1989/2009 a 20 anni dalla caduta del MURO COMUNISTA

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Caterina63
00martedì 10 novembre 2009 14:28

1989-2009: vent’anni fa la fine del Muro di Berlino


I cardinali Mindszenty, Slipji e tanti altri festeggeranno in cielo l'anniversario della caduta del Muro dell'odio e della menzogna rappresentato dal comunismo, vergogna del secolo XX (e anche, purtroppo, di oggi).

1945: gli Alleati schiacciano la Germania hitleriana. 1947: scoppia la “Guerra Fredda” fra le democrazie occidentali e l’ex alleato sovietico. Come scrisse Winston Churchill, “an iron courtain” - un sipario di ferro - è sceso sull’Europa”. La Germania, oltre a perdere la Prussia Orientale a vantaggio di Urss e Polonia, nel 1949 sarà divisa in due Stati separati dai fiumi Oder e Neiße. I Länder di Pomerania, Mecklemburgo, Brandeburgo e Sassonia, già zona di occupazione sovietica, saranno accorpati in una nuova creatura politica artificiale: la Repubblica Democratica Tedesca (RDT), una delle più rigide “democrazie popolari” dell’Est europeo, con capitale Pankow, un sobborgo di Berlino.

Nel resto del Reich sconfitto prenderà vita la Repubblica Federale Tedesca (RFT), con capitale Bonn, nella Renania del Nord -Westfalia. La vecchia capitale imperiale, Berlino, profondamente incuneata nel territorio della nuova repubblica comunista, era stata occupata da tutte e quattro le potenze alleate e suddivisa in altrettanti settori: quello sovietico era di gran lunga il più esteso.

Con l’aggravarsi della frattura fra Ovest ed Est la frontiera fra i due Stati tedeschi diventa sempre più impenetrabile, e nel 1952 viene chiusa del tutto. A Berlino si poteva ormai accedere attraverso un’unica autostrada ‒ perennemente costeggiata da carri armati e mezzi militari tedesco-orientali in manovra, a fine dimostrativo e deterrente ‒, una sola linea ferroviaria oppure per via aerea, ma solo con voli di compagnie americane, inglesi o francesi. A seguito di alcuni contrasti diplomatici fra russi e occidentali il 24 giugno 1948 l’autostrada e la ferrovia erano state bloccate dai sovietici, che avevano tolto anche la corrente ai settori occidentali della città. Gli alleati, invece di reagire militarmente, preferirono attuare una grande prova di forza, dando vita a un colossale ponte aereo che per oltre un anno, fino all’ottobre del 1949 – i russi rimuoveranno il blocco nel maggio di quell’anno –, rifornirà i berlinesi delle zone occidentali di generi di necessità di ogni tipo. È l’epopea dei cosiddetti “Rosinenbomber” (bombardieri all’uva passa), perché, oltre ai viveri, gli aerei, in segno di solidarietà, paracadutavano migliaia di piccole scatole di dolci per bambini.

All’inizio degli anni 1950 la spinta a emigrare a ovest cresce, a misura dell’accentuarsi della pressione del socialismo reale sulla popolazione tedesco-orientale e, all’opposto, del boom economico della Germania federale. Berlino, per la sua posizione e per il suo statuto formalmente quadripartito, dopo il 1952 diventa il luogo migliore per espatriare: si calcola che circa 2,5 milioni di tedeschi dell’Est passeranno a ovest attraverso la ex capitale fra il 1949 e il 1961. Nell’estate del 1961 poi il flusso di fuggitivi supererà le decine di migliaia.

Pankow e Mosca decideranno così di arrestare l’emorragia alzando una barriera, che impedisca l’accesso alla zona libera. Nella notte fra il 12 e il 13 agosto 1961, l’Armata Popolare inizia la costruzione di uno sbarramento, prima fatto di filo spinato, poi, quasi subito, di elementi prefabbricati di cemento e di pietra. Quando fu ultimato il muro era una barriera di cemento alta circa tre metri e mezzo fitta di torrette – 302 – e posti di osservazione e costeggiato da campi minati, trappole, reticolati, alta tensione, che circondava completamente Berlino Ovest, la quale si trovò così ridotta a una enclave all’interno della RDT. Per Walter Ulbricht (1893-1973), segretario della SED, il partito marxista tedesco-orientale, che ancora in giugno smentiva le voci dell’imminente erezione di una barriera fra Est e Ovest, il muro ha una funzione “antifascista”, ovvero lo scopo di proteggere l’Est dalle infiltrazione di agenti occidentali e dalla propaganda capitalista.
Il Muro taglia la città lungo una linea lunga 45 chilometri e separa la zona occidentale dalla RDT per un perimetro di oltre cento chilometri.

