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"Discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò e salì al cielo" e il Sabato Santo

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2012 09:42
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08/09/2009 11:53
 
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Dove andò Gesù in quei tre giorni prima della resurrezione?
una curiosità che ho da parecchio tempo in seguito alla lettura di una frase: "discese agli inferi e poi resuscitò"
non ricordo dove l'ho letto, ma mi ha sconvolta, perchè ho sempre pensato inconsciamente che fosse semplicemente stato in paradiso a fianco di Dio.
Ma che significa "discese agli inferi"? Ed è vero (cattolicamente parlando)?

Una curiosità inutile, ma pur sempre una curiosità e anche un dubbio al quale forse voi saprete darmi una risposta...

Un bacione!
Lizzie


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Da: °Teofilo Inviato: 13/04/2003 17.44
Cara Lizzi

la tua domanda è del tutto pertinente anche al tempo liturgico che ci prepariamo a vivere in questa settimana.

Il Catechismo riporta in modo molto preciso quello che la Chiesa insegna al riguardo, sulla base di vari versetti contenuti al riguardo nelle lettere di S. Pietro .

Spero che il testo sia esauriente:

624 "Per la grazia di Dio, egli" ha provato "la morte a vantaggio di tutti" ( Eb 2,9 ). Nel suo disegno di salvezza, Dio ha disposto che il Figlio suo non solamente morisse "per i nostri peccati" ( 1Cor 15,3 ) ma anche "provasse la morte", ossia conoscesse lo stato di morte, lo stato di separazione tra la sua anima e il suo Corpo per il tempo compreso tra il momento in cui egli è spirato sulla croce e il momento in cui è risuscitato. Questo stato di Cristo morto è il Mistero del sepolcro e della discesa agli inferi. E' il Mistero del Sabato Santo in cui Cristo deposto nel sepolcro [Cf Gv 19,42 ] manifesta il grande riposo sabbatico di Dio [Cf Eb 4,4-9 ] dopo il compimento [Cf Gv 19,30 ] della salvezza degli uomini che mette in pace l'universo intero [Cf Col 1,18-20 ].


Cristo nel sepolcro con il suo Corpo


625 La permanenza di Cristo nella tomba costituisce il legame reale tra lo stato di passibilità di Cristo prima della Pasqua e il suo stato attuale glorioso di risorto. E' la medesima Persona del "Vivente" che può dire: " Io ero morto, ma ora vivo per sempre " ( Ap 1,18 ).


Dio [il Figlio] non ha impedito che la morte separasse l'anima dal corpo, come naturalmente avviene, ma egli li ha di nuovo ricongiunti l'uno all'altra con la Risurrezione, al fine di essere lui stesso, nella sua Persona, il punto d'incontro della morte e della vita arrestando in sé la decomposizione della natura causata dalla morte e divenendo lui stesso principio di riunione per le parti separate [San Gregorio di Nissa, Oratio catechetica, 16: PG 45, 52B].


626 Poiché l'"Autore della vita" che è stato ucciso [Cf At 3,15 ] è anche il Vivente che "è risuscitato", [Cf Lc 24,5-6 ] necessariamente la Persona divina del Figlio di Dio ha continuato ad assumere la sua anima e il suo corpo separati tra di loro dalla morte:


La Persona unica non si è trovata divisa in due persone dal fatto che alla morte di Cristo l'anima è stata separata dalla carne; poiché il corpo e l'anima di Cristo sono esistiti al medesimo titolo fin da principio nella Persona del Verbo; e nella morte, sebbene separati l'uno dall'altra, sono restati ciascuno con la medesima ed unica Persona del Verbo [San Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa, 3, 27: PG 94, 1098A].


CRISTO DISCESE AGLI INFERI


632 Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento secondo le quali Gesù "è risuscitato dai morti" ( At 3,15; Rm 8,11; 1Cor 15,20 ) presuppongono che, preliminarmente alla Risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti [Cf Eb 13,20 ]. E' il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri [Cf 1Pt 3,18-19 ].


