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"Dicono ma NON fanno" (Mt 23, 1-12) e Gv.15 LA VITE E I TRALCI

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2012 14:17
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O Signore, DAMMI.....
tutto ciò che mi conduce a TE!
O Signore, PRENDI.....
tutto ciò che mi distoglie da TE!
   O Signore, STRAPPA.....
anche me, da me....e
DAMMI TUTTO A TE!
(Edith Stein)



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L'AUTENTICITA' CRISTIANA


La violenza del linguaggio che Gesù adopera verso quel fariseiche si erano seduti sulla cattedra di Mosè può sorprendere, a prima vista, ma è proporzionata alla gravità dello stravolgimento della vita religiosa che essi avevano provocato. Il rimprovero più sfer­zante che Gesù rivolge loro è quello dell'ipocrisia.

Questi farisei erano dei credenti che si erano personalmente impegnati nell'av­ventura della fede e nella ricostruzione della vita religiosa del loro tempo. Sapevano benissimo che la fedeltà all'alleanza non si riduce a delle prestazioni cultuali, che, al contrario, importa precise esi­genze morali. Conoscevano che esistono prescrizioni più impor­tanti della Legge, quelle che riguardano la giustizia e la misericordia. Ma la paura di perdersi e di presentarsi a Dio a mani vuote, li conduceva a cercare all'interno stesso dell'avventura della fede un terreno di sicurezza dove operare la loro giustizia. Per arri­vare a questo non c'era nulla di più facile che ridurre la fedeltà a Dio all'osservanza della Legge, la fede alla religione.

A questo pun­to è possibile scoprirsi automaticamente migliori degli altri; le raffi­natezze della casistica permettono di accentuare ancora di più il sentimento di superiorità; gli altri vengono caricati di fardelli insop­portabili, mentre si può approfittare delle risorse della casistica per raggirare la legge. Qui l'ipocrisia è manifesta: chi ha spirito fari­saico mente a se stesso e inganna gli altri. Egli ha tutta l'apparenza della vera fedeltà a lahvè, ma in realtà la religione che testimonia è estranea all'avventura della fede, e anziché condurre a Dio gli uomini non fa che attirare gli sguardi su di sé; senza neppure avvedersene egli in tutto ciò che fa cerca soltanto di farsi notare.


La reazione di Cristo[SM=g1740730]


Davanti a simili perversioni si comprende la reazione forte di Gesù. Non c'è niente, infatti, di più estraneo alla religione del­l'amore, che il legalismo farisaico col suo corteo di conseguenze. t un atteggiamento e una tentazione corrosiva. Quando nella co­scienza del credente si infiltra il legalismo, il dinamismo proprio dell'avventura della fede viene bloccato, anche se le apparenze sono salve.


Un'insidia nascosta


Perché l'accusa di ipocrisia viene rivolta più sovente ai cristiani che non agli altri? L'ideale cristiano è certamente molto elevato, ma perché si accusano i cristiani di affermare con le parole quello che smentiscono poi con i fatti? Forse perché l'ipocrisia costituisce la tentazione per eccellenza di tutti coloro che vogliono percorrere l'avventura della fede.

L'ipocrisia ha impedito al popolo giudaico di varcare la soglia che doveva portarlo al riconoscimento del vero Messia. P‑ un perí­colo che corre anche il popolo cristiano: di snaturare il volto stesso del regno di Dio. 

I cristiani non sono premuniti più dei Giudei contro il rischio dell'ipocrisia, perché l'orgoglio sottile, da una parte, e una certa inerzia spirituale dall'altra, continuano a lavorare in mezzo a loro. Più che di una vera ipocrisia soggettiva e co­sciente, spesso si tratta di una ipocrisia oggettiva che è insita in fatti e in comportamenti poco chiari e decisi. Paolo riprese Pietro per un atteggiamento poco franco nella questione dei rap­porti con i cristiani provenienti dal paganesimo (Gal 2,14). L'at­teggiamento di Pietro non era ipocrita ma prudenziale, però, data la sua posizione di autorità, esso contribuiva a mantenere un equi­voco che l'universalismo cristiano non poteva tollerare. Proprio coloro che hanno responsabilità sono, più degli altri, in pericolo di comportarsi con una certa ipocrisia. Per stare sopra le parti, per non prendere decisioni che possono dispiacere, sono tentati di non intervenire, di rispondere in maniera evasiva anche quando si esigerebbe da loro una scelta chiara, una presa di posizione decisa, anche se rischiosa e impopolare.


