2 Tess.2,1 L'apostasia, l'Anticristo e l'uomo iniquo

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°Teofilo°
00sabato 22 agosto 2009 22:08

2Tessalonicesi 2,1

Ora vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e alla nostra riunione con lui, 2 di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente. 3 Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, 4 colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. 5 Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? 6 E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. 7 Il mistero dell'iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. 8 Solo allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta, l'iniquo, 9 la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, 10 e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi.

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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 13/12/2003 20.57

l'apostasia:

le notizie che circolavano a Tessalonica sulla parusia e sul giorno del Signore non erano false ma premature, poiché non tenevano conto dell'avveramento dei segni che dovevano precedere e preannunziare la catastrofe. Prima di tutto doveva aver luogo l'apostasia. Il termine indica la defezione dal Messia e quindi dalla fede. Se il verbo "istemi equivale a stare fermi, il prefisso sottolinea la mancanza di fermezza, di continuità, di perseveranza. L'articolo fa pensare a un avvenimento noto di cui si doveva parlare con interesse nella comunità di Tessalonica. Anche nella tradizione apostolica l'apostasia è uno dei segni della fine (cf Enoc et. 91,7; Giub 23,14; IV Esd 5,1; Mt 24,10). - l'uomo dell'iniquità: è un semitismo (cf SI 89,23) che mette in rilievo la particolare affinità che uno ha con la persona o la qualità menzionata, nel caso presente, col male. Esso è talmente radicato nell'individuo di cui si parla da costituire quasi una seconda natura. L'articolo fa comprendere, anche qui, che si tratta di un soggetto determinato. L'iniquità è chiamata in greco anemia, ribellione alla legge, la colpa per antonomasia d'Israele, ma si può applicare a qualsiasi peccato. Il linguaggio, in questo testo più che altrove, ricalca il discorso sinottico (cf 2Ts 2,1 e Mt 24.31; 2,2 e Mt 24,6; 2,3-4 e Mt 24,12.15; 2,8 e Mt 24,27; 2,9 e Mt 24,29; 2,11 e Mt 24,4.5.11.24), ma sembra utilizzato per un avvenimento diverso, più lontano. - il figlio della perdizione: un altro ebraismo per definire il rapporto che l'uomo dell'iniquità ha ora con la perdizione, alla quale è come votato. Nell'AT appare parallelamente a figlio dell'Ade (Gb 26,6; Py 15,11), della morte (Gb 28,22) o della tomba (Gb 17,6).

^colui che si oppone:

l'uomo dell'iniquità è l'antagonista dichiarato di Dio, il suo avversario, chiamato più sotto ebraicamente Satana (2.9). Tutta la resistenza al piano della salvezza

trova qui il suo punto di riferimento e di partenza. - e si innalza: l'attività dell'iniquo si attua con una sistematica e spavalda guerra a tutto ciò che è sacro. Le sue gesta sono descritte ricalcando le imprese dei rè apocalittici (cf Is 14,13-14; Ez 28,2-9) e particolarmente di Antioco Epifane (Dn 11,36). - fino a sedersi egli stesso nel tempio: la follìa porta l'avversario a dare la scalata alla stessa sede di Dio, fino a tentare di sedersi sul suo trono, rivendicando diritti divini. Paolo si serve di immagini apocalittiche e di riferimenti locali per illustrare avvenimenti di cui conosce la portata e non le modalità, allo stesso modo che Gesù illustra la futura fine della Città santa richiamando l'attenzione a eventi del passato (IMc 1,54; Dn 9,27; 11,31; 12.51). Più che un fatto particolare, l'Apostolo rievoca, in termini allegorici, l'attacco che le forze diaboliche operano contro Dio e il suo regno nell'imminenza della parusia finale (cf Ap 20,3-10). La frase tra parentesi, necessaria per chiudere il perìodo, manca nel testo greco.

^non vi ricordate?

 
Il rilievo è molto importante per la storia e la portata della tradizione orale. Da esso appare la relatività degli scritti apostolici. Se i Tessalonicesi non avessero avuto dubbi sull'insegnamento impartito, non avremmo conosciuto il contenuto della predicazione tenuta da Paolo nella loro capitale.