633 La Scrittura chiama inferi, shéol o ade [Cf Fil 2,10; At 2,24; Ap 1,18; Ef 4,9 ] il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio [Cf Sal 6,6; Sal 88,11-13 ]. Tale infatti è, nell'attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti, cattivi o giusti; [Cf Sal 89,49; 633 1Sam 28,19; Ez 32,17-32 ] il che non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù nella parabola del povero Lazzaro accolto nel "seno di Abramo" [Cf Lc 16,22-26 ]. "Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere liberate da Gesù disceso all'inferno" [Catechismo Romano, 1, 6, 3]. Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati [Cf Concilio di Roma (745): Denz. -Schönm., 587] né per distruggere l'inferno della dannazione, [Cf Benedetto XII, Opuscolo Cum dudum: Denz. -Schönm., 1011; Clemente VI, Lettera Super quibusdam: ibid., 1077] ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto [Cf Concilio di Toledo IV (625): Denz. -Schönm., 485; cf anche Mt 27,52-53 ].


634 "La Buona Novella è stata annunciata anche ai morti. . . " ( 1Pt 4,6 ). La discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della salvezza. E' la fase ultima della missione messianica di Gesù, fase condensata nel tempo ma immensamente ampia nel suo reale significato di estensione dell'opera redentrice a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi partecipi della Redenzione.


635 Cristo, dunque, è disceso nella profondità della morte [Cf Mt 12,40; Rm 10,7; Ef 4,9 ] affinché i morti udissero la voce del Figlio di Dio e, ascoltandola, vivessero [Cf Gv 5,25 ]. Gesù "l'Autore della vita" ( At 3,15 ) ha ridotto "all'impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo" liberando "così tutti quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita" ( Eb 2,14-15 ). Ormai Cristo risuscitato ha "potere sopra la morte e sopra gli inferi" ( Ap 1,18 ) e "nel nome di Gesù ogni ginocchio" si piega "nei cieli, sulla terra e sotto terra" ( Fil 2,10 ).


Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato ed ha svegliato coloro che da secoli dormivano. . . Egli va a cercare il primo padre, come la pecora smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva, che si trovano in prigione. . . "Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio. Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la Vita dei morti" [Da un'antica "Omelia sul Sabato Santo": PG 43, 440A. 452C, cf Liturgia delle Ore, II, Ufficio delle letture del Sabato Santo].




In sintesi


636 Con l'espressione "Gesù discese agli inferi", il Simbolo professa che Gesù è morto realmente e che, mediante la sua morte per noi, egli ha vinto la morte e il diavolo "che della morte ha il potere" ( Eb 2,14 ).



637 Cristo morto, con l'anima unita alla sua Persona divina è disceso alla dimora dei morti. Egli ha aperto le porte del cielo ai giusti che l'avevano preceduto.


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La discesa di Cristo agli inferi fa parte della sostanza della buona novella.

Prima di Cristo, tutti i popoli avevano una vaga idea (speranza o timore), di continuare a vivere dopo la morte e tentavano di "localizzare", di "materializzare" quello che doveva essere un modo di vivere, di esistere nel regno dei morti: sheòl per i giudei, ade o tartaro per i greci, inferi per i latini. Lasciando da parte ogni "localizzazione sotterranea", gli inferi erano l’incontro di tutti i defunti, lo stato (non il luogo) in cui ciascuno entrava quando raggiungeva i suoi antenati, come i fiumi vanno al mare. Sono questi gli inferi in cui Gesù Cristo, appena spirato, raggiunse gli spiriti, le anime di tutti gli uomini morti prima di lui e che aspettavano la salvezza.

Cosa vi andò a fare? "Andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione" (1 Pt 3,19): "infatti è stata annunziata la buona novella anche ai morti, perché pur avendo subìto, perdendo la vita del corpo, la condanna comune a tutti gli uomini, vivano secondo Dio nello spirito" (1 Pt 4,6).

