ATTENZIONE: NUOVO DICASTERO PER L'EVANGELIZZAZIONE CON MOTU PROPRIO DI BENEDETTO XVI

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Caterina63
00giovedì 29 aprile 2010 11:25

Un clamoroso ministero per Fisichella

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By Redazione
Published: aprile 25, 2010

Andrea Tornielli annuncia su Il Giornale quella che si potrebbe ritenere “la novità più consistente del pontificato di Benedetto XVI”, ovvero l’imminente nascita di un nuovo, clamoroso Pontificio Consiglio. Così all’Arcivescovo Mons. Rino Fisichella, attualmente Rettore della Pontificia Università Lateranense e Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, andrebbe il Pontifcio Consiglio per l’Evangelizzazione dell’Occidente, una nuova istituzione curiale  da affiancare alla  Congregazione Propaganda Fide.


È profondamente preoccupato per il dilagare dello scandalo degli abusi sessuali sui minori e per le campagne mediatiche che vogliono coinvolgerlo, ma Benedetto XVI non manca di sorprendere: sarà annunciata nella prossime settimane la creazione di un nuovo dicastero della Curia romana dedicato all’evangelizzazione dell’Occidente che sarà presieduto dall’arcivescovo Rino Fisichella.

Papa Ratzinger sta preparando la lettera apostolica che sancisce la decisione. Una decisione clamorosa, l’istituzione del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, un nuovo «ministero» dedicato alla missione nel primo e nel secondo mondo, cioè nei Paesi dove l’annuncio del Vangelo è già avvenuto da secoli ma dove oggi la sua incisività nella vita delle persone sembra essersi smarrita. Europa, Stati Uniti e America del Sud le principali zone d’influenza della nuova struttura, che affiancherà dunque la Congregazione di Propaganda Fide, dedicata invece all’evangelizzazione nelle terre di nuova missione. Il nuovo «ministero» rappresenta fino a questo momento la novità più consistente del pontificato di Benedetto XVI, un Papa che, secondo i pronostici, avrebbe snellito la Curia romana.

L’espressione «nuova evangelizzazione» venne usata per la prima volta da Giovanni Paolo II nel giugno 1979 a Nowa Huta, il quartiere-dormitorio degli operai polacchi, modello di una città senza Dio, senza simboli religiosi, senza chiese. Quelle parole divennero una chiave di lettura del pontificato itinerante di Wojtyla. L’idea di costituire un dicastero ad hoc dedicato a questo compito, invece, si ritrova in una proposta che don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, fece allo stesso Giovanni Paolo II all’inizio degli anni Ottanta, come ricordava il cardinale Paul Josef Cordes nella prefazione del terzo volume sulla storia di Cl redatto da don Massimo Camisasca. Allora però il contesto era diverso, l’idea non ebbe alcun seguito. Com’è riemersa? Secondo autorevoli indiscrezioni raccolte dal Giornale, a proporre il nuovo dicastero a Papa Ratzinger sarebbe stato, ormai più di un anno fa, il cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, anch’egli molto sensibile al problema. Benedetto XVI ha apprezzato subito la proposta e l’ha fatta propria, individuando in monsignor Fisichella, teologo, la persona più adatta per guidare il nuovo Pontificio consiglio.

Fisichella, attualmente rettore della Pontificia università lateranense, sta per lasciare l’incarico dopo un quinquennio (il successore dovrebbe essere il salesiano Enrico Dal Covolo, stimato dal Papa al quale ha appena predicato gli esercizi spirituali della Quaresima, e vicino al Segretario di Stato Bertone). Lascerà pure la guida della Pontificia accademia per la vita, per dedicarsi esclusivamente al nuovo importante compito. La sede del nuovo dicastero, specificamente dedicato a rievangelizzare l’Occidente che ha dimenticato Dio e le sue radici, sarà con ogni probabilità all’inizio di via della Conciliazione.

Il rapporto tra l’Occidente ormai scristianizzato e la fede è da sempre al centro dell’attenzione di Joseph Ratzinger. «La Chiesa evangelizza sempre e non ha mai interrotto il cammino dell’evangelizzazione», affermava l’allora cardinale a un convegno sulla catechesi nell’anno 2000, «tuttavia osserviamo un processo progressivo di scristianizzazione e di perdita dei valori umani essenziali che è preoccupante». «Perciò cerchiamo – continuava – oltre l’evangelizzazione permanente, mai interrotta, mai da interrompere, una nuova evangelizzazione, capace di farsi sentire da quel mondo, che non trova accesso all’evangelizzazione “classica”. Tutti hanno bisogno del Vangelo; il Vangelo è destinato a tutti e non solo a un cerchio determinato e perciò siamo obbligati a cercare nuove vie per portare il Vangelo a tutti».

Con l’assunzione del nuovo incarico, Fisichella, che rimarrà cappellano della Camera dei deputati, è dunque destinato a restare nella Curia romana, e diventa un candidato alla porpora. Esce invece dalle previsioni che lo davano in pole position per la diocesi Torino, dove invece restano in corsa il vescovo di Alessandria, Giuseppe Versaldi, vicino a Bertone; e il vescovo di Vicenza, Cesare Nosiglia, vicino al presidente della Cei Angelo Bagnasco. Mentre per la successione al cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi cresce la candidatura dell’arcivescovo Gianfranco Ravasi, «ministro» della cultura vaticano.

(Andrea Tornielli per
ilGiornale.it del 25/04/2010)




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ATTENZIONE  a questa notizia perchè è molto più importante di quel che si pensi....
facciamo alcune riflessioni in base ai fatti:

Sto seguendo  questa notizia data da Tornielli con molto interesse perchè, a rigor di logica, il PCL (Pontificio Consiglio per i Laici) è (o lo sarebbe fino ad oggi) già una Congregazione per l'aevangelizzazione dell'Occidente e del mondo, non si comprenderebbe bene dunque perchè il Papa abbia sentito questa necessità se non per sottolineare che questa Evangelizzazione, nuova, non è affatto appannaggio di gruppi laici e di un Cammino, ma è materia della SANTA SEDE innanzi tutto proprio per il CORPUS DOTTRINALE di cui è dotato e di cui deve fare uso costante....

Considero la scelta del Pontefice un ottima iniziativa, ma vorrò vedere più avanti come ciò sarà concretizzato leggendo il testo che il Papa, dice Tornielli, starebbe preparando...

Ritengo importante questa notizia anche ai fini degli approfondimenti che abbiamo fatto qui:

Possiamo fidarci dei MOVIMENTI sorti dopo il Concilio?

SE LA CHIESA E' IN CRISI.....???

"restart" ripartire dal Concilio.....

Nova et Vetera Tradizione e progresso dopo il Concilio: la crisi nella Chiesa

ECU...MANIA: in che senso san Paolo potrebbe essere stato ecumenico?

NOTA DOTTRINALE SU ALCUNI ASPETTI DELL'EVANGELIZZAZIONE

Nei confronti della Chiesa:siamo Cattolici o "Protestanti"?

Vorrei aggiungere ulteriori considerazioni:

 detto brevemente, negli anni '70, si è dato (dicono oggi gli esperti) troppo spazio ai LAICI penalizzando i Sacerdoti... in uno studio spagnolo (che a quanto pare sarebbe stato letto dall'attuale Pontefice, condizionale d'obbligo) l'analisi ha evidenziato uno scollamento della pastorale fra ciò che sarebbe dovuto andare ai laici a ciò che sarebbe dovuto andare anche alle vocazionali per i seminaristi...

La nascita del PCL avrebbe in verità dovuto colmare questa lacuna, ma gia a fine anni '90 la Santa Sede riscontrava gli insuccessi, senza per questo banalizare altri tipi di successo e il grosso dovuti di più al carisma comunicativo di Giovanni Paolo II che attirava....e che tuttavia dopo la sua morte si è visto anche quanti hanno riabbandonato la Chiesa e di come certi Movimenti abbiano frenato tutto il proprio slancio e fervore...

Sempre da questo studio emerge il quadro inquietante di una sorta di OSTAGGIO in cui sarebbe caduta la Chiesa all'interno del vortice attrattivo di certi Movimenti sorti dopo il Concilio, compreso il CN che il Papa definisce e chiama Movimento...
Per spiegarlo in due parole, sarebbe emerso che i Movimenti in tutto il Pontificato precedente avrebbero fatto il bello e il cattivo tempo nella Chiesa...c'è stata l'affermazione di un capo carismatico che avrebbe anche detto: "se non ci fossimo noi, la Chiesa non avrebbe avuto il PUBBLICO CHE HA AVUTO durante le adunate del Pontefice..."

Affermazione triste e anticattolica dal momento che, nella Chiesa, NON ABBIAMO BISOGNO DI PUBBLICO nè delle adunate... Occhi al cielo
Le adunate nascono da una idea DI GIOVANNI PAOLO II e non dei Movimenti... il quale, riprendendo l'idea da Paolo VI di dedicare una Giornata mondiale della Gioventù, GPII la realizzò e la concretizzò prima di tutto PER STRAPPARE I GIOVANI DALLE PIAZZE DELLE IDEOLOGIE POLITICHE, secondo perchè i giovani, fra gli anni di preparazione e l'incontro mondiale, potessero avere l'occasione DI INCONTRARSI fra di loro, AL DI FUORI DI OGNI SCHEMA DI MOVIMENTO, MA TUTTI INSIEME IN UNA GRANDE FAMIGLIA, quella Cattolica...