^ora sapete:

il testo è oscuro perché non è evidente il soggetto dell'attesa rivelazione. Può essere il Signore o l'iniquo. Nel primo caso Paolo si appella alle istruzioni date ora (2,3-4) per spiegare il ritardo della manifestazione di Gesù. I Tessalonicesi erano turbati dall'idea della parusia ma, dopo le precisazioni dell'Apostolo, sanno cos'è che ne impedisce la manifestazione. Questa interpretazione semplifica ma non elimina le difficoltà, soprattutto non spiega il rapporto col v. 7. Nell'ipotesi corrente, il soggetto è l'uomo dell'empietà, di cui si è parlato nei versetti precedenti. La sua manifestazione farà scattare la parusia del Signore, ma egli non si può manifestare perché, come i Tessalonicesi già sanno, vi è un ostacolo che glielo impedisce. In questa supposizione l'impedimento che ritarda la parusia dell'anticristo rimane noto ai Tessalonicesi ma è oscuro per i lontani lettori della lettera.

L'Apostolo tenta qualche precisazione sulla natura dell'ostacolo, ma è ancora vago. Le forze del male, di cui l'iniquo è un esponente, operano ma non possono raggiungere la piena affermazione, perché qualche cosa (lò katéchon) o qualcuno (o katé-chón) lo impedisce. Ogni ipotesi per uscire dall'enigma è gratuita, perché il contesto non offre la possibilità di una soluzione. Secondo Ap 20,1-10 Satana prima dì agire liberamente alla fine dei tempi rimarrà legato per un millennio: se la notizia di Paolo riflette la medesima mentalità, non ha riferimento a nessun particolare evento storico. - il mistero: più che all'azione nascosta. subdola dell'avversario, il termine allude al disegno divino che accorda a Satana la potestà di agire contro gli uomini del regno.

Caterina63
00venerdì 19 febbraio 2010 22:06
L'ANTICRISTO
di AGOSTINO LÉMANN

scaricabile qui:
http://www.floscarmeli.org/modules.php?name=News&file=article&sid=672#I

CAPITOLO I.

Introduzione. - L'APOSTASIA.

SOMMARIO. - I. Lettera di S. Paolo ai Tessalonicesi. - II. Allocuzioni ed encicliche di Leone XIII. - III. Prima Enciclica di Pio X. - IV. I due Pontefici denunziano l'apostasia - V. L'apostasia finirà nell'Anticristo.

I.

Quasi duemila anni fa la Chiesa di Tessalonica trovavasi nel disordine: alcuni falsi dottori avevano sparso che il mondo stava per finire. L'apostolo S. Paolo, fondatore di quella chiesa, avendo saputo questo turbamento delle anime, prese la penna e, in una lettera rimasta celebre, la IIa ai Tessalonicesi, li rassicurò in questi termini: "Noi vi preghiamo, o fratelli, per la venuta del Signor nostro Gesù Cristo, e per l'adunamento nostro con lui, che non vi lasciate sì presto smuovere dai vostri sentimenti, nè atterrire, o dallo spirito, o da ragionamento, o da lettera come scritta da noi, quasi imminente sia il dì del Signore. Nessuno vi seduca in alcun modo; imperocchè (ciò non sarà) se prima non sia seguita l'apostasia e non sia manifestato l'uomo del peccato, il figliuolo di perdizione" [1].
La calma tornò nella chiesa di Tessalonica; ma due annunzi erano stati fatti dall'Apostolo per istruzione dei secoli futuri: cioè che la fine del mondo non sarebbe avvenuta so prima non fosso seguita l'apostasia e non fosse comparso l'Anticristo o l'uomo del peccato. Dunque prima l'apostasia e poi l'Anticristo.
Or ecco che in mezzo al nostro secolo, profondamente turbato, sia dalle ribellioni della ragione umana contro la Fede, sia dagli assalti incessanti contro la Chiesa, sia finalmente dai provvedimenti molteplici e perfidi contro il cristianesimo degli individui, delle famiglie e delle nazioni, ecco che la parola apostasia, come l'ha pronunziata san Paolo, viene echeggiando dall'alto, cadendo a più riprese, come un avvertimento, dalle labbra o dalla penna de' Romani Pontefici.