Un dialogo franco e sincero[SM=g1740722]


Anche nell'attuale questione ecumenica può infiltrarsi l'atteggia­mento ambiguo, mentre si richiede chiarezza e precisione perché il dialogo ne guadagni in oggettività. Le posizioni sfumate, le dichia­razioni fumose, un falso irenismo che elude i problemi, servono solo a creare illusioni e a spostare sempre più in là l'incontro fraterno e leale. « Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta intera la dottrina ».

Vale l'esortazione del Vaticano II a tutti i cristiani: « Spinti dalla carità che viene da Dio, i laici operano il bene verso tutti, in modo speciale verso i fratelli nella fede (cf Gal 6,10), eliminando " ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza.



[SM=g1740744]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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La Liturgia della Parola è oggi rivolta in modo particolare a quanti nel Popolo di Dio hanno compiti di responsabilità, o attraverso il ministero sacerdotale o altre mansioni apostoliche; essa è ad un tempo grave richiamo e caldo incoraggiamento, monito e invito.

La prima lettura tratta dal profeta Malachia (1, 14b-2,2b. 8-10) è una severa apostrofe indirizzata ai sacerdoti del tempo che strapazzavano il culto divino compiendolo in modo indegno e invece di guidare il popolo a onorare Dio e ad osservare la sua legge, lo sbandavano con falsi insegnamenti. " Quest'avviso è per voi, sacerdoti. Se non ascoltate e se non vi preoccupate di rendere gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, io invierò contro di voi una maledizione... Ma voi avete deviato dal retto sentiero e avete causato la caduta di molti col vostro insegnamento " (ivi 2, 1-2.8).

Il sacerdote, il catechista, l'educatore hanno lo stretto, dovere di insegnare a onorare Dio sia con la preghiera sia con la vita regolata secondo la legge divina. Chi si scosta da questo impegno e si serve del proprio ufficio per trasmettere non la parola di Dio e l'insegnamento della Chiesa, ma parola e idee personali diviene pietra d'inciampo, occasione di perdita di molti, i quali restano tratti in inganno quanto più è grande l'autorità dei loro maestri.

Anche Gesù come si legge nel Vangelo del giorno (Mt 23, 1-12) ha dovuto deplorare la condotta degli scribi e dei farisei che occupavano "la cattedra di Mosè" facendola da maestri, mentre il loro insegnamento e la loro condotta era in aperto contrasto con la legge di Dio. Gesù li accusa soprattutto di ipocrisia e di orgoglio. Essi "dicono e non fanno " (ivi 3), pretendono dal popolo un cumulo di osservanze non comandate da Dio, ma da parte loro non le sfiorano "neppure con un dito" (ivi 4). Ostentano le opere buone che compiono "per essere ammirati dagli uomini " (ivi 5), "pieni di boria cercano i primi posti, amano di essere onorati e chiamati  "rabbi dalla gente"" (ivi 7). A tale condotta Gesù contrappone la semplicità e l'umiltà che egli vuol vedere nei suoi discepoli e quindi in ogni apostolo. Invece di posare da maestri, devono far scomparire la loro autorità in un comportamento modesto, fraterno, cordiale che la rende più accetta e più valida. Del resto bisogna sempre ricordare che uno solo è il maestro, "UNA SOLA E' LA GUIDA, CRISTO" (ivi 10)..

A queste qualità vanno aggiunti l'amore sincero, la dedizione generosa e il disinteresse personale di cui parla la seconda lettura (1 Ts 2,7-9 .13). "Ci siamo resi affabili in mezzo a voi - scrive S. Paolo ai Tessalonicesi - come una nutrice che circonda d'affetto i propri figli. Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma anche la nostra vita, perché siete divenuti l'oggetto del nostro amore " (ivi 7-8). L'apostolo dinamico e combattivo diventa tenero come una madre verso coloro che con le sue fatiche apostoliche genera a Cristo. Li sente suoi figli al punto di desiderare di dare per essi anche la vita.

Non sono semplici parole, perché egli non ha indietreggiato neppure di fronte ai rischi più pericolosi pur di guadagnare uomini a Cristo e inoltre li ha evangelizzati con "fatica e travaglio... lavorando giorno e notte per non essere di peso ad alcuno" (ivi 9). Ha spinto la sua generosità fino a rinunciare anche a quello che gli spettava di diritto. Si è preoccupato unicamente di dare e niente affatto di ricevere, convinto che il disinteresse personale avrebbe conferito maggiore efficacia alla sua predicazione; essa infatti, fu accolta "non quale parola di uomini, ma come è veramente, quale parola di Dio " (ivi 13).