Nasce così la PCL (Pontificio Consiglio per i Laici) per dare modo al Dicastero di CONTROLLARE E COORDINARE il Movimento DEI LAICI, un Movimento UNICO senza alcuna spartizione associativa o di cammini vari...
ma evidentemente, a causa dei nostri difetti e limiti, le cose sono andate diversamente... la PCL in verità è diventata una sorta di GARANTE dei singoli Movimenti...anzi, li "studia" e li propone al Papa per l'approvazione....penalizzando LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE per la quale, nella Chiesa, non vi è differenza fra i Movimenti....

E' evidente che in questo modo il concetto della "nuova evangelizzazione" SI E' SPACCATO, non è più UNIVERSALE-CATTOLICA, ma è in base ai Movimenti...cioè, si evangelizza PER FARE ADEPTI al proprio orticello, vedendo, erroneamente, la Chiesa come una sorta di CONTENITORE....

Attenzione, questo non deve penalizzare i Movimenti, non sarebbe giusto!
Molte Famiglie e molte persone, davvero in buona fede, sono tornate con loro a confessarsi e a ricevere l'Eucarestia...tuttavia, leggendo anche molti interventi del Pontefice oggi e da diversi anni, si comprende perfettamente che all'interno della Chiesa esiste UNA SPACCATURA MARCATA causata proprio dal metodo di evangelizzazione dei Movimenti che tendono a camminare per conto proprio...

Come ho detto sopra, sarà ora importante ed interessante attendere cosa dirà sull'argomento il Papa nel parlare della Nuova Evangelizzazione all'interno di un nuovo Dicastero...
E' interessante anche ciò che ha pubblicato qualche giorno fa Paolo Rodari: un estimatore ed amico ebreo di Benedetto XVI ha confidato che dopo l'uscita del secondo volume dedicato a Gesù il Papa, gli avrebbe detto, che non avrebbe scritto più nulla, facendogli comprendere che dovrà scrivere PER LA CHIESA...ed è ovvio che intendeva "non da studioso" ossia offrendo encicliche o libri, ma per questioni PRATICHE E DI AMMINISTRAZIONE...
Al tempo stesso a Natale mons. Guido Marini fece presente che la riforma Liturgica che il Papa attualmente non vuole imporre ma proporre, NON è escluso, ha detto Guido Marini, che "domani" DIVENTI DECRETO...

Tutto ciò ci fa ben sperare... Sorriso




Caterina63
00venerdì 30 aprile 2010 09:23
Anche Paolo Rodari riporta così la notizia, da un altra prospettiva interessante:

B-XVI affida a Fisichella le nuove terre di missione, cioé l’occidente
apr 27, 2010 IL FOGLIO

Monsignor Rino Fisichella, 58 anni, cappellano di Montecitorio, lascerà nelle prossime settimane gli incarichi di rettore dell’Università lateranense e di presidente della Pontificia accademia per la vita. Benedetto XVI infatti – nelle scorse ore ne hanno parlato anche Panorama e il Giornale – ha deciso di affidargli un importante incarico: guiderà un nuovo “ministero” della curia romana dedicato alla nuova evangelizzazione. Ma non di continenti che non hanno mai conosciuto il cristianesmo, bensì dell’occidente: ovvero dell’Europa, del nord e del sud America. Si tratta di interi territori dalla forte tradizione cristiana che hanno perso sempre più la propria identità religiosa fino a divenire quasi totalmente secolarizzati. L’idea di questo nuovo “ministero” venne proposta a Giovanni Paolo II da don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione, agli inizi degli anni Ottanta. Poi tutto scemò. Negli scorsi mesi è stato il patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Scola, a riporla all’attenzione di Benedetto XVI, il quale ha deciso di farla propria. Del resto, già nel 2000 l’allora cardinale Ratzinger aveva parlato della necessità di tornare a riportare con più forza il messaggio cristiano all’occidente: “Perciò cerchiamo oltre l’evangelizzazione permanente, mai interrotta, mai da interrompere, una nuova evangelizzazione, capace di farsi sentire da quel mondo, che non trova accesso all’evangelizzazione ‘classica’” disse l’attuale Pontefice in occasione di un convegno dedicato alla catechesi.
Il Papa ha deciso di affidare questo cruciale nuovo incarico a Fisichella perché lo ritiene un teologo adatto allo scopo. In questo modo, tra l’altro, decade la candidatura ipotizzata da più parti per la guida delle diocesi di Torino e di Milano.

Ratzinger già da cardinale aveva dedicato diversi interventi alla perdita della fede dell’Europa e del mondo occidentale. E anche diversi interventi successivi all’elezione, a cominciare dalla lectio di Regensburg, affrontarono l’argomento.

Il nuovo “ministero” è l’ennesimo colpo che il Papa assesta alla curia romana. E dovrebbe portare, in concomitanza, allo smantellamento del Pontificio consiglio “Cor Unum” guidato fino a oggi dal cardinale tedesco Paul Josef Cordes. L’unica difficoltà all’orizzonte riguarda la definizione delle esatte competenze affidate a Fisichella. Come si muoverà il nuovo organismo? Come cercherà di mettere in campo una rinnovata spinta evangelizzatrice? Come riuscirà a non sovrapporsi alle competenze proprie dei Pontifici consigli per i laici e per la cultura? Come si raccorderà con le altre competenze, ovvero quelle che sono proprie delle Congregazioni dell’educazione cattolica, dei religiosi e del clero?

Sono domande che in molti nella curia romana si pongono. Nella consapevolezza che ogni cosa dovrà essere ben definita perché la macchina possa funzionare bene. Perché il nuovo “ministero” affidato non produca semplicemente convegni e incontri ma sia davvero efficace.

Tra l’altro, la curia romana attende un nuovo prefetto dei vescovi. Tutti sono consapevoli, infatti, che è anzitutto dalle nomine dei vescovi nel mondo che dipende l’efficacia della chiesa e del suo messaggio. Dopo gli anni del cardinal Giovanni Battista Re sembra arrivato il tempo dell’australiano George Pell, arcivescovo di Sydney. Ma non tutto è ancora deciso. Anche perché è sempre più consistente il fronte che preferirebbe un uomo dell’establishment. Ovvero che sia addentro agli schemi della curia, ne conosca meccanismi e ingranaggi. Anche perché Pell, provenendo da una diocesi del mondo anglosassone, può essere ricattato in qualsiasi momento. Già agli inizi degli anni Novanta dovette difendersi da Anthony e Christine Foster, genitori di due bambine abusate da un sacerdote di Melbourne. I due accusarono Pell di aver coperto il sacerdote riconosciuto responsabile delle violenze.

Pubblicato sul Foglio martedì 27 aprile 2010



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riporto un commento che ritengo interessante:


Quest’incarico affidato a Fisichella mi sembra strano. All’inizio pensavo che era un sinecure che aveva in fondo il motivo di rimuoverli dall’accademia per la vita, dove negli ultimi mesi ha sostenuto tante critiche. So che da tempo è stato una grande preoccupazione del Santo Padre l’indebolimento della fede cattolica nell’Europa e l’ascesa della ‘dittatura del relativismo’ nei paesi dell’Europa occidentale.

Ma, ha posto le proprie domande Paolo. Come si fà questa nuova evangelizzazione? Dove si comincia? So che nei ultimi decenni l’insegnamento della dottrina cattolica – i fondamenti della nostra fede – non è stato fatto bene. I cattolici degli ultimi decenni non sono stati insegnati la pienezza della nostra fede. Direi che questo risultava dal sbagliato ’spirito di Vaticano II’ che non amette che ci sono delle verità oggetivi; che vede molte delle religioni ugualmente – se non si fosse una fede e dottrina completa che si trova solamente nella chiesa cattolica.

Il “Catechismo della Chiesa Cattolica” è stato un buon inizio, ma secondo me era troppo complicato. Avevamo bisogna di un catechismo più semplice, come i catechismi del passato – il “Baltimore Catechism”, per esempio. Questioni e risposte – semplici, diretti e senza occlusioni. E allora, cosa farà Fisichiella – un nuovo catechismo? Aspettiamo


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 Sorriso la mia riflessione:

Concordo con le domande poste da GOR e aggiungo che per la così detta Nuova Evangelizzazione, il Papa fece la PCL (Pontificia Congregazione per i Laici), appare pertanto strano che ora si faccia un nuovo dicastero che abbia le stesse prerogative del primo a meno che non si riconosca con tutta onestà l'insufficiente traguardo del PCL il quale, occupandosi esclusivamente dei Movimenti e le Associazioni, ha trascurato (o di più non poteva) tutto il resto o peggio... ha sostenuto una forma di evangelizzazione volta ad alimentare i gruppi associativi e dei movimenti, trascurando la più semplice e genuina conversione ALLA CHIESA e non ad un Movimento....
In tal senso, ben venga questo nuovo Dicastero che mi auguro si occuperà esclusivamente dell'evangelizzazione tipicamente fedele alla TRADIZIONE come avveniva con i Fondatori di Ordini religiosi quando partivano per le Missioni, il cui interesse non era fagocitare i Movimenti e le Associazioni, ma si occupavano esclusivamente delle ANIME da far battezzare e nutrire nel corpo e nello spirito in seno alla Madre Chiesa...
Questo è ciò che manca da 40 anni....Auguri mons. Fisichella! ci aiuti ancora a sperare! ^__^



Caterina63
00giovedì 1 luglio 2010 14:12
Fisichella: «Annunciare Cristo è la questione essenziale»







Salvatore Mazza

Che la crisi attraversata sia profonda «è sotto gli occhi di tutti». Ed è allora immediatamente comprensibile che il Papa, che è anche «il più grande teologo del secolo», arrivasse «a esprimere come sua linea pastorale per la Chiesa l’esigenza del suo rinnovamento missionario».

