onde vediamo che i servi del mondo, amatori della bugia portano nella vita loro grandissime pene, e infine all'ultimo crociati tormenti. Chi n'è cagione?Il disordinato amore che ha a sé e alle cose create, amandole fuore di Dio. Perocché la divina Bontà ha permesso che ogni disordinato affetto sia incomportabile a sé medesimo.

Questo cotale sempre crede la bugia perocché in lui non è cognoscimento di verità. E credesi di tenere il mondo e starsi in delizie, farsi Dio del corpo suo, e dellealtre cose ch'egli ama disordinatamente, uno Dio; ed e' gli conviene lassare. Onde noi vediamo, che egli le lassa morendo, o Dio permette che elle ci siano levate dinanzi. E tutto dì il vediamo; però che testè è l'uomo ricco, etestè povero; oggi è salito nello stato del mondo, e domane è disceso; ora sano, e ora infermo. E così ogni cosa è mutabile. E sonci levate dinanzi quando ce le crediamo bene stringere; o noi siamo tolti a loro col mezzo della morte.

Sicché vedete che ogni cosa passa. Onde, vedendo che elle passano, si debbono possedere con modo e lume di ragione, amandole con quel modo che si debbono amare. E così tenendole, non le terrà con tenimento di colpa, ma con grazia; e con larghezza di cuore, e non con avarizia; con pietà de' poveri, e non con crudeltà; con umiltà, e non con superbia; con gratitudine e non con ingratitudine; e ricognosceralle dal suo Creatore, e non da sé. E con questo medesimo amore ordinato amerà e' figliuoli, e gli amici e i parenti, e ogni altra creatura che ha in sé ragione. E terrà lo stato del matrimonio, ordinato, ma ordinato sì come Sacramento; e' averà in reverenzia e' dì che sono comandati dalla santa Chiesa. Sarà, e viverà, come uomo, e non come animale; e non essendo continente, sarà continente, e ordinerà la volontà sua. Questi sarà un arbore fruttifero, che producerà e' frutti della virtù; e sarà odorifero, perché standonella puzza, getterà odore; e il seme che uscirà di lui saràbuono e virtuoso.

Sicché vedete che in ogni stato potete avere Dio; perocché lo stato non è quello che cel tolle, ma solo la mala volontà. La quale volontà essendo posta in amore della bugia, è disordinata: e con essa volontà corrompe ogni sua operazione. Ma s'egli ama la verità, séguita le vestigie della verità: onde odia quello che odia la verità,e ama quello ama la verità: e allora è buona e perfetta ogni sua operazione. In altro modo non gli sarebbe possibile di partecipare la vita della Grazia: né alcuna sua operazione farebbe frutto di vita.

Onde non cognoscendo io altra via, dissi che desideravo di vedervi amatore e seguitatore della verità, e spregiatore della bugia: cioè, che odiate il dimonio padre delle bugie, e la propria sensualità, che séguita cosiffatto padre: e amiate Cristo crocifisso, ch'è via verità e vita. Perocché, chi va per lui, giugne alla luce, e vestesi del lucido vestimento della carità, dove sono fondate tutte le virtù. La quale carità ed amore ineffabile, quando è nell'anima, non si chiama contenta allo stato comune, ma desidera d'andare più innanzi. Onde dalla povertà mentale desidera d'andare all'attuale, e dalla mentale continenzia vuole andare all'attuale, per osservare e' comandamenti e consigli di Cristo; cominciandogli a venire a tedio il fracidume. E perché molto gli pare malagevole stare nel loto e non imbrattarsi desidera con ansietato desiderio e affocata carità di sciogliersi a un trattodal mondo, in quanto gli fosse possibile. E non essendogli possibile di levarsi attualmente, si studia d'essere perfetto nello stato suo: almeno il desiderio non gli manca.

Adunque, carissimo fratello, non dormiamo più, ma destianci dal sonno. Aprite l'occhio dell'intelletto col lume della fede a cognoscere e amare e seguitare questa verità, la quale cognoscerete nel sangue dell'umile ed amoroso Verbo. E il sangue cognoscerete nel cognoscimento di voi, però che la faccia dell'anima si lava col sangue: e' l sangue è nostro, e neuno cel può tollere, se noi non vogliamo. Non siate, adunque negligente; ma, come vasello, empietevi nel sangue di Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXCIV - A monna Tora, figliuola di misser Pietro Gambacorti in Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere spogliato il cuore e l'affetto tuo del mondo e di te medesima. Perocché in altro modo non ti potresti vestire di Cristo crocifisso, perché 'l mondo non ha neuna conformità con Dio. Onde l'affetto disordinato del mondo ama la superbia; e Dio l'umiltà: il mondo cerca onori, stato e grandezza: e Cristo benedetto le dispregiò, abbracciando la vergogna, li scherni, le villanie, fame, sete, freddo ecaldo, infino alla obbrobriosa morte della croce; colla quale morte rendette onore al Padre, e noi fummo restituiti a Grazia. Questo affetto disordinato cerca di piacere alle creature, non curando dispiacere al Creatore; e egli non cercò mai se non di compire l'obedienzia del Padre eterno per la nostra salute. Egli abbracciò e vestissi della povertà volontaria; e 'l mondo cerca le grandiricchezze. Bene è dunque differente l'uno dall'altro: e però è di necessità che se 'l cuore è spogliato del mondo, sia pieno di Dio; e se egli è spogliato di Dio, sia pieno del mondo. Così disse il nostro Salvatore: «Neuno può servire a due signori; ché, se serve all'uno, è in contentoall'altro».

Dobbiamo adunque con grande sollecitudine levare il cuore e l'affetto da questo tiranno del mondo, e ponerlo tutto libero e schietto in Dio, e senza neuno mezzo; non doppio, né amare fittivamente: però che egli è 'l dolce Dio nostro che tiene l'occhio suo sopra di noi, e vede l'occulto segreto del cuore nostro. Troppo è grande simplicità e mattezza la nostra, che, vedendo noi che Dio ci vede, e ch'egli è giusto giudice che ogni colpa punisce, e ogni bene rimunera, e noi siamo come accecati e senza veruno timore, aspettando quello tempo che noi non abbiamo né siamo sicuri d'avere. Sempre ce n'andiamo attaccando; e se Dio ci taglia uno ramo, e noi ne pigliamo un altro. E più ci curiamo di perdere queste cose transitorie e delle creature, che noi curiamo di perdere Dio. Tutto questo ci avviene per lo disordinato amore che noi ci abbiamo posto, tenendole e possedendole fuora della volontà di Dio. Onde in questa vita ne gustiamo l'arra dell'inferno; perocché Dio ha promesso giustamente che chi disordinatamente ama queste cose, sia incomportabile a sé medesimo. E sempre ha guerra nell'anima e nel corpo: perocché porta pena di quello che possiede, per timore ch'egli ha di non perderlo; e per conservarlo, che non gli venga meno, s'affadiga dì e notte; e pena porta anco di quello che non ha, perché l'appetisce d'avere. E così mai l'anima non si quieta in queste cose del mondo, perciocché sono tutte meno di sé. Elle sono fatte per noi, e non noi per loro; e noi siamo fatti per Dio, acciò che gustiamo il suo sommo e eterno bene. Solo adunque Dio la può saziare: in lui si pacifica e in lui si riposa. Però che essa non può volere né desiderare neuna cosa che essa non trova in Dio. Egli sa, può e vuole dare a noi più che non sappiamo desiderare per la nostra salute. E noi il proviamo: perocché, non tanto ch'egli ci dia addomandando, ma egli ci diè prima che noi fussimo; perocché, non pregandolo mai, ci creò alla immagine e similitudine sua, e recreocci a Grazia nel sangue del suo Figliuolo. sicché dunque l'anima si pacifica in lui, e non in altro; perocché egli è coluiche è somma ricchezza, somma sapienzia, somma bontà e somma bellezza; in tanto che neuno può estimare la sua bontà, grandezza e diletto, se non esso medesimo. Sì che egli sa, può e vuole saziare e compire li santi desiderii di chi si vuole spogliare del mondo, e vestirsi di lui. Adunque io voglio che a questo poniamo ogni nostro studio, cioè di spogliare il cuore e l'affetto nostro di tutte le cose terreno e delle creature, aman o ogni uomo in Dio e per Dio, e fuora di lui nulla.

A questo t'invito, dolcissima figliuola, cioè a ponere e a fermare il cuore e la mente tua in Cristo crocifisso; luicercare e di lui pensare; dilettandoti di stare sempre innanzi a Dio con umile e continua orazione. La quale io ti do per principale tuo esercizio: che quanto t'è possibile tu spenda tutto il tempo tuo: però che essa orazione è quella madre che nella carità di Dio concepe le vere virtù, e nella carità del prossimo le parturisce. In essa orazione impara l'anima a spogliarsi di sé, e vestirsi di Cristo. In essa gusterai l'odore della continenzia; in essaacquisterai una fortezza, che non curerai battaglie del dimonio, né ribellione della fragil carne, né detto di creatura che ti volesse rimuovere dal santo proponimento. Contra tutti starai forte, costante e perseverante insino alla morte. In essa orazione t'innamorerai delle pene per conformarti con Cristo crocifisso. In essa ritroverai un lume soprannaturale, col quale camminerai per la via della verità. Molte altre cose t'averei a dire sopra questamadre dell'orazione; ma la brevità del tempo nol patisce. Studiati dunque pure in essa. E sempre t'ingegna di cognoscere te, e li tuoi difetti, e la grande bontà di Dio in te, e l'affetto della carità sua, e gl'infiniti beneficii. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXCV - A Stefano di Corrado Maconi

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo Figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti forte e perseverante nella battaglia, acciò che riceva la corona della gloria. E tu sai bene, che solo a' perseveranti è datala corona ed il frutto delle fadighe.

Ma tu mi dirai: «In che modo posso avere questa fortezza, conciosia cosa che io sia tanto debole, che ogni piccola cosa mi fa dare a terra?». Io ti rispondo e confessoti, che tu sei debile e fragile secondo la sensualità; ma,secondo la ragione e la fortezza dello spirito, non è così;perocché nel sangue di Cristo siamo fortificati: solo la debilezza sta nella sensualità. Possiamo dunque vedere per che modo s'acquista questa fortezza, poiché ogni debilezza è nella parte sensitiva. Dico, che per questo modo acquisteremo questa gloriosa virtù della fortezza e lunga perseveranzia. Poiché la ragione è fortificata nel sangue di Cristo, ci doviamo annegare in questo dolce e glorioso prezzo, vedendolo coll'occhio dell'intelletto, e lume della santissima fede nel vasello dell'anima nostra, cognoscendo l'esser nostro da Dio, e la ricreazione, che Dio ci fece a Grazia, nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo, dove ci fu tolta la debilezza. O figliuolo carissimo, riguarda e godi, che tu se' fatto vasello, che tieni ilsangue di Cristo crocifisso, se tu 'l vorrai gustare per affetto d'amore.

O sangue pietosol che per te si distillò la pietosa Misericordia. Tu se' quello glorioso sangue dove lo ignorante uomo può cognoscere e vedere la verità del Padre eterno, con la quale verità, e amore ineffabile, fummo creati a la immagine e similitudine di Dio. La sua verità fu questa: perché participassimo e godessimo di quello sommo bene suo, il quale egli gusta in sé. Nel sangue ci hai manifestata questa verità; e per altro fine non creastil'uomo.

O Sangue, tu dissolvesti la tenebra, e dasti la luce all'uomo acciocché cognoscesse la verità, e la santa volontà del Padre eterno. Tu hai empiuta l'anima di Grazia, onde ella ha tratto la vita, ed è privata della morte eternale. Tu ingrassi l'anima del cibo dell'onore di Dio, e salute dell'anime; tu satolli d'obbrobrii, desiderandoli,e portandoli per amore di Cristo crocifisso. Tu ardi e consumi l'anima nel fuoco della divina carità, cioè che consumi ciò che trovasi nell'anima fuora della volontà di Dio. Ma tu non l'affliggi né disecchi per colpa di peccato mortale. O sangue dolce, tu la spogli del proprio amore sensitivo, il quale amore indebilisce l'anima che se ne veste; e hala vestita del fuoco della divina carità; perché non può gustare te, Sangue, che tu non la vesta di fuoco (perché tu fusti sparto per fuoco d'amore), accostandoti nell'anima. Perché amore non è senza fortezza, né fortezza senza perseveranzia: e però la fortifichi econforti in ogni avversità.

Adunque vedi, dolcissimo figliuolo, che questo è il modo a venire a perfetta fortezza: che tu t'unisca nel fuoco della divina carità, la quale troverai nel Sangue. E nel Sangue affoga e uccidi ogni propria volontà. Allora, essendo accostato Il con la somma Fortezza, sarai forte e perseverante, e ucciderai la debilezza della propria sensualità; e nella amaritudine gusterai la dolcezza, e nella guerra la pace.

Confòrtati, figliuolo, e non venire meno sotto la disciplina che Dio t'ha posta; tanto che sia venuta l'ora tua. Pensa che sempre a cavare il fondamento si dura maggiore fadiga: fatto il fondamento, agevolmente si fa l'edificio. Tu fa il principio tuo; poi compiutolo di fare, agevolmente farai ogni altra cosa. Non voglio che ti paia duro; ma la durizia, che si dissolva con la memoria del Sangue. Porta, porta; sia fatto portatore. Ma tanto ti dico... Di questo però ne fa ciò che lo Spirito Santo te nefa fare. Ma a pena mi tengo che io non dica quella parola che disse Cristo. Spero che a luogo e tempo suo si farà. E tu briga di fornire la navicella dell'anima tua, e d'empire il vasello del cuore, di Sangue. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXCVI (196) - A Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e reverendissimo padre in Cristo Gesù. Io Catarina, indegna e miserabile vostra figliuola, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel preziososangue suo; con desiderio di vedervi pastore buono; considerando me, babbo mio dolce, che il lupo ne porta le pecorelle vostre, e non si trova chi le rimedisca. Ricorro dunque a voi padre e pastore nostro, pregandovi da parte di Cristo crocifisso, che voi impariate da lui, il quale con tanto fuoco d'amore si diè all'obbrobriosa morte della santissima croce per trarre la pecorella smarrita dell'umana generazione delle mani delle dimonia; perocché, per la rebellione che l'uomo fece a Dio, la possedevano per sua possessione.

Viene dunque la infinita bontà di Dio, e vede 'l male e la dannazione e la ruina di questa pecorella; e vede che con ira e con guerra non ne la può trarre. Onde, non istante che sia ingiuriato da essa (perocché, per la rebellione che fece l'uomo disobbediente a Dio, meritava pena infinita). La somma ed eterna Sapienza non vuole fare così; ma trova uno modo piacevole, e più dolce e amoroso che trovare possa; perocché vede, che per neuno modo si traie tanto il cuore dell'uomo, quanto per amore; però ch'egli è fatto per amore. E questa pare la cagione che tanto ama, perché non è fatto d'altro che d'amore, secondo l'anima e secondo il corpo. perocché per amore Dio il creò alla immagine e similitudine sua; e per amore il padre e la madre gli diè della sua sustanzia concependo e generando 'l figliuolo. E però vedendo Dio che egli è tanto atto ad amare, drittamente gli gitta l'amo dell'amore, donandoci il Verbo dell'unigenito Figliuolo, prendendo la nostra umanità, per fare una grande pace. Ma la giustiza vuole che si faccia vendetta della ingiuria che è stata fatta a Dio: viene dunque la divina misericordia e ineffabile carità, per satisfare alla giustiziae alla misericordia, condanna il figliuolo suo alla morte, avendolo vestito della nostra umanità, cioè della massa d'Adam, che offese. Sicché per la morte sua è placata l'ira del Padre, avendo fatta giustizia sopra la persona del figliuolo: e così ha satisfatto alla giustizia, ha satisfatto alla misericordia, traendo dalle mani delle dimonia l'umana generazione. Ha giuocato questo dolce Verbo alla braccia in sul legno della santissima croce, facendo uno torniello la morte con la vita e la vita con la morte: sicché per la morte sua distrusse la morte nostra, e per darci la vita consumò la vita del corpo suo. Sicché dunque con l'amore ci ha tratti, e con la sua benignità ha vinta la nostra malizia; in tanto che ogni cuore dovrebbe essere tratto; perocché maggiore amore non poteva mostrare (e così disse egli) che dare la vita per l'amico suo. E se egli commenda l'amore che dà la vita per l'amico, che dunque diremo dell'ardentissimo e consumato amore che diè la vita per lo nemico suo? Perocché per lo peccato eravamo fatti nemici di Dio. Oh dolce e amoroso Verbo, che con l'amore hai ritrovata la pecorella, e con l'amore gli hai data la vita, ed ha la rimessa nell'ovile, rendendole la Grazia, la quale aveva perduta!

Oh santissimo babbo mio dolce, io non ci vedo altro né altro rimedio a riavere le vostre pecorelle, le quali con ribelle si sono partite dall'ovile della santa Chiesa, non obbedienti, né subietti a voi padre. Onde io vi prego da parte di Cristo crocifisso, e voglio che mi facciate questa misericordia, cioè con la vostra benignità vinciate la loro malizia. Vostri siamo, o Padre. E io cognosco e so che a tutti in comune lor pare aver male fatto; e poniamoché scusa non abbino nel male adoperare, nondimeno, per le molte pene e cose ingiuste e inique che sostenevano per cagione de' mali pastori e governatori, lor pareva non potere fare altro. Perocché sentendo il puzzo della vita di molti rettori, e' quali sapete che sono demoni incarnati, vennero in tanto pessimo timore, che fecero come Pilato, il quale per non perdere la signoria, uccise Cristo: e così fecero essi, che per non perdere lo stato, vi hanno perseguitato. Misericordia adunque, padre, v'addimando per loro. E non ragguardate all'ignoranzia e superbia de' vostri figliuoli; ma con l'esca dell'amore e della vostra benignità, dando quelle dolcedisciplina e benigna reprensione che piacerà alla Santità vostra, rendete pace a noi miseri figliuoli che abbiamo offeso. Io vi dico, dolce Cristo in terra, da parte di Cristo ìn cielo, che facendo così, cioè senza briga e tempesta, essi verranno tutti con dolore dall'offesa fatta, e metterannovi il capo in grembo. Allora goderete, e noi goderemo; prché con amore averete rimessa la pecorella smarrita nell'ovile della santa Chiesa. E allora, babbo mio dolce, adempirete il santo desiderio vostro e la volontà di Dio, cioè di fare il santo passaggio; al quale io v'invito per parte sua a tosto farlo, e senza negligenzia. Ed essi si disporranno con grande affetto; e disposti sono a dare la vita per Cristo. oimé, Dio, amore dolce! Rizzate, babbo, tosto il gonfalone della santissima croce, e vederete li lupi diventare agnelli. Pace, pace, pace! acciocché non abbi la guerra a prolongare questo dolce tempo. Ma se volete fare vendetta e giustizia, pigliatela sopra di me misera miserabile, e datemi ogni pena e tormento che piace a voi, infino alla morte. Credo che per la puzza delle mie iniquità siano venuti molti difetti e molti inconvenienti e discordie.

Dunque sopra me misera vostra figliuola prendete ogni vendetta che volete. oimé, padre, io muoio di dolore, e non posso morire. Venite, venite, e non fate più resistenzia alla volontà di Dio che vi chiama; e le affamate pecorelle v'aspettano che veniate a tenere e possedere il luogo del vostro antecessore e campione, apostolo Pietro. Perocché voi, come vicario di Cristo, dovete riposarvi nel luogo vostro proprio. Venite dunque, venite, e non più indugiate; e confortatevi, e non temete d'alcuna cosa che avvenire potesse, perocché Dio sarà con voi. Dimandovi umilmente la vostra benedizione e per me, e per tutti li miei figliuoli; e pregovi che perdoniate alla mia presunzione. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù Amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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11/06/2020 17:40
 
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CXCVII (197) - A Matteo di Tomuccio da Orvieto



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi pietra ferina, e non foglia che si volla ad ogni vento. Perocché l'anima, che non è fondata sopra la viva pietra, Cristo dolce Gesù (cioè che l'affetto e 'l desiderio suo sia fondato solamente in Dio, e non nelle cose transitorie del mondo, le quali passano tutto come 'l vento), viene meno, perch'è privata della divina Grazia. La quale Grazia conserva l'anima; ricevene la vita: e dàlle perfettolume privandola della tenebra, e fondandola in vera e perfetta pazienzia, e in vero e santo timore di Dio, con perfetta umiltà e carità fraterna col prossimo suo. E non si muove per impazienzia al vento delle tribolazioni, né con disordinato diletto si muove per lo vento delle consolazioni; né non enfia di superbia per lo vento della ricchezza e del fumo dell'onore del mondo. E tutto questo gli diviene perché non si muove: perché il suo fondamento è Cristo crocifisso. Onde, perché soffino quelli tre venti principali, donde viene ogni altro vento, non li cura. Cioè il dimonio; che dalla bocca sua esce il vento di molte e diverse cogitazioni e battaglie; quando battaglia di vanità (la quale fa il cuore leggero; e non maturo;e per essa vanità cresce l'appetire e 'l desiderare gli statidel mondo), e quando con colore di virtù. E questo è il più malagevole vento a cognoscere, che sia; e solo l'umile è quello che 'l cognosce, e non può essere ingannato da loro. Il colore della virtù, che il dimonio pone, è questo: che, se egli trova l'anima ignorante e senza la virtù dell'umiltà o vero cognoscimento di sé; poniamo che abbi cominciato a desiderare Dio e mostrar segno di virtù (perché è ancora imperfetto, e non ha tanto cognoscimento che gli basti, di sé), si dà vedere i fatti del prossimo suo temporalmente e spiritualmente, Cioè nelle cose temporali e spirituali. Onde allora il dimonio soffia col vento del falso giudicio; giudicando il prossimo suo, e' servi di Dio, e gli servi del mondo iniquamente; e non sen'avvede. Onde questo cotale vuol tollere la signoria del giudicio di mano a Dio: però che solo egli li ha a giudicare. Perché non sen'avvede? perché il dimonio gli ha ammantellato questo giudicio col mantello della virtù, però che gli pare fare per bene. Ed è sì doppio questo parere, che spesse volte ne gli pare fare sacrificio a Dio.Ma egli s'inganna, per la superbia che è in lui: perocché, s'egli fusse veramente umile e fondato in vero cognoscimento di sé, egli si vergognerebbe di vedersi cadere in siffatto giudizio: perocch'egli vederebbe ch'egli è un voler ponere regola a Dio.

Però che allora vuole ponere regola a Dio, quando si scandalizza ne' servi suoi, volendo mandare le creature a modo suo, non secondo che Dio le chiama. E però colui che sarà fondato sopra la viva pietra, Cristo, farà resistenzia a questi movimenti, e non consentirà; ma con vera umiltà s'ingegnerà di godere e rendere gloria a Dio de' costumi e de' modi de' servi suoi, e di avere compassione a' difettuosi, pregando la divina Bontà che volla l'occhio della misericordia sopra di loro, traendoli del peccato e riducendoli alle virtù. E così trae dalla spina la rosa. E ha la mente sua schietta: e non va fantasticando, empiendosi la memoria di diverse fantasie di cose spirituali che gli pare ricevere alla niente, e delle temporali: come fanno e' matti e li stolti, e lipresontuosi, che non hanno ancora veduto loro, e vogliono investigare e' fatti d'altrui con speci di bene: e lassansi percuotere a questo perverso vento, che è tanto pericoloso. O maledetta bocca, come hai attossicato il mondo colla puzza tua in quelli che sono nel secolo, e fuori del secolo, come detto è! E poiché ha giudicato col cuore, getta la puzza della mormorazione, e rimane scandalizzata e vuota, la mente, in Dio e nel prossimo suo. Bene è dunque da fuggirlo, con vera e santa sollecitudine.

L'altro pericoloso e perverso vento è 'l mondo. Il quale col disordinato amore proprio di sé si diletta, e cerca i diletti e le consolazioni sue, ponendovi l'occhio dell'intelletto su, e ricoprendo la tenebra e la miseria e poca fermezza e stabilità del mondo con la bellezza, mostrandogli bello e piacevole; e così lo inganna, mostrando lunga vita, e ella è breve; parendogli che tutti i dilettie consolazioni e ricchezze del mondo sieno ferme e sue, ed elle sono mutabili, e songli date in presta e per uso a sua necessità. Perocché di bisogno è, che o siano tolte all'uomo, o l'uomo sia tolto a loro. Onde allora sono tolte a noi, quando alcuna volta le perdiamo, o che ci sono involate da altrui, o per altri diversi accidenti che vengono altrui: per li quali si consumano e vengono meno. Dico che allora siamo tolti a loro, quando la prime dolceVerità ci chiama, separando l'anima dal corpo; dove s'abbandona il corpo e 'l mondo con tutte le sue delizie: della quale separazione neuno è che né ricchezza né onore ne 'l possa campare, che non l'abbia. L'anima dunque, debile e accecata, che non ha tratta la terra del mondo dall'occhio suo, anco, se l'ha posto per obietto, si volle, come la foglia dell'arbolo, al vento del proprio amore disordinato di sé e del mondo. Di questa maledetta bocca esce un'invidia verso del prossimo suo, con una reputazione di sé; mormorando. E assai volte ne viene in odio e in rancore col prossimo. E delle cose altrui spesse volte fa sue; e per acquistarle userà giuri, spergiuri, falso testimonio. E in tanto cresce, che desidera la morte del prossimo suo. E quelli che debbe amare come sé, egli n'è fatto divoratore e della carne e della sustanziasua. Egli è senza alcuna fermezza; e cosa che cominci di virtù rare volte la trae a fine. Costui è fondato sopra l'arena, che neuno edificio vi si può fare, che tosto non caggia a terra. Costui è privato della vita della Grazia, eha perduto il lume della ragione; va come animale, e non come creatura ragionevole.

Convienci dunque, ed è di necessità d'esser fondati nella pietra viva, nella quale coloro che vi hanno posto l'occhio dell'intelletto, e l'affetto per santo desiderio, non possono esser percossi, né si lassano percuotere da questo malvagio vento; anco, fanno resistenzia, e difendonsi con lo dispiacimento del mondo, e della vanità e diletti suoi; ed abbattono la superbia con la profonda umiltà, e desiderando povertà volontaria. E chi ha la ricchezza e lo stato, tienlo, ma non possiede con disordinato amore fuore della volontà di Dio: ma con amore e santo timore il tiene, e come dispensatore di Cristo, sovvenendo a' poveri, e notricando e' servi di Dio, e avendoli in riverenzia, considerando che sempre offrono orazioni e affocati desiderii, sudori e lagrime dinanzi da Dio per la salute d'ogni creatura. Questi tali godono in ogni tempo e stato che sono, perché sono privati della amaritudine della disordinata volontà, fondata in proprio amore. Poi, dunque, che è tanto dilettevole questo fondamento: non è da aspettare il tempo ad acquistarlo; perché non siamo sicuri d'averlo.

L'altro principale vento, dico che è la carne; il quale gitta siffatta puzza e miserabile, che non tanto che ella puta dinanzi a Dio, ma ella pute dimonia, e drittamente fa l'uom bestiale; perocché quella vergogna ha, che l'animale. Costui fa, come il porco, che s'involle nel loto;così egli si volle nel loto della disonestà. E in qualunquestato egli è, guasta sé medesimo. Onde, se egli è legato allo stato del matrimonio, con disordinato amore contamina lo stato suo; e dove egli debbe andare a quello sacramento con timore di Dio, egli vi va disordinato e con poca onestà. E i miserabili non ragguardano in tanta eccellenzia quanto è venuta la nostra umanità per la unione che Dio ha fatta nella miserabile carne nostra; perocché se essi aprissero l'occhio dell'intelletto a ragguardarla, eleggerebbero innanzi la morte, prima che darsi a tanta miseria. E sai che puzza esce da questa bocca che attossica chiunque se gli approssima! Il cuore ne diventa sospettoso; la lingua mormora, e bestemmia; credendo che quello ch'è in lui sia negli altri. Siccome loinfermo che ha guastato lo stomaco, che, non parendogli buono il cibo, perché è corrotto, e non tanto ch'e' comuni cibi, ma il suo particolare che 'l medico gli ha dato che pigli vedendolo prendere a chi ha il gusto sano, gli pare malagevole e incredibile che non gli sappi di quello sapore che ha lui: così li stolti, che si danno alla dilettazione carnale, hanno sì guasto l'appetito loro, che non tanto della comunità, cioè di quelli che comunemente si veggono in questo difetto, ne pigliano male, ma ne' sani si scandalizzano; e nel particolare cibo, cioè nella donna sua, si scandalizza, il quale Dio gli ha dato per condiscendere alla sua fragile infermità. Onde questo cibo gli fa male, stando disordinatamente, come detto è, e pigliando sospezione spesse volte e gelosia, giudicando la cosa buona cattiva, e venendone in odio e in dispiacimento, colà dove debbe essere amore. Costui ha un disordinato vedere: e questo gli addiviene perché l'occhio è infermo; però che, se fusse sano, non farebbe così. O quanti miserabili difetti e inconvenienti per questo miserabile vento ne vengono! E sempre si rode in sé medesimo. E poiché ha gittato della bocca la puzza, e egli giunge al giudicio della sposa sua; onde ne gli viene questo altro difetto: che se a lui gli viene desiderio, per spirazione divina, di levarsi da questo e conservare lo stato perfetto, per lo vermine, che è già entrato in corpo, della sospezione, se gli spegne l'odore della virtù e ritorna al primo suo fracidume; e quello che in prima gli piaceva, gli viene a dispiacere. E non è costante né perseverante nella virtù; anco, volle il capo indietro a mirare l'arato, e non ragguarda sé medesimo a cognoscere il suo difetto e la sua infermità. E tutto questo gli addiviene perché non fece il fondamento sopra la viva pietra; e però è stato assalito, e percosso da questo malvagio vento. é di bisogno, dunque, che si levi dal miserabile fondamento della carogna, e fondisi nella viva pietra, Cristo. Allora, venendo il vento, non gli potrà nocere: anco farà resistenzia con la vera virtù della continenzia e della purità, disciplinando la volontà sua disordinata con la disciplina della ragione, e del santo timore di Dio: dicendo a sé medesimo: «Vergognati, anima mia, di volere lordare la faccia tua, e di corrompere il corpo per immondizia.

Perocché tu se' fatta alla immagine e similitudine di Dio; e tu, carne, se' venuta a tanta dignità per la unione della natura Divina fatta in te natura umana, che se' levata sopra tutti i cori degli angeli». Allora sentirà l'odore dellapurità, e 'l desiderio di rimediare co' lo strumento dell'orazione e della vigilia, con odio e dispiacimento d'esso vizio; usando gli altri strumenti di fuori corporali, cioè di molestare il corpo colla penitenzia, quando egli vuole impugnare contra lo spirito. E sopra tutti gli altri rimedii contra questo vizio è l'orazione umile, e la vigiliaed il perfetto cognoscimento di sé. Non sia mai alcuno che stia a contrastare con esso, avviluppandosi la mente delle forti cogitazioni e movimenti che sente venire. Anco, intenda a pigliare i rimedii, e col pensiero del rimedio cacciare le forti cogitazioni e immaginazioni; perocché sarà un'acqua che spegnerà el fuoco del disordinato movimento. Allora non tema ma virilmente pigli il gonfalone della santissima croce; e con essa s'appoggino, e navichino con i detti rimedii coloro che sono fondati sopra questa viva pietra, con fermezza e perseveranzia infino alla morte. Perocché veggono bene che solo la perseveranzia è quella che è coronata, e none il cominciare. Voglio adunque, carissimo fratello e figliuolo, che vi leviate dalla imperseveranzia, e incominciate a entrar dentro da voi; perocché mi pare, secondo che si vede dinanzi alla divina Bontà, che già buon pazzo siate uscito fuoridi voi. E tutto questo è, perché il principio e 'l fondamento non fu fatto bene in verità, né fondato sopra la viva pietra. Perocché per altro non addiviene che e' servi di Dio non sono perseveranti, se non perché sono fondati imperfettamente: ed essendo debili, e giungendo e' fortissimi venti, cioè il dimonio, il mondo, e la carne; e trovandoli senza fortezza e senza alcuno riparo d'esercizio di virtù; vengono meno. Onde, considerando me e' rimedi del vostro cadere, e il bisogno di pigliarli, e di fare più perfetto principio, e con più profonda umiltà, e dispregiamento di voi; dissi, che io desideravo di vedervi pietra ferma, fondato sopra la pietra viva, Cristo dolce Gesù, e non sopra l'arena. Spero nell'infinita bontà di Dio, che se voi vi vorrete umiliare a cognoscere voi, che voi adempirete la volontà sua e il desiderio mio, e voi, acquisterete la vita della Grazia, sarete privato della tenebra, ed averete perfetto lume. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXCVIII - A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' frati predicatori in Asciano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo figliuolo mio in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivoe confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo suo; con desiderio di vedere in voi tal fortezza ed abondanzia e plenitudine dello Spirito Santo, quale venne sopra a' Discepoli santi, acciocché potiate crescere e fruttificare, invoi e nel prossimo vostro, le dolceparola di Dio. Poiché il fuoco dello Spirito Santo venuto sopra di loro, essi salsero in su 'l pulpito dell'affocata croce, ed ine sentivanoe gustavano la fame del Figliuolo di Dio, e l'amore che portava all'uomo: onde allora escivano le parole di loro, come esce il coltello affocato dalla fornace; e con questo caldo fendevano i cuori degli uditori, e cacciavano le dimonia. E perduti loro medesimi, non vedevano loro, ma solo la gloria, e l'onore di Dio, e la salute nostra. Così voi, dolcissimo mio figliuolo, vi prego, e voglio in Cristo Gesù, che vi riposiate in sul pulpito della croce, e ine altutto perdiate e anneghiate voi medesimo, con lo insanabile desiderio; traendo fuore l'affocato coltello, e percuotendo le dimonia visibili e le invisibili, le quali spessevolte vogliono contristare la coscienza vostra, per impedire il frutto che si fa della creatura. Non vi vollete, adunque, a questo perverso dimonio. E specialmente ora, ch'è tempo di raccogliere e di seminare. Dite al dimonio, che faccia ragione con meco, e non con voi. Oltre, dunque, virilmente! e non dormiamo più, perocché il tempo s'approssima.

Ho ricevuta grande letizia, perché mi pare che molto frutto vi si faccia. E amo d'alcuna buona novella, che frate Raimondo vi mandò, la quale ebbe da Messere Niccola, da Osimo, sopra i fatti del passaggio. Godete e esultate, perocché i desiderii nostri s'adempiranno.

Non ho tempo di potere scrivere. Nanni sta molto bene e gode. Benedicete il mio figliuolo frate Simone; e ditegli che disponga la bocca del desiderio a ricevere il latte, perocché la mamma ne gli manderà. Stiavi a mente quella fanciulla, che vi fu raccomandata, di quello testamento; e anco la mia Santa Agnesa; se vi venisse incerto, o altro per dare. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Alessa, e la perditrice del tempo, molto molto vi si raccomandano. Gesù dolce, Gesù amore.


CXCIX - A Niccolo da Vezzano, canonico di Bologna

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi costante e perseverante nella virtù, della quale Dio v'ha dato desiderio per la sua infinita misericordia. Ma non so vedere che la persona venga a perfetta virtù con perseveranzia, se non con amore schietto e liberale, e senza mezzo di sé; cioè, che non voglia servire Dio a suo modo, né in parte, ma tutto, e con tutto il cuore e con tuttal'anima e con tutte le forze sue, e senza il mezzo della propria sensualità. La quale sensualità è degna d'odio, e non d'amore, perché sempre ricalcitra e ribella al suo Creatore. Questa è quella parte che sempre debbiamo odiare in noi, e fare guerra con lei, e darle il contrario diquello che ella addimanda.

Ma noi diremo: «Per che modo posso venire a questo amore e odio, poiché per altra via io non posso venire a virtù, né perseverare nel bene cominciato?». Rispondo, che col lume verremo ad amore e odio: perocché la cosa che non si vede, non si può cognoscere, né la malizia né la virtù sua; e non cognoscendosi, non s'odia, e non s'ama. Onde c'è bisogno il lume dell'intelletto, cioè che lo intelletto sia alluminato del lume della santissima fede.

L'occhio abbiamo noi, che è una delle potenzie dell'anima; e della fede riceviamo la impronta del santo Battesimo. Ma se questo lume, venuto al tempo della discrezione, non è esercitato con la virtù, ma è offuscato con l'amore proprio e piacere del mondo, non potremo vedere. Ma, tolta questa nuvila, l'occhio vede. E se la libera volontà vuole aprire quest'occhio, e ponersi per obietto Cristo crocifisso, e il puro e schietto e dolce amore che egli ci ha, (che ci ama non per sua utilità, perocché utilità non gli potiamo fare, ché non abbisogna del nostro bene; ma solo per fare utilità a noi, acciocché siamo santificati in lui); dico che vedendolo tanto schietto, così schiettamente il riceve dentro nell'affetto e volontà sua. E di quello amore ch'egli ha tratto del dolce e amoroso Verbo, di quello amore ama il prossimo suo, amandolo puramente, e fedelmente cercando la sua salute; sovvenendolo, giusta al suo potere, di quello che Dio gli ha dato a ministrare. E con quella perfezione l'ama e serve, ch'egli ha tratto dal cognoscimento della divina carità; perocché la carità del prossimo declina da quella di Dio. Onde, perch'egli ama Dio, ama il prossimo suo, e ingegnasi di servirlo; perché cognobbe la verità di Dio, vedendo l'amore ineffabile ch'egli ha manifestato col mezzo del sangue del suo Figliuolo.

E perché vede che Dio non cessa mai la sua bontà, cioè d'operare in lui e nell'altre Creature la grandezza e bontà sua, facendogli molti beneficii; pero non pare possa, né può cessare d'amare il suo Creatore, mentre che sta in questo cognoscimento; perocché è condizione dell'amore, d'amare sempre, quanto si vede amare. E l'amore non sta mai ozioso, ma sempre adopera grandi cose. Onde l'anima viene a fortezza e a perfetta perseveranzia; e per lo grande cognoscimento che truova della bontà di Dio, cognosce molto più perfettamente la miseria sua: perocché ogni cosa si cognosce meglio per lo suo contrario, vedendo col lume della santissima fede, sé non essere, ma l'essere suo avere da Dio, e ogni grazia ch'è posta sopra l'essere; perocché senza l'essere, neuna grazia saremmo atti a ricevere. E vedesi recreato a Grazia nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo: e con tutto questo sempre si vede essere ribello a Dio. Onde ha materia di concipere uno santissimo odio, e odiare in sé la perversa legge che impugna contro lo spirito.

E pensate che non si debbe odiare solo in uno tempo, cioè quando alcuna volta si vede assediato dalle impugne e molestie della carne, e della negligenzia e sonnolenzia sua; ma d'ogni tempo debbe essere tempo di odio; poniamoché debba crescere più a un'ora, che un'altra, secondo e le disposizioni che egli sente in sé. Eperché egli senta abbassare il fuoco, e cominci a mortificare non debbe però levare l'odio; ma nel tempo della pace s'abbia ben cura, perocché egli non se ne può fidare: ma riescagli addosso con una vera, e profonda umilità. Sì con l'odio e con l'umilità si levi più tosto egli contra alla sensualità, che la sensualità contra di lui perocché se non facesse così, si desterebbe la propria passione, la quale pareva che dormisse: e quasi parendo morta, è peggio che mai. Perché, mentre che noi viviamo, ella non muore. Ma bene s'addormenta, chi più sodo, e chi più leggiero; e questo è secondo l'odio e l'Amore delle virtù. Il quale odio la castiga e l'amore l'addormenta. Chi n'è cagione? Il lume. Perocché se non avesse veduta e cognosciuta la sua fragilità non l'averebbe spregiata con odio: ma perché cognobbe come ella è vile, l'odia, e ricalcitra sempre contra di lei continuamente. Onde, vedendo che ella non cessa d'impugnare, non vuole egli, né debbe volere, cessare la guerra, né volere fare pace con lei.

Or questo è quello principio e reale fondamento per lo quale l'uomo viene ad ogni virtù, ed ogni sua operazione fa perfetta, di qualunque operazione si vuole essere, o spirituale o teniporale. Perocché tanto è temporale, quanto l'affetto la fa temporale; e più, non. Egli è costante e perseverante, e non si volle per ogni vento; sodo sodo. E tanto gli pesa la mano manca quanto la dritta, cioè tanto la tribulazione quanto la consolazione. S'egli è secolare, egli è buono nello stato suo; s'egli è prelato egli è buono e vero pastore; e s'egli è chierico, egli è fiore odorifero nella santa Chiesa, e gitta odore di virtù, e dà l'onore e la gloria a Dio, e la fadiga al prossimo, dandogli de' frutti dell'umile e continua orazione, dispensando largamente di quelle grazie che Dio gli ha date a dispensare. E la sustanzia temporale, la quale riceve dal sangue di Cristo crocifisso, egli la spende, non sceleratamente, né con vanità, né con parenti suoi, se non in quanto eglino avessero bisogno per necessità, siccome a poverelli; ma per altro modo, non. Con vera coscienzia rende il debito a' poveri e al ben della Chiesa, e per la sua propria necessità. E se facesse altrementi, vederebbesi stare in gravissima colpa.

Egli non si scandalizza, né fa mai guerra col prossimo suo: col peccato sì, ma non con la propria persona del prossimo: anzi l'ama come sé medesimo, cercando teneramente la salute sua. E perché egli ha fatto guerra con sé medesimo e con la propria sensualità; però non la può fare né fa, con Dio, né col prossimo suo: perocché, ogni offesa che si fa a Dio o al prossimo, si fa perché eglinon si odia, ma amasi di proprio amore sensitivo. Per la quale cosa non persevera mai in alcuno bene che cominciasse; perocché la perseveranzia viene dall'odio e dall'amore, come detto è; e l'amore s'acquista per lo lume della santissima fede. La quale è la pupilla dell'occhio dell'intefletto, esercitato con libera volontà, Che inverità voglia cognoscere sé e la bontà di Dio in sé, e ricognoscere ogni grazia dal suo Creatore, e il difetto e le colpe sue dalla propria sensualità.

Altra via non ci ha. E però vi dissi, che io desideravo di vedervi costante e perseverante nella virtù, considerando me che ella non si può avere se non per lo modo che detto abbiamo. Onde io vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, che ora, mentre abbiamo il tempo, il quale è tempo di vigilia, e di cognoscimento che potiamo cognocere con frutto e con merito; e, passato il tempo sapete che non è così. Voi non stiate a dormire, ma vegliate continuamente; e non solo della vigilia corporale, ma della vigilia intellettuale, alla quale vigilia séguitala continua orazione, cioè l'affocato desiderio e amore dell'anime verso il suo Creatore; perocché sempre òra in onore di Dio e in salute dell'anime. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; e ine muoia ogni piacere e parere umano: sicché morta ogni volontà propria, corriate per la via della verità. Altro non vi dico. Permatiete nellasanta e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CC  (200) - A frate Bartolomeo Dominici, dell'ordine de' predicatori, in Asciano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello e figliuolo mio in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio scrivo, e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo suo; con desiderio di vedere in voi adempita quella parola che disse il nostro Salvatore a' discepoli suoi: «Voi sete uce del mondo, e il sale della terra». Così desidera l'anima mia con grandissimo desiderio, che voi siate voi quello figliuolo alluminato del lume e calore dello Spirito Santo, condito col sale del vero cognoscimento e della vera sapienzia, sicché cacciate con perfetta sollicitudine il peccato e le dimonia delle tenebrose anime delle creature. Ma non veggo che questo potesse ben fare né avere, né adempire il mio desiderio, se non per continuo e affocato amore, e per lo continuo accostarvi ed unirvi, senza negligenzia, nel vero lume e sapienzia, fuoco, calore della divina Carità, il quale fu manifestato a noi per l'unione che Dio fece coll'uomo. E dico, figliuolo mio dolcissimo, che non sarà neuna anima che ragguardi Dio diventato uomo, corso all'obbrobrio della santa Croce, e versando l'abondanzia del sangue suo, che non attenga e participi, ed empiasi di vero amore. E così si diletterà del cibo del quale Dio si dilettò; e saràmangiatore e gustatore dell'anime. Questo è uno cibo di tanta dolcezza e suavità, che ingrassa l'anima; e d'altro non si può dilettare. Dicovi che i vostri denti debili saranno qui fortificati, sicché potrete mangiare i bocconi grossi e piccoli.

Mettetevi dunque virilmente a fare ogni cosa, e cacciare le tenebre, e fondare la luce; non ragguardando alla nostra debilezza: ma pensate per Cristo crocifisso potrete ogni cosa. Io vi starò dallato, e mai non mi partirò da voi con quella visione invisibile che fa fare lo SpiritoSanto: perocché visibilemente non veggo modo per ora di potere venire, se già Dio non disponesse altro. Volentieri sarei venuta se Dio l'avesse conceduto; sì per onore suo, e sì per recreazione di voi e di me, che grande mi sarebbe stata: ma perché il tempo è assai corrotto all'acqua, e il corpo mio è molto aggravato già più di dieci dì, in tanto che con fadiga vo la domenica alla chiesa; Frate Tomaso ha avuta compassione di me, e non gli è paruto che io sia venuta, benché potere non ci sia stato. Farò dunque invisibilmente ciò ch'io potrò. E pensate che se Dio l'avesse ordinato che io venisse, che io non farei resistenzia a lui, né farò. Pregate dunque Dio, che ne faccia quello che debbe essere più suo onore.

Fate che la pace di coloro che mi scriveste, si faccia prima che ne veniate. Benedicete e coinfortate tutte coteste pecorelle affamate e assetate in Cristo Gesù, e missere Biringhieri, e tutta l'altra famiglia: e dite loro che non s'indugino tosto passare i tenebrosi affanni e sollecitudini del mondo, e gli iniqui peccati mortali, che cogliono la vita; ma acquistino la grazia e il lume dello Spirito Santo. Benedicete Frate Simone, figliuolo mio in Cristo Gesù. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Dite a Neri, che sia sollecito a seguitare le vestigiedi Cristo crocifisso. Alessa, e Lisa, e Cecca vi si raccomandano. Gesù dolce. Gesù amore.

CCI - A don Giovanni monaco della Certosa in Roma, il quale era tentato, e voleva andare al purgatorio di San Patrizio e non avendo licenzia, stava in molta afflizione di mente

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo di Marie dolcein Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondato in vero e perfettissimo lume; perocché senza il lurne non potremmo discernere la verità. Ma attendete, che sono due lumi, e l'uno non impedisce l'altro, ma unisconsi insieme: siccome la Legge nuova non tolse via la vecchia; tolse sibbene la imperfezione. Perocché la Legge vecchia era fondata solo in timore, onde era imperfetta; ma poiché venne la Legge nuova, si conformò l'una coll'altra, la quale è Legge d'amore. Così è uno lume imperfetto, e uno lume perfetto. Il lume imperfetto è il lume che naturalmente Dio ci ha dato, col quale cognosciamo il bene. é vero che l'uomo, offuscato dalla propria fragilità, none 'l cerca dove egli il debbe cercare, ma in cose transitorie, nelle quali non è perfezione il bene; e none' l cerca in Dio, colà dov'è sommo ed eterno Bene. Ma se questo lume naturale eserciterà con virtù, cercando il bene colà dov'egli è; cioè, che l'anima cognosca la bontà del suo Creatore e l'amore inestimabile che egli ci ha (il quale amore e bontà troverà nel cognoscimento di sé); per questo modo, con sollicitudine e non con negligenzia esercitando la vita sua, acquisterà il secondo lume, che è sopranaturale; non lassando però il primo: ma leverassi dalla sua imperfezione, e farassi perfetto col lume perfetto sopranaturale.

Che fa questo lume nell'anima? e a che si cognosce che ella lo abbia? Dicovelo. Il primo lume vede le virtù; quanto elle sono piacevoli a Dio, e utili all'anima che le possiede; e quanto è spiacevole e nocivo il vizio, il qualepriva l'anima della Grazia. Il secondo lume abbraccia le virtù, e parturiscele vive nella carità del prossimo suo. L'essere giunto al secondo lume dimostra che il primo naturale non fu impedito dall'amore proprio: e però ha ricevuto il sopranaturale.

