IL VIVENTE NON SI FERMA AI FUNERALI
Quando una volta le storie si raccontavano accanto al fuoco, con la famiglia riunita e il televisore non c'era.....Proviamo a spegnere la televisione ogni tanto, e raccontiamo questi fatti veri ai figli.....
Due dei discepoli erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quanto era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo...
.... Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi e' accaduto in questi giorni?...
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece l'atto di voler proseguire. Ma essi insistettero: « Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino ».
Egli entrò per rimanere con loro... Luca 24, 13-35
L'avventura capitata ai due discepoli di Emmaus è addirittura paradossale.
Credo non sia mai successo a nessuno di raccontare all'interessato la sua... morte e di fargli il resoconto dettagliato dei suoi funerali e incolparlo, in un certo senso, dell'imbarazzo in cui ha messo i suoi amici!
Un bel pasticcio, questa morte!
« Che razza di discorsi sono questi che state facendo fra voi durante il cammino? »
Sono i nostri discorsi.
I discorsi di morte fatti al Vivente.
Un quadro nero della situazione presentato a Colui che è « la luce del mondo ».
Uno squallido elenco di sconfitte, delusioni, amarezze, sgranato davanti al Vincitore.
« Tu solo sei così forestiero...da non sapere... »
Ci pensiamo noi a informarTi delle brutte cose di quaggiù, delle tristi notizie che ci riguardano.
Soltanto « cattive notizie » abbiamo da comunicare a Colui che ci ha recato una straordinaria « lieta novella ».
Possibile che non abbiamo niente di bello, di allegro, di consolante da raccontarGli?
C'è gente che prova un gusto particolare - quasi sadico - nel ragguagliare gli altri circa i motivi di sgomento e di sconforto. Si direbbero
« specialisti dello sconforto ».
« Noi speravamo... Con tutto ciò son passati tre giorni...
Ecco la lunghezza della nostra speranza!
Ecco la consistenza della nostra fede!
Tre giorni ci sembrano un’eternità.
Non sappiamo attendere.
Non riusciamo, come dicono gli arabi, a « morire di pazienza ».
Non sappiamo pagare il prezzo della pazienza per gli ideali che ci stanno a cuore.
Una momentanea smentita da parte della realtà fa crollare tutto.
Siamo incapaci di soffrire in silenzio.
Abbiamo bisogno di veder subito riconosciute, applaudite, trionfanti le nostre idee.
La nostra speranza ha il fiato corto. E una speranza con il fiato corto non è più speranza, è calcolo umano, prudenza « della carne », meschina contabilità burocratica.
La nostra prospettiva non si spinge di una spanna al di là della punta del nostro naso. Siamo incapaci di vedere « oltre ». Oltre l'ostacolo, oltre l'insuccesso immediato, oltre l'incomprensione, oltre il rifiuto, oltre la confusione.
Nel mezzo del tunnel oscuro non riusciamo a indovinare la luce che ci investirà soltanto dopo quella inevitabile e tormentosa purificazione degli occhi.
« Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo ».
Ma che modi sono questi! Perché questa... sfacciata discrezione? Devi presentarti, esibire il tuo biglietto da visita, portare le prove... Dirci subito chi sei, evitarci il fastidio del riconoscimento, non lasciarci incappare in disdicevoli equivoci.
Conosciamo troppo bene il nostro buio per saper « riconoscere » la luce.
Conosciamo troppo le nostre debolezze per sapere « riconoscere » la forza.
Conosciamo troppo la nostra solitudine per avvertire questo discreto compagno di viaggio che cammina accanto a noi, proprio quando si fa il vuoto attorno a noi.
Fa lo sconosciuto. Irriconoscibile dalla nostra stanchezza, dalla nostra pesantezza, dalle nostre puerili scadenze.
E Lui rimane sconosciuto. Perché sappiamo tante cose. Ci facciamo tante idee sul suo conto. Ma non Lo conosciamo veramente.
« Sciocchi e tardi di cuore a credere alla parola dei profeti ».
Quando mai abbiamo preso sul serio la tua Parola? Quando ci siamo specializzati in quella Parola, attraverso una lettura, un approfondimento, una riflessione, una preghiera, un confronto assiduo, scarnificante, quotidiano, ostinato, appassionato? Quando abbiamo mai preso sul serio la Chiesa che da Maestra ci inserisce mediante la Parola nella vita di ogni giorno che dovremmo testimoniare da cristiani?
E allora non dobbiamo lamentarci se non riusciamo a leggere gli avvenimenti che ci riguardano. O li leggiamo in chiave sbagliata, con le lenti deformanti del pessimismo, dei pregiudizi, dei dogmatismi, delle false sicurezze, dello scandalo a buon mercato.
« E cominciando da Mosè... »
Sì. Bisogna riprendere da capo. Occorre ripartire da una spiegazione della nostra vita attraverso la « fonte » per eccellenza:
la Parola di Dio. Senza troppe mediazioni ingombranti, senza inutili ricette moralistiche, senza i nostri prontuari con risposte prefabbricate per ogni genere di problemi estrapolate qua e là dalla Parola stessa.