I soli varchi di passaggio fra Berlino Est e Ovest, riservati ai cittadini tedeschi federali e agli stranieri, sono otto, i più famosi il Checkpoint Charlie e la stazione della metropolitana nei pressi della Friedrichstrasse. Altri sei saranno creati per l’uscita verso il territorio della RDT. I lavori interno al muro negli anni non si arrestano: sempre nuovi possibili punti di evasione vengono occlusi, lo spessore della barriera viene aumentato, viene costruito un secondo muro, parallelo al primo, e rafforzati i dispositivi anti-fuga.

La polizia popolare, la famigerata Volkspolizei, i “Vopo”, iniziano a sparare su coloro che fuggono correndo o chiusi nei portabagagli delle auto o calandosi dalle finestre degli edifici posti sul confine o varcando a nuoto il fiume Sprea. La prima vittima è Peter Fechter (1944-1962), un giovane muratore di Berlino Est, colpito il 17 agosto alla schiena e lasciato in terra ad agonizzare per un’ora. L’ultima a essere falciata dai Vopo un altro giovane, Chris Gueffroy (1968-1989), studente, stroncato da dieci proiettili il 6 febbraio 1989. Nel corso degli anni le vittime del fuoco della polizia comunista saranno all’incirca 230. Per questo, pur di fuggire, i berlinesi cominceranno a realizzare diversi tunnel sotto il muro.

In Occidente il muro diverrà “Die Mauer”, “The Wall”, “il Muro” per antonomasia, il “muro della vergogna”, ossia il più clamoroso simbolo dell’oppressione comunista della libertà dei popoli. Così entrerà nella letteratura, nelle canzoni, nel cinema.
Quando il presidente americano John Fitzgerald Kennedy (1917-1963), nel suo viaggio a Berlino nel giugno del 1963, poco prima di morire assassinato, pronuncia la celebre frase “Ich bin ein Berliner”, sono anch’io un berlinese, in quanto uomo libero, lo farà soprattutto in funzione anti-muro.

Nel 1989 la difficoltà dell’URSS di Mikhail Gorbaciov di tenere in piedi l’impero, si farà sentire in maniera sempre più pesante sui dirigenti comunisti tedeschi totalmente dipendenti da Mosca. Oltre a ciò, la figura carismatica del papa polacco Giovanni Paolo II (1920; 1978-2005), fin dal suo primo viaggio in Polonia all’inizio del pontificato, aveva suonato una campana a morto per il sistema comunista. E nel 1989 alla testa degli Stati Uniti,il grande avversario, non c’era più un “democratico”, fautore della “coesistenza pacifica” ‒ quella politica di “distensione” e “contenimento” che aveva contribuito in ultima analisi a prolungare la vita all’impero socialcomunista ‒ come John Kennedy, ma il conservatore, nonché gagliardo anti-comunista, Ronnie Reagan.

La popolazione tedesco-orientale, percependo i segnali di scollamento e le crepe nel regime, comincerà ad agitarsi e a scendere in piazza, protestando sempre più numerosa e rumorosa. Ma il muro, che all’ovest era diventato una palestra per writers di ogni genere, rimane ancora in pieno funzionamento.
Nell’estate di quell’anno ai tedeschi dell’Est si apre inaspettatamente una via di fuga: le ambasciate della Germania federale a Praga, a Varsavia e a Budapest, che hanno cessato di essere repubbliche socialiste. In quei mesi si verificherà un vero e proprio assalto alle tre residenze, che si troveranno un giorno per l’altro a ospitare migliaia di profughi dalla RDT. La svolta clamorosa si avrà quando l’Ungheria, il 23 agosto inizia a smantellare la cortina di ferro e il 10 settembre, decide di aprire il confine con l’Austria. Allora il flusso di esuli diverrà una valanga inarrestabile di persone in fuga verso la libertà.

I vertici tedesco-orientali tenteranno di salvare il salvabile, sostituendo il segretario del partito comunista e il capo del governo. Ma sarà inutile. La protesta di massa dilaga. La sera del 9 novembre 1989 il governo comunista annuncia una riforma della legge sui viaggi all’estero. Si trattava solo di aperture, ma la gente volle intendere significava che il muro sarebbe stato rimosso. Migliaia di persone, quella stessa notte, si aduneranno pacificamente davanti al muro, ancora presidiato dai soldati, mentre migliaia di berlinesi occidentali faranno lo stesso dall’altra parte del muro, increduli e in attesa. Sono numerosi i filmati su YouTube che documentano quella magica notte.