II.

Da prima è Leone XIII, che nel concistoro segreto del 30 dicembre 1889, si espresse, per la prima volta, cosi dinanzi ai cardinali: "Venerabili fratelli, facilmente apparisce che vi ha il comune disegno d'impugnare la religione avita e, sotto gli auspici e la guida delle sétte perverse, strappare, se fosse possibile, dal seno della Chiesa l'intera nazione italiana... Ciò che noi vogliamo, è che sia conservata intera, come conviensi, la fede cristiana; giacchè la conservazione appunto di questa è messa in pericolo, quando coloro che presiedono al governo del popolo assegnano allo Stato l'ufficio di vendicare all'umana ragione un primato senza misura e senza legge: il che, tolte le lustre, altro non è che rigettare totalmente ciò che da Dio è stato rivelato, ed apostatare assolutamente dalla Chiesa... Non par vero che a questo estremo siasi pur finalmente arrivati" [2].
Una seconda volta, lo stesso Pontefice denunziò l'apostasia in una protesta indirizzata a S. E. il cardinal Rampolla del Tindaro, suo segretario di Stato: "Lo scopo ultimo della occupazione di Roma, non diciamo nella mente di quanti vi cooperarono, ma delle sétte che ne furono i primi motori, non è, o almeno non è tutto nel compimento dell'unità politica. No: quell'atto di violenza, che ha pochi esempi nella storia, doveva, nei secreti settari , servire come mezzo ed esser preludio di un assunto più tenebroso. Se si stese la mano a squarciare le mura della metropoli civile, fu fatto per meglio battere in breccia la città sacerdotale: e per sortire l'intento dì assalire da vicino la potestà spirituale dei Papi, incominciossi dall'abbatterne quel propugnacolo terreno... Son cinque lustri che, guardandosi attorno, Roma vede padroni del campo gli oppugnatori della istituzioni e delle credenze cristiane. Diffusa ogni più malvagia dottrina: vilipesi impunemente la persona e il ministero del Vicario di Dio: contrapposto al dogma cattolico il libero pensiero, e alla cattedra di Pietro il seggio massonico. E appunto a questo insieme nefasto d'idee e di fatti si è preteso novellamente di dar sembianza di dritto ed essere di stabilità, mediante il suggello di una nuova legge e le clamorose manifestazioni che secondarono, capitanate a viso aperto dalla setta nemica di Dio. È forse questo il trionfo della causa italiana, o non piuttosto l'avvenimento dell'apostasia? [3]"
Una terza volta Leone XIII alzò la voce nella grave allocuzione da lui pronunziata nel Concistoro del 15 aprile 1901: " Venerabili Fratelli, ci turba profondamente il pensiero che le contrarietà e gli ostacoli, onde si circonda il cattolicismo, non solo non si attenuano, anzi d'una in altra parte d'Europa come per contagio si estendono... Domina in questo momento il disegno manifesto dei nemici della Chiesa di muovere la più fiera guerra alle cattoliche istituzioni; e a tal fine si direbbe che abbiano stretto fra loro una lega intestina. Ne son prova i fatti molteplici che si van ripetendo da più parti, la concitazione cioè delle plebi, le violente chiassate e le minacce che si lanciano pubblicamente, gli scritti eccitatori delle passioni popolari, e le ingiurie scagliate senza ritegno contro le cose e le persone più venerande. Tutti questi sono foschi indizi del futuro, nè è lungi dal vero il timore che alle presenti calamità altre anche più calamitose abbiano da seguire. Tuttavia quali si sieno gli affanni e la battaglie che il domani arrecherà, la Chiesa, fidata in Dio, non incontrerà nè subirà cosa alcuna per cui abbia a temere per sè. Hanno da temere i Governi, che non vedono dove s'incamminano, ha da tremare la società civile, che a tanto maggiori pericoli va incontro, quanto più si distacca da Cristo liberatore" [4].
Nello stesso anno 1901 in una lettera in data del 29 giugno e indirizzata ai Superiori generali degli ordini e istituti religiosi, Leone XIII insisteva ancora sul pericolo dell'apostasia: "Non è a meravigliarsi, scriveva il chiaroveggente Pontefice, che contro gli ordini ed istituti religiosi, come in altri tempi, imperversi la Città del mondo, massime quella setta che, con sacrileghi patti, è più strettamente avvinta al principe stesso di questo mondo, e più servilmente gli ubbidisce. Pur troppo nei loro disegni lo sbandeggiamento e l'estinzione degli Ordini religiosi è un' abile mossa a condurre innanzi il meditato proposito dell'apostasia delle nazioni cattoliche da Gesù Cristo" [5].
Un quinto ed ultimo avvertimento, Leone XIII lo dette piangendo in mezzo al sacro Collegio in risposta ad un indirizzo del cardinal Oreglia, relativo al sovvertimento legale delle Congregazioni: "Violate già in cento guise le ragioni della Chiesa e del nome cattolico, ecco andar oltre per la stessa via, sino al sovvertimento legale di sante istituzioni cristiane... Ah non è sincero amore di pubblica prosperità o d'incrementi civili, che muove gli artefici di tali sciagure: ciò che si vuole e si cerca, è il crollo degli ordini cristiani e la ricostituzione degli Stati sulle basi del naturalismo pagano. Se sta scritto in cielo che tra siffatte amarezze quest'ultima reliquia si estingua della Nostra giornata, chiuderemo in rassegnazione le stanche pupille benedicendo il Signore, ma colla persuasione in cuore fermissima che, venuta l'ora della misericordia, sorgerà egli stesso a salute delle genti, assegnate in retaggio all'Unigenito di Dio" [6].
E Leone XIII, il vegliardo del Vaticano, s'addormì, nella pace del Signore, il 20 luglio 1903.

