"Il crocifisso del samurai" di Rino Cammilleri, un 0maggio al cristianesimo giapponese

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Caterina63
00martedì 3 novembre 2009 18:52
"Il crocifisso del samurai" di Rino Cammilleri, un 0maggio al cristianesimo giapponese

Eroismo e sangue
nella terra degli shogun


di Roberto Sgaramella


"Anche i miei antenati, dal diciassettesimo secolo fino a oltre la metà dell'Ottocento, dovettero nascondersi sulle colline intorno a Nagasaki insieme a pochi altri scampati alle persecuzioni anticristiane". L'arcivescovo di Nagasaki Joseph Mitsuaki Takami parla dei suoi avi cattolici; l'intervista risale a un paio di anni fa, nell'imminenza della grande cerimonia di beatificazione dei 188 martiri giapponesi che si è svolta a Nagasaki il 24 novembre 2007.

"Erano arrivati nella zona di Nagasaki diversi anni prima della rivolta di Shibara (1638) fuggendo da Sendai - continua Takami - Avevano attraversato a piedi da nord a sud l'Onshu, la maggiore isola dell'arcipelago nipponico. Avevano intrapreso questo viaggio lungo e pericoloso per sfuggire alla persecuzione di Masamune. Il daimyo di Sendai aveva infatti iniziato a perseguitare i cristiani nel suo feudo. Masamune, dopo il fallimento dell'ambasceria del suo inviato Hasekura Tsunenaga presso Filippo iii re di Spagna e il Papa Paolo v nel 1615, da grande protettore del missionario padre Sotelo era diventato un persecutore della fede allineandosi alla politica anticristiana di Tokugawa Ieyasu, lo shogun di Edo".
 
Colpito dal racconto dell'arcivescovo Takami, chi scrive volle visitare qualche mese dopo i musei dell'arcipelago di Amakusa nel Kyushu, Giappone meridionale, che conservano gli oggetti di culto dei Kakure Kirishitan, ovvero i cristiani che si nascondevano per sfuggire alle persecuzioni.
Si potrebbe pensare che, tuttavia, quest'argomento possa interessare al massimo gli esperti della storia del cristianesimo in Giappone. Si resta, quindi, molto sorpresi per la pubblicazione dell'ultimo libro di Rino Cammilleri, Il crocifisso del samurai (Milano, Rizzoli, 2009, pagine 280, euro 18,50).


La sorpresa sta nel fatto che non è un libro di storia, ma un romanzo, come sottolinea l'autore.

Tuttavia l'azione si svolge in contesti storici descritti con accurati dettagli e questo consente al lettore, anche al meno esperto di storia del Giappone, di seguire le vicende dei protagonisti che agiscono in diverse epoche.

Il primo capitolo del libro porta il lettore nell'agosto del 1549, quando una giunca cinese approda nel porto di Kagoshima. A bordo dell'imbarcazione ci sono tre religiosi cattolici:  Francisco Xavier - Francesco Saverio - Cosme de Torres e Juan Fernández. In quell'epoca il governo del Giappone era nelle mani di Toyotomi Hideyoshi che aveva assoggettato i feudatari ribelli e costretto l'imperatore in un ruolo puramente rappresentativo, quasi prigioniero nel palazzo di Kyoto.
 
La missione di Xavier in Giappone fu breve; dopo appena tre anni dovette partire per la Cina perché gravemente ammalato. Tuttavia fu il primo evangelizzatore in un Paese dove il cristianesimo trovò molti seguaci e il numero dei credenti salì in breve fino a trecentomila.

Nel secondo capitolo un altro balzo nel tempo e nello spazio e il racconto si sposta al 17 marzo del 1865 quando a Nagasaki il sacerdote francese Bernard Petitjean, membro della Société des Missions Etrangères, viene per la prima volta avvicinato da alcune contadine giapponesi che abitano a Urakami, un villaggio sulle alture che circondano il grande porto del Giappone meridionale.