Qualcuno nel caos di quel momento darà l’ordine ai soldati di ritirarsi, così che, fra lacrime ed abbracci, migliaia di tedeschi da entrambi i lati, irromperanno a ovest attraverso i checkpoint o scavalcando il muro. Familiari, amici, sconosciuti potranno finalmente incontrarsi dopo 29 anni.
Poi, pezzo dopo pezzo, nell’indifferenza dei Vopo, la gente comincerà a picconare, a scalpellare, a martellare, a graffiare la barriera di cemento per aprirvi dei varchi sempre più ampi, finché il passaggio fu reso facile.
Il 3 ottobre 1990 la Germania, fra la commozione generale, verrà riunificata all’incirca – mancherà solo la Prussia Orientale rimasta russo-polacca – nei confini del 1919.

C’è da chiedersi come sia stato possibile che questo tragico simbolo dell’“Impero del male” – così il presidente americano Ronald Reagan (1911-2004) chiamerà l’impero comunista –, che ha popolato per anni l’immaginario dell’Occidente, sia potuto svanire in un soffio.
La causa prima, come detto, va vista nel progressivo abbandono del regime tedesco-orientale da parte della casa-madre moscovita, troppo alle prese con la sua crisi interna per curarsi dell’impero “esterno”. L’implosione dell’economia socialista portava a esiti rovinosi e impediva non solo di mantenere un’Armata Rossa all’altezza dell’esercito americano, ma anche solo di sostenere quel minimo di struttura militare in grado di conservare l’impero. Alla RDT toccherà la stessa sorte che porterà al distacco dall’URSS, ancor prima della sua fine, i Paesi baltici e le repubbliche centro-europee: Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria – diverso, molto più sanguinoso, sarà il percorso della Iugoslavia “eretica”.
Inoltre, la politica sovietica in quegli anni cercava di presentare un volto il più possibile amichevole nei confronti dei Paesi occidentali dai quali dipendeva sempre di più per alimentare una popolazione che l’economia socialista stava portando alla fame: il Muro e la Germania divisa rappresentavano un ingombrante ostacolo, di certo il più vistoso, in tale prospettiva. Privato del sostegno di Mosca – le truppe di stanza in Germania orientale non usciranno dalle caserme –, il “re”, il tiranno, si scoprirà nudo. I dirigenti della SED capiranno che la loro parabola è alla fine, perché esercitano un potere legale totale, ma ormai del tutto privato del consenso popolare e nemmeno più garantito dai carri armati sovietici.

L’impatto dell’evento sarà colossale: la caduta del muro, insieme alla fine dell’URSS, due anni dopo, metterà in moto processi che cambieranno radicalmente lo scenario internazionale: l’impero dell’ideologia socialcomunista di obbedienza sovietica si dissolverà, la Guerra Fredda finirà, gli Stati Uniti rimarranno l’unica superpotenza, la Russia, dopo un lungo periodo di “disordine”, tornerà a fasti imperiali, si riattizzeranno quei conflitti interetnici che il socialismo aveva soffocato, riemergeranno soggetti che il confronto ideologico aveva fatto dimenticare: religioni, tribù, clan, sette, nazioni, e tornerà in auge non più la lotta per i “massimi sistemi” ma quella per il petrolio e per il gas, per l’acqua e per il grano, per il Califfato, per la umma.

Da
Il Timone

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altro materiale sul quale meditare lo troverete nella sezione CATECHISMO, nel thread dedicato alla condanna del Comunismo e del perchè....[SM=g1740733]

Caterina63
00mercoledì 11 novembre 2009 08:46
Il ruolo e la storia di una minoranza religiosa che non si è mai rassegnata all'oppressione del regime

La Chiesa cattolica nella Germania comunista
e la svolta del 1989


di Walter Brandmüller

La divisione della Germania in seguito alla seconda guerra mondiale ha determinato profondi cambiamenti nello scenario ecclesiastico. Parti delle diocesi di Paderborn, Würzburg, Fulda e Osnabrück sono state separate di colpo dalle loro sedi vescovili - dato che erano situate sul territorio della zona un tempo di occupazione sovietica, in seguito passata alla Deutsche Demokratische Republik (Ddr), la Repubblica democratica tedesca. In particolare, è apparso eclatante il caso della diocesi di Berlino. Solo la diocesi di DresdenMeissen era situata interamente nel territorio della Ddr, come pure residui dell'arcidiocesi di Breslavia, da cui in seguito è sorta la diocesi di Görlitz.

Solo a fatica i vescovi con sedi nella Repubblica federale tedesca hanno potuto mantenere rapporti con i loro fedeli nella Ddr. Come soluzioni d'emergenza era previsto che i vescovi, per le loro comunità situate nella Ddr, nominassero dei rappresentanti dotati di pieni poteri straordinari. In tal modo era possibile salvaguardare l'azione pastorale e l'unità ecclesiastica, laddove la costituzione di una conferenza di ordinari tedesco-orientale da parte di Pio xii teneva conto delle esigenze pratiche.
Ma lo scioglimento delle strutture ecclesiastiche dal loro vincolo con le diocesi tedesco-occidentali avite, allo scopo di conseguire un'identica copertura di territorio statale e struttura gerarchica, corrispondeva anch'esso alle aspirazioni d'autonomia statale e di riconoscimento internazionale da parte della dirigenza della Ddr.