Lasciamoci istruire da Dio. Ridiventiamo scolari del Vangelo, alla scuola della Chiesa che Gesù ha posto quale guida e Maestra: troppi maestri e troppi falsi professori si spacciano per laureati e finiscono per tenere il Vangelo sulla cattedra ma senza aprirlo, senza averne ricevuto il mandato. In questa scuola di Dio c'è solo un Testo e c'è un Corpo d'Insegnanti inviati da Lui: il Testo è la Bibbia, il Corpo d'Insegnanti è la Chiesa nel suo Magistero. Allora si, possederemo forse meno risposte sicure e « rassicuranti », ma in compenso, sapremo vedere meglio, capire di più, renderci conto di ciò che avviene. Non subiremo gli avvenimenti. Ma diventeremo protagonisti.
Non si tratta di avere le risposte pronte. Ma tenere lo sguardo, il cervello e il cuore pronti. Pronti a credere e ad accogliere e a Dio piacendo, pronti anche a capire.
Cristo non rimprovera i due viaggiatori perché non hanno le soluzioni pronte. Li rimprovera perché non usano l'intelligenza e non hanno il cuore pronto! « Sciocchi e tardi di cuore... » In altre parole:
sono colpevoli di « non comprensione, di non usare i talenti che Dio dona a tutti, di non usare le capacità di cui siamo forniti.... ».
« Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino ».
Finalmente hanno azzeccato la parola giusta, la frase sensata, probabilmente dettata da un istinto.
Sette miglia di cammino con quello sconosciuto che è « all'oscuro di tutto » per rendersi conto che sono loro, in realtà, ad essere disinformati, perché sono all'oscuro del significato degli avvenimenti che sapevano soltanto raccontare. Sapevano le Scritture a memoria, ma non le avevano capite. I due viandanti sono la prefigurazione di noi cristiani in cammino per il mondo che vogliono fare a meno della Chiesa; Gesù che spiega è la Chiesa, il Buon Pastore che va in cerca delle pecore sperdute, è il Maestro che spiega, è il Capo della Chiesa che delega i "Suoi" a questo mandato.
Sette miglia di cammino con quel compagno di viaggio per ammettere di non poter più fare a meno di lui.
Egli entrò per rimanere con loro...
Sì. Ha deciso di restare.
D'ora in poi lo potremo trovare sulle nostre strade in incognito. E' uno qualsiasi. Ha il volto comune del mio prossimo che incontro o che mi ferma. E' lì che mi attende nel Tabernacolo, sotto i veli Eucaristici; nella Messa dove l'incontro Eucaristico diventa fusione con il divino.
Ci aspetta all'appuntamento della Mensa. Esige la prova dell'attenzione, della fede, della fiducia.
Si rivela attraverso il « sacramento dell'Eucarestia ».
Lui rimane in mezzo a noi: noi dobbiamo «riconoscerlo ».
Gesù sa che la Scrittura non basta, i due viandanti dopo la lunga spiegazione hanno sentito il desiderio di averlo con loro, ma ancora non l'hanno riconosciuto, manca "qualcosa".
(Lc.24,30)
<....prese il pane, pronunciò la benedizione, lo spezzò e lo distribuì loro. Allora si aprirono loro occhi e lo riconobbero. Ma Egli disparve ai loro occhi...>
Ogni incontro può essere incontro col Vivente, col Risorto. E' quindi una sorpresa, una sconvolgente novità, se l'Eucarestia non produce questo effetto, non abbiamo allora incontrato il Risorto, ma solo una sua immagine riflessa, magari nelle Scritture, ma sempre una immagine riflessa e non viva e vera , INCARNATA.
Ogni incontro può essere un'apparizione.
Allora i loro occhi si aprirono e lo riconobbero...
Pasqua è il dono della luce.
Ma è un dono che si riceve... con gli occhi prima del cuore, della mente, poi con la visibilità.
Quando è arrivato in mezzo a noi, « il mondo non lo riconobbe » (Gv 1, 10).
Adesso che ha deciso di rimanere, il peccato per eccellenza diventa quello degli « occhi chiusi », così si finisce per non riconoscerlo "allo spezzare il pane", così non si crede all'Eucarestia.
Noi che ci sentiamo in diritto spesso e volentieri di masticare amarezza per le sue assenze e i suoi ritardi, in realtà siamo colpevoli recidivi di non-riconoscimento. Ci accontentiamo di un "surrogato" del Risorto, ci accontentiamo per sentirci tranquilli, ma quanto è vana questa falsa serenità? Ce lo dicono i divorzi, gli aborti, le violenze, la depressione, l'omosessualità vista come un diritto, l'adulterio visto e vissuto come dirittto di libertà, i poveri che aumentano, la disobbedienza alla Chiesa, il volersi far passare tutti per insegnanti delle Scritture....Tutti surrogati di una falsa visione del Risorto!
La luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta (Gv 1, 5).
Allora, però, non abbiamo più diritto di lamentarci per il buio.
Se « si fa sera », la colpa è soltanto nostra.
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