È monsignor Rino Fisichella, nominato ieri da Benedetto XVI alla guida del nuovo Pontificio Consiglio la cui istituzione è stata annunciata dallo stesso Pontefice lunedì scorso, «con il compito precipuo – ha spiegato – di promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio di fede e sono presenti Chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di "eclissi del senso di Dio"».
Annuncio a sorpresa ma non sorprendente, e non a caso arrivato alla vigilia di una festa centrale per la Chiesa cattolica, quella dei Santi Pietro e Paolo, e alla presenza dei delegati della Chiesa ortodossa. Perché «stiamo parlando – sottolinea Fisichella in questa intervista ad Avvenire – di quello che alla fine è l’obiettivo ultimo della Chiesa», ossia l’evangelizzazione.

Eccellenza, che cosa significa, come va letta la decisione di istituire questo dicastero in un momento storico come questo?

Che si stia vivendo un momento di crisi per tanti fatti credo sia sotto gli occhi di tutti, così come è egualmente evidente che il Papa, con questo nuovo Pontificio Consiglio, vuole riportare tutti a guardare all’essenziale. E l’essenziale è ancora la missione della Chiesa, vale a dire la forza di poter annunciare Gesù Cristo come il senso definitivo alla domanda che ogni persona ha nel più profondo di se stesso. Allora, davanti a questo dato dell’eclissi del senso di Dio, che si manifesta in tanti modi e lo vediamo in tanti comportamenti, la nuova evangelizzazione, che non è una formula astratta, è un impegno di vita che tocca tutti, e tocca soprattutto i battezzati.

Era in qualche modo "prevedibile" che Benedetto XVI arrivasse alla decisione di istituire questo nuovo Dicastero?

Noi non dobbiamo dimenticare mai la storia di papa Benedetto, che è quella del più grande teologo di questo secolo. Il teologo che, quando ormai siamo a quasi cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, ha vissuto tutti questi decenni con una grandissima lucidità intellettuale nel verificare quello che è il fenomeno della secolarizzazione. Quindi, secondo me, era del tutto consequenziale che il Papa arrivasse a esprimere come sua linea pastorale per la Chiesa, l’esigenza del suo rinnovamento missionario.

È facile immaginare che lei abbia parlato col Papa, e allora la domanda è: che cosa si aspetta il Papa, a livello di iniziative, dal questo nuovo Dicastero?

Sì, certo, abbiamo parlato. Io credo che innanzitutto si aspetti un’azione di collaborazione e complementarietà con altri dicasteri che si occupano di questo stesso obiettivo, perché alla fine noi stiamo parlando di quello che è l’obiettivo stesso della Chiesa, e quindi inevitabilmente c’è la necessità di una collaborazione con gli altri Dicasteri. Direi però che l’esigenza ancora più profonda è di avere dei contatti molto diretti con la Conferenze episcopali, e quindi essere in grado di giungere innanzitutto a chiarificare il concetto stesso di nuova evangelizzazione, che è un concetto utilizzato spesso in contesti differenti, e che va riempito di contenuti.

Come?

In primo luogo credo soprattutto che sia necessario farsi carico della ricchezza di tante esperienze delle nostre Chiese particolari, delle parrocchie, dei movimenti, delle associazioni, che già vivono questa esperienza di nuova evangelizzazione, e quindi in qualche modo cercare di arrivare a proporre un progetto comune, un progetto unitario rispettoso delle diverse tradizioni culturali, locali, però con un obiettivo comune, che è quello di rendere sempre nuovo l’annuncio del Vangelo.

Quando uscirà l’atto istitutivo del nuovo Dicastero?

Penso che in tempi brevi certamente ci sarà la Lettera apostolica del Papa, e da lì quindi chiaramente prenderà corpo il Pontificio Consiglio.

Ma intanto l’organizzazione partirà subito.

Certo. Da quando il Papa mi ha comunicato di questo nuovo incarico, di cui io posso solamente essergli grato per la fiducia che ha voluto riporre in me, devo solo rimboccarmi le maniche e confidare nella grazia del Signore, e certamente anche nell’aiuto di tutti. 

Avvenire, 1° luglio 2010




Dall'Omelia del Papa per la festa dei Santi Pietro e Paolo:

IL PAPA ANNUNCIA LA CREAZIONE DI UN NUOVO PONTIFICIO CONSIGLIO PER UNA RINNOVATA EVANGELIZZAZIONE

Anche nei deserti del mondo secolarizzato, l’anima dell’uomo ha sete di Dio, del Dio vivente. Per questo Giovanni Paolo II ha scritto: “La missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento”, e ha aggiunto: “uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio” (Enc. Redemptoris missio, 1). Vi sono regioni del mondo che ancora attendono una prima evangelizzazione; altre che l’hanno ricevuta, ma necessitano di un lavoro più approfondito; altre ancora in cui il Vangelo ha messo da lungo tempo radici, dando luogo ad una vera tradizione cristiana, ma dove negli ultimi secoli – con dinamiche complesse – il processo di secolarizzazione ha prodotto una grave crisi del senso della fede cristiana e dell’appartenenza alla Chiesa.

In questa prospettiva, ho deciso di creare un nuovo Organismo, nella forma di “Pontificio Consiglio”, con il compito precipuo di promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede e sono presenti Chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di “eclissi del senso di Dio”, che costituiscono una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo





 
Caterina63
00martedì 12 ottobre 2010 12:50
BRIEFING DI PRESENTAZIONE DELLA LETTERA APOSTOLICA "MOTU PROPRIO" UBICUMQUE ET SEMPER DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CHE ISTITUISCE IL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE, 12.10.2010

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova Evangelizzazione, tiene un briefing di presentazione della
Lettera Apostolica "Motu proprio" Ubicumque et semper del Santo Padre Benedetto XVI che istituisce il nuovo Pontificio Consiglio.
Pubblichiamo di seguito l’intervento di S.E. Mons. Rino Fisichella:

INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

Uno dei tratti peculiari del cristianesimo è la sua concezione di essere profondamente inserito nella storia. Le parole di Gesù ai suoi discepoli quando ricorda loro di essere nel mondo, ma di non essere del mondo (cfr Gv 15,19; 17,13-14), sono state interpretate come un impegno fondamentale a condividere le vicende della storia, pur sapendo che l'obiettivo ultimo che da significato pieno agli avvenimenti, va oltre la storia stessa. Proprio su questo tema, tra l'altro, è facile rilevare un insegnamento tra i più conosciuti del concilio Vaticano II, il quale ha voluto sottolineare con maggior forza del passato il concetto di storia della salvezza. Questa premessa consente di comporre una riflessione dinanzi alla Lettera Apostolica, Ubicumque et semper, con la quale il Santo Padre istituisce il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

Anzitutto, siamo grati a Papa Benedetto XVI per questa intuizione profondamente profetica. Essa è in grado di saper guardare con realismo al presente della Chiesa, per prospettarle un cammino che la impegnerà non poco nel prossimo futuro. Viviamo un tempo di gradi sfide, che incidono non poco nei comportamenti di intere generazioni, dovute al fatto della conclusione di un'epoca con l'ingresso in una nuova fase per la storia dell'umanità.

A tanti elementi positivi, che consentono di vedere un impegno più coerente nella vita di fede - dovuto anche ad una conoscenza più profonda dei suoi contenuti - corrispondono non di rado forme di "distacco dalla fede" come conseguenza di una diffusa forma di indifferenza religiosa, preludio per un ateismo di fatto. Spesso la mancanza di conoscenza dei contenuti basilari della fede porta, inevitabilmente, ad assumere comportamenti e forme di giudizio morale spesso in contrasto con l'essenza stessa della fede, così come è stata sempre annunciata e vissuta nel corso dei venti secoli della nostra storia.

Il relativismo, di cui Papa Benedetto ha sempre denunciato i limiti e le contraddizioni, proprio in vista di una corretta antropologia, emerge come la nota caratteristica di questi decenni segnati sempre più dalle conseguenze di un secolarismo teso ad allontanare il nostro contemporaneo dalla sua relazione fondamentale con Dio. In questo senso, sono soprattutto le Chiese di antica tradizione che risentono di questa condizione, anche se nel processo di globalizzazione in cui siamo inseriti nessuno sembra sfuggire a questa drammatica situazione che, per riprendere le parole della Lettera apostolica, crea un "deserto interiore", allontanando l'uomo da se stesso. Al principio secolarista di vivere nel mondo etsi deus non daretur, l'allora cardinale J. Ratzinger aveva opposto il principio di vivere nel mondo veluti si Deus daretur.

E' questo uno dei motivi che ha portato Papa Benedetto alla creazione di un dicastero con il compito di promuovere la nuova evangelizzazione. Essa, come ben afferma il titolo stesso del Motu proprio, è la missione che "sempre e dovunque" la Chiesa ha sentito come suo compito fondamentale per corrispondere in pieno al comando del Signore di andare in tutto il mondo e fare suoi discepoli tutti i popoli della terra. Il tema della nuova evangelizzazione è stato oggetto di attenta riflessione da parte del magistero della Chiesa negli ultimi decenni.

È obbligatorio ricordare la Evangelii nuntiandi di Paolo VI, a conclusione del Sinodo sull'evangelizzazione del 1974, i ripetuti e insistenti interventi di Giovanni Paolo II che volle introdurre la stessa espressione di "nuova evangelizzazione" e, da ultimo, Benedetto XVI che ha voluto raccogliere il testimone compiendo un ulteriore passo concreto con l'istituzione di questo Pontificio Consiglio. L'obiettivo appare da subito come una grande sfida che viene a porsi per la Chiesa intera nel dover riflettere e trovare le forme adeguate per rinnovare il proprio annuncio presso tanti battezzati che non comprendono più il senso di appartenenza alla comunità cristiana e sono vittima del soggettivismo dei nostri tempi con la chiusura in un individualismo privo di responsabilità pubblica e sociale.

