ATTENZIONE!! IMPORTANTE MESSAGGIO DEL PAPA AI VESCOVI ITALIANI e del mondo intero

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Caterina63
00lunedì 8 novembre 2010 23:44
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE ALLA 62A ASSEMBLEA GENERALE DELLA CEI AD ASSISI
                                  
Al Venerato Fratello
il Cardinale Angelo Bagnasco
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana


Con questo messaggio, che vi invio in occasione della 62a Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, intendo farmi spiritualmente pellegrino ad Assisi, per rendermi presente e raggiungere personalmente Lei e ciascuno dei Vescovi convenuti, Pastori premurosi delle amate Chiese particolari che sono in Italia. La vostra sollecitudine e il vostro impegno si manifestano nel governo responsabile delle diocesi nella vicinanza paterna ai sacerdoti e alle comunità parrocchiali. Di ciò è segno eloquente l’attenzione al tema dell’educazione, che avete assunto come priorità del decennio che si apre.

Gli
Orientamenti pastorali recentemente pubblicati sono espressione di una Chiesa che, alla scuola di Gesù Cristo, vuole prendersi a cuore la vita intera di ogni uomo e, a tale fine, cerca “nelle esperienze quotidiane l’alfabeto per comporre le parole con le quali ripresentare al mondo l’amore infinito di Dio” (Educare alla vita buona del Vangelo, 3).

1. In questi giorni siete riuniti ad Assisi, la città nella quale “nacque al mondo un sole” (Dante,
Paradiso, Canto XI), proclamato dal Venerabile Pio XII Patrono d’Italia: san Francesco, che conserva intatte la sua freschezza e la sua attualità – i Santi non tramontano mai! – dovute al suo essersi conformato totalmente a Cristo, di cui fu icona viva.

Come il nostro, anche il tempo in cui visse san Francesco era segnato da profonde trasformazioni culturali, favorite dalla nascita delle università, dallo sviluppo dei comuni e dal diffondersi di nuove esperienze religiose.

Proprio in quella stagione, grazie all’opera di Papa Innocenzo III – lo stesso dal quale il Poverello di Assisi ottenne il primo riconoscimento canonico – la Chiesa avviò una profonda riforma liturgica.

Ne è espressione eminente il Concilio Lateranense IV (1215), che annovera tra i suoi frutti il “Breviario”. Questo libro di preghiera accoglieva in se la ricchezza della riflessione teologica e del vissuto orante del millennio precedente. Adottandolo, san Francesco e i suoi frati fecero propria la preghiera liturgica del Sommo Pontefice: in questo modo il Santo ascoltava e meditava assiduamente la Parola di Dio, fino a farla sua e a trasporla poi nelle preghiere di cui è autore, come in generale in tutti i suoi scritti.

Lo stesso Concilio Lateranense IV, considerando con particolare attenzione il Sacramento dell’altare, inserì nella professione di fede il termine “transustanziazione”, per affermare la presenza reale di Cristo nel sacrificio eucaristico: “Il suo corpo e il suo sangue sono contenuti veramente nel Sacramento dell’altare, sotto le specie del pane e del vino, poiché il pane è transustanziato nel corpo e il vino nel sangue per divino potere” (DS, 802). Dall’assistere alla santa Messa e dal ricevere con devozione la santa Comunione sgorga la vita evangelica di san Francesco e la sua vocazione a ripercorrere il cammino di Cristo Crocifisso: “Il Signore – leggiamo nel Testamento del 1226 – mi dette tanta fede nelle chiese, che così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, poiché con la tua santa croce hai redento il mondo” (Fonti Francescane, n. 111). In questa esperienza trova origine anche la grande deferenza che portava ai sacerdoti e la consegna ai frati di rispettarli sempre e comunque, “perché dell’altissimo Figlio di Dio nient’altro io vedo corporalmente in questo mondo, se non il Santissimo Corpo e il Sangue suo che essi solo consacrano ed essi soli amministrano agli altri” (Fonti Francescane, n. 113).