Mentre le analoghe intenzioni della dirigenza della Ddr nei confronti delle comunità locali protestanti furono coronate da successo e queste si separarono dalla Evangelische Kirche in Deutschland (Ekd), si opposero energicamente la Conferenza dei vescovi tedeschi e il Governo della Repubblica federale. A entrambi premeva sottolineare l'unità della Germania, anche sotto l'aspetto ecclesiastico, insistendo sullo status quo. 

La Santa Sede venne incontro alle concrete esigenze pastorali, creando nel 1973 per le parti delle diocesi tedesco-occidentali situate nella Ddr i cosiddetti Uffici diocesani di Erfurt-Meiningen, Magdeburgo e Schwerin, e nominando per ciascuno d'essi un amministratore apostolico, mentre la giurisdizione del vescovo occidentale restava sospesa, ma non veniva soppressa.
Nel 1976 fu costituita la "Conferenza dei vescovi di Berlino", che divenne un necessario forum di comunicazione per gli amministratori apostolici, come pure per i vescovi di Berlino e Dresden-Meissen.

Un'ulteriore iniziativa auspicata dalla diplomazia della Ddr e progettata dall'arcivescovo Casaroli, segretario del Consiglio per gli Affari pubblici della Chiesa, ossia quella di innalzare gli Uffici vescovili al rango di Amministrazioni apostoliche, non fu più messa in atto, poiché Paolo VI morì il 6 agosto 1978 e Giovanni Paolo II inaugurò un nuovo corso.

Se Paolo VI era partito dal presupposto d'una durata imprevedibile del sistema sovietico e quindi s'era adoperato per trovare un modus vivendi - o meglio, non moriendi - con Mosca, al fine di garantire la sopravvivenza della Chiesa nel blocco orientale, Giovanni Paolo II s'impegnò invece in un confronto risoluto. Quindi tramontarono anche le aspirazioni dirette alla costruzione di una struttura gerarchica circoscritta al territorio della Ddr.

Solo dopo la caduta del Muro ha potuto configurarsi un nuovo ordinamento ecclesiastico, senza che fosse connesso a implicazioni politiche. Nel 1994 furono erette le diocesi di Magdeburgo ed Erfurt, per cui si pose fine all'ordinamento provvisorio in vigore fino a quel momento.
Per quanto riguarda l'organizzazione ecclesiastica, la situazione pastorale, religiosa nella Ddr era determinata dalla circostanza che con la Riforma del XVI secolo erano stati soppressi una quindicina di diocesi e numerosi conventi. A eccezione di pochi territori - pensiamo all'Eichsfeld, a Oberlausitz, come pure a singoli conventi - fin dalla guerra dei Trent'anni la vita ecclesiastica cattolica nel territorio di quella che sarebbe diventata la Ddr si era estinta.

Una situazione completamente nuova si è profilata solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, a causa della quale circa un milione e mezzo di fuggiaschi o profughi cattolici affluirono nel territorio della futura Ddr. Alcuni hanno ipotizzato che le potenze vincitrici avessero in programma una mescolanza confessionale connessa a questo processo. In tal modo ha avuto origine una diaspora cattolica negli odierni nuovi Länder federali.

La situazione dei cattolici era quindi molto difficile, perché questi territori già all'epoca della Repubblica di Weimar, anzi già verso la fine del xix secolo, a causa della propaganda ateistica dei socialisti, erano stati largamente scristianizzati. Durante gli anni del nazismo l'ideologia del sangue e del suolo, cioè della razza, contribuì alla diffusione della religione neopagana della razza germanica, che accentuò ulteriormente la scristianizzazione. Quindi l'ateismo connesso al regime della Sed (il partito socialista unitario tedesco) ha avuto gioco facile.

Di conseguenza la fede dei cattolici che vivevano in quest'ambiente è stata sottoposta alle prove più ardue. La Chiesa cattolica, nella Ddr, si trovava in una duplice situazione di diaspora. Sul piano confessionale, rispetto alla popolazione di religione evangelica, rappresentava una quantité négligeable. Protestanti e cattolici, però, cominciarono a considerarsi sempre più, in un certo senso, come piccole oasi in un deserto di ateismo. Un'esperienza che ha portato a una forma di solidarietà e a una vicinanza ecumenica. Nelle questioni di attualità, soprattutto quelle legate alla politica ecclesiastica, si trovava un accordo - il rapporto con gli organi dello Stato e del partito era molto diverso. Un parallelo cattolico rispetto al modello protestante di una "Chiesa nel socialismo" non è esistito in nessuna fase. Piuttosto il contrasto con l'ideologia dominante era univoco. La resistenza cattolica si è diretta non tanto contro lo Stato di per sé, ma contro l'ideologia che ne era alla base.
Questa differenza affonda le sue radici fin nell'epoca della Riforma. Soprattutto nei territori di Prussia-Brandeburgo, in conseguenza della Riforma la sovranità sulla Chiesa era stata rivendicata dai principi dei singoli territori, che si sentivano summi episcopi delle loro Chiese territoriali. Questo sistema di governo ecclesiastico su base territoriale da parte dei signori ebbe naturalmente come conseguenza una particolare prossimità o dipendenza della Chiesa dallo Stato. Nel mio luogo d'origine, Ansbach - un principato del Brandeburgo - ancora alla fine del XVIII secolo il ii Senato della Camera della guerra e del demanio svolgeva le funzioni di suprema autorità ecclesiastica. Questa dipendenza s'è mantenuta oltre la fine della monarchia.