L'annuncio disinteressato del Vangelo è una testimonianza assai eloquente della verità della propria fede.


Pace a tutti, sia lodato Gesù Cristo e Maria nostra Madre, Gino[SM=g1740717]

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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Ho letto da Gino la bella meditazione, allora riporto anche qui la meditazione che è scaturita a me nel leggere quelle parole:
Dalla mia esperienza traggo, da questa Lectio Divina di Domenica, che il Signore è veramente magnanimo!
Mi rimetto in queste parole per approfondire la meditazione e rimuginarla come fa una mucca con l'erba:
Nell’indicare la via della salvezza Paolo avrebbe voluto dare la propria vita. Sentiva il limite di una semplice trasmissione verbale. Ciò che trascina è l’esempio che trascina, il dare la vita per gli altri. In tal senso ogni cattedra può diventare un patibolo, non il trampolino per tuffarsi nella vanagloria..
Le parole possono uccidere, ferire, fare del male, anche così è per la Bibbia, Essa è una < lama a doppio taglio >. Il Signore non ci vuole tutti evangelizzatori nel ruolo dei "parlatori", ma evangelizzatori specialmente con la testimonianza di una vita audace, cattolica, aderente alla sua Chiesa, ed io mi sforzo di capire quale sia il mio ruolo nella società, cerco di viverlo alla luce del Vangelo e non semplicemente alla lettera. L'esempio trascina dice Paolo, la testimonianza dei martiri ha fatto altri martiri, nessuna vanagloria quando ci si è spogliati dell'uomo vecchio, quando si è toccato il fondo della propria miseria.
A tutto questo vorrei aggiungere una meditazione a questa pagina stupenda dove leggo:
Il sacerdote, il catechista, l'educatore hanno lo stretto, dovere di insegnare a onorare Dio sia con la preghiera sia con la vita regolata secondo la legge divina. Chi si scosta da questo impegno e si serve del proprio ufficio per trasmettere non la parola di Dio e l'insegnamento della Chiesa, ma parola e idee personali diviene pietra d'inciampo, occasione di perdita di molti, i quali restano tratti in inganno quanto più è grande l'autorità dei loro maestri.

Anche Gesù come si legge nel Vangelo del giorno (Mt 23, 1-12) ha dovuto deplorare la condotta degli scribi e dei farisei che occupavano "la cattedra di Mosè" facendola da maestri, mentre il loro insegnamento e la loro condotta era in aperto contrasto con la legge di Dio. Gesù li accusa soprattutto di ipocrisia e di orgoglio. Essi "dicono e non fanno " (ivi 3), .
Allora mi metto al loro posto e comincio a chiedermi: < io, io cosa sto facendo? Come mi comporto? Come amo? Come opero?> Penso che Gesù è questo che vuole che ci chiediamo, e non di usare poi queste parole per accusare gli altri fratelli, o per penalizzare sempre i sacerdoti, perchè ci dice anche di < guardare alla trave del nostro occhio e non di voler togliere a tutti i costi la pagliuzza che c'è nell'occhio del fratello >
Sapete cosa mi viene in mente?

La differenza dell'oggetto:
Gesù non dice  < la trave che c'è nel tuo fratello > ma la chiama pagliuzza, quasi a volerla sminuire, mentre chiama trave, perciò una enormità, quello che sta nel mio di occhio.[SM=g7574]
Io non sottovaluteri questo aspetto.

Vi lascio con queste parole inserite dalla cara rom, che sottolinea un aspetto molto forte:

Vale l'esortazione del Vaticano II a tutti i cristiani: « Spinti dalla carità che viene da Dio, i laici operano il bene verso tutti, in modo speciale verso i fratelli nella fede (cf Gal 6,10), eliminando " ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza.

Sia Lodato Gesù Cristo

[SM=g1740750]
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20/12/2008 23:06
 
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L'ultima volta che siamo andati a mangiare la pizza tutti insieme, al momento di iniziare, ci siamo segnati con la Croce ed abbiamo elevato una lode al Signore: quelli che ci stavano intorno, accorgendosi di ciò, hanno fermato le loro conversazioni o
hanno abbassato il tono della voce, e si è creata una situazione di sorpresa,
forse compassione, per questa famiglia che pubblicamente ringraziava il Signore prima di mangiare....poi tutto
è ripreso come prima.
Come è importante dare i segni
della fede, anche a rischio di passare per sciocchi, anche a rischio di essere derisi (i sorrisini non mancavano).