Davanti a tale dono, cari Fratelli, quale responsabilità di vita ne consegue per ognuno di noi! “Badate alla vostra dignità, frati sacerdoti – raccomandava ancora Francesco – e siate santi perché egli è santo” (Lettera al Capitolo Generale e a tutti i frati, in Fonti Francescane, n. 220)! Sì, la santità dell’Eucaristia esige che si celebri e si adori questo Mistero consapevoli della sua grandezza, importanza ed efficacia per la vita cristiana, ma esige anche purezza, coerenza e santità di vita da ciascuno di noi, per essere testimoni viventi dell’unico Sacrificio di amore di Cristo.

ll Santo di Assisi non smetteva di contemplare come “Il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, in poca apparenza di pane” (ibid., n. 221), e con veemenza chiedeva ai suoi frati: “Vi prego, più che se lo facessi per me stesso, che quando conviene e lo vedrete necessario, supplichiate umilmente i sacerdoti perchè venerino sopra ogni cosa il Santissimo Corpo e il Sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di Lui scritte che consacrano il corpo” (Lettera a tutti i custodi, in Fonti Francescane, n. 241).

2. L’autentico credente, in ogni tempo, sperimenta nella liturgia la presenza, il primato e l’opera di Dio. Essa è “veritatis splendor” (Sacramentum caritatis, 35), avvenimento nuziale, pregustazione della città nuova e definitiva e partecipazione ad essa; è legame di creazione e di redenzione, cielo aperto sulla terra degli uomini, passaggio dal mondo a Dio; è Pasqua, nella Croce e nella Risurrezione di Gesù Cristo; è l’anima della vita cristiana, chiamata alla sequela, riconciliazione che muove a carità fraterna.

Cari Fratelli nell’Episcopato, il vostro convenire pone al centro dei lavori assembleari l’esame della traduzione italiana della terza edizione tipica del Messale Romano. La corrispondenza della preghiera della Chiesa (lex orandi) con la regola della fede (lex credendi) plasma il pensiero e i sentimenti della comunità cristiana, dando forma alla Chiesa, corpo di Cristo e tempio dello Spirito. Ogni parola umana non può prescindere dal tempo, anche quando, come nel caso della liturgia, costituisce una finestra che si apre oltre il tempo. Dare voce a una realtà perennemente valida esige pertanto il sapiente equilibrio di continuità e novità, di tradizione e attualizzazione. Il Messale stesso si pone all’interno di questo processo. Ogni vero riformatore, infatti, è un obbediente della fede: non si muove in maniera arbitraria, né si arroga alcuna discrezionalità sul rito; non è il padrone, ma il custode del tesoro istituito dal Signore e a noi affidato. La Chiesa intera è presente in ogni liturgia: aderire alla sua forma è condizione di autenticità di ciò che si celebra.

3. Questa ragione vi spinge, nelle mutate condizioni del tempo, a rendere ancor più trasparente e praticabile quella stessa fede che risale all’epoca della Chiesa nascente. E’un compito tanto più urgente in una cultura che - come voi stessi rilevate - conosce “l’eclissi del senso di Dio e l’offuscarsi della dimensione dell’interiorità, l’incerta formazione dell’identità personale in un contesto plurale e frammentato, le difficoltà di dialogo tra le generazioni, la separazione tra intelligenza e affettività” (Educare alla vita buona del Vangelo, 9). Questi elementi sono il segno di una crisi di fiducia nella vita e influiscono in maniera rilevante sul processo educativo, nel quale i riferimenti affidabili si fanno labili. L’uomo contemporaneo ha investito molte energie nello sviluppo della scienza e della tecnica, conseguendo in questi campi traguardi indubbiamente significativi e apprezzabili. Tale progresso, tuttavia, è avvenuto spesso a scapito dei fondamenti del cristianesimo, nei quali si radica la storia feconda del Continente europeo: la sfera morale è stata confinata nell’ambito soggettivo e Dio, quando non viene negato, è comunque escluso dalla coscienza pubblica.

Eppure, la persona cresce nella misura in cui fa esperienza del bene e impara a distinguerlo dal male, al di là del calcolo che considera unicamente le conseguenze di una singola azione o che usa come criterio di valutazione la possibilità di compierla.

Per invertire la rotta, non è sufficiente un generico richiamo ai valori, né una proposta educativa che si accontenti di interventi puramente funzionali e frammentari. C’è bisogno, invece, di un rapporto personale di fedeltà tra soggetti attivi, protagonisti della relazione, capaci di prendere posizione e di mettere in gioco la propria libertà (cfr ibid., 26). Per questa ragione, è quanto mai opportuna la vostra scelta di chiamare a raccolta intorno alla responsabilità educativa tutti coloro che hanno a cuore la città degli uomini e il bene delle nuove generazioni.