Ben diversa si presentava la situazione dei cattolici, che in particolare in seguito alle leggi bismarckiane connesse al Kulturkampf (dopo il 1870) erano stati sottoposti a una persecuzione più grave che sotto il regime nazista. Durante questa fase furono scacciati o incarcerati nove dei dodici vescovi prussiani. Un destino che fu condiviso da centinaia di sacerdoti.

Queste esperienze vissute nel passato hanno segnato in modo duraturo l'atteggiamento dei cattolici nei confronti del potere statale. A ciò s'è aggiunta l'esperienza del periodo nazista, che "fa capire la strategia difensiva adottata dai vertici della Chiesa cattolica nella Ddr fino agli anni Ottanta, orientata a compartimentare la limitata sfera ecclesiastica interna" (H. Heineke).
Quindi, da parte cattolica, s'è mantenuta una distanza nei confronti degli organi statali e partitici, senza tuttavia provocarli con una resistenza aperta.

I contatti comunque necessari con queste istanze furono affidati dai vescovi a singoli sacerdoti, che dovevano agire su loro incarico e secondo le loro direttive.
A questo punto è naturale chiedersi se dalle cerchie del clero siano usciti collaboratori o fiancheggiatori della Stasi, i servizi segreti della Ddr.

Per quanto è consentito dire allo stato attuale della ricerca, la rigida regolamentazione di questi contatti era in grado d'impedire una simile collaborazione a livello diffuso.
Se il ministero per la Sicurezza dello Stato ha perseguito l'obiettivo d'esercitare pressioni sulla Chiesa cattolica per pilotarla, attraverso informazioni informali nel senso della politica ecclesiastica condotta dallo Stato-Sed, si è trattato di un tentativo fallito. Di 183 dirigenti che tra il 1950 e il 1989 hanno lavorato per la Caritas, solo tre hanno avuto contatti cospirativi con la Stasi. Quattro sacerdoti agivano su disposizioni dei vescovi.

L'altro risvolto di questo modello pastorale della distanza nei confronti dello Stato e di una società plasmata dal materialismo comunista, consisteva nel percepire e criticare la vita ecclesiastica concentrata "intorno al campanile" come un cristianesimo da sacrestia angusto e segregato. Per un altro verso, per la piccola Chiesa cattolica della diaspora il legame con Roma era stato importante da sempre. Dopo l'ascesa al soglio pontificio di Giovanni Paolo II questo legame s'è rivelato decisivo per una riorganizzazione della vita ecclesiastica. In questo contesto il Papa non solo ha offerto sostegno ai vescovi, ma li ha invitati ad avviare un rapporto con le cerchie evangeliche impegnate "per la giustizia, la pace e la preservazione della creazione".
Ma con ciò siamo già alle soglie dell'anno 1989.

Ancora oggi sono vivide le immagini che si sono presentate allo sguardo dello spettatore nella tarda estate del 1989 a Lipsia:  erano le famose dimostrazioni del lunedì, la prima delle quali ebbe luogo il 4 settembre. Meta delle dimostrazioni era la chiesa di San Nicola, nella quale si concludevano con la preghiera della pace. Lo stesso accadeva in numerose città della Ddr. Era la comunità evangelica che aveva aperto le sue chiese a questo scopo e aveva appoggiato in vari modi le dimostrazioni.
A questo punto è legittimo interrogarsi sull'eventuale impegno cattolico nel processo di svolta. In confronto al ruolo svolto dalle comunità evangeliche, esso appare più modesto. Ma questa circostanza non deve meravigliare, dato che i cattolici rappresentavano solo una esigua minoranza. La quota di protestanti sulla popolazione complessiva, che ammontava all'85 per cento nel 1950, si era ridotta al 25 per cento nel 1989, quella dei cattolici era passata dal 10 per cento al 5 per cento.
Naturalmente i cattolici non possedevano chiese che avrebbero potuto accogliere una moltitudine di persone per la preghiera della pace - a eccezione delle note enclavi cattoliche di Eichsfeld e Oberlausitz. Tuttavia, non poche comunità cattoliche si sono impegnate in misura più modesta anche politicamente.