Al missionario il Governo giapponese aveva da poco concesso di aprire una piccola chiesa a Nagasaki, dopo oltre duecento anni di Sakoku (1638-1853), ovvero la chiusura totale della nazione agli stranieri. Secondo le norme, il luogo di culto cattolico era aperto solo agli occidentali residenti o di passaggio nella città portuale mentre per i locali vigeva il divieto assoluto di accedervi.

Le donne sfidano il divieto e chiedono a padre Bernard di mostrare l'immagine della Vergine Maria. Gli domandano inoltre se fosse celibe oppure sposato e, infine, se fosse un prete obbediente al Papa di Roma. Dopo essersi convinte che padre Petitjean era effettivamente un sacerdote cattolico, gli svelano il loro segreto custodito per oltre due secoli:  "Il nostro cuore è come il tuo".

Terzo capitolo e terza ambientazione temporale:  il racconto è collocato in un tempo antecedente a padre Petitjean di oltre due secoli, durante l'inverno del 1637. Qui Cammilleri inizia a descrivere la rivolta dei cristiani della penisola di Shimabara contro il governatore di Nagasaki, il rinnegato cristiano Terazawa Hirotaka, e contro il daimyo di Shimabara, Matsukura Shigeharu.

Chi racconta questi avvenimenti remoti è l'abitante più anziano di Urakami che, ormai prossimo alla fine, vuole tramandare al sacerdote cattolico quanto lui ha appreso da suo padre che a sua volta ricevette questo racconto dal nonno.

In questa parte del libro è il romanzo che si innesta nella storia:  alcuni personaggi sono frutto dell'abilità di Cammilleri mentre altri hanno un effettivo riscontro storico anche se i tratti del loro carattere risentono del tocco dello scrittore. Tra questi il giovane Amakusa Shiro che, appena sedicenne, diviene la guida spirituale dei ribelli affiancato però da alcuni esperti samurai cristiani che decidono le strategie militari. La grande maggioranza dei ribelli erano tuttavia anonimi contadini a cui l'autore dà invece volto e nome. Per Cammilleri, non tutti i cristiani assediati nel castello di Hara perirono tra le fiamme che avvolsero l'edificio al termine dell'impari battaglia. Tra i pochi sopravvissuti, una giovane coppia, Yumiko e Kato, riuscì a fuggire e a raggiungere via mare la comunità di Urakami. Ed è proprio uno dei loro pronipoti il personaggio dell'anziano che trasmette la memoria della rivolta al missionario francese.

Per quei Kirishitan di Nagasaki l'insegnamento del Vangelo, a distanza di circa tre secoli, era ancora quello impartito da padre Xavier al suo arrivo nel Kyushu nel 1545. Pur avendo anticipato il finale - Cammilleri perdoni l'indelicatezza - vale veramente la pena leggere questo libro che ha il pregio di fornire un quadro accurato di un periodo della storia del Giappone tra i più interessanti e tra i meno conosciuti. La ribellione di Shibara nacque certamente come moto di protesta per le angherie alle quali i contadini erano sottoposti da parte dei gabellieri del daimyo, tuttavia la ribellione ben presto assunse contenuti religiosi e politici.

Per porre fine alla rivolta, gli assediati del castello di Hara chiesero allo shogun Togugawa Iemitsu una cosa per lui pericolosa da concedere:  la libertà del culto di Cristo. Perché in un Paese dove per secoli i seguaci di religioni diverse come shintoismo, buddhismo e confucianesimo erano convissuti in modo sufficientemente pacifico, ai cristiani veniva negato quanto agli altri era invece concesso? Il primo editto contro i cattolici venne pubblicato nel 1587 sotto il Governo Toyotomy Hideoshi mentre la prima persecuzione sanguinosa avvenne nel 1597.

Due erano i principali motivi di tali persecuzioni:  Tyotomi Hideoshi e i primi tre shogun della famiglia Tokugawa, Ieyasu, Hidetada e Iemitsu, che avevano concentrato il potere politico a Edo (Tokyo), ritenevano i missionari cattolici possibili alleati dei "barbari del sud" ossia degli spagnoli che avevano posto in quel periodo le prime basi navali nelle isole della Nueva España, le Filippine.