Chi dimostra che questo lume sia infuso nell'anima per Grazia! le virtù reali: tra le quali virtù, due sono leprincipali, che più realmente col dimostrano, guidate dal lume della santissima fede, perché nel lume sono state acquistate. Queste due virtù sono sorelle vestite di fortezza e di lunga perseveranzia. La principale virtù di queste due prima parturite dalla Carità col lume della Fede, è la vera e perfetta obedienzia. L'obedienzia tolle la colpa e la imperfezione perché uccide la propria volontà, onde nasce la colpa; perocché tanto è colpa o virtù, quanto procede dalla volontà. Onde, se l'anima fosse tutta ansietata di molte diverse cogitazioni e battaglie del dimonio o dalle creature, o che la fragile carne impugnasse con disordinati movimenti: e la volontà stia salda e ferma, che non tanto che ella non consenta, ma dispiacciagli infino alla morte; anco, ne merita e crescene in maggiore perfezione, colà dove ella voglia cognoscere la verità vedendo che Dio gli 'l permette per farla venire a più perfetto cognoscimento di sé e della bontà sua in sé. Per lo qual cognoscimento cresce in maggiore amore e umilità. E però dissi che cresceva in maggiore perfezione. Così la virtù non è virtù solamente l'atto ma in quanto ella è fatta volontariamente, con dritta e santa intenzione. Adunque la volontà è quella che offende: e però l'obedienzia, la quale uccide la propria volontà, leva via la colpa uccidendo quello che la commette. L'obediente non si fida mai di sé, perché cognosce il suo infermo e basso vedere; e però come morto si gitta nelle braccia dell'Ordine e del prelato suo con fede viva e lume soprannaturale, credendo che Dio farà discernere al prelato suo la necessità della sua salute. Eziandio se 'l prelato fusse imperfetto e idiota, senza lume, averà viva fede che Dio l'allumini per la sua necessità. E perché nel lume ha veduto lume però s'è fatto suddito. Chi manifesta questo lume? la vera obedienzia. Ella è lunga e perseverante, e non corta; cioè, che 'l vero obediente non obedisce pure in uno modo, né in uno luogo, né a tempo, ma in ogni modo, in ogni luogo ed in ogni tempo, secondo che piace al prelato suo. Egli non cerca le proprie consolazioni mentali; ma solo cerca d'uccidere la propria volontà: e propone il coltello in mano all'obedienzia, e con esso coltello l'uccide; perché ha veduto nel lume, che, se non l'uccidesse, sempre starebbe in pena e in offesa della perfezione alla quale Dio l'ha chiamato: e vederebbesi privato della ricchezza del lume sopranaturale; il quale lume è mostrato essere nell'anima dalla virtù d'obedienzia.

Quale è l'altra virtù che manifesta questo lume? è la pazienzia: la quale è uno segno dimostrativo, che in verità amiamo perché ella è il mirollo della carità. Ella è sorella dell'obedienzia. Anco, la obedienza è quella che fa paziente l'anima; perché non si scandalizza di veruna obedienzia imposta a lui dal prelato suo. Ella è vestita difortezza: e però porta pazientemente le riprensioni e i costumi dell'Ordine. Quando gli è retta la propria volontà, non attedia, ma gode ed esulta con grande giocondità. Non fa come il disobediente, che ogni cosa fa e sostiene con fadiga e con molta impazienzia; in tanto che alcuna volta, dimandando al prelato suo una licenzia di cosa che gli sia molto ferma nella volontà, non avendola, piglia pena; che eziandio il corpo pare che infermi. Meglio gli sarebbe con l'odio santo uccidere la propria volontà, la quale gli dà tanto tormento. Questa pazienzia sta sul campo della battaglia con l'arme della fortezza, e collo scudo della santissima fede ripara e' colpi; e sostenendo vince, e col coltello dell'odio e dell'amore percote i nemici suoi. Prima uccide il principale nemico della perversa Legge che sempre impugna contra lo Spirito; e con essa uccide i diletti e piaceri delmondo, i quali per amore del suo Creatore egli odia, e le cogitazioni del dimonio, il quale ne dà molte con diverse fantasie; e con pensieri veri, e santi le caccia da sé, conservando la buona e santa volontà, che non vada dietro ad esse. Questa pazienzia, guidata dal lume, non vuole combattere in luoghi dubbiosi, con speranza di non avere poi a combattere più. Non vuole così: perocché ella si diletta di stare in battaglie, perché nella battaglia si prova; e, provata, riceve la gloria, e in altro modo no. Non fa come il semplice, che ancora è imperfetto in questo lume sopranaturale; e per lo poco lume, sentendosi molto passionato per tollersi questa fadiga, e per timore di non offendere, si vorrà mettere a cosa che sarà di tanto pericolo che a un tratto ne potrebbe andare l'anima e 'l corpo; e farassene si forte imaginazione per illusione del dimonio, e per volontà ch'egli ha di vivere senza passione. Onde egli riceve le pene; che colui, che l'ha a governare, non gli potrà trare questa fantasia. E se egli non glidà licenzia di quello che vuole fare, ne viene a tedio, a confusione di mente, e ad impazienzia; e spesse volte entro la disperazione. Questo egli è segno che quello che vuole fare, non è secondo la volontà di Dio. Che se così fusse, direbbe: «Signore, se questo è secondo le tua volontà, dànne lume a chi m'ha a licenziare; e quando che no, dimostralo». E con fede viva si pacificherebbe nella mente sua, vedendo che il negare o il concedere qualunque si fusse, procedesse dalla volontà di Dio.

Non voglio, dolcissimo e carissimo figliuolo, che siate voi di questi cotali: ma voglio che col lume, come vero obediente e paziente, stiate nel campo della battaglia, come detto è, dove comunemente combattono i servi di Dio; non volendo pigliare battaglia nuova, né particolare, la quale sia oscura e dubbiosa. Pigliate quella che è lucida, e generale. In tutto annegate qui la vostra volontà; e in ogni altra cosa, ma singolarmente vi parlo al presente per quello che mi disse il Visitatore. Lassatevi guidare alla volontà sua, la quale non è sua, ma è da Dio. Perocché il vostro credo che sia inganno di dimonio, che coll'amo del bene vi vuole pigliare. Son certa che con questo lume cognoscerete la verità; cognoscendola, ringrazierete il sommo ed eterno Padre, che con la santa obedienzia v'ha campato di questo pericolo. Altrimenti, no. E però considerando io quanto v'è di necessità questo lume dissi che io desideravo di vedervene illuminato. L'obedienzia e la pazienzia dimostrano s'egli è in voi; cioè, che non ricalcitriate alla volontà del prelato; ma con pazienzia la porterete come vero obediente, dilettandovi di rompere la vostra volontà. E se non trovaste in voi questo lume come vorreste e come si debbe avere, intrate con odio santo nella cella del cognoscimento di voi, e di Dio in voi. E nel sangue del dolce e amoroso Verbo si inebrii l'anima vostra. Nel quale cognoscimento si acquista ogni grande perfezione, con fede, sperando, nel sangue sparto con tanto fuoco d'amore, senza pena o tedio di mente. Figliuolo mio dolce, chinate il capo all'obedienzia santa; e permanete in cella, abbracciando l'arbore della santissima croce.

Altro non vi dico. Guardate (quanto avete cara la vita dell'anima vostra, e quanto temete d'offendere Dio) che voi non seguitiate la vostra volontà. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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11/06/2020 17:45
 
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RICORDIAMO CHE:  Tratte da: "Le Lettere di S. Caterina da Siena - ridotte a miglior lezione e in ordine nuovo disposte con proemio e note" di Niccolò Tommaseo (G. Barbera, editore - 1860).

CCII (202) - A maestro Jacomo medico in Asciano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissimo e carissimo Padre in Cristo dolce Gesù: io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi vero cavaliero di Dio, sempre seguitando la via delle virtù; non vollendoví a dietro a ragguardare l'arato, ma sempre ragguardare quello che avete a fare: perocché colui che si volle a dietro, segno è ch'è stanco. E pero noi, fratello carissimo, non ci dobbiamo mai stancare nelle sante e vere operazioni. E veramente così è, che colui che comincia, e non persevera, non è degno di corona. Così disse il nostro dolce Salvatore: che de' perseveranti e violenti, cioè che fanno forza e violenza alle loro male cogitazioni, di coloro è il reame del Cielo.

Dicovi dunque, fratello e figliuolo carissimo, che voi non potreste avere questa perseveranzia della virtù, né avere Dio nell'anima vostra, avendo la conversazione de dimoni visibili e incarnati, cioè delle creature che vi volessero ritrarre dal santo e buono proponimento, traendovi fuore di voi. E però sappiate che il dimonio non vuole altro che trarvi fuore di voi. Perocché l'anima tratta di sé medesima, perde ogni esercizio, e cade nel perverso vizio della superbia; e non può sostenere sé, né neuna creatura con pazienzia: per contrario di quelle dolcevirtù piccola della vera umiltà. E colui che non è umile, non può essere obbediente a Dio. Oh quanto sarebbe cosa sconvenevole che voi, che sete eletto sempre a lodare Dio, voi seguitaste le perverse volontadi degli uomini, essendo amatore degli uomini, e non di Dio! oimé, non sarebbe altro che diventare membro del dimonio.

Pregovi dunque per l'amore di Cristo crocifisso, che siate non crudele, ma pietoso inverso della anima vostra: e allora dimostrerete la pietà, quando trarrete la puzza de' peccati mortali dell'anima vostra, e pianteretevi le vere e reali virtù, come uom virile. Non facciamo dunque come l'animale che séguita le sue volontadi senza niuna ragione: ma, come uomo virile, seguitate la via delle virtù. E non indugiate, e dite: «Domane farò». Però che non sete sicuro d'avere il tempo; siccome disse il nostro dolce Salvatore: «Non vogliate pensare del dì di dimane. Basti al dì la sollecitudine sua». Oh quanto dolcemente ci manifestò il poco tempo che l'uomo ha! e noi miseri miserabili, con tutta la nostra sollecitudine e con molti affanni spendiamo il tempo nostro, che è la più cara cosa che noi abbiamo, inutilmente! Destianci dunque oggi mai dal sonno, e non dormiamo più, perocché non è tempo da dormire; ma destatevi dal sonno della negligenzia e dell'ignoranzia.

Ho inteso che voi e misser Sozzo volete andare al santo Sepolcro: la qual cosa molto mi piace. E però d'una cosa vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, voi e misser Sozzo, che voi vi disponiate, prima che andiate, a questo santo viaggio, e che ordiniate prima la santa confessione, e scarichiate le coscienzie vostre con modo e con ordine, come se fosse nell'estremità della morte. Non aspettate disporvi per la via. E se questo non faceste, meglio sarebbe che non metteste 'l piede fuora dell'uscio. Pregovi, padri, e fratelli in Cristo Gesù, che non vi lasciate ingannare alla fragilità umana, né a tanta lebbra di cupidità: perocché né avere né neuna creatura risponderà per voi, ma solamente le virtù virili, e la buona coscienza.

Altro non dico. Abbiate sempre Dio dinnanzi agli occhi vostri. lo mi offero a voi per continua orazione. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCIII - Ad alcuni novizi, nel convento di Monte Oliveto a Perugia

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi grati e cognoscenti verso il vostro Creatore, dell'infiniti benefiziiricevuti da lui; acciocchè per la ingratitudine non si.disecchi in voi la fonte della pietà, ma nutrichisi con gratitudine.

Ma attendete, che gratitudine solamente di parole non è quella che risponde; ma le buone e sante operazioni. In che la mostrarete? in osservare i dolci comandamenti di Dio. E oltre a' comandamenti, osserverete i consigli mentalmente e attualmente. Voi avete eletta questa via perfetta de' consigli; e però ve li conviene osservare insino alla morte: altrimenti, offendereste Dio. Ma l'aníma grata sempre gli osserva.

Sapete che nella vostra professione prometteste d'osservare obedienzia, continenzia, e povertà volontaria. E se voi non gli osservaste, disecchereste in voi la fonte della pietà. Grande vergogna è al religioso a desiderare quello che ha già spregiato. ché non tanto ch'egli non debba desiderare o possedere sustanzia temporale; ma dalla memoria si de' trarre eziandio il ricordamento del mondo, delle i ricchezze e diletti suoi, e empirla del povero, umile ed immacolato Agnello; e con una carità fraterna vivere caritativamente.

Così vuole la carità fare utilità al prossimo suo: che quando l'anima ragguarda, e vede non poter fare utilità a Dio, perché non ha bisogno di noi, e volendogli mostrare che in verità cognosce le grazie che ha ricevute, e riceve da lui; li mostra verso la Creatura che ha in sé ragione: ed in tutte quante le cose s'ingegna di mostrare nel prossimo suo la gratitudine.

Onde tutte le virtù sono esercitate per gratitudine: cioè che per amore che l'anima ha al suo Creatore, è fatta grata, perché col lume ha ricognoscíute le grazie che ha ricevute e riceve da lui in sé. Chi la fa paziente a portare le ingiurie, strazii, rimproverii e villanie degli uomini, e le molestie e battaglie dalle dimonia? la gratitudine. Chi il fa annegare la propria volontà, e subiugarla alla santa obedienzia, e conservare l'obedienzia sua infino alla morte? essa gratitudine. Chi gli fa conservare il terzovoto della continenza? la gratitudine: ché, per osservarla, mortifica il corpo suo con la vigilia, digiuno, e con l'umile fedele e continua orazione. E con l'obedienzia uccide la propria volontà; acciocché, mortificato il corpo e morta la volontà, la potesse osservare, ed in essa osservanzia mostrare la gratitudine. Sicché le virtù sono uno segno dimostrativo, che dimostrano che l'anima non è scognoscente d'essere creata alla imagine e similitudine di Dio, e della ricreazione che ha ricevuta nel sangue dell'umile, dolce, crociato e amoroso agnello, ricreandola a Grazia, la quale avevano perduta per la colpa. E così di tutte l'altre grazie che ha ricevute, spiritualie temporali, in comune, e in particolare; ma tutte con gratitudine le ricognosce dal suo Creatore.

Allora cresce un fuoco nell'anima, d'uno santissimo desiderio, che sempre si notrica di cercare l'onore di Dio e la salute dell'Anime, con pena, sostenendo infino alla morte. Se fusse ingrata, non tanto che ella si dilettasse di sostenere per onore di Dio e la salute dell'anime, ma se la paglia se gli vollesse tra'piei, sarebbe incomportabile a sé medesimo; l'onore vorrebbe dare a sé, notricandosi del cibo della morte, cioè dell'amore proprio di sé medesimo, il quale germina la ingratitudine, privando l'anima della Grazia.

Onde, considerando me quanto è pericoloso questo cibo, che ci dà morte; dissi ch'io desideravo di vedervi grati e cognoscenti di tante grazie quante avete ricevute dal nostro Creatore; e massimamente della smisurata grazia che v'ha fatta, di avervi tratti fuore dalle miseriedel mondo, e messi nel giardino della santa religione, posti ad essere angeli terrestri in questa vita. Questa è una grazia, alla quale Dio vi richiede che gli mostriate segno di gratitudine con la vera e santa obedienzia. ché tanto dimostra il religioso di cognoscere lo stato suo, quanto egli è obediente; e così per lo contrario il disobediente dimostra la sua ingratitudine. Bene se ne avvede il vero obediente, che tutta la sua sollicitudine pone in osservare l'Ordine suo, e osservare i costumi, e ogni cerimonia, e compire la volontà del suo prelato con allegrezza, non volendo giudicare né investigare la sua intenzione, né dire: «perché pone egli maggior peso a me, che a colui?». Ma semplicemente obedisce con pace, e tranquillità di mente. E già non è questo grande fatto; perocché egli ha tolta da sé la propria volontà, che gli faceva guerra. Non fa così il disobediente, che dinanzi a sé non puone altro che la propria volontà, e tutti quelli modi i quali possa pigliare per compire quello che desidera. Egli diventa non osservatore dell'Ordine, ma trapassatore; fassi giudice della volontà del suo prelato, Questi gusta l'arra dell'inferno, e sempre sta in amaritudine; ed è atto a cadere in ogni male. Non è costante né perseverante; ma volle il capo addietro a mirare l'arato. Egli cerca la congregazione, e fugge la solitudine: cerca la pace della volontà sua che gli dà morte, e fugge chi gli dà vitacioè la pace della coscienzia, ed abitazione della cella, eil diletto del Coro. Perocché 'l Coro gli pare che sia drittamente uno serpente velenoso, o cibo che gli abbia a dare morte; con tanto tedio vi sta e con tanta pena; perché la superbia e disobedienzia e ingratitudine sua gli hanno ripieno lo stomaco, e guasto il gusto dell'anima. Ma l'obediente, del Coro si fa giardino; dell'Officio, dolci e soavi frutti; e della Cella si fa uno cielo; della solitudine si diletta per meglio accostarsi al suo Creatore, e non mettere mezzo tra lui e sé; e del cuore suo fa tempio di Dio. Col lume della santissima fede ragguarda dove meglio trovi questa virtù, e con che mezzo rneglio la possa imparare, quando l'ha trovata. Cercando, la trova nell'umile, svenato e consumato per amore, dolce Agnello, il quale per obedienzia del Padre e salute nostra corse all'obrobriosa morte della santissima croce, con tanta pazienzia, che 'l grido suo non fu udito per veruna momiorazione. Vergogninsi, e confondansi nella superbia loro tutti i disobbedienti, a ragguardare l'obedienzia del Figliuolo di Dio.

Poiché l'ha trovata, con che l'acquista? col mezzo dell'orazione, la quale è una madre che concepe e parturisce la virtù nell'anima. Perocché quanto più ci accostiamo a Dio, più partecipiamo della sua bontà, e più sentiamo l'odore delle virtù; perché solo egli è il maestrodelle virtù: e da lui le riceviamo, e l'orazione è quella checi unisce col sommo Bene. Adunque, con questo mezzo acquistiamo la virtù della vera obedienzia. Egli ci fa fortie perseveranti nella santa religione, che per veruna cosa non rivoltiamo il capo addietro. Ella ci dà lume a cognoscere noi medesimi, e l'affetto della carità di Dio, e gl'inganni delle dimonia. Egli ci fa umili; tantoché per umiltà l'anima si fa serva de' servi. Fa aprire tutto sé medesimo nelle mani del suo maggiore: e se per lo tempo passato o per lo presente il dimonio avesse obumbrata la coscienzia sua per battaglie, o eziandio fusse attualmente caduto in colpa di peccato mortale, umilmente manifesta la sua infirinità, siccome a medico, tante volte quante gli accadesse: e per vergogna non se ne ritrae, né debbe ritrarre; ma con pazienzia riceve la medicina e correzione che 'l medico suo spirituale gli desse, credendo con fede viva che Dio gli darà tanto lume quanto è bisogno alla salute. Così debbe fare, acciò tagli la via al dimonio, che non vorrebbe altro se non ponere una vergogna negli occhi nostri, acciocché tenessimo dentro nell'anima nostra i difetti e le cogitazioni, e non gli manifestassimo. Questa madre dell'orazione ci leva questa vergogna, come detto è. Ella è di tanta dolcezza, che la lingua nostra nol potrebbe narrare. Adunque doviamo con sollicitudine esercitarci in essa, e riposarci al petto suo, e mai nonlassarla. E, però, che alcuna volta il dimonio, stando noi in orazione, o dicendo l'Offizio, obumbrasse la mente nostra d'una tenebra con diverse e laide cogitazioni; non doviamo però mai lassare la nostra orazione, ma perseverare in essa, e col pensiero santo cacciare il pensiero rio, ed osservare la buona e santa volontà, che non consenta a quelle cogitazioni. Facendo così, non cadrà mai in confusione, ma pigliarà speranza in Dio; e con pazienzia porterà quelle fadighe della mente. Umiliandosi, dirà: «Signor mio, io cognosco, che non sono degno della pace e quiete della mente, come gli altri servi tuoi. Pure che tu mi conservi la buona e santa volontà, sicché mai non offenda te». Allora Dio, che ragguarda alla perseveranzia e umiltà de' servi suoi, dona in quell'anima il dono della Fortezza, infonde in essa uno lume di verità, ed uno accrescimento di desiderio di virtù; con una allegrezza cordiale, che tutto pare che vi si dissolva; con uno ardore di Carità verso Dio e verso il Prossimo suo. Tante sono le grazie e' doni che si ricevono da Dio col mezzo dell'orazione, che la lingua nostra non è sufficiente a narrarle. Ma vuole essere umile, fedele e continua, cioè col continuo santo desiderio. Con questo santo desiderio fare tutte le nostre operazioni manuali e spirituali: facendolo, sarà uno continuo orare: perché òra nel cospetto di Dio il santo e vero desiderio. Farávi dilettare nelle fadighe, e abbracciare la viltà: diletteravvinella mortificazione che vi fusse fatta fare per lo vostro maggiore.

Non mi distendo più sopra questa materia; ché troppo averemmo che dire. Ma pregovi che v'inebbriate del sangue di Cristo crocifisso, dove troverete l'ardore dell'obedienzia. Tiratelo a voi coll'amo dell'orazione, acciocché mostriate d'essere grati e cognoscenti a Dio, siccome egli vi richiede per la grazia che avete ricevuta. Non facendolo, vi tornerebbe a morte quello ch'egli v'ha dato in vita. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CCIV - A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' predicatori, quando predicava ad Asciano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo fratello mio in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo, econfortovi nel prezioso sangue di Dio; con desiderio di vedervi tanto annegato e affocato in Cristo Gesù, che al tutto vi perdiate voi medesimo. Ma questo non veggo che potiate avere se l'occhio dell'intelletto del vero desiderio non si leva sopra di voi a ragguardare l'occhio ineffabile della divina carità col quale Dio ragguardò (e ragguarda) la sua creatura, prima che ci creasse. La quale poiché ragguardò in sé medesimo, innamorossene smisuratamente; tanto che per amore ci creò, volendo che noi godessimo e participassimo quello bene che aveva in sé medesimo. Ma per lo peccato d'Adam non s'adempiva il desiderio suo. Costretto dunque Dio dal fuoco della divina carità, mandò il dolce Verbo incarnato del Figliuolo suo a ricomprare l'uomo, e trarlo di servitudine: ed il Figliuolo corre, e dassi all'obbrobriosa morte della croce, e a conversare co' peccatori e co' pubblicani e scomunicati e con ogni maniera di gente. Perocché nella carità non si può ponere legge né misura; e non vede sé, né cerca le cose sue proprie. E perché il primo uomo cadde dell'altezza della Grazia per l'amore proprio di sé medesimo; però fu di bisogno che Dio usasse uno modo contrario a questo: e però mandò questo Agnello immacolato con una larga ed ineffabile carità, non cercando sé, ma solo l'onore del Padre e la salute nostra. Oh dolce e amoroso cavaliere, tu non ragguardi né a tua morte né a tua vita nè a tuo vituperio; anzi giochi in su la croce alle braccia con la morte del peccato; e la morte vince la vita del corpo tuo; e la tua morte distrusse la morte nostra. L'amore n'è cagione, che voi vedete; perocché l'occhio suo non si riposava se non nell'onore del Padre suo; ed ine adempie il desiderio suo in noi, cioè che noi godessimo Dio per lo quale fine egli ci creò. Oh carissimo e dolcissimo mio figliuolo,io voglio che vi conformiate con questo Verbo, quale è nostra regola e de' Santi che l'hanno seguitato. E così diventerete una cosa con lui, e participerete la sua larghezza, e non la stremità. Dicovi dunque, come detto è, che se l'anima non si leva, ed apre l'occhio, e pongasi per obietto la smisurata bontà e amore di Dio, il quale dimostra alla sua creatura; mai non verrebbe a tanta larghezza, e perfezione, ma sarebbe tanto stretto che non vi capirebbe né sé né il prossimo. E però vi dissi, e voglio, che stiate annegato e affocato in lui, ragguardando sempre l'occhio dolce della sua carità: perocché allora perfettamente amerete quello ch'egli ama, e odierete quello ch'egli odia. Levate dunque, levate via il cuore vile e la disordinata e stretta coscienzia; e non date l'occhio al perverso dimonio, che vuole impedire tanto bene, e non vorrebbe essere cacciato della città sua. E voglio che con cuore virile e sollicitudine perfetta il facciate, vedendo che altra legge è quella dello Spirito Santo, che quella degli uomini. Accordatevi con quello dolce innamorato di Paolo, e siate uno vasello di dilezione a portare e a bandire il nome di Gesù. Ben mi pare che Paolo si specchiasse in questo occhio, ed ine perdesse sé. Ed ine riceve tanta larghezza, che egli desidera e vuole essere scomunicato e partito da Dio per li fratelli suoi. Era innamorato Paolo di quello che Dio s'innamorò; e vede che la carità non offende, né riceve confusione. Moisé guardò all'onore di Dio; e però voleva essere cacciato del libro della vita, prima che 'l popolo avesse morte. Per la quale cosa io vi costringo, e voglio, che in Cristo Gesù stiate fermo a stirpare i vizii, e piantare le virtù, seguitando la prima Verità, come detto è, e i Santi che hanno seguitato le vestigie sue; non ponendo regola né misura al desiderio, che vuole essere senza misura. Fate ragione d'essere tra uno popolo infedele, scomunicato, pieno d'iniquità; convienvi per forza d'amore participare con loro. perocché io vi fo sapere che a questo modo participerete, con la carità, con loro, cioè per l'amore che avete alla salute loro. Che se il nostro conversare fusse con amore proprio o per diletto che ne traeste o spirituale o temporale, che fusse fuore di questa fame; sarebbe da fuggire e temere la loro conversazione. Levate adunque ogni amaritudine ristrettiva, e credete più altrui, che a voi medesimo, E se il dimonio volesse pure stimolare la coscienzia vostra, dirgli che faccia ragione con meco di questo e d'ogni altra cosa; perocché la madre ha a rendere ragione del figliuolo. Or così dunque voglio che siate sollicito; perocché veruno caso o punto sarà si forte, che la carità non rompa; e voi fortificherà.

Benedicetemi il mio figliuolo, Frate Simone, e dite che corra col bastone del santo desiderio, cioè della santa croce. Mandatemi a dire come voi vi riposate, e come si vede l'onore di Dio.

Dice Alessia grassotta, che voi preghiate Dio per lei e per me, e per Cecca perditrice di tempo. Pregate Dio per Lisa. Permanete nella sarita pace e dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCV - A Stefano di Corrado Maconi, poverello d'ogni virtu

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti con tanto lume e cognoscimento, che tu vegga che tu hai bisogno di tagliare, e non di sciogliere. Perocché chi non taglia, sempre sta legato; e chi non fugge, sempre rimane preso. Non fare più resistenzia allo Spirito Santo, che ti chiama; ché duro ti sarà a ricalcitrare a lui, e non ti lassare legare alla tepidezza del cuore, nell'amore compassionevole femminile, spesse volte colorato col colore della virtù. Ma sia uomo virile, che virilmente esca al campo della battaglia; ponendoti dinanzi all'occhio dell'intelletto il sangue sparto con tanto fuoco d'amore; acciocché, fatto libero, sia inanimato alla battaglia. Rispondi, rispondi, figliuolo negligente; apri la porta del cuore tuo: ché grande villania è che Dio stia alla porta dell'anima tua, e non gli sia aperto. Non gli essere mercenaio, ma fedele. Bàgnati nel sangue di Cristo crocifisso; dove tu troverai il coltello dell'odio e dell'amore, e tu taglieraiogni legame il quale fusse fuore della volontà di Dio e impedimento di perfezione; e troverai il lume con che tu hai bisogno di vedere che t'è necessario di tagliare. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCVI (206) - A Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e carissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Gesù, io vostra indegna figliuola Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel preziososangue suo; con desiderio che ho desiderato di vedere in voi la plenitudine della divina Grazia; sì, e per siffatto modo che voi siate strumento e cagione, mediante la divina Grazia, di pacificare, tutto l'universo mondo. E però vi prego, padre mio dolce, che voi, con sollicitudine ed affamato desiderio della pace e onore di Dio e salute dell'anime, usiate lo strumento della potenzia e virtù vostra. E se voi mi diceste, padre: «il mondo è tanto travagliato! in che modo verrò a pace?» dicovi da parte di Cristo crocifisso: tre cose principali vi convieneadoperare con la potenzia vostra. Cioè, che nel giardino della santa Chiesa voi ne traggiate li fiori puzzolenti, pieni d'immondizia e di cupidità, enfiati di superbia; cioè limali pastori e rettori, che attossicano e imputridiscono questo giardino. oimé, governatore nostro, usate la vostra potenzia a divellere questi fiori. Gittateli di fuori, che non abbino a governare. Vogliate ch'egli studino a governare loro medesimi in santa e buona vita. Piantate in questo giardino fiori odoriferi, pastori e governatori che siano veri servi di Gesù Cristo, che non attendano ad altro che all'onore di Dio e alla salute dell'anime, e sieno padri de' poveri. oimé, che grande confusione è questa, di vedere coloro che debbono essere specchio in povertà volontaria, umili agnelli, distribuire della sustanzia della santa Chiesa a' poveri; ed egli si veggono intante delizie e stati e pompe e vanità del mondo, più che se fussero mille volte nel secolo! Anzi molti secolari fanno vergogna a loro, vivendo in buona e santa vita. Ma pare che la somma e eterna Bontà faccia fare per forza quello che non è fatto per amore: pare che permetta che gli stati e delizie siano tolti alla sposa sua, quasi mostrasse che volesse che la Chiesa santa tornasse nel suo stato primo poverello, umile, mansueto, com'era in quello tempo santo, quando non attendevano altro che all'onore di Dio e alla salute dell'anime, avendo poi ch'ha ammirato più alle temporali che alla cura delle cose spirituali, e non temporali. ché spirituali, le cose sono andatedi male in peggio. Però vedete che Dio per questo giudizio gli ha permessa molta persecuzione e tribolazione. Ma confortatevi, padre, e non temete per veruna cosa che fusse addivenuta o addivenisse, che Dio fa per rendere lo stato suo perfetto; perché in questo giardino si paschino agnelli, e non lupi divoratori dell'onore che debbe essere di Dio, il quale furano, e dánnolo a loro medesimi. Confortatevi in Cristo dolce Gesù; ché io spero che l'adiutorio suo, la plenitudine della divina Grazia, il sovenimento e l'adiutorio divino sarà presso da voi, tenendo il modo detto di sopra. Da guerra verrete a grandissima pace, da persecuzione a grandissima unione: non con potenzia umana, ma con la virtù santa sconfiggerete le dimonia visibili delle inique creature, e le invisibili dimonia, che mai non dormono sopra di noi.

Ma pensate, padre dolce, che maleagevolmente potreste fare questo, se voi non adempiste l'altre due cose che avanzano a compire l'altre: e questo si è dello avvenimento vostro, e drizzare il gonfalone della santissima croce. E non vi manchi il santo desiderio per veruno scandalo né ribellione di città che voi vedeste o sentiste;anzi più s'accenda il fuoco del santo desiderio a tosto volere fare. E non tardate però la venuta vostra. Non credete al dimonio, che s'avvede del suo danno, e però s'ingegna di scandalizzarvi, e di farvi tórre le cose vostreperché perdiate l'amore e la carità e impedire il venire vostro. Io vi dico, padre in Cristo Gesù, che voi veniate tosto come agnello mansueto. Rispondete allo Spirito Santo, che vi chiama. Io vi dico: Venite, venite, e non aspettate il tempo, ché il tempo non aspetta voi. Allora farete come lo svenato Agnello, la cui vice voi tenete; che con la mano disarmata uccise li nemici nostri, venendo come agnello mansueto, usando solo l'arma della virtù dell'amore, mirando solo avere cura delle cose spirituali, e rendere la Grazia all'uomo che l'aveva perduta per lo peccato.

Oimé, dolce padre mio, con queste dolcemano vi prego e vi dico, che veniate a sconfiggere li nostri nemici. Da parte di Cristo crocifisso vel dico: non vogliate credere a' consiglieri del dimonio, che volsero impedire il santo e buono proponimento. Siatemi uomo virile, e non timoroso. Rispondete a Dio, che vi chiama che veniate a tenere e possedere il luogo del glorioso pastore santo Pietro, di cui vicario sete rimasto.

E drizzate il gonfalone della croce santa: ché come per la croce fummo liberati (così disse Paolo), così levando questo gonfalone il quale mi pare refrigerio de' Cristiani, saremo líberati, noi dalla guerra e divisione e molte iniquità, il popolo infedele dalla sua infidelità. E con questi modi voi verrete, e averete la riformazione delli buoni pastori della santa Chiesa. Reponetele il cuore, che ha perduto, dell'ardentissima carità: ché tanto sangue li è stato succhiato per gl'iniqui devoratori, che tutta è impallidita. Ma confortatevi, e venite, padre, e non fate più aspettare li servi di Dio, che s'affliggono per lo desiderio. E io misera miserabile non posso più aspettare: vivendo, mi pare morire stentando, vedendo tanto vituperio di Dio. Non vi dilongate però dalla pace, per questo caso che è addivenuto di Bologna; ma venite; ché io vi dico che i lupi feroci vi metteranno il capo in grembo come agnelli mansueti, e dimanderanno misericordia a voi, padre.

Non dico più. Pregovi, padre, che odiate, e scoltiate quello che vi dirà frate Raimondo e gli altri figliuoli chesono con lui, che vengono da parte di Cristo crocifisso, e da mia; che sono veri servi di Cristo e figliuoli della santa Chiesa. Perdonate, padre, alla mia ignoranzia; e scusimi dinanzi alla vostra benignità l'amore e dolore che mel fa dire. Datemi la vostra benedizione. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCVII - A signori di Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, risovvenendomi della parola che disse il nostro Salvatore a' Discepoli suoi, quando disse: «Con desiderio io ho desiderato di fare la Pasqua con voi, prima ch'io muoia». Lungo tempo aveva pasquato il nostro Salvatore con loro: dunque di che Pasqua dice? Diceva dell'ultima Pasqua, la quale fece comunicando sé medesimo a loro. Ben mostra che faccia come innamorato della salute nostra. Onde non dice: Io desidero; ma dice: Con desiderio io ho desiderato; quasi dica: «lo ho, lungo tempo desiderato di compire la vostra redenzione, e di darmivi in cibo, e dare a me la morte per rendervi la vita». Or questa dunque è la Pasqua desiderata da lui: e però ha letizia e gode e fa festain sé, cioè perché si deve adempire 'l suo desiderio, il quale tanto aveva desiderato; ed in segno che ne sente letizia, dice Pasqua. E poi lascia a loro la pace e l'unione, e che si debbano amare insieme; e questo lascia per testamento e per segno; cioè, che a questo segno sono cognosciuti i figliuoli e i veri discepoli di Cristo. Dico che questo vero padre cel dà per testamento. Noi dunque, figliuoli, non dobbiamo renunziare al testamento del padre; perocché chi renunzia, non debbe avere l'eredità. E però dunque io desidero con grandissimo desiderio di vedervi figliuoli veri e non ribelli al Padre vostro, e non renunziatori al testamento della pace, ma adempitori d'essa pace, legati, ed uniti nel legame e nello amore dell'ardentissima carità. E, stando in questa dilezione, egli vi darà sé medesimo in cibo; e riceverete il frutto del sangue del figliuolo di Dio; per lo cui mezzo riceviamo l'eredità di vita eterna. Perocché, innanzi che il sangue fosse sparto, vita eterna era serrata; e niuno poteva andare al fine suo, il quale fine è Dio. E però era creato l'uomo. Ma perché l'uomo non era stato al giogo dell'obedienzia, ma fu inobediente, e ribello al comandamento suo: però venne la morte nell'uomo. Mosso Dio dunque dal fuoco della sua divina carità, donocci il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo; il quale per l'obedienza del Padre suo ci diè 'l sangue con tanto fuoco d'amore; in tanto che ogni cuore superbo e ignorante si dovrebbe vergognare non ricognoscendo tanto smisurato beneficio. Il sangue dunque ci è fatto bagno a lavare le nostre infermitadi, e gli chiovi ci sono fatti chiave, perocché hanno disserrata la porta del cielo. Dunque, figliuoli e fratelli miei, io non voglio che siate ingrati nescognoscenti a tanto ineffabile amore quanto Dio vi mostra; perocché voi sapete bene che la ingratitudine fa seccare la fonte della pietà. E però questa è la pasqua che desidera di fare con voi; cioè, che voi siate figliuolipacifici, e non siate ribelli al capo vostro, ma sudditi e obedienti infino alla morte.

Voi sapete bene, che Cristo lasciò il vicario suo, e questo lasciò per rimedio dell'anime nostre; perché in altro non possiamo avere salute, che nel corpo mistico della santa Chiesa, il cui capo è Cristo, e noi siamo le membra. E chi sarà inobediente a Cristo in terra, il quale è in vece di Cristo in cielo, non partecipa il frutto delFigliuolo di Dio; perocché Dio ha posto che per le sue mani ci sia communicato e dato questo sangue e tutti li sacramenti della santa Chiesa, li quali ricevono vita da esso sangue. E non possiamo andare per altra via, né entrare per alta porta; però che disse la prima Verità: «Io sono Via, Verità, e Vita». Chi tiene dunque per questa via, va per la verità, e non per la menzogna. E questa è, una via d'odio del peccato, e non d'amor proprio di sé medesimo; il quale amore è cagione d'ogni male. Questa via ci dà amore delle virtù, le quali danno vita all'anima;onde essa riceve un'unione e dilezione col prossimo suo; ché innanzi elegge la morte che offendere il prossimo suo. E bene vede che, se egli offende la creatura, egli offende il Creatore. Adunque bene è via di verità. Parmi ancora, che sia porta onde ci conviene entrare poiché abbiamo fatta la via. Così disse egli: «Niuno può andare al Padre, se non per me».

Adunque vedete, figliuoli miei dolcissimi, che colui che ribella come membro putrido alla santa Chiesa, e al padre nostro Cristo in terra, è caduto nel bando della morte; perocché quello che facciamo a lui, facciamo a Cristo in cielo, o riverenzia, o vituperio che noi facciamo. Vedete bene che per la disobedienzia e per la persecuzione che avete fatta (credetemi, fratelli miei, che con dolore e pianto di cuore vel dico) voi sete caduti nella morte, e in odio e in dispiacere di Dio; e peggio non potete avere, che esser privati della Grazia sua. Poco ci varrebbe la potenzia umana se non ci fussi la divina. Oimé, che in vano s'affadiga colui che guarda la città, se Dio non la guarda. Se Dio dunque ha fatta guerra con voi per la ingiuria che avete fatta al padre nostro e vicario suo; sete, dico, indebiliti perdendo l'adiutorio suo. Poniamoché molti sono quelli che non si credono per questo offendere Dio, ma pare a loro fare sacrificio a lui, perseguitando la Chiesa e i pastori suoi, e difendendosi dicendo: «E' sono cattivi; e fanno ogni male». E io vi dico che Dio vuole, e ha comandato così. che eziandio se e' paslori, e Cristo in terra, fussero dimoni incarnati, non tanto che buono e benigno padre, e' ci conviene esser sudditi e obedienti a lui, non per loro in quanto loro,ma per la obedienzia di Dio, come vicario di Cristo; perocché vuole che facciamo così. Sapete che il figliuolo non ha mai ragione contra del padre, sia cattivo, e riceva ingiuria da lui quanta si vuole; perocché è tanto grande il beneficio dell'essere ch'egli ha avuto dal padre che, per niuna cosa gli può rendere tanto debito. Or così pensate che egli è tanto l'essere e il beneficio della graziache traiamo del corpo mistico della santa Chiesa, che niuna riverenzia o operazione che noi facciamo, o facessimo, potrebbe esser sufficiente a rendere questo debito. Oimé, oimé, figliuoli miei, piangendo vel dico, e ve ne prego e costringo da parte di Cristo crocifisso, che vi riconciliate e facciate pace con lui.

Oh non state più in guerra, e non aspettate che l'ira di Dio venga sopra di voi. Perocché io vi dico che questa ingiuria egli la reputa fatta a sé. E così vogliate dunque ricoverare sotto l'ale dell'amore e del timore di Dio, umiliandovi e volendo cercare la pace e l'unione col padre vostro. Aprite, aprite l'occhio del cognoscimento, e non andate in tanta cecità. Perocché noi non siamo Giudei né Saraceni, ma siamo Cristiani battezzati, e ricomperati del sangue di Cristo. Non dobbiamo dunque andare contra al capo nostro per neuna ingiuria ricevuta; né l'uno cristiano contra all'altro; ma dobbiamo fare questo contra agl'Infedeli. Perocché ci fanno ingiuria; però che possedono quello che non è loro; anco, è nostro.

Or non più dormite (per l'amore di Dio!) in tanta ignoranzia e ostinazione. Levatevi su, e correte alle braccia del padre nostro, che vi riceverà benignamente. Se 'l farete, averete pace e riposo spiritualmente e temporalmente, voi e tutta la Toscana: e tutta la guerra che, è di qua, anderà sopra gl'Infedeli, rizzandosi il gonfalone della santissima croce. E se non facesse di recarvi a buona pace, arete il peggiore tempo, voi e tutta la Toscana che avessino mai e' nostri antichi. Non pensate che Dio dorma sopra l'ingiurie che sono fatte alla Sposa sua, ma veglia. E non ci paia altrimenti perché vediamo andare la prosperità innanzi; perocché sotto la prosperità è nascosta la disciplina della potente mano di Dio.

Poiché Dio è disposto a porgerci la misericordia sua, non state fratelli miei, più indurati; ma umiliatevi ora, mentreché avete il tempo. perocché l'anima che s'umilia, sarà sempre esaltata (così disse Cristo); e chi si esalta,sarà umiliato con la disciplina e co' flagelli e con battiture di Dio.

Andate dunque con pace e unione. E questa è la Pasqua che io ho desiderio di fare con voi: considerando che in altra corte non possiamo fare questa Pasqua, che nel corpo della santa Chiesa, perché quivi è il bagno del sangue del Figliuolo di Dio, dove si lavano i fracidumi de' peccati nostri. Ine si truova il cibo dove l'anima si sazia e si notrica; e trovianvi il vestimento nuziale, il quale, ci conviene avere, se vogliamo entrare alle nozze di vita eterna, alle quali siamo invitati dall'Agnello svenato e derelitto in croce per noi. Questo è 'l vestimento della pace, che pacifica 'l cuore, e ricuopre la vergogna della nostra nudità, cioè di molte miserie e difetti e divisioni,le quali noi abbiamo l'uno con l'altro, le quali sono cagione e strumento di tôrci il vestimento della Grazia. Poi, dunque, che la benignità dolce di Dio ci rende il vestimento, non siate negligenti ad andare per esso con sollicitudine virilmente al capo nostro, acciò che la morte non vi trovi nudi. Perocché noi dobbiamo morire, e non sappiamo morire, e non sappiamo quando. Non aspettate 'l tempo, perocché 'l tempo non aspetta voi. Grande simplicità sarebbe d'aspettare, e fidarmi di quello che io non ne son sicuro e non ho davvero.

Non dico più. Perdonate alla mia presunzione, e incolpatene l'amore ch'io ho alla salute vostra, e dell'anima e del corpo; e il dolore ch'io ho del danno che voi ricevete spiritualmente e temporalmente. E pensate che più tosto vel direi a bocca che per lettera. Se per me si può adoperare alcuna che sia onore di Dio, e unione di voi e della santa Chiesa; sono apparecchiata a dare la vita, s'el bisogna. Permanete nella santa e dolce dilezione, del nostro signor Gesù Cristo. Gesù dolce, Gesù amore.




[Modificato da Caterina63 11/06/2020 17:46]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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11/06/2020 17:49
 
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CCVIII - A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' predicatori, in Asciano



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Dilettissimo e carissimo mio figliuolo in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, vi benedico e conforto nel prezioso sangue di Gesù Cristo. Con desiderio ho desiderato di fare Pasqua con voi prima che io muoia. Questa è la Pasqua ch'io voglio che noi facciamo; cioè di vederci alla mensa dell'Agnello immanolato, il quale è cibo, mensa, e servitore. In su questa mensa sono e' frutti delle vere e reali virtù: ogni altra mensa èsenza frutto; ma questa è con perfetto frutto, perocché dà vita. Questa è una mensa forata, piena di vene che germinano sangue; e tra gli altri vi ha uno canale, che gitta sangue e acqua mescolato con fuoco; e all'occhio che si riposa in su questo canale, gli è manifestato il secreto del cuore. Questo sangue è uno vino che inebria l'anima; del quale quanto più beve, più ne vorrebbe bere; e non si sazia mai, perocché 'l sangue e la carne è unita con lo infinito Dio. O figliuolo dolcissimo in Cristo Gesù, corriamo con sollicitudine a questa mensa. Adempite il mio desiderio in voi, sicché io faccia la Pasqua, come detto è. E fate come colui che molto beve, che inebbria e perde sé medesimo e non si vede. E se 'l vino molto gli diletta, anco ne beve più; in tanto che, riscaldato lo stomaco dal vino, nol può tenere, e sì 'l vomica fuore. Veramente, figliuolo, che in su questa mensa noi troviamo questo vino; cioè 'l costato aperto del Figliuolo di Dio. Egli è quello sangue che scalda, e caccia fuore ogni freddezza, rischiara la voce di colui che beve, e letifica l'anima e il cuore. Perocché questo sangue è sparto col fuoco della divina carità; e scalda tanto l'uomo, che gitta sé fuore di sé: e quinci viene, che non può vedere sé per sé, ma sé per Dio, e Dio per Dio, e il prossimo per Dio. E quando egli ha bene bevuto; ed egli 'l gitta sopra 'l capo de' fratelli suoi: ed ha imparato da colui che continuamente in mensa versa non per sua utilità, ma per nostra. Noi dunque, chi, mangiamo alla mensa predetta, conformandoci col cibo, facciamo quello medesimo non per nostra utilità, ma per onore di Dio, e per la salute del prossimo. E per questo sete mandato. Confortatevi dunque, perocché questo fuoco vi darà la voce, e torrà la fiocaggine.


Se io potrò, vi verrò molto volentieri. Richiamatevene a Cristo, che mi faccia venire. Dite a missere Biringhiere, che si conforti in Cristo Gesù, e ragguardi la brevità del tempo, e il prezzo che è pagato per lui. Io li verrò a vedere, se io potrò. Dite a frate Simone, che io torrò la fune della Carità, e terrollo legato al petto suo, siccome lamadre il figliuolo. Sono consolata di questo prete, perocché pare che abbia buona volontà: menatelo a' frati di Monte Oliveto, e sbrigatelo d'acconciare il più tosto che voi potete. Siate, siate sollicito. Monna Giovanna vi conforta e benedice. Ricordivi di Giovanna Pazza, ed invasata nel fuoco dell'Agnello smiraldato. Lisa, e Monna Alessa, e Cecca cento migliaia di volte vi si raccomandano. Laudato sia Gesù, Gesù, Gesù.

CCIX (209) - A Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e reverendissimo padre in Cristo dolce Gesù la vostra indegna figliuola Caterina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive alla Vostra Santitate nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi giunto alla pace, pacificato voi, e li figliuoli con voi. La quale paceDio vi richiede, e vuole che ne facciate ciò che potete. oimé, non pare che voglia che noi attendiamo tanto alla signoria e sostanzia temporale, che non si vegga quanta è la destruzione dell'anime e il vituperio di Dio, il qualeséguita per la guerra; ma pare che voglia che apriate l'occhio dell'intelletto sopra la bellezza dell'anima, e sopra il sangue del Figliuolo suo; del quale sangue lavò la faccia dell'anima nostra: e voi ne sete ministro. Invitavi dunque alla fame del cibo dell'anime. Perocché colui che ha fame dell'onore di Dio e della salute delle pecorelle, per ricoverarle e trarle dalle mani delle demonia, egli lassa andare la vita sua corporale, e non tanto la sostanzia. Benché, potreste dire, santo Padre: «Per coscienzia io sono tenuto di conservare e racquistare quello della santa Chiesa». oimé, io confesso bene che egli è la verità; ma parmi che quella cosa che è più cara, si debba meglio guardare. Il tesoro della Chiesa è il sangue di Cristo, dato in prezzo per l'anima: perocché il tesoro del sangue non è pagato per la sostanzia temporale, ma per salute dell'umana generazione. Sicché, poniamo che siate tenuto di conquistare e conservare il tesoro e la signoria delle città la quale la Chiesa ha perduto; molto maggiormente sete tenuto di racquistare tante pecorelle, che sono un tesoro nella Chiesa; e troppo ne impoverisca in sé, poiché il sangue di Cristo non può diminuire; ma perde uno adornamento di gloria, il quale riceve dalli virtuosi e obedienti e sudditi a lei. Meglio c'è dunque lassar andare l'oro delle cose temporali, che l'oro delle spirituali. Fate dunque quello che si può: e, fatto il potere, scusato sete dinanzi a Dio e agli uomini del mondo. Voi gli batterete più col bastone della benignità, dell'amore e della pace, che col bastone della guerra; e veravvi riavuto il vostro spiritualmente e temporalmente.

Restringendosi l'anima mia fra sé e Dio, con grande fame della salute nostra e della riformazione della santa Chiesa e del bene di tutto quanto il mondo; non pare che Dio manifesti altro rimedio, né io veggo altro in lui, che quello della pace. Pace, pace dunque, per l'amore di Cristo Crocifisso! E non ragguardate all'ignoranzia, cechità e superbia de' figliuoli vostri. Con la pace trarretela guerra e il rancore del cuore e la divisione; e unireteli.Con la virtù dunque caccerete il demonio.