III.

La prima Enciclica del nuovo Papa, indirizzata al mondo cattolico, riveste un carattere di solennità eccezionale. Il cardinal Sarto, patriarca di Venezia, successe a Leone XIII. Ascese e si assise nella cattedra di S. Pietro sotto il nome venerato ed amato di Pio X. Egli dunque si rivolse a tutti i Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi ed altri Ordinari in pace e comunione colla Sede Apostolica. Ecco ciò che loro disse:
"Nel rivolgervi la prima volta la parola dalla cattedra del supremo apostolato, alla quale, per inscrutabile disposizione di Dio, fummo elevati, non fa d'uopo che ricordiamo con quali lacrime e calde istanze ci adoperammo di allontanar da Noi questo formidabile peso del pontificato... Per passarci di ogni altro motivo, ci atterrivano sopra ogni cosa le funestissime condizioni , in cui ora versa l'umano consorzio. Giacchè chi non iscorge che la società umana, più che nelle passate età, trovasi ora in preda ad un malessere gravissimo e profondo, che, crescendo ogni di più e corrodendola insino all'intimo, la trae a rovina? Voi comprendete, o Venerabili Fratelli, quale sia questo morbo: l'apostasia da Dio... Ai nostri giorni veramente contro il proprio Creatore fremettero le genti e i popoli meditarono cose vane [7]; talchè è comune il grido dei nemici di Dio: Allontanati da noi [8]. E conforme a ciò, vediamo nei più degli uomini estinguersi ogni rispetto verso Iddio eterno, senza più riguardo al suo supremo volere nelle manifestazioni della vita privata e pubblica; che, anzi, con ogni sforzo, con ogni artifizio si cerca che fin la memoria di Dio e la stia conoscenza sia dei tutto distrutta.
Chi tutto questo considera, bene ha ragione di temere che siffatta perversità di mente sia quasi un saggio e forse il cominciamento dei mali, che agli estremi tempi son riserbati, e che già sia nel mondo il figlio di perdizione di cui parla l'Apostolo. Tanta infatti è l'audacia e l'ira, con cui si perseguita da per tutto la religione, si combattono i dogmi della fede, e si adopera sfrontatamente a sterpare, ad annientare ogni rapporto dell'uomo colla Divinità! In quella vece, ciò che appunto, secondo il dire del medesimo Apostolo [9], è il carattere proprio dell'Anticristo, l'uomo stesso con infinita temerità, si è posto in luogo di Dio, sollevandosi sopra tutto ciò che chiamasi Iddio; per modo che, quantunque non possa spegnere interamente in sè stesso ogni notizia di Dio, pure, manomessa la maestà di lui, ha fatto dell'universo quasi un tempio a sè medesimo per esservi adorato. Si asside nel tempio di Dio, mostrandosi quasi fosse Dio" [10].