Così molti cattolici si comportavano da oppositori; insieme con i protestanti si impegnavano per l'ambiente e nei movimenti pacifisti e si schieravano nelle dimostrazioni del lunedì. Il vescovo di Dresda, Reinelt, ha riferito, per esempio, di aver spesso accompagnato coloro che dimostravano contro il regime della Ddr insieme con il vescovo evangelico locale - quest'ultimo a Lipsia, Reinelt a Dresda. Le singole parrocchie offrivano gli spazi dove i membri democratici della comunità, critici verso il regime, s'incontravano e si scambiavano le loro opinioni. 


Inoltre, bisogna aggiungere che i cattolici della Germania Est guardavano indubbiamente con attenzione agli eventi in Polonia, dove dopo la quasi profetica omelia di Pentecoste pronunciata da Giovanni Paolo II a Varsavia, nel 1979, s'era messo in moto un movimento che alla fine avrebbe portato agli avvenimenti del 1989.
Il Papa allora aveva citato il versetto della liturgia di Pentecoste:  "Emitte Spiritum tuum... et renovabis faciem terrae." Poi aveva battuto al suolo energicamente il suo bastone pastorale e aveva proseguito:  "Questa terra qui". In polacco "terra" significa anche "Paese"!
Consentitemi di citare, per ricapitolare, cosa scrive nel suo nuovo libro Urbi et Gorbi - Christen als Wegbereiter der Wende Joachim Jauer, che è stato per  anni corrispondente della Zdf nella Ddr e in Europa orientale:  "Sono senz'altro più numerosi i protagonisti evangelici rispetto a quelli cattolici, e questo non stupisce. Ci troviamo qui, nel paese di Lutero, nell'ex Ddr. Le piccole comunità cattoliche qui sono sorte solo dopo la seconda guerra mondiale, dagli insediamenti di profughi della Boemia o della Slesia. Questa è la prima osservazione.

La seconda è che i vescovi cattolici volevano salvaguardare il loro piccolo gregge e hanno quasi innalzato un baluardo difensivo intorno a loro. Questo ha fatto sì che la piccola Chiesa cattolica, sul territorio della Ddr, abbia potuto preservare i suoi fedeli dalla perdita della fede molto più della grande Chiesa evangelica, dalla quale i capi della Sed... sono riusciti ad allontanare una quantità, addirittura milioni, di persone. Questo tra i cattolici non è stato possibile... Ma queste notizie non arrivavano all'opinione pubblica. Anche per noi corrispondenti era quasi impossibile aver accesso a queste informazioni... Non ho mai... potuto fare un servizio in una chiesa cattolica... Da questo emerge... un'immagine distorta, come se i cattolici addirittura non fossero esistiti".

Ma subito dopo la svolta si è visto che esistevano e non erano rimasti affatto inattivi. Il teologo evangelico Erhard Neubert, sbalordito ed evidentemente contrariato per il gran numero di cattolici che dopo il 1990 si sono assunti responsabilità politiche nei nuovi Länder federali, scrisse nel 1991:  "Abbiamo esautorato la Sed, e ora il potere l'hanno preso i cattolici". La tesi della rivoluzione protestante è falsa quanto quella della presa del potere da parte dei cattolici dopo il 1990. Che i cattolici, in rapporto alla loro quota nella popolazione complessiva, fossero rappresentati politicamente in modo sproporzionato, era dovuto al fatto di essere impegnati prevalentemente nella Christlich Demokratische Union (Cdu). A questo si aggiungeva che il programma della Cdu si inseriva nella tradizione della dottrina sociale cattolica, che non era affatto ignota ai cattolici impegnati della Ddr. Inoltre, si è potuto accertare che fin dagli anni Settanta si è verificata nella Ddr un'"ascesa silenziosa" dell'élite cattolica verso posizioni direttive non politiche in ambito accademico, nella sanità e nelle professioni tecniche.

A differenza dei laici attivi durante la svolta, i vescovi si sono espressi e comportati con discrezione in relazione alla politica. Questo non esclude che, per esempio, il vescovo di Magdeburgo, Braun, già nel settembre 1989, abbia formulato apertamente delle critiche nei confronti del regime della Sed. Il vescovo Reinelt di Dresda, all'inizio dell'ottobre 1989, ha cercato d'impedire personalmente violenti scontri fra dimostranti e servizi di sicurezza nella piazza della stazione di Dresda; e il 16 ottobre, due giorni dopo l'esautoramento del capo dello Stato della Ddr, Erich Honecker, ha chiamato i cattolici ad impegnarsi nella politica.