Gesù è venuto a salvare tutta l’umanità perché "Dio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati" (1 Tm 2,4). Quando si dice tutti non si intende solo i contemporanei di Cristo e noi che siamo venuti dopo, ma anche quelli che erano esistiti prima. Questi ultimi Gesù li ha cercati, trovati e salvati dove erano: negli inferi.

Spero di essermi spiegato bene.

Buona settimana a tutti, Gino


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Da: 7978Pergamena Inviato: 13/04/2003 20.10

Visto che gli altri ti hanno dato una risposta esaudiente......io provvedo a colmare un punto che per me è interessante dove dici, oltre alla domanda specifica:

non ricordo dove l'ho letto, ma mi ha sconvolta, perchè ho sempre pensato inconsciamente che fosse semplicemente stato in paradiso a fianco di Dio.
Ma che significa "discese agli inferi"? Ed è vero (cattolicamente parlando)?



.......

proviamo a rispondere:

Di certo l'hai letto professando la formula del CREDO..... [SM=g1740733]
"stare al fianco di Dio"...
Gesù, quale uomo....avrebbe dovuto terminare l'opera della Salvezza.....in Croce dice "Tutto è compiuto".....cioè, tutto quello che doveva fare sulla terra......ora restava l'ultimo compito....LIBERARE GLI OSTAGGI A CAUSA DEL PECCATO.....morti prima della sua Incarnazione e quindi della Salvezza......
Con la Risurrezione, e quindi l'Ascenzione al Cielo....Gesù fa ritorno al Padre.......siede ora al suo fianco, in attesa del grande finale.....ma stare a fianco di Dio non s'intende in modo statico infatti dice "Io sarò con VOI...ogni giorno, fino alla fine del mondo....."

Infatti il pezzo 631 del Catechismo riporta:
631 Gesù era disceso nelle regioni inferiori della terra: "Colui che discese è lo stesso che anche ascese"( Ef 4,10 ). Il Simbolo degli Apostoli professa in uno stesso articolo di fede la discesa di Cristo agli inferi e la sua Risurrezione dai morti il terzo giorno, perché nella sua Pasqua egli dall'abisso della morte ha fatto scaturire la vita:

Cristo, tuo Figlio,
che, risuscitato dai morti,
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena,
e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen

.........

Infine dici "cattolicamente parlando"...ebbene tutti i cristiani professano lo stesso Credo, anche gli Ortodossi contemplano questo versetto perchè è appunto il Simbolo della Fede degli Apostoli...ergo dovrebbero (e lo si spera) che lo interpritino anche nella medesima comunione di fede che Pietro deve conferma e conferma [SM=g1740733] )....

Gesù vive la morte nel senso che essa ha acquistato in seguito al peccato, cioè la lontananza da Dio, LA CHIUSURA DEL PARADISO. Il Figlio, cioè Gesù, assume su di se la lontananza da Dio, diventa peccato da annientare. Qui si può vedere la solidarietà più estrema, Dio raggiunge l'uomo la dove è più lontano da Lui, cioè nel peccato, fino a scendere negli inferi affinchè nessun posto, anche il più temuto e il più lontano restasse sprovvisto dell'Amore misericordioso del Padre, quel Padre che lascia tutte le pecore per andare alla ricerca di una perduta, così come anche da morto, attende il giorno del trionfo se non dopo aver liberato tutte le anime prigioniere... [SM=g1740717] [SM=g1740720] .....
Dunque Gesù, morendo, ha vinto la morte perchè Lui era senza peccato, era DIO...di conseguenza ci ha MERITATO LA SALVEZZA, ci ha fatto guadagnare il Paradiso, HA RIAPERTO LE PORTE DEL PARADISO che con il peccato erano state chiuse (cfr. genesi) [SM=g1740722]

Fraternamente C.


[SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739] [SM=g1740739]


Da: lizzie9821E Inviato: 13/04/2003 20.45

vi ringrazio delle risposte!!
si infatti mi pareva che fosse un credo a dirlo... solo che quello che recito io è diverso... forse ce ne sono + versioni (o forse solo per questa frase facoltativa).
Il mio dice solo così: "...morì e fu sepolto. Il terzo giorno resuscitò..."
insomma manca la parte "discese agli inferi".

Ma per "inferi" si intende "inferno"?
Perchè non capivo come potesse essere vero che era stato all'inferno soffrendo x i peccati (arrangiamento mio), quando l'inferno è separazione da Dio, e come poteva Gesù essere separato da Dio?
Ma credo di aver capito che significhi che è stato dove stanno i morti ad annunciare anche lì la buona novella. Come scritto nel catechismo che mi avete mostrato: La discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della salvezza.
Insomma era questo il concetto.

Ora un'altra domanda:
Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati né per distruggere l'inferno della dannazione, ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto.
Cioè i giusti che l'avevano preceduto erano tutti all'inferno?? cioè prima di Gesù tutti i morti, giusti e non, andavano all'inferno?

Lizzie

-----------------------------------------------------------------

Lizzie, quella che usi è la formula "abbreviata" detta appunto: "Credo Apostolico" dove sono contenuti i dogmi principali della nostra Fede....

Poi chiedi:

Ora un'altra domanda:
Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati né per distruggere l'inferno della dannazione, ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto.
Cioè i giusti che l'avevano preceduto erano tutti all'inferno?? cioè prima di Gesù tutti i morti, giusti e non, andavano all'inferno?


..........


[SM=g1740733] rispondo usando una bellissima risposta di padre Angelo O.P.


Vorrei un chiarimento del termine “inferi”

Quesito

Caro padre Angelo,

vorrei un chiarimento del termine “inferi” che Gesù cita, in riferimento alla Sua Chiesa, rispondendo alla “confessione di Pietro” (Matteo 16,18), sia del termine “inferi” che troviamo nel Credo. In Matteo “le porte degli inferi non prevarranno contro di essa (chiesa)”; il Ricciotti (in “ Vita di Gesù Cristo” edizione Mondadori pagg. 437) spiega così: inferi uguale luogo dei dannati, quindi inferno.
Nel Credo “ Gesù discese agli inferi.........” non all'inferno, perchè li non c'era niente da salvare! Mi può chiarire il significato del termine, sia nel primo che nel secondo caso?
Infine il Penna (in “Gesù di Nazaret “edizione San Paolo pagg.75) ritiene, sempre riferendosi ai termini “chiesa” e “inferi” (in Matteo 16,18), che il versetto reca i segni di una successiva redazione di stampo ellenistico (in riferimento al termine greco “Ade”). Inoltre, dice il Penna, Gesù potrebbe anche non aver voluto fondare una Chiesa! Le chiedo dei lumi anche su questo. Mi scusi se sono stato confusionario, spero che abbia capito lo stesso.
La ringrazio e buon onomastico (scrivo il 2 ottobre).
Cordiali saluti.
Angelo


-----------------------------------------------------------

Risposta del sacerdote [SM=g1740721]

Caro Angelo,

1. la spiegazione del Ricciotti è esatta.
Mentre non è accettabile il pensiero secondo il quale Cristo non avrebbe voluto fondare una Chiesa.
La Congregazione per la dottrina della fede, nella Istruzione Dominus Iesus (6.8.2000) afferma: “Il Signore Gesù, unico Salvatore, non stabilì una semplice comunità di discepoli, ma costituì la Chiesa come mistero salvifico: Egli stesso è nella Chiesa e la Chiesa è in Lui; perciò, la pienezza del mistero salvifico di Cristo appartiene anche alla Chiesa, inseparabilmente unita al suo Signore. Gesù Cristo, infatti, continua la sua presenza e la sua opera di salvezza nella Chiesa ed attraverso la Chiesa che è suo Corpo...
Perciò, in connessione con l'unicità e l'universalità della mediazione salvifica di Gesù Cristo, deve essere fermamente creduta come verità di fede cattolica l'unicità della Chiesa da lui fondata...
I fedeli sono tenuti a professare che esiste una continuità storica - radicata nella successione apostolica - tra la Chiesa fondata da Cristo e la Chiesa Cattolica” (n. 16).