Il Motu proprio, più direttamente, individua le Chiese di antica tradizione che, pur con una realtà tra loro ben differenziata per tradizione e cultura richiedono un rinnovato spirito missionario in grado di far compiere quel balzo necessario per corrispondere alle nuove esigenze che la situazione storica contemporanea richiede. In questo senso, il compito che ci attende non è diverso da quello che ha segnato la Chiesa da sempre: far conoscere il vero volto di Gesù Cristo, unico salvatore, rivelatore dell'amore misericordioso del Padre che va incontro a tutti senza escludere nessuno.

Nel mistero della sua incarnazione egli porta a compimento la promessa antica di Dio e nella sua morte e risurrezione ha posto nel mondo il germe di quella speranza che non delude perché risponde all'esigenza dell'intimo di ogni persona di dare senso alla propria vita, fondandosi non sulle ipotesi peregrine del momento, ma sulla certezza che proviene dalla fede. La Chiesa, quindi, è chiamata a rinvigorire se stessa in ciò che ha di più essenziale quale il suo annuncio missionario. Lo potrà fare in maniera efficace nella misura in cui si fonderà sulla Parola di Dio che deve trasmettere in maniera viva di generazione in generazione, permettendo a tutti di compiere una vera esperienza di vita ecclesiale, fondamento per una genuina risposta di fede. Come attesta Ubicumque et semper, la "nuova evangelizzazione" non è una formula uguale per tutte le circostanze.

Anzitutto, non è una formula più o meno fortunata. Essa indica molto di più; impegna, infatti, a elaborare un pensiero forte in grado di sostenere un'azione pastorale corrispondente. Inoltre, deve essere in grado di verificare con attenzione le differenti tradizioni e obiettivi che le Chiese possiedono in forza della ricchezza di tanti secoli di storia. Una pluralità di forme che non intacca l'unità, ma la rende più articolata e ne permette la dovuta efficacia presso il nostro contemporaneo.

Una parola sulle competenze del nuovo dicastero potrà aiutare a comprendere meglio le sue finalità e il lavoro che sarà chiamato a svolgere. Dovremo evitare, anzitutto, che "nuova evangelizzazione" risuoni come una formula astratta. Dovremo riempirla di contenuti teologici e pastorali e lo faremo forti del magistero di questi ultimi decenni. Una prima sistematizzazione di questo insegnamento evidenzierà l'attenzione permanente alla problematica e la ricchezza degli approcci che di volta in volta si sono susseguiti. Insieme a questo, sono da considerare le tante iniziative con le quali nel corso di questi anni i singoli vescovi con le loro Chiese particolari, le Conferenze episcopali e associazioni di credenti hanno assunto per la sensibilità propria al tema della nuova evangelizzazione. Una conoscenza e un coordinamento di queste preziose iniziative potrà essere prodromo per ulteriori attività del Dicastero.
 
Nel 2012 ricorrerà il ventesimo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica. Tra le competenze che vengono affidate al Dicastero risulta essere qualificante quella di "promuovere" il suo uso. Il Catechismo, infatti, risulta essere uno dei frutti più maturi delle indicazioni conciliari; in esso viene raccolto in modo organico l'intero patrimonio dello sviluppo del dogma e rappresenta lo strumento più completo per trasmettere la fede di sempre dinanzi ai costanti cambiamenti e interrogativi che il mondo pone ai credenti. Trovare tutte le forme che il progresso della scienza della comunicazione ha realizzato per farle diventare strumenti positivi a servizio della nuova evangelizzazione è, infine, un compito che tocca da vicino il dicastero, consapevoli del ruolo determinante che i mezzi di comunicazione hanno nel veicolare la cultura e la mentalità nel contesto attuale.

Viviamo nella storia e le date hanno un loro significato. Anche il nuovo dicastero guarda con attenzione ad alcune date che lo riguardano da vicino per la valenza simbolica che possiedono. Il Santo Padre ha dato l'annuncio di voler istituire il Pontificio Consiglio nei Vespri solenni dei Santi Pietro e Paolo, le colonne della Chiesa, che con il loro annuncio e martirio hanno reso efficace testimonianza a Gesù Cristo. Questa Lettera Apostolica, con la quale il dicastero viene istituito, è stata firmata nel giorno di san Matteo, apostolo ed evangelista. Queste ricorrenze ci portano a considerare la fedeltà al successore di Pietro e l'impegno che dobbiamo porre nel rendere il Vangelo una parola di salvezza per il nostro contemporaneo. Il Vangelo non è un mito, ma la testimonianza viva di un evento storico che ha cambiato il volto della storia. La nuova evangelizzazione deve far conoscere, anzitutto, la persona storica di Gesù, e il suo insegnamento così come è stato fedelmente trasmesso dalla comunità delle origini e che trova nei vangeli e negli scritti del Nuovo Testamento la sua codificazione normativa. Oggi, infine, ricorre per il Vaticano la memoria liturgica della Vergine Maria Madre della Chiesa. Non è senza tremore che affidiamo a Lei, stella dell'evangelizzazione, la grande missione che il Papa ci ha affidato perché possa sostenere l'opera della Chiesa nel suo costante annuncio del Vangelo a ogni persona che incontriamo nel nostro cammino.

Bollettino Ufficiale Santa Sede


segue la Lettera apostolica Motu Proprio

 
Caterina63
00martedì 12 ottobre 2010 12:52
LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI "MOTU PROPRIO" UBICUMQUE ET SEMPER DEL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XVI CON LA QUALE SI ISTITUISCE IL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

                           

La Chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque il Vangelo di Gesù Cristo. Egli, il primo e supremo evangelizzatore, nel giorno della sua ascensione al Padre comandò agli Apostoli: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). Fedele a questo comando la Chiesa, popolo che Dio si è acquistato affinché proclami le sue ammirevoli opere (cfr 1Pt 2,9), dal giorno di Pentecoste in cui ha ricevuto in dono lo Spirito Santo (cfr At 2,14), non si è mai stancata di far conoscere al mondo intero la bellezza del Vangelo, annunciando Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, lo stesso "ieri, oggi e sempre" (Eb 13,8), che con la sua morte e risurrezione ha attuato la salvezza, portando a compimento la promessa antica. Pertanto, la missione evangelizzatrice, continuazione dell'opera voluta dal Signore Gesù, è per la Chiesa necessaria ed insostituibile, espressione della sua stessa natura.

Tale missione ha assunto nella storia forme e modalità sempre nuove a seconda dei luoghi, delle situazioni e dei momenti storici. Nel nostro tempo, uno dei suoi tratti singolari è stato il misurarsi con il fenomeno del distacco dalla fede, che si è progressivamente manifestato presso società e culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo. Le trasformazioni sociali alle quali abbiamo assistito negli ultimi decenni hanno cause complesse, che affondano le loro radici lontano nel tempo e hanno profondamente modificato la percezione del nostro mondo. Si pensi ai giganteschi progressi della scienza e della tecnica, all'ampliarsi delle possibilità di vita e degli spazi di libertà individuale, ai profondi cambiamenti in campo economico, al processo di mescolamento di etnie e culture causato da massicci fenomeni migratori, alla crescente interdipendenza tra i popoli. Tutto ciò non è stato senza conseguenze anche per la dimensione religiosa della vita dell'uomo. E se da un lato l'umanità ha conosciuto innegabili benefici da tali trasformazioni e la Chiesa ha ricevuto ulteriori stimoli per rendere ragione della speranza che porta (cfr 1Pt 3,15), dall'altro si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili, come la fede in un Dio creatore e provvidente, la rivelazione di Gesù Cristo unico salvatore, e la comune comprensione delle esperienze fondamentali dell'uomo quali il nascere, il morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale.

Se tutto ciò è stato salutato da alcuni come una liberazione, ben presto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l'uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose.

Già il Concilio Ecumenico Vaticano II assunse tra le tematiche centrali la questione della relazione tra la Chiesa e questo mondo contemporaneo. Sulla scia dell'insegnamento conciliare, i miei Predecessori hanno poi ulteriormente riflettuto sulla necessità di trovare adeguate forme per consentire ai nostri contemporanei di udire ancora la Parola viva ed eterna del Signore.

Con lungimiranza il Servo di Dio Paolo VI osservava che l'impegno dell'evangelizzazione "si dimostra ugualmente sempre più necessario, a causa delle situazioni di scristianizzazione frequenti ai nostri giorni, per moltitudini di persone che hanno ricevuto il battesimo ma vivono completamente al di fuori della vita cristiana, per gente semplice che ha una certa fede ma ne conosce male i fondamenti, per intellettuali che sentono il bisogno di conoscere Gesù Cristo in una luce diversa dall'insegnamento ricevuto nella loro infanzia, e per molti altri" (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, n. 52).
 
E, con il pensiero rivolto ai lontani dalla fede, aggiungeva che l'azione evangelizzatrice della Chiesa "deve cercare costantemente i mezzi e il linguaggio adeguati per proporre o riproporre loro la rivelazione di Dio e la fede in Gesù Cristo" (Ibid., n. 56).

Il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II fece di questo impegnativo compito uno dei cardini del suo vasto Magistero, sintetizzando nel concetto di "nuova evangelizzazione", che egli approfondì sistematicamente in numerosi interventi, il compito che attende la Chiesa oggi, in particolare nelle regioni di antica cristianizzazione.