IV.

Bisogna convenirne. Il linguaggio energico di Pio X fa seguito ai gravi avvertimenti di Leone XIII. È l'apostasia in marcia che i due Pontefici denunziano con perspicacia e fermezza affatto apostolica L'apostasia! profetata da S. Paolo. Non si tratta, infatti, sia nel linguaggio dell'Apostolo, sia in quello dei Romani Pontefici, d'un'apostasia, cioè di una defezione parziale, limitata, ma, secondo l'espressione energica del greco, l'apostasia!, coll'articolo definitivo, cioè l'apostasia per eccellenza, consistente nella defezione delle nazioni e di un gran numero di cristiani, che si separeranno apertamente dalla Chiesa e da Gesù Cristo.
E quest'apostasia, i due Papi ce la mostrano in marcia. Leone XIII cominciò col denunziarne gli autori, additarne lo scopo, i mezzi impiegati, le tappo percorso.
Gli autori sono il Principe del mondo, Satana, e, sotto il suo governo, la setta perversa del Framassoni, nemica di Dio.
Il fine è la distruzione delle istituzioni cristiane, la religione degli avi rigettata, la ricostituzione degli Stati sulle basi del naturalismo pagano.
I mezzi impiegati sono la ragione umana eretta in sovrana e senza legge, la soppressione d'ogni insegnamento cristiano, l'estinzione degli Ordini e Istituti religiosi, l'assoggettamento dei sacerdoti fedeli, la separazione della società civile dalla Chiesa.
Le tappe già percorse sono la presa di Roma, baluardo terrestre della potenza spirituale, il seggio massonico opposto alla cattedra di Pietro, il contagio che si è propagato da un punto all'altro dell'Europa, e l'apostasia ufficiale, nazionale della Francia, per la separazione della Chiesa dallo Stato. Il lamento di Leone XIII emesso, sul declinar della sua vita, nel concistoro del 24 dicembre 1902, si sarebbe avverato: uno Stato, la Francia, si sarebbe ricostituita sulle basi dei naturalismo pagano!
Tutto ciò, Pio X l'ha riassunto nella sua prima Enciclica. Ritornando egli sulla parola apostasia, caduta tante volte dalle labbra e dalla penna di Leone XIII, non ha esitato, come il suo augusto predecessore, di pronunziarla nuovamente, l'11 giugno dell'anno 1905, nella sua Lettera Enciclica ai vescovi d'Italia sull'Azione cattolica: "Continui strappi si vanno facendo alle pacifiche conquiste della Chiesa, tanto più dolorosi e funesti, quanto più la società umana tende a reggersi con principi avversi al concetto cristiano, anzi ad apostatare interamente da Dio" [11].
Ma Pio X è andato ancora più oltre. Denunziata l'apostasia, egli ha avuto la fermezza d'indicare ciò che accadrebbe, se andasse ogni dì più crescendo. Citiamo di nuovo le gravissime parole della sua prima Enciclica: "Chi tutto questo considera, bene ha ragione di temere che siffatta perversità di menti sia quasi un saggio e forse il cominciamento dei mali, che agli estremi tempi son riserbati: e che gia sia nel mondo il figlio di perdizione, di cui parla l'Apostolo".

V.