Aprite, aprite bene l'occhio dell'intelletto con fame e desiderio della salute dell'anime, a riguardare due mali: cioè 'l male della grandezza, signoria, e sustanzia temporale, la quale vi par essere tenuto di racquistare; e il maledi veder perdere la Grazia nell'anime, e l'obedienzia la quale debbono avere la Santità Vostra. E così vederete che molto maggiormente sete tenuto di racquistare l'anime. Poi, dunque, che l'occhio dell'intelletto ha veduto, e discerne quale è il meno male; voi dunque, santissimo Padre, che sete in mezzo di questi due così grandi mali, dovete eleggere il minore; e eleggendo il minore per fuggire il maggiore, perderete l'uno male e l'altro; e ambedui torneranno in bene: cioè che averete in pace racquistati li figliuoli, e averete il debito vostro. Mia colpa! chéio non dico questo però per insegnarvi, ma son costretta dalla prime dolceVerità, dal desiderio che io, babbo mio dolce, di vedervi pacificato, e in quiete l'anima e il corpo. Perocché, con queste guerre e malaventura, non veggo che possiate avere una ora di bene. Distruggesi quello delli poverelli ne' soldati, i quali sono mangiatoridella carne e degli uomini. E veggo che impedisce il santo vostro desiderio, il quale avete della reformazione della Sposa vostra. Reformarla, dico, di buoni pastori e rettori. E voi sapete che con la guerra malagevolmente il potere fare: ché, parendovi aver bisogno di principi e di signori, la necessità vi parrà che vi stringa di fare i pastori a modo loro, e non a modo vostro. Benché ella è pessima ragione, che, per alcun bisogno che si vegga, si metta però pastori, o altri che si sia, nella Chiesa, che non siavirtuoso, e persona che cerchi sé per sé, ma cerchi sé per Dio, cercando la gloria e la loda del nome suo. E non debbe essere enfiato per superbia, né porco per immondizia, né foglia che si volve al vento delle proprie ricchezze e vanità del mondo. oimé, non così, per l'amore di Gesù Cristo, e per la salute dell'anima vostra! Tollete dunque via la cagione della guerra, quanto è possibile a voi, acciocché non veniate in questo inconveniente di fargli secondo la volontà degli uomini, e non secondo la volontà di Dio e desiderio vostro. Voi avete bisogno dell'adiutorio di Cristo Crocifisso; in lui ponete dunque l'affetto e il desiderio, e non in uomo e in adiutorio umano; ma in Cristo dolce Gesù, la cui vice voi tenete; che pare che voglia che la Chiesa torni al primo dolce stato suo. Oh quanto sarà beata l'anima vostra e mia che io vegga voi esser cominciatore di tanto bene, che alle vostre mani quello che Dio permette per forza, si faccia per amore! Questo sarà il modo a farlo con pace, e con pastori veri e virtuosi e umili servi di Dio; ché ne troverete, se piacerà alla Santità Vostra di cercarli. Ché sono due cose, perché la Chiesa perde e ha perduto li beni temporali, cioè per la guerra, e per lo mancamento delle virtù. Ché colà, dove non è virtù, sempre è guerra col suo Creatore. Sicché la guerra n'è cagione.

Ora dico che, a volere racquistare quello che è perduto, non ci è altro rimedio se non col contrario di quello con che è perduto, cioè racquistare con pace e con virtù, come detto è. A questo modo adimpirete l'altro desiderio santo vostro e de' servi di Dio, e di me misera miserabile; cioè di racquistare le tapinelle anime dell'infedeliche non participino il sangue dello svenato e consumato Agnello.

Or vedete, santissimo Padre, quanto è il bene che se n'impedisce, e quanto è il male che séguita e che se ne fa. Spero nella bontà di Dio e nella Santità Vostra, che giusta al vostro potere v'ingegnerete di ponere il rimedio detto, della santa pace. Questo è la volontà di Dio. E dicovi da parte del dolce Gesù, che di questo e dell'altre cose che avete a fare, voi pigliate consiglio da' veri servidi Dio; perocché vi consiglieranno in verità. E di loro vi dilettate; ché ne avete bisogno. E però sarà bene, e di grande necessità, che voi li teniate allato da voi, mettendoli per colonne nel corpo mistico della santa Chiesa.

Credo che F. J. da P. portatore di questa lettera, sia uno vero e dolce servo di Dio: il quale vi raccomando; e pregovi che piaccia alla Santità Vostra che lui e gli altrisempre vi vogliate vedere appresso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate alla mia presunzione. Umilemente v'addimando la vostra benedizione. Gesù dolce, Gesù amore.


CCX - A misser Matteo Rettore della casa della misericordia in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo scrivo a voi nel prezioso sangue del figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi annegato e affocato nell'abbondanza d'esso sangue suo. La memoria del quale sangue rende calore e lume all'anime fredde e tenebrose, dona larghezza, e tolle stremità; tolle superbia, e infonde umiltà; tolle crudelità e dona pietà. O inestimabile dilezione di carità, non mi maraviglio se nel sangue tuo io trovo la virtù della pietà; imperocché io vedo che per divina pietà tu hai svenato te medesimo, non per debito; e facesti vendetta della crudele e pessima crudeltà, che l'uomo ebbe a sé medesimo, quando per lo peccato si fece degno di morte. Adunque desidero di vedervi annegato in questo fiume, acciocché ne traiate pietosa compassione e misericordia; la quale continuamente vi bisogna adoperare, secondo lo stato nostro. E poniamoché io desidero di vedervi usare questa virtù in verso i poveri di Cristo delle sustanzie temporali; non son contenta qui, ma invitovi, secondo che Dio invita l'anima mia, a distendere gli amorosi e ardentissimi desiderii, con occhi pietosi e lagrimosi, mostrando nel cospetto della divina pietà compassione a tutto il mondo. Ed egli t'insegna molto bene il modo siccome ebbro d'amore; e per desiderio che ha di fare tosto l'operazione sua, dice: «Pigliate il corpo della santa Chiesa co' membri legati e tagliati e poneteli con pietosa compassione sopra il corpo mio». Sopra il quale corpo furono fabricate tutte le nostre iniquità, perocché egli fu quelloche prese con pena la città dell'anima nostra e il Padre, fu quello che accettò il sacrificio.

Mangiamo, Mangiamo adunque le anime sopra a questa mensa del corpo del dolce Figliuolo di Dio: sicché, passando i penosi e ansietati desiderii, con fadigosi aspettari, sopravenendo gli adempiuti dolci e innamorati desiderii (dove l'anima si pacifica, quando si vede adempiuto quello che molto tempo ha desiderato), possiamo, con dolce voce e soave, gridare al Padre quello che dice la santa Chiesa; cioè: per Gesù Cristo nostro Signore tu ci hai fatto misericordia, levando i lupi o piantando gli agnelli. Adunque o padre, fratello e figliuolo in Cristo Gesù, levianci dal sonno della negligenzia, acciocché in poco tempo noi esciamo delle mani de' lupi, e perveniamo a questa giocondità; non per voi, ma solo per l'onore di Dio. Questa è quella virtù pietosa che io voglio che noi abbiamo. E però dissi ch'io desideravo di vedervi affocato nel sangue del Figliuolo di Dio; perocché ella è quella memoria che notrica la virtù della pietà e misericordia nell'anima nostra. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCXI - A frate Raimondo da Capua a Vignone

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere voi e gli altri figliuoli vestit del vestimento nuziale, il quale è quellovestimento che ricopre tutte le nostre nudità. Egli è un'arme, che non lassa incarnare a morte i colpi dell'avversario dimonio; ma piuttosto l'ha a fortificare, che a debilire, ogni colpo di tentazione o molestia di dimonio o di creatura o della carne propria, che volesse ribellare allo spirito. Dico che questi colpi, non tanto che sieno nocivi, ma saranno pietre preziose e margarite poste sopra questo vestimento dell'ardentissima carità.

Or da che sarebbe l'anima che non portasse delle molte fadighe e tentazioni, da qualunque parte e qualunque modo Iddio le concede? Non sarebbe in lei virtù provata; perocché la virtù si prova per lo suo contrario. Con che si prova la parità, e s'acquista? Col contrario, cioè con la molestia della immondizia. Perocché che fusse immondo, non gli bisognerebbe ricevere molestia dalle cogitazioni della immondizia; ma perché si vede che la volontà è privata de' perversi consentimenti, ed è purificata d'ogni macchia per santo e vero desiderio che ha di piacere al suo Creatore, però il dimonio, il mondo e la carne gli dànno molestia. Sicché, ogni cosa contraria si caccia per lo suo contrario. Vedete che per la superbia s'acquista l'umilità. Quando l'uomo si vede molestare da esso vizio di superbia, subito s'umilia, cognoscendo sé difettuoso, superbo: che se non avesse avuta quella molestia, non si sarebbe sì ben cognosciuto. Poiché s'è umiliato e veduto; concepe uno odio per siffatto modo, che gode ed esulta d'ogni pena ed ingiuria che sostenesse. Questo fa come cavaliero virile, il quale non schifa i colpi. Anzi si reputa indegno di tanta grazia, quanta gli pare essere, a sostenere pena, tentazioni e molestie per Cristo crocifisso. Tutto è per l'odio ch'egli ha di sé medesimo, e per amore che ha conceputo alla virtù.

Adunque vedete che non è da fuggire né dolersi nel tempo della tenebra, perocché della tenebra nasce la luce. O Dio, dolce amore, che dolce dottrina dài, che per lo contrario della virtù s'acquista la virtù! Della impazienzia s'acquista la pazienzia: ché l'anima che sente il vizio della impazienzia diventa paziente della ingiuria ricevuta, ed è impaziente verso il vizio della impazienzia; epiù si duole ch'ella si duole, che di veruna altra cosa. E così nei contrari gli viene acquistata la perfezione. E nonse ne avvede: trovasi diventato perfetto nelle molte tempeste e tentazioni. E in altro modo non si giugne mai a porto di perfezione.

Sicché, pensate in questo: che l'anima non può ricevere né desiderare virtù, che ella non abbia i desiderii, molestie e tentazioni, a sostenere con vera e santa pazienzia per amore di Cristo crocifisso. Doviamo dunque godere ed esultare nel tempo delle battaglie, molestie e tenebre, poiché di loro esce tanta virtù e diletto. Doimé, figliuolo dato da quella dolce madre Maria, non voglio che veniate a tedio né a confusione per veruna molestia che sentiste nella mente vostra; ma voglio che voi conserviate la buona e santa e vera fedele volontà, la quale io so che Dio per sua misericordia v'ha dato. So che vorreste innanzi morire, che offenderlo mortalmente. Sicché io voglio che dalle tenebre esca il cognoscimento di voi medesimo senza confusione della buona volontà esca uno cognoscimento della infinita bontà e inestimabile carità di Dio; ed in questo cognoscimento stia ed ingrassi l'anima nostra. Pensate che per amore egli vi conserva la buona volontà, e non la lassa correre per consentimento e diletto dietro alle cogitazioni del dimonio. E così per amore ha permesso a voi e a me e agli altri suoi servi le molte molestie e illusioni dal dimonio, dalle creature, e dalla carne propria, solo perché noi ci leviamo dalla negligenzia, e veniamo a perfetta sollicitudine, a vera umilità, e ardentissima carità. La quale umilità viene per cognoscimento di sé, e la carità per lo cognoscimento della bontà di Dio. Ivi s'inebbria e si consuma l'anima per amore.

Godete, padre, ed esultate; e confortatevi, senza veruno timore servile, e non temete per verana cosa che vedeste venire o che fusse venuta. Ma confortatevi; ché la perfezione è presso da voi. E rispondete al dimonio, dicendo: «che quella virtù non ha adoperato in voi per me, perocché non era in me; adopera per grazia della infinita pietà e miscricordia di Dio». Sicché per Cristo crocifisso ogni cosa potrete. Fate con fede viva tutte le vostre operazioni; e non mirate perché vedeste apparire veruna cosa contraria, che paresse che fusse contra la vostra operazione. Confortatevi, confortatevi, perché la prima e dolce Verità ha permesso d'adempire il vostro e mio desiderio in voi. Svenatevi per affocato desiderio con lo svenato e consumato Agnello: riposatevi in croce con Cristo crocifisso: dilettatevi in Cristo crocifisso: dilettatevi in pena; satollatevi d'obbrobri per Cristo crocifisso: innestisi il cuore e l'affetto in su l'arbore della santissima croce con Cristo crocifisso; e nelle piaghe sue fate la vostra abitazione. E perdonate a me, cagione e strumento d'ogni vostra pena e imperfezione: ché, se io fussi strumento di virtù, sentireste voi e gli altri odore divirtù. E non dico queste parole, perché io voglio che n'abbiate pena, perché la vostra pena sarebbe mia; ma perché voi abbiate compassione, voi e gli altri figliuoli, alle miserie mie. Spero e tengo di fermo, per la grazia dello Spirito Santo, che porrà fine e termine in tutte quelle cose che sono fuor della volontà di Dio.

Pensate che io misera miserabile sto nel corpo, e trovomi per desiderio continuo di fuore del corpo. oimé, dolce e buono Gesù! Io muoio e non posso morire, e scoppio, e non posso scoppiare, del desiderio che io ho della rinnovazione della santa Chiesa per onore di Dio e salute d'ogni creatura; e di vedere voi e gli altri vestiti dipurità, arsi e consumati nell'ardentissima carità sua. Dite a Cristo in terra, che non mi faccia più aspettare.

E quand'io vedrò questo, canterò con quello dolce vecchio di Simeone: Nunc dimittis servum tuum, Domine, secundum verbum tuum in pace. Non dico più; ché se io seguissi la volontà, testè comincerei. Fate che io vivegga e senta tutti legati e conficcati con Cristo dolce Gesù, sì e per siffatto modo, che né dimonia né creatura vi possa mai partire né separare da così dolce e soave legame. Amatevi, amatevi, amatevi insieme. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCXII - A Neri di Landoccio

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di veder crescere in te il santo e buono desiderio, con dolce e vera perseveranzia infine alla morte. Pènsati, figliuolo mio, che ogni di si conviene che noi c'ingegnamo di crescere in virtù; perocché non andando innanzi, sarebbe un tornare addietro. Spero, per la divina bontà, che s'adempirà in te ildesiderio mio, in questo, e anco in altro.

Non dico al presente altro, per la brevità del tempo, e per occupazione d'alcune altre cose, a che mi conviene attendere. Confòrtati con Cristo crocifisso, con una buona pazienzia; e conforta e benedici molto molto per mia parte Mone: e fa che prieghi Dio per questi tuoi fratelli, e' quali ti mandano molto confortando e singolarmente per questo negligente di Stefano. Barduccio e Francesco stanno bene, e molto ti confortano. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce. Gesù amore.


CCXIII - A suora Daniella da Orvieto, vestita dell'abito di Santo Domenico, la quale, non potendo seguire la sua grande penitenzia, era venuta in grande afflizione

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro e figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere in te la virtù santa della discrezione, la quale virtù ci è necessaria ad avere, se vogliamo la salute nostra. Perché ci è tanto di necessità? Perché ella esce del cognoscimento di noi e di Dio: in questa casa tiene le sue radici. Ella èdrittamente uno figliuolo parturito dalla carità, che è propriamente discrezione, e uno lume e uno cognoscimento che l'anima ha di Dio e di sé, come detto è. La principale cosa che ella faccia, è questa: che, avendo veduto con lume discreto a cui ella è debitrice e quello che debbe rendere, subito il rende con perfetta discrezione. Onde a Dio rende gloria, e lode al nome suo; e tutte l'operazioni che fa l'affetto dell'anima, fa con questo lume, cioè che tutte sono fatte per questo fine. Sicché a Dio rende il debito dell'onore: non fa come lo indiscreto rubbatore, che l'onore vuole dare a sé; e per cercare il proprio onore e piacere, non cura di fare vituperio a Dio e danno al prossimo. E perché la radice dell'affetto dell'anima è corrotta dalla indiscrezione, sono corrotte tutte le sue operazioni in sé e in altrui. In altrui, dico;perché indiscretamente pone i pesi, e comanda ad altri o secolari o spirituali, o di qualunque stato si sia. Se egliammonisce o consiglia, indiscretamente il fa; e con quello medesimo peso che egli pesa, vuole pesare ogni altra persona. Il contrario fa l'anima discreta, che discretamente vede il bisogno suo e l'altrui. Onde, poich'ella ha renduto il debito nell'onore a Dio, ella rende il suo a sé, cioè odio del vizio e della propria sensualità. Chi n'è cagione? è l'amore della virtù; amandola in sé. Questo medesimo lume, col quale ella si rende il debito, rende al prossimo suo. E però dissi: in sé e in altrui. Onde rende al prossimo la benivolenzia siccome egli è obbligato, amando in lui la virtù, e odiando il vizio. E amalo come creatura creata dal sommo ed eterno Padre. E meno e più perfettamente rende a lui la dilezione della carità, secondo che l'ha in sé. Sicché questo è il principale effetto, che adopera la virtù della discrezione nell'anima; perché con lume ha veduto che debito debba rendere, e a cui.

Questi sono tre rami principali di questo glorioso figliuolo della discrezione, il quale esce dall'arbore della carità. Di questi rami escono infiniti e variati frutti, tuttisoavi e di grandissima dolcezza che notricano l'anima nella vita della Grazia, quando con la mano del libero arbitrio, e con la bocca del santo e affocato desiderio li prende. In ogni stato che la persona è, gusta di questi frutti, se ella ha il lume della discrezione: in diversi modi, secondo il diverso stato. Colui che è nello stato del mondo, e ha questo lume, coglie il frutto dell'obedienzia de' comandamenti di Dio, e il dispiacere del mondo, spogliandosene mentalmente, poniamoché attualmente ne sia vestito. Se egli ha figliuoli, piglia il frutto del timore di Dio, e col timore santo suo li notrica. Se egli è signore, piglia il frutto della giustizia, perché discretamente vuole rendere a ciascuno il debito suo; onde col rigore dela giustizia punisce lo ingiusto, e il giusto premia, gustando il frutto della ragione; ché per lusinghe né per timore servile non si parte da questa via. Se egli è suddito, coglie il frutto dell'obedienzia e reverenzia verso il signore suo; schifando la cagione e la via, per la quale il potesse offendere. Se col lume non l'avesse vedute non l'avrebbe schifate. Se sono religiosi o prelati, tràggonne il frutto dolce e piacevole d'essere osservatori dell'ordine loro: portando e sopportando i difetti l'uno dell'altro, abbracciando le vergogne e 'l dispiacere, ponendosi sopra le spalle il giogo dell'obedienzia. Il prelato prende la fame dell'onore di Dio e della salute dell'anime, gittandogli l'amo della dottrina e della vita esemplaria . In quanti diversi modi, e in diverse creature si colgono questi frutti! Troppo sarebbe lungo a narrarlo; con lingua non si potrebbero esprimere.

Ma vediamo carissima figliuola (parliamo ora in particolare; e parlando in particolare sarà parlato in generale), che regola dà questa virtù della discrezione nell'anima. Pare a me, che dia questa regola nell'anima e nel corpo, in persone che spiritualmente vogliono vivere, e attualmente e mentalmente: benché ella ogni persona regoli e ordini nel grado e nello stato suo: ma parliamo ora a noi. La prima regola che ella dia nell'anima, è quella che detta aviamo, di rendere l'onore a Dio, al prossimo la benivolenzia, e a sé odio del vizio e della propria sensualità. Ella ordina questa carità nel prossimo: che per lui non vuole ponere l'anima sua; cioè per farli utilità o piacere non vuole offendere Dio; ma discretamente fugge la colpa, e dispone il corpo suo ad ogni pena e tormento, e alla morte, per campare un'anima, e quante ne potesse campare, dalle mani del dimonio. E disponsi a ponere la sustanzia temporale per sovvenire e campare il corpo del prossimo suo. Questo fa la carità con questo lume della discrezione; ché discretamente l'ha regolato nella carità del prossimo. Il contrario fa lo indiscreto, che non si cura d'offendere Dio, né di ponere l'anima sua per fare servizio e piacere al prossimo indiscretamente, quando con fargli compagnia in luoghi scelerati, quando con falsa testimonianza: e così in altri modi, come tutto dí vengono i casi. Questa è la regola della indiscrezione, la quale esce dalla superbia e dalla perversità dell'amore proprio di sé, e dalla cecità di non avere cognosciuto sé né Dio.

E poiché l'ha regolata in questa carità del prossimo; e ella la regola in quella cosa che la conserva e cresce in essa carità, cioè nell'umile e fedele e continua orazione; ponendogli il manto dell'affetto delle virtù, acciocché non sia offesa dalla tepidezza, negligenzia, e amore proprio di sé, spirituale né corporale: però gli dà questo affetto delle virtù, acciocché l'affetto suo non si ponga in veruna altra cosa dalla quale potesse ricevere alcuno inganno.

Anco ordine e regola corporalmente la creatura in questo modo: che l'anima la quale si dispone a volere Dio, fa il suo principio per lo modo che detto abbiamo: ma, perché ella ha il vasello del corpo, si conviene che questo lume ponga la regola a lui, siccome egli l'ha posta nell'anima, come strumento ch'egli debbe essere ad aumentare la virtù. La regola è questa che egli il sottrae dalle delizie e delicatezze del mondo, e della conversazione de' mondani; e dàgli la conversazione dei servi di Dio; levalo da' luoghi dissoluti, e tiello ne' luoghi che loinducono a devozione. A tutte le membra del corpo dà ordine, acciocché siano modeste e temperate: l'occhio non ragguardi dove egli non debbe, ma dinanzi a sé ponga la Terra, e 'l Cielo: la lingua fugga il parlare ozioso e vano, e sia ordinata ad annunziare la parola di Dio in salute del prossimo, e confessare i peccati suoi: l'orecchia fugga le parole dilettevoli, lusinghevoli, dissolute, edi detrazione, che gli fussero dette; e attenda a udire la parola di Dio, e il bisogno del prossimo, cioè volontariamente udire la sua necessità. Così la mano nel toccare o nello adoperare, i piei nell'andare; a tutti dà regola. E acciocché per la perversa legge della impugnazione che dà la carne contra lo spirito, non si levi a disordinare questi strumenti, pone la regola al corpo, macerandolo con la vigilia, col digiuno, e con gli altri esercizii, i qualihanno tutti a raffrenare il corpo nostro.

Ma attendi, che tutto questo fa non indiscretamente, ma con lume dolce di discrezione. E in che 'l mostra? In questo: che ella non pone per principale affetto suo, veruno atto di penitenzia. E acciocché non cadesse in cotale difetto di ponere per principale affetto la penitenzia, provvide il lume della discrezione, di mantellare l'anima con affetto delle virtù. Debbela bene usare come strumento, a' tempi e a' luoghi ordinati, secondo che bisogna. Se il corpo per troppa fortezza ricalcitrasse allo spirito, tolle la verga della disciplina, e' l digiuno, e 'l cilicio di molte gemme, con grande vigilia; e pongli allora de' pesi assai, acciocché egli stia più trito. Ma se il corpoè debile, venuto ad infermità, non vuole la regola della discrezione, che faccia così. Anco, debbe non solamente lassare il digiuno, ma mangi della carne: e se non gli basta una volta il dì, pigline quattro. Se non può stare in terra, stia in sul letto; se non può inginocchioni, stia a sedere e a giacere, se n'ha bisogno. Questo vuole la discrezione. E però pone che si faccia come strumento, e non per principale affetto.

E sai perché egli non vuole? Acciocché l'anima serva a Dio con cosa che non gli possa essere tolta e che non sia finita, ma con cosa infinita, cioè col santo desiderio;il quale è infinito, per l'unione che ha fatta nello infinitodesiderio di Dio; e nelle virtù, le quali né dimonio né creatura né infermità ci possono tollere, se noi non vogliamo. Anco, nella infermità provi la virtù della pazienzia; nelle battaglie e molestie delle dimonia pruovi la fortezza e la lunga perseveranzia; e nella avversità che ricevesse dalle creature, pruovi la umilità, la pazienzia, lacarità. E così tutte le altre virtù permette Dio che ci sieno provate con molti contrarii, ma non tolte mai, se noi non vogliamo. In questo dobbiamo fare il nostro fondamento, e non nella penitenzia. Due fondamenti non può l'anima fare: o l'uno o l'altro si conviene che vada a terra. E quello che non è principale, usi per strumento. Se io fo il mio principio nella penitenzia corporale, io edifico la città dell'anima sopra l'arena, che ogni piccolo vento la caccia a terra, e ncuno edifizio vi possa ponere su. Ma se io edifico sopra le virtù, è fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù; e non è veruno edifizio tanto grande che non stia su bene, né vento sì contrario che mai il dia a terra.

Per questi e molti altri inconvenienti che ne vengono, non ha voluto che s'usi la penitenzia altro che per strumento. Molti penitenti ho già veduti, i quali non sono stati pazienti né obedienti, perché hanno studiato a uccidere il corpo, ma non la volontà. Questo ha fatto la regola della indiscrezione. Sai che n'adiviene? tutta la consolazione e l'affetto loro è posto in fare la penitenzia a loro modo, e non a modo d'altrui. In essa notricano la loro volontà: mentre che essi la compiono, hanno consolazione e allegrezza, e pare a loro essere pieni di Dio, come se ogni cosa avessero compito; e non se ne avveggono, che caggiono nella propria reputazione, i e in giudizio. Che se ognuno non va per questa via, gli pare che siano in stato di dannazione, in stato imperfetto. Indiscretamente vogliono misurare tutti i corpi d'una misura medesima, cioè con quella che essi misurano loro stessi. E chi li vuole ritrare da questo o per rompere la loro volontà, o per necessità che essi avessero; tengono la volontà più dura che 'l diamante; vivi per sì fatto modo, che al tempo della prova o d'una tentazione o d'una ingiuria, si truovano in questa volontà perversa più debili che la paglia.

La indiscrezione gli mostrava che la penitenzia raffrenasse l'ira, la impazienzia e gli altri movimenti di vizii, che vengono nel cuore: ed egli non è così. Móstrati questo glorioso lume, che con l'odio e dispiacimento di te, con aggravare la colpa con rimproverio, con la considerazione chi è Dio ché è offeso da te, e chi se' tu che l'offendi, con la memoria della morte; e con l'affetto delle virtù ucciderai il vizio nell'anima, e trarraine le barbe. La penitenzia taglia; ma tu ti trovi sempre la barba, la quale è atta a fare germinare, ma questo divelle. é ben sempre atta questa terra, dove stanno piantati i vizii, a riceverne, se la propria volontà con libero arbitrio ve ne mette: altrementi no, poiché la radice n'è divelta.

E per caso addiviene che per forza, a quello corpo ch'infermato, gli convenga escire de' suoi modi: egli viene subito a uno tedio e confusione di mente, privato d'ogni allegrezza; e pargli essere dannato e confuso, e non truova la dolcezza nell'orazione, come gli pareva avere nel tempo della sua penitenzia. E dove n'è andata? nella propria volontà, dove ella era fondata. La quale volontà non può compire; non potendola compire, n'ha pena e tristizia. E perché se' venuta a tanta confusione e quasi disperazione? E dove è la speranza che tu avevi nel regno di Dio? éssene andata nell'affetto della penitenzia, per lo cui mezzo sperava d'avere vita eterna; non avendola più, parnegli essere privato.

Questi sono i frutti della indiscrezione. Se egli avesse il lume della discrezione, vedrebbe che solamente essere privato delle virtù gli tolle Dio; e col mezzo della virtù,mediante il sangue di Cristo, ha vita eterna. Adunque ci leviamo da ogni imperfezione, e poniamo l'affetto nostro nella vera virtù, come detto è; le quali sono di tantodiletto e giocondità, che la lingua nol potrebbe narrare. Neuno è che possa dare pena all'anima fondata in virtù, né che le tolla la speranza del cielo; perché ella ha mortain sé la propria volontà nelle cose spirituali, come nelle temporali; e perché l'affetto suo non è posto in penitenzia né in proprie consolazioni o rivelazioni, ma nel sostenere per Cristo crocifisso e per amore della virtù. Ond'ella è paziente, fedele; spera in Dio, e non in sé né in sua operazione. Ella è umile, e obediente a credere ad altrui, più che a sé, perché non presume di sé medesima. Ella si dilarga nelle braccia della misericordia, e con essacaccia la confusione della mente.

Nelle tenebre e battaglie trae fuora il lume della Fede, esercitandosi virilmente con vera e profonda umilità: e nella allegrezza intra in sé medesima, acciò che 'l cuore non venga a vana letizia. Ella è forte e perseverante, perché ha morta in sé la propria volontà, che la faceva debile e incostante. Ogni tempo gli è tempo; ogni luogo gli è luogo. Se ella è nel tempo della penitenzia, a lei è tempo d'allegrezza e consolazione, usandola come strumento; e se per necessità o per obedienzia il conviene lassare, ellagode: perché 'l principale fondamento dell'affetto delle virtù non può essere, né è, tolto da lei; e perché si vede annegare la propria volontà, alla quale ha veduto col lume che sempre gli è ne cessario di ricalcitrare con grande diligenzia e sollicitudine.

In ogni luogo trova l'orazione, perché sempre porta seco il luogo dove Dio abita per grazia, e dove noi dobbiamo orare, cioè la casa dell'anima nostra, dove òra continuo il santo desiderio. Il quale desiderio si leva collume dell'intelletto a specularsi in sé, e nel fuoco inestimabile della divina carità, il quale trova nel sangue sparto; per larghezza d'amore il quale sangue trova nel vasello dell'anima. A questo attende, e debbe attendere, di cognoscere acciocché nel sangue s'inebbri, e nel sangue arda e consumi la propria volontà; e non solamente a compire il numero di molti paternostri. Così faremo l'orazione nostra continua e fedele; perché nel fuoco della sua carità cognosciamo ch'egli è potente a darci quello che noi addimandiamo; è somma Sapienzia, che sa dare e discernere quello che è necessario a noi; ed è elementissimo e pietoso Padre, che ci vuole dare più che noi non desideriamo, e più che noi non sappiamo addimandare per lo nostro bisogno. Ella è umile; perché ha cognosciuto in sé il difetto suo, e sé non essere. Questa èquella orazione per cui mezzo veniamo a virtù, e conserviamo in noi l'affetto d'essa virtù.

Chi è principio di tanto bene? la discrezione, figliuola della carità, come detto è. E di quello bene che ha in sé, sì il porge al prossimo suo. Onde il fondamento che ha fatto, e l'amore e la dottrina che ha ricevuta in sé, vuoleporgere, e porge, alla creatura: e mostrarlo per esemplo di vita e per dottrina, cioè consigliando quando vede la necessità, o quando il consiglio gli fusse chiesto. Ella conforta, e non confonde, l'anima del prossimo, inducendola a disperazione quando fusse caduta per alcuno difetto; ma caritativamente si fa inferma con lei insieme, dandogli il rimedio che si può, e dilargandola in speranza nel sangue di Cristo crocifisso.

Questo, e infiniti altri frutti, dona al prossimo la virtùdella discrezione. Adunque, poich'ella è tanto utile e necessaria, carissima e dilettissima figliuola e suora mia inCristo dolce Gesù; io invito te e me a fare quello che per lo tempo passato io confesso non avere fatto con quella perfezione ch'io debbo. A te non è intervenuto come a me, cioè d'essere stata e essere molto difettuosa, né d'essere andata con larghezza di vita, e non con estrema, per lo mio difetto; ma tu, come persona che hai voluta atterrare la gioventudine del corpo tuo, acciocché non sia ribello all'anima, hai presa la vita estrema per siffatto modo, che pare che esca fuore dell'ordine della discrezione; in tanto che mi pare che la indiscrezione ti voglia fare sentire de' frutti suoi, e di fare vivere in questo la propria volontà tua. E lassando tu quello che se' usata di fare, pare che 'l Dimonio ti voglia fare vedere che tu sia dannata. A me spiace molto; e credo che sia grande offesa di Dio. E però voglio, e pregoti, che 'l principio e fondamento nostro con vera discrezione sia fatto nell'affetto delle virtù, siccome detto è. Uccidi la tua volontà, e fa' quello che t'è fatto fare: attienti all'altrui vedere più che al tuo. séntiti il corpo debile e infermo: prendi ogni dì il cibo che t'è necessario e ristorare lanatura. E se la infermità e debilezza si leva, piglia una vita ordinata con modo, e non senza modo. Non volere che 'l piccolo bene della penitenzia impedisca il maggiore: non te ne vestire per tuo principale affetto; ché tu tene troveresti ingannata: ma voglio che per la strada battuta della virtù noi corriamo realmente, e per questa medesima guidiamo altrui, spezzando e fracassando le nostre volontà. Se averemo in noi la virtù della discrezione,il faremo: altrimenti no.

E però dissi ch'io desideravo di vedere in te la virtù santa della discrezione. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonami se troppo presuntuosamente io avessi parlato: l'amore della tua salute, per onore di Dio, me n'è cagione. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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06/10/2020 09:00
 
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CCXIV - A Catarina dello Spedaluccio, e a Giovanna di Capo

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondate in vera pazienzia e profonda umilità, acciocché potiate seguitare il dolce e immacolato Agnello; perocché in altro modo non potreste seguitarlo. Ora è il tempo, figliuole mie, di mostrare se noi abbiamo virtù; e se sete figliuole,o no. Con pazienzia vi conviene portare le persecuzioni e le detrazioni infamie e mormorazioni delle creature, con una umilità vera, e non con scandalo né con impazienzia; né levare il capo per superbia contro ad alcuna persona. Sapete bene che questa è la dottrina che n'è stata data; cioè, che in su la croce ci conviene pigliare ilcibo dell'onore di Dio e della salute dell'anime, e con vera e santa pazienzia. oimé, figliuole dolcissime, io vi invito da parte della prime dolce Verità, che voi vi destiate dal sonno della negligenzia e amore proprio di voi; e offerite umili e continue orazioni, con molta vigilia e cognoscimento di voi medesime, perocché 'l mondo perisce per la moltitudine di molte iniquità e irriverenzia che si fa alle dolcesposa di Cristo. Or diamo dunque l'onore a Dio, e la fadiga al prossimo. oimé, non vogliate, né voi né l'altre serve di Dio, che termini la vita nostra altro che in pianto e in sospiri; perocché con altro mezzo non si può placare l'ira di Dio, la quale manifestamente si vede venire sopra di noi.

Oh disavventurata me! Figliuole mie, io credo essere quella miserabile che son cagione di tanti mali, per la molta ingratudine e altri difetti che io ho commessi contra il mio Creatore. oimé, oimé! Chi è Dio, che è offeso dalle sue creature? è colui, che è somma ed eterna Bontà; 'l quale per la carità sua creò l'uomo alla immagine e similitudine sua; e ricreollo a grazia dopo il peccatonel sangue dello immacolato e amoroso Agnello, unigenito suo Figliuolo. E chi è l'uomo mercennaio e ignorante, che offende il suo Creatore? Siamo coloro, che non siamo noi per noi, se non quanto siamo fatti da Dio; ma per noi siamo pieni d'ogni miseria. E non pare che si cerchi se non in che modo si possa offendere Dio,e l'una creatura l'altra, in dispregio del Creatore. Vediamo co' i miserabili occhi nostri perseguitare il Sangue nella santa Chiesa di Dio, il quale Sangue ci ha dato la vita. Scoppino dunque i cuori nostri per ansietato e penoso desiderio: non stia più la vita nel corpo, ma innanzi morire, chevedere tanto vituperio di Dio. Io muoio vivendo, e dimando la morte al mio Creatore, e non la posso avere. Meglio mi sarebbe a morire che a vivere, innanzi che vedere tanta ruina quanta è venuta, ed è per venire nel popolo cristiano.

Traiamo fuore l'arme della santa orazione, perocché altro rimedio io non ci veggo. Venuto è quello tempo della persecuzione de' servi di Dio, i quali si conviene che si nascondano per le caverne del cognoscimento di loro e di Dio; chiamando a lui misericordia per li meriti del sangue del suo Figliuolo. Io non voglio dire più; perocché se io andassi alla voglia, figliuole mie, io non mi resterei mai infino che Dio mi trarrebbe di questa vita.

A te dico ora, Andrea, che colui che comincia, non riceve mai la corona della gloria, ma colui che persevera infino alla morte. O figliuola mia, tu hai cominciato a mettere mano all'arato delle virtù, partendoti dal vomito del peccato mortale; convienti dunque perseverare a ricevere il frutto della tua fadiga, la qual porta l'anima, volendo raffrenare la sua gioventudine, che non corra ad essere membro del dimonio. oimé, figliuola mia! e non hai tu considerazione, che tu eri membro del dimonio, dormendo nel fracidume della immondizia; e Dio per la sua misericordia ti trasse di tanta miseria l'anima e'l corpo, nella quale tu eri? Non ti conviene dunque essere ingrata, né sconoscente, perocché male te ne piglierebbe e tornerebbe il dimonio con sette compagni più forte di prima. Allora dunque mostrerai la grazia, che hai ricevuta, d'essere grata e cognoscente, quando sarai forte contra le battaglie del dimonio, contra il mondo e la carne tua, che ti dà molestia; sarai perseverante nella virtù. Attàccati, figliuola mia, se vuoi campare da tante molestie, all'arbore della santissima croce, con l'astinenzia del corpo tuo, con la vigilia e con l'orazione; bagnandoti per santo desiderio nel sangue di Cristo crocifisso. E così acquisterai la vita della Grazia, e farai la volontà di Dio, e adempirai il desiderio mio, il quale desidera che tu sia vera serva di Cristo crocifisso. Onde io ti prego che tu non sia più fanciulla, e che tu vogli per sposo Cristo, che t'ha ricomperata del sangue suo. E se tu vorrai pure il mondo, convienti aspettare tanto, che si possa avere il modo di dartelo per modo che sia onore di Dio e bene di te. Sia suddita e obediente infino alla morte, e non escire dalla volontà di Catarina e di Giovanna, ché so che elle non ti consiglieranno né diranno cosa, che sia altro che onore di Dio, e salute dell'anima e del corpo tuo. E se tu nol fai, fara'mi grandissimo dispiacere, e a tepoca utilità. Spero nella bontà di Dio, che tu farai sì cheegli n'averà onore, e tu n'averai il frutto, e a me darai grande consolazione.

A te dico, Catarina e Giovanna, che per l'onore di Dio e salute sua adoperiate infino alla morte. Figliuole dolci, ora è il tempo di fadighe, le quali ci debbono essere consolazioni per Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CCXV - A certi monasteri di Bologna

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime suore in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondate in vera e perfetta carità. La quale carità è il vestimento nuziale il qual debbe avere l'anima ch'è invitata alle nozze della vita durabile; perocché senza questo vestimento saremo sbandite dalle nozze di vita eterna. Cristo benedetto ci ha tutti invitati, e a tutti ci ha dato il vestimentodella Grazia sua; la quale Grazia ricevemmo nel santo battesimo. Questa è invitare e dare insiememente: perocché nel battesimo c'è tolta la macchia del peccato originale, e data la grazia; però che con quello battesimo, morendo il fanciullo nella purità sua, ha vita eterna, in virtù del sangue prezioso di Cristo crocifisso, il qualesangue fa valere il battesimo. Ma vivendo la creatura che ha in sé ragione, e giugnendo al tempo della discrezione, può tenere la invitata che gli fu fatta nel santo battesimo:e se non la tiene, è reprovato del Signore dalle nozze, ed è cacciato fuore, essendo trovato senza il vestimento nuziale. Perché non l'ha? perché non volse osservare quello che promesse nel santo battesimo, cioè, di renunziare al mondo e alle sue delizie, al dimonio e a sé medesimo, cioè alla propria sensualità. Questo debbe fare ogni creatura che ha in sé ragione, in qualunque stato si sia; perocché Dio non è accettatore degli stati, ma de' santi desiderii. E chi non rende questo debito, il quale ha promesso d'osservare e di rendere è ladro, perocché fura quello che non debbe; e però giustamente Dio il caccia, comandando che gli sian legate le mani e i piei, e gittato nelle tenebre di fuore. Songli legati i piei dello affetto, perocché non può desiderare Dio; e a colui che è morto in peccato mortale ed è giunto allo stato della dannazione, gli sono legate le mani delle sue operazioni, perocché non possono pigliare il frutto di vita eterna, il qualesi dà a' veri combattitori, e' quali combattono co' vizii per amore della virtù ma pigliano quello frutto che séguita di ricevere per le sue cattive operazioni , il quale ècibo di morte.

O carissime suore, se tanto durissimamente sarà punita generalmente ogni persona che non renderà questo cosiffatto debito; che diremo di noi misere ed ignoranti spose, le quali siamo state invitate alle nozze di vita eterna, e al giardino della santa religione, la quale è uno giardino odorifero pieno di dolci e soavi frutti, nel qualegiardino la sposa, se ella attiene quello ch'ella ha promesso, diventa uno angelo terrestre in questa vita? Perocché, come gli altri uomini del mondo, vivendo nella carità comune, sono uomini giusti; e se fussero in peccato mortale, sarebbero animali bruti; così quelli che si conservano nello stato della continua continenzia, ed entrano nel giardino della santa religione, sono fatti angeli: e se non osservassero quello che hanno promesso, sarebbero peggio che dimonia. E non hanno questi cotali il vestimento predetto. Oh quanto sarà dura e aspra quella riprensione, che sarà fatta alla sposa di Cristo dinanzi al sommo giudice! Serrata gli sarà la porta dello sposo eterno. Or, che rimproverio sarà quello di vedersi privata di Dio, e della conversazione degli angeli, solo per suo difetto? O carissime suore, chi punto la considerasse, eleggerebbe prima la morte, che offendere la sua perfezione. Non tanto che offendere Dio, ma io dico, d'offendere la perfezione sua. perocché altro è stare in peccato mortale, per lo quale allora sta in offesa di Dio; e altro è offendere la perfezione sua, la quale ha promessa di compire; cioè, che oltre all'osservare i comandamenti di Dio, ha promesso d'osservare i consigli attualmente e mentalmente. Gli uomini che stanno nella carità comune, osservano i comandamenti e' consigli, perocché sono legati insieme, e non si può osservare l'uno senza l'altro; ma osservangli mentalmente. Ma quello che ha promesso di compire la vita perfetta, li osserva mentalmente e attualmente. Onde dico che, se attualmente poi non li osserva, ma osservali pur mentalmente, offende la sua perfezione, per la quale egli promesse d'osservarli attuali e mentali.

Che promettemmo noi, carissime suore? promettemmo d'osservare i consigli, quando nella professione fecimo tre voti; perocché noi promettemmo povertà volontaria, obedienzia, e continenzia. I quali non osservando, offendiamo Dio, per la promissione e voto fatto; e offendiamo la perfezione la quale noi abbiamo eletta. Perocché se un altro che non gli avesse promessi d'osservare, non gli osserva attualmente, non offende; ma offende la perfezione, la quale si poneva in cuore di volere tenere: ma quello che ha fatto voto, offende.

E qual è la cagione che, dopo il voto fatto, non s'osserva? è per l'amore proprio di noi medesimi, il quale amore proprio ci tolle il vestimento nuziale; e tolleci la luce, e dacci la tenebra; e tolleci la vita, e dacci la morte, e l'appetito delle cose transitorie vane e caduche; e tolleci il desiderio santo di Dio. Oh quanto è miserabile questo amore! perocché ci fa essere perditori del tempo, il quale è tanto caro a noi; facci partire dal cibo degli angeli, e andiamo al cibo degli aniinali bruti, cioè della creatura fatta animale bruto per la sua disordinata vita, il cui cibo sono i vizii e i peccati; e il cibo degli angeliterrestri sono le vere e reali virtù. Quanto è differente l'uno dall'altro? Quanto dalla morte alla vita, quanto dalla cosa finita alla cosa infinita.

Or vediamo quello di che si diletta chi è vera sposa di Cristo crocifisso, la quale gusta questo dolce e amoroso cibo: e di che si diletta quella ch'è fatta animale bruto. La vera sposa di Cristo si diletta di cercare lo sposo suo non tra la congregazione, ma nel cognoscimento santo di sé, dov'egli 'l trova; cioè cognoscendo e gustando la bontà dello Sposo eterno in sé, amandolo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze sue; dilettandosi di stare in su la mensa della santissima croce; volendo più tosto acquistare le virtù con pena e con battaglie, che con pace e senza pena. per conformarsi con Cristo crocifisso, seguitando le vestigie sue: in tanto che, se possibile le fusse servirgli senza pena, non vuole; ma, come vero cavaliero, con forza e violenzia fare a sé medesimo gli vuole servire, perché ella è spogliata dall'amore proprio di sé, e vestita dell'affettuosa carità. E passa perla porta stretta di Cristo crocifisso: e però promise (e attende) d'osservare povertà volontaria, obedienzia, e continenzia. Ella ha gittato a terra il carico e il peso dellaricchezza del mondo delizie, e stati suoi; e quando più se ne vede privata, più gode. E perché ella è umile, ha obedienzia pronta, e non ricalcitra all'obedienzia sua, né vuole mai passare il tempo, che ella non si ponga dinanzi all'occhio suo i costumi dell'Ordine e la impromissione fatta. Lo studio suo è della vigilia e dell'orazione: della cella si fa uno cielo, con une dolcesalmodia. L'Officio suo non dice solamente con le labbra, ma coralmente; e vuole essere sempre la prima che entri in coro, e l'ultima che n'esca. Ed èlle in abominazione la grate e il parlatorio, e la domestichezza de' devoti. Non studia in fare celle murate né fornite di molto ornamento; ma bene si studia di murare la cella del cuore suo, acciocché i nemici non vi possano intrare; e questa fornisce dell'adornamento delle virtù. Ma nella cella attuale, non tanto che ella vi metta molto adornamento; ma se vha alcuna cosa, sì ne la trae, per desiderio della povertà, e per bisogno delle suore. E per questo, conserva l'anima e il corpo suo nello stato della continenzia; perocché ha tolto le cagioni per le quali le potesse perdere. E sta con una caritàfraterna, amando ogni creatura che ha in sé ragione; e porta e sopporta i difetti del prossimo suo con vera e santa pazienzia. Ella sta come il riccio, con vera guerra con la propria sensualità: ella è timorosa di non offendere lo Sposo suo. Ella perde la tenerezza della patria, il ricordamento de' parenti: solo coloro che fanno la volontà di Dio, le sono congiunti per affetto d'amore. Oh quanto è beata l'anima sua. Ella è fatta una cosa con lo Sposo suo, e non può volere né desiderare se non quello che Dio vuole. Allora, mentre ch'ella così dolcemente passa il mare tempestoso, e gitta odore di virtù nel giardino della santa religione, chi dimandasse Cristo crocifisso: «chi è questa anima?» direbbe: «è un altro me, fatta per affetto d'amore». Questa ha il vestimento nuziale: onde non è cacciata dalle nozze, ma con gaudio e giocondità è ricevuta dallo Sposo eterno. Questa gitta odore non tanto dinanzi a Dio, ma dinanzi agli iniqui uomini del mondo: perocché, voglia il mondo o no, l'hanno in debita reverenzia.