Un compito che, se riguarda direttamente il suo modo di relazionarsi verso l'esterno, presuppone però, prima di tutto, un costante rinnovamento al suo interno, un continuo passare, per così dire, da evangelizzata ad evangelizzatrice.

Basti ricordare ciò che si affermava nell'Esortazione postsinodale Christifideles Laici: "Interi paesi e nazioni, dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti e capaci di dar origine a comunità di fede viva e operosa, sono ora messi a dura prova, e talvolta sono persino radicalmente trasformati, dal continuo diffondersi dell'indifferentismo, del secolarismo e dell'ateismo. Si tratta, in particolare, dei paesi e delle nazioni del cosiddetto Primo Mondo, nel quale il benessere economico e il consumismo, anche se frammisti a paurose situazioni di povertà e di miseria, ispirano e sostengono una vita vissuta «come se Dio non esistesse».

Ora l'indifferenza religiosa e la totale insignificanza pratica di Dio per i problemi anche gravi della vita non sono meno preoccupanti ed eversivi rispetto all'ateismo dichiarato. E anche la fede cristiana, se pure sopravvive in alcune sue manifestazioni tradizionali e ritualistiche, tende ad essere sradicata dai momenti più significativi dell'esistenza, quali sono i momenti del nascere, del soffrire e del morire. [...] In altre regioni o nazioni, invece, si conservano tuttora molto vive tradizioni di pietà e di religiosità popolare cristiana; ma questo patrimonio morale e spirituale rischia oggi d'essere disperso sotto l'impatto di molteplici processi, tra i quali emergono la secolarizzazione e la diffusione delle sette. Solo una nuova evangelizzazione può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di fare di queste tradizioni una forza di autentica libertà. Certamente urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in questi paesi e in queste nazioni" (n. 34).

Facendomi dunque carico della preoccupazione dei miei venerati Predecessori, ritengo opportuno offrire delle risposte adeguate perché la Chiesa intera, lasciandosi rigenerare dalla forza dello Spirito Santo, si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione.

Essa fa riferimento soprattutto alle Chiese di antica fondazione, che pure vivono realtà assai differenziate, a cui corrispondono bisogni diversi, che attendono impulsi di evangelizzazione diversi: in alcuni territori, infatti, pur nel progredire del fenomeno della secolarizzazione, la pratica cristiana manifesta ancora una buona vitalità e un profondo radicamento nell'animo di intere popolazioni; in altre regioni, invece, si nota una più chiara presa di distanza della società nel suo insieme dalla fede, con un tessuto ecclesiale più debole, anche se non privo di elementi di vivacità, che lo Spirito Santo non manca di suscitare; conosciamo poi, purtroppo, delle zone che appaiono pressoché completamente scristianizzate, in cui la luce della fede è affidata alla testimonianza di piccole comunità: queste terre, che avrebbero bisogno di un rinnovato primo annuncio del Vangelo, appaiono essere particolarmente refrattarie a molti aspetti del messaggio cristiano.

La diversità delle situazioni esige un attento discernimento; parlare di "nuova evangelizzazione" non significa, infatti, dover elaborare un'unica formula uguale per tutte le circostanze. E, tuttavia, non è difficile scorgere come ciò di cui hanno bisogno tutte le Chiese che vivono in territori tradizionalmente cristiani sia un rinnovato slancio missionario, espressione di una nuova generosa apertura al dono della grazia. Infatti, non possiamo dimenticare che il primo compito sarà sempre quello di rendersi docili all'opera gratuita dello Spirito del Risorto, che accompagna quanti sono portatori del Vangelo e apre il cuore di coloro che ascoltano. Per proclamare in modo fecondo la Parola del Vangelo, è richiesto anzitutto che si faccia profonda esperienza di Dio.

Come ho avuto modo di affermare nella mia prima Enciclica Deus caritas est: "All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (n. 1).
Similmente, alla radice di ogni evangelizzazione non vi è un progetto umano di espansione, bensì il desiderio di condividere l'inestimabile dono che Dio ha voluto farci, partecipandoci la sua stessa vita.

Pertanto, alla luce di queste riflessioni, dopo avere esaminato con cura ogni cosa e aver richiesto il parere di persone esperte, stabilisco e decreto quanto segue:

Art. 1.

§ 1. È costituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, quale Dicastero della Curia Romana, ai sensi della Costituzione apostolica Pastor bonus.

§ 2. Il Consiglio persegue la propria finalità sia stimolando la riflessione sui temi della nuova evangelizzazione, sia individuando e promuovendo le forme e gli strumenti atti a realizzarla.

Art. 2.

L'azione del Consiglio, che si svolge in collaborazione con gli altri Dicasteri ed Organismi della Curia Romana, nel rispetto delle relative competenze, è al servizio delle Chiese particolari, specialmente in quei territori di tradizione cristiana dove con maggiore evidenza si manifesta il fenomeno della secolarizzazione.

Art. 3.

Tra i compiti specifici del Consiglio si segnalano:

1°. approfondire il significato teologico e pastorale della nuova evangelizzazione;

2°. promuovere e favorire, in stretta collaborazione con le Conferenze Episcopali interessate, che potranno avere un organismo ad hoc, lo studio,
la diffusione e l'attuazione del Magistero pontificio relativo alle tematiche connesse con la nuova evangelizzazione;

3°. far conoscere e sostenere iniziative legate alla nuova evangelizzazione già in atto nelle diverse Chiese particolari e promuoverne la realizzazione di nuove, coinvolgendo attivamente anche le risorse presenti negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica, come pure nelle aggregazioni di fedeli e nelle nuove comunità;

4°. studiare e favorire l'utilizzo delle moderne forme di comunicazione, come strumenti per la nuova evangelizzazione;

5°. promuovere l'uso del Catechismo della Chiesa Cattolica, quale formulazione essenziale e completa del contenuto della fede per gli uomini del nostro tempo.

Art.4

§ 1. Il Consiglio è retto da un Arcivescovo Presidente, coadiuvato da un Segretario, da un Sotto-Segretario e da un congruo numero di Officiali, secondo le norme stabilite dalla Costituzione apostolica Pastor bonus e dal Regolamento Generale della Curia Romana.

§ 2. Il Consiglio ha propri Membri e può disporre di propri Consultori.

Tutto ciò che è stato deliberato con il presente Motu proprio, ordino che abbia pieno e stabile valore, nonostante qualsiasi cosa contraria, anche se degna di particolare menzione, e stabilisco che venga promulgato mediante la pubblicazione nel quotidiano "L'Osservatore Romano" e che entri in vigore il giorno della promulgazione.

Dato a Castel Gandolfo, il giorno 21 settembre 2010, Festa di san Matteo, Apostolo ed Evangelista, anno sesto di Pontificato.

BENEDICTUS PP. XVI

Caterina63
00lunedì 25 ottobre 2010 15:11

Verso il Sinodo 2012 sulla Nuova Evangelizzazione.
Mons. Fisichella: riportare Cristo all’uomo di oggi

Un Sinodo per la Nuova Evangelizzazione nel 2012: è l’importante
annuncio fatto, ieri, da Benedetto XVI al termine della Messa, che ha chiuso il Sinodo per il Medio Oriente. Il Papa ha ribadito l’“urgente bisogno” di una nuova evangelizzazione soprattutto “nei Paesi di antica cristianizzazione”. Alessandro Gisotti ha chiesto all’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del neonato dicastero per la “Nuova Evangelizzazione” di raccontare con quali sentimenti ha accolto la notizia:

R. – Un duplice sentimento. Innanzitutto, una grande meraviglia, un grande stupore per la rilevanza che il Papa riserva a questo tema che diventa sempre più importante come nota stessa del suo Pontificato. Quindi, una meraviglia unita a un senso di profonda gioia nel sapere che il Papa, oltre ad avere istituito poche settimane fa il nuovo Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, adesso pensi anche a coinvolgere tutto quanto l’episcopato nel mondo per il Sinodo del 2012. E’ inevitabile, insieme a questo, anche una profonda responsabilità. Noi stiamo nascendo adesso come Pontificio Consiglio e il 2012 è dietro l’angolo. E’ inevitabile che il peso più grande sarà portato dalla Segreteria del Sinodo; ciò non toglie che, proprio per la natura stessa dei contenuti che verranno trattati, questo Pontificio Consiglio sarà direttamente coinvolto.

D. – Ci saranno due anni di lavoro davvero intenso per questo grande evento ecclesiale. C’è però qualcosa, in fondo, già una linea che lei intravede anche pensando al tema scelto dal Papa per questo Sinodo?

R. – La linea l’ha già indicata il Papa nella sua Lettera apostolica “Ubicumque et semper”. Il Papa lo ha indicato già diverse volte in ripetuti interventi. Credo che ci siano alcuni punti fondamentali che tornano alla mente e, in primo luogo, direi, l’esigenza di rinnovare tutto quello che è la capacità della Chiesa di dover essere in grado di riportare ancora il Vangelo di Gesù Cristo all’uomo di oggi.
Per molti versi si è parlato anche di un deserto in cui vive il nostro uomo contemporaneo: perché? Perché allontanatosi da Dio, non ha trovato quello che cercava e, quindi, si è rinchiuso sempre di più in se stesso e non è stato in grado di poter corrispondere ai suoi "desiderata".
L’uomo ha bisogno di Dio. Il Papa ancora una volta riporta in primo piano questa dimensione che è il centro della sua vita.