L'Anticristo! ecco dove finirà l'apostasia, allorchè avrà raggiunto in estensione e perversità il grado assegnatole dalla pazienza divina.
Ma le parole di Pio X lascerebbero forse intendere che F Anticristo sarebbe già nel mondo? Non si potrebbe affermarlo con certezza. Esso devonsi veramente interpretare secondo i testi seguenti di san Giovanni : "Siccome udiste che l'Anticristo viene, anche adesso molti sono diventati anticristi" [12]. - "Qualunque spirito che divida Gesù, non è da Dio: e questi è un Anticristo, il quale avete udito che viene, e già fin d'adesso è nel mondo" [13]. - "Molti impostori sono usciti pel mondo, i quali non confessano che Gesù Cristo sia venuto nella carne: questi tali sono impostori ed Anticristi" [14].
Come nel passato il vero Cristo, Signor nostro, ha avuto dei precursori, che erano suoi tipi e figure profetiche: Abele, Isacco, Giuseppe, Davide, Giona ecc.; cosi per una permissione divina, l'Anticristo ha pure i suoi: Antioco Epifane, Nerone, Diocleziano, Galerio, Giuliano Apostata, Maometto, ecc. Ai nomi di questi precursori nel passato, altri se ne potrebbero aggiungere nel presente. Ma ciò che v'ha di doloroso e di grave si è che la società umana, incredula ed ostile, si trasforma essa medesima, secondo l'osservazione di Pio X, in vero Anticristo.
"Tanta è l'audacia e l'ira con cui si perseguita da per tutto la religione, si combattono i dogmi della fede, e si adopera sfrontatamente a sterpare , ad annientare ogni rapporto dell'uomo colla Divinità! In quella vece, ciò che appunto, secondo il dire del medesimo Apostolo, è il carattere proprio dell'Anticristo, l'uomo stesso, con infinita temerità, si è posto in luogo di Dio, sollevandosi sopra tutto ciò che chiamasi Iddio; per modo che, quantunque non possa spegnere, interamente in sè stesso ogni notizia di Dio, pure manomessa la maestà di Lui, ha fatto dell'universo quasi un tempio a sè medesimo per esservi adorato. Si asside nel tempio di Dio mostrandosi quasi fosse Dio". Così si è espresso Pio X.
Nei secoli passati, soltanto alcuni uomini perversi o sétte nefaste avevano rappresentato l'Anticristo: ai giorni nostri, è l'uomo in generale, è l'umanità ribelle che prende posto accanto agli antichi Anticristi, preparando l'Anticristo straordinario, l'Anticristo propriamente detto.
È, infatti, manifestamente annunziato questo Anticristo propriamente detto. Se, ne' testi citati più sopra, S. Giovanni non si occupa che degli uomini perversi, i quali, animati dallo spirito dell'Anticristo, possono essere considerati come suoi precursori e meritano di portarne il nome, egli lascia intendere, come pure Pio X, che verso la fine del mondo, qualcuno sorgerà ad esser l'avversario accanito di nostro Signore, suo rivale, secondo la parola Anticristo, che vuol dire contro il Cristo, avversario di Cristo.
Chi sarà dunque quest'empio misterioso di cui certi uomini perversi non sarebbero stati che pallide figure?

NOTE

1 II Thess. II, 1-3.
2 Allocuzione pronunziata da S. Santità Leone XIII nel Concistoro segreto del 30 settembre 1889.
3 Al signor cardinal Rampolla dei Tindaro, nostro segretario di Stato, - dal Vaticano, l'8 ottobre 1895.
4 Allocuzione concistoriale su i pericoli che minacciano la Chiesa e la società civile, 15 agosto 1904.
5 Lettera di S. Santità Leone XIII ai superiori generali; degli Ordini ed Istituti religiosi.
6 Allocuzione di Leone XIII al Sacro Collegio tenuta il 28 dicembre 1902.
7 Ps. II, 1.
8 Ibid. XXI, 14.
9 II Thess. II, 3.
10 II Thess. II, 2. - Enciclica di S. Santità Pio X: E supremi apostolatus cathedra.
11 Lettera Enciclica di Pio X ai Vescovi d'Italia sull'azione cattolica.
12 I Joan. II, 18.
13 Ibid. IV, 8.
14 II Joan. 7.

Caterina63
00venerdì 19 febbraio 2010 22:07
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L'ho letto più volte e ho avuto modo anche di farlo come regalo....ve lo consiglio perchè cita molto i Padri della Chiesa, Santi e Beati... Occhiolino



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