Come è importante trasmettere questo ai figli, perché 
non si vergognino di Colui che ci ha creati e che ci ama più di ogni altro.
 
Se non lo vedono fare da noi, come
potranno farlo un giorno loro?

E poi l'importanza della
testimonianza...non occorre andare a fare i Missionari, o meglio...possiamo esserlo nel mondo in cui Dio ci ha messi....anche dire un Rosario mentre siamo in autobus, alla metropolitana, in attesa per una visita medica, in attesa che il figlio termini la sua lezione sportiva...Dieci Ave Maria la sera, sono il tempo di una pubblicità prima dei programmi della sera, cronometrate!! Aprire la Bibbia per leggervi anche un Mistero al giorno, abituerà il figlio ad un gesto amato dai genitori e che lo ricorderà per tutta la vita....:
a volte questi piccoli gesti salvano una vita, e forse a noi non lo verrà a dire mai nessuno. Ma lasciamo che sia il Signore
ad usare della nostra disponibilità a favore
dei fratelli.
Un giorno, in cielo,
questi segreti ci verranno svelati, e sarà veramente gioia grande per i piccoli e gli umili del Signore.


2Timoteo 1,8
  "Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio."


Romani 1,16
  "Io infatti non mi vergogno del vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco."


Luca 9,26
  "Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi."


Marco 8,38
  "Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi."


Santa Teresina:
"E' vero, è vero che il Signore sceglie i piccoli per confondere i grandi di questo mondo.Io non faccio assegnamento sulle mie proprie forze, ma sulla forza di colui che sulla croce ha vinto le potenze dell'inferno."


ANGELUS


È quasi mezzogiorno e corro verso casa con due pesanti borse di spesa. Un semaforo rosso al crocevia mi obbliga a una sosta mentre i rintocchi delle campane diffondono l’armonia dell’Ave Maria. A pochi metri da me, un signore distinto sui sessant’anni si ferma all’angolo come dovesse attendere il verde per attraversare, ma con naturalezza e senza preoccuparsi di chi gli è attorno fa un ampio segno della croce e inizia a pregare.

Lo guardo perplessa e anche con ammirazione; in pochi istanti un mulinello di pensieri affolla la mia mente fino a percepire chiaramente che questo coraggio io non l’ho mai avuto.

Intanto è scattato il verde e, rallentando un po’ l’andatura quasi a voler prolungare quell’incontro di qualche secondo, attraverso. Anche lui. Mentre sto per proseguire sento un: «Signora!» e mi giro. L’uomo distinto si avvicina e mi dice: «Ho notato che mi guardava… non è lei la prima…». Mi sento a disagio e cerco di scusarmi, ma capisco subito che il suo non è un rimprovero e prosegue: «Ogni giorno, alle dodici, in qualunque posto mi trovi, recito l’Angelus. Me l’ha insegnato tanti anni fa la Gemma, l’ostetrica che ha fatto nascere me e i miei fratelli in casa. Quest’ora mi dice che il giorno non è fatto solo di lavoro e di preoccupazioni».


Sono meravigliata. Più che parole, in pochi istanti fra noi si incrociano sguardi che dicono tanto. Non so chi sia quel signore; il suo abbigliamento e la ventiquattr’ore che teneva in mano erano eloquenti e muti al tempo stesso. Una cosa è sicura: è un figlio di Dio che non teme il giudizio umano e mi ha dato l’esempio per fare altrettanto.
 


Elisanna Floris

tratto dalla rivista La Madonna dei Poveri

per informazioni o per ricevere la rivista

rivolgersi a Movimento Madonna dei Poveri

piazza Madonna dei Poveri - 20152 Milano

tel, 02 48.70.74.06

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06/05/2012 14:17
 
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Il Papa: Cari amici, ognuno di noi è come un tralcio, che vive solo se fa crescere ogni giorno nella preghiera, nella partecipazione ai Sacramenti, nella carità, la sua unione con il Signore. E chi ama Gesù, vera vite, produce frutti di fede per un abbondante raccolto spirituale. Supplichiamo la Madre di Dio perché rimaniamo saldamente innestati in Gesù e ogni nostra azione abbia in Lui il suo inizio e in Lui il suo compimento


 
 

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CÆLI, 06.05.2012


PRIMA DEL REGINA CÆLI
 
Cari fratelli e sorelle!
 