Come poi poterlo fare è sempre Benedetto XVI che lo ha ribadito più volte: facendo comprendere nel giusto e corretto modo - in una società sempre più secolarizzata - il tema del rapporto tra fede e ragione e, quindi, in che modo una ragione coerente con se stessa può riuscire a raggiungere veramente l’obiettivo della sua ricerca che è la verità. E da questa verità non si può escludere la presenza di Dio nella propria vita. Ci sono, dunque, tanti elementi. Inevitabilmente c’è il grande tema della secolarizzazione e da qui la Chiesa non è esclusa, tutt’altro. La secolarizzazione non tocca solo la Chiesa; la secolarizzazione come fenomeno tocca la cultura, in primo luogo e, quindi, tocca tutte quelle dimensioni di cui l’uomo vive e, quindi, è tutto questo che fa della secolarizzazione un fenomeno che deve essere guardato - come è stato fatto anche nel passato - e studiato con attenzione. Adesso viene però anche il momento di dare una risposta positiva.

D. – L’annuncio di un Sinodo dei vescovi, l’istituzione di un dicastero vaticano ad hoc. Ma come i fedeli - lo chiedo al pastore - possono essere promotori di una nuova evangelizzazione nei contesti della loro vita dalla famiglia al lavoro? Come stare - per riprendere il titolo di un suo libro - nel mondo da credenti?

R. – E’ quanto emergerà anche dallo stesso Sinodo dove, appunto, i pastori saranno presenti. Ci saranno anche tanti laici e tante persone consacrate che saranno presenti e daranno il loro positivo apporto ma è inevitabile che il laicato in prima persona è coinvolto in questo.
Come insegnava il Concilio Vaticano II, i laici giungono in quei luoghi dove solo loro possono arrivare e, quindi, è inevitabile che la loro capacità di trasformare il tessuto sociale, culturale, politico, è loro piena responsabilità. Dobbiamo essere capaci, però, di trovare un denominatore comune; dobbiamo essere capaci di superare quella condizione di frammentarietà di cui vive la cultura contemporanea. Penso che la grande sfida alla fine sia proprio questa: come cercare di avere un contenuto unitario e, quindi, anche dei contenuti che consentano di esprimere pur in linguaggi diversi, in tradizioni diverse, in riti diversi, in discipline diverse, l’unico centro della nostra fede, quella fede in Gesù morto e risorto.


 Radio Vaticana

Caterina63
00martedì 23 novembre 2010 19:56
Presentato il libro di Benedetto XVI con Peter Seewald "Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa, i segni dei tempi"

Uno strumento
per la nuova evangelizzazione


"Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa, i segni dei tempi", il libro di Benedetto XVI con Peter Seewald, è stato presentato stamane, martedì 23 novembre, nella Sala Stampa della Santa Sede. Alla presenza di monsignor Georg Gänswein, segretario particolare del Pontefice, e degli editori dell'opera in diverse lingue, sono intervenuti con l'autore, l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, il giornalista e scrittore Luigi Accattoli, il salesiano don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana, e il gesuita Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa. Dopo una breve introduzione di quest'ultimo e gli interventi di monsignor Fisichella e di Accattoli - che pubblichiamo in pagina - una ventina di giornalisti hanno rivolto domande a nome dei numerosissimi operatori dell'informazione presenti.

di mons. Rino Fisichella

Licht der Welt. Luce del mondo. La grafia del Papa è inconfondibile e trovarla impressa sulla prima pagina del volume fa un certo effetto. Lui stesso, con estrema probabilità, ha scelto il titolo e questo è significativo. In un'intervista si suppone che il ruolo centrale spetti all'intervistato; in questo caso, però, non è così.

Il titolo scelto non permette che ci si fermi sulla persona del Papa, ma rimanda oltre, a chi ancora dopo duemila anni illumina la storia, perché aveva detto di essere la "luce del mondo". Protagonista di queste pagine, comunque, appare da subito la Chiesa. Le tante domande che compongono il colloquio, non fanno che evidenziare la natura della Chiesa, la sua presenza nella storia, il servizio che il Papa è chiamato a svolgere e, cosa non secondaria, la missione che ancora oggi deve continuare per essere fedele al suo Signore. "Viviamo un'epoca nella quale è necessaria una nuova evangelizzazione. Un'epoca nella quale l'unico Vangelo deve essere annunciato nella sua razionalità grande e immutata, ed insieme in quella potenza che supera quella razionalità, in modo tale da giungere in modo nuovo al nostro pensare e alla nostra comprensione... È importante intendere la Chiesa non come un apparato che deve fare di tutto, bensì come organismo vivente che proviene da Cristo stesso" (pagine 193-194).

Alla luce di questo riferimento, è facile percepire l'obiettivo che segna questi anni del pontificato tesi a mostrare quanto sia decisivo per l'uomo di oggi saper cogliere la presenza di Dio nella sua vita per poter rispondere in modo libero - questo in effetti comporta la continua sottolineatura della razionalità - alla domanda qualificante sul senso della propria esistenza. Il raggio d'azione su cui verte l'intervista è vasto, sembra che nulla sfugga alla curiosità di Peter Seewald che vuole entrare fino nelle pieghe della vita personale del Papa, nelle grandi questioni che segnano la teologia del momento, le diverse vicende politiche che accompagnano da sempre le relazioni tra diversi Paesi e, infine, gli interrogativi che spesso occupano gran parte del dibattito pubblico. Siamo dinanzi a un Papa che non si sottrae a nessuna domanda, che tutto desidera chiarificare con un linguaggio semplice, ma non per questo meno profondo, e che accetta con benevolenza quelle provocazioni che tante questioni possiedono.

Ridurre, tuttavia, l'intera intervista a una frase estrapolata dall'insieme del pensiero di Benedetto XVI sarebbe un'offesa all'intelligenza del Papa e una gratuita strumentalizzazione delle sue parole.

Ciò che emerge dal quadro complessivo di queste pagine, invece, è la visione di una Chiesa chiamata ad essere Luce del mondo, segno di unità di tutto il genere umano - per usare una nota espressione del concilio Vaticano ii - e strumento per cogliere l'essenziale della vita. Anche se appare ai nostri occhi come una Chiesa che dà scandalo, che non vuole adeguarsi ai comportamenti di moda, che appare incomprensibile nei suoi insegnamenti e che, forse, lascia intravvedere possibili trame interne di uomini che ne adombrano la sua santità. In ogni caso, sull'insegnamento del Maestro "luce del mondo", città posta sopra la montagna per essere vista da tutti. Segno di contraddizione che ha la missione di mantenere viva nel corso dei secoli la fede nel Signore Risorto fino al suo ritorno:  "Guardiamo a Cristo che viene. È in questa prospettiva che viviamo la fede, rivolti al futuro" (pagina 97)
.

Licht der Welt, ovviamente, non è un volume scritto da Benedetto XVI; eppure, qui si condensa il suo pensiero, le sue preoccupazioni e sofferenze di questi anni, il suo programma pastorale e le aspettative per il futuro. L'impressione che si ricava è quella di un Papa ottimista sulla vita della Chiesa, nonostante le difficoltà che l'accompagnano da sempre:  "La Chiesa cresce ed è viva, è molto dinamica. Negli ultimi anni il numero dei sacerdoti è aumentato in tutto il mondo e anche il numero dei seminaristi" (pagina 28).
 
Come dire:  la Chiesa non può essere identificata solo nel frammento di una zona geografica; essa è un tutto che fonda, abbraccia e supera ogni parte. Una Chiesa composta anche da peccatori; eppure, senza minimizzare il male, egli può giustamente affermare che "se la Chiesa non ci fosse più, interi ambiti di vita andrebbero al collasso" (pagina 54), perché il bene che compie è davanti agli occhi di tutti nonostante si voglia spesso volgere lo sguardo altrove.

Pagina dopo pagina si nota la pazienza di voler rispondere con chiarezza a ogni interrogativo che viene posto. Benedetto XVI apre il cuore della sua vita quotidiana, così come esprime con la dovuta parresia i problemi che sono sul tappeto della storia di questi anni. Se, da una parte, sembra farci entrare nel suo appartamento, condividendo con il lettore i ritmi della sua giornata, dall'altra evoca immagini che ben descrivono lo stato d'animo dei mesi passati:  "Sì, è una crisi grande, bisogna dirlo. È stato sconvolgente per tutti noi. All'improvviso tutta quella sporcizia. È stato come se il cratere di un vulcano avesse improvvisamente eruttato una grossa nube di sporcizia che insudiciava e rabbuiava tutto" (pagina 44).
 
Il tono semplice delle sue risposte si fa forte della plasticità delle immagini che spesso ricorrono, permettendo di comprendere a pieno il dramma di alcuni fatti. Eppure, dalla pacatezza delle risposte e dallo sviluppo del suo argomentare, ciò che emerge in maniera netta è soprattutto la spiritualità che caratterizza la sua vita tanto da lasciare ammutoliti. "Fin dal momento in cui la scelta è caduta su di me, sono stato capace soltanto di dire solo questo:  Signore, cosa mi stai facendo? Ora la responsabilità è tua. Tu mi devi condurre. Io non ne sono capace. Se tu mi hai voluto, ora devi anche aiutarmi" (pagina 18; cfr. pagina 33). Chi legge si arrende. O si accetta la visione della fede come un autentico abbandonarsi in Dio che ti trasporta dove vuole lui, oppure ci si lascia andare alle interpretazioni più fantasiose che caratterizzano spesso il chiacchiericcio clericale e non solo. La verità, però, sta tutta in quelle parole.