Il contrario è di coloro che vivono in tanta miseria, fondate in amore proprio della propria sensualità; le quali sono tutte acciecate; onde la vita loro gitta puzza aDio e alle creature; e per li loro difetti i secolari diminuiscono la reverenzia alla santa religione. oimé, dove è il voto della povertà? perocché con disordinata sollicitudine e amore e appetito delle ricchezze del mondo cercano di possedere quello che gli è vietato, con una cupidità d'avarizia e crudeltà del prossimo. Poiché vedranno il convento e le suore inferme, e in grande necessità; e non se ne curano, come esse avessero a reggere la brigata de' figliuoli, e lassarli loro eredi. Oh misera! Tu non hai questo attacco, ma tu vuoi fare ereda la propria sensualità; e vuoine reggere l'amistà e la conversazione de' tuoi devoti, notricandoli con presenti; e il dì stare a cianciare e novellare, e perdere il tempo tuo con parole lascive e oziose. E così non te n'avvedi; o tu te ne avvedi, efai vista di non vedere: onde contamini la mente e l'anima tua. Tu diventi farnetica con le impugne e molestie della carne, consentendo con la perversa e deliberata volontà. Oh misera! Or debbe fare questo la sposa di Cristo? Oh vituperata a Dio, e al mondo! Quando tu dici l'offizio tuo, il cuore va a piacere a te di piacimento sensitivo, e delle creature che tu ami di quello amore medesimo. O carissime suoro, questa fadiga nel servizio del dimonio e sta tutto di attaccata alle grate e al parlatoriosotto colore di devozione. O maledetto vocabolo, il quale, regna oggi nella Chiesa di Dio, nella santa religione, chiamando divoti e devote i quelli e quelle che fanno l'operazioni delle dimonia! Egli è dimonio incarnato, ed ella è dimonia. Oimé, oimé a che partito è venuto il giardino nel quale è seminata la puzza della immondizia! E il corpo, che debbe essere mortificato col digiuno e con la vigilia, con la penitenzia, e con la molta orazione, ed egli sta in delizie e adornato; e con lavamenti di corpo e disordinati cibi, e con giacere non come sposa di Cristo, ma come serva del dimonio, e pubblica meretrice. E con la puzza della disonestà sua corrompe le creature; ed è fatta nemica dell'onestà e de' servi di Dio; ed è trapassitrice dell'obedienzia: ella non vuole legge né priora; a leiobedisce, e cerca di servirla con ogni sollicitudine. Ella desidera la pena e la morte di chi la volesse trarre dalla morte del peccato mortale. E tanto è forte questa miseria, che in ogni male corre siccome sfrenata, e senza il freno della ragione. Ella assottiglia lo intendimento suo per compire i suoi disordinati desiderii; il dimonio non ne trova tante, quante ne trovano queste dimonie incarnate. Elle non si curano di fare nuove fatture agli uomini per invitarli a disordinato amore verso di loro: in tanto che spesse volte s'è veduto, che dentro nel luogo che in sé è luogo di Dio, ha fatto stalla, commettendo attualmente il peccato mortale. Questa cotale è fatta adultera e con molta miseria ha ribellato allo sposo suo. Onde ella cade dalla grande altezza del cielo nel profondo dell'inferno. Ella fugge la cella come nemico mortale; ella trapassa l'offizio suo; e non si diletta di mangiare in refettorio con la congregazione delle poverelle; ma per vivere più largamente e con più dilettezza di cibi mangia in particolare: ed è fatta crudele a sé medesima e però non ha pietà d'altrui. Onde nascono tanti mali? dall'amore proprio sensitivo, il quale ha offuscato l'occhio della ragione; onde non cognosce né lassa vedere, il suo male, né in quello ch'ella è venuta, né in quello ch'ella viene, se ella non si corregge. Perocché se ella vedesse che la colpa la fa serva e schiava di quella cosa, che non è, e conducela all'eterna dannazione; eleggerebbe prima la morte, che offendere il suo Creatore e l'anima sua. Ma per l'amore proprio, ella trapassa e non osserva il voto promesso; perocché per amore di sé ella possiede e desidera le ricchezze, e gli onori del mondo; la qual cosa è povertà e vergogna della Religione. Sapete che ne viene per possedere le ricchezze contra il voto fatto della povertà, e contra i costumi dell'Ordine? Escene disonestà e disobedienza. Perché disonestà? Per la conversazione che séguita per lo possedere; perocché se ella non avesse che dare non averebbe amistà d'altri che de' servi di Dio, i quali non amano per propria utilità, ma solo per Cristo crocifisso. E non avendo che dare i servi del mondo, che non attendono ad altro che alla propria utilità, cioè per lo dono che ricevono o per disordinato diletto e piacere, se ella non ha, e non vuole piacere ad altrui che a Dio, non v'anderanno mai. Onde ipso facto che la mente sua è corrotta e superba, subito è fatta disobediente, e non vuole credere ad altrui che a sé. E così va sempre di male in peggio: in tanto che di tempio di Dio è fatto tempio del dimonio. Onde è sbandita dalle nozze di vita eterna, perché spogliata del vestimento della carità.

Adunque, carissime suoro, poiché tanto è pericoloso il non rendere il debito d'osservare il voto promesso; studiamci d'osservarlo: e ragguardiamo la nudità nostra: quanto ella è misera cosa, acciocché noi l'odiamo; e vediamo il vestimento nuziale, quanto è utile a noi, e piacevole a Dio, acciocché pienamente ne siano vestite. E non vedendo io altro modo, però vi dissi che io desideravo di vedervi fondate in vera e perfetta carità; e così viprego, per amore di Cristo crocifisso, che facciate. Destatevi dal sonno; e poniamo oggimai termine e fine alla miseria e alla nostra imperfezione, perocché non ci ha tempo. Egli è sonato a condannazione, e data c'è la sentenza che noi dobbiamo morire, e non sappiamo quando. Già è posta la scure alla radice dell'arbore nostro. Adunque non è da aspettare quello tempo che noi non siamo sicuri di avere; ma nel tempo presente annegare la nostra volontà, e morire spasimate per amore della virtù. A voi dico, Priora, che voi diate esemplo di santa ed onesta vita, acciocché in verità diate dottrina alle vostrefigliuole e suddite, e reprensione e punizione, quando bisogna; vietando loro le domestichezze de' secolari e la conversazione de' devoti, serrando le grate e il parlatorio, se non per necessità, e comodo ordinato. E invitatele a votare le celle, acciocché non abbiano che dare, e l'adornamento delle cortine, e i letti della piuma, e i superchi e dissoluti vestimenti, se vi sono; ché temo non ve ne abbia. E voi siate la primaia, carissima madre, acciocché per esemplo di voi l'altre ci si dispongano. Morda e abbai il cane della coscienzia vostra, pensando che n'averete a render ragione dinanzi a Dio. E non chiudete gli occhi per non vedere, perocché Dio vi vede; e non sarete però scusata: perocché vi conviene avere dodici occhi sopra le suddite vostre. Son certa, se sarete vestitadei vestimento detto, voi 'l farete. Ed io ve ne prego, ed obligomi sempre a pregare Dio per voi, ed aitarvi a portare e' pesi con quello affetto della carità, che Dio mi darà. Fate che io ne oda buone novelle. Altro non vi dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCXVI - A Nigi di Doccio Arzocchi

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi seguitatore delle vestigia di Cristo crocifisso; perocché per altra via non possiamo tenere in modo che ci desse vita. Quale è la via sua? é questa: scherni, obbrobrii, ingiurie, strazii e villanie; e sostenere con vera e perfetta pazienzia infine alla morte. E non vollere il capo indietro per alcuna ingiuria o mormorazione che il mondo ci volesse dare: e non doviamo però allentare e' passi, ma con una vera perseveranzia rendere bene a coloro che ci fanno male. Questa è la via la quale c'insegna, e ha fatta egli, cioè questo dolce e innamorato Agnello. Così disse egli, che era Via, Verità, e Vita. E veramente dà vita a coloro che vanno per questa via; perocché ci dà dottrina che in questa vita ci fa gustare l'arra di vita eterna, participando la vita della Grazia. Questo dolce maestro è salito in su la cattedra della croce per darci dottrina fondata in verità.

Noi dunque scolari dobbiamo stare abbasso per impararla, cioè nella bassezza della vera umiltà; perocché con superbia non si potrebbe imparare. Però ch'ella ingrossa lo intelletto dell'uomo, e nol lassa esser capace incognoscere Dio. Ma lo umile non è così: anco, ha l'occhio dell'intelletto purificato, e àne tratta la terra d'ogniamore proprio, e tenerezza sensitiva. E èssi fondato in vero cognoscimento di sé; nel quale cognoscimento vede meglio, e più sottilmente cognosce, della somma eterna bontà di Dio; onde, più cognoscendo, più ama; e quanto più ama, tanto acquista più perfetta umiltà e pazìenzia. Perocché l'umiltà è bàlia e nutrice della carità. Sicché vedete, carissimo figliuolo, che ci conviene sedere abbasso, come veri discepoli: e per questo modo impareremo la dottrina; e correremo, morti a ogni propria volontà, per la via della verità dolce; e diletterenciin croce con ansietato e spasimato desiderio, cercando l'onore di Dio e la salute dell'anime.

Ora è il tempo, carissimo figliuolo, di levarsi dal sonno della negligenzia e della ingratitudine, e con sollecitudine essere grato e cognoscente, servendo, e amando il prossimo nostro. Però che la nostra gratitudine non possiamo mostrare a Dio per utilità che se gli possa fare; ma potiamla ben mostrare in servire il prossimo.

Quando fu tempo, figliuolo carissimo, che Dio ci richiedesse tanto il desiderio del suo onore, quanto ora? D'ogni tempo cel richiede Dio; perocché senza la carità del prossimo non potremmo avere vita eterna: ma quanto è più bisogno, più è richiesto. Onde, perché ora vediamo i maggiori bisogni che si vedessero forse mai fra' Cristiani, non doviamo restare mai di continuamente offerire lagrime e orazioni umili; e a questo saremo cognosciuti, se saremo veri servi di Dio, e che noi temiamo per la via della verità, e sappiamo bene la sua dottrina. Oimé! non è più tempo da cercare sé per sé, ma di cercare Cristo crocifisso; e non terminare il piano nostro sopra le miserabili anime che si veggono nelle mani delle dimonia, tanto che Dio volla l'occhio della sua misericordia, e plachisi l'ira verso di noi miserabili. oimé, che'l mondo perisce per tante miserie quante si commettono, e irriverenzia e persecuzione della santa Chiesa. Io miserabile, cagione d'ogni male, vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, che voi e gli altri figliuoli con pianto esospiri e sante e umili orazioni preghiate il dolce e immacolato Agnello, che degni di farci misericordia, e donici la reformazione della sposa sua; e a noi miserabili cristiani dia lume e cognoscímento, obedienzia e riverenzia vera alla santa Chiesa; si che vivano in pace e in quiete e in unione, sì come debbono fare e' veri figliuoli al padre loro; sicché noi non ne stiamo più, come membri del dimonio. Oimé, che 'l cuore scoppia, e non può scoppiare, per l'amore di Cristo crocifisso. Ora ch'è 'l tempo, date l'onore a Dio, e la fadiga al prossimo; e così m'avvedrò se sarete figliuoli veri, o no. Ché io v'imprometto che se noi nol faremo, che egli ci sarà richiesto con gran rimproverio della prima Verità.

Dio vuole che noi strettamente il preghiamo; e così disse egli a un servo suo: «Col mezzo delle molte orazioni, e ansietati e amorosi desiderii dei servi miei, farò misericordia al mondo». Dunque non siate avari, ma siate larghi nella larghezza della carità, dove tutte le virtù ricevono vita; e senza essa, neuna operazione ci dà frutto di Grazia. Per questo modo diventerete buono e perfetto; e sarà tolta da voi ogni ignoranzia, negligenzia e ingratitudine; sedendo in terra umile, come detto è: e seguiterete le vestigia di Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Raccomandateci a tutti e figliuoli e figliuole; e diteglich'egli è tempo di pianto, d'orazione, e di sospiri per la dolce Sposa di Cristo, e per tutto il popolo cristiano, chesi vede in tanta afflizione per li nostri peccati. Confortate in Cristo dolce Gesù Tommè di Corradino, e ditegli che sempre si ponga Dio dinanzi agli occhi suoi; acciò che quello ch'egli fa, faccia sempre con lo santo timore di Dio, portando con vera pazienzia ciò che Dio permette; e spregi le consolazioni del mondo, e abbracci le persecuzioni con santo e vero desiderio infino alla morte. Gesù dolce, Gesù amore.


CCXVII - Alla Priora, e altre suore di Santa Maria delle vergini, e alla Priora di Santo Giorgio, e all'altre suore in Perugia

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime madri e figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiserio di vedervi spose unite e legate nel legame della vera e ardentissima carità, il quale legame tenne confitto e chiavellato Dio-e-Uomo in sul legno della santissima croce. Egli è quello legame che uni Dio nell'uomo e l'uomo in Dio; e unisce l'anima col suo Creatore, e fàlla amatrice delle vere e reali virtù. Questo legame che è? é uno amore che lega, e taglia e divide. Perocché, come egli unisce e lega l'anima con Dio, così la divide e taglia dal peccato e dal proprio amore sensitivo, onde procede divisione, e ogni male; e tolle l'acqua morta, e dà l'acqua viva della Grazia. Egli ci separa dalle tenebre, e dacci il lume; il quale lumeci fa vedere e gustare la verità. O fuoco dolcissimo di amore, che empi l'anima d'ogni dolcezza e suavità! perocché neuna pena né amaritudine può cadere in quella mente che arde di così dolce e glorioso fuoco. La carità non giudica male: non giudica la volontà dell'uomo, ma giudica la volontà di Dio, vedendo e cognoscendo che non vuole altro che la nostra santificazione. Poi dunque, che egli non vuole altro che il nostro bene; e ogni cosa procede da lui, e tribolazione e tentazione; e ogni molestia, pena e tormento, e ogni cosa permette Dio per nostro bene; di neuna l'anima può avere pena, se non solo del peccato, che non è: e perché non è in Dio, non è degno d'essere amato; anco, dee essere odiato, e innanzi eleggere la morte, che offendere il suo Creatore.

O dolcezza d'amore, come si può tenere il cuore della sposa tua, che non t'ami, considerando che tu se' sposa di vita? Tu, Dio, eterno, ci hai creati alla immagine e similitudine tua solo per amore: e avendo perduta la Grazia per lo miserabile peccato, tu ci donasti il Verbo dell'unigenito tuo Figliuolo, ci ha data la vita, e ha punite le nostre iniquitadi sopra il corpo suo, pagando quello debito, ch'egli non contrasse mai. oimé, oimé, miserabili noi! noi siamo i ladri, ed esso è impiccato per noi. Vergognisi, vergognisi la ignorante e indurata e accecata sposa di non amare, poiché tanto si vede amare da Dio, ed è di tanto diletto questo dolce e soave legame.

Questo è il segno dell'amore; che se ama Dio con la ragione, séguita le vestigie del Verbo dello unigenito suo Figliuolo. E se non ama, séguita il dimonio e la propria sensualità; e conformasi con costumi del secolo, che sono contrari a Dio. Onde gusta la morte, e non se n'avvede, e giace nella tenebra, perché s'è privata del lume. E sta in continua pena e discordia col prossimo suo e in continua divisione, perché è privata del legame della carità. E trovasi entro le mani delle dimonia, perocché non come sposa di Cristo crocifisso, ma come adultera, ha lassato lo sposo eterno. Perocché per altro non è detta la sposa adultera, se non quando parte l'amore dallo sposo, e ama, e uniscesi con quello che non dee. Sicché, bene è dunque cosa pericolosa. Ed è mercennaia colei che si vede amare, che non ama.

Adunque amatevi, amatevi insieme; perocché a questo sarete conosciute se sete spose e figliuole di Cristo, ono: e non si conosce ad altro, se non all'amore fondato in Dio, e a quello ch'egli ha al prossimo suo. Con questo mezzo ci conviene giugnere al termine e fine nostro, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso: non il padre, mafigliuolo; perocché nel padre non cade pena, ma sì nel figliuolo.

Adunque ci conviene seguitare la via della santissima croce, sostenendo obrobrii, scherni e villanie, spregiando il mondo con tutte le delizie e stati suoi; sostenendo fame, sete, con povertà volontaria, e con obedienzia ferma, perseverante, con purità di mente e di corpo; con la conversazione delle persone che temono Dio in verità, e con la solitudine della cella; e fuggire il Parlatorio comeveleno, e la conversazione de' devoti e de' secolari, perocché non si confà alla sposa di Cristo; e non conversazione di frati incappucciati, ma dei veri servi di Dio. Non è convenevole che sotto il capo spinato sieno i membri delicati; come fanno le stolte, che si dilungano dal loro capo Cristo, e non studiano altro che in delizie ein delicatezze di corpo. E specialmente noi che siamo levate dal secolo, e poste nel giardino della santa Religione, spose consacrate a lui, fiori odoriferi dobbiamo essere.

E veramente, se voi osserverete quello che prometteste, per gittare ben grande odore, participerete della bontà di Dio, vivendo in Grazia; e gusteretelo nell'eterna visione sua. Se nol faceste, gittereste puzza di grande vituperio, e in questa vita gustereste l'inferno, e nell'ultimo la visione delle dimonia. Per seguitare Cristo usciste dei secolo, rinunciaste al mondo e alle ricchezze sue, promettendo vera povertà; e renunciaste alla propria volontà, promettendo vera obedienzia; e partistevi dallo stato comune, cioè di non volere essere sposa al mondo, per conservare la vera continenzia e virginità, ch'è uno odore dove Dio e li angeli si dilettano, e lor piace d'abitare in quella mente che sta nell'odore della purità. Sete congregate, non perché voi stiate divise, né in odio né in rancore, né in dispiacimento l'una coll'altra; ma perché siate unite e legate nel legame della carità; perocché altrimenti non potreste piacere a Dio, né avere in voi alcuna virtù che fusse perfetta. Quanta confusione e quanta vergogna è e sarà in quella mente e in quell'anima che ha promesso e non attiene, ma fa tutto il contrario! Questo non séguita Cristo, e non va per la via della croce; ma vuole andare per la via de' diletti. Non è questo il modo: ma Cristo umile ci conviene seguitare, Agnello immacolato, Agnello povero; e tanta è la povertà sua, che non ha luogo dove riposare il capo purissimo. E perocché in lui non ha veleno di peccato, ed è obediente al Padre, per la salute nostra, infino all'obbrobriosa morte della croce, e però i santi e il glorioso padre nostro santo Domenico hanno fondato li Ordini loro in su queste tre colonne, cioè, povertà, obedienzia, e continenzia, solo per potersi meglio conformare con Cristo, e seguitare la dottrina e i consigli suoi. Perocché da queste tre procede ogni virtù, e dal contrario procedono tutti i vizii. Nella povertà abbandoni la superbia e la conversazione del secolo, e delle perverse amistà, che non s'acquistano se non per doni: perocché se tu non hai che donare, non trovi amistà, se non de' veri servi di Dio, i quali amano il dono dell'anima tua. Privati della vanità del cuore, e della leggerezza della mente; e vieni all'abitazione della cella; onde gusta la madre dell'orazione, la quale ti conserva e cresce nelle virtù. E vieni a perfetta purità, e così osservail voto della continenzia; e non tanto che da uno peccato, ma da tutti s'astiene, conculcando la propria sensualità, macerando, e sostenendo il corpo dai propri diletti sensitivi; macerando, dico, col digiuno, con la vigilia, e con l'orazione. E così diventa umile, paziente e caritativa, e porta e sopporta i difetti del prossimo suo; e uniscesi col suo Creatore per amore, e col prossimo per Dio; sostenendo ogni pena e disagio corporale, purché egli possa guadagnare l'anima sua. E poi sì dolcemente per lo modo detto è staccato dalla superbia, gusta l'odore della santa umilità; e tanto è obediente, quanto umile; e tanto è umile, quanto è obediente. Chi non è superbo, séguita chi è umile: e se egli è umile, adunque è vero obediente. E così ha la terza colonna che conserva la città dell'anima sua. Perocché 'l vero obediente osserva l'Ordine e i costumi suoi: l'obediente non alza il capo della propria volontà al prelato suo, e nol contrasta di parole, ma alla prima voce l'obedisce e di subito china il capo al giogo; e non dice: «perché comandi a me e dici a me questo, e non a quell'altra?» ma pensa in che modo possa essere pronta ad osservare l'obedienzia. O obedienzia dolce, che non hai mai pena! Tu fai vivere, e correre li uomini, morti; perocché uccidi la propria volontà: e tanto quanto è più morto, più corre velocemente, perocché la mente e l'anima ch'è morta all'amore proprio d'una perversa volontà sensitiva, più leggermente fa il corso suo, e uniscesi coi suo Sposo eterno con affetto d'amore; e viene a tanta elevazione e dolcezza di mente, che essendo mortale, comincia a gustare l'odore e i frutti delli Immortali.

Adunque siate, siate obedienti insino alla morte. Amatevi, amatevi insieme: legatevi nel legame della carità, perocché in altro modo non potremo giugnere al termine nostro, né avere il fine per lo quale noi fummo creati; e però dissi ch'io desideravo di vedervi spose unite e legate nel legame della vera e ardentissima carità. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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06/10/2020 09:03
 
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CCXVIII - A Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e reverendo padre in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, vostra indegna misera miserabile figliuola, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vero pastore, imparando dal padre, Cristo, il cui luogo voi tenete, che pose la vita per le pecorelle sue, non riguardando alla nostra ingratitudine, né a persecuzione né ad ingiurie né a scherni né a vituperii che gli fussero fatti da coloro i quali egli aveva creati, e fatto lor molti benefizii; e nonlassa però d'adoperare la nostra salute; ma come innamorato dell'onore del Padre e della salute nostra, non vede le pene sue; ma con la sapienza sua e pace e benignità vince la malizia nostra. così vi prego e dico, dolce babbo mio, dalla parte di Cristo crocifisso, che facciate voi; cioè che voi con benignità e pazienzia, e umilità e mansuetudine vinciate la malizia e la superbia de' figliuoli vostri, e' quali sono stati ribelli a voi, padre. Sapete che col dimonio non si caccia il dimonio; ma con la virtù si caccerà. Poniamo che abbiate ricevute grandissime ingiurie, avendovi fatto vituperio e toltovi il vostro; nondimeno, padre, io vi prego che non ragguardiate alle loro malizie, ma alla vostra benignità; e non lassate però d'adoperare la nostra salute. La salute loro sarà questa, che voi torniate a pace con loro, perocché il figliuolo ch'è in guerra col padre, mentre che vi sta, egli il priva dell'eredità sua. oimé, padre, pace, per l'amore di Dio, acciò che tanti figlioli non perdano l'eredità di vita eterna. Ché voi sapete che Dio ha posto nelle vostre mani il dare, il tollere questa eredità, secondo che piace alla vostra benignità. Voi tenete le chiavi; e a cui voi aprite, si èaperto; e a cui voi serrate, è serrato. Così disse il dolce ebuono Gesù a Pietro, il cui loco voi tenete: «Cui tu scioglierai in terra, sarà sciolto in cielo; e cui tu legarai interra, sarà legato in cielo».

Adunque imparate dal vero padre e pastore. Perocché vedete che ora è il tempo da dare la vita per le pecorelle che sono escite fuora della gregge. Convienvele dunque cercare, e racquistare con la pazienzia; e con guerra, andando sopra gli infedeli, rizzando il gonfalone dell'ardentissima e dolcissima croce; a 'l quale rizzare, non si conviene più dormire; ma destarsi, e rizzarlo virilmente. Spero nella smisurata bontà di Dio, che riacquisterete gl'Infedeli e correggerete le malizie de' Cristiani;perocché all'odore della croce tutti correranno, eziandio coloro che sono stati più ribelli a voi.

Oh quanto diletto se noi vedessimo che il popolo cristiano desse il condimento della fede agli Infedeli! Perocché poi, avendo ricevuto il lume, verrebbe a grande perfezione, siccome pianta novella avendo perduta la freddezza della infidelità, e ricevendo il caldo e il lume dello Spirito Santo per la santa fede; producerebbe fiori e frutti delle virtù nel corpo mistico della santa Chiesa: sì che coll'odore delle loro virtù aiutarebbero a spegnere li vizii e li peccati, superbia e immondizia; le quali coseabondano oggi nel popolo cristiano, e singolarmente ne' prelati e ne' pastori e ne' rettori della santa Chiesa; e' quali sono fatti mangiatori e devoratori dell'anime: non dico convertitori, ma devoratori. E tutto è per l'amore proprio che hanno a sé medesimi; del quale nasce superbia, cupidità, e avarizia, e immondizia del corpo e della mente loro. Veggono e' lupi infernali portare li sudditi loro, e non pare che se ne curino; tanta è la cura che hanno presa in acquistare diletti e delizie, loda e piaceridel mondo. E tutto procede dall'amore proprio di sé medesimo: perocché se egli amasse sé per Dio, e non sé per sé, egli attenderebbe solo all'onore di Dio, e non al suo, e alla utilità propria sensitiva. oimé, babbo mio dolce, procurate, e attendete sopra costoro; cercate li buoni uomini e virtuosi, e a loro date la cura delle pecorelle; perocché questi cotali saranno agnelli, e non lupi, che notricheranno il corpo mistico della santa Chiesa. Onde a noi sarà utilità; e a voi sarà grande pace e consolazione:e aiuterannovi a portare le grandi fadighe, ch'io so che voi avete. Parmi che stiate, benigno padre mio, siccome sta l'agnello nel mezzo de' lupi. Ma confortatevi, e non temete, perocché la providenzia e l'aiutorio di Dio sara sempre sopra di voi. Non mirate, perché vedeste apparire le cose molto contrarie, e che l'aiuto umano ci venga meno; e che quelli che ci debbono aiutare più ci manchino, facendo contra di voi. Non temete; ma più vi confidate, e non alienate né impedite il vostro dolce e santo desiderio; ma più si accenda l'uno di che l'altro. Su, padre, mandate in effetto il proponimento che avete fatto, dell'avvenimento vostro e del santo passaggio, al quale vedete che gl'Infedeli v'invitano, venendo a più possa a tollervi il vostro! Su, a dare la vita per Cristo orabbiamo noi altro che uno corpo? perché non dar la vìta mille, volte, se bisogna, in onore di Dio, e in salute dellecreature? così fece egli; e voi, vicario suo, dovete fare l'offizio suo. Questo è usanza, che, rimanendo il vicario, séguiti le vestigie e i modi del signore suo. Adunque venite, venite, e non tardate più, acciocché tosto poniate ilcampo sopra gl'Infedeli; e che non riceviate, di questo fare, impedimento da questi membri putridi, che sono ribelli a voi. Pregovi e voglio che usiate uno santo inganno con loro, cioè con la benignità, come detto è; perocché questo gli sarà uno fuoco d'amore, e carboni accesi che gittarete sopra li capi loro; e per questo modo gli averete presi, e la sustanzia temporale, e le persone. loro, dandovi aiuto in fare la guerra vera sopra gl'lnfedeli.Così fece il nostro dolce Salvatore, perocché, gittando tanto fuoco e caldo d'amore sopra coloro che erano ribelli a lui, seguitava a mano a mano, che eglino erano aiutatori e portatori del nome di Dio. Siccome fu quello dolce banditore di Paolo, che, essendo lupo, diventò agnello, e vasello dolce di elezione; che di quello fuoco che Cristo gli aveva pieno il vasello suo, di quello portava per tutto quanto il mondo; li Cristiani traendo de' vizii e piantando in loro le virtù, e gl'Infedeli traendo d'errore e d'infidelità, e porgendogli il lume della santa fede. Or così vi dice e vuole la prima e dolce Verità, che voi facciate: e di quello che avete ricevuto, di quello date.

Pace, pace, pace, babbo mio dolce, e non più guerra! Ma andiamo sopra li nemici nostri, o portiamo l'arme della santissima croce, portando il coltello delle dolcee santa parola di Dio. oimé, date mangiare agli affamati servi suoi, e' quali aspettano voi e questo tempo con grandissimo e ardentissimo desiderio. Confortatevi, confortatevi, padre, e non prendete amaritudine affliggitiva; ma prendete amaritudine confortativa, avendo amaritudine del vituperio che vediamo del nome di Dio. Confortatevi per isperanza, che Dio vi provederà alle vostre necessità e bisogni.

Non dico più: ché se io andassi alla volontà, io non mi resterei infino, che io avesse la vita in corpo. Perdonate alla mia presunzione: ma il dolore, e l'amore, che io ho all'onore di Dio, e alla esaltazione della santa Chiesa, miscusi dinanzi alla vostra benignità. Piuttosto vel direi a bocca, che per scrittura; perocché io crederei più sfogare l'anima mia. Or non posso più. Abbiate pietade de' dolci e amorosi desiderii li quali sono offerti per voi e per la santa Chiesa, per continue lagrime e orazioni. Non si spregino per negligenzia; ma con sollicitudine adoperate: perocché pare che la prima Verità voglia producere li frutti. Tosto dunque ne verranno li frutti, poiché 'l fiore comincia a venire. Or con cuore virile, e non timoroso punto, seguitando l'Agnello svenato e consumato in croce per noi! Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Pregovi, reverendo padre, che quello che Neri portatore di questa lettera vi dirà, che se egli è possibile a voie di vostra volontà, voi gli diate e concediate. Pregovi che gli diate audienzia e fede di quello che egli vi dirà. Eperché alcuna volta non si può scrivere quello che vorremmo, sì dico, se mi voleste mandare a dire alcuna cosa segreta, il manifestate a bocca a lui sicuramente (però che potete) ciò che per me si può fare. Se bisognasse dare la vita, volentieri la darei in onore di Dio, e in salutedell'anime. Gesù dolce, Gesù amore.



CCXIX - A frate Raimondo da Capua, dell'ordine de' predicatori, e a maestro Giovanni Terzo, dell'ordine de' frati eremiti di Santo Augustino, e a tutti gli altri loro compagni, quando erano a Vignone

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimi figliuoli miei in Cristo Gesù. lo, misera madre, con desiderio spasimato ho desiderato di vedere i cuori e gli affetti vostri chiavellati in croce, uniti e legati con quello legame che legò e innestò Dio nell'uomo e l'uomo in Dio. Così desidera l'anima mia di vedere i cuori e gli affetti vostri innestati nel Verbo incarnato dolce Gesù, sì, e per siffatto modo che né dimonia né creature vi possano partire. Benché io non dubito che, se voi sarete legati e infiammati del dolce Gesù, se fussero tutti i dimonii dello inferno con tutte le malizie loro,non vi potranno partire da sì dolce amore e unione. Adunque io voglio, poiché è di tanta fortezza ed è di tanta necessità, che voi non vi ristiate mai di crescere legna al fuoco del santo desiderio; cioè legna del cognoscimento di voi medesimi. Perocché queste sono quelle legna che notricano il fuoco della divina carità: la quale carità s'acquista nel cognoscimento e nella inestimabile carità di Dio; e allora s'unisce l'anima col prossimo suo. E quanto più dà della materia al fuoco, cioè legna di cognoscimento di sé; tanto cresce il caldo dell'amore di Cristo e del prossimo suo. Adunque state nascosti nel cognoscimento di voi, e non state fuore di voi, acciocché Malatasca non vi pigli con le molte illusioni, e cogitazioni l'uno contra l'altro; e questo farebbe per tollervi l'unione della divina Carità. E però io voglio, e vi comando, che l'uno sia subietto all'altro, e l'uno portatore de' difetti dell'altro; imparando dalla prime dolceVerità, che volse essere il più minimo, e umilmente portò tutte le nostre iniquitadi e difetti. Così voglio che facciate voi,figliuoli carissimi; amatevi, amatevi, amatevi insieme. E godete ed esultate, perocché il tempo della state ne viene.

Perocché il primo d'aprile, la notte più singolarmente Dio aperse i secreti suoi, manifestando le mirabili cose sue sì e per siffatto modo, che l'anima mia non pareva che fusse nel corpo, e riceveva tanto diletto e plenitudine, che la lingua non è sufficiente a dirlo; spianando e dichiarando a parte a parte sopra il misterio della persecuzione che ora ha la santa Chiesa, e della rinovazione ed esaltazione sua, la quale dee avere nel tempo avvenire; dicendo che il tempo presente è permesso per rendergli lo stato suo; allegando la prima dolce Verità due parole che si contengono nel santo Evangelio, cioè: «Egli è bisogno che lo scandalo venga nel mondo»; e poi soggiunse: «Ma guai a colui per cui viene lo scandalo!». Quasi dicese: «Questo tempo di questa persecuzione permetto per divellere le spine della sposa mia, che è tutta imprunata; ma non permetto le male cogitazioni degli uomini. Sai tu come io fo? Io fo come io feci quand'io ero nel mondo, che feci la disciplina di funi e cacciai coloro che vendevano e compravano nel tempio; non volendo che della casa di Dio si facesse spelonca di ladroni. Così ti dico che io fo ora. Perocché io ho fatta una disciplina delle creature, e con essa disciplina caccioi mercanti immondi, cupidi, e avari, ed enfiati per superbia, vendendo e comprando i doni dello Spirito Santo». Sicché colla disciplina delle persecuzioni delle creature li cacciava fuore; cioè, che per forza di tribolazione e dipersecuzione gli tolleva 'l disordinato e disonesto vivere.

E crescendo in me il fuoco, mirando vedevo nel costato di Cristo crocifisso intrare 'l popolo cristiano e loinfedele: e io passavo, per desiderio e affetto d'amore, per lo mezzo di loro; ed entravo con loro in Cristo dolce Gesù, accompagnata col padre mio santo Domenico, e Giovanni Singolare con tutti quanti i figliuoli miei. E allora mi dava la croce in collo e l'olivo in mano, quasi come io volessi; e così diceva che io la portasse all'uno popolo e all'altro. E diceva a me: «Di' a loro: io vi annunzio gaudio magno». Allora l'anima mia più s'empiva; annegata era co' veri gustatori della divina Essenzia per unione e affetto d'amore. Ed era tanto il diletto che aveva l'anima mia, che la fadiga passata del vedere l'offesa di Dio, non vedeva; anco, dicevo: «Oh felice e avventurata colpa!». Allora 'l dolce Gesù sorrideva, e diceva: «Or è avventurato il peccato, che non è cavelle? Sai tu quello che santo Gregorio diceva quando disse: felice e avventurata colpa. Quale parte è quella che tu tieni, che sia avventurata e felice? e che dice santo Gregorio ?». Io rispondevo come esso mi faceva rispondere, e dicevo: «Io veggio bene. Signore mio dolce, e bene so che il peccato non è degno di ventura, e non è avventurato né felice in sé; ma il frutto che esce del peccato. Questo mi pare che volesse dire Gregorio: che per lo peccato d'Adam Dio ci dié il Verbo dell'unigenito suo figliuolo, e il Verbo dié 'l sangue: onde, dando la vita, cirende la vita con grande fuoco d'amore. Sicché il peccato dunque è avventurato, non per lo peccato, ma per lo frutto e dono che abbiamo d'esso peccato. Or così è, sicché dell'offesa che fanno gl'iniqui Cristiani, perseguitando la sposa di Cristo, nasce la esaltazione, lume, e odore di virtù in essa sposa. Ed era questo sì dolce, che non pareva che fusse nessuna comparazione dell'offesa alla smisurata bontà e benignità di Dio, che in essa sposa mostrava. Allora io godevo ed esultavo: e tanto era vestita di certezza del tempo futuro, che mel pareva possedere e gustare. E dicevo allora con Simeone: Nunc dimittis servum tuum, Domine, secundum verbum tuum in pace. Facevansi tanti miseri, che la lingua non è sufficientea dirlo, né cuore a pensarlo, né occhio a vederlo.

Or quale lingua sarebbe sufficiente a narrare le mirabili cose di Dio? Non la mia, di me misera miserabile. E però io voglio tenere silenzio, e darmi solo a cercare l'onore di Dio e la salute dell'anime, e la rinnovazione ed esaltazione della santa Chiesa; e, per la grazia e fortezza dello Spirito Santo, perseverare infino alla morte. E con questo desiderio io chiamavo e chiamerò con grande amore e compassione il nostro Cristo in terra, e voi, Padre, con tutti quanti i cari figliuoli; e dimandavo eavevo la vostra petizione. Godete dunque, godete e esultate. O dolce Dio amore, adempie tosto i desiderii de' servi tuoi. Non voglio dire più; e non ho detto niente. Stentando muoio per desiderio. Abbiatemi compassione. Pregate la divina Bontà e Cristo in terra, che tosto sispazzi. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso; e per nessuna cosa venite meno, ma più conforto pigliate. Godete, godete nelle dolci fadighe. Amatevi, amatevi, amatevi insieme. Gesù dolce, Gesù amore.


CCXX - A suora Maddalena di Alessa nel monasterio di Santa Bonda presso a Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso, sangue suo; con desiderio di vederti vestita del vestimento reale, cioè del vestimento dell'ardentissima carità, che è quel vestimento che ricopre la nudità, e nasconde la vergogna, e scalda, e consuma il freddo. Dico che ricopre la nudità; cioè che l'anima creata all'imagine e similitudine di Dio, avendo l'essere, senza la divina Grazia non averebbe il fine per lo quale fu creata. Convienci adunque principalmente avere il vestimento della Grazia, il quale riceviamo nel santo Battesimo mediante il sangue di Cristo. Con questo vestimento i fanciulli che muoiono in puerizia, hanno vita eterna: ma noi spose, che abbiamo spazio di tempo, se non ci è posto uno vestimento d'amore inverso lo Sposo Eterno, cognoscendo la sua inestimabile carità, potremmo dire che questa Grazia che noi abbiamo ricevuta nel Battesimo, fusse nuda. E però è di bisogno che noi leviamo l'affetto e il desiderio nostro con vero cognoscimento di noi ad aprire l'occhio dell'intelletto, e in noi cognoscere la bontà di Dio, e l'amore ineffabile ch'egli ci ha. Perocché l'intelletto, che cognosce e vede, non può fare l'affetto che non ami, e la memoria che non ritenga il suo benefattore. E così coll'amore trae a sé l'amore: e trovasi vestita ericoperta la sua nudità. Dico che nasconde la vergogna in due modi. L'uno, che per dispiacimento ha gittato da sé la vergogna del peccato; Come che dalla vergogna che in quell'anima era venuta per la offesa fatta al suo creatore, è restituita per lo vestimento dell'amore delle virtù,ed è venuta ad onore di Dio e ha frutto in sé. Perché d'ogni nostra operazione e desiderio Dio ne vuole il fiore dell'onore, e a noi lassa il frutto. Sicché vedi che nasconde la vergogna del peccato. Dico, ancora, che un'altra vergogna le tolle; cioè, che di quello che la sensualitàcon amore proprio e parere del mondo si vergogna, la volontà, morta in sé e in tutte le cose transitorie, non vede vergogna. Anco, si diletta delle vergogne, strazii, scherni, villanie, rimproverii: tanto ha bene, quanto si vede conculcare dal mondo. Onde ella è contenta, per onore di Dio, che 'l mondo la perseguiti colle molte ingiurie, il dimonio colle molte tentazioni e molestie, la carne con voler ribellare allo spirito. Di tutte gode per vendetta e odio di sé, per conformarsi con Cristo crocifisso, riputandosi indegna della pace e quiete della mente. E non se ne vergogna d'essere schernita e beffata da tutti tre questi nemici; cioè il mondo, la carne, il dimonio, perché la volontà sensitiva è morta. Vestita del vestimento della somma ed eterna volontà di Dio, anco halle in debita riverenzia, e ricevele con amore, perché vede che Dio le permette per amore, e non per odio. Con quello affetto che noi vediamo che elle sono date, con quello le riceviamo. Dolce è dunque a desiderare vergogna, perocché con essa si caccia la vergogna.

Oh quanto è beata l'anima, che ha acquistato così dolce lume! Perocché e insiememente odia i movimenti nostri e gli altrui, e ama le pene che per essi movimenti sosteniamo. Movimento nostro è la propria sensualità, e movimenti altrui sono le persecuzioni del mondo, cioè la colpa odiare di colui che perseguita. Rèputati adunque, carissima figliuola, degna della pena, e indegna del frutto che séguita dopo la pena. Queste saranno le fregiature che tu porterai nel vestimento reale. Tu sai bene che lo Sposo Eterno fece il simile; perocché sopra il vestimento suo pose le molte pene, flagelli, strazii, schernie villanie, e nell'ultimo l'obbrobriosa morte della croce.

Dico che scalda, e consuma la freddezza. Scaldasi del fuoco dell'ardentissima carità, il quale dimostra per desiderio spasimato dell'onore di Dio nella salute del prossimo, portando e sopportando i difetti suoi. Gode co' servi di Dio che godono; e piagne cogli iniqui che sono nel tempo del pianto, per compassione e amaritudine che porta dell'offesa che fanno a Dio. Dàssi ad ogni pena e tormento per riducerli allo stato di coloro che godono, e che vivono innamorati delle dolci e reali virtù. Dico che consuma il freddo, cioè la freddezza dell'amore proprio di sé medesima: il quale amore proprio accieca l'anima, che non lassa cognoscere né sé né Dio; gli tolle la vita della Grazia, e genera impazienzia; e la radice della superbia mette fuore i rami suoi. Anche offende Dio e il prossimo con disordinato affetto; ed è incomportabile a sé medesimo. Sempre ribella l'obedienzia sua: e tutto questo fa per amore proprio di sé.

E però voglio, dilettissima e carissima figliuola, che tuperda ogni amore proprio della propria sensualità; perché non sta bene alla sposa di Cristo amare altro che lo sposo suo, e col lume della ragione abbracciare le virtù. Altrimenti, non potresti navigare in questo mare tempestoso di questa tenebrosa vita, cioè senza la navicella della santa obedienzia, nella quale tu sei entrata. Senz'essa tu non giugneresti al porto della vita durabile, dove tu ti unisci collo Sposo eterno. Pènsati, che se tu con l'amore proprio la percuotessi nello scoglio della disobedienzia, ella si romperebbe; e in questo modo affocheresti, e perderesti il tesoro, cioè il frutto del santo proponimento che tu facesti quando promettesti obedienzia, facendo professione. Adunque lèvati da questo amore, acciocché non perisca; e virilmente, come vera sposa, rizza nella tua navicella l'arbore dello immacolato umile Agnello, sposo tuo, cioè la santissima croce, colla vela della sua obedienzia. Ché vedi bene, che con i questa vela della obedienzia del Padre suo, egli l'ha spiegata, e corse con veloce vento d'amore e odio del peccato e di questo amore sensitivo, infino all'obrobriosa morte della croce santissima. Or così fà tu; con obedienzia pronta, con umilità vera, con amore di Dio e del prossimo portandoti, e amando caritativamente le tue suore senza scandalo di mente o mormorazione di lingua. Porta e sopporta ciò che tu udissi o vedessi del prossimo tuo; e le reprensioni che ti fussero fatte, ricevile con riverenzia, pensando che per amore ti dicono, eziandio se ti facessero, e non per odio. Per questo modo ti leverai lo sdegno e ogni pena; averai l'affetto delle virtù, e l'odio e il dispiacimento del vizio e del proprio e disordinato amore; avendo imparato dal dolce e buono Gesù, il quale t'è regola, via e dottrina. La regola e dottrina, tela insegna colla obedienza sua, non schifando pene; ma con obbrobrii, scherni e villanie, ingiurie e infamie, e con molte mormorazioni la compie in sul legno della santissima croce.

Ètti via; perocché, come egli per via di croce andò, così tu, e ogni creatura che ha in sé ragione, il debbe seguitare, sostenendo ogni pena, tormento e molestia per lo suo amore; spiegando la vela in su questo arbore, Cristo crocifisso, cioè la vela dell'amore e l'affetto del desiderio colla continua orazione. La quale orazione porta, e reca. Porta, dico, i nostri desiderii pieni d'odio di noi, eamore delle virtù provate nella carità del prossimo. Dico che reca il desiderio e la volontà di Dio; avendo recato, sel mette indosso colle mani delle sante e buone operazioni. Allora ti troverai spogliata del tuo proprio amore, e vestita del vestimento nuziale. In altro modo, non saresti vera sposa; né faresti resistenzia alle molte mormorazioni, che io so che odi di noi, che t'hanno dato pena. Non voglio dunque che abbi più pene; perché questa è la via onde debbono andare i veri servi di Dio. E considerando io che chi fa questo che detto è, è privato d'ogni pena e rimane in pace e in quiete; però ti dissi che io desideravo di vederti spogliata dell'amore proprio sensitivo, e vestita del vestimento reale, acciocché tu sia privata della pena della obedienzia, e di quella delle mormorazioni. E stà in pace e in quiete, gustando Dio per Grazia; sicché nell'ultimo riceva l'eterna visione di Dio, dove sono finite le pene, e si riceve il frutto delle virtù, che séguita di po' le fadighe. Dio ti doni a te e all'altre la sue dolce ed eterna benedizione. Altro non ti dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCI - A suor Bartolomea della Seta, monaca nel monasterio di Santo Stefano in Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiaa de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi Sposa vera consecrata allo Sposo eterno. Condizione è della sposa, di farsi una volontà con lo sposo suo: e non può volere più che egli voglia; e non pare che possa pensare altro che di lui. Or così pensate voi figliuola mia, che voi che sete sposa di Cristo crocifisso, non dovete pensare né volere altro che lui, cioè non consentire a pensieri. Che i pensieri non venissero, questo non ti dico; perciocché nol potresti fare né tu né creatura. Perocché 'l dimonio non dorme mai: e questo permette Dio per far venire la sposa sua a perfetta sollecitudine, per farla crescere in virtù.Questa è la cagione perché Dio permette alcuna volta che la mente rimane sterile e tenebrosa, e attorniata di molte perverse cogitazioni; che non parrà che possa pensare Dio, né ricordare appena il nome suo.

Guarda, che quando tu sentissi questo in te medesima, che tu non venga a tedio né a confusione disordinata; né non lassare l'esercizio tuo né l'atto dell'orazione, perché 'l dimonio ti dicesse: «Che ti leva questa orazione, che non la fai con affetto né con desiderio? meglio ti sarebbe a non farla». Non lassare perciò; né per questo venire a confusione; ma rispondi virilmente: «Più tosto voglio esercitarmi per Cristo crocifisso sentendo pena, tenebre e battaglia, che non esercitarmi sentendo riposo». E pensa che questa è la condizione de' perfetti: che se possibile gli fusse di campare l'inferno, e avere dilettoin questa vita, e con questo avere vita eterna; essi non lavogliano per questo affetto: tanto gli diletta di conformarsi con Cristo crocifisso. Onde piuttosto la vogliono per via di croce e di pena, che senza pena. Or che maggiore diletto può avere la sposa, che essere conformata con lo sposo suo, ed essere vestita d'uno simile vestimento? Onde, perché Cristo crocifisso nella vita sua non elesse altro che croce e pena, e di questo vestimento si vestì; però la sposa sua si reputa a beatitudine, quandosi vede vestita di questo vestimento; e perché vede che lo sposo l'ha amata sì smisuratamente, però ella l'ama e ricevelo con tanto amore e con tanto desiderio, che non è lingua sufficiente a poterlo narrare. E però la somma ed eterna Bontà per farla giugnere a perfettissimo amore e avere umiltà, permette le molte battaglie, e la mente asciutta, acciocché la creatura ricognosca sé medesima, e vegga, sé non essere: perocché se ella fusse alcuna cosa, si leverebbe la pena quando volesse; ma perché ella non è, non può. Onde cognoscendo sé, s'umilia nel suo non essere, e cognosce la bontà di Dio, che gli ha dato l'essere per grazia, e ogni grazia che è fondata sopra l'essere. Ma tu mi dirai: «Quando io ho tanta pena, e tante battaglie e tenebre, io non posso vedere altro che confusione; e non pare che io possa pigliare speranza veruna: tanto mi veggo misera». Rispondoti, figliuola mia, che se tu cercherai, troverai Dio nella buona volontà. Onde poniamo che tu senta le molte battaglie, tu non senti però privata la volontà, che ella non voglia Dio. Anco, questa è la cagione perché si duole e ha pena, perché teme d'offendere Dio. Debbe dunque godere ed esultare, e non venire a confusione per battaglie, vedendo che Dio gli conserva la buona volontà, e dàgli dispiacimento del peccato mortale. E questo mi ricordo che udii dire una volta a una serva di Dio, che le fu detto dalla prime dolceVerità, onde essendo ella stata in grandissima pena e tentazioni; e fra l'altre sentì grandissima confusione, intanto che 'l dimonio diceva: «Che farai, che tutto il tempo della vita tua starai in queste pene, e poi averai lo inferno?». Ella allora rispose con uno cuore virile, e senza veruno timore, e con uno odio santo di sé, dicendo: «Non schifo pene; perciocché io ho elette le pene per mio rifrigerio. E se nell'ultimo mi desse l'inferno, non lasserò però che io non serva al mio Creatore. Perciocché io son colei che son degna di stare nell'inferno, però che io offesi la prima e dolce Verità; onde se egli mi desse l'inferno, non mi fa ingiuria veruna, perciocché io son sua». Allora il nostro Salvatore, in queste dolce e vera umiltà, levò le tenebre e le molestie delle dimonia, siccome fu quando cade la nuvila, che rimane il sole: e di subito giunse la presenzia del nostro Salvatore. Onde ella s'infondeva in uno fiume di lagrime con uno caldo dolce d'amore diceva: «O dolce e buono Gesù, e dove eri tu quando l'anima mia era in tanta afflizione?» rispondeva il dolce Gesù, Agnello immacolato: «lo ero presso di te. Perocché io sono immobile, e non mi parto mai dalla creatura, se già la creatura non si parte da me per peccato mortale». E questa stava in uno dolce ragionamento con lui, e diceva: «Se tu eri con meco, come non ti sentivo? come può essere che stando al fuoco io non senta caldo? E io non sentiva altro che ghiaccio, tristezza, e amaritudine; e parevami essere piena di peccati mortali. Ed egli rispondeva dolcemente, e diceva: «Vuoi che io ti mostri, figliuola mia, come tu per quelle battaglie non cadevi in peccato mortale, e come io ero presso di te? Dimmi qual'è quella cosa che fa il peccato mortale? é solamente la volontà. Perciocché il peccato e la virtù sta nel consentimento della volontà: altrimenti, non è peccato né virtù, se non volontariamente fatto. Questa volontà non c'era; perciocché, se ella ci fusse stata, averestipreso diletto e piacimento nelle cogitazioni del dimonio: ma perché la volontà non c'era, doleviti, e sostenevi pena per timore di non offendere. Adunque vedi che nella volontà sta il peccato e la virtù. Onde io ti dico che tu non debbi venire per queste battaglie a disordinata confusione. Ma voglio che di questa tenebra tragga la luce del cognoscimento di te, nel quale cognoscimento tu acquisti la virtù dell'umiltà e nella buona volontà godi e esulti, cognoscendo che io allora abito in te nascostamente. E la volontà t'è segno che io vi sono; perciocché, se tu avessi mala volontà, non sarei in te per Grazia. Ma sai tu come allora io abito in te? in quello modo che io stetti in sul legno della croce. E quello modo tengo con voi, che tenne il Padre mio con meco. Pènsati, figliuola mia, che in su la croce io ero beato, ed ero doloroso: beato ero per l'unione della natura divina nella natura umana; e nondimeno la carne sostenne pena, perciocché 'l Padre Eterno ritrasse a sé la potenzia, lassandomi sostenere pena; ma non ritrasse l'unione, che non fusse sempre unito con meco. Così ti pensa che per questo modo abito io nell'anima: perciocché ritraggo spesse volte a me il sentimento, e non ritraggo la Grazia; perocché la Grazia non si perde mai se non per lo peccato mortale, come detto è. Ma sai tu, perché io fo questo? fòllo solo per farla venire a vera perfezione. Tu sai che l'anima non può essere perfetta, se non con queste due ale, cioè umilità e carità. Onde l'umilità acquista per lo cognoscimento di sé medesima, nel quale ella viene nel tempo della tenebra; e la carità s'acquista vedendo che io per amore gli ho conservata la santa e buona volontà. Onde io ti dico che l'anima savia, vedendo che di questo esce tanta virtù, se ne fa poi sicura (e per altro non permetto al dimonio che vi dia delle tentazioni): e terrà più caro quello tempo, che veruno altro. Ora t'ho detto il modo. E pensa che questo tempo è di grande necessità per la salute vostra: perciocché, se l'anima alcuna volta non fosse sollecita delle molte tentazioni, ella caderebbe in grandissima negligenzia, perderebbe l'esercizio del continuo desiderio e orazione. Perocché nel tempo della battaglia sta più attenta per paura de' nemici, e fornisce la ròcca dell'anima sua, ricorrendo a me che sono la sua fortezza. Ma la intenzione del dimonio non è così: che permetto a lui che vi tenti per farvi venire a virtù; ed eglivi tenta per farvi venire a disperazione. Pensa che 'l dimonio tenterà uno che s'è posto a servirmi, non perocché egli creda ch'egli caggia attualmente in quello peccato, perocché già vede che eleggerebbe innanzi la morte, che attualmente offendere: - ma che fa? ingegnasi di farlo venire a confusione, dicendo: per questi pensieri e movimenti che ti vengono, neuno bene ti giova.