2. Circa le precise espressioni evangeliche che mi riporti, ti trascrivo quanto leggo in un Commentario:

“A te darò le chiavi del Regno dei cieli”: la metafora usata da Gesù è di facile comprensione. Gesù è l'architetto, la Chiesa è l'edificio che si vuole costruire, Pietro è il fondamento solido e ineliminabile che darà fermezza e consistenza a tutto l'edificio (cfr. Mt 7,24).
Gesù promette immediatamente e direttamente a Pietro un primato non solo di onore ma anche di giurisdizione su tutta la Chiesa. Pietro sarà il capo e il pastore di tutti i fedeli.
Non è la fede, ma la persona di Pietro che sarà fondamento della Chiesa.

3. “Le porte degli inferi”. È un'altra espressione metaforica. Le porte nella Sacra Scrittura (Gn 21,17; 24,60ss) indicano sovente luoghi fortificati.
Presso gli orientali in generale significano la suprema potestà di una città o di un regno. (Ancora agli inizi del secolo XX l'impero turco veniva chiamato Sublime Porta).
Gli inferi o scheol erano il soggiorno dei morti, immaginato come una prigione munita di solidissime porte (Is 38,10). Qui significa il luogo dove sono confinati i reprobi. Le porte dell'inferno significano quindi le potestà diaboliche. Le potestà infernali muoveranno continua guerra alla Chiesa fondata sopra una roccia; contro di essa faranno sorgere persecuzioni violente ecc., ma non riusciranno a riportare vittoria. Da questa promessa si può dedurre l'infallibilità della Chiesa e del suo Capo il Romano Pontefice.

4. Per gli antichi negli “inferi”, e cioè nel Regno dei morti, prima della venuta di Cristo c’erano tutti i morti: reprobi, giusti e quelli che avevano bisogno di purificazione.
Tuttavia i giusti non stavano insieme con i dannati, ma davanti alle porte. Nel Medioevo a questo luogo è stato dato il nome di Limbo.
Gesù dunque scese nel Limbo per liberare le anime dei giusti e portarle con Sé in Paradiso al momento della sua Risurrezione
.

5. La discesa di Gesù agli inferi è attestata da San Pietro: “E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione; essi avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua” (1 Pt 3,19-20).
Certamente Gesù ha liberato i defunti castigati al tempo di Noè, ma, secondo quanto si legge in Eb 11 anche i giusti che lo attendevano.

6. Ecco che cosa dice San Tommaso sulla discesa di Gesù negli inferi:
“Uno può trovarsi in un luogo in due modi. Primo, mediante i suoi effetti.
E in questo modo si può dire che Cristo discese in ogni parte dell'inferno: però con effetti diversi.
Infatti nell'inferno dei dannati egli produsse l'effetto di confondere la loro incredulità e la loro malizia.
A coloro invece che si trovavano in purgatorio diede la speranza di raggiungere la gloria.
Ai santi Patriarchi poi, che erano all'inferno solo per il peccato originale, infuse la luce della gloria eterna.
Secondo, si può dire che uno è in un dato luogo col proprio essere.
E in questo modo l'anima di Cristo discese solo in quella parte dell'inferno in cui erano detenuti i giusti: poiché volle visitare anche localmente con la sua anima coloro che mediante la grazia visitava interiormente con la sua divinità. Così tuttavia, portandosi in una parte dell'inferno, irradiò in qualche modo la sua azione nell'inferno intero: come soffrendo la sua passione in un solo luogo della terra liberò con essa tutto il mondo” (Somma teologica, III, 52,2).

