di Giuseppe Fiorentino e Gaetano Vallini
Contro ogni stereotipo e contro ogni buonismo, anche musicale: il ghigno dell'indimenticabile John Belushi rimane ancora, oggi a tre decadi dall'uscita del film, un'icona non solo cinematografica. Il suo volto rimanda alla musica; una musica che diviene scelta di campo, radicale nella sua semplicità: da una parte il rhythm and blues - la musica nera per antonomasia, capace di scandire quella strampalata "missione per conto di Dio" - dall'altra tutto il resto, a cominciare dal detestabile country degli odiati nazisti dell'Illinois.
Per questo la colonna sonora nel film The Blues Brothers è protagonista al pari, se non più, degli attori. Senza quella particolare musica - non un semplice commento in sottofondo ma parte essenziale della storia stessa - il film non avrebbe avuto ragione di essere. Anche per questo rimane unico nel suo genere, tanto da essersi guadagnato il titolo di cult movie.
La musica, del resto, era stata all'origine del fenomeno Blues Brothers, nel senso che il gruppo di base era nato un paio di anni prima del film come derivazione della resident band che suonava nello show comico della Nbc "Saturday Night Live Show". Lì, ospite insieme con Dan Aykroyd, John Belushi si produceva nelle sue esilaranti imitazioni di personaggi famosi, tra i quali alcuni cantanti (uno dei più riusciti era Joe Cocker).
I due cominciarono a esibirsi in concerto con il gruppo, che annoverava musicisti del calibro di Steve Cropper - che aveva contribuito alla nascita della Stax, storica etichetta della black music - e Lou Marini, collaboratore di artisti del livello di Frank Zappa, Steely Dan, Tony Bennet, Tina Turner, Tom Jones. E una sera, saltato lo sketch comico, lo spazio venne riempito con un paio di brani dei Blues Brothers. Fu un successo enorme, tanto da diventare un appuntamento fisso. E le serate cominciarono a moltiplicarsi.
John Landis colse le potenzialità del fenomeno e, con la collaborazione di Aykroyd per la sceneggiatura, vi ritagliò sopra il film, realizzando un musicol distante dai canoni classici hollywoodiani. La scrittura fu infatti dettata da brani preesitenti, le cui suggestioni ispirarono più di una situazione. In tal senso il film assecondava una tendenza allora emergente: l'uso di videoclip a commento della musica.
Il risultato fu una pellicola scandita dalle canzoni generosamente disseminate lungo il racconto, in una sintesi espressiva capace di recuperare e rielaborare produzioni del passato, fondendole con le novità. E non si tratta solo dei brani diventati successi senza tempo, come Everybody Need Somebody to Love, cantate da Elwood e Jake durante il concerto, ma persino di quelle che fanno da sfondo - non incluse nel disco - come la melliflua versione di Garota de Ipanema che accompagna i due protagonisti nell'ascensore che li porterà all'ufficio delle imposte e che fa da impareggiabile, ironico contrappunto al putiferio che si scatena dentro e fuori dall'edificio.
Al successo contribuì non poco un cast irripetibile, formato da giganti della musica. Ognuno di loro si ritagliò un cammeo, producendosi in esibizioni indimenticabili, come quella di Aretha Franklin, la "regina del soul", in Think, o di Cab Calloway in Minnie the Moocher. Ma memorabili sono anche James Brown - il quale, nei panni del reverendo Cleophus James, eseguì la tradizionale The Old Landmark, trasformando una normale funzione domenicale in un ballo scatenato che coinvolge tutti i fedeli - e "the genius" Ray Charles, che cantò Shake a Tail Feather.
Anche la band, vero punto di forza, si produsse in piccoli gioielli, a partire dall'aggressiva versione di Gimme Some Lovin', tratta dal repertorio dello Spencer Davis Group, fino al trascinante Peter Gunn Theme, di Henry Mancini, lo stesso del tema de La pantera rosa e della colonna sonora di Colazione da Tiffany. E proprio qui sta il segreto dell'intramontabile successo della colonna sonora: oltre all'irriverente simpatia dei due protagonisti, è infatti la maestria dei musicisti, tutti grandissimi professionisti, a garantire la tenuta nel tempo del disco e, in fondo, del film stesso. Musicisti che, senza i Blues Brothers, sarebbero stati condannati a un anonimato pressoché totale, come accade a tanti loro colleghi altrettanto bravi ma meno fortunati.
Non a caso ancora oggi due derivazioni dell'originale Blues Brothers Band calcano i palcoscenici di tutto il mondo riproponendo instancabilmente i loro cavalli di battaglia. Il successo è lo stesso di trent'anni fa. La qualità, in fondo, paga sempre. Non a caso nel 2004, dopo un ampio sondaggio, la Bbc ha dichiarato la colonna sonora di questo film la più bella della storia del cinema. E non poteva essere diversamente.