Or vedi quanta è la malizia del dimonio; che nella prima battaglia non potendo vincere, nella seconda col colore della virtù spesse volte vince. Onde io non voglio che séguiti mai la maliziosa sua volontà: ma voglio che pigli la volontà mia, come io t'ho detto. E questa è la regola che io ti do, e ch'io voglio che tu insegni altrui, quando bisogna».

Or così dico a te, carissima figliuola mia, che io voglioche facci tu. E siami specchio di virtù, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso. Bàgnati nel sangue di Cristo crocifisso; e fa, ch'io non voglio, che cerchi né voglia altro che 'l crocifisso; siccome sposa vera ricomprata del sangue di Cristo crocifisso. Ben vedi tu che tu sei sposa, e che egli t'ha sposata, e te e ogni creatura; e non con anello d'argento, ma con anello della carne sua. Vedi quello dolce Parvolo, che in otto dì nella circoncisione, quando è circonciso, si leva tanta carne, quanta è una estremità d'anello. Oh abisso e altezza inestimabile di carità, quanto ami questa sposa dell'umana generazione! Oh vita per cui ogni cosa vive! tu l'hai tratta dalle mani del demonio, che la possedeva come sua; e haiglila tratta dalle mani, pigliando il dimonio coll'amo dell'umanità; e sposila con la carne tua. E il sangue hai dato per arra, e poi nell'ultimo, svenando il corpo tuo, hai dato il pagamento. Or t'inebbria, figliuola mia, e non cadere in negligenzia ma con vera sollecitudine ti leva; e con questo sangue spezza la durezza del cuore tuo per sì fatto modo che mai non si serri per veruna ignoranzia o negligenzia più, né per detto di veruna creatura. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCII - A Stefano di Corrado Maconi

A nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti escire della tenebra, e drizzarti verso la luce senza pigliare più indugio di tempo, però che ci viene meno, e non ce ne avvediamo, per la cecità nostra. Ma egli è pure da levarsi lanuvila d'inanzi, e ponersi per obietto la verità. La veritàè questa: che Dio non vuole né cerca altro da noi, che la nostra santificazione. Per questo ci creò all'immagine e similitudine sua: e però volse il dolce e amoroso Verbo dare la vita con tanto fuoco d'amore; e così ci manifesta la sua verità. L'anima che, col lume, la ragguarda, non sta a dormire; anco, si desta dal sonno, cercando con grande sollecitudine il modo e la via e 'l luogo e 'l tempo, per li quali possa compire. Egli non si fida di potere aspettare il dì di domane, perché vede che non è sicuro di averlo. Così voglio che facci tu. Caccia da te ogni tenebra, acciocché non ti sia impedito questo lume. Sai che Dio t'ha mostrato, posciaché tu escisti dalle tenebre, ch'egli t'abbia eletto a cognoscere questa verità. Troppo saresti degno di grande reprensione se tu gli facessi resistenza. Allora gli faresti resistenzia, quando per negligenzia ti ponessi a sciogliere, e non a tagliare. E perché egli vuole che tu tagli, però t'ha conceduto di grazia che tu abbi spacciati e' gatti tuoi, del quale spaccio ho avutagrande allegrezza. Or sollecitamente, figliuolo mio, come quelli che debbono aver fame del tempo, spaccia quello che t'è rimaso a fare, acciò che compi la volontà di Dio in te.

Non ti dico più. Di' a Pietro che non sia negligente a disbrigare sé medesimo, acciò che gli corra sciolto, e non legato, per la dottrina di Cristo crocifisso. Al fatto di Misere... Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/12/2022 10:14
 
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CCIII  (203) - Ad alcuni novizi, nel convento di Monte Oliveto a Perugia



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi grati e cognoscenti verso il vostro Creatore, dell'infiniti benefiziiricevuti da lui; acciocchè per la ingratitudine non si.disecchi in voi la fonte della pietà, ma nutrichisi con gratitudine.


Ma attendete, che gratitudine solamente di parole non è quella che risponde; ma le buone e sante operazioni. In che la mostrarete? in osservare i dolci comandamenti di Dio. E oltre a' comandamenti, osserverete i consigli mentalmente e attualmente. Voi avete eletta questa via perfetta de' consigli; e però ve li conviene osservare insino alla morte: altrimenti, offendereste Dio. Ma l'aníma grata sempre gli osserva.


Sapete che nella vostra professione prometteste d'osservare obedienzia, continenzia, e povertà volontaria. E se voi non gli osservaste, disecchereste in voi la fonte della pietà. Grande vergogna è al religioso a desiderare quello che ha già spregiato. ché non tanto ch'egli non debba desiderare o possedere sustanzia temporale; ma dalla memoria si de' trarre eziandio il ricordamento del mondo, delle i ricchezze e diletti suoi, e empirla del povero, umile ed immacolato Agnello; e con una carità fraterna vivere caritativamente.


Così vuole la carità fare utilità al prossimo suo: che quando l'anima ragguarda, e vede non poter fare utilità a Dio, perché non ha bisogno di noi, e volendogli mostrare che in verità cognosce le grazie che ha ricevute, e riceve da lui; li mostra verso la Creatura che ha in sé ragione: ed in tutte quante le cose s'ingegna di mostrare nel prossimo suo la gratitudine.


Onde tutte le virtù sono esercitate per gratitudine: cioè che per amore che l'anima ha al suo Creatore, è fatta grata, perché col lume ha ricognoscíute le grazie che ha ricevute e riceve da lui in sé. Chi la fa paziente a portare le ingiurie, strazii, rimproverii e villanie degli uomini, e le molestie e battaglie dalle dimonia? la gratitudine. Chi il fa annegare la propria volontà, e subiugarla alla santa obedienzia, e conservare l'obedienzia sua infino alla morte? essa gratitudine. Chi gli fa conservare il terzovoto della continenza? la gratitudine: ché, per osservarla, mortifica il corpo suo con la vigilia, digiuno, e con l'umile fedele e continua orazione. E con l'obedienzia uccide la propria volontà; acciocché, mortificato il corpo e morta la volontà, la potesse osservare, ed in essa osservanzia mostrare la gratitudine. Sicché le virtù sono uno segno dimostrativo, che dimostrano che l'anima non è scognoscente d'essere creata alla imagine e similitudine di Dio, e della ricreazione che ha ricevuta nel sangue dell'umile, dolce, crociato e amoroso agnello, ricreandola a Grazia, la quale avevano perduta per la colpa. E così di tutte l'altre grazie che ha ricevute, spiritualie temporali, in comune, e in particolare; ma tutte con gratitudine le ricognosce dal suo Creatore.


Allora cresce un fuoco nell'anima, d'uno santissimo desiderio, che sempre si notrica di cercare l'onore di Dio e la salute dell'Anime, con pena, sostenendo infino alla morte. Se fusse ingrata, non tanto che ella si dilettasse di sostenere per onore di Dio e la salute dell'anime, ma se la paglia se gli vollesse tra'piei, sarebbe incomportabile a sé medesimo; l'onore vorrebbe dare a sé, notricandosi del cibo della morte, cioè dell'amore proprio di sé medesimo, il quale germina la ingratitudine, privando l'anima della Grazia.


Onde, considerando me quanto è pericoloso questo cibo, che ci dà morte; dissi ch'io desideravo di vedervi grati e cognoscenti di tante grazie quante avete ricevute dal nostro Creatore; e massimamente della smisurata grazia che v'ha fatta, di avervi tratti fuore dalle miseriedel mondo, e messi nel giardino della santa religione, posti ad essere angeli terrestri in questa vita. Questa è una grazia, alla quale Dio vi richiede che gli mostriate segno di gratitudine con la vera e santa obedienzia. ché tanto dimostra il religioso di cognoscere lo stato suo, quanto egli è obediente; e così per lo contrario il disobediente dimostra la sua ingratitudine. Bene se ne avvede il vero obediente, che tutta la sua sollicitudine pone in osservare l'Ordine suo, e osservare i costumi, e ogni cerimonia, e compire la volontà del suo prelato con allegrezza, non volendo giudicare né investigare la sua intenzione, né dire: «perché pone egli maggior peso a me, che a colui?». Ma semplicemente obedisce con pace, e tranquillità di mente. E già non è questo grande fatto; perocché egli ha tolta da sé la propria volontà, che gli faceva guerra. Non fa così il disobediente, che dinanzi a sé non puone altro che la propria volontà, e tutti quelli modi i quali possa pigliare per compire quello che desidera. Egli diventa non osservatore dell'Ordine, ma trapassatore; fassi giudice della volontà del suo prelato, Questi gusta l'arra dell'inferno, e sempre sta in amaritudine; ed è atto a cadere in ogni male. Non è costante né perseverante; ma volle il capo addietro a mirare l'arato. Egli cerca la congregazione, e fugge la solitudine: cerca la pace della volontà sua che gli dà morte, e fugge chi gli dà vitacioè la pace della coscienzia, ed abitazione della cella, eil diletto del Coro. Perocché 'l Coro gli pare che sia drittamente uno serpente velenoso, o cibo che gli abbia a dare morte; con tanto tedio vi sta e con tanta pena; perché la superbia e disobedienzia e ingratitudine sua gli hanno ripieno lo stomaco, e guasto il gusto dell'anima. Ma l'obediente, del Coro si fa giardino; dell'Officio, dolci e soavi frutti; e della Cella si fa uno cielo; della solitudine si diletta per meglio accostarsi al suo Creatore, e non mettere mezzo tra lui e sé; e del cuore suo fa tempio di Dio. Col lume della santissima fede ragguarda dove meglio trovi questa virtù, e con che mezzo rneglio la possa imparare, quando l'ha trovata. Cercando, la trova nell'umile, svenato e consumato per amore, dolce Agnello, il quale per obedienzia del Padre e salute nostra corse all'obrobriosa morte della santissima croce, con tanta pazienzia, che 'l grido suo non fu udito per veruna momiorazione. Vergogninsi, e confondansi nella superbia loro tutti i disobbedienti, a ragguardare l'obedienzia del Figliuolo di Dio.


Poiché l'ha trovata, con che l'acquista? col mezzo dell'orazione, la quale è una madre che concepe e parturisce la virtù nell'anima. Perocché quanto più ci accostiamo a Dio, più partecipiamo della sua bontà, e più sentiamo l'odore delle virtù; perché solo egli è il maestrodelle virtù: e da lui le riceviamo, e l'orazione è quella checi unisce col sommo Bene. Adunque, con questo mezzo acquistiamo la virtù della vera obedienzia. Egli ci fa fortie perseveranti nella santa religione, che per veruna cosa non rivoltiamo il capo addietro. Ella ci dà lume a cognoscere noi medesimi, e l'affetto della carità di Dio, e gl'inganni delle dimonia. Egli ci fa umili; tantoché per umiltà l'anima si fa serva de' servi. Fa aprire tutto sé medesimo nelle mani del suo maggiore: e se per lo tempo passato o per lo presente il dimonio avesse obumbrata la coscienzia sua per battaglie, o eziandio fusse attualmente caduto in colpa di peccato mortale, umilmente manifesta la sua infirinità, siccome a medico, tante volte quante gli accadesse: e per vergogna non se ne ritrae, né debbe ritrarre; ma con pazienzia riceve la medicina e correzione che 'l medico suo spirituale gli desse, credendo con fede viva che Dio gli darà tanto lume quanto è bisogno alla salute. Così debbe fare, acciò tagli la via al dimonio, che non vorrebbe altro se non ponere una vergogna negli occhi nostri, acciocché tenessimo dentro nell'anima nostra i difetti e le cogitazioni, e non gli manifestassimo. Questa madre dell'orazione ci leva questa vergogna, come detto è. Ella è di tanta dolcezza, che la lingua nostra nol potrebbe narrare. Adunque doviamo con sollicitudine esercitarci in essa, e riposarci al petto suo, e mai nonlassarla. E, però, che alcuna volta il dimonio, stando noi in orazione, o dicendo l'Offizio, obumbrasse la mente nostra d'una tenebra con diverse e laide cogitazioni; non doviamo però mai lassare la nostra orazione, ma perseverare in essa, e col pensiero santo cacciare il pensiero rio, ed osservare la buona e santa volontà, che non consenta a quelle cogitazioni. Facendo così, non cadrà mai in confusione, ma pigliarà speranza in Dio; e con pazienzia porterà quelle fadighe della mente. Umiliandosi, dirà: «Signor mio, io cognosco, che non sono degno della pace e quiete della mente, come gli altri servi tuoi. Pure che tu mi conservi la buona e santa volontà, sicché mai non offenda te». Allora Dio, che ragguarda alla perseveranzia e umiltà de' servi suoi, dona in quell'anima il dono della Fortezza, infonde in essa uno lume di verità, ed uno accrescimento di desiderio di virtù; con una allegrezza cordiale, che tutto pare che vi si dissolva; con uno ardore di Carità verso Dio e verso il Prossimo suo. Tante sono le grazie e' doni che si ricevono da Dio col mezzo dell'orazione, che la lingua nostra non è sufficiente a narrarle. Ma vuole essere umile, fedele e continua, cioè col continuo santo desiderio. Con questo santo desiderio fare tutte le nostre operazioni manuali e spirituali: facendolo, sarà uno continuo orare: perché òra nel cospetto di Dio il santo e vero desiderio. Farávi dilettare nelle fadighe, e abbracciare la viltà: diletteravvinella mortificazione che vi fusse fatta fare per lo vostro maggiore.


Non mi distendo più sopra questa materia; ché troppo averemmo che dire. Ma pregovi che v'inebbriate del sangue di Cristo crocifisso, dove troverete l'ardore dell'obedienzia. Tiratelo a voi coll'amo dell'orazione, acciocché mostriate d'essere grati e cognoscenti a Dio, siccome egli vi richiede per la grazia che avete ricevuta. Non facendolo, vi tornerebbe a morte quello ch'egli v'ha dato in vita. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


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CCIV - A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' predicatori, quando predicava ad Asciano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo fratello mio in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo, econfortovi nel prezioso sangue di Dio; con desiderio di vedervi tanto annegato e affocato in Cristo Gesù, che al tutto vi perdiate voi medesimo. Ma questo non veggo che potiate avere se l'occhio dell'intelletto del vero desiderio non si leva sopra di voi a ragguardare l'occhio ineffabile della divina carità col quale Dio ragguardò (e ragguarda) la sua creatura, prima che ci creasse. La quale poiché ragguardò in sé medesimo, innamorossene smisuratamente; tanto che per amore ci creò, volendo che noi godessimo e participassimo quello bene che aveva in sé medesimo. Ma per lo peccato d'Adam non s'adempiva il desiderio suo. Costretto dunque Dio dal fuoco della divina carità, mandò il dolce Verbo incarnato del Figliuolo suo a ricomprare l'uomo, e trarlo di servitudine: ed il Figliuolo corre, e dassi all'obbrobriosa morte della croce, e a conversare co' peccatori e co' pubblicani e scomunicati e con ogni maniera di gente. Perocché nella carità non si può ponere legge né misura; e non vede sé, né cerca le cose sue proprie. E perché il primo uomo cadde dell'altezza della Grazia per l'amore proprio di sé medesimo; però fu di bisogno che Dio usasse uno modo contrario a questo: e però mandò questo Agnello immacolato con una larga ed ineffabile carità, non cercando sé, ma solo l'onore del Padre e la salute nostra. Oh dolce e amoroso cavaliere, tu non ragguardi né a tua morte né a tua vita nè a tuo vituperio; anzi giochi in su la croce alle braccia con la morte del peccato; e la morte vince la vita del corpo tuo; e la tua morte distrusse la morte nostra. L'amore n'è cagione, che voi vedete; perocché l'occhio suo non si riposava se non nell'onore del Padre suo; ed ine adempie il desiderio suo in noi, cioè che noi godessimo Dio per lo quale fine egli ci creò. Oh carissimo e dolcissimo mio figliuolo,io voglio che vi conformiate con questo Verbo, quale è nostra regola e de' Santi che l'hanno seguitato. E così diventerete una cosa con lui, e participerete la sua larghezza, e non la stremità. Dicovi dunque, come detto è, che se l'anima non si leva, ed apre l'occhio, e pongasi per obietto la smisurata bontà e amore di Dio, il quale dimostra alla sua creatura; mai non verrebbe a tanta larghezza, e perfezione, ma sarebbe tanto stretto che non vi capirebbe né sé né il prossimo. E però vi dissi, e voglio, che stiate annegato e affocato in lui, ragguardando sempre l'occhio dolce della sua carità: perocché allora perfettamente amerete quello ch'egli ama, e odierete quello ch'egli odia. Levate dunque, levate via il cuore vile e la disordinata e stretta coscienzia; e non date l'occhio al perverso dimonio, che vuole impedire tanto bene, e non vorrebbe essere cacciato della città sua. E voglio che con cuore virile e sollicitudine perfetta il facciate, vedendo che altra legge è quella dello Spirito Santo, che quella degli uomini. Accordatevi con quello dolce innamorato di Paolo, e siate uno vasello di dilezione a portare e a bandire il nome di Gesù. Ben mi pare che Paolo si specchiasse in questo occhio, ed ine perdesse sé. Ed ine riceve tanta larghezza, che egli desidera e vuole essere scomunicato e partito da Dio per li fratelli suoi. Era innamorato Paolo di quello che Dio s'innamorò; e vede che la carità non offende, né riceve confusione. Moisé guardò all'onore di Dio; e però voleva essere cacciato del libro della vita, prima che 'l popolo avesse morte. Per la quale cosa io vi costringo, e voglio, che in Cristo Gesù stiate fermo a stirpare i vizii, e piantare le virtù, seguitando la prima Verità, come detto è, e i Santi che hanno seguitato le vestigie sue; non ponendo regola né misura al desiderio, che vuole essere senza misura. Fate ragione d'essere tra uno popolo infedele, scomunicato, pieno d'iniquità; convienvi per forza d'amore participare con loro. perocché io vi fo sapere che a questo modo participerete, con la carità, con loro, cioè per l'amore che avete alla salute loro. Che se il nostro conversare fusse con amore proprio o per diletto che ne traeste o spirituale o temporale, che fusse fuore di questa fame; sarebbe da fuggire e temere la loro conversazione. Levate adunque ogni amaritudine ristrettiva, e credete più altrui, che a voi medesimo, E se il dimonio volesse pure stimolare la coscienzia vostra, dirgli che faccia ragione con meco di questo e d'ogni altra cosa; perocché la madre ha a rendere ragione del figliuolo. Or così dunque voglio che siate sollicito; perocché veruno caso o punto sarà si forte, che la carità non rompa; e voi fortificherà.

Benedicetemi il mio figliuolo, Frate Simone, e dite che corra col bastone del santo desiderio, cioè della santa croce. Mandatemi a dire come voi vi riposate, e come si vede l'onore di Dio.

Dice Alessia grassotta, che voi preghiate Dio per lei e per me, e per Cecca perditrice di tempo. Pregate Dio per Lisa. Permanete nella sarita pace e dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CCV - A Stefano di Corrado Maconi, poverello d'ogni virtu

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti con tanto lume e cognoscimento, che tu vegga che tu hai bisogno di tagliare, e non di sciogliere. Perocché chi non taglia, sempre sta legato; e chi non fugge, sempre rimane preso. Non fare più resistenzia allo Spirito Santo, che ti chiama; ché duro ti sarà a ricalcitrare a lui, e non ti lassare legare alla tepidezza del cuore, nell'amore compassionevole femminile, spesse volte colorato col colore della virtù. Ma sia uomo virile, che virilmente esca al campo della battaglia; ponendoti dinanzi all'occhio dell'intelletto il sangue sparto con tanto fuoco d'amore; acciocché, fatto libero, sia inanimato alla battaglia. Rispondi, rispondi, figliuolo negligente; apri la porta del cuore tuo: ché grande villania è che Dio stia alla porta dell'anima tua, e non gli sia aperto. Non gli essere mercenaio, ma fedele. Bàgnati nel sangue di Cristo crocifisso; dove tu troverai il coltello dell'odio e dell'amore, e tu taglieraiogni legame il quale fusse fuore della volontà di Dio e impedimento di perfezione; e troverai il lume con che tu hai bisogno di vedere che t'è necessario di tagliare. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CCVI - A Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e carissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Gesù, io vostra indegna figliuola Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel preziososangue suo; con desiderio che ho desiderato di vedere in voi la plenitudine della divina Grazia; sì, e per siffatto modo che voi siate strumento e cagione, mediante la divina Grazia, di pacificare, tutto l'universo mondo. E però vi prego, padre mio dolce, che voi, con sollicitudine ed affamato desiderio della pace e onore di Dio e salute dell'anime, usiate lo strumento della potenzia e virtù vostra. E se voi mi diceste, padre: «il mondo è tanto travagliato! in che modo verrò a pace?» dicovi da parte di Cristo crocifisso: tre cose principali vi convieneadoperare con la potenzia vostra. Cioè, che nel giardino della santa Chiesa voi ne traggiate li fiori puzzolenti, pieni d'immondizia e di cupidità, enfiati di superbia; cioè limali pastori e rettori, che attossicano e imputridiscono questo giardino. oimé, governatore nostro, usate la vostra potenzia a divellere questi fiori. Gittateli di fuori, che non abbino a governare. Vogliate ch'egli studino a governare loro medesimi in santa e buona vita. Piantate in questo giardino fiori odoriferi, pastori e governatori che siano veri servi di Gesù Cristo, che non attendano ad altro che all'onore di Dio e alla salute dell'anime, e sieno padri de' poveri. oimé, che grande confusione è questa, di vedere coloro che debbono essere specchio in povertà volontaria, umili agnelli, distribuire della sustanzia della santa Chiesa a' poveri; ed egli si veggono intante delizie e stati e pompe e vanità del mondo, più che se fussero mille volte nel secolo! Anzi molti secolari fanno vergogna a loro, vivendo in buona e santa vita. Ma pare che la somma e eterna Bontà faccia fare per forza quello che non è fatto per amore: pare che permetta che gli stati e delizie siano tolti alla sposa sua, quasi mostrasse che volesse che la Chiesa santa tornasse nel suo stato primo poverello, umile, mansueto, com'era in quello tempo santo, quando non attendevano altro che all'onore di Dio e alla salute dell'anime, avendo poi ch'ha ammirato più alle temporali che alla cura delle cose spirituali, e non temporali. ché spirituali, le cose sono andatedi male in peggio. Però vedete che Dio per questo giudizio gli ha permessa molta persecuzione e tribolazione. Ma confortatevi, padre, e non temete per veruna cosa che fusse addivenuta o addivenisse, che Dio fa per rendere lo stato suo perfetto; perché in questo giardino si paschino agnelli, e non lupi divoratori dell'onore che debbe essere di Dio, il quale furano, e dánnolo a loro medesimi. Confortatevi in Cristo dolce Gesù; ché io spero che l'adiutorio suo, la plenitudine della divina Grazia, il sovenimento e l'adiutorio divino sarà presso da voi, tenendo il modo detto di sopra. Da guerra verrete a grandissima pace, da persecuzione a grandissima unione: non con potenzia umana, ma con la virtù santa sconfiggerete le dimonia visibili delle inique creature, e le invisibili dimonia, che mai non dormono sopra di noi.

Ma pensate, padre dolce, che maleagevolmente potreste fare questo, se voi non adempiste l'altre due cose che avanzano a compire l'altre: e questo si è dello avvenimento vostro, e drizzare il gonfalone della santissima croce. E non vi manchi il santo desiderio per veruno scandalo né ribellione di città che voi vedeste o sentiste;anzi più s'accenda il fuoco del santo desiderio a tosto volere fare. E non tardate però la venuta vostra. Non credete al dimonio, che s'avvede del suo danno, e però s'ingegna di scandalizzarvi, e di farvi tórre le cose vostreperché perdiate l'amore e la carità e impedire il venire vostro. Io vi dico, padre in Cristo Gesù, che voi veniate tosto come agnello mansueto. Rispondete allo Spirito Santo, che vi chiama. Io vi dico: Venite, venite, e non aspettate il tempo, ché il tempo non aspetta voi. Allora farete come lo svenato Agnello, la cui vice voi tenete; che con la mano disarmata uccise li nemici nostri, venendo come agnello mansueto, usando solo l'arma della virtù dell'amore, mirando solo avere cura delle cose spirituali, e rendere la Grazia all'uomo che l'aveva perduta per lo peccato.

Oimé, dolce padre mio, con queste dolcemano vi prego e vi dico, che veniate a sconfiggere li nostri nemici. Da parte di Cristo crocifisso vel dico: non vogliate credere a' consiglieri del dimonio, che volsero impedire il santo e buono proponimento. Siatemi uomo virile, e non timoroso. Rispondete a Dio, che vi chiama che veniate a tenere e possedere il luogo del glorioso pastore santo Pietro, di cui vicario sete rimasto.

E drizzate il gonfalone della croce santa: ché come per la croce fummo liberati (così disse Paolo), così levando questo gonfalone il quale mi pare refrigerio de' Cristiani, saremo líberati, noi dalla guerra e divisione e molte iniquità, il popolo infedele dalla sua infidelità. E con questi modi voi verrete, e averete la riformazione delli buoni pastori della santa Chiesa. Reponetele il cuore, che ha perduto, dell'ardentissima carità: ché tanto sangue li è stato succhiato per gl'iniqui devoratori, che tutta è impallidita. Ma confortatevi, e venite, padre, e non fate più aspettare li servi di Dio, che s'affliggono per lo desiderio. E io misera miserabile non posso più aspettare: vivendo, mi pare morire stentando, vedendo tanto vituperio di Dio. Non vi dilongate però dalla pace, per questo caso che è addivenuto di Bologna; ma venite; ché io vi dico che i lupi feroci vi metteranno il capo in grembo come agnelli mansueti, e dimanderanno misericordia a voi, padre.

Non dico più. Pregovi, padre, che odiate, e scoltiate quello che vi dirà frate Raimondo e gli altri figliuoli chesono con lui, che vengono da parte di Cristo crocifisso, e da mia; che sono veri servi di Cristo e figliuoli della santa Chiesa. Perdonate, padre, alla mia ignoranzia; e scusimi dinanzi alla vostra benignità l'amore e dolore che mel fa dire. Datemi la vostra benedizione. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/12/2022 10:17
 
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CCVII (207) - A signori di Firenze



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, risovvenendomi della parola che disse il nostro Salvatore a' Discepoli suoi, quando disse: «Con desiderio io ho desiderato di fare la Pasqua con voi, prima ch'io muoia». Lungo tempo aveva pasquato il nostro Salvatore con loro: dunque di che Pasqua dice? Diceva dell'ultima Pasqua, la quale fece comunicando sé medesimo a loro. Ben mostra che faccia come innamorato della salute nostra. Onde non dice: Io desidero; ma dice: Con desiderio io ho desiderato; quasi dica: «lo ho, lungo tempo desiderato di compire la vostra redenzione, e di darmivi in cibo, e dare a me la morte per rendervi la vita». Or questa dunque è la Pasqua desiderata da lui: e però ha letizia e gode e fa festain sé, cioè perché si deve adempire 'l suo desiderio, il quale tanto aveva desiderato; ed in segno che ne sente letizia, dice Pasqua. E poi lascia a loro la pace e l'unione, e che si debbano amare insieme; e questo lascia per testamento e per segno; cioè, che a questo segno sono cognosciuti i figliuoli e i veri discepoli di Cristo. Dico che questo vero padre cel dà per testamento. Noi dunque, figliuoli, non dobbiamo renunziare al testamento del padre; perocché chi renunzia, non debbe avere l'eredità. E però dunque io desidero con grandissimo desiderio di vedervi figliuoli veri e non ribelli al Padre vostro, e non renunziatori al testamento della pace, ma adempitori d'essa pace, legati, ed uniti nel legame e nello amore dell'ardentissima carità. E, stando in questa dilezione, egli vi darà sé medesimo in cibo; e riceverete il frutto del sangue del figliuolo di Dio; per lo cui mezzo riceviamo l'eredità di vita eterna. Perocché, innanzi che il sangue fosse sparto, vita eterna era serrata; e niuno poteva andare al fine suo, il quale fine è Dio. E però era creato l'uomo. Ma perché l'uomo non era stato al giogo dell'obedienzia, ma fu inobediente, e ribello al comandamento suo: però venne la morte nell'uomo. Mosso Dio dunque dal fuoco della sua divina carità, donocci il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo; il quale per l'obedienza del Padre suo ci diè 'l sangue con tanto fuoco d'amore; in tanto che ogni cuore superbo e ignorante si dovrebbe vergognare non ricognoscendo tanto smisurato beneficio. Il sangue dunque ci è fatto bagno a lavare le nostre infermitadi, e gli chiovi ci sono fatti chiave, perocché hanno disserrata la porta del cielo. Dunque, figliuoli e fratelli miei, io non voglio che siate ingrati nescognoscenti a tanto ineffabile amore quanto Dio vi mostra; perocché voi sapete bene che la ingratitudine fa seccare la fonte della pietà. E però questa è la pasqua che desidera di fare con voi; cioè, che voi siate figliuolipacifici, e non siate ribelli al capo vostro, ma sudditi e obedienti infino alla morte.


Voi sapete bene, che Cristo lasciò il vicario suo, e questo lasciò per rimedio dell'anime nostre; perché in altro non possiamo avere salute, che nel corpo mistico della santa Chiesa, il cui capo è Cristo, e noi siamo le membra. E chi sarà inobediente a Cristo in terra, il quale è in vece di Cristo in cielo, non partecipa il frutto delFigliuolo di Dio; perocché Dio ha posto che per le sue mani ci sia communicato e dato questo sangue e tutti li sacramenti della santa Chiesa, li quali ricevono vita da esso sangue. E non possiamo andare per altra via, né entrare per alta porta; però che disse la prima Verità: «Io sono Via, Verità, e Vita». Chi tiene dunque per questa via, va per la verità, e non per la menzogna. E questa è, una via d'odio del peccato, e non d'amor proprio di sé medesimo; il quale amore è cagione d'ogni male. Questa via ci dà amore delle virtù, le quali danno vita all'anima;onde essa riceve un'unione e dilezione col prossimo suo; ché innanzi elegge la morte che offendere il prossimo suo. E bene vede che, se egli offende la creatura, egli offende il Creatore. Adunque bene è via di verità. Parmi ancora, che sia porta onde ci conviene entrare poiché abbiamo fatta la via. Così disse egli: «Niuno può andare al Padre, se non per me».


Adunque vedete, figliuoli miei dolcissimi, che colui che ribella come membro putrido alla santa Chiesa, e al padre nostro Cristo in terra, è caduto nel bando della morte; perocché quello che facciamo a lui, facciamo a Cristo in cielo, o riverenzia, o vituperio che noi facciamo. Vedete bene che per la disobedienzia e per la persecuzione che avete fatta (credetemi, fratelli miei, che con dolore e pianto di cuore vel dico) voi sete caduti nella morte, e in odio e in dispiacere di Dio; e peggio non potete avere, che esser privati della Grazia sua. Poco ci varrebbe la potenzia umana se non ci fussi la divina. Oimé, che in vano s'affadiga colui che guarda la città, se Dio non la guarda. Se Dio dunque ha fatta guerra con voi per la ingiuria che avete fatta al padre nostro e vicario suo; sete, dico, indebiliti perdendo l'adiutorio suo. Poniamoché molti sono quelli che non si credono per questo offendere Dio, ma pare a loro fare sacrificio a lui, perseguitando la Chiesa e i pastori suoi, e difendendosi dicendo: «E' sono cattivi; e fanno ogni male». E io vi dico che Dio vuole, e ha comandato così. che eziandio se e' paslori, e Cristo in terra, fussero dimoni incarnati, non tanto che buono e benigno padre, e' ci conviene esser sudditi e obedienti a lui, non per loro in quanto loro,ma per la obedienzia di Dio, come vicario di Cristo; perocché vuole che facciamo così. Sapete che il figliuolo non ha mai ragione contra del padre, sia cattivo, e riceva ingiuria da lui quanta si vuole; perocché è tanto grande il beneficio dell'essere ch'egli ha avuto dal padre che, per niuna cosa gli può rendere tanto debito. Or così pensate che egli è tanto l'essere e il beneficio della graziache traiamo del corpo mistico della santa Chiesa, che niuna riverenzia o operazione che noi facciamo, o facessimo, potrebbe esser sufficiente a rendere questo debito. Oimé, oimé, figliuoli miei, piangendo vel dico, e ve ne prego e costringo da parte di Cristo crocifisso, che vi riconciliate e facciate pace con lui.


Oh non state più in guerra, e non aspettate che l'ira di Dio venga sopra di voi. Perocché io vi dico che questa ingiuria egli la reputa fatta a sé. E così vogliate dunque ricoverare sotto l'ale dell'amore e del timore di Dio, umiliandovi e volendo cercare la pace e l'unione col padre vostro. Aprite, aprite l'occhio del cognoscimento, e non andate in tanta cecità. Perocché noi non siamo Giudei né Saraceni, ma siamo Cristiani battezzati, e ricomperati del sangue di Cristo. Non dobbiamo dunque andare contra al capo nostro per neuna ingiuria ricevuta; né l'uno cristiano contra all'altro; ma dobbiamo fare questo contra agl'Infedeli. Perocché ci fanno ingiuria; però che possedono quello che non è loro; anco, è nostro.


Or non più dormite (per l'amore di Dio!) in tanta ignoranzia e ostinazione. Levatevi su, e correte alle braccia del padre nostro, che vi riceverà benignamente. Se 'l farete, averete pace e riposo spiritualmente e temporalmente, voi e tutta la Toscana: e tutta la guerra che, è di qua, anderà sopra gl'Infedeli, rizzandosi il gonfalone della santissima croce. E se non facesse di recarvi a buona pace, arete il peggiore tempo, voi e tutta la Toscana che avessino mai e' nostri antichi. Non pensate che Dio dorma sopra l'ingiurie che sono fatte alla Sposa sua, ma veglia. E non ci paia altrimenti perché vediamo andare la prosperità innanzi; perocché sotto la prosperità è nascosta la disciplina della potente mano di Dio.


Poiché Dio è disposto a porgerci la misericordia sua, non state fratelli miei, più indurati; ma umiliatevi ora, mentreché avete il tempo. perocché l'anima che s'umilia, sarà sempre esaltata (così disse Cristo); e chi si esalta,sarà umiliato con la disciplina e co' flagelli e con battiture di Dio.


Andate dunque con pace e unione. E questa è la Pasqua che io ho desiderio di fare con voi: considerando che in altra corte non possiamo fare questa Pasqua, che nel corpo della santa Chiesa, perché quivi è il bagno del sangue del Figliuolo di Dio, dove si lavano i fracidumi de' peccati nostri. Ine si truova il cibo dove l'anima si sazia e si notrica; e trovianvi il vestimento nuziale, il quale, ci conviene avere, se vogliamo entrare alle nozze di vita eterna, alle quali siamo invitati dall'Agnello svenato e derelitto in croce per noi. Questo è 'l vestimento della pace, che pacifica 'l cuore, e ricuopre la vergogna della nostra nudità, cioè di molte miserie e difetti e divisioni,le quali noi abbiamo l'uno con l'altro, le quali sono cagione e strumento di tôrci il vestimento della Grazia. Poi, dunque, che la benignità dolce di Dio ci rende il vestimento, non siate negligenti ad andare per esso con sollicitudine virilmente al capo nostro, acciò che la morte non vi trovi nudi. Perocché noi dobbiamo morire, e non sappiamo morire, e non sappiamo quando. Non aspettate 'l tempo, perocché 'l tempo non aspetta voi. Grande simplicità sarebbe d'aspettare, e fidarmi di quello che io non ne son sicuro e non ho davvero.


Non dico più. Perdonate alla mia presunzione, e incolpatene l'amore ch'io ho alla salute vostra, e dell'anima e del corpo; e il dolore ch'io ho del danno che voi ricevete spiritualmente e temporalmente. E pensate che più tosto vel direi a bocca che per lettera. Se per me si può adoperare alcuna che sia onore di Dio, e unione di voi e della santa Chiesa; sono apparecchiata a dare la vita, s'el bisogna. Permanete nella santa e dolce dilezione, del nostro signor Gesù Cristo. Gesù dolce, Gesù amore.


CCVIII - A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' predicatori, in Asciano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo mio figliuolo in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, vi benedico e conforto nel prezioso sangue di Gesù Cristo. Con desiderio ho desiderato di fare Pasqua con voi prima che io muoia. Questa è la Pasqua ch'io voglio che noi facciamo; cioè di vederci alla mensa dell'Agnello immanolato, il quale è cibo, mensa, e servitore. In su questa mensa sono e' frutti delle vere e reali virtù: ogni altra mensa èsenza frutto; ma questa è con perfetto frutto, perocché dà vita. Questa è una mensa forata, piena di vene che germinano sangue; e tra gli altri vi ha uno canale, che gitta sangue e acqua mescolato con fuoco; e all'occhio che si riposa in su questo canale, gli è manifestato il secreto del cuore. Questo sangue è uno vino che inebria l'anima; del quale quanto più beve, più ne vorrebbe bere; e non si sazia mai, perocché 'l sangue e la carne è unita con lo infinito Dio. O figliuolo dolcissimo in Cristo Gesù, corriamo con sollicitudine a questa mensa. Adempite il mio desiderio in voi, sicché io faccia la Pasqua, come detto è. E fate come colui che molto beve, che inebbria e perde sé medesimo e non si vede. E se 'l vino molto gli diletta, anco ne beve più; in tanto che, riscaldato lo stomaco dal vino, nol può tenere, e sì 'l vomica fuore. Veramente, figliuolo, che in su questa mensa noi troviamo questo vino; cioè 'l costato aperto del Figliuolo di Dio. Egli è quello sangue che scalda, e caccia fuore ogni freddezza, rischiara la voce di colui che beve, e letifica l'anima e il cuore. Perocché questo sangue è sparto col fuoco della divina carità; e scalda tanto l'uomo, che gitta sé fuore di sé: e quinci viene, che non può vedere sé per sé, ma sé per Dio, e Dio per Dio, e il prossimo per Dio. E quando egli ha bene bevuto; ed egli 'l gitta sopra 'l capo de' fratelli suoi: ed ha imparato da colui che continuamente in mensa versa non per sua utilità, ma per nostra. Noi dunque, chi, mangiamo alla mensa predetta, conformandoci col cibo, facciamo quello medesimo non per nostra utilità, ma per onore di Dio, e per la salute del prossimo. E per questo sete mandato. Confortatevi dunque, perocché questo fuoco vi darà la voce, e torrà la fiocaggine.

Se io potrò, vi verrò molto volentieri. Richiamatevene a Cristo, che mi faccia venire. Dite a missere Biringhiere, che si conforti in Cristo Gesù, e ragguardi la brevità del tempo, e il prezzo che è pagato per lui. Io li verrò a vedere, se io potrò. Dite a frate Simone, che io torrò la fune della Carità, e terrollo legato al petto suo, siccome lamadre il figliuolo. Sono consolata di questo prete, perocché pare che abbia buona volontà: menatelo a' frati di Monte Oliveto, e sbrigatelo d'acconciare il più tosto che voi potete. Siate, siate sollicito. Monna Giovanna vi conforta e benedice. Ricordivi di Giovanna Pazza, ed invasata nel fuoco dell'Agnello smiraldato. Lisa, e Monna Alessa, e Cecca cento migliaia di volte vi si raccomandano. Laudato sia Gesù, Gesù, Gesù.


CCIX - A Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e reverendissimo padre in Cristo dolce Gesù la vostra indegna figliuola Caterina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive alla Vostra Santitate nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi giunto alla pace, pacificato voi, e li figliuoli con voi. La quale paceDio vi richiede, e vuole che ne facciate ciò che potete. oimé, non pare che voglia che noi attendiamo tanto alla signoria e sostanzia temporale, che non si vegga quanta è la destruzione dell'anime e il vituperio di Dio, il qualeséguita per la guerra; ma pare che voglia che apriate l'occhio dell'intelletto sopra la bellezza dell'anima, e sopra il sangue del Figliuolo suo; del quale sangue lavò la faccia dell'anima nostra: e voi ne sete ministro. Invitavi dunque alla fame del cibo dell'anime. Perocché colui che ha fame dell'onore di Dio e della salute delle pecorelle, per ricoverarle e trarle dalle mani delle demonia, egli lassa andare la vita sua corporale, e non tanto la sostanzia. Benché, potreste dire, santo Padre: «Per coscienzia io sono tenuto di conservare e racquistare quello della santa Chiesa». oimé, io confesso bene che egli è la verità; ma parmi che quella cosa che è più cara, si debba meglio guardare. Il tesoro della Chiesa è il sangue di Cristo, dato in prezzo per l'anima: perocché il tesoro del sangue non è pagato per la sostanzia temporale, ma per salute dell'umana generazione. Sicché, poniamo che siate tenuto di conquistare e conservare il tesoro e la signoria delle città la quale la Chiesa ha perduto; molto maggiormente sete tenuto di racquistare tante pecorelle, che sono un tesoro nella Chiesa; e troppo ne impoverisca in sé, poiché il sangue di Cristo non può diminuire; ma perde uno adornamento di gloria, il quale riceve dalli virtuosi e obedienti e sudditi a lei. Meglio c'è dunque lassar andare l'oro delle cose temporali, che l'oro delle spirituali. Fate dunque quello che si può: e, fatto il potere, scusato sete dinanzi a Dio e agli uomini del mondo. Voi gli batterete più col bastone della benignità, dell'amore e della pace, che col bastone della guerra; e veravvi riavuto il vostro spiritualmente e temporalmente.

Restringendosi l'anima mia fra sé e Dio, con grande fame della salute nostra e della riformazione della santa Chiesa e del bene di tutto quanto il mondo; non pare che Dio manifesti altro rimedio, né io veggo altro in lui, che quello della pace. Pace, pace dunque, per l'amore di Cristo Crocifisso! E non ragguardate all'ignoranzia, cechità e superbia de' figliuoli vostri. Con la pace trarretela guerra e il rancore del cuore e la divisione; e unireteli.Con la virtù dunque caccerete il demonio.

Aprite, aprite bene l'occhio dell'intelletto con fame e desiderio della salute dell'anime, a riguardare due mali: cioè 'l male della grandezza, signoria, e sustanzia temporale, la quale vi par essere tenuto di racquistare; e il maledi veder perdere la Grazia nell'anime, e l'obedienzia la quale debbono avere la Santità Vostra. E così vederete che molto maggiormente sete tenuto di racquistare l'anime. Poi, dunque, che l'occhio dell'intelletto ha veduto, e discerne quale è il meno male; voi dunque, santissimo Padre, che sete in mezzo di questi due così grandi mali, dovete eleggere il minore; e eleggendo il minore per fuggire il maggiore, perderete l'uno male e l'altro; e ambedui torneranno in bene: cioè che averete in pace racquistati li figliuoli, e averete il debito vostro. Mia colpa! chéio non dico questo però per insegnarvi, ma son costretta dalla prime dolceVerità, dal desiderio che io, babbo mio dolce, di vedervi pacificato, e in quiete l'anima e il corpo. Perocché, con queste guerre e malaventura, non veggo che possiate avere una ora di bene. Distruggesi quello delli poverelli ne' soldati, i quali sono mangiatoridella carne e degli uomini. E veggo che impedisce il santo vostro desiderio, il quale avete della reformazione della Sposa vostra. Reformarla, dico, di buoni pastori e rettori. E voi sapete che con la guerra malagevolmente il potere fare: ché, parendovi aver bisogno di principi e di signori, la necessità vi parrà che vi stringa di fare i pastori a modo loro, e non a modo vostro. Benché ella è pessima ragione, che, per alcun bisogno che si vegga, si metta però pastori, o altri che si sia, nella Chiesa, che non siavirtuoso, e persona che cerchi sé per sé, ma cerchi sé per Dio, cercando la gloria e la loda del nome suo. E non debbe essere enfiato per superbia, né porco per immondizia, né foglia che si volve al vento delle proprie ricchezze e vanità del mondo. oimé, non così, per l'amore di Gesù Cristo, e per la salute dell'anima vostra! Tollete dunque via la cagione della guerra, quanto è possibile a voi, acciocché non veniate in questo inconveniente di fargli secondo la volontà degli uomini, e non secondo la volontà di Dio e desiderio vostro. Voi avete bisogno dell'adiutorio di Cristo Crocifisso; in lui ponete dunque l'affetto e il desiderio, e non in uomo e in adiutorio umano; ma in Cristo dolce Gesù, la cui vice voi tenete; che pare che voglia che la Chiesa torni al primo dolce stato suo. Oh quanto sarà beata l'anima vostra e mia che io vegga voi esser cominciatore di tanto bene, che alle vostre mani quello che Dio permette per forza, si faccia per amore! Questo sarà il modo a farlo con pace, e con pastori veri e virtuosi e umili servi di Dio; ché ne troverete, se piacerà alla Santità Vostra di cercarli. Ché sono due cose, perché la Chiesa perde e ha perduto li beni temporali, cioè per la guerra, e per lo mancamento delle virtù. Ché colà, dove non è virtù, sempre è guerra col suo Creatore. Sicché la guerra n'è cagione.

Ora dico che, a volere racquistare quello che è perduto, non ci è altro rimedio se non col contrario di quello con che è perduto, cioè racquistare con pace e con virtù, come detto è. A questo modo adimpirete l'altro desiderio santo vostro e de' servi di Dio, e di me misera miserabile; cioè di racquistare le tapinelle anime dell'infedeliche non participino il sangue dello svenato e consumato Agnello.

Or vedete, santissimo Padre, quanto è il bene che se n'impedisce, e quanto è il male che séguita e che se ne fa. Spero nella bontà di Dio e nella Santità Vostra, che giusta al vostro potere v'ingegnerete di ponere il rimedio detto, della santa pace. Questo è la volontà di Dio. E dicovi da parte del dolce Gesù, che di questo e dell'altre cose che avete a fare, voi pigliate consiglio da' veri servidi Dio; perocché vi consiglieranno in verità. E di loro vi dilettate; ché ne avete bisogno. E però sarà bene, e di grande necessità, che voi li teniate allato da voi, mettendoli per colonne nel corpo mistico della santa Chiesa.

Credo che F. J. da P. portatore di questa lettera, sia uno vero e dolce servo di Dio: il quale vi raccomando; e pregovi che piaccia alla Santità Vostra che lui e gli altrisempre vi vogliate vedere appresso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate alla mia presunzione. Umilemente v'addimando la vostra benedizione. Gesù dolce, Gesù amore.