Tale indispensabile alleanza non può che partire da una nuova prossimità alla famiglia, che ne riconosca e sostenga il primato educativo: è al suo interno che si plasma il volto di un popolo. Come Chiesa che vive in Italia, attenta a interpretare ciò che avviene in profondità nel mondo di oggi e, quindi, a cogliere le domande e i desideri dell’uomo, voi rinnovate l’impegno a operare con disponibilità all’ascolto e al dialogo, mettendo a disposizione di tutti la buona notizia dell’amore paterno di Dio. Vi anima la certezza che "Gesù Cristo è la via, che conduce ciascuno alla piena realizzazione di sé secondo il disegno di Dio. E’ la verità, che rivela l’uomo a se stesso e ne guida il cammino di crescita nella libertà. E’ la vita, perché in lui ogni uomo trova il senso ultimo del suo esistere e del suo operare: la piena comunione di amore con Dio ne1l’eternità” (ibid., n. 19).

4. In questo cammino, vi esorto a valorizzare la liturgia quale fonte perenne di educazione alla vita buona del Vangelo. Essa introduce all’incontro con Gesù Cristo, che con parole e opere costantemente edifica la Chiesa, formandola alle profondità dell’asco1to, della fraternità e della missione. I riti parlano in forza della loro intrinseca ragionevolezza e comunicabilità ed educano a una partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa (cfr Sacrosanctum Concilium, n. 11).

Cari Fratelli, alziamo il capo e lasciamoci guardare negli occhi da Cristo, unico Maestro, Redentore da cui promana ogni nostra responsabilità nei confronti delle comunità che ci sono affidate e di ogni uomo. Maria Santissima, con cuore di Madre, vegli sul nostro cammino e ci accompagni con la sua intercessione. Nel rinnovare la mia affettuosa vicinanza e il mio fraterno incoraggiamento, imparto di cuore a Lei, Venerato Fratello, ai Vescovi, ai collaboratori e a tutti i presenti la mia Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 4 novembre 2010

Benedetto XVI

                                             


Caterina63
00venerdì 12 novembre 2010 17:21

Un ottimo rilievo di Sandro Magister:

Magister: il Papa striglia i vescovi sulla liturgia

di Sandro Magister

ROMA, 12 novembre 2010 – Gli ultimi due papi, in ripetute occasioni, hanno indicato nella Chiesa italiana e nel suo episcopato un "modello" per altre nazioni.

C'è un campo, però, nel quale la Chiesa italiana non brilla. È quello della liturgia.

Lo si è capito dalla severa lezione che Benedetto XVI ha impartito ai vescovi italiani riuniti ad Assisi in assemblea generale dall'8 all'11 novembre, un'assemblea con al centro l’esame della nuova traduzione del messale romano.

Nel messaggio che ha rivolto ai vescovi alla vigilia dell'assemblea, papa Joseph Ratzinger non si è limitato ai saluti e agli auguri. È entrato direttamente nel tema. Ha dettato lui i criteri di una "vera" riforma della liturgia.

"Ogni vero riformatore – ha scritto – è un obbediente della fede: non si muove in maniera arbitraria, né si arroga alcuna discrezionalità sul rito; non è il padrone, ma il custode del tesoro istituito dal Signore e a noi affidato. La Chiesa intera è presente in ogni liturgia: aderire alla sua forma è condizione di autenticità di ciò che si celebra".

Il papa ha portato ad esempio di genuina riforma liturgica il Concilio Lateranense IV del 1215, che mise in mano ai sacerdoti il "Breviario" con la liturgia delle ore e rafforzò la fede della presenza reale di Cristo nel pane e nel vino eucaristici.

Erano quelli i tempi di san Francesco d'Assisi. E Benedetto XVI ha dedicato buona parte del suo messaggio a illustrare ai vescovi italiani lo spirito con cui quel grande santo obbedì a quella riforma liturgica, e fece obbedire i suoi frati.