Questo appello è stato prontamente raccolto dalle comunità.
Potrebbero essere citati ancora altri esempi. In ogni caso, si può parlare anche d'una partecipazione dei cattolici alla svolta.

Quando è caduto il Muro di Berlino, il 9 novembre 1989, alcuni vescovi tedeschi - fra i quali quello di Berlino, Sterzinsky, che aveva assunto la sua carica solo in settembre - si trovavano a Roma per incontrare papa Giovanni Paolo II. Quando i vescovi, sorpresi dagli eventi, si sono accomiatati dal Papa per affrettarsi a tornare in patria, Giovanni Paolo II li ha congedati con queste parole:  "Fate di tutto, per unirvi anche voi, seppure come un piccolo gregge, a tutti gli uomini di buona volontà, in particolare ai cristiani evangelici, per rinnovare la faccia della terra nel vostro Paese nella forza dello Spirito divino".

Un'eco significativa della famosa predica di Pentecoste pronunciata a Varsavia nel 1979.
A questo punto è opportuno chiedersi se questo è accaduto, se la faccia della terra sia stata effettivamente rinnovata nei nuovi Länder federali.
Ora, sul piano organizzativo la risposta può essere affermativa.
In questo arco di tempo nei nuovi Länder federali sono state create le strutture gerarchiche, e le relazioni fra Stato e Chiesa sono state regolate da concordati.
Dal 1989 sono stati fondati 26 conventi maschili, 24 conventi femminili e numerosi movimenti religiosi - come per esempio Comunione e liberazione, Cursillo de Cristiandad, Mariage Encounter, Emmanuel e altri - hanno intrapreso la loro attività apostolica. A questo si aggiunge la fondazione di 58 nuove scuole cattoliche.

Tutto ciò conferma anche per la Chiesa nella ex Ddr la validità del motto di Montecassino:  Succisa virescit.
Sono ormai trascorsi vent'anni dalla svolta, dalla liberazione della Chiesa nella Germania orientale. A questo punto, si è tentati di chiedersi se a questo processo sia connessa anche una corrispondente influenza sulla società dei nuovi Länder. Fino a oggi non è possibile dare una risposta positiva a tale proposito, se si considera l'alta percentuale di voti che ha ottenuto nelle elezioni degli ultimi due decenni il partito succeduto alla Sed, la Pds, legata come in precedenza all'ideologia marxista. Anche lo schieramento estremista di destra ha un seguito tutt'altro che modesto.
Comunque, oggi, non è ancora il momento per interrogarsi su un'eventuale influenza cristiana sulla società della ex Ddr a seguito della svolta.

Circa cento anni di scristianizzazione di questi Länder - prima a causa del materialismo volgare del tardo Ottocento e poi delle ideologie irreligiose del Novecento - hanno contribuito al sorgere, in questi luoghi, di un clima spirituale e sociale che non è affatto favorevole al diffondersi del messaggio cristiano. Ma questa situazione non deve assolutamente indurre alla rassegnazione, deve piuttosto essere riconosciuta e raccolta dalla Chiesa in Germania come una sfida.


(©L'Osservatore Romano - 11 novembre 2009)
Caterina63
00sabato 5 dicembre 2009 19:37
Il Papa per i sessant'anni della Repubblica Federale di Germania e i venti dalla caduta del Muro di Berlino

La responsabilità davanti a Dio
decisiva per l'agire politico


Benedetto XVI ricorda la notte di violenza e oppressione della dittatura comunista


La storia dell'Europa del ventesimo secolo dimostra che "la responsabilità davanti a Dio è di importanza decisiva per il retto agire politico". Lo ha detto il Papa al termine del concerto offertogli nella serata di venerdì 4 dicembre, nella Cappella Sistina.


Di seguito una nostra traduzione del discorso del Papa.


Cari amici,
riesce difficile parlare ancora dopo una musica tanto maestosa e profondamente toccante. Ma per quanto povera essa possa essere, ritengo sia opportuna una parola di saluto, di ringraziamento e di riflessione. Vorrei così salutare di cuore tutti Voi qui convenuti nella Cappella Sistina. Innanzitutto sono grato al Signor Presidente Federale e alla sua gentile Consorte perché ci onorano stasera della loro presenza. Caro Signor Presidente Federale, la Sua visita è un vero piacere per me. Con ciò, Ella esprime la vicinanza e l'affetto del Popolo tedesco al Successore di Pietro, che è Suo connazionale. Un sentito Vergelt's Gott ("Dio Vi renda merito") anche per le Sue gentili parole che entrano in profondità, e per il fatto che Ella ha reso possibile questa serata per noi. Parimenti ringrazio di cuore il Domkapellmeister, Signor Reinhard Kammler, gli Augsburger Domsingknaben e la Residenz-Kammerorchester München per la magistrale esecuzione di questo magnifico Oratorio. Grazie per questo meraviglioso dono!