CCX - A misser Matteo Rettore della casa della misericordia in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo scrivo a voi nel prezioso sangue del figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi annegato e affocato nell'abbondanza d'esso sangue suo. La memoria del quale sangue rende calore e lume all'anime fredde e tenebrose, dona larghezza, e tolle stremità; tolle superbia, e infonde umiltà; tolle crudelità e dona pietà. O inestimabile dilezione di carità, non mi maraviglio se nel sangue tuo io trovo la virtù della pietà; imperocché io vedo che per divina pietà tu hai svenato te medesimo, non per debito; e facesti vendetta della crudele e pessima crudeltà, che l'uomo ebbe a sé medesimo, quando per lo peccato si fece degno di morte. Adunque desidero di vedervi annegato in questo fiume, acciocché ne traiate pietosa compassione e misericordia; la quale continuamente vi bisogna adoperare, secondo lo stato nostro.
E poniamoché io desidero di vedervi usare questa virtù in verso i poveri di Cristo delle sustanzie temporali; non son contenta qui, ma invitovi, secondo che Dio invita l'anima mia, a distendere gli amorosi e ardentissimi desiderii, con occhi pietosi e lagrimosi, mostrando nel cospetto della divina pietà compassione a tutto il mondo. Ed egli t'insegna molto bene il modo siccome ebbro d'amore; e per desiderio che ha di fare tosto l'operazione sua, dice: «Pigliate il corpo della santa Chiesa co' membri legati e tagliati e poneteli con pietosa compassione sopra il corpo mio».
Sopra il quale corpo furono fabricate tutte le nostre iniquità, perocché egli fu quelloche prese con pena la città dell'anima nostra e il Padre, fu quello che accettò il sacrificio.

Mangiamo, Mangiamo adunque le anime sopra a questa mensa del corpo del dolce Figliuolo di Dio: sicché, passando i penosi e ansietati desiderii, con fadigosi aspettari, sopravenendo gli adempiuti dolci e innamorati desiderii (dove l'anima si pacifica, quando si vede adempiuto quello che molto tempo ha desiderato), possiamo, con dolce voce e soave, gridare al Padre quello che dice la santa Chiesa; cioè: per Gesù Cristo nostro Signore tu ci hai fatto misericordia, levando i lupi o piantando gli agnelli. Adunque o padre, fratello e figliuolo in Cristo Gesù, levianci dal sonno della negligenzia, acciocché in poco tempo noi esciamo delle mani de' lupi, e perveniamo a questa giocondità; non per voi, ma solo per l'onore di Dio. Questa è quella virtù pietosa che io voglio che noi abbiamo. E però dissi ch'io desideravo di vedervi affocato nel sangue del Figliuolo di Dio; perocché ella è quella memoria che notrica la virtù della pietà e misericordia nell'anima nostra. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CCXI - A frate Raimondo da Capua a Vignone

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere voi e gli altri figliuoli vestit del vestimento nuziale, il quale è quellovestimento che ricopre tutte le nostre nudità. Egli è un'arme, che non lassa incarnare a morte i colpi dell'avversario dimonio; ma piuttosto l'ha a fortificare, che a debilire, ogni colpo di tentazione o molestia di dimonio o di creatura o della carne propria, che volesse ribellare allo spirito. Dico che questi colpi, non tanto che sieno nocivi, ma saranno pietre preziose e margarite poste sopra questo vestimento dell'ardentissima carità.

Or da che sarebbe l'anima che non portasse delle molte fadighe e tentazioni, da qualunque parte e qualunque modo Iddio le concede? Non sarebbe in lei virtù provata; perocché la virtù si prova per lo suo contrario. Con che si prova la parità, e s'acquista? Col contrario, cioè con la molestia della immondizia. Perocché che fusse immondo, non gli bisognerebbe ricevere molestia dalle cogitazioni della immondizia; ma perché si vede che la volontà è privata de' perversi consentimenti, ed è purificata d'ogni macchia per santo e vero desiderio che ha di piacere al suo Creatore, però il dimonio, il mondo e la carne gli dànno molestia. Sicché, ogni cosa contraria si caccia per lo suo contrario. Vedete che per la superbia s'acquista l'umilità. Quando l'uomo si vede molestare da esso vizio di superbia, subito s'umilia, cognoscendo sé difettuoso, superbo: che se non avesse avuta quella molestia, non si sarebbe sì ben cognosciuto. Poiché s'è umiliato e veduto; concepe uno odio per siffatto modo, che gode ed esulta d'ogni pena ed ingiuria che sostenesse. Questo fa come cavaliero virile, il quale non schifa i colpi. Anzi si reputa indegno di tanta grazia, quanta gli pare essere, a sostenere pena, tentazioni e molestie per Cristo crocifisso. Tutto è per l'odio ch'egli ha di sé medesimo, e per amore che ha conceputo alla virtù.

Adunque vedete che non è da fuggire né dolersi nel tempo della tenebra, perocché della tenebra nasce la luce. O Dio, dolce amore, che dolce dottrina dài, che per lo contrario della virtù s'acquista la virtù! Della impazienzia s'acquista la pazienzia: ché l'anima che sente il vizio della impazienzia diventa paziente della ingiuria ricevuta, ed è impaziente verso il vizio della impazienzia; epiù si duole ch'ella si duole, che di veruna altra cosa. E così nei contrari gli viene acquistata la perfezione. E nonse ne avvede: trovasi diventato perfetto nelle molte tempeste e tentazioni. E in altro modo non si giugne mai a porto di perfezione.

Sicché, pensate in questo: che l'anima non può ricevere né desiderare virtù, che ella non abbia i desiderii, molestie e tentazioni, a sostenere con vera e santa pazienzia per amore di Cristo crocifisso. Doviamo dunque godere ed esultare nel tempo delle battaglie, molestie e tenebre, poiché di loro esce tanta virtù e diletto. Doimé, figliuolo dato da quella dolce madre Maria, non voglio che veniate a tedio né a confusione per veruna molestia che sentiste nella mente vostra; ma voglio che voi conserviate la buona e santa e vera fedele volontà, la quale io so che Dio per sua misericordia v'ha dato. So che vorreste innanzi morire, che offenderlo mortalmente. Sicché io voglio che dalle tenebre esca il cognoscimento di voi medesimo senza confusione della buona volontà esca uno cognoscimento della infinita bontà e inestimabile carità di Dio; ed in questo cognoscimento stia ed ingrassi l'anima nostra. Pensate che per amore egli vi conserva la buona volontà, e non la lassa correre per consentimento e diletto dietro alle cogitazioni del dimonio. E così per amore ha permesso a voi e a me e agli altri suoi servi le molte molestie e illusioni dal dimonio, dalle creature, e dalla carne propria, solo perché noi ci leviamo dalla negligenzia, e veniamo a perfetta sollicitudine, a vera umilità, e ardentissima carità. La quale umilità viene per cognoscimento di sé, e la carità per lo cognoscimento della bontà di Dio. Ivi s'inebbria e si consuma l'anima per amore.

Godete, padre, ed esultate; e confortatevi, senza veruno timore servile, e non temete per verana cosa che vedeste venire o che fusse venuta. Ma confortatevi; ché la perfezione è presso da voi. E rispondete al dimonio, dicendo: «che quella virtù non ha adoperato in voi per me, perocché non era in me; adopera per grazia della infinita pietà e miscricordia di Dio». Sicché per Cristo crocifisso ogni cosa potrete. Fate con fede viva tutte le vostre operazioni; e non mirate perché vedeste apparire veruna cosa contraria, che paresse che fusse contra la vostra operazione. Confortatevi, confortatevi, perché la prima e dolce Verità ha permesso d'adempire il vostro e mio desiderio in voi. Svenatevi per affocato desiderio con lo svenato e consumato Agnello: riposatevi in croce con Cristo crocifisso: dilettatevi in Cristo crocifisso: dilettatevi in pena; satollatevi d'obbrobri per Cristo crocifisso: innestisi il cuore e l'affetto in su l'arbore della santissima croce con Cristo crocifisso; e nelle piaghe sue fate la vostra abitazione. E perdonate a me, cagione e strumento d'ogni vostra pena e imperfezione: ché, se io fussi strumento di virtù, sentireste voi e gli altri odore divirtù. E non dico queste parole, perché io voglio che n'abbiate pena, perché la vostra pena sarebbe mia; ma perché voi abbiate compassione, voi e gli altri figliuoli, alle miserie mie. Spero e tengo di fermo, per la grazia dello Spirito Santo, che porrà fine e termine in tutte quelle cose che sono fuor della volontà di Dio.

Pensate che io misera miserabile sto nel corpo, e trovomi per desiderio continuo di fuore del corpo. oimé, dolce e buono Gesù! Io muoio e non posso morire, e scoppio, e non posso scoppiare, del desiderio che io ho della rinnovazione della santa Chiesa per onore di Dio e salute d'ogni creatura; e di vedere voi e gli altri vestiti dipurità, arsi e consumati nell'ardentissima carità sua. Dite a Cristo in terra, che non mi faccia più aspettare.

E quand'io vedrò questo, canterò con quello dolce vecchio di Simeone: Nunc dimittis servum tuum, Domine, secundum verbum tuum in pace. Non dico più; ché se io seguissi la volontà, testè comincerei. Fate che io vivegga e senta tutti legati e conficcati con Cristo dolce Gesù, sì e per siffatto modo, che né dimonia né creatura vi possa mai partire né separare da così dolce e soave legame. Amatevi, amatevi, amatevi insieme. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/12/2022 10:20
 
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CCXII (212) - A Neri di Landoccio



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di veder crescere in te il santo e buono desiderio, con dolce e vera perseveranzia infine alla morte. Pènsati, figliuolo mio, che ogni di si conviene che noi c'ingegnamo di crescere in virtù; perocché non andando innanzi, sarebbe un tornare addietro. Spero, per la divina bontà, che s'adempirà in te ildesiderio mio, in questo, e anco in altro.


Non dico al presente altro, per la brevità del tempo, e per occupazione d'alcune altre cose, a che mi conviene attendere. Confòrtati con Cristo crocifisso, con una buona pazienzia; e conforta e benedici molto molto per mia parte Mone: e fa che prieghi Dio per questi tuoi fratelli, e' quali ti mandano molto confortando e singolarmente per questo negligente di Stefano. Barduccio e Francesco stanno bene, e molto ti confortano. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce. Gesù amore.


CCXIII - A suora Daniella da Orvieto, vestita dell'abito di Santo Domenico, la quale, non potendo seguire la sua grande penitenzia, era venuta in grande afflizione

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro e figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere in te la virtù santa della discrezione, la quale virtù ci è necessaria ad avere, se vogliamo la salute nostra. Perché ci è tanto di necessità? Perché ella esce del cognoscimento di noi e di Dio: in questa casa tiene le sue radici. Ella èdrittamente uno figliuolo parturito dalla carità, che è propriamente discrezione, e uno lume e uno cognoscimento che l'anima ha di Dio e di sé, come detto è. La principale cosa che ella faccia, è questa: che, avendo veduto con lume discreto a cui ella è debitrice e quello che debbe rendere, subito il rende con perfetta discrezione. Onde a Dio rende gloria, e lode al nome suo; e tutte l'operazioni che fa l'affetto dell'anima, fa con questo lume, cioè che tutte sono fatte per questo fine. Sicché a Dio rende il debito dell'onore: non fa come lo indiscreto rubbatore, che l'onore vuole dare a sé; e per cercare il proprio onore e piacere, non cura di fare vituperio a Dio e danno al prossimo. E perché la radice dell'affetto dell'anima è corrotta dalla indiscrezione, sono corrotte tutte le sue operazioni in sé e in altrui. In altrui, dico;perché indiscretamente pone i pesi, e comanda ad altri o secolari o spirituali, o di qualunque stato si sia. Se egliammonisce o consiglia, indiscretamente il fa; e con quello medesimo peso che egli pesa, vuole pesare ogni altra persona. Il contrario fa l'anima discreta, che discretamente vede il bisogno suo e l'altrui. Onde, poich'ella ha renduto il debito nell'onore a Dio, ella rende il suo a sé, cioè odio del vizio e della propria sensualità. Chi n'è cagione? è l'amore della virtù; amandola in sé. Questo medesimo lume, col quale ella si rende il debito, rende al prossimo suo. E però dissi: in sé e in altrui. Onde rende al prossimo la benivolenzia siccome egli è obbligato, amando in lui la virtù, e odiando il vizio. E amalo come creatura creata dal sommo ed eterno Padre. E meno e più perfettamente rende a lui la dilezione della carità, secondo che l'ha in sé. Sicché questo è il principale effetto, che adopera la virtù della discrezione nell'anima; perché con lume ha veduto che debito debba rendere, e a cui.

Questi sono tre rami principali di questo glorioso figliuolo della discrezione, il quale esce dall'arbore della carità. Di questi rami escono infiniti e variati frutti, tuttisoavi e di grandissima dolcezza che notricano l'anima nella vita della Grazia, quando con la mano del libero arbitrio, e con la bocca del santo e affocato desiderio li prende. In ogni stato che la persona è, gusta di questi frutti, se ella ha il lume della discrezione: in diversi modi, secondo il diverso stato. Colui che è nello stato del mondo, e ha questo lume, coglie il frutto dell'obedienzia de' comandamenti di Dio, e il dispiacere del mondo, spogliandosene mentalmente, poniamoché attualmente ne sia vestito. Se egli ha figliuoli, piglia il frutto del timore di Dio, e col timore santo suo li notrica. Se egli è signore, piglia il frutto della giustizia, perché discretamente vuole rendere a ciascuno il debito suo; onde col rigore dela giustizia punisce lo ingiusto, e il giusto premia, gustando il frutto della ragione; ché per lusinghe né per timore servile non si parte da questa via. Se egli è suddito, coglie il frutto dell'obedienzia e reverenzia verso il signore suo; schifando la cagione e la via, per la quale il potesse offendere. Se col lume non l'avesse vedute non l'avrebbe schifate. Se sono religiosi o prelati, tràggonne il frutto dolce e piacevole d'essere osservatori dell'ordine loro: portando e sopportando i difetti l'uno dell'altro, abbracciando le vergogne e 'l dispiacere, ponendosi sopra le spalle il giogo dell'obedienzia. Il prelato prende la fame dell'onore di Dio e della salute dell'anime, gittandogli l'amo della dottrina e della vita esemplaria . In quanti diversi modi, e in diverse creature si colgono questi frutti! Troppo sarebbe lungo a narrarlo; con lingua non si potrebbero esprimere.

Ma vediamo carissima figliuola (parliamo ora in particolare; e parlando in particolare sarà parlato in generale), che regola dà questa virtù della discrezione nell'anima. Pare a me, che dia questa regola nell'anima e nel corpo, in persone che spiritualmente vogliono vivere, e attualmente e mentalmente: benché ella ogni persona regoli e ordini nel grado e nello stato suo: ma parliamo ora a noi. La prima regola che ella dia nell'anima, è quella che detta aviamo, di rendere l'onore a Dio, al prossimo la benivolenzia, e a sé odio del vizio e della propria sensualità. Ella ordina questa carità nel prossimo: che per lui non vuole ponere l'anima sua; cioè per farli utilità o piacere non vuole offendere Dio; ma discretamente fugge la colpa, e dispone il corpo suo ad ogni pena e tormento, e alla morte, per campare un'anima, e quante ne potesse campare, dalle mani del dimonio. E disponsi a ponere la sustanzia temporale per sovvenire e campare il corpo del prossimo suo. Questo fa la carità con questo lume della discrezione; ché discretamente l'ha regolato nella carità del prossimo. Il contrario fa lo indiscreto, che non si cura d'offendere Dio, né di ponere l'anima sua per fare servizio e piacere al prossimo indiscretamente, quando con fargli compagnia in luoghi scelerati, quando con falsa testimonianza: e così in altri modi, come tutto dí vengono i casi. Questa è la regola della indiscrezione, la quale esce dalla superbia e dalla perversità dell'amore proprio di sé, e dalla cecità di non avere cognosciuto sé né Dio.

E poiché l'ha regolata in questa carità del prossimo; e ella la regola in quella cosa che la conserva e cresce in essa carità, cioè nell'umile e fedele e continua orazione; ponendogli il manto dell'affetto delle virtù, acciocché non sia offesa dalla tepidezza, negligenzia, e amore proprio di sé, spirituale né corporale: però gli dà questo affetto delle virtù, acciocché l'affetto suo non si ponga in veruna altra cosa dalla quale potesse ricevere alcuno inganno.

Anco ordine e regola corporalmente la creatura in questo modo: che l'anima la quale si dispone a volere Dio, fa il suo principio per lo modo che detto abbiamo: ma, perché ella ha il vasello del corpo, si conviene che questo lume ponga la regola a lui, siccome egli l'ha posta nell'anima, come strumento ch'egli debbe essere ad aumentare la virtù. La regola è questa che egli il sottrae dalle delizie e delicatezze del mondo, e della conversazione de' mondani; e dàgli la conversazione dei servi di Dio; levalo da' luoghi dissoluti, e tiello ne' luoghi che loinducono a devozione. A tutte le membra del corpo dà ordine, acciocché siano modeste e temperate: l'occhio non ragguardi dove egli non debbe, ma dinanzi a sé ponga la Terra, e 'l Cielo: la lingua fugga il parlare ozioso e vano, e sia ordinata ad annunziare la parola di Dio in salute del prossimo, e confessare i peccati suoi: l'orecchia fugga le parole dilettevoli, lusinghevoli, dissolute, edi detrazione, che gli fussero dette; e attenda a udire la parola di Dio, e il bisogno del prossimo, cioè volontariamente udire la sua necessità. Così la mano nel toccare o nello adoperare, i piei nell'andare; a tutti dà regola. E acciocché per la perversa legge della impugnazione che dà la carne contra lo spirito, non si levi a disordinare questi strumenti, pone la regola al corpo, macerandolo con la vigilia, col digiuno, e con gli altri esercizii, i qualihanno tutti a raffrenare il corpo nostro.

Ma attendi, che tutto questo fa non indiscretamente, ma con lume dolce di discrezione. E in che 'l mostra? In questo: che ella non pone per principale affetto suo, veruno atto di penitenzia. E acciocché non cadesse in cotale difetto di ponere per principale affetto la penitenzia, provvide il lume della discrezione, di mantellare l'anima con affetto delle virtù. Debbela bene usare come strumento, a' tempi e a' luoghi ordinati, secondo che bisogna. Se il corpo per troppa fortezza ricalcitrasse allo spirito, tolle la verga della disciplina, e' l digiuno, e 'l cilicio di molte gemme, con grande vigilia; e pongli allora de' pesi assai, acciocché egli stia più trito. Ma se il corpoè debile, venuto ad infermità, non vuole la regola della discrezione, che faccia così. Anco, debbe non solamente lassare il digiuno, ma mangi della carne: e se non gli basta una volta il dì, pigline quattro. Se non può stare in terra, stia in sul letto; se non può inginocchioni, stia a sedere e a giacere, se n'ha bisogno. Questo vuole la discrezione. E però pone che si faccia come strumento, e non per principale affetto.

E sai perché egli non vuole? Acciocché l'anima serva a Dio con cosa che non gli possa essere tolta e che non sia finita, ma con cosa infinita, cioè col santo desiderio;il quale è infinito, per l'unione che ha fatta nello infinitodesiderio di Dio; e nelle virtù, le quali né dimonio né creatura né infermità ci possono tollere, se noi non vogliamo. Anco, nella infermità provi la virtù della pazienzia; nelle battaglie e molestie delle dimonia pruovi la fortezza e la lunga perseveranzia; e nella avversità che ricevesse dalle creature, pruovi la umilità, la pazienzia, lacarità. E così tutte le altre virtù permette Dio che ci sieno provate con molti contrarii, ma non tolte mai, se noi non vogliamo. In questo dobbiamo fare il nostro fondamento, e non nella penitenzia. Due fondamenti non può l'anima fare: o l'uno o l'altro si conviene che vada a terra. E quello che non è principale, usi per strumento. Se io fo il mio principio nella penitenzia corporale, io edifico la città dell'anima sopra l'arena, che ogni piccolo vento la caccia a terra, e ncuno edifizio vi possa ponere su. Ma se io edifico sopra le virtù, è fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù; e non è veruno edifizio tanto grande che non stia su bene, né vento sì contrario che mai il dia a terra.

Per questi e molti altri inconvenienti che ne vengono, non ha voluto che s'usi la penitenzia altro che per strumento. Molti penitenti ho già veduti, i quali non sono stati pazienti né obedienti, perché hanno studiato a uccidere il corpo, ma non la volontà. Questo ha fatto la regola della indiscrezione. Sai che n'adiviene? tutta la consolazione e l'affetto loro è posto in fare la penitenzia a loro modo, e non a modo d'altrui. In essa notricano la loro volontà: mentre che essi la compiono, hanno consolazione e allegrezza, e pare a loro essere pieni di Dio, come se ogni cosa avessero compito; e non se ne avveggono, che caggiono nella propria reputazione, i e in giudizio. Che se ognuno non va per questa via, gli pare che siano in stato di dannazione, in stato imperfetto. Indiscretamente vogliono misurare tutti i corpi d'una misura medesima, cioè con quella che essi misurano loro stessi. E chi li vuole ritrare da questo o per rompere la loro volontà, o per necessità che essi avessero; tengono la volontà più dura che 'l diamante; vivi per sì fatto modo, che al tempo della prova o d'una tentazione o d'una ingiuria, si truovano in questa volontà perversa più debili che la paglia.

La indiscrezione gli mostrava che la penitenzia raffrenasse l'ira, la impazienzia e gli altri movimenti di vizii, che vengono nel cuore: ed egli non è così. Móstrati questo glorioso lume, che con l'odio e dispiacimento di te, con aggravare la colpa con rimproverio, con la considerazione chi è Dio ché è offeso da te, e chi se' tu che l'offendi, con la memoria della morte; e con l'affetto delle virtù ucciderai il vizio nell'anima, e trarraine le barbe. La penitenzia taglia; ma tu ti trovi sempre la barba, la quale è atta a fare germinare, ma questo divelle. é ben sempre atta questa terra, dove stanno piantati i vizii, a riceverne, se la propria volontà con libero arbitrio ve ne mette: altrementi no, poiché la radice n'è divelta.

E per caso addiviene che per forza, a quello corpo ch'infermato, gli convenga escire de' suoi modi: egli viene subito a uno tedio e confusione di mente, privato d'ogni allegrezza; e pargli essere dannato e confuso, e non truova la dolcezza nell'orazione, come gli pareva avere nel tempo della sua penitenzia. E dove n'è andata? nella propria volontà, dove ella era fondata. La quale volontà non può compire; non potendola compire, n'ha pena e tristizia. E perché se' venuta a tanta confusione e quasi disperazione? E dove è la speranza che tu avevi nel regno di Dio? éssene andata nell'affetto della penitenzia, per lo cui mezzo sperava d'avere vita eterna; non avendola più, parnegli essere privato.

Questi sono i frutti della indiscrezione. Se egli avesse il lume della discrezione, vedrebbe che solamente essere privato delle virtù gli tolle Dio; e col mezzo della virtù,mediante il sangue di Cristo, ha vita eterna. Adunque ci leviamo da ogni imperfezione, e poniamo l'affetto nostro nella vera virtù, come detto è; le quali sono di tantodiletto e giocondità, che la lingua nol potrebbe narrare. Neuno è che possa dare pena all'anima fondata in virtù, né che le tolla la speranza del cielo; perché ella ha mortain sé la propria volontà nelle cose spirituali, come nelle temporali; e perché l'affetto suo non è posto in penitenzia né in proprie consolazioni o rivelazioni, ma nel sostenere per Cristo crocifisso e per amore della virtù. Ond'ella è paziente, fedele; spera in Dio, e non in sé né in sua operazione. Ella è umile, e obediente a credere ad altrui, più che a sé, perché non presume di sé medesima. Ella si dilarga nelle braccia della misericordia, e con essacaccia la confusione della mente.

Nelle tenebre e battaglie trae fuora il lume della Fede, esercitandosi virilmente con vera e profonda umilità: e nella allegrezza intra in sé medesima, acciò che 'l cuore non venga a vana letizia. Ella è forte e perseverante, perché ha morta in sé la propria volontà, che la faceva debile e incostante. Ogni tempo gli è tempo; ogni luogo gli è luogo. Se ella è nel tempo della penitenzia, a lei è tempo d'allegrezza e consolazione, usandola come strumento; e se per necessità o per obedienzia il conviene lassare, ellagode: perché 'l principale fondamento dell'affetto delle virtù non può essere, né è, tolto da lei; e perché si vede annegare la propria volontà, alla quale ha veduto col lume che sempre gli è ne cessario di ricalcitrare con grande diligenzia e sollicitudine.

In ogni luogo trova l'orazione, perché sempre porta seco il luogo dove Dio abita per grazia, e dove noi dobbiamo orare, cioè la casa dell'anima nostra, dove òra continuo il santo desiderio. Il quale desiderio si leva collume dell'intelletto a specularsi in sé, e nel fuoco inestimabile della divina carità, il quale trova nel sangue sparto; per larghezza d'amore il quale sangue trova nel vasello dell'anima. A questo attende, e debbe attendere, di cognoscere acciocché nel sangue s'inebbri, e nel sangue arda e consumi la propria volontà; e non solamente a compire il numero di molti paternostri. Così faremo l'orazione nostra continua e fedele; perché nel fuoco della sua carità cognosciamo ch'egli è potente a darci quello che noi addimandiamo; è somma Sapienzia, che sa dare e discernere quello che è necessario a noi; ed è elementissimo e pietoso Padre, che ci vuole dare più che noi non desideriamo, e più che noi non sappiamo addimandare per lo nostro bisogno. Ella è umile; perché ha cognosciuto in sé il difetto suo, e sé non essere. Questa èquella orazione per cui mezzo veniamo a virtù, e conserviamo in noi l'affetto d'essa virtù.

Chi è principio di tanto bene? la discrezione, figliuola della carità, come detto è. E di quello bene che ha in sé, sì il porge al prossimo suo. Onde il fondamento che ha fatto, e l'amore e la dottrina che ha ricevuta in sé, vuoleporgere, e porge, alla creatura: e mostrarlo per esemplo di vita e per dottrina, cioè consigliando quando vede la necessità, o quando il consiglio gli fusse chiesto. Ella conforta, e non confonde, l'anima del prossimo, inducendola a disperazione quando fusse caduta per alcuno difetto; ma caritativamente si fa inferma con lei insieme, dandogli il rimedio che si può, e dilargandola in speranza nel sangue di Cristo crocifisso.

Questo, e infiniti altri frutti, dona al prossimo la virtùdella discrezione. Adunque, poich'ella è tanto utile e necessaria, carissima e dilettissima figliuola e suora mia inCristo dolce Gesù; io invito te e me a fare quello che per lo tempo passato io confesso non avere fatto con quella perfezione ch'io debbo. A te non è intervenuto come a me, cioè d'essere stata e essere molto difettuosa, né d'essere andata con larghezza di vita, e non con estrema, per lo mio difetto; ma tu, come persona che hai voluta atterrare la gioventudine del corpo tuo, acciocché non sia ribello all'anima, hai presa la vita estrema per siffatto modo, che pare che esca fuore dell'ordine della discrezione; in tanto che mi pare che la indiscrezione ti voglia fare sentire de' frutti suoi, e di fare vivere in questo la propria volontà tua. E lassando tu quello che se' usata di fare, pare che 'l Dimonio ti voglia fare vedere che tu sia dannata. A me spiace molto; e credo che sia grande offesa di Dio. E però voglio, e pregoti, che 'l principio e fondamento nostro con vera discrezione sia fatto nell'affetto delle virtù, siccome detto è. Uccidi la tua volontà, e fa' quello che t'è fatto fare: attienti all'altrui vedere più che al tuo. séntiti il corpo debile e infermo: prendi ogni dì il cibo che t'è necessario e ristorare lanatura. E se la infermità e debilezza si leva, piglia una vita ordinata con modo, e non senza modo. Non volere che 'l piccolo bene della penitenzia impedisca il maggiore: non te ne vestire per tuo principale affetto; ché tu tene troveresti ingannata: ma voglio che per la strada battuta della virtù noi corriamo realmente, e per questa medesima guidiamo altrui, spezzando e fracassando le nostre volontà. Se averemo in noi la virtù della discrezione,il faremo: altrimenti no.

E però dissi ch'io desideravo di vedere in te la virtù santa della discrezione. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonami se troppo presuntuosamente io avessi parlato: l'amore della tua salute, per onore di Dio, me n'è cagione. Gesù dolce, Gesù amore.

CCXIV - A Catarina dello Spedaluccio, e a Giovanna di Capo

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondate in vera pazienzia e profonda umilità, acciocché potiate seguitare il dolce e immacolato Agnello; perocché in altro modo non potreste seguitarlo. Ora è il tempo, figliuole mie, di mostrare se noi abbiamo virtù; e se sete figliuole,o no. Con pazienzia vi conviene portare le persecuzioni e le detrazioni infamie e mormorazioni delle creature, con una umilità vera, e non con scandalo né con impazienzia; né levare il capo per superbia contro ad alcuna persona. Sapete bene che questa è la dottrina che n'è stata data; cioè, che in su la croce ci conviene pigliare ilcibo dell'onore di Dio e della salute dell'anime, e con vera e santa pazienzia. oimé, figliuole dolcissime, io vi invito da parte della prime dolce Verità, che voi vi destiate dal sonno della negligenzia e amore proprio di voi; e offerite umili e continue orazioni, con molta vigilia e cognoscimento di voi medesime, perocché 'l mondo perisce per la moltitudine di molte iniquità e irriverenzia che si fa alle dolcesposa di Cristo. Or diamo dunque l'onore a Dio, e la fadiga al prossimo. oimé, non vogliate, né voi né l'altre serve di Dio, che termini la vita nostra altro che in pianto e in sospiri; perocché con altro mezzo non si può placare l'ira di Dio, la quale manifestamente si vede venire sopra di noi.

Oh disavventurata me! Figliuole mie, io credo essere quella miserabile che son cagione di tanti mali, per la molta ingratudine e altri difetti che io ho commessi contra il mio Creatore. oimé, oimé! Chi è Dio, che è offeso dalle sue creature? è colui, che è somma ed eterna Bontà; 'l quale per la carità sua creò l'uomo alla immagine e similitudine sua; e ricreollo a grazia dopo il peccatonel sangue dello immacolato e amoroso Agnello, unigenito suo Figliuolo. E chi è l'uomo mercennaio e ignorante, che offende il suo Creatore? Siamo coloro, che non siamo noi per noi, se non quanto siamo fatti da Dio; ma per noi siamo pieni d'ogni miseria. E non pare che si cerchi se non in che modo si possa offendere Dio,e l'una creatura l'altra, in dispregio del Creatore. Vediamo co' i miserabili occhi nostri perseguitare il Sangue nella santa Chiesa di Dio, il quale Sangue ci ha dato la vita. Scoppino dunque i cuori nostri per ansietato e penoso desiderio: non stia più la vita nel corpo, ma innanzi morire, chevedere tanto vituperio di Dio. Io muoio vivendo, e dimando la morte al mio Creatore, e non la posso avere. Meglio mi sarebbe a morire che a vivere, innanzi che vedere tanta ruina quanta è venuta, ed è per venire nel popolo cristiano.

Traiamo fuore l'arme della santa orazione, perocché altro rimedio io non ci veggo. Venuto è quello tempo della persecuzione de' servi di Dio, i quali si conviene che si nascondano per le caverne del cognoscimento di loro e di Dio; chiamando a lui misericordia per li meriti del sangue del suo Figliuolo. Io non voglio dire più; perocché se io andassi alla voglia, figliuole mie, io non mi resterei mai infino che Dio mi trarrebbe di questa vita.

A te dico ora, Andrea, che colui che comincia, non riceve mai la corona della gloria, ma colui che persevera infino alla morte. O figliuola mia, tu hai cominciato a mettere mano all'arato delle virtù, partendoti dal vomito del peccato mortale; convienti dunque perseverare a ricevere il frutto della tua fadiga, la qual porta l'anima, volendo raffrenare la sua gioventudine, che non corra ad essere membro del dimonio. oimé, figliuola mia! e non hai tu considerazione, che tu eri membro del dimonio, dormendo nel fracidume della immondizia; e Dio per la sua misericordia ti trasse di tanta miseria l'anima e'l corpo, nella quale tu eri? Non ti conviene dunque essere ingrata, né sconoscente, perocché male te ne piglierebbe e tornerebbe il dimonio con sette compagni più forte di prima. Allora dunque mostrerai la grazia, che hai ricevuta, d'essere grata e cognoscente, quando sarai forte contra le battaglie del dimonio, contra il mondo e la carne tua, che ti dà molestia; sarai perseverante nella virtù. Attàccati, figliuola mia, se vuoi campare da tante molestie, all'arbore della santissima croce, con l'astinenzia del corpo tuo, con la vigilia e con l'orazione; bagnandoti per santo desiderio nel sangue di Cristo crocifisso. E così acquisterai la vita della Grazia, e farai la volontà di Dio, e adempirai il desiderio mio, il quale desidera che tu sia vera serva di Cristo crocifisso. Onde io ti prego che tu non sia più fanciulla, e che tu vogli per sposo Cristo, che t'ha ricomperata del sangue suo. E se tu vorrai pure il mondo, convienti aspettare tanto, che si possa avere il modo di dartelo per modo che sia onore di Dio e bene di te. Sia suddita e obediente infino alla morte, e non escire dalla volontà di Catarina e di Giovanna, ché so che elle non ti consiglieranno né diranno cosa, che sia altro che onore di Dio, e salute dell'anima e del corpo tuo. E se tu nol fai, fara'mi grandissimo dispiacere, e a tepoca utilità. Spero nella bontà di Dio, che tu farai sì cheegli n'averà onore, e tu n'averai il frutto, e a me darai grande consolazione.

A te dico, Catarina e Giovanna, che per l'onore di Dio e salute sua adoperiate infino alla morte. Figliuole dolci, ora è il tempo di fadighe, le quali ci debbono essere consolazioni per Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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03/12/2022 10:23
 
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CCXV (215) - A certi monasteri di Bologna



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissime suore in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondate in vera e perfetta carità. La quale carità è il vestimento nuziale il qual debbe avere l'anima ch'è invitata alle nozze della vita durabile; perocché senza questo vestimento saremo sbandite dalle nozze di vita eterna. Cristo benedetto ci ha tutti invitati, e a tutti ci ha dato il vestimentodella Grazia sua; la quale Grazia ricevemmo nel santo battesimo. Questa è invitare e dare insiememente: perocché nel battesimo c'è tolta la macchia del peccato originale, e data la grazia; però che con quello battesimo, morendo il fanciullo nella purità sua, ha vita eterna, in virtù del sangue prezioso di Cristo crocifisso, il qualesangue fa valere il battesimo. Ma vivendo la creatura che ha in sé ragione, e giugnendo al tempo della discrezione, può tenere la invitata che gli fu fatta nel santo battesimo:e se non la tiene, è reprovato del Signore dalle nozze, ed è cacciato fuore, essendo trovato senza il vestimento nuziale. Perché non l'ha? perché non volse osservare quello che promesse nel santo battesimo, cioè, di renunziare al mondo e alle sue delizie, al dimonio e a sé medesimo, cioè alla propria sensualità. Questo debbe fare ogni creatura che ha in sé ragione, in qualunque stato si sia; perocché Dio non è accettatore degli stati, ma de' santi desiderii. E chi non rende questo debito, il quale ha promesso d'osservare e di rendere è ladro, perocché fura quello che non debbe; e però giustamente Dio il caccia, comandando che gli sian legate le mani e i piei, e gittato nelle tenebre di fuore. Songli legati i piei dello affetto, perocché non può desiderare Dio; e a colui che è morto in peccato mortale ed è giunto allo stato della dannazione, gli sono legate le mani delle sue operazioni, perocché non possono pigliare il frutto di vita eterna, il qualesi dà a' veri combattitori, e' quali combattono co' vizii per amore della virtù ma pigliano quello frutto che séguita di ricevere per le sue cattive operazioni , il quale ècibo di morte.


O carissime suore, se tanto durissimamente sarà punita generalmente ogni persona che non renderà questo cosiffatto debito; che diremo di noi misere ed ignoranti spose, le quali siamo state invitate alle nozze di vita eterna, e al giardino della santa religione, la quale è uno giardino odorifero pieno di dolci e soavi frutti, nel qualegiardino la sposa, se ella attiene quello ch'ella ha promesso, diventa uno angelo terrestre in questa vita? Perocché, come gli altri uomini del mondo, vivendo nella carità comune, sono uomini giusti; e se fussero in peccato mortale, sarebbero animali bruti; così quelli che si conservano nello stato della continua continenzia, ed entrano nel giardino della santa religione, sono fatti angeli: e se non osservassero quello che hanno promesso, sarebbero peggio che dimonia. E non hanno questi cotali il vestimento predetto. Oh quanto sarà dura e aspra quella riprensione, che sarà fatta alla sposa di Cristo dinanzi al sommo giudice! Serrata gli sarà la porta dello sposo eterno. Or, che rimproverio sarà quello di vedersi privata di Dio, e della conversazione degli angeli, solo per suo difetto? O carissime suore, chi punto la considerasse, eleggerebbe prima la morte, che offendere la sua perfezione. Non tanto che offendere Dio, ma io dico, d'offendere la perfezione sua. perocché altro è stare in peccato mortale, per lo quale allora sta in offesa di Dio; e altro è offendere la perfezione sua, la quale ha promessa di compire; cioè, che oltre all'osservare i comandamenti di Dio, ha promesso d'osservare i consigli attualmente e mentalmente. Gli uomini che stanno nella carità comune, osservano i comandamenti e' consigli, perocché sono legati insieme, e non si può osservare l'uno senza l'altro; ma osservangli mentalmente. Ma quello che ha promesso di compire la vita perfetta, li osserva mentalmente e attualmente. Onde dico che, se attualmente poi non li osserva, ma osservali pur mentalmente, offende la sua perfezione, per la quale egli promesse d'osservarli attuali e mentali.


Che promettemmo noi, carissime suore? promettemmo d'osservare i consigli, quando nella professione fecimo tre voti; perocché noi promettemmo povertà volontaria, obedienzia, e continenzia. I quali non osservando, offendiamo Dio, per la promissione e voto fatto; e offendiamo la perfezione la quale noi abbiamo eletta. Perocché se un altro che non gli avesse promessi d'osservare, non gli osserva attualmente, non offende; ma offende la perfezione, la quale si poneva in cuore di volere tenere: ma quello che ha fatto voto, offende.


E qual è la cagione che, dopo il voto fatto, non s'osserva? è per l'amore proprio di noi medesimi, il quale amore proprio ci tolle il vestimento nuziale; e tolleci la luce, e dacci la tenebra; e tolleci la vita, e dacci la morte, e l'appetito delle cose transitorie vane e caduche; e tolleci il desiderio santo di Dio. Oh quanto è miserabile questo amore! perocché ci fa essere perditori del tempo, il quale è tanto caro a noi; facci partire dal cibo degli angeli, e andiamo al cibo degli aniinali bruti, cioè della creatura fatta animale bruto per la sua disordinata vita, il cui cibo sono i vizii e i peccati; e il cibo degli angeliterrestri sono le vere e reali virtù. Quanto è differente l'uno dall'altro? Quanto dalla morte alla vita, quanto dalla cosa finita alla cosa infinita.


Or vediamo quello di che si diletta chi è vera sposa di Cristo crocifisso, la quale gusta questo dolce e amoroso cibo: e di che si diletta quella ch'è fatta animale bruto. La vera sposa di Cristo si diletta di cercare lo sposo suo non tra la congregazione, ma nel cognoscimento santo di sé, dov'egli 'l trova; cioè cognoscendo e gustando la bontà dello Sposo eterno in sé, amandolo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze sue; dilettandosi di stare in su la mensa della santissima croce; volendo più tosto acquistare le virtù con pena e con battaglie, che con pace e senza pena. per conformarsi con Cristo crocifisso, seguitando le vestigie sue: in tanto che, se possibile le fusse servirgli senza pena, non vuole; ma, come vero cavaliero, con forza e violenzia fare a sé medesimo gli vuole servire, perché ella è spogliata dall'amore proprio di sé, e vestita dell'affettuosa carità. E passa perla porta stretta di Cristo crocifisso: e però promise (e attende) d'osservare povertà volontaria, obedienzia, e continenzia. Ella ha gittato a terra il carico e il peso dellaricchezza del mondo delizie, e stati suoi; e quando più se ne vede privata, più gode. E perché ella è umile, ha obedienzia pronta, e non ricalcitra all'obedienzia sua, né vuole mai passare il tempo, che ella non si ponga dinanzi all'occhio suo i costumi dell'Ordine e la impromissione fatta. Lo studio suo è della vigilia e dell'orazione: della cella si fa uno cielo, con une dolcesalmodia. L'Officio suo non dice solamente con le labbra, ma coralmente; e vuole essere sempre la prima che entri in coro, e l'ultima che n'esca. Ed èlle in abominazione la grate e il parlatorio, e la domestichezza de' devoti. Non studia in fare celle murate né fornite di molto ornamento; ma bene si studia di murare la cella del cuore suo, acciocché i nemici non vi possano intrare; e questa fornisce dell'adornamento delle virtù. Ma nella cella attuale, non tanto che ella vi metta molto adornamento; ma se vha alcuna cosa, sì ne la trae, per desiderio della povertà, e per bisogno delle suore. E per questo, conserva l'anima e il corpo suo nello stato della continenzia; perocché ha tolto le cagioni per le quali le potesse perdere. E sta con una caritàfraterna, amando ogni creatura che ha in sé ragione; e porta e sopporta i difetti del prossimo suo con vera e santa pazienzia. Ella sta come il riccio, con vera guerra con la propria sensualità: ella è timorosa di non offendere lo Sposo suo. Ella perde la tenerezza della patria, il ricordamento de' parenti: solo coloro che fanno la volontà di Dio, le sono congiunti per affetto d'amore. Oh quanto è beata l'anima sua. Ella è fatta una cosa con lo Sposo suo, e non può volere né desiderare se non quello che Dio vuole. Allora, mentre ch'ella così dolcemente passa il mare tempestoso, e gitta odore di virtù nel giardino della santa religione, chi dimandasse Cristo crocifisso: «chi è questa anima?» direbbe: «è un altro me, fatta per affetto d'amore». Questa ha il vestimento nuziale: onde non è cacciata dalle nozze, ma con gaudio e giocondità è ricevuta dallo Sposo eterno. Questa gitta odore non tanto dinanzi a Dio, ma dinanzi agli iniqui uomini del mondo: perocché, voglia il mondo o no, l'hanno in debita reverenzia.


Il contrario è di coloro che vivono in tanta miseria, fondate in amore proprio della propria sensualità; le quali sono tutte acciecate; onde la vita loro gitta puzza aDio e alle creature; e per li loro difetti i secolari diminuiscono la reverenzia alla santa religione. oimé, dove è il voto della povertà? perocché con disordinata sollicitudine e amore e appetito delle ricchezze del mondo cercano di possedere quello che gli è vietato, con una cupidità d'avarizia e crudeltà del prossimo. Poiché vedranno il convento e le suore inferme, e in grande necessità; e non se ne curano, come esse avessero a reggere la brigata de' figliuoli, e lassarli loro eredi. Oh misera! Tu non hai questo attacco, ma tu vuoi fare ereda la propria sensualità; e vuoine reggere l'amistà e la conversazione de' tuoi devoti, notricandoli con presenti; e il dì stare a cianciare e novellare, e perdere il tempo tuo con parole lascive e oziose. E così non te n'avvedi; o tu te ne avvedi, efai vista di non vedere: onde contamini la mente e l'anima tua. Tu diventi farnetica con le impugne e molestie della carne, consentendo con la perversa e deliberata volontà. Oh misera! Or debbe fare questo la sposa di Cristo? Oh vituperata a Dio, e al mondo! Quando tu dici l'offizio tuo, il cuore va a piacere a te di piacimento sensitivo, e delle creature che tu ami di quello amore medesimo. O carissime suoro, questa fadiga nel servizio del dimonio e sta tutto di attaccata alle grate e al parlatoriosotto colore di devozione. O maledetto vocabolo, il quale, regna oggi nella Chiesa di Dio, nella santa religione, chiamando divoti e devote i quelli e quelle che fanno l'operazioni delle dimonia! Egli è dimonio incarnato, ed ella è dimonia. Oimé, oimé a che partito è venuto il giardino nel quale è seminata la puzza della immondizia! E il corpo, che debbe essere mortificato col digiuno e con la vigilia, con la penitenzia, e con la molta orazione, ed egli sta in delizie e adornato; e con lavamenti di corpo e disordinati cibi, e con giacere non come sposa di Cristo, ma come serva del dimonio, e pubblica meretrice. E con la puzza della disonestà sua corrompe le creature; ed è fatta nemica dell'onestà e de' servi di Dio; ed è trapassitrice dell'obedienzia: ella non vuole legge né priora; a leiobedisce, e cerca di servirla con ogni sollicitudine. Ella desidera la pena e la morte di chi la volesse trarre dalla morte del peccato mortale. E tanto è forte questa miseria, che in ogni male corre siccome sfrenata, e senza il freno della ragione. Ella assottiglia lo intendimento suo per compire i suoi disordinati desiderii; il dimonio non ne trova tante, quante ne trovano queste dimonie incarnate. Elle non si curano di fare nuove fatture agli uomini per invitarli a disordinato amore verso di loro: in tanto che spesse volte s'è veduto, che dentro nel luogo che in sé è luogo di Dio, ha fatto stalla, commettendo attualmente il peccato mortale. Questa cotale è fatta adultera e con molta miseria ha ribellato allo sposo suo. Onde ella cade dalla grande altezza del cielo nel profondo dell'inferno. Ella fugge la cella come nemico mortale; ella trapassa l'offizio suo; e non si diletta di mangiare in refettorio con la congregazione delle poverelle; ma per vivere più largamente e con più dilettezza di cibi mangia in particolare: ed è fatta crudele a sé medesima e però non ha pietà d'altrui. Onde nascono tanti mali? dall'amore proprio sensitivo, il quale ha offuscato l'occhio della ragione; onde non cognosce né lassa vedere, il suo male, né in quello ch'ella è venuta, né in quello ch'ella viene, se ella non si corregge. Perocché se ella vedesse che la colpa la fa serva e schiava di quella cosa, che non è, e conducela all'eterna dannazione; eleggerebbe prima la morte, che offendere il suo Creatore e l'anima sua. Ma per l'amore proprio, ella trapassa e non osserva il voto promesso; perocché per amore di sé ella possiede e desidera le ricchezze, e gli onori del mondo; la qual cosa è povertà e vergogna della Religione. Sapete che ne viene per possedere le ricchezze contra il voto fatto della povertà, e contra i costumi dell'Ordine? Escene disonestà e disobedienza. Perché disonestà? Per la conversazione che séguita per lo possedere; perocché se ella non avesse che dare non averebbe amistà d'altri che de' servi di Dio, i quali non amano per propria utilità, ma solo per Cristo crocifisso. E non avendo che dare i servi del mondo, che non attendono ad altro che alla propria utilità, cioè per lo dono che ricevono o per disordinato diletto e piacere, se ella non ha, e non vuole piacere ad altrui che a Dio, non v'anderanno mai. Onde ipso facto che la mente sua è corrotta e superba, subito è fatta disobediente, e non vuole credere ad altrui che a sé. E così va sempre di male in peggio: in tanto che di tempio di Dio è fatto tempio del dimonio. Onde è sbandita dalle nozze di vita eterna, perché spogliata del vestimento della carità.