San Francesco, si sa, è uno dei santi più popolari e universalmente ammirati. È un modello anche per quei cattolici che vogliono una Chiesa più spirituale e "profetica", invece che istituzionale e rituale. In campo liturgico, questi propugnano una maggiore creatività e libertà.

Ma Benedetto XVI ha mostrato, nel messaggio, che il vero san Francesco era di tutt'altro orientamento. Era profondamente convinto che il culto cristiano debba corrispondere alla "regola della fede" ricevuta, e in questo modo dar forma alla Chiesa. I sacerdoti, per primi, devono fondare sulle "cose sante" della liturgia la loro santità di vita.

Curiosamente, i vescovi italiani ai quali il papa ha rivolto questa lezione si erano riuniti questa volta proprio ad Assisi, la città di Francesco.

E vescovo di Assisi è Domenico Sorrentino, un esperto di liturgia, non però della linea di Ratzinger.

Nel 2003 monsignor Sorrentino fu nominato segretario della congregazione vaticana per il culto divino. Ma durò solo due anni. Ratzinger, da poco divenuto papa, lo trasferì ad Assisi e al suo posto chiamò un proprio fedelissimo in materia liturgica, Malcolm Ranjith, dello Sri Lanka, oggi arcivescovo di Colombo e cardinale di imminente nomina.

Prima del 2003, per cinque anni, era stato segretario della congregazione per il culto divino un altro esperto di liturgia italiano, Francesco Pio Tamburrino, monaco benedettino. Anche lui però era di linea contraria a quella dell'allora cardinale prefetto della congregazione, il "ratzingeriano" Jorge Arturo Medina Estévez. E infatti anche lui fu rimosso e trasferito a una diocesi, quella di Foggia.

Sorrentino e Tamburrino sono due figure di spicco della commissione per la liturgia della conferenza episcopale italiana. Ma in questa commissione, fino a poco tempo fa, c'era anche monsignor Luca Brandolini, vescovo di Sora oggi emerito, distintosi per aver proclamato una sorta di "lutto" di protesta quando nel 2007 Benedetto XVI emanò il motu proprio "Summorum pontificum" che liberalizzava l'uso del rito antico della messa.

Nell'eleggere i membri della commissione per la liturgia, i vescovi italiani hanno sempre dato la preferenza a loro colleghi di questa tendenza, i cui ispiratori sono stati gli artefici della riforma liturgica successiva al Concilio Vaticano II, in particolare il cardinale Giacomo Lercaro e il principale ideatore ed esecutore di quella riforma, monsignor Annibale Bugnini.

Gli esiti negativi di quella riforma sono quelli contro cui interviene Benedetto XVI. Ma già Paolo VI ne vide gli abusi, e ne fu talmente addolorato che nel 1975 rimosse Bugnini e lo mandò in esilio in Iran come nunzio apostolico.

Ma il sentimento della maggioranza dei vescovi e del clero italiani continua a essere influenzato tuttora dalla "linea Bugnini". In Italia sono rari gli eccessi che si registrano in altre Chiese d'Europa, ma lo stile prevalente delle celebrazioni è più "assembleare" che "rivolto al Signore", come papa Ratzinger vuole che sia. E questa distorsione si riflette anche nell'architettura delle chiese di recente costruzione.

La conferenza episcopale italiana è un caso speciale, rispetto a tutte le altre. Ha un legame diretto col vescovo di Roma. E infatti il suo presidente non è eletto ma nominato dal papa.

Introducendo l'8 novembre i lavori della conferenza episcopale ad Assisi, l'attuale presidente, il cardinale Angelo Bagnasco, ha citato un commento di Ratzinger al fatto che il Concilio Vaticano II dedicò la sua prima sessione proprio alla liturgia:

"Cominciando con l’argomento della liturgia, si poneva inequivocabilmente in luce il primato di Dio, la priorità assoluta del tema ‘Dio’. Prima di tutto Dio: questo dice l’iniziare con la liturgia. Là dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento".

Ma per capire più a fondo qual è il senso della "riforma della riforma" voluta da papa Ratzinger, ecco qui di seguito che cosa ha scritto ai vescovi italiani, sulla liturgia.