Per il Governo di Edo tale presenza era troppo vicina e veniva sentita come una minaccia all'unità del Paese appena ricostituita dopo secoli di lotte fraticide. Anche la conversione al cristianesimo di diversi daimyo dell'isola meridionale del Kyushu veniva interpretata come un passo verso la ribellione all'autorità di Edo e per questo i feudatari cristiani furono subito rimossi, esiliati o uccisi.

Il secondo motivo era forse più grave del primo:  le maggiori tre religioni orientali presenti in Giappone non facevano riferimento ad alcuna autorità suprema che potesse oscurare la figura dell'imperatore e il potere del Governo. I preti buddhisti, i monaci shintoisti e i maestri confuciani riconoscevano l'autorità civile e rispettavano l'ascendenza divina del potere imperiale. Al contrario, alcuni missionari cristiani, specie i religiosi spagnoli, avevano nelle loro prediche incitato il popolo ad abbattere i simboli dei falsi idoli e a riconoscere l'autorità di Cristo e il potere del Papa di Roma. Ovviamente i predicatori parlavano per metafore, ma i vertici di Edo li presero sul serio e decisero dapprima l'espulsione di tutti i missionari stranieri e successivamente il bando del culto della religione cristiana. Ritornando all'assedio di Hara, sembra che lo shogun Togukawa Iemitsu fosse disposto anche a concedere un'amnistia ai contadini di Shibara, ma certo non avrebbe mai permesso a samurai convertiti al cristianesimo di rimanere alla guida di un movimento che faceva riferimento a un'autorità suprema estranea alla società giapponese.

Inoltre per i governanti giapponesi non era accettabile il continuo riferimento al messaggio di uguaglianza e di pari dignità degli uomini che veniva sottolineato nella predicazione dei missionari cristiani.

Per le autorità questa dottrina era sovversiva e metteva in discussione la rigida divisione della società giapponese in quattro classi chiuse dove i contadini, circa l'ottanta per cento della popolazione, dovevano mantenere le famiglie dei nobili feudatari, dare i mezzi per pagare i salari dei samurai e versare ai gabellieri quanto doveva essere dato per lo shogun a Tokyo. Per Tokugawa, sterminare tutti gli assediati ad Hara era l'unica soluzione per evitare che la rivolta dei cristiani di Shibara potesse contagiare quelli che vivevano negli altri feudi del Giappone centrale.

Cammilleri nel suo libro descrive con grande dovizia di particolari le fasi dell'assedio e gli scontri armati intorno al castello di Hara tra le cui rovine si erano asserragliati i seguaci di Shiro. Questi resistettero con grande tenacia e ottennero anche una significativa vittoria contro gli armati del generale Itakura Shigemasa che venne ucciso nel corso degli scontri.

Tuttavia la fine per i cristiani giunse ineluttabile sia per la scarsità delle provviste di cibo sia per il bombardamento che il castello subì da parte di un vascello olandese su ordine del nuovo comandante dell'esercito Matsudaira Nobutsuna.

Cammilleri per descrivere gli scontri si è accuratamente documentato sulle tecniche adottate sia dagli assediati che dagli assalitori che attaccavano i cristiani contando sul numero soverchiante e sul migliore armamento.

Si tratta quindi di un libro che offre diverse chiavi di lettura; notevole lo sforzo di dare un profilo psicologico definito a ciascuno dei personaggi anche se il loro modo di pensare rimane tipicamente occidentale in quanto la loro voce risente troppo forse della sensibilità soggettiva dell'autore.

Il tratto caratteristico del popolo giapponese, dove l'io individuale è grandemente condizionato da quello collettivo, viene comunque rispettato e la fine degli assediati tra le rovine di Hara viene resa come un'azione di volontà collettiva.

Mentre le fiamme bruciano gli uomini e le strutture dell'edificio, ancora non è stato ammainato lo stendardo con le figure del calice che sostiene l'ostia consacrata e a lato due angeli con il motto:  "Laudato o Santissimo Sacramento".


(©L'Osservatore Romano - 4 novembre 2009)

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