Se si vuole capire Benedetto XVI, la sua vita e il suo pontificato, bisogna ritornare a questa espressione. Qui si condensa la vocazione al sacerdozio come una chiamata alla sequela; qui si comprende il perché di una traiettoria che non può essere modificata nella sua visione del mondo e dell'agire della Chiesa; qui si coglie la prospettiva attraverso la quale è possibile entrare nella profondità del suo pensiero e nell'interpretazione di alcuni suoi atti. C'è un termine in tedesco che sintetizza tutto questo:  Gelassenheit, cioè l'abbandono fiducioso usque ad cadaver. Esso esprime la scelta decisiva di libertà come un radicale svuotamento di sé per lasciarsi plasmare e condurre dove vuole il Signore; insomma, il Papa si identifica più di tutti gli altri come un "povero mendicante davanti a Dio" (pagina 35).

La spiritualità cristocentrica, che più volte viene richiamata, alimentata da un profondo legame con la liturgia (cfr. pagine 153- 154); permette di comprendere il comportamento di Benedetto XVI. D'altronde egli stesso lo afferma quando, rispondendo alla domanda sul potere che un Papa possiede, attesta:  "Essere Papa non significa porsi come sovrano colmo di gloria, quanto piuttosto rendere testimonianza a Colui che è stato crocifisso e disposto ad esercitare il proprio ministero anche in questa forma in unione con lui" (pagina 26). In questa ottica, diventa almeno paradossale leggere l'espressione successiva che sembra contraddire quanto appena affermato mentre, invece, lo colloca nel suo coerente orizzonte di comprensione:  "Tutta la mia vita è stata attraversata da un filo conduttore, questo:  il cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti" (pagina 27). Insomma, un Papa che continua ad essere ottimista; non in primo luogo per l'oggettiva dinamicità della Chiesa resa evidente da tante forze di spiritualità, ma soprattutto in forza dell'amore che tutto plasma e tutto vince (pagine 90-91).

Un'intervista che per molti versi diventa una provocazione a compiere un serio esame di coscienza dentro e fuori della Chiesa per giungere a una vera conversione del cuore e della mente. Le condizioni di vita della società, l'ecologia, la sessualità, l'economia e la finanza, la stessa Chiesa... sono tutti temi che richiedono un impegno particolare per verificare la direzione culturale del mondo di oggi e le prospettive che si aprono per il futuro. Benedetto XVI non si lascia impaurire dalle cifre dei sondaggi, perché la verità possiede ben altri criteri:  "la statistica non è il metro della morale" (pagina 204). È consapevole che siamo dinanzi a un "avvelenamento del pensiero che a priori dà prospettive sbagliate" (pagina 77), per questo provoca a cogliere il cammino necessario verso la verità (cfr. pagine 79-80), per essere capaci di dare genuino progresso al mondo di oggi (cfr. pagine 70-71).

Queste pagine, comunque, lasciano trasparire con chiarezza il pensiero del Papa e alcuni dovranno ricredersi per le descrizioni avventate date nel passato come di un uomo oscurantista e nemico della modernità:  "È importante che cerchiamo di vivere e di pensare il cristianesimo in modo tale che assuma la modernità buona e giusta" (pagina 87) con le sue conquiste e con i valori che ha saputo raggiungere a fatica:  "Vi sono naturaliter molti temi dai quali emerge per così dire la moralità della modernità. La modernità non consiste solo di negatività. Se così fosse non potrebbe durare a lungo. Essa ha in sé grandi valori morali che vengono proprio anche dal cristianesimo, che solo grazie al cristianesimo, in quanto valori, sono entrati nella coscienza dell'umanità. Là dove essi sono difesi - e devono essere difesi dal Papa - c'è adesione in aree molto vaste" (pagina 40).

Questi richiami fanno percepire perché il Papa pensi così sovente al tema della nuova evangelizzazione per raggiungere quanti si trovano nella condizione di essere "figli" della modernità avendo colto solo alcuni aspetti del fenomeno, non sempre i più positivi, mentre hanno dimenticato la necessaria ricerca della verità e, soprattutto, l'esigenza di rivolgere la propria vita in una visione unitaria e non contrapposta (cfr. pagina 87). Questo risulta essere uno dei suoi compiti programmatici con i quali saremo chiamati a confrontarci:  "Affrontare con rinnovate forze la sfida dell'annuncio del Vangelo al mondo, impiegare tutte le nostre forze perché vi giunga, fa parte dei compiti programmatici che mi sono stati affidati" (pagina 185; cfr. 193).

Benedetto XVI ritorna spesso in queste pagine al rapporto tra modernità e cristianesimo. Una relazione che non può né deve essere vissuta parallelamente, ma coniugando in modo corretto fede e ragione, diritti individuali e responsabilità sociale. In una parola, "Rimettere Dio al primo posto" (pagina 96) per contraddire gran parte della cultura dei decenni passati che ha puntato a dimostrare superflua "l'ipotesi di Dio" (pagina 190). Questa è la conversione che Benedetto XVI chiede ai cristiani e a quanti vorranno ascoltare la sua voce:  "Rimettere di nuovo in luce la priorità di Dio.

La cosa importante oggi è che si veda di nuovo che Dio c'è, che Dio ci riguarda e che ci risponde. E che, al contrario, quando viene a mancare, tutto può essere razionale quanto si vuole, ma l'uomo perde la sua dignità e la sua specifica umanità e così crolla l'essenziale" (pagina 100). È questo il compito che il Papa si prefigge per il suo pontificato e, onestamente, non si può negare quanto esso appaia arduo:  "Comprendere la drammaticità del nostro tempo, rimanere saldi nella Parola di Dio come la parola decisiva e al tempo stesso dare al cristianesimo quella semplicità e quella profondità senza delle quali non può operare" (pagina 101).

Familiarità, confidenze, ironia, in alcuni momenti sarcasmo ma, soprattutto, semplicità e verità sono i tratti caratteristici di questo colloquio scelto da Benedetto XVI per rendere partecipe il grande pubblico del suo pensiero, del suo modo di essere e del suo modo di concepire la stessa missione che gli è stata affidata. Un'impresa non facile nel periodo della comunicazione che tende spesso a sottolineare solo alcuni frammenti e lascia in ombra la globalità. Un volume da leggere e su cui meditare per comprendere ancora una volta in che modo la Chiesa può essere nel mondo annuncio di una bella notizia che reca gioia e serenità.


(©L'Osservatore Romano - 24 novembre 2010)



            Pope Benedict XVI poses with his new book "Light of the World: The Pope, the Church, and the Sign of the Times" at the Vatican November 23, 2010. Pope Benedict's landmark acknowledgement that the use of condoms is sometimes morally justifiable to stop AIDS is valid not only for gay male prostitutes but for heterosexuals and transsexsuals too, the Vatican said on Tuesday. The clarification, the latest step in what is already seen as a significant shift in the Catholic Church policy, came at a news conference presenting the pope's new book.Pope Benedict XVI poses with German Catholic journalist Peter Seewald, the writer of pope's new book "Light of the World: The Pope, the Church, and the Sign of the Times", during a meeting at the Vatican November 23, 2010. Pope Benedict's landmark acknowledgement that the use of condoms is sometimes morally justifiable to stop AIDS is valid not only for gay male prostitutes but for heterosexuals and transsexsuals too, the Vatican said on Tuesday. The clarification, the latest step in what is already seen as a significant shift in the Catholic Church policy, came at a news conference presenting the pope's new book.

                              Pope Benedict XVI holds his new book "Light of the World: The Pope, the Church, and the Sign of the Times" as he poses with the writer German Catholic journalist Peter Seewald (L) and archbishop Rino Fisichella during a meeting at the Vatican November 23, 2010. Pope Benedict's landmark acknowledgement that the use of condoms is sometimes morally justifiable to stop AIDS is valid not only for gay male prostitutes but for heterosexuals and transsexsuals too, the Vatican said on Tuesday. The clarification, the latest step in what is already seen as a significant shift in the Catholic Church policy, came at a news conference presenting the pope's new book.


           Father George Gaenswein (L), personal secretary of Pope Benedict XVI, smiles as he reads a new book about the pope at the Vatican November 23, 2010. Pope Benedict says in the new book, called "Light of the World: The Pope, the Church, and the Sign of the Times", that he would not hesitate to become the first pontiff to resign willingly in more than 700 years if he felt himself no longer able, "physically, psychologically and spiritually", to lead the church. The book, an interview with German Catholic journalist Peter Seewald, has so far made headlines for the pope's cautious opening to the use of condoms to stop AIDS.VATICAN CITY, VATICAN - NOVEMBER 23:  Pope's personal secretary Georg Ganswein holds a copy of 'Light of World'  the book interview with Pope Benedict XVI by German author Peter Seewald during  the presentation at the Holy See Press Office on November 23, 2010 in Vatican City, Vatican. Answering to a question of the German author Pope Benedict has stated that Condoms may sometimes be justified in exceptional circumstances to stop the spread of AIDS.

             Bishop Rino Fisichella holds a copy in Italian of 'Light of the World: The Pope, the Church and the Signs of the Times' by German journalist Peter Seewald, based on 20 hours of interviews with Pope Benedict XVI during a press conference for the release of the book on November 23, 2010 in John Paul II press room at the Vatican. Publishers released a controversial new book of interviews Tuesday in which Pope Benedict XVI says for the first time he approves of condom use to reduce the risk of sexually transmitted diseases.VATICAN CITY, VATICAN - NOVEMBER 23:  German author Peter Seewald holds his book interview with Pope Benedict XVI 'Light of World' at the end of the presentation at the Holy See Press Office on November 23, 2010 in Vatican City, Vatican. Answering to a question of the German author Pope Benedict has stated that Condoms may sometimes be justified in exceptional circumstances to stop the spread of AIDS.