Adunque, carissime suoro, poiché tanto è pericoloso il non rendere il debito d'osservare il voto promesso; studiamci d'osservarlo: e ragguardiamo la nudità nostra: quanto ella è misera cosa, acciocché noi l'odiamo; e vediamo il vestimento nuziale, quanto è utile a noi, e piacevole a Dio, acciocché pienamente ne siano vestite. E non vedendo io altro modo, però vi dissi che io desideravo di vedervi fondate in vera e perfetta carità; e così viprego, per amore di Cristo crocifisso, che facciate. Destatevi dal sonno; e poniamo oggimai termine e fine alla miseria e alla nostra imperfezione, perocché non ci ha tempo. Egli è sonato a condannazione, e data c'è la sentenza che noi dobbiamo morire, e non sappiamo quando. Già è posta la scure alla radice dell'arbore nostro. Adunque non è da aspettare quello tempo che noi non siamo sicuri di avere; ma nel tempo presente annegare la nostra volontà, e morire spasimate per amore della virtù. A voi dico, Priora, che voi diate esemplo di santa ed onesta vita, acciocché in verità diate dottrina alle vostrefigliuole e suddite, e reprensione e punizione, quando bisogna; vietando loro le domestichezze de' secolari e la conversazione de' devoti, serrando le grate e il parlatorio, se non per necessità, e comodo ordinato. E invitatele a votare le celle, acciocché non abbiano che dare, e l'adornamento delle cortine, e i letti della piuma, e i superchi e dissoluti vestimenti, se vi sono; ché temo non ve ne abbia. E voi siate la primaia, carissima madre, acciocché per esemplo di voi l'altre ci si dispongano. Morda e abbai il cane della coscienzia vostra, pensando che n'averete a render ragione dinanzi a Dio. E non chiudete gli occhi per non vedere, perocché Dio vi vede; e non sarete però scusata: perocché vi conviene avere dodici occhi sopra le suddite vostre. Son certa, se sarete vestitadei vestimento detto, voi 'l farete. Ed io ve ne prego, ed obligomi sempre a pregare Dio per voi, ed aitarvi a portare e' pesi con quello affetto della carità, che Dio mi darà. Fate che io ne oda buone novelle. Altro non vi dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCXVI - A Nigi di Doccio Arzocchi

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi seguitatore delle vestigia di Cristo crocifisso; perocché per altra via non possiamo tenere in modo che ci desse vita. Quale è la via sua? é questa: scherni, obbrobrii, ingiurie, strazii e villanie; e sostenere con vera e perfetta pazienzia infine alla morte. E non vollere il capo indietro per alcuna ingiuria o mormorazione che il mondo ci volesse dare: e non doviamo però allentare e' passi, ma con una vera perseveranzia rendere bene a coloro che ci fanno male. Questa è la via la quale c'insegna, e ha fatta egli, cioè questo dolce e innamorato Agnello. Così disse egli, che era Via, Verità, e Vita. E veramente dà vita a coloro che vanno per questa via; perocché ci dà dottrina che in questa vita ci fa gustare l'arra di vita eterna, participando la vita della Grazia. Questo dolce maestro è salito in su la cattedra della croce per darci dottrina fondata in verità.

Noi dunque scolari dobbiamo stare abbasso per impararla, cioè nella bassezza della vera umiltà; perocché con superbia non si potrebbe imparare. Però ch'ella ingrossa lo intelletto dell'uomo, e nol lassa esser capace incognoscere Dio. Ma lo umile non è così: anco, ha l'occhio dell'intelletto purificato, e àne tratta la terra d'ogniamore proprio, e tenerezza sensitiva. E èssi fondato in vero cognoscimento di sé; nel quale cognoscimento vede meglio, e più sottilmente cognosce, della somma eterna bontà di Dio; onde, più cognoscendo, più ama; e quanto più ama, tanto acquista più perfetta umiltà e pazìenzia. Perocché l'umiltà è bàlia e nutrice della carità. Sicché vedete, carissimo figliuolo, che ci conviene sedere abbasso, come veri discepoli: e per questo modo impareremo la dottrina; e correremo, morti a ogni propria volontà, per la via della verità dolce; e diletterenciin croce con ansietato e spasimato desiderio, cercando l'onore di Dio e la salute dell'anime.

Ora è il tempo, carissimo figliuolo, di levarsi dal sonno della negligenzia e della ingratitudine, e con sollecitudine essere grato e cognoscente, servendo, e amando il prossimo nostro. Però che la nostra gratitudine non possiamo mostrare a Dio per utilità che se gli possa fare; ma potiamla ben mostrare in servire il prossimo.

Quando fu tempo, figliuolo carissimo, che Dio ci richiedesse tanto il desiderio del suo onore, quanto ora? D'ogni tempo cel richiede Dio; perocché senza la carità del prossimo non potremmo avere vita eterna: ma quanto è più bisogno, più è richiesto. Onde, perché ora vediamo i maggiori bisogni che si vedessero forse mai fra' Cristiani, non doviamo restare mai di continuamente offerire lagrime e orazioni umili; e a questo saremo cognosciuti, se saremo veri servi di Dio, e che noi temiamo per la via della verità, e sappiamo bene la sua dottrina. Oimé! non è più tempo da cercare sé per sé, ma di cercare Cristo crocifisso; e non terminare il piano nostro sopra le miserabili anime che si veggono nelle mani delle dimonia, tanto che Dio volla l'occhio della sua misericordia, e plachisi l'ira verso di noi miserabili. oimé, che'l mondo perisce per tante miserie quante si commettono, e irriverenzia e persecuzione della santa Chiesa. Io miserabile, cagione d'ogni male, vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, che voi e gli altri figliuoli con pianto esospiri e sante e umili orazioni preghiate il dolce e immacolato Agnello, che degni di farci misericordia, e donici la reformazione della sposa sua; e a noi miserabili cristiani dia lume e cognoscímento, obedienzia e riverenzia vera alla santa Chiesa; si che vivano in pace e in quiete e in unione, sì come debbono fare e' veri figliuoli al padre loro; sicché noi non ne stiamo più, come membri del dimonio. Oimé, che 'l cuore scoppia, e non può scoppiare, per l'amore di Cristo crocifisso. Ora ch'è 'l tempo, date l'onore a Dio, e la fadiga al prossimo; e così m'avvedrò se sarete figliuoli veri, o no. Ché io v'imprometto che se noi nol faremo, che egli ci sarà richiesto con gran rimproverio della prima Verità.

Dio vuole che noi strettamente il preghiamo; e così disse egli a un servo suo: «Col mezzo delle molte orazioni, e ansietati e amorosi desiderii dei servi miei, farò misericordia al mondo». Dunque non siate avari, ma siate larghi nella larghezza della carità, dove tutte le virtù ricevono vita; e senza essa, neuna operazione ci dà frutto di Grazia. Per questo modo diventerete buono e perfetto; e sarà tolta da voi ogni ignoranzia, negligenzia e ingratitudine; sedendo in terra umile, come detto è: e seguiterete le vestigia di Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Raccomandateci a tutti e figliuoli e figliuole; e diteglich'egli è tempo di pianto, d'orazione, e di sospiri per la dolce Sposa di Cristo, e per tutto il popolo cristiano, chesi vede in tanta afflizione per li nostri peccati. Confortate in Cristo dolce Gesù Tommè di Corradino, e ditegli che sempre si ponga Dio dinanzi agli occhi suoi; acciò che quello ch'egli fa, faccia sempre con lo santo timore di Dio, portando con vera pazienzia ciò che Dio permette; e spregi le consolazioni del mondo, e abbracci le persecuzioni con santo e vero desiderio infino alla morte. Gesù dolce, Gesù amore.

CCXVII - Alla Priora, e altre suore di Santa Maria delle vergini, e alla Priora di Santo Giorgio, e all'altre suore in Perugia

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime madri e figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiserio di vedervi spose unite e legate nel legame della vera e ardentissima carità, il quale legame tenne confitto e chiavellato Dio-e-Uomo in sul legno della santissima croce. Egli è quello legame che uni Dio nell'uomo e l'uomo in Dio; e unisce l'anima col suo Creatore, e fàlla amatrice delle vere e reali virtù. Questo legame che è? é uno amore che lega, e taglia e divide. Perocché, come egli unisce e lega l'anima con Dio, così la divide e taglia dal peccato e dal proprio amore sensitivo, onde procede divisione, e ogni male; e tolle l'acqua morta, e dà l'acqua viva della Grazia. Egli ci separa dalle tenebre, e dacci il lume; il quale lumeci fa vedere e gustare la verità. O fuoco dolcissimo di amore, che empi l'anima d'ogni dolcezza e suavità! perocché neuna pena né amaritudine può cadere in quella mente che arde di così dolce e glorioso fuoco. La carità non giudica male: non giudica la volontà dell'uomo, ma giudica la volontà di Dio, vedendo e cognoscendo che non vuole altro che la nostra santificazione. Poi dunque, che egli non vuole altro che il nostro bene; e ogni cosa procede da lui, e tribolazione e tentazione; e ogni molestia, pena e tormento, e ogni cosa permette Dio per nostro bene; di neuna l'anima può avere pena, se non solo del peccato, che non è: e perché non è in Dio, non è degno d'essere amato; anco, dee essere odiato, e innanzi eleggere la morte, che offendere il suo Creatore.

O dolcezza d'amore, come si può tenere il cuore della sposa tua, che non t'ami, considerando che tu se' sposa di vita? Tu, Dio, eterno, ci hai creati alla immagine e similitudine tua solo per amore: e avendo perduta la Grazia per lo miserabile peccato, tu ci donasti il Verbo dell'unigenito tuo Figliuolo, ci ha data la vita, e ha punite le nostre iniquitadi sopra il corpo suo, pagando quello debito, ch'egli non contrasse mai. oimé, oimé, miserabili noi! noi siamo i ladri, ed esso è impiccato per noi. Vergognisi, vergognisi la ignorante e indurata e accecata sposa di non amare, poiché tanto si vede amare da Dio, ed è di tanto diletto questo dolce e soave legame.

Questo è il segno dell'amore; che se ama Dio con la ragione, séguita le vestigie del Verbo dello unigenito suo Figliuolo. E se non ama, séguita il dimonio e la propria sensualità; e conformasi con costumi del secolo, che sono contrari a Dio. Onde gusta la morte, e non se n'avvede, e giace nella tenebra, perché s'è privata del lume. E sta in continua pena e discordia col prossimo suo e in continua divisione, perché è privata del legame della carità. E trovasi entro le mani delle dimonia, perocché non come sposa di Cristo crocifisso, ma come adultera, ha lassato lo sposo eterno. Perocché per altro non è detta la sposa adultera, se non quando parte l'amore dallo sposo, e ama, e uniscesi con quello che non dee. Sicché, bene è dunque cosa pericolosa. Ed è mercennaia colei che si vede amare, che non ama.

Adunque amatevi, amatevi insieme; perocché a questo sarete conosciute se sete spose e figliuole di Cristo, ono: e non si conosce ad altro, se non all'amore fondato in Dio, e a quello ch'egli ha al prossimo suo. Con questo mezzo ci conviene giugnere al termine e fine nostro, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso: non il padre, mafigliuolo; perocché nel padre non cade pena, ma sì nel figliuolo.

Adunque ci conviene seguitare la via della santissima croce, sostenendo obrobrii, scherni e villanie, spregiando il mondo con tutte le delizie e stati suoi; sostenendo fame, sete, con povertà volontaria, e con obedienzia ferma, perseverante, con purità di mente e di corpo; con la conversazione delle persone che temono Dio in verità, e con la solitudine della cella; e fuggire il Parlatorio comeveleno, e la conversazione de' devoti e de' secolari, perocché non si confà alla sposa di Cristo; e non conversazione di frati incappucciati, ma dei veri servi di Dio. Non è convenevole che sotto il capo spinato sieno i membri delicati; come fanno le stolte, che si dilungano dal loro capo Cristo, e non studiano altro che in delizie ein delicatezze di corpo. E specialmente noi che siamo levate dal secolo, e poste nel giardino della santa Religione, spose consacrate a lui, fiori odoriferi dobbiamo essere.

E veramente, se voi osserverete quello che prometteste, per gittare ben grande odore, participerete della bontà di Dio, vivendo in Grazia; e gusteretelo nell'eterna visione sua. Se nol faceste, gittereste puzza di grande vituperio, e in questa vita gustereste l'inferno, e nell'ultimo la visione delle dimonia. Per seguitare Cristo usciste dei secolo, rinunciaste al mondo e alle ricchezze sue, promettendo vera povertà; e renunciaste alla propria volontà, promettendo vera obedienzia; e partistevi dallo stato comune, cioè di non volere essere sposa al mondo, per conservare la vera continenzia e virginità, ch'è uno odore dove Dio e li angeli si dilettano, e lor piace d'abitare in quella mente che sta nell'odore della purità. Sete congregate, non perché voi stiate divise, né in odio né in rancore, né in dispiacimento l'una coll'altra; ma perché siate unite e legate nel legame della carità; perocché altrimenti non potreste piacere a Dio, né avere in voi alcuna virtù che fusse perfetta. Quanta confusione e quanta vergogna è e sarà in quella mente e in quell'anima che ha promesso e non attiene, ma fa tutto il contrario! Questo non séguita Cristo, e non va per la via della croce; ma vuole andare per la via de' diletti. Non è questo il modo: ma Cristo umile ci conviene seguitare, Agnello immacolato, Agnello povero; e tanta è la povertà sua, che non ha luogo dove riposare il capo purissimo. E perocché in lui non ha veleno di peccato, ed è obediente al Padre, per la salute nostra, infino all'obbrobriosa morte della croce, e però i santi e il glorioso padre nostro santo Domenico hanno fondato li Ordini loro in su queste tre colonne, cioè, povertà, obedienzia, e continenzia, solo per potersi meglio conformare con Cristo, e seguitare la dottrina e i consigli suoi. Perocché da queste tre procede ogni virtù, e dal contrario procedono tutti i vizii. Nella povertà abbandoni la superbia e la conversazione del secolo, e delle perverse amistà, che non s'acquistano se non per doni: perocché se tu non hai che donare, non trovi amistà, se non de' veri servi di Dio, i quali amano il dono dell'anima tua. Privati della vanità del cuore, e della leggerezza della mente; e vieni all'abitazione della cella; onde gusta la madre dell'orazione, la quale ti conserva e cresce nelle virtù. E vieni a perfetta purità, e così osservail voto della continenzia; e non tanto che da uno peccato, ma da tutti s'astiene, conculcando la propria sensualità, macerando, e sostenendo il corpo dai propri diletti sensitivi; macerando, dico, col digiuno, con la vigilia, e con l'orazione. E così diventa umile, paziente e caritativa, e porta e sopporta i difetti del prossimo suo; e uniscesi col suo Creatore per amore, e col prossimo per Dio; sostenendo ogni pena e disagio corporale, purché egli possa guadagnare l'anima sua. E poi sì dolcemente per lo modo detto è staccato dalla superbia, gusta l'odore della santa umilità; e tanto è obediente, quanto umile; e tanto è umile, quanto è obediente. Chi non è superbo, séguita chi è umile: e se egli è umile, adunque è vero obediente. E così ha la terza colonna che conserva la città dell'anima sua. Perocché 'l vero obediente osserva l'Ordine e i costumi suoi: l'obediente non alza il capo della propria volontà al prelato suo, e nol contrasta di parole, ma alla prima voce l'obedisce e di subito china il capo al giogo; e non dice: «perché comandi a me e dici a me questo, e non a quell'altra?» ma pensa in che modo possa essere pronta ad osservare l'obedienzia. O obedienzia dolce, che non hai mai pena! Tu fai vivere, e correre li uomini, morti; perocché uccidi la propria volontà: e tanto quanto è più morto, più corre velocemente, perocché la mente e l'anima ch'è morta all'amore proprio d'una perversa volontà sensitiva, più leggermente fa il corso suo, e uniscesi coi suo Sposo eterno con affetto d'amore; e viene a tanta elevazione e dolcezza di mente, che essendo mortale, comincia a gustare l'odore e i frutti delli Immortali.

Adunque siate, siate obedienti insino alla morte. Amatevi, amatevi insieme: legatevi nel legame della carità, perocché in altro modo non potremo giugnere al termine nostro, né avere il fine per lo quale noi fummo creati; e però dissi ch'io desideravo di vedervi spose unite e legate nel legame della vera e ardentissima carità. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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03/12/2022 10:29
 
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CCXVIII (218) - A Gregorio XI



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, dilettissimo e reverendo padre in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, vostra indegna misera miserabile figliuola, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vero pastore, imparando dal padre, Cristo, il cui luogo voi tenete, che pose la vita per le pecorelle sue, non riguardando alla nostra ingratitudine, né a persecuzione né ad ingiurie né a scherni né a vituperii che gli fussero fatti da coloro i quali egli aveva creati, e fatto lor molti benefizii; e nonlassa però d'adoperare la nostra salute; ma come innamorato dell'onore del Padre e della salute nostra, non vede le pene sue; ma con la sapienza sua e pace e benignità vince la malizia nostra. così vi prego e dico, dolce babbo mio, dalla parte di Cristo crocifisso, che facciate voi; cioè che voi con benignità e pazienzia, e umilità e mansuetudine vinciate la malizia e la superbia de' figliuoli vostri, e' quali sono stati ribelli a voi, padre. Sapete che col dimonio non si caccia il dimonio; ma con la virtù si caccerà. Poniamo che abbiate ricevute grandissime ingiurie, avendovi fatto vituperio e toltovi il vostro; nondimeno, padre, io vi prego che non ragguardiate alle loro malizie, ma alla vostra benignità; e non lassate però d'adoperare la nostra salute. La salute loro sarà questa, che voi torniate a pace con loro, perocché il figliuolo ch'è in guerra col padre, mentre che vi sta, egli il priva dell'eredità sua. oimé, padre, pace, per l'amore di Dio, acciò che tanti figlioli non perdano l'eredità di vita eterna. Ché voi sapete che Dio ha posto nelle vostre mani il dare, il tollere questa eredità, secondo che piace alla vostra benignità. Voi tenete le chiavi; e a cui voi aprite, si èaperto; e a cui voi serrate, è serrato. Così disse il dolce ebuono Gesù a Pietro, il cui loco voi tenete: «Cui tu scioglierai in terra, sarà sciolto in cielo; e cui tu legarai interra, sarà legato in cielo».


Adunque imparate dal vero padre e pastore. Perocché vedete che ora è il tempo da dare la vita per le pecorelle che sono escite fuora della gregge. Convienvele dunque cercare, e racquistare con la pazienzia; e con guerra, andando sopra gli infedeli, rizzando il gonfalone dell'ardentissima e dolcissima croce; a 'l quale rizzare, non si conviene più dormire; ma destarsi, e rizzarlo virilmente. Spero nella smisurata bontà di Dio, che riacquisterete gl'Infedeli e correggerete le malizie de' Cristiani;perocché all'odore della croce tutti correranno, eziandio coloro che sono stati più ribelli a voi.


Oh quanto diletto se noi vedessimo che il popolo cristiano desse il condimento della fede agli Infedeli! Perocché poi, avendo ricevuto il lume, verrebbe a grande perfezione, siccome pianta novella avendo perduta la freddezza della infidelità, e ricevendo il caldo e il lume dello Spirito Santo per la santa fede; producerebbe fiori e frutti delle virtù nel corpo mistico della santa Chiesa: sì che coll'odore delle loro virtù aiutarebbero a spegnere li vizii e li peccati, superbia e immondizia; le quali coseabondano oggi nel popolo cristiano, e singolarmente ne' prelati e ne' pastori e ne' rettori della santa Chiesa; e' quali sono fatti mangiatori e devoratori dell'anime: non dico convertitori, ma devoratori. E tutto è per l'amore proprio che hanno a sé medesimi; del quale nasce superbia, cupidità, e avarizia, e immondizia del corpo e della mente loro. Veggono e' lupi infernali portare li sudditi loro, e non pare che se ne curino; tanta è la cura che hanno presa in acquistare diletti e delizie, loda e piaceridel mondo. E tutto procede dall'amore proprio di sé medesimo: perocché se egli amasse sé per Dio, e non sé per sé, egli attenderebbe solo all'onore di Dio, e non al suo, e alla utilità propria sensitiva. oimé, babbo mio dolce, procurate, e attendete sopra costoro; cercate li buoni uomini e virtuosi, e a loro date la cura delle pecorelle; perocché questi cotali saranno agnelli, e non lupi, che notricheranno il corpo mistico della santa Chiesa. Onde a noi sarà utilità; e a voi sarà grande pace e consolazione:e aiuterannovi a portare le grandi fadighe, ch'io so che voi avete. Parmi che stiate, benigno padre mio, siccome sta l'agnello nel mezzo de' lupi. Ma confortatevi, e non temete, perocché la providenzia e l'aiutorio di Dio sara sempre sopra di voi. Non mirate, perché vedeste apparire le cose molto contrarie, e che l'aiuto umano ci venga meno; e che quelli che ci debbono aiutare più ci manchino, facendo contra di voi. Non temete; ma più vi confidate, e non alienate né impedite il vostro dolce e santo desiderio; ma più si accenda l'uno di che l'altro. Su, padre, mandate in effetto il proponimento che avete fatto, dell'avvenimento vostro e del santo passaggio, al quale vedete che gl'Infedeli v'invitano, venendo a più possa a tollervi il vostro! Su, a dare la vita per Cristo orabbiamo noi altro che uno corpo? perché non dar la vìta mille, volte, se bisogna, in onore di Dio, e in salute dellecreature? così fece egli; e voi, vicario suo, dovete fare l'offizio suo. Questo è usanza, che, rimanendo il vicario, séguiti le vestigie e i modi del signore suo. Adunque venite, venite, e non tardate più, acciocché tosto poniate ilcampo sopra gl'Infedeli; e che non riceviate, di questo fare, impedimento da questi membri putridi, che sono ribelli a voi. Pregovi e voglio che usiate uno santo inganno con loro, cioè con la benignità, come detto è; perocché questo gli sarà uno fuoco d'amore, e carboni accesi che gittarete sopra li capi loro; e per questo modo gli averete presi, e la sustanzia temporale, e le persone. loro, dandovi aiuto in fare la guerra vera sopra gl'lnfedeli.Così fece il nostro dolce Salvatore, perocché, gittando tanto fuoco e caldo d'amore sopra coloro che erano ribelli a lui, seguitava a mano a mano, che eglino erano aiutatori e portatori del nome di Dio. Siccome fu quello dolce banditore di Paolo, che, essendo lupo, diventò agnello, e vasello dolce di elezione; che di quello fuoco che Cristo gli aveva pieno il vasello suo, di quello portava per tutto quanto il mondo; li Cristiani traendo de' vizii e piantando in loro le virtù, e gl'Infedeli traendo d'errore e d'infidelità, e porgendogli il lume della santa fede. Or così vi dice e vuole la prima e dolce Verità, che voi facciate: e di quello che avete ricevuto, di quello date.


Pace, pace, pace, babbo mio dolce, e non più guerra! Ma andiamo sopra li nemici nostri, o portiamo l'arme della santissima croce, portando il coltello delle dolcee santa parola di Dio. oimé, date mangiare agli affamati servi suoi, e' quali aspettano voi e questo tempo con grandissimo e ardentissimo desiderio. Confortatevi, confortatevi, padre, e non prendete amaritudine affliggitiva; ma prendete amaritudine confortativa, avendo amaritudine del vituperio che vediamo del nome di Dio. Confortatevi per isperanza, che Dio vi provederà alle vostre necessità e bisogni.


Non dico più: ché se io andassi alla volontà, io non mi resterei infino, che io avesse la vita in corpo. Perdonate alla mia presunzione: ma il dolore, e l'amore, che io ho all'onore di Dio, e alla esaltazione della santa Chiesa, miscusi dinanzi alla vostra benignità. Piuttosto vel direi a bocca, che per scrittura; perocché io crederei più sfogare l'anima mia. Or non posso più. Abbiate pietade de' dolci e amorosi desiderii li quali sono offerti per voi e per la santa Chiesa, per continue lagrime e orazioni. Non si spregino per negligenzia; ma con sollicitudine adoperate: perocché pare che la prima Verità voglia producere li frutti. Tosto dunque ne verranno li frutti, poiché 'l fiore comincia a venire. Or con cuore virile, e non timoroso punto, seguitando l'Agnello svenato e consumato in croce per noi! Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.


Pregovi, reverendo padre, che quello che Neri portatore di questa lettera vi dirà, che se egli è possibile a voie di vostra volontà, voi gli diate e concediate. Pregovi che gli diate audienzia e fede di quello che egli vi dirà. Eperché alcuna volta non si può scrivere quello che vorremmo, sì dico, se mi voleste mandare a dire alcuna cosa segreta, il manifestate a bocca a lui sicuramente (però che potete) ciò che per me si può fare. Se bisognasse dare la vita, volentieri la darei in onore di Dio, e in salutedell'anime. Gesù dolce, Gesù amore.

CCXIX - A frate Raimondo da Capua, dell'ordine de' predicatori, e a maestro Giovanni Terzo, dell'ordine de' frati eremiti di Santo Augustino, e a tutti gli altri loro compagni, quando erano a Vignone

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimi figliuoli miei in Cristo Gesù. lo, misera madre, con desiderio spasimato ho desiderato di vedere i cuori e gli affetti vostri chiavellati in croce, uniti e legati con quello legame che legò e innestò Dio nell'uomo e l'uomo in Dio. Così desidera l'anima mia di vedere i cuori e gli affetti vostri innestati nel Verbo incarnato dolce Gesù, sì, e per siffatto modo che né dimonia né creature vi possano partire. Benché io non dubito che, se voi sarete legati e infiammati del dolce Gesù, se fussero tutti i dimonii dello inferno con tutte le malizie loro,non vi potranno partire da sì dolce amore e unione. Adunque io voglio, poiché è di tanta fortezza ed è di tanta necessità, che voi non vi ristiate mai di crescere legna al fuoco del santo desiderio; cioè legna del cognoscimento di voi medesimi. Perocché queste sono quelle legna che notricano il fuoco della divina carità: la quale carità s'acquista nel cognoscimento e nella inestimabile carità di Dio; e allora s'unisce l'anima col prossimo suo. E quanto più dà della materia al fuoco, cioè legna di cognoscimento di sé; tanto cresce il caldo dell'amore di Cristo e del prossimo suo. Adunque state nascosti nel cognoscimento di voi, e non state fuore di voi, acciocché Malatasca non vi pigli con le molte illusioni, e cogitazioni l'uno contra l'altro; e questo farebbe per tollervi l'unione della divina Carità. E però io voglio, e vi comando, che l'uno sia subietto all'altro, e l'uno portatore de' difetti dell'altro; imparando dalla prime dolceVerità, che volse essere il più minimo, e umilmente portò tutte le nostre iniquitadi e difetti. Così voglio che facciate voi,figliuoli carissimi; amatevi, amatevi, amatevi insieme. E godete ed esultate, perocché il tempo della state ne viene.

Perocché il primo d'aprile, la notte più singolarmente Dio aperse i secreti suoi, manifestando le mirabili cose sue sì e per siffatto modo, che l'anima mia non pareva che fusse nel corpo, e riceveva tanto diletto e plenitudine, che la lingua non è sufficiente a dirlo; spianando e dichiarando a parte a parte sopra il misterio della persecuzione che ora ha la santa Chiesa, e della rinovazione ed esaltazione sua, la quale dee avere nel tempo avvenire; dicendo che il tempo presente è permesso per rendergli lo stato suo; allegando la prima dolce Verità due parole che si contengono nel santo Evangelio, cioè: «Egli è bisogno che lo scandalo venga nel mondo»; e poi soggiunse: «Ma guai a colui per cui viene lo scandalo!». Quasi dicese: «Questo tempo di questa persecuzione permetto per divellere le spine della sposa mia, che è tutta imprunata; ma non permetto le male cogitazioni degli uomini. Sai tu come io fo? Io fo come io feci quand'io ero nel mondo, che feci la disciplina di funi e cacciai coloro che vendevano e compravano nel tempio; non volendo che della casa di Dio si facesse spelonca di ladroni. Così ti dico che io fo ora. Perocché io ho fatta una disciplina delle creature, e con essa disciplina caccioi mercanti immondi, cupidi, e avari, ed enfiati per superbia, vendendo e comprando i doni dello Spirito Santo». Sicché colla disciplina delle persecuzioni delle creature li cacciava fuore; cioè, che per forza di tribolazione e dipersecuzione gli tolleva 'l disordinato e disonesto vivere.

E crescendo in me il fuoco, mirando vedevo nel costato di Cristo crocifisso intrare 'l popolo cristiano e loinfedele: e io passavo, per desiderio e affetto d'amore, per lo mezzo di loro; ed entravo con loro in Cristo dolce Gesù, accompagnata col padre mio santo Domenico, e Giovanni Singolare con tutti quanti i figliuoli miei. E allora mi dava la croce in collo e l'olivo in mano, quasi come io volessi; e così diceva che io la portasse all'uno popolo e all'altro. E diceva a me: «Di' a loro: io vi annunzio gaudio magno». Allora l'anima mia più s'empiva; annegata era co' veri gustatori della divina Essenzia per unione e affetto d'amore. Ed era tanto il diletto che aveva l'anima mia, che la fadiga passata del vedere l'offesa di Dio, non vedeva; anco, dicevo: «Oh felice e avventurata colpa!». Allora 'l dolce Gesù sorrideva, e diceva: «Or è avventurato il peccato, che non è cavelle? Sai tu quello che santo Gregorio diceva quando disse: felice e avventurata colpa. Quale parte è quella che tu tieni, che sia avventurata e felice? e che dice santo Gregorio ?». Io rispondevo come esso mi faceva rispondere, e dicevo: «Io veggio bene. Signore mio dolce, e bene so che il peccato non è degno di ventura, e non è avventurato né felice in sé; ma il frutto che esce del peccato. Questo mi pare che volesse dire Gregorio: che per lo peccato d'Adam Dio ci dié il Verbo dell'unigenito suo figliuolo, e il Verbo dié 'l sangue: onde, dando la vita, cirende la vita con grande fuoco d'amore. Sicché il peccato dunque è avventurato, non per lo peccato, ma per lo frutto e dono che abbiamo d'esso peccato. Or così è, sicché dell'offesa che fanno gl'iniqui Cristiani, perseguitando la sposa di Cristo, nasce la esaltazione, lume, e odore di virtù in essa sposa. Ed era questo sì dolce, che non pareva che fusse nessuna comparazione dell'offesa alla smisurata bontà e benignità di Dio, che in essa sposa mostrava. Allora io godevo ed esultavo: e tanto era vestita di certezza del tempo futuro, che mel pareva possedere e gustare. E dicevo allora con Simeone: Nunc dimittis servum tuum, Domine, secundum verbum tuum in pace. Facevansi tanti miseri, che la lingua non è sufficientea dirlo, né cuore a pensarlo, né occhio a vederlo.

Or quale lingua sarebbe sufficiente a narrare le mirabili cose di Dio? Non la mia, di me misera miserabile. E però io voglio tenere silenzio, e darmi solo a cercare l'onore di Dio e la salute dell'anime, e la rinnovazione ed esaltazione della santa Chiesa; e, per la grazia e fortezza dello Spirito Santo, perseverare infino alla morte. E con questo desiderio io chiamavo e chiamerò con grande amore e compassione il nostro Cristo in terra, e voi, Padre, con tutti quanti i cari figliuoli; e dimandavo eavevo la vostra petizione. Godete dunque, godete e esultate. O dolce Dio amore, adempie tosto i desiderii de' servi tuoi. Non voglio dire più; e non ho detto niente. Stentando muoio per desiderio. Abbiatemi compassione. Pregate la divina Bontà e Cristo in terra, che tosto sispazzi. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso; e per nessuna cosa venite meno, ma più conforto pigliate. Godete, godete nelle dolci fadighe. Amatevi, amatevi, amatevi insieme. Gesù dolce, Gesù amore.

CCXX (220) - A suora Maddalena di Alessa nel monasterio di Santa Bonda presso a Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso, sangue suo; con desiderio di vederti vestita del vestimento reale, cioè del vestimento dell'ardentissima carità, che è quel vestimento che ricopre la nudità, e nasconde la vergogna, e scalda, e consuma il freddo. Dico che ricopre la nudità; cioè che l'anima creata all'imagine e similitudine di Dio, avendo l'essere, senza la divina Grazia non averebbe il fine per lo quale fu creata. Convienci adunque principalmente avere il vestimento della Grazia, il quale riceviamo nel santo Battesimo mediante il sangue di Cristo. Con questo vestimento i fanciulli che muoiono in puerizia, hanno vita eterna: ma noi spose, che abbiamo spazio di tempo, se non ci è posto uno vestimento d'amore inverso lo Sposo Eterno, cognoscendo la sua inestimabile carità, potremmo dire che questa Grazia che noi abbiamo ricevuta nel Battesimo, fusse nuda. E però è di bisogno che noi leviamo l'affetto e il desiderio nostro con vero cognoscimento di noi ad aprire l'occhio dell'intelletto, e in noi cognoscere la bontà di Dio, e l'amore ineffabile ch'egli ci ha. Perocché l'intelletto, che cognosce e vede, non può fare l'affetto che non ami, e la memoria che non ritenga il suo benefattore. E così coll'amore trae a sé l'amore: e trovasi vestita ericoperta la sua nudità. Dico che nasconde la vergogna in due modi. L'uno, che per dispiacimento ha gittato da sé la vergogna del peccato; Come che dalla vergogna che in quell'anima era venuta per la offesa fatta al suo creatore, è restituita per lo vestimento dell'amore delle virtù,ed è venuta ad onore di Dio e ha frutto in sé. Perché d'ogni nostra operazione e desiderio Dio ne vuole il fiore dell'onore, e a noi lassa il frutto. Sicché vedi che nasconde la vergogna del peccato. Dico, ancora, che un'altra vergogna le tolle; cioè, che di quello che la sensualitàcon amore proprio e parere del mondo si vergogna, la volontà, morta in sé e in tutte le cose transitorie, non vede vergogna. Anco, si diletta delle vergogne, strazii, scherni, villanie, rimproverii: tanto ha bene, quanto si vede conculcare dal mondo. Onde ella è contenta, per onore di Dio, che 'l mondo la perseguiti colle molte ingiurie, il dimonio colle molte tentazioni e molestie, la carne con voler ribellare allo spirito. Di tutte gode per vendetta e odio di sé, per conformarsi con Cristo crocifisso, riputandosi indegna della pace e quiete della mente. E non se ne vergogna d'essere schernita e beffata da tutti tre questi nemici; cioè il mondo, la carne, il dimonio, perché la volontà sensitiva è morta. Vestita del vestimento della somma ed eterna volontà di Dio, anco halle in debita riverenzia, e ricevele con amore, perché vede che Dio le permette per amore, e non per odio. Con quello affetto che noi vediamo che elle sono date, con quello le riceviamo. Dolce è dunque a desiderare vergogna, perocché con essa si caccia la vergogna.

Oh quanto è beata l'anima, che ha acquistato così dolce lume! Perocché e insiememente odia i movimenti nostri e gli altrui, e ama le pene che per essi movimenti sosteniamo. Movimento nostro è la propria sensualità, e movimenti altrui sono le persecuzioni del mondo, cioè la colpa odiare di colui che perseguita. Rèputati adunque, carissima figliuola, degna della pena, e indegna del frutto che séguita dopo la pena. Queste saranno le fregiature che tu porterai nel vestimento reale. Tu sai bene che lo Sposo Eterno fece il simile; perocché sopra il vestimento suo pose le molte pene, flagelli, strazii, schernie villanie, e nell'ultimo l'obbrobriosa morte della croce.

Dico che scalda, e consuma la freddezza. Scaldasi del fuoco dell'ardentissima carità, il quale dimostra per desiderio spasimato dell'onore di Dio nella salute del prossimo, portando e sopportando i difetti suoi. Gode co' servi di Dio che godono; e piagne cogli iniqui che sono nel tempo del pianto, per compassione e amaritudine che porta dell'offesa che fanno a Dio. Dàssi ad ogni pena e tormento per riducerli allo stato di coloro che godono, e che vivono innamorati delle dolci e reali virtù. Dico che consuma il freddo, cioè la freddezza dell'amore proprio di sé medesima: il quale amore proprio accieca l'anima, che non lassa cognoscere né sé né Dio; gli tolle la vita della Grazia, e genera impazienzia; e la radice della superbia mette fuore i rami suoi. Anche offende Dio e il prossimo con disordinato affetto; ed è incomportabile a sé medesimo. Sempre ribella l'obedienzia sua: e tutto questo fa per amore proprio di sé.

E però voglio, dilettissima e carissima figliuola, che tuperda ogni amore proprio della propria sensualità; perché non sta bene alla sposa di Cristo amare altro che lo sposo suo, e col lume della ragione abbracciare le virtù. Altrimenti, non potresti navigare in questo mare tempestoso di questa tenebrosa vita, cioè senza la navicella della santa obedienzia, nella quale tu sei entrata. Senz'essa tu non giugneresti al porto della vita durabile, dove tu ti unisci collo Sposo eterno. Pènsati, che se tu con l'amore proprio la percuotessi nello scoglio della disobedienzia, ella si romperebbe; e in questo modo affocheresti, e perderesti il tesoro, cioè il frutto del santo proponimento che tu facesti quando promettesti obedienzia, facendo professione. Adunque lèvati da questo amore, acciocché non perisca; e virilmente, come vera sposa, rizza nella tua navicella l'arbore dello immacolato umile Agnello, sposo tuo, cioè la santissima croce, colla vela della sua obedienzia. Ché vedi bene, che con i questa vela della obedienzia del Padre suo, egli l'ha spiegata, e corse con veloce vento d'amore e odio del peccato e di questo amore sensitivo, infino all'obrobriosa morte della croce santissima. Or così fà tu; con obedienzia pronta, con umilità vera, con amore di Dio e del prossimo portandoti, e amando caritativamente le tue suore senza scandalo di mente o mormorazione di lingua. Porta e sopporta ciò che tu udissi o vedessi del prossimo tuo; e le reprensioni che ti fussero fatte, ricevile con riverenzia, pensando che per amore ti dicono, eziandio se ti facessero, e non per odio. Per questo modo ti leverai lo sdegno e ogni pena; averai l'affetto delle virtù, e l'odio e il dispiacimento del vizio e del proprio e disordinato amore; avendo imparato dal dolce e buono Gesù, il quale t'è regola, via e dottrina. La regola e dottrina, tela insegna colla obedienza sua, non schifando pene; ma con obbrobrii, scherni e villanie, ingiurie e infamie, e con molte mormorazioni la compie in sul legno della santissima croce.

Ètti via; perocché, come egli per via di croce andò, così tu, e ogni creatura che ha in sé ragione, il debbe seguitare, sostenendo ogni pena, tormento e molestia per lo suo amore; spiegando la vela in su questo arbore, Cristo crocifisso, cioè la vela dell'amore e l'affetto del desiderio colla continua orazione. La quale orazione porta, e reca. Porta, dico, i nostri desiderii pieni d'odio di noi, eamore delle virtù provate nella carità del prossimo. Dico che reca il desiderio e la volontà di Dio; avendo recato, sel mette indosso colle mani delle sante e buone operazioni. Allora ti troverai spogliata del tuo proprio amore, e vestita del vestimento nuziale. In altro modo, non saresti vera sposa; né faresti resistenzia alle molte mormorazioni, che io so che odi di noi, che t'hanno dato pena. Non voglio dunque che abbi più pene; perché questa è la via onde debbono andare i veri servi di Dio. E considerando io che chi fa questo che detto è, è privato d'ogni pena e rimane in pace e in quiete; però ti dissi che io desideravo di vederti spogliata dell'amore proprio sensitivo, e vestita del vestimento reale, acciocché tu sia privata della pena della obedienzia, e di quella delle mormorazioni. E stà in pace e in quiete, gustando Dio per Grazia; sicché nell'ultimo riceva l'eterna visione di Dio, dove sono finite le pene, e si riceve il frutto delle virtù, che séguita di po' le fadighe. Dio ti doni a te e all'altre la sue dolce ed eterna benedizione. Altro non ti dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CCI ( forse un errore di trascrizione perchè il numero romano corretto è CCXXI - 221) - A suor Bartolomea della Seta, monaca nel monasterio di Santo Stefano in Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiaa de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi Sposa vera consecrata allo Sposo eterno. Condizione è della sposa, di farsi una volontà con lo sposo suo: e non può volere più che egli voglia; e non pare che possa pensare altro che di lui. Or così pensate voi figliuola mia, che voi che sete sposa di Cristo crocifisso, non dovete pensare né volere altro che lui, cioè non consentire a pensieri. Che i pensieri non venissero, questo non ti dico; perciocché nol potresti fare né tu né creatura. Perocché 'l dimonio non dorme mai: e questo permette Dio per far venire la sposa sua a perfetta sollecitudine, per farla crescere in virtù.Questa è la cagione perché Dio permette alcuna volta che la mente rimane sterile e tenebrosa, e attorniata di molte perverse cogitazioni; che non parrà che possa pensare Dio, né ricordare appena il nome suo.

Guarda, che quando tu sentissi questo in te medesima, che tu non venga a tedio né a confusione disordinata; né non lassare l'esercizio tuo né l'atto dell'orazione, perché 'l dimonio ti dicesse: «Che ti leva questa orazione, che non la fai con affetto né con desiderio? meglio ti sarebbe a non farla». Non lassare perciò; né per questo venire a confusione; ma rispondi virilmente: «Più tosto voglio esercitarmi per Cristo crocifisso sentendo pena, tenebre e battaglia, che non esercitarmi sentendo riposo». E pensa che questa è la condizione de' perfetti: che se possibile gli fusse di campare l'inferno, e avere dilettoin questa vita, e con questo avere vita eterna; essi non lavogliano per questo affetto: tanto gli diletta di conformarsi con Cristo crocifisso. Onde piuttosto la vogliono per via di croce e di pena, che senza pena. Or che maggiore diletto può avere la sposa, che essere conformata con lo sposo suo, ed essere vestita d'uno simile vestimento? Onde, perché Cristo crocifisso nella vita sua non elesse altro che croce e pena, e di questo vestimento si vestì; però la sposa sua si reputa a beatitudine, quandosi vede vestita di questo vestimento; e perché vede che lo sposo l'ha amata sì smisuratamente, però ella l'ama e ricevelo con tanto amore e con tanto desiderio, che non è lingua sufficiente a poterlo narrare. E però la somma ed eterna Bontà per farla giugnere a perfettissimo amore e avere umiltà, permette le molte battaglie, e la mente asciutta, acciocché la creatura ricognosca sé medesima, e vegga, sé non essere: perocché se ella fusse alcuna cosa, si leverebbe la pena quando volesse; ma perché ella non è, non può. Onde cognoscendo sé, s'umilia nel suo non essere, e cognosce la bontà di Dio, che gli ha dato l'essere per grazia, e ogni grazia che è fondata sopra l'essere. Ma tu mi dirai: «Quando io ho tanta pena, e tante battaglie e tenebre, io non posso vedere altro che confusione; e non pare che io possa pigliare speranza veruna: tanto mi veggo misera». Rispondoti, figliuola mia, che se tu cercherai, troverai Dio nella buona volontà. Onde poniamo che tu senta le molte battaglie, tu non senti però privata la volontà, che ella non voglia Dio. Anco, questa è la cagione perché si duole e ha pena, perché teme d'offendere Dio. Debbe dunque godere ed esultare, e non venire a confusione per battaglie, vedendo che Dio gli conserva la buona volontà, e dàgli dispiacimento del peccato mortale. E questo mi ricordo che udii dire una volta a una serva di Dio, che le fu detto dalla prime dolceVerità, onde essendo ella stata in grandissima pena e tentazioni; e fra l'altre sentì grandissima confusione, intanto che 'l dimonio diceva: «Che farai, che tutto il tempo della vita tua starai in queste pene, e poi averai lo inferno?». Ella allora rispose con uno cuore virile, e senza veruno timore, e con uno odio santo di sé, dicendo: «Non schifo pene; perciocché io ho elette le pene per mio rifrigerio. E se nell'ultimo mi desse l'inferno, non lasserò però che io non serva al mio Creatore. Perciocché io son colei che son degna di stare nell'inferno, però che io offesi la prima e dolce Verità; onde se egli mi desse l'inferno, non mi fa ingiuria veruna, perciocché io son sua». Allora il nostro Salvatore, in queste dolce e vera umiltà, levò le tenebre e le molestie delle dimonia, siccome fu quando cade la nuvila, che rimane il sole: e di subito giunse la presenzia del nostro Salvatore. Onde ella s'infondeva in uno fiume di lagrime con uno caldo dolce d'amore diceva: «O dolce e buono Gesù, e dove eri tu quando l'anima mia era in tanta afflizione?» rispondeva il dolce Gesù, Agnello immacolato: «lo ero presso di te.

Perocché io sono immobile, e non mi parto mai dalla creatura, se già la creatura non si parte da me per peccato mortale». E questa stava in uno dolce ragionamento con lui, e diceva: «Se tu eri con meco, come non ti sentivo? come può essere che stando al fuoco io non senta caldo? E io non sentiva altro che ghiaccio, tristezza, e amaritudine; e parevami essere piena di peccati mortali. Ed egli rispondeva dolcemente, e diceva: «Vuoi che io ti mostri, figliuola mia, come tu per quelle battaglie non cadevi in peccato mortale, e come io ero presso di te? Dimmi qual'è quella cosa che fa il peccato mortale? é solamente la volontà. Perciocché il peccato e la virtù sta nel consentimento della volontà: altrimenti, non è peccato né virtù, se non volontariamente fatto. Questa volontà non c'era; perciocché, se ella ci fusse stata, averestipreso diletto e piacimento nelle cogitazioni del dimonio: ma perché la volontà non c'era, doleviti, e sostenevi pena per timore di non offendere. Adunque vedi che nella volontà sta il peccato e la virtù. Onde io ti dico che tu non debbi venire per queste battaglie a disordinata confusione. Ma voglio che di questa tenebra tragga la luce del cognoscimento di te, nel quale cognoscimento tu acquisti la virtù dell'umiltà e nella buona volontà godi e esulti, cognoscendo che io allora abito in te nascostamente. E la volontà t'è segno che io vi sono; perciocché, se tu avessi mala volontà, non sarei in te per Grazia. Ma sai tu come allora io abito in te? in quello modo che io stetti in sul legno della croce. E quello modo tengo con voi, che tenne il Padre mio con meco. Pènsati, figliuola mia, che in su la croce io ero beato, ed ero doloroso: beato ero per l'unione della natura divina nella natura umana; e nondimeno la carne sostenne pena, perciocché 'l Padre Eterno ritrasse a sé la potenzia, lassandomi sostenere pena; ma non ritrasse l'unione, che non fusse sempre unito con meco. Così ti pensa che per questo modo abito io nell'anima: perciocché ritraggo spesse volte a me il sentimento, e non ritraggo la Grazia; perocché la Grazia non si perde mai se non per lo peccato mortale, come detto è. Ma sai tu, perché io fo questo? fòllo solo per farla venire a vera perfezione. Tu sai che l'anima non può essere perfetta, se non con queste due ale, cioè umilità e carità. Onde l'umilità acquista per lo cognoscimento di sé medesima, nel quale ella viene nel tempo della tenebra; e la carità s'acquista vedendo che io per amore gli ho conservata la santa e buona volontà. Onde io ti dico che l'anima savia, vedendo che di questo esce tanta virtù, se ne fa poi sicura (e per altro non permetto al dimonio che vi dia delle tentazioni): e terrà più caro quello tempo, che veruno altro. Ora t'ho detto il modo. E pensa che questo tempo è di grande necessità per la salute vostra: perciocché, se l'anima alcuna volta non fosse sollecita delle molte tentazioni, ella caderebbe in grandissima negligenzia, perderebbe l'esercizio del continuo desiderio e orazione. Perocché nel tempo della battaglia sta più attenta per paura de' nemici, e fornisce la ròcca dell'anima sua, ricorrendo a me che sono la sua fortezza. Ma la intenzione del dimonio non è così: che permetto a lui che vi tenti per farvi venire a virtù; ed eglivi tenta per farvi venire a disperazione. Pensa che 'l dimonio tenterà uno che s'è posto a servirmi, non perocché egli creda ch'egli caggia attualmente in quello peccato, perocché già vede che eleggerebbe innanzi la morte, che attualmente offendere: - ma che fa? ingegnasi di farlo venire a confusione, dicendo: per questi pensieri e movimenti che ti vengono, neuno bene ti giova.

Or vedi quanta è la malizia del dimonio; che nella prima battaglia non potendo vincere, nella seconda col colore della virtù spesse volte vince. Onde io non voglio che séguiti mai la maliziosa sua volontà: ma voglio che pigli la volontà mia, come io t'ho detto. E questa è la regola che io ti do, e ch'io voglio che tu insegni altrui, quando bisogna».