L'occasione di questa serata solenne è - come abbiamo sentito - duplice. Da un lato, quest'anno celebriamo i 60 anni della fondazione della Repubblica Federale di Germania, con la firma della Legge Fondamentale il 23 maggio 1949; dall'altro, ricordiamo il 20° anniversario della caduta del Muro di Berlino, quella frontiera di morte che per tanti anni aveva diviso la nostra patria e aveva separato a forza uomini, famiglie, vicini e amici.

Molti allora avevano avvertito gli avvenimenti del 9 novembre 1989 come gli albori inaspettati della libertà, dopo una lunga e sofferta notte di violenza ed oppressione per un sistema totalitario che, alla fin fine, conduceva in un nichilismo, in uno svuotamento delle anime. Nella dittatura comunista, non vi era azione alcuna che sarebbe stata ritenuta male in sé e sempre immorale. Ciò che serviva agli obiettivi del partito era buono - per quanto disumano poteva pur essere. Oggi, qualcuno si domanda se l'ordine sociale occidentale sia tanto migliore e più umanitario. Di fatto, la storia della Repubblica Federale di Germania ne è una prova. E ciò lo dobbiamo in buona parte alla Legge Fondamentale. Tale Costituzione ha contribuito essenzialmente allo sviluppo pacifico della Germania nei sei decenni trascorsi.

Perché essa esorta gli uomini a dare, in responsabilità davanti a Dio Creatore, alla dignità umana la priorità in ogni legislazione statale, a rispettare il matrimonio e la famiglia quali fondamento di ogni società, nonché ad avere riguardo e profondo rispetto per quanto è sacro agli altri. Che i cittadini della Germania, nell'adempiere il dovere del rinnovamento spirituale-politico, dopo il nazionalsocialismo e dopo il Secondo Conflitto Mondiale, come è stato espresso nella Legge Fondamentale, possano continuare a collaborare per la costruzione di una società libera e sociale.

Cari amici, guardando la storia della nostra Patria negli ultimi sessant'anni, abbiamo motivo di ringraziare Dio con tutta l'anima. E con questo siamo consapevoli che tale sviluppo non è nostro merito.

Esso è stato reso possibile da uomini che hanno agito con una profonda convinzione cristiana nella responsabilità davanti a Dio, avviando così processi di riconciliazione che hanno permesso un nuovo rapporto vicendevole e comunitario dei Paesi europei. La storia dell'Europa nel XX secolo dimostra che la responsabilità davanti a Dio è di importanza decisiva per il retto agire politico (cfr. l'Enciclica Caritas in veritate).

Dio ricongiunge gli uomini in una vera comunione, ed Egli fa capire al singolo che nella comunione con l'altro è pur presente Uno più grande, il Quale è la causa originaria della nostra vita e del nostro essere insieme. Ciò si manifesta a noi, in modo particolare, anche nel mistero del Natale, dove questo Dio si avvicina nel suo amore, dove Egli stesso da uomo, da bambino chiede il nostro amore.

Un passo dell'Oratorio di Natale illustra in modo impressionante questa comunione che si fonda nell'amore e aspira all'amore eterno: Maria si trattiene presso la mangiatoia e ascolta le parole dei pastori diventati testimoni e annunciatori del messaggio degli angeli su quel bambino.

Questo momento, nel quale Ella serba quanto avvenuto meditandolo nel cuore (cfr. Lc 2, 19), Bach lo trasforma, con la stupenda aria per contralto, in un invito a ciascuno:

Racchiudi, o mio cuore,
questo miracolo di beatitudine
saldamente nella tua fede!
Che questo miracolo,
quest'opera divina
sempre rafforzi la tua debole fede!


Ogni uomo, nella comunione con Gesù Cristo, può essere per l'altro un mediatore verso Dio. Nessuno crede per sé solo, ognuno vive nella propria fede anche grazie a mediazioni umane. Da sola, però, nessuna di esse sarebbe sufficiente per gettare il ponte verso Dio, perché nessun uomo può ricavare da ciò che è assoluta garanzia dell'esistenza e della vicinanza di Dio. Ma nella comunione con Colui che in se stesso è tale vicinanza, noi uomini possiamo essere - e lo siamo - mediatori gli uni per gli altri. Come tali saremo capaci di suscitare un nuovo modo di pensare e di generare nuove energie nel servizio di un umanesimo integrale.

Il mio ringraziamento va ancora ai promotori di questa bella serata, ai musicisti e a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo concerto tramite il loro generoso contributo. La splendida musica che abbiamo ascoltato nel singolare ambiente della Cappella Sistina rafforzi la nostra fede e la nostra gioia nel Signore, affinché possiamo essere Suoi testimoni nel mondo.

A tutti imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.



(©L'Osservatore Romano - 6 dicembre 2009)

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