" OGNI VERO RIFORMATORE E' UN OBBEDIENTE DELLA FEDE "
(Benedetto XVI Messaggio ai Vescovi)

*************************


[SM=g1740733] una breve riflessione:


Ottimi rilievi fatti da Magister anche se avrei sottolineato appunto, la linea PATERNA - ma autorevole - di Benedetto XVI proprio a questi Vescovi che di fatto ci tennero a sottolineare che di misericordia papale fu il gesto della revoca della scomunica ai 4 vescovi di mons. Lefebvre e che di misericordia tratterebbe il Summorum Pontificum, ossia un MP NON per loro, vescovi, non per la Chiesa italiana ma per la FSSPX....  
 
Con questo Messaggio di fatto il Papa stesso - con molta pazienza - smentisce questo continuo PIETISMO E BONISMO attraverso il quale non pochi vescovi intendono far passare (o filtrare.... ) la Riforma sulla Liturgia.... Wink  
 
Siamo ben coscienti delle continue affermazioni:  
- il Papa non sta dicendo a NOI ma alla FSSPX;  
- il Summorum Pontificum NON riguarda la nostra Diocesi ma è un atto di misericordia alla FSSPX;  
- il Papa non obbliga a celebrare come celebra lui la Messa....  
- il Papa sa che noi seguiamo LO SPIRITO DEL CONCILIO....  
- non siamo obbligati a ridare la comunione alla bocca.... (salvo poi obbligarla alla mano )  
- noi abbiamo l'indulto di Paolo VI a dare la comunione sotto le due specie e alla mano, INTINGENDO L'OSTIA COME SI FA CON IL CORNETTO AL BAR.... il Summorum Pontificum NON CI RIGUARDA!  
ecc...ecc...ecc....  
 
Sono cinque anni che non sento altro che attribuire al Magistero di Benedetto XVI solo ed esclusivamente ATTI DI COMPASSIONE E MISERICORDIA VERSO ALTRI... ma il Papa smentisce, la misericordia senza l'uso del VINCASTRO (bacchetta-bastone con il quale si guidano le pecore ) non serve a nulla (cfr omelia chiusura Anno Sacerdotale ), tutti gli interventi del Pontefice SONO ATTI MAGISTERIALI E VINCOLANTI, sarebbe ora che Vescovi e Sacerdoti cominciassero a mettere in pratica con docilità le sue richieste... solo così anche NOI LAICI potremmo più facilmente brontolare di meno ed operare meglio....  
 
Una sola cosa Santo Padre: vogliate ora sistemare la vicenda liturgica del noto cammino neocatecumenale di Kiko altrimenti e per l'ennesima volta questo suo Messaggio resterà, nella maggiorparte delle diocesi, LETTERA MORTA... e continueranno a dire: "quello che il Papa ha detto sulla Liturgia, NON CI RIGUARDA".... Embarassed




Caterina63
00sabato 13 novembre 2010 11:52
OTTIME RIFLESSIONI DA CANTUALE ANTONIANUM


L'appello accorato del Papa: nella liturgia ispiratevi a San Francesco!