Or così dico a te, carissima figliuola mia, che io voglioche facci tu. E siami specchio di virtù, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso. Bàgnati nel sangue di Cristo crocifisso; e fa, ch'io non voglio, che cerchi né voglia altro che 'l crocifisso; siccome sposa vera ricomprata del sangue di Cristo crocifisso. Ben vedi tu che tu sei sposa, e che egli t'ha sposata, e te e ogni creatura; e non con anello d'argento, ma con anello della carne sua. Vedi quello dolce Parvolo, che in otto dì nella circoncisione, quando è circonciso, si leva tanta carne, quanta è una estremità d'anello. Oh abisso e altezza inestimabile di carità, quanto ami questa sposa dell'umana generazione! Oh vita per cui ogni cosa vive! tu l'hai tratta dalle mani del demonio, che la possedeva come sua; e haiglila tratta dalle mani, pigliando il dimonio coll'amo dell'umanità; e sposila con la carne tua. E il sangue hai dato per arra, e poi nell'ultimo, svenando il corpo tuo, hai dato il pagamento. Or t'inebbria, figliuola mia, e non cadere in negligenzia ma con vera sollecitudine ti leva; e con questo sangue spezza la durezza del cuore tuo per sì fatto modo che mai non si serri per veruna ignoranzia o negligenzia più, né per detto di veruna creatura. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/12/2022 10:34
 
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CCII ( in verità è CCXXII - 222) - A Stefano di Corrado Maconi
https://www.ilpalio.siena.it/SantaCaterina/lettera/222 

A nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti escire della tenebra, e drizzarti verso la luce senza pigliare più indugio di tempo, però che ci viene meno, e non ce ne avvediamo, per la cecità nostra. Ma egli è pure da levarsi lanuvila d'inanzi, e ponersi per obietto la verità. La veritàè questa: che Dio non vuole né cerca altro da noi, che la nostra santificazione. Per questo ci creò all'immagine e similitudine sua: e però volse il dolce e amoroso Verbo dare la vita con tanto fuoco d'amore; e così ci manifesta la sua verità. L'anima che, col lume, la ragguarda, non sta a dormire; anco, si desta dal sonno, cercando con grande sollecitudine il modo e la via e 'l luogo e 'l tempo, per li quali possa compire. Egli non si fida di potere aspettare il dì di domane, perché vede che non è sicuro di averlo. Così voglio che facci tu. Caccia da te ogni tenebra, acciocché non ti sia impedito questo lume. Sai che Dio t'ha mostrato, posciaché tu escisti dalle tenebre, ch'egli t'abbia eletto a cognoscere questa verità. Troppo saresti degno di grande reprensione se tu gli facessi resistenza. Allora gli faresti resistenzia, quando per negligenzia ti ponessi a sciogliere, e non a tagliare. E perché egli vuole che tu tagli, però t'ha conceduto di grazia che tu abbi spacciati e' gatti tuoi, del quale spaccio ho avutagrande allegrezza. Or sollecitamente, figliuolo mio, come quelli che debbono aver fame del tempo, spaccia quello che t'è rimaso a fare, acciò che compi la volontà di Dio in te.

Non ti dico più. Di' a Pietro che non sia negligente a disbrigare sé medesimo, acciò che gli corra sciolto, e non legato, per la dottrina di Cristo crocifisso. Al fatto di Misere... Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CCIII (idem CCXXIII, 223) - A Jacopo cardinale degli orsini. Costanza c'e data da amore; amore vero degli uomini dal conoscimento di noi consiglia clemenza verso gl'italiani ribelli

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo padre in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi colonna ferma e stabile, posto a nutricare nel giardino della santa Chiesa, per li molti venti contrari che vengono. Se non fosse di pietra ben fondata, verrebbe meno. Conviene che il fondamento sia cavato ben giù: che se fosse poco, anco sarebbe debole. O padre in Cristo Gesù, voi sete colonna posta per umilità la quale umilità s'acquista nel vero cognoscimento di sé medesimo. E però cade l'uomo in superbia, perché non cognosce sé. Che se cognoscesse, sé medesimo non essere; mai non caderebbe in superbia. Ma l'essere che egli ha, ha ricevuto solo da Dio. Ché noi non pregammo mai Dio che ci creasse. Mosso dunque dal fuoco della sua Divina Carità, per l'amore che egli ebbe alla sua creatura, guardandola dentro di sé innamorossi della bellezza sua e della fattura delle mani sue. A mano a mano che l'anima ha ragguardato in sé, viene che trova la bontà di Dio; cresce l'anima in tanto fuoco d'amore, che altro non può amare né desiderare se non solo Dio, in cui gli ha trovato tanta smisurata bontà. Perocché vede in sé essere quella pietra che tiene dritto il gonfalone della santissima Croce: ché né pietra l'arebbe tenuto, né chiodo confitto, se non fosse la forza per l'amore che Dio ebbe all'uomo. Questo mi ricordo che fu detto una volta ad una serva sua, dicendo ella per smisurato desiderio che aveva: «O Signor mio, se io fussi stata della pietra e terradove fu fitta la Croce tua, quanto mi sarebbe di grazia! che io avrei ricevuto del sangue tuo, che versava giù per la croce». Rispondeva le dolceprima Verità, e diceva: «Figliuola mia carissima, tu e l'altre creature che hanno in sé ragione, fusti quella pietra che mi tenesti; cioè l'amore che io ebbi a voi. Ché veruna altra cosa era sufficente a tenermi, Dio-e-Uomo». Adunque vergogninsi li cuori miseri miserabili, superbi, dati solo alle grossizie emiserie di questa tenebrosa vita, alle grandezze, stati, e delizie del mondo. Questo tale fa il fondamento tanto in su, con amore proprio di sé medesimo, perché non vuole durare fadiga, né tenere per la via degli obbrobrì, della viltà e povertà volontaria, la quale vi tiene il dolce ebuono Gesù. Dico, carissimo fratello, che questo tale non dura, ma ogni piccolo vento il dà a terra; perocché il fondamento suo, cioè l'amore e l'affetto è posto in cosa vana, leggiera e transitoria, che passa e va via come ilvento. Ben vedete che in sé nessuna cosa ha fermezza, se non solo Dio. S'ell'è vita, ella viene meno. Da vita andiamo alla morte, da sanità ad infirmità, da onore e vituperio, da ricchezza a povertà. Ogni cosa passa e corre via. O come è semplice colui che pone l'affetto in loro, tutto! Vel pone, perché egli ama sé medesimo d'amore sensitivo; ama quello che si conforma con quella parte sensitiva piccola: lnon s'ama sé di ragione d'amore fondato in virtù. Che se s'amasse ragionevolmente; ché ciò che ama, amasse con ragione e con virtù, e non per diletto sensitivo d'amore proprio, diletto e piacimento del mondo, piacere più a sé e alle creature, che a Dio; se venissero meno, non perderebbe nulla, né alcuna pena ne sosterebbe, perché non vi sarebbe l'amore. Ché solo la pena cade in coloro che amano fuori di Dio: ma chi ha ordinato in lui, che sé e ogni cosa ama con la ragione del cognoscimento vero fondato nel suo Creatore, non cade pena in lui. Vede bene, che veruna cosa Dio gli dà o tolle spiritualmente o temporalmente, e gli vuole fare altro che per nostra santificazione. Allora con questo lume e cognoscimento, che egli ha acquistato di sé e della bontà di Dio e della sua inestimabile carità, egli s'umilia, cavando odio e dispiacimento di sé. Nasce in lui una pazienzia nelle pene, ingiurie, scherni, villanie, che egli sostenesse: perocché egli è contento di sostenere pene, considerato che egli è stato ribello al suo Creatore. Poich'egli è fatto il fondamento; ed egli diventa pietra ferma e stabile, posto e confermato in sulla pietra Cristo Gesù, seguitando le vestigie sue: e in altro non si può dilettare, né amare né volere, se non quello che Dio ama; odia quello che egli odia. Allora riceve tanto diletto, fortezza e consolazione, che neuna cosa che sia, né dimonio né creatura, il può indebilire, né dare amaritudine neuna: perché colà ove è Dio, è ogni bene. Non si tragga più 'l cuore nostro di tanta dilezione. Non più negligenzia né ignoranzia. Seguitatemi l'Agnello svenato, aperto in sul legno della santissima croce. Altrimenti, carissimo padre, voi colonna, posto ad aiutare e sovvenire in ciò che potete le dolcesposa di questo Agnello... aveva posto, non per vostra bontà, ma per sua, perché rendiate l'onore a lui, e la fadiga al prossimo vostro. Siate, siategustatore e mangiatore dell'anime: ché questo fu il cibo suo.

Ben vedete, che, poiché noi perdemmo la Grazia per lo peccato del nostro primo padre, non s'adempiva in noi la volontà del Padre eterno, che non ci aveva creati per altro fine se non perché gustassimo e godessimo la bellezza sua, vita durabile senza morte. Non s'adempiva questa volontà. Mosso dal fuoco dell'amore col quale n'aveva creati, vuole mostrare che non ci ha fatti per altro fine; trova'l modo d'adempire questa volontà: dacci per amore il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, sopra di lui punisce la nostra infirmità e iniquità. O fuoco dolce d'amore, tu gitti uno colpo; che insiememente tu punisci 'l peccatore sopra di te, sostenenendo morte e passione, satollandoti di obbrobrii e di vergogna e vituperio per renderci l'onore, il quale perdemmo per lo peccato commesso; e con questo hai placato l'ira del Padre tuo. Facendo in te giustizia, per me sodisfacesti la ingiuria fatta al Padre eterno tuo. Così hai fatta la pace della gran guerra. Ben dice il vero quello dolce innamorato di Pavolo: che Cristo è nostra pace, e tramezzatore. Ché è stato a fare pace fra Dio e l'uomo. Or questo è il modo dolce e soave che Dio ha tenuto per darci il fine vêr lo quale ci creò. Mostrato l'ha per effetto e per operazione, non ostante a quello ch'egli ha fatto, ma continuamente fa, mostrandoci grandissimi segni d'amore. E tutto questo troverà l'anima, se ragguarderà in sè medesima: che ogni cosa è fatta per lei. Arrendasi, arrendasi la città dell'anima nostra almeno per fuoco, se non s'arrende per altro. oimé, oimé, non dormite più, voi, e gli altri campioni della santa Chiesa. Non attendete più a queste cose transitorie; ma attendete alla salute dell'anime. Ché vedete, che il dimonio non resta mai di divorare le pecorelle ricomperate di sì dolce prezzo: e tutto è per la malacura de' pastori, che sono fatti divoratori dell'anime.

Attendeteci per l'amore di Dio! Adoperate ciò che potete col vostro dolce Cristo in terra, che procuri di fare buoni pastori e rettori. oimé, Dio Amore! Non fate più scoppiare e morire noi e gli altri servi di Dio; ma siate sollicito a fare ciò che potete, di dimostrare che voi amate la fame dell'onore di Dio e della salute dell'anime. E non tanto sopra il popolo cristiano, ma anco sopra il popolo infedele; pregando Cristo in terra, che tosto rizzi il gonfalone della santissima croce sopra di loro. E non temete per veruna guerra o scandalo che venisse; ma fate virilmente: ché quello sarà il modo di venire a pace. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, che della guerra, che avete con questi membri putridi che sono ribelli al capo loro, voi preghiate il Padre santo, che si vogli riconciliare e fare pace con essi. ché, potendo avere lapace con quelli modi debiti, che richiedono al ben della santa Chiesa, è meglio che a fare con guerra. Poniamoché ingiuria abbia ricevuta da loro, nondimeno dobbiamo discernere quello che è maggiore bene. Di questo vi prego quanto so e posso; sicché poi potiamo andare virilmente a dare la vita per Cristo.

Non dico più. Siate colonna ferma; fermato, e stabilito in su la pietra ferma, Cristo. Permanete nella Santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate alla mia presunzione, che presumo di scrivere a voi. Scusimi l'amore che io ho delle dolce sposa di Gesù Cristo, e salute nostra. Gesù dolce, Gesù amore.

CCXXIV - A monna Niera di Gherardo Gambacorti in Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi serva e figliuola fedele del Padre eterno. Sapete che l'amore è quella cosa che ci fa fedeli. In quella cosa che altri ama,egli ha fede. Così vediamo ch'e' veri servi di Dio, per l'amore che essi hanno al loro Creatore, perdono ogni fede e speranza di loro medesimi, che non sperano in loro virtù né in loro sapere; ché egli cognoscono e veggono, loro non essere; l'essere loro retribuiscono a Dio, d'averlo per grazia, e non per debito. Subito che ama con fede, ha speranza viva non in sé, ma in Colui che è. Questi cotali hanno fede viva e non morta, con dolci e sante operazioni.

Quali sono le operazioni che mostrano fede viva fondata in vero amore? La pazienzia contra l'ingiuria o pena per qualunque modo Dio la concede a noi; la divina carità contra l'amore sensitivo proprio di sé medesimo; l'umiltà contra l'enfiata superbia, che l'uomo acquista per lo stato, delizie, onori e diletti del mondo. Questa umiltà dispregerà il mondo con tutte le sue pompe. Ma veruno è che la possa avere, se egli non cognosce sé, difettuoso, non essere, e vegga Dio umiliato a sé. Come l'anima ragguarda la somma Altezza discesa in tanta bassezza quanta è la nostra umanità, vergognasi allora l'umana superbia vedendo Dio tanto umiliato. Or questi sono e' frutti che parturisce la fede viva, posta solo nel suo Creatore. Coloro godono e gustano Dio in verità; non sentono pena per veruna pena o tormento che sostengano, però che credono fermamente che Dio non cerca né vuole né permette veruna cosa, altro che per nostra santificazione. E tutto questo procede dall'amore; ché se l'amore non fusse, non averebbero fede.

Così vedete che per lo contrario coloro che hanno al mondo posto l'affetto a la sollecitudine loro, tutta la fede e la speranza si riposa in loro e nel mondo. E però stanno in continua pena e amaritudine; perché pongono l'amore in cosa che non è ferma né stabile, e così se ne trovano ingannati. Che stabilità hanno o padre o madre o onori e ricchezze o signoria? Non veruna. ché ogni cosa passa come 'l vento. Oggi vivo, e domane morto; testè sano, e testè infermo; testè ricco, e testè povaro; ora stain delizie co' figliuoli suoi, testè viene meno. E però sostiene pena, ponendoci l'amore e 'l disordinato desiderio: perché non bastano; e non può tenere quello che ama.

E però voglio, figliuola mia dolcissima, che non abbiate affetto né fede né speranza in voi né in cosa corruttibile; ma tutta voglio che vi dilettiate di servire Cristo dolce Gesù, dove si riposa ogni diletto e consolazione. Ine s'inebria l'anima del sangue dell'Agnello immacolato, ardesi e risolvesi nel fuoco dell'ardentissima carità; riceve tanta fortezza, che né dimonio né creatura le può tollere questo bene. Adunque nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, ponete l'affetto, la fede e la speranzavostra in Cristo crocifisso. Con questo dolce e vero Agnello passerete questa tenebrosa vita, e giugnerete alla vita durabile, dove si pascono e' veri e dolci gustatori.Non voglio dir più.

Di quello che mi dimandaste dicendo, d'allogare il vostro garzone, vi rispondo che voi attendiate non all'avere né a' grandi parentadi, ma solo alla virtù e allabuona condizione della fanciulla. Quando trovate questo, fatelo sicuramente. E ciò che fate, fatelo con timore di Dio, ponendolo sempre per obietto dinanzi agli occhi dell'anima vostra.

Benedite e confortate Gerardo in Cristo dolce Gesù. E dite a Gherardo, che io mi richiamerò a Cristo crocifisso di lui, perché egli non ha fatto quello che debbe fare ogni fedele Cristiano. Dite che non aspetti l'ultimo dì della vita sua, però che non sa né quando né come. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CCXXV - A frate Lazzarino da Pisa de' frati minori

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissimo e carissimo padre e fratello e figliuolo in Cristo Gesù, io Catarina, serva inutile, scrivo,sovvenendomi di quelle dolceparola che disse Cristo, cioè: «Con desiderio ho desiderato di fare la Pasqua con voi, prima che io muoia». Di questo santo desiderio, secondo che mi dà la divina Grazia (ché io per me non sono, ma solo Dio è quello che è), secondo dunque che Dio ha vulnerata l'anima, ardisco di dire quello che disse Cristo: «Con desiderio io ho desiderato che noi facciamo la Pasqua prima che noi muoiamo». Questa sarà la nostre dolce e santa Pasqua, cioè, quello che dice David nel Salterio: «Gustate, e vedete «; ma non pare che possiamo vedere Dio, se in prima non facciamo questa santa Pasqua, di gustarla: di gustarla, dico, per amore della sua inestimabile dilezione della carità; cognoscendo e gustando, che la bontà di Dio non vuole altro che il nostro bene»; come dice quello innamorato di Paolo: «Dio è nostra santificazione e giustizia, e ogni nostro riposo». E: «La volontà di Dio non vuole altro, che la nostra santificazione».

Oh inestimabile dilezione e carità! Tu dimostri questo affocato desiderio; e corresti, come ebbro e cieco, all'obbrobrio della croce. Il cieco non vede; né l'ebbro, quando è bene avvinacciato: così egli, quasi come morto, perdette sé medesimo; siccome cieco ed ebbro della nostra salute. E nol ritrasse la nostra ignoranza né la nostra ingratitudine, né l'amore proprio che noi abbiamo a noi medesimi. O dolcissimo amore Gesù, tu t'hai lassato accecare all'amore, che non ti lassa vedere le nostre iniquitadi; e perduto n'hai il sentimento. O signor dolce, e' parmi che l'abbi voluto vedere e punire sopra al corpo dolcissimo tuo, dandoti al tormento della croce; e stando in su la croce come innamorato, a mostrare che non ci ami per tua utilità, ma per nostra santificazione.

E drittamente egli sta come nostra regola, come nostra via, e come libro scritto, nel quale ogni persona grossa e cieca può leggere. Il primo verso del libro è odio e amore: cioè amore dell'onore del Padre, e odio del peccato. Adunque, dilettissimo, e carissimo fratello e padre per reverenzia del Sacramento, seguitiamo questo dolce libro, che così dolcemente ci mostra la via. E se avvenisse che questi tre nostri nemici si parassero nella via, cioè il mondo, la carne, e il dimonio; e noi pigliamo l'arme dell'odio, siccome fece il padre nostro santo Francesco. Onde, perché il mondo non li gonfiasse lo stomaco, egli elesse la santa e vera estrema povertà.

E così voglio che facciamo noi. E se il dimonio della carne volesse ribellare allo spirito, ci giunga il dispiacimento, e s'affligga e maceri il corpo nostro: siccome fece esso nostro padre, il quale sempre con sollecitudine, e non con negligenzia, corse per questa santa via. E se il dimonio giugnesse con le molte illusioni e variate fantasie, e col timore servile, e volesseci occupare la mente e l'anima nostra; non temiamo: perocché queste cose sono diventate impotenti per la virtù della croce. (O amore dolcissimo!). Poiché non possono più, se non tanto quanto Dio gli dà. E Dio non vuole altro che 'l nostro bene; adunque non ci darà più che noi possiamo portare. Confortatevi, confortatevi: e non schifate pena; conservando sempre la santa volontà, sicché ella non si riposi in altro che in quello che Cristo amò, e in quello che Dio odiò. E così armata la nostra volontà di odio e amore, riceverà tanta fortezza che, come dice santo Paolo, né il mondo né il demonio né la carne ci potrà ritrarre da questa vita. Portiamo, portiamo, fratello carissimo; perocché quanto più pena porteremo quaggiù con Cristo Crocifisso, più riceveremo gloria. E neuna pena sarà tanto remunerata, quanto la fadiga del cuore e la pena mentale; perocché sono le maggiori pene che sieno, e però sono degne di maggiore frutto.

In questo, dunque, modo ci conviene gustare Dio, acciocché possiamo vedere. Altro non vi dico, se non che siamo uniti e trasformati in quelle dolcevolontà di Dio. Corriamo, corriamo, dolcissimo fratello, legati tutti col vincolo della carità con Cristo crocifisso in sul legno della croce. Io Catarina, serva inutile di Gesù Cristo, mi vi raccomando, e pregovi che preghiate Dio per me, sì che io vada in verità. Gesù, Gesù, Gesù.

CCXXVI - A frate Raimondo da Capua dell'ordine de' frati predicatori

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo padre e figliuolo in Cristo Gesù, dato da quelle dolcemadre Maria, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi figliuoli veri e banditori della parola incarnata del Figliuolo di Dio, non pur con voce, ma con operazione; imparando dal Maestro della verità, il quale operò la virtù, e poi lapredicò. A questo modo, farete frutto; e sarete quello condotto, per cui mezzo Dio porgerà la grazia ne' cuori degli uditori. Sappiate, figliuoli miei, che la buona vita, efame dell'onore di Dio e della salute dell'anime, non potremmo avere ne imparare se noi non andassimo alla scuola del Verbo, agnello svenato e derelitto in croce; perocché ivi si trova la dottrina vera. così disse egli: «Ioson Via, Verità, e Vita», e neuno può andare al Padre se non per lui. Aprasi l'occhio del cognoscimento vostro a vedere; e sturate l'orecchie, e udite la dottrina che vi dà.Vedete voi medesimi; perocché in lui trovate voi, e in voi trovate lui. Cioè, che in lui trovate voi; per grazia, e non per debito, creandovi alla immagine e similitudine sua: e in voi trovate la smisurata bontà di Dio, avendo presa la similitudine nostra per l'unione che ha fatta la natura divina con la natura umana. Scoppino, dunque, e sfendansi i cuori nostri, a ragguardare tanto fuoco e fiamma d'amore, che Dio è innestato nell'uomo, e l'uomo in Dio. Oh amore inestimabile! Se l'uomo l'avesse avuto in pregio, si basterebbe. A queste dolce scuola, figliuoli miei! Perocché questo affetto e amore vi menerà, e farà la vita.

Dico che apriate l'orecchie a udire la sua dottrina, che è questa. Povertà volontaria, pazienzia contra le ingiurie, render bene a coloro che ci fanno male; essere piccolo, umile, calpestato e derelitto nel mondo; con scherni, strazii, ingiurie, villanie, detrattazioni, mormorazioni,tribolazioni, persecuzioni dal mondo e dal dimonio visibile e invisibile, e dalla propria carne puzzolente, la quale, come ribella, sempre vuole ribellare al suo Creatore, e impugnare contra lo spirito. Or questa e la sua dottrina; e portare con pazienzia, e resistere con l'arme dell'odio e dell'amore. O dolce e suave dottrina! Ella è quello tesoro, il quale egli elesse per sé, e lassò a' discepoli suoi. Questo lassò per maggiore ricchezza che lassare potesse. Che se avesse veduto la divina Bontà, che le delizie e diletti e piaceri e amore proprio di sé, e vanità eleggerezza di cuore, fussero state buone; egli l'averebbe elette per sé. Ma perché la sapienzia del Verbo incarnato vide e cognobbe che questa era l'ottima parte; subito l'ama, e per amore se ne veste. E così fanno i servi e figliuoli suoi, seguitando le vestigie del Padre loro. Adunque non voglio che caggia ignoranzia in voi né che vi ritraiate da queste dolcee dilettevole via, e soave scuola; ma come figliuoli veri vi instrignate questo vestimento in dosso, e sì e per siffatto modo vi sia incarnato, che mai non si parta da voi, se non quando si partirà la vita: allora abbandoneremo il vestimento della pena, e rimarremo vestiti del vestimento del diletto; e mangeremo alla mensa dell'Agnello 'l frutto che séguita dopo le fadighe.

Così fece il dolce banditore di Paolo, che si vestì di Cristo crocifisso, e spogliato fu del diletto della divina essenzia. Vestesi di Cristo uomo, cioè delle pene, obbrobrii di Cristo e in altro modo non si vuole dilettare; anzidice: «Io fuggo di gloriarmi, se non nella croce di Cristo crocifisso». E tanto gli piacque, che, come disse una volta esso Apostolo a una serva sua: «dolce figliuola mia, tanto me l'ho stretto 'l detto piacere col legame dell'affetto e dell'amore, che mai da me non si partì, né punto allentò, se non quando mi fu tolta la vita». Bene pareva il dolce di Paolo, che egli avesse studiata questa dottrina. Seppela perfettissimamente, in tanto che diventò mangiatore e gustatore dell'anime. Avendo fatto come fa la spugna, che trae a sé l'acqua; così egli passando perla via degli obrobrii, trova inestimabile carità e bontà di Dio, con la quale ama sommamente la creatura. E vede che la sua volontà è questa, di volere la nostra santificazione e l'onore del Padre Eterno e la salute nostra; e déssi alla morte per adempire in voi questa santificazione. Paolo piglia, e intendela; e intesa, si dà subito a darel'onore a Dio, e la fadiga al prossimo: Bandisce virilmente la verità, e non tarda per negligenzia, ma è sollicito. Ed è fatto vasello di dilezione pieno di fuoco, a portare, e a predicare la parola di Dio.

Or così desidera l'anima mia, perocché con grandissimo e affocato desiderio ha desiderato di fare Pasqua con voi; cioè, di vedere compito e consumato il desiderio mio. Or quanto sarà beata l'anima mia, quando io vedrò voi sopra tutti gli altri essere posto, fermato e stabilito nell'obbietto vostro, Cristo crocifisso, e pascervi e nutricarvi del cibo dell'anima! Perocché l'anima, che non vede sé per se, ma vede sé per Dio, e Dio per Dio, in quanto è somma ed eterna bontà e degno d'essere amato da noi; ragguardando in lui l'effetto nell'affocato e consumato amore, trova la immagine della creatura in lui, e in sé medesimo trova Dio in immagine sua. Cioè, che quello amore che vede che Dio ha a lui, quello amore distende in ogni creatura; e però subito si sente costretto ad amare il prossimo come sé medesimo, perché vede che Dio sommamente l'ama, sagguardando sé nella fonte del mare della divina essenzia. Allora il desiderio dispone ad amare sé in Dio, e Dio in sé, siccome colui che sagguarda nella fonte, che si vede la immagine sua; e vedendosi, s'ama e si diletta. E s'egli è savio, prima si muoveràad amare la fonte, che sé. Perocché, s'egli non si fusse veduto, non s'averebbe amato, né preso diletto; né corretto 'l difetto della faccia sua, 'l quale vedeva in esso fonte.

Or così pensate, figliuoli miei dolcissimi, che in altro modo non potremo vedere la nostra dignità, né i nostri difetti, i quali ci tolgono la bellezza dell'anima nostra, se noi non ci andassimo a specchiare nel mare pacifico della divina Essenzia, dove per essa ci rappresenta noi. Perocché indi siamo esciti, creandoci la Sapienza di Dio all'imagine e similitudine sua: ivi troviamo l'unione del Verbo innestato nella nostra umanità; troviamo, e vediamo e gustiamo la fornace della carità sua, il quale fu quello mezzo che díè noi a noi, e poi unì 'l Verbo in noi, e noi nel Verbo, prendendo la nostra natura umana. Egli fu quello ligame forte, che tenne confitto e chiavellato incroce. E tutto questo vedremo noi per lo vedere noi nella bontà di Dio. E in altro modo, non potremo gustarlo nella vita durabile, né vederlo a faccia a faccia, se primanol gustassimo per effetto e amore e desiderio in questa vìta, per lo modo che detto è.

E questo affetto non possiamo mostrare in lui per utilità che noi li possiamo fare, perocché egli non ha bisogno di nostro bene: ma possiamo e doviamo dimostrarlo ne' fratelli nostri, cercando la gloria e loda del nome di Dio in loro. Adunque non più negligenzia, né dormire nell'ignoranzia, ma con accesso e ardito cuore distendere ì dolci e amorosi desiderii ad andare a dare l'onore a Dío e la fadiga al prossimo; non partendovi mai dall'obbietto nostro, Cristo crocifisso. Sapete che egli è quello muro dove vi conviene riposare a ragguardare voi nella fonte. Correte, correte a giugnervi; e serratevi nelle piaghe di Cristo crocifisso. Godete, godete, e esultate; ché 'l tempo s'approssima che la primavera ci porgerà i fiori odoriferi. E non mirate perché vedeste venire il contrario; ma allora siate più certificato che mai.

Oimé, oimé, disavventurata l'anima mia! che io non mi vorrei mai restare, infino che io mi vedessi che per onore di Dio mi giungesse uno coltello che mi trapassasse la gola, sicché 'l sangue mio rimanesse sparto nel campo mistico della santa Chiesa. Oimé, oimé, che io muoio, e non posso morire. Non dico più. Perdonate, padre, alla mia ignoranzia. E scoppi e dissolvasi 'l cuore vostro a tanto caldo d'amore. Non vi scrivo dell'operazioni di Dio che egli ha adoperate e adopera: ché non ci ha lingua né penna sufficiente. Voi mi mandaste dicendo che io godessi e esultassi; e mandastemi novelle da ciò; delle quali ho avuta singolare letizia; benché la prima e dolce Verità, 'l dì poi che fui partita da voi, volendo fare a me lo sposo Eterno come fa 'l padre alla figliuola, e lo sposo alla sposa sua, che non può sostenere che abbia alcuna amaritudine, ma trova nuovi modi per dargli letizia; così pensate, padre, che fece 'l Verbo, somma eterna e alta Deità, che mi donò tanta letizia, che eziandio le membra del corpo si sentivano dissolvere, disfare, come la cera nel fuoco. L'anima mia faceva allora tre abitazioni; una con la dimonia, per cognoscimento, di me e per le molte battaglie e molestie e minaccie, le quali mi facevano, che non restavano punto di bussare alla porta della mia coscenza. E allora io mi levai con uno odio, e con esso me n'andai nell'inferno, desiderando da voi la santa confessione. Ma la divina bontà mi diè sé più che io non addimandavo; perocché, dimandando voi, mi diè medesimo, ed egli mi fece l'assoluzione e le remissione de' peccati miei e i vostri, ripetendo le lezioni per altro tempo dette, e obumbrandomi d'uno grande fuoco d'amore, con una sicurtà se grande e purità di mente, che la lingua non è sufficente a poterlo dire. E per compire in me la consolazione, diemmi l'abitazioni di Cristo in terra, andando come si va per la strada; così pareva chi fusse una strada dalla somma altezza, Trinità eterna, dove si riceveva tanto lume e cognoscimento nella bontà di Dio, che non si può dire; manifestando e cose future, andando e conversando tra' veri gustatori, e con la famigliuola di Cristo in terra. Vedevo venire novelle nuove di grande esultazione e pace, udendo la voce della prime dolceVerità; che diceva: «Figliuola mia, io non sono spregiatore de' veri e santi desiderii anzi ne sono adempitore. Confortati dunque, e sia buono istrumento e virile ad annunziare la verità: che sempre sarò con voi»: parevami sentire esaltazione del nostro arcivescovo. Poi quando udii l'effetto secondo che mi scriveste, raggiunsemi letizia sopra letizia.

O figliuolo mio dolce, fovvi manifesto l'ostinato e indurato mio cuore, acciocché ne dimandiate vendetta e giustizia per me, che non scoppi e sfenda tanto caldo d'amore. Oimé che per ammirabile modo queste tre abitazioni l'una non impediva l'altra, ma una condiva l'altra. Siccome il sale l'olio condisce e fa perfetta la cucina;così la conversazione della dimonia per umilità e odio, e la fame e la conversazione della santa Chiesa per amore e desiderio, mi faceva stare, e gustare, nella vita durabileco' veri gustatori. Non voglio dire più. Pensate che io scoppio, e non posso scoppiare.

Dicovi novelle del mio padre, frate Tommaso, che, per la grazia di Dio, con la virtù ha vinto 'l dimonio. Egliè fatto tutto un altro uomo che non soleva essere: in grande affetto e amore si riposa il cuore suo. Pregovi che gli scriviate alcuna volta, manifestandovi voi medesimo. Fate festa, che i miei figliuoli smarriti sono ritrovatie tornati al gregge, esciti sono delle tenebre. Nullo è chemi dica cavelle più che io mi voglio fare.

Io Catarina, indegna vostra figliuola, addimando la vostra benedizione. Raccomandovi tutti i miei figliuoli e figliuole, che voi n'abbiate buona cura, che il lupo infernale non me ne toglia ncuno. Credo che Neri verrà costà; perché mi pare che sia bene di mandarlo a corte. Informatelo di quello che fa bisogno d'adoperare per la pace di questi membri putridi che sono ribelli alla santa Chiesa; perocché non si vede più dolce rimedio a pacificare l'anima e 'l corpo, che questo. Di questo, e dell'altre cose che bisognano, farete sollecitamente; attendendo sempre all'onore di Dio, e non a veruna altra cosa. Nondimeno, perché io vi dica così, fate ciò che Dio vi fa fare, e ciò che vi pare che sia 'l meglio, o di mandarlo, ono. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce. Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/12/2022 10:39
 
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CCXXVII  (227) - A frate Guglielmo a Lecceto, essendo essa Catarina a Fiorenza



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue dell'umile e dolce e immacolato Agnello. Il quale sangue ci ha tolta la morte, e data la vita; tolse la tenebra, e diecci la luce. Perocché nel sanguedi Cristo crocifisso cognoscemmo la luce della somma eterna verità di Dio; il quale ci creò alla imagine e similitudine, ma per amore e per grazia, e non per debito. La verità fu questa: che ci creò per gloria e loda del nome suo, e perché godessimo e gustassimo il sommo ed eterno bene suo. Ma doppo la colpa di Adam s'era offuscata questa verità: onde quello amore ineffabile che costrinse Dio a trarre noi di sé, cioè creandoci alla sua imagine e similitudine sua, questo medesimo amore il mosse: non, che Dio si muova in sé (ché egli è lo Dio nostro immobile), ma l'amor suo inverso di noi, a darci il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo; ponendogli la obedienzia che sopra lui punisse, le colpe nostre, e nel sangue suo silavasse la faccia dell'anima, la quale con tanto amore aveva creata tanto nobile; e nel sangue suo volse che ci manifestasse la sua verità. Bene lo vediamo manifestamente: che se in verità non ci avesse creati per darci vitaeterna, perché godessimo il suo sommo e infinito bene, non ci averebbe dato siffatto Ricomperatore, né dato sé medesimo, cioè tutto sé Dio e tutto uomo. Adunque bene è la verità che 'l sangue di Cristo ci manifesta e fa chiari d'essa verità delle dolcevolontà sua. E se io considero bene, veruna virtù ha in sé vita, se non è fatta ed esercitata nell'anima con questo lume della verità.


Oh verità antica e nuova, l'anima che ti possiede, è privata dalla povertà delle tenebre, e ha la ricchezza della luce. Non dico luce per visioni mentali, né per altre consolazioni, ma luce di verità; cioè, che cognosciuta la verità nel sangue, l'anima s'inebria, gustando Dio per affetto di carità col lume della santissima fede. Con la quale fede debbono essere condite tutte le nostre operazioni; dilettandoci di mangiare il cibo dell'anime per onore di Dio in su la mensa della santissima croce. Non in su la mensa del diletto né della consolazione spirituale e temporale; ma in su la croce: stirpando e rompendo ogni nostra volontà; portando strazii, scherni e obbrobrii e villanie per Cristo crocifisso, e per meglio conformarsi con le dolcevolontà sua. Allora gode l'anima, quando si vede fatta una cosa con lui per affetto d'amore, e vedesi vestita del vestimento suo. E tanto si diletta il sostenerepene per gloria e loda del nome suo; che se possibile gli fusse d'avere Dio e gustare il cibo dell'anime senza pena, piuttosto il vuole con pena, per amore del suo Creatore. Onde essa ha questo desiderio? dalla verità. Con che la vide e cognobbe? col lume della fede. In su che si pose quest'occhio per vederla? nel sangue di Cristo crocifisso. In che vasello il trovò? nell'anima sua, quando cognobbe sé. Questa è la via a cognoscere la verità: e veruna altra ce ne veggo. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi bagnato e annegato nel sangue dell'umile e immaculato Agnello.


In questo sangue godiamo. E speriamo che, per amore del Sangue, Dio farà misericordia al mondo e alle dolcesposa sua; dissolverà la tenebra della mente degli uomini. E già mi pare che un poca dell'aurora cominci a venire; cioè, che 'l nostro Salvatore ha illuminato questo popolo, d'essersi levato dalla perversa ciechità dell'offesa che facevano, facendo celebrare per forza. Ora, per la divina Grazia, tengono l'interdetto, e cominciansi a drizzare verso l'obedienzia del padre loro. Onde io vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, che voi e frate Antonio, il maestro, e fra Felice, e gli altri, facciate speciale orazione, strignendo la Divina Bontà, che per amore del Sangue mandi il sole della sua misericordia, acciocché tosto si faccia la pace: che veramente sarà uno dolce e soave sole. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù Amore.

CCXXVIII - A Neri di Landoccio

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A te, dilettissimo e carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti unito e trasformato nel fuoco dell'ardentissima carità, sì che tu sia uno vasello di dilezione a portare il nome della parola di Dio co' misterii grandi suoi nella presenzia del nostro dolce Cristo in terra, e facci frutto;con accendere il desiderio suo. E però io voglio, figliuolo mio, che apri l'occhio del cognoscimento nell'obietto di Cristo crocifisso; però ch'egli è quella fonte dove s'inebria l'anima, traendone dolci e amorosi desiderii: i quali voglio che tu distendi sopra il corpo della santa Chiesa per onore di Dio e salute di ogni creatura. Facendo così, egli diverrà delle operazioni e parole tue, come della saetta che si trae dal fuoco, ben rovente; che, gittandola, ella arde dovunque si gitta, perché non può fare che ella non dia di quello che ella ha in sé. Così ti pensa,figliuolo, che l'anima tua entrerà nella fornace del fuoco della divina Carità; e per forza di caldo d'amore si converrà che tu getti e porga quello che tu hai tratto dal fuoco.

E che hai tu tratto dall'obietto di Dio? Odio e dispiacimento di te e amore della virtù, fame della salute dell'anime e dell'onore del Padre eterno: che in questo obietto di questo dolce Verbo non si trova altro. E così vedi tu che per fame egli muore. Ed è sì grande la fame che 'l fa sudare, non d'acqua, ma per forza d'amore, gocciole di sangue. Come potrebbe essere tanto duro e ostinato quel cuore che non si risentisse e scoppiasse per questo caldo e calore di questo fuoco ? Ragguardandolo, non potrebbe essere se non come la stoppa che si mette nel fuoco, che non può essere che non arda; perocché condizione del fuoco è d'ardere e convertire in sé ciò che a lui s'accosta. Così l'anima che ragguarda l'affetto del suo Creatore, subito è tratta ad amarlo, e convertire l'affetto in lui. Ine si consuma ogni umido d'amore proprio di sé medesimo; e piglia la similitudine del fuoco dello Spirito santo. E questo è il segno che egliha 'l ricevuto: che subito diventa amatore di quello che Dio ama, e odiatore di quello ch'egli odia. E però desidera l'anima mia di vedere in te questa uinione, cioè d'essere unito e trasformato nel fuoco della sua Carità. Fà che giusta al tuo potere te ne ingegni, figliuolo mio carissimo; sì che tu adempia la volontà di Dio e di me trista miserabile madre. Permane nella santa e dolce dilezione di Dio.

Dì a Nanni e a Papi che gridino per siffatto modo, che io m'avvegga delle voci loro. Dì a Gherardo figliuolo, che risponda alla voce della madre che 'l chiama; e spaccisi tosto, ch'io l'aspetto. Vanni, missere Francesco, monna Nella e Caterina, strignemeli tutti e benedici e ponendovi in mezzo la santissima croce. E così mi fà al babbo. Gesù dolce Gesù.

Dice Francesco, ch'è fuore dell'obbligo: e dice Francesco, cattivo e pigro, che tu 'l raccomandi a frate Raimondo mille volte in Cristo Gesù; e digli che preghi Dio per lui. Gesù, Gesù.

Sai, quando ebbi la indulgenzia di colpa e di pane, del santo Padre, m'impose ch'io dovessi dire ogni venerdì trenta e tre Pater nostri e trenta e tre Ave Marie, e poi settanta e due Ave Marie. Or mi contenterei, se ti pare, di dimandargli che m'imponesse ch'io digiunasse ogni venerdì in pane e acqua. E questo non dimenticare, se ti pare di chiederlo. Gesù dolce Gesù amore.

CCXXIX - A Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, indegna vostra figliuola, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi uomo virile, e senza veruno timore servile; imparando dal dolce e buono Gesù, di cui voi vicario sete, ché tanto fu l'amore suo inestimabile verso di noi, che corse all'obbrobriosa morte della croce, non curando strazii, obbrobrii, villanie e vituperio: ma tutti lipassava, e punto non gli temeva; tanto era l'affamato desiderio, che egli aveva dell'onore del Padre e della salutenostra. Perocché al tutto l'amore gli aveva fatto perdere sé, in quanto uomo. Or così voglio che facciate voi, padre. Perdete voi medesimo da ogni amore proprio: non amate voi per voi, né la creatura per voi; ma voi, e il prossimo amate per Dio, e Dio per Dio in quanto egli è degno d'essere amato, e in quanto egli è sommo e eterno Bene. Ponetevi per obietto questo Agnello svenato, perocché il sangue di questo Agnello vi farà animare ad ogni battaglia. Nel sangue perderete ogni timore; diventerete, e sarete pastore buono, che porrete la vita per le pecorelle vostre.

Orsù, padre, non state più. Accendetevi di grandissimo desiderio, aspettando l'adiutorio e la Providenzia divina. Perocché mi pare che la divina bontà venga disponendo li grandi lupi, e facciali tornare agnelli. E però ora di subito vengo costà per metterveli in grembo umiliati. Voi, come padre, son certa che gli riceverete, non ostante la ingiuria e la persecuzione che v'hanno fatta; imperando dalle dolcee prima Verità, che dice che il buono pastore, poiché ha trovato la pecorella smarrita, egli se la pone in sulla spalla, e rimettela nell'ovile. Cosìfarete voi, padre; perocché la vostra pecorella smarrita, poiché ella è ritrovata, la porrete in su la spalla dell'amore, e metteretela nell'ovile della santa Chiesa. Poi di subito, vuole e vi comanda il nostro dolce Salvatore, che voi drizziate il gonfalone della santissima croce sopra gl'Infedeli, e tutta la guerra si levi e vadene sopra di loro. La gente che avete soldata per venire di qua, sostentate, e fate sì che non venga; perocché farebbe più tosto guastare, che acconciare.

Padre mio dolce, voi mi dimandate dell'avvenimento vostro; e io vi rispondo, e dico da parte di Cristo crocifisso, che veniate il più tosto che voi potete. Se potete venire, venite prima che settembre; e se non potete prima, non indugiate più che infino a settembre. E non mirate a veruna contraddizione che voi aveste; ma, come uomo virile e senza alcuno timore, venite. E guardate, per quanto voi avete cara la vita, voi non veniate con sforzo di gente, ma con la croce in mano, come agnello mansueto. Facendo così, adempirete la volontà di Dio; ma venendo per altro modo, la trapassereste, e non l'adempireste. Godete, padre, e esultate: venite, venite.

Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore. Perdonatemi, padre. Umilmente v'addimando la vostre dolcebenedizione.

CCXXX - Agli otto della guerra, eletti pel comune di Firenze, ad istanza de' quali ando la Santa a Papa Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi padri e fratelli in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi veri figliuoli, umili e obbedienti al padre vostro sì e per siffatto modo, che voi non volgiate mai il capo addietro; ma con vero dolore e amaritudine dell'offesa fatta al padre. Perocché, se colui che offende, non si rileva con dolore dell'offesa fatta, non è degno di ricevere misericordia. E io v'invito a vera umiliazione di cuore; non volgendo il capo addietro, ma andando innanzi, seguitando il proponimento santo che cominciaste, crescendolo ogni dì perfettamente; se volete essere ricevuti nelle braccia del padre. Come figliuoli morti dimanderete la vita; e io spero per la bontà di Dio, che voi l'averete, purché voi vi vogliate bene umiliare, e cognoscere e' difetti vostri.

Ma io mi lagno fortemente di voi, se egli è vero quello che in qua si dice, cioè, che voi abbiate posta la presta a'chierici. Se questo è vero, egli ha grandissimo male per due modi. L'uno, perché ne offendete Dio: perocché nol potete fare con buona coscienzia. Ma pare a me, che voi perdiate la coscienzia e ogni cosa buona; e non pare che s'attenda ad altro che a beni sensitivi e transitorii, che passano come il vento. E non vediamo che noi siamo mortali, e doviamo morire, e non sappiamo 'l quando? E però è grande stoltizia di tollersi la vita della Grazia, ed esso medesimo darsi la morte. Non voglio che facciate più così; ché a questo modo volgereste il capo addietro; e voi sapete, che colui che comincia, non è degno di gloria: ma la perseveranzia infino al fine. Così vi dico che voi non verreste in effetto della pace, se non con la perseveranzia della umiltà, non facendo più ingiuria né scandalo a' ministri e sacerdoti della santa Chiesa.

E questa è l'altra cosa ch'io vi dicevo, che v'era nocivae male. E oltra al male che si riceve per l'offesa di Dio, come detto è, dico che questo è guastamento della vostra pace. Perocché, sapendolo il Padre santo, concepirebbe maggiore indignazione verso di voi.

E questo è quello che ha detto alcuno de' cardinali, che cercano e vogliono la pace volentieri. Sentendo ora questo, dicono: «Non pare che questo sia vero che egli vogliano pacificarsi; perché, se fusse vero, si guarderebbono d'ogni minimo atto che fosse contra la volontà del santo Padre, e a' costumi della santa Chiesa». Credo che queste e simili parole possa dire 'l dolce Cristo in terra; eha ragione e cagione di dirlo, se egli il dice.

Dicovi, carissimi padri, e pregovi, che non vogliate impedire la Grazia dello Spirito Santo, la quale, non meritandola voi, per la sua clemenzia è disposto a darvela. E a me fareste vergogna e vituperio. ché non ne potrebbe escir altro che vergogna e confusione, dicendogli una cosa, e voi ne facessi un'altra. Pregovi che non sia più. Anco, v'ingegnate in detto e in fatto di dimostrare che voi vogliate pace, e non guerra. Ho parlato al santo Padre. Udimmi, per la bontà di Dio sua, graziosamente, mostrando d'avere affettuoso amor della pace; facendo come fa il buon padre, che non ragguarda tanto all'offesa del figliuolo, ch'egli ha fatta a lui, ma ragguarda se egli è umiliato, per potergli fare piena misericordia. Quanto egli ebbe singolare letizia, la lingua mia non il potrebbe narrare. Avendo ragionato con lui buono spazio di tempo, nella conclusione delle parole disse, che, essendo quello che io gli ponevo innanzi, di voi; egli era acconcio di ricevorvi come figliuoli, e di farne quello che ne paresse a me. Altro non dico qui. Altra risposta assolutamente non pare al santo Padre che si dovesse dare, infino che vostri ambasciatori non giugnessero. Maravigliomi che anco non sono giunti. Come saranno giunti, io sarò con loro, e poi sarò col santo Padre: e come troverò la disposizione, così vi scriverò. Ma voi, con le vostre preste e novelle, m'andate guastando ciò che si semina. Non fate più così, per l'amore di Cristo crocifisso e per la vostra utilità. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Data in Avignone, a dì 28 di giugno 1376.


CCXXXI - A Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo padre in Cristo dolce Gesù, la vostra indegna e miserabile figliuola Caterina vi si raccomanda nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi pietra ferma fortificata nel buono e santo proponimento; sicché molti venti contrari e' quali vi percotono, degli uomini del mondo per ministerio e illusione e per malizia delle dimonia, non vi nuocano; li quali vogliono impedire tanto bene che seguita dall'andata vostra. Intesi per la scritta che mi mandaste che li cardinali allegano, che il papa Chimento quarto, quando aveva a fare la cosa, non la voleva fare senza il consiglio de' suoi fratelli cardinali. Poniamoché spesse volte gli paresse che fusse di più utilità il suo medesimo che il loro, nondimeno seguitava il loro. Oimé, santissimo Padre, costoro v'allegano papa Chimento quarto; ma eglino non v'allegano papa Urbano quinto, il quale delle cose che egli era in dubbio se egli era il meglio o si o no di farle, allora voleva il consiglio; ma della cosa che egli era certa e manifesta, come è a voi l'andata vostra, della quale sete certo, egli non s'atteneva a loro consiglio ma seguitava il suo, e non si curava perché tutti gli fussero contrari. Parmi che 'l consiglio de' buoni attenda solo all'onore di Dio, alla salute dell'anime, e alla riformazione della santa Chiesa, e non ad amore proprio di loro.
Dico che 'l consiglio di costoro è da seguitarlo, ma non quello di coloro che amassero solo la vita loro, onori, stati e delizie; perocché il consiglio loro va colà dov'hanno l'amore. Pregovi da parte di Cristo crocifisso, che piaccia alla santità vostra di spacciarvi tosto.
Usate un santo inganno; cioè parendo di prolungare più dì, e farlo poi subito e tosto, che quanto più tosto meno starete in queste angustie e travagli. Anco, mi pare che essi v'insegnino, dandovi l'esempio delle fiere, che quando campano dal lacciuolo, non vi ritornano più. Per infino a qui sete campato dal lacciuolo delli consigli loro nel quale una volta vi fecero cadere, quando tardaste la venuta vostra; il quale lacciuolo fece tendere il dimonio, perché ne seguitasse il danno e 'l male che ne seguitò. Voi come savio, spirato dallo Spirito Santo, non vi caderete più. Andiamci tosto, babbo mio dolce, senza verun timore. Se Dio è con voi, veruno sarà contra voi. Dio è quello che vi muove: sicché egli è con voi. Andate tosto alla Sposa vostra, che vi aspetta tutta impallidita, perché gli poniate il colore. Non vi voglio gravare di più parole; ché molte n'averei a dire. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate a me prosontuosa. Umilmente v'addimando la vostra benedizione. Gesù dolce, Gesù amore.

prosegue: Libro Quarto
dalla CCXXXII (232) alla CCCX (310)
https://www.ilpalio.siena.it/SantaCaterina/libro/4


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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