Ti ringrazio degli auguri che ricambio, anche se in ritardo, ti prometto un ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo

www.amicidomenicani.it





[SM=g1740722]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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[SM=g1740733] Joseph Ratzinger e il mistero del Sabato Santo (1967)



Ratzinger e il mistero del Sabato santo



In occasione del centenario della nascita di William Congdon è in corso a New Haven, in Connecticut, al Knights of Columbus Museum, la mostra «The Sabbath of History: William Congdon». In esposizione sessantacinque opere che illustrano come il percorso artistico di Congdon sia segnato da una profonda meditazione spirituale che ha trovato, tra l'altro, consonanza con le riflessioni di Joseph Ratzinger proprio sul tema del Sabato santo. La mostra -- aperta fino al 16 settembre e curata da Rodolfo Balzarotti e da Daniel Mason -- accosta infatti alle opere di Congdon le meditazioni di Ratzinger che risalgono ad alcune lezioni tenute nel 1967 poi raccolte nel 1998 nel libro Il sabato della storia (Jaca Book) scritto insieme a William Congdon. Pubblichiamo stralci di una di quelle meditazioni.
 



Il nascondimento di Dio in questo mondo costituisce il vero mistero del Sabato santo, mistero accennato già nelle parole enigmatiche secondo cui Gesù «è disceso all'inferno».
Nello stesso tempo l'esperienza del nostro tempo ci ha offerto un approccio completamente nuovo al Sabato santo, giacché il nascondimento di Dio nel mondo che gli appartiene e che dovrebbe con mille lingue annunciare il suo nome, l'esperienza dell'impotenza di Dio che è tuttavia l'Onnipotente -- questa è l'esperienza e la miseria del nostro tempo.

 
Ma anche se il Sabato santo in tal modo ci si è avvicinato profondamente, anche noi comprendiamo il Dio del Sabato santo più della manifestazione potente di Dio in mezzo ai tuoni e ai lampi, di cui parla l'antico Testamento, rimane tuttavia insoluta la questione di sapere che cosa si intende veramente quando si dice in maniera misteriosa che Gesù «è disceso nell'inferno».
 
Diciamolo con tutta chiarezza: nessuno è in grado di spiegarlo veramente. Né diventa più chiaro dicendo che qui inferno è una cattiva traduzione della parola ebraica shêol, che sta a indicare semplicemente tutto il regno dei morti, e quindi la formula vorrebbe originariamente dire soltanto che Gesù è sceso nella profondità della morte, è realmente morto e ha partecipato all'abisso del nostro destino di morte. Infatti sorge allora la domanda: che cos'è realmente la morte e che cosa accade effettivamente quando si scende nelle profondità della morte?
 
Dobbiamo qui porre attenzione al fatto che la morte non è più la stessa cosa dopo che Cristo l'ha subita, dopo che egli l'ha accettata e penetrata, così come la vita, l'essere umano non sono più la stessa cosa dopo che in Cristo la natura umana poté venire a contatto, e di fatto venne, con l'essere proprio di Dio.
 
Prima la morte era soltanto morte, separazione dal paese dei viventi e, anche se con diversa profondità, qualcosa come “inferno”, lato notturno dell'esistere, buio impenetrabile. Adesso però la morte è anche vita e quando noi oltrepassiamo la glaciale solitudine della soglia della morte, ci incontriamo sempre nuovamente con Colui che è la vita, che è voluto divenire il compagno della nostra solitudine ultima e che, nella solitudine mortale della sua angoscia nell'orto degli ulivi e del suo grido sulla croce «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», è divenuto partecipe delle nostre solitudini.
 
Se un bambino si dovesse avventurare da solo nella notte buia attraverso un bosco, avrebbe paura anche se gli si dimostrasse centinaia di volte che non ci sarebbe alcun pericolo. Egli non ha paura di qualcosa di determinato, a cui si può dare un nome, ma nel buio sperimenta l'insicurezza, la condizione di orfano, il carattere sinistro dell'esistenza in sé.
 