Davvero è un appello accorato quello del Papa ai vescovi riuniti ad Assisi per esaminare (anche) la nuova traduzione del Messale Romano (secondo la III edizione tipica), esame che si concluderà nel maggio del 2011. Vi riporto, in fondo al post, la parte principale del messaggio papale, la sezione che si riferisce alla riforma della liturgia.
Il comunicato finale dell'assemblea dei vescovi recita con sussiego: "Proprio l’ambito liturgico, posto al centro dei lavori, ha visto l’esame e l’approvazione della prima parte dei testi della terza edizione italiana del Messale Romano. La liturgia è stata anche il filo conduttore del messaggio del Santo Padre che, nell’esprimere ai Vescovi affettuosa vicinanza e fraterno incoraggiamento, ha sottolineato come ogni celebrazione abbia il suo fulcro nella presenza, nel primato e nell’opera di Dio"
Che il Santo Padre debba ricordare ai vescovi che al centro della celebrazione liturgica c'è la presenza, il primato e l'opera di Dio, non mi sembra un segnale rassicurante. Capirei che lo ricordi ai giovani della GMG, ma si presume che i vescovi lo sappiano e non abbiano bisogno dei fondamentali del catechismo.
Aggiunge il comunicato: "Al cuore dei loro lavori, i Vescovi, dopo aver affrontato alcune questioni puntuali, hanno approvato la prima parte dei materiali della terza edizione italiana del Messale Romano. Nella prossima Assemblea Generale (maggio 2011) saranno analizzati i restanti testi, prima dell’approvazione generale e della loro trasmissione alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, a cui spetterà autorizzare la pubblicazione della nuova versione italiana del Messale Romano".
Andiamo al dunque: vedremo mai, come è successo per la traduzione inglese, almeno qualche saggio dei testi ora approvati, prima che siano mandati a Roma e pubblicati a stampa in modo definitivo? Io ne dubito, perchè la segretezza con cui la commissione per la liturgia lavora (e la CEI approva) è indice che non si vuole esser troppo disturbati, si ha un certo sacro orrore dell'aperto dibattito teologico, che potrebbe portare a correzioni non volute dai pochi che hanno "le mani in pasta". Basterebbe che gli italiani imparassero ad usare internet come lo ha utilizzato la commissione per la traduzione in inglese (ICEL), non si chiede niente di più. Ma in nostri esperti - forse - preferiscono che i "sacri misteri" rimangano celati al volgo? Il Papa lo sa, eppure mette le mani avanti, come vediamo chiaramente nel testo del suo appello cristallino.
Papa Benedetto, ben consapevole delle resistenze di vescovi e sacerdoti italici al suo magistero liturgico e al suo esempio personale, rompe gli indugi e mostra la via da percorrere per rinnovare la liturgia italiana, che non è - in realtà - tanto piena d'abusi come in certe parti d'Europa, ma è stantia, si è fermata ai primi anni '70, come mostra il tenore delle traduzioni-invenzioni che affliggono in gran misura i testi del proprio del tempo e dei santi dell'attuale Messale in italiano.
Ma Bendetto XVI ha fatto molto di più che inviare una semplice esortazione, come si può leggere nelle righe del suo intervento. Ha indicato espressamente la via francescana al culto divino! "Ma come?" - si chiederà l'ingenuo conoscitore del santo patrono d'Italia - "Il Poverello non è forse quel fantasioso fraticello che seguiva le sue ispirazioni, e come giullare di Dio adorava l'eterno saltellando tra i campi in fiore e gli uccellini? Cosa c'entra con la liturgia?".
Chi conosce la Regola dei Frati minori, gli altri scritti di san Francesco e la storia dei primi secoli dell'Ordine, non ha invece dubbi: il Papa ha centrato il bersaglio e ha proposto il modello giusto. San Francesco, proprio perchè non sacerdote, ha sempre avuto stima altissima del culto pubblico della Chiesa e ha preteso assoluta fedeltà dei suoi frati sacerdoti alla liturgia della Chiesa Romana e non ad altra. In un tempo in cui pullulavano le interpretazioni personali della fede, della presenza di Cristo nell'Eucaristia, ed erano molteplici le forme liturgiche, Francesco scelse per i suoi frati la forma della Chiesa Romana e l'obbedienza in tutto al romano Pontefice. Per questo è triste vedere come invece tanti francescani, delle varie obbedienze, diano più retta allo spirito dei tempi e alle loro idee personali, che non all'insegnamento e del Papa e a mettere in pratica i libri liturgici , così come sono scritti, sine glossa (direbbe san Francesco).

Ecco le parole di Sua Santità, che mi permetto di commentare in rosso:

Dal messaggio di Benedetto XVI ai vescovi italiani riuniti in assemblea generale

[...] 1. In questi giorni siete riuniti ad Assisi, la città nella quale “nacque al mondo un sole” (Dante, Paradiso, Canto XI), proclamato dal venerabile Pio XII patrono d’Italia: san Francesco, che conserva intatte la sua freschezza e la sua attualità – i santi non tramontano mai! – dovute al suo essersi conformato totalmente a Cristo, di cui fu icona viva.

Come il nostro, anche il tempo in cui visse san Francesco era segnato da profonde trasformazioni culturali, favorite dalla nascita delle università, dallo sviluppo dei comuni e dal diffondersi di nuove esperienze religiose. [l'eresia abbondava ai tempi di Francesco, il Papa lo sa bene, e per questo avvicina certe "esperienze religiose" di secoli così distanti...]

Proprio in quella stagione, grazie all’opera di papa Innocenzo III – lo stesso dal quale il Poverello di Assisi ottenne il primo riconoscimento canonico – la Chiesa avviò una profonda riforma liturgica. [Leggi: il concilio Lateranense IV è l'omologo medievale del Vaticano II, per quanto riguarda il rinnovamento - anche liturgico - della Chiesa]

Ne è espressione eminente il Concilio Lateranense IV (1215), che annovera tra i suoi frutti il “Breviario”. Questo libro di preghiera accoglieva in se la ricchezza della riflessione teologica e del vissuto orante del millennio precedente. Adottandolo, san Francesco e i suoi frati fecero propria la preghiera liturgica del sommo pontefice [implicito un riumbrotto papale, come se dicesse: Cari francescani, perchè oggi non fate altrettanto, secondo la volontà del vostro fondatore, e non solo per il breviario ma anche per il messale e lo stile celebrativo?]: in questo modo il santo ascoltava e meditava assiduamente la Parola di Dio, fino a farla sua e a trasporla poi nelle preghiere di cui è autore, come in generale in tutti i suoi scritti.

Lo stesso Concilio Lateranense IV, considerando con particolare attenzione il sacramento dell’altare, inserì nella professione di fede il termine “transustanziazione”, per affermare la presenza reale di Cristo nel sacrificio eucaristico: “Il suo corpo e il suo sangue sono contenuti veramente nel sacramento dell’altare, sotto le specie del pane e del vino, poiché il pane è transustanziato nel corpo e il vino nel sangue per divino potere” (DS, 802).

Dall’assistere alla santa messa e dal ricevere con devozione la santa comunione sgorga la vita evangelica di san Francesco e la sua vocazione a ripercorrere il cammino di Cristo Crocifisso: “Il Signore – leggiamo nel Testamento del 1226 – mi dette tanta fede nelle chiese, che così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, poiché con la tua santa croce hai redento il mondo” (Fonti Francescane, n. 111). [E' triste constatare che sugli altari di molte chiese francescane delle varie obbedienze, anche in certe basiliche papali, la croce - tanto amata da Francesco - e tanto richiamata da papa Benedetto, non è ancora ricomparsa al centro degli altari. Speriamo che questo richiamo papale serva, finalmente, a smuovere le acque stantie, non solo nelle chiese serafiche, ma in quelle cattoliche italiane in genere]

In questa esperienza trova origine anche la grande deferenza che portava ai sacerdoti e la consegna ai frati di rispettarli sempre e comunque, “perché dell’altissimo Figlio di Dio nient’altro io vedo corporalmente in questo mondo, se non il Santissimo Corpo e il Sangue suo che essi soli consacrano ed essi soli amministrano agli altri” (Fonti Francescane, n. 113).

Davanti a tale dono, cari fratelli, quale responsabilità di vita ne consegue per ognuno di noi! “Badate alla vostra dignità, frati sacerdoti – raccomandava ancora Francesco – e siate santi perché egli è santo” (Lettera al Capitolo Generale e a tutti i frati, in Fonti Francescane, n. 220)! Sì, la santità dell’eucaristia esige che si celebri e si adori questo mistero consapevoli della sua grandezza, importanza ed efficacia per la vita cristiana, ma esige anche purezza, coerenza e santità di vita da ciascuno di noi, per essere testimoni viventi dell’unico sacrificio di amore di Cristo. [Il punto che Benedetto XVI non smette di ricordare. I preti del tempo di Francesco non avevano il problema pedofilia, ma certo non erano affatto moralmente più in salute o considerati dal popolo dei preti dei nostri giorni, che anzi, nella maggioranza dei casi, sono molto più santi di quello che i giornali mostrano.]

Il santo di Assisi non smetteva di contemplare come “il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umìli da nascondersi, per la nostra salvezza, in poca apparenza di pane” (ibid., n. 221), e con veemenza chiedeva ai suoi frati: “Vi prego, più che se lo facessi per me stesso, che quando conviene e lo vedrete necessario, supplichiate umilmente i sacerdoti perchè venerino sopra ogni cosa il Santissimo Corpo e il Sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di lui scritte che consacrano il corpo” (Lettera a tutti i custodi, in Fonti Francescane, n. 241). [San Francesco parla del Messale: le parole di Dio scritte che consacrano il corpo del Signore! Sono parole da venerare, non da cambiare a proprio gusto, parole da conservare intatte, anche in traduzione.]