Il Vangelo di oggi, quinta domenica di Pasqua, si apre con l’immagine della vigna. «Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore”» (Gv 15,1).
Spesso, nella Bibbia, Israele viene paragonato alla vigna feconda quando è fedele a Dio; ma, se si allontana da Lui, diventa sterile, incapace di produrre quel «vino che allieta il cuore dell’uomo», come canta il Salmo 104 (v. 15).
La vera vigna di Dio, la vite vera, è Gesù, che con il suo sacrificio d’amore ci dona la salvezza, ci apre il cammino per essere parte di questa vigna. E come Cristo rimane nell’amore di Dio Padre, così i discepoli, sapientemente potati dalla parola del Maestro (cfr Gv 15,2-4), se sono uniti in modo profondo a Lui, diventano tralci fecondi, che producono abbondante raccolto. Scrive san Francesco di Sales: «Il ramo unito e congiunto al tronco porta frutto non per propria virtù, ma per virtù del ceppo: ora, noi siamo stati uniti dalla carità al nostro Redentore, come le membra al capo; ecco perché … le buone opere, traendo il loro valore da Lui, meritano la vita eterna» (Trattato dell’amore di Dio, XI, 6, Roma 2011, 601).

Nel giorno del nostro Battesimo la Chiesa ci innesta come tralci nel Mistero Pasquale di Gesù, nella sua Persona stessa. Da questa radice riceviamo la preziosa linfa per partecipare alla vita divina. Come discepoli, anche noi, con l’aiuto dei Pastori della Chiesa, cresciamo nella vigna del Signore vincolati dal suo amore. «Se il frutto che dobbiamo portare è l’amore, il suo presupposto è proprio questo “rimanere” che profondamente ha a che fare con quella fede che non lascia il Signore» (Gesù di Nazaret, Milano 2007, 305). È indispensabile rimanere sempre uniti a Gesù, dipendere da Lui, perché senza di Lui non possiamo far nulla (cfr Gv 15,5).

In una lettera scritta a Giovanni il Profeta, vissuto nel deserto di Gaza nel V secolo, un fedele pone la seguente domanda: Come è possibile tenere insieme la libertà dell’uomo e il non poter far nulla senza Dio? E il monaco risponde: Se l’uomo inclina il suo cuore verso il bene e chiede a Dio l’aiuto, ne riceve la forza necessaria per compiere la propria opera. Perciò la libertà dell’uomo e la potenza di Dio procedono insieme. Questo è possibile perché il bene viene dal Signore, ma esso è compiuto grazie ai suoi fedeli (cfr Ep. 763, SC 468, Paris 2002, 206). Il vero «rimanere» in Cristo garantisce l’efficacia della preghiera, come dice il beato cistercense Guerrico d’Igny: «O Signore Gesù … senza di te non possiamo fare nulla. Tu infatti sei il vero giardiniere, creatore, coltivatore e custode del tuo giardino, che pianti con la tua parola, irrighi con il tuo spirito, fai crescere con la tua potenza» (Sermo ad excitandam devotionem in psalmodia, SC 202, 1973, 522).

Cari amici, ognuno di noi è come un tralcio, che vive solo se fa crescere ogni giorno nella preghiera, nella partecipazione ai Sacramenti, nella carità, la sua unione con il Signore. E chi ama Gesù, vera vite, produce frutti di fede per un abbondante raccolto spirituale. Supplichiamo la Madre di Dio perché rimaniamo saldamente innestati in Gesù e ogni nostra azione abbia in Lui il suo inizio e in Lui il suo compimento.


DOPO IL REGINA COELI



Cari fratelli e sorelle! Desidero anzitutto ricordare che tra meno di un mese avrà luogo a Milano il VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Ringrazio la Diocesi ambrosiana e le altre Diocesi lombarde che stanno collaborando alla preparazione di questo evento ecclesiale, promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, presieduto dal Cardinale Ennio Antonelli. Anch’io, a Dio piacendo, avrò la gioia di parteciparvi e per questo mi recherò a Milano dall’1 al 3 giugno.


(...)


Infine rivolgo il mio cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare all’Associazione Meter, che promuove l’impegno in favore dei bambini vittime della violenza.
Saluto inoltre i fedeli venuti da Salerno e dalla parrocchia di Santa Francesca Cabrini in Roma, i bambini di Caserta con i loro genitori, i ragazzi di San Leonardo in Parma che hanno ricevuto la Cresima, e l’Istituto "Majorana" di Messina.
Un saluto speciale va alle nuove Guardie Svizzere e ai loro familiari, nel giorno della festa di questo storico Corpo. A tutti auguro una buona domenica e un buon mese di maggio, in spirituale compagnia della Madonna.
Grazie! Buona domenica.

Buona settimana a tutti voi.

[SM=g1740738]

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