Caterina63
00giovedì 25 novembre 2010 18:09
Nel trentesimo anniversario della Comece

Il cristianesimo
per ricostruire l'Europa


"Modellare l'Europa del futuro" è il tema della tavola rotonda organizzata, nella sera di mercoledì 24, a Bruxelles, dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) in apertura dell'assemblea plenaria d'autunno (24-26 novembre) e nel trentesimo anniversario di fondazione. All'incontro, aperto dal presidente della Comece, Adrianus Herman van Luyn, vescovo di Rotterdam, hanno preso parte Jacques Delors, presidente della Commissione dell'Unione europea dal 1985 al 1994, il cardinale arcivescovo di Monaco e Frisinga nonché vicepresidente della Comece, Reinhard Marx, e l'arcivescovo presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, del cui intervento pubblichiamo ampi stralci.

di mons. Rino Fisichella


La storia dell'Europa non inizia con i trattati di Roma del 1950. La condivisione delle risorse come il carbone e l'acciaio, l'Euratom, il mercato comune, la moneta unica sono solo tappe di un processo che deve guardare oltre gli strumenti per cogliere il senso sotteso e l'obiettivo da raggiungere. Questo dovrebbe essere l'unità riconquistata di popoli che pur nella diversità delle tradizioni e delle proprie storie hanno una matrice comune che è riconducibile al cristianesimo.

L'opera geniale di Leone Magno e la sua capacità, nella crisi dell'impero, di far comprendere alle nuove popolazioni "barbare" la ricchezza della tradizione romana, farla convivere con la loro cultura, giungendo a una sintesi impensabile fu un'opera di grande spessore politico tanto quanto l'azione di Gregorio Magno nell'inviare i monaci come evangelizzatori fino ai Paesi nordici. La stessa opera fu svolta dai monaci Cirillo e Metodio che Papa Giovanni viii aveva inviato nell'880 a evangelizzare le terre di Oriente; svolsero un'azione culturale incredibile giungendo a inventare perfino l'alfabeto che permane fino ai nostri giorni. Questi fatti permettono d'affermare che l'unità nella diversità era reale perché poggiava sul fondamento della fede cristiana.

Questi valori realizzati con fatica, perché composti di una sintesi tra il pensiero greco e romano riletto alla luce della sacra Scrittura, in questi ultimi secoli si sono ossidati e rischiano di essere sottoposti a uno struggente logorio non per il passare degli anni, ma per la corrosione di fenomeni culturali e legislativi che minano il tessuto sociale. Avere spalancato le porte a presunti diritti non ha portato a maggior coesione sociale né tanto meno a un crescente senso di responsabilità.

Ciò che è dato verificare, piuttosto, è un preoccupante rinchiudersi in un individualismo senza sbocco che, presto o tardi, porterà all'asfissia dei singoli e della società. L'Europa d'oggi, d'altronde, sembra vivere con una profonda paura. Essa diviene quasi congenita presso popolazioni che avevano vissuto un lungo periodo di ricostruzione dopo la barbarie di due guerre, di crescente benessere e di pace; vacillano molte certezze perché, forse, raggiunte con troppa fretta e senza la dovuta perspicacia.
 

La sicurezza del lavoro, l'assistenza nella malattia, la casa, la pensione... insomma, ciò che si conosce sotto il nome di progresso sociale tutto si sbriciola sotto la scure di una crisi che non lascia spazio se non all'incertezza, al dubbio e quindi alla paura e all'angoscia. In che modo si potrà uscire da questo tunnel che non è solo d'ordine economico e finanziario, ma primariamente culturale e in modo ancora più specifico antropologico, è facile affermarlo, ma più complesso poterlo realizzare.
Quanto vedo personalmente all'orizzonte è l'esigenza di creare un modello d'umanesimo capace di compiere la necessaria sintesi tra quanto è frutto della conquista dei secoli precedenti e la sensibilità con la quale interpretiamo il nostro presente. Per alcuni versi vorrei vedere all'orizzonte un "neoumanesimo".

L'umanesimo, infatti, segnò a suo tempo un autentico entusiasmo che investì tutti gli ambiti dell'attività umana. Non fu una visione frammentaria del mondo, ma unitaria; così come unitaria era la lettura dell'uomo che era stato posto al centro del creato. In questa fase, che si estese dalla filosofia alla letteratura, dall'arte alla scoperta di nuove terre, Dio non era escluso, ma diventava l'orizzonte di senso della ricerca personale e della vita sociale.

Ricreare questo umanesimo è un compito che spetta a tutti e la sua realizzazione non può essere unilaterale. Noi cattolici desideriamo dare il nostro contributo peculiare come lo è stato nei secoli passati. Abbiamo a cuore il destino dei popoli e dei singoli, perché la nostra storia ci ha resi "esperti in umanità". Il Vangelo che trasmettiamo di generazione in generazione è annuncio di un nuovo modo di vivere, realizzato per superare la paura più grande che l'uomo possiede:  la morte come annientamento di sé. Non abbiano timore della Chiesa quanti presumono di conoscerla solo per una lettura indiretta, distante e spesso frutto di errate precomprensioni. Certo, nel corso della nostra storia alcuni di noi hanno sbagliato e tutti noi ci sentiamo per questo responsabili. Ma la Chiesa è altro dall'agire dei singoli. Essa va oltre i confini stabiliti dagli accordi convenzionali e non si ferma al frammentario agire degli individui; la Chiesa è la continuazione di Cristo risorto e sua efficace presenza nella storia d'ogni tempo per essere "strumento di unità di tutto il genere umano". Qualcuno potrebbe avere paura che la nostra azione tenda a distruggere le conquiste della modernità a cui è particolarmente legato. Niente di più falso. Non c'è in noi volontà alcuna di distruzione delle vere conquiste operate nel corso dei secoli; non lo potremmo fare, non ne saremmo capaci e non possiamo contraddire gli insegnamenti del concilio Vaticano ii. Ne erano ben convinti i nuovi padri fondatori quali De Gasperi, Adenauer e Schumann, i quali forti della loro fede comune convennero su un progetto che ai molti sembrò utopia.

Il moderno concetto di democrazia, di laicità, dei fondamenti dei diritti non avrebbero avuto esito favorevole se non avessero trovato l'avallo nel concetto di persona, di dignità e di ricerca del bene comune che sono capisaldi della nostra visione sociale. Alla stessa stregua, è necessario ricordare che la difesa della ragione trova in noi degli alleati leali e fedeli; non potremmo, infatti, pensare a una fede forte dinanzi a una ragione debole. Noi siamo fautori di una ragione forte in grado di sostenere una fede libera proprio perché frutto di una scelta ragionata dinanzi alla verità.

Nessuno tra di noi dovrebbe cadere nella trappola di pensare all'unione dell'Europa dimenticando che le sue radici affondano in una fede che ha alimentato per secoli la convivenza e il progresso di popoli diversi. Noi non abbiamo una sola lingua e possediamo tradizioni culturali e giuridiche diverse; eppure, il nostro denominatore comune è facilmente rinvenibile nel cristianesimo. Per questo, nessuno si illuda sul futuro. Non ci sarà un'Europa realmente unita, prescindendo da ciò che essa è stata. Non si potrà imporre a cittadini così diversi un senso di appartenenza a una realtà senza radici e senza anima; il progetto non riuscirà, perché l'identità richiede certezze e queste possono essere consolidate non attraverso strumenti esterni, ma mediante la riscoperta della propria tradizione comune. Questo crea identità e desiderio di appartenenza; altrimenti, saremo destinati a veder prevalere i singoli egoismi di turno e la reazione sarà quella di rinchiudersi in nuovi confini, probabilmente non territoriali, ma certamente frustranti e fallimentari. Solo una forte identità condivisa potrà debellare forme di fondamentalismo e di estremismo che ripetutamente si affacciano nei nostri territori.

Perché questo avvenga, è necessario uscire da una forma di neutralità in cui l'Europa si è rinchiusa pur di non prendere posizione a favore di se stessa e della sua storia. Conati di anticattolicesimo sempre più frequenti in questi ultimi anni, presenti in diversi settori della società, dovrebbero vederla in una reazione attenta e pronta almeno tanto quanto viene riservato ad altre religioni. Se l'Europa si vergogna di ciò che è stata, delle radici che la sostengono e dell'identità cristiana che ancora la plasma allora non avrà futuro. La conclusione potrà essere solo quella di un declino irreversibile. Se la politica non sarà capace di un salto di qualità in grado di ritrovare un sistema valoriale di riferimento che vada oltre l'imposizione ideologica, l'apporto per la costruzione dell'Europa sarà compromesso.

Mettere di nuovo al centro dell'impegno europeo alcuni principi valoriali non potrà che essere salutare per il suo futuro. In primo piano, la famiglia che rappresenta il soggetto determinante del tessuto sociale; se non lo si vuole fare per convinzione, lo si faccia almeno per calcolo economico. La centralità della famiglia appare come la trincea necessaria per evitare il declino della responsabilità sociale che ormai troppo spesso è dato verificare. Il primato della vita umana, dal suo primo istante fino alla sua conclusione naturale, appare come l'urgente presa di consapevolezza davanti a una generalizzata forma di denatalità e di spregio per la vita che pone in crisi la stessa sopravvivenza della civiltà. La china dell'invecchiamento, verso cui l'Europa si sta dirigendo, mostra la stagione invernale di questa Unione che ha scelto il declino pur di imporre un discusso diritto del più forte nei confronti della vita innocente.
 
A un uomo rinchiuso nella paura