2. L’autentico credente, in ogni tempo, sperimenta nella liturgia la presenza, il primato e l’opera di Dio. Essa è “veritatis splendor” (Sacramentum caritatis, 35), avvenimento nuziale, pregustazione della città nuova e definitiva e partecipazione ad essa; è legame di creazione e di redenzione, cielo aperto sulla terra degli uomini, passaggio dal mondo a Dio; è Pasqua, nella croce e nella risurrezione di Gesù Cristo; è l’anima della vita cristiana, chiamata alla sequela, riconciliazione che muove a carità fraterna.

Cari fratelli nell’episcopato, il vostro convenire pone al centro dei lavori assembleari l’esame della traduzione italiana della terza edizione tipica del Messale Romano [Dopo più di 10 anni era ora!]. La corrispondenza della preghiera della Chiesa (lex orandi) con la regola della fede (lex credendi) plasma il pensiero e i sentimenti della comunità cristiana, dando forma alla Chiesa, corpo di Cristo e tempio dello Spirito [I liturgisti vorrebbero, a ragione, che la lex orandi stabilisca la lex credendi, il Papa si ostina da sempre a dire il contrario, come mai? Perchè se i testi liturgici sono un punto fisso di riferimento, non sottoposto a continue mutazioni, è certo normale, come dicevano i santi Padri, che ad essi ci si rivolga per conoscere ciò che si deve credere. Ma se, come nel secolo che è appena trascorso e all'inizio di questo, la liturgia diventa quanto di più (teologicamente) instabile ci sia, vero campo di battaglia ideologico, è necessario che la legge del credere intervenga per ripristinare la corretta legge del pregare]. Ogni parola umana non può prescindere dal tempo, anche quando, come nel caso della liturgia, costituisce una finestra che si apre oltre il tempo. Dare voce a una realtà perennemente valida esige pertanto il sapiente equilibrio di continuità e novità, di tradizione e attualizzazione. [la crescita e il progresso organico della liturgia non è affatto escluso, ma che sia organico e dove necessario per il bene dei fedeli, non per seguire le idee degli "esperti"].

Il Messale stesso si pone all’interno di questo processo. Ogni vero riformatore [ci possono dunque essere "falsi riformatori"], infatti, è un obbediente della fede: non si muove in maniera arbitraria, né si arroga alcuna discrezionalità sul rito; non è il padrone, ma il custode del tesoro istituito dal Signore e a noi affidato. La Chiesa intera è presente in ogni liturgia: aderire alla sua forma è condizione di autenticità di ciò che si celebra. [più chiaro di così! No all'arbitrarietà, alla discrezionalità, al ritenersi "padroni del rito". Anche i vescovi sono solo custodi e amministratori del tesoro che appartiene alla Chiesa tutta, a cui va assicurata l'autenticità, la verità di ciò che si celebra]

Dal Vaticano, 4 novembre 2010
Benedetto XVI


Testo preso da: http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz159tZAAvg



Caterina63
00lunedì 15 novembre 2010 11:38
[SM=g1740733] Da "Padre santo" come è propriamente detto nel ruolo che Gesù gli ha dato, il Sommo Pontefice Benedetto XV,I ha rivolto un accorato appello ai Vescovi affinchè si adoperino per la Riforma Liturgica, ossia, riportare la Messa alla sua dimensione sacra e mistica, guardare come celebra anche Lui.... eliminare così anche le ingiustizie e i dissapori sorti all'interno della Chiesa a causa di false interpretazioni circa le novità liturgiche attribuite erroneamente, appunto, al Concilio...

Noi vogliam Dio Vergin Maria

Noi vogliam Dio Vergin Maria,
porgi l'orecchio al nostro dir.
Noi t'invochiamo o Madre pia,
dei figli tuoi compi il desir.
- Deh! benedici o Madre, al grido della fè:
noi vogliam Dio che è nostro Padre,
noi vogliam Dio che è nostro Re. (bis)
Noi vogliam Dio nelle famiglie,
dei nostri cari in mezzo al cor;
sian baldi i figli, caste le figlie,
tutti l'infiammi di Dio l'amor.
- Deh! benedici o Madre, al grido della fè...


il video per memorizzare il tutto....
it.gloria.tv/?media=110284




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