Solo una voce umana potrebbe consolarlo; solo la mano di una persona cara potrebbe cacciare via come un brutto sogno l'angoscia. Si dà un'angoscia -- quella vera, annidata nelle profondità delle nostre solitudini -- che non può essere superata mediante la ragione, ma solo con la presenza di una persona che ci ama.
 
Quest'angoscia infatti non ha un oggetto a cui si possa dare un nome, ma è solo l'espressione terribile della nostra solitudine ultima. Chi non ha sentito la sensazione spaventosa di questa condizione di abbandono? Chi non avvertirebbe il miracolo santo e consolatore suscitato in questi frangenti da una parola di affetto? Laddove però si ha una solitudine tale che non può essere più raggiunta dalla parola trasformatrice dell'amore, allora noi parliamo di inferno.
 
E noi sappiamo che non pochi uomini del nostro tempo, apparentemente così ottimistico, sono dell'avviso che ogni incontro rimane in superficie, che nessun uomo ha accesso all'ultima e vera profondità dell'altro e che quindi nel fondo ultimo di ogni esistenza giace la disperazione, anzi l'inferno.
 
Jean-Paul Sartre ha espresso questo praticamente in un suo dramma e nello stesso tempo ha esposto il nucleo della sua dottrina sull'uomo. Una cosa è certa: si dà una notte nel cui abbandono buio non penetra alcuna parola di conforto, una porta che noi dobbiamo oltrepassare in solitudine assoluta: la porta della morte. Tutta l'angoscia di questo mondo è in ultima analisi l'angoscia provocata da questa solitudine.
 
Per questo motivo nell'antico Testamento il termine per indicare il regno dei morti era identico a quello con cui si indicava l'inferno: shêol. La morte infatti è solitudine assoluta. Ma quella solitudine che non può essere più illuminata dall'amore. Che è talmente profonda che l'amore non può più accedere a essa. è l'inferno.
 
«Disceso all'inferno» -- questa confessione del Sabato santo sta a significare che Cristo ha oltrepassato la porta della solitudine, che è disceso nel fondo irraggiungibile e insuperabile della nostra condizione di solitudine. Questo sta a significare però che anche nella notte estrema nella quale non penetra alcuna parola, nella quale noi tutti siamo come bambini cacciati via, piangenti, si dà una voce che ci chiama, una mano che ci prende e ci conduce.
 
La solitudine insuperabile dell'uomo è stata superata dal momento che Egli si è trovato in essa. L'inferno è stato vinto dal momento in cui l'amore è anche entrato nella regione della morte e la terra di nessuno della solitudine è stata abitata da lui.
 
Nella sua profondità l'uomo non vive di pane, ma nell'autenticità del suo essere egli vive per il fatto che è amato e gli è permesso di amare. A partire dal momento in cui nello spazio della morte si dà la presenza dell'amore, allora nella morte penetra la vita: «Ai tuoi fedeli o Signore la vita non è tolta, ma trasformata» - "ai tuoi fedeli.... - prega la Chiesa nella liturgia funebre.
 
Nessuno può misurare in ultima analisi la portata di queste parole: «disceso nell'inferno». Ma se qualche volta ci è dato di avvicinarci nell'ora della nostra solitudine ultima, ci sarà permesso di comprendere qualcosa della grande chiarezza di questo mistero buio. Nella certezza sperante che in quell'ora di estrema solitudine non saremo soli, possiamo adesso già presagire qualcosa di quello che avverrà. E in mezzo alla nostra protesta contro il buio della morte di Dio cominciamo a diventare grati per la luce che viene a noi proprio da questo buio.
 

L'Osservatore Romano 18 luglio 2012

[SM=g1740717] [SM=g1740720]

Fraternamente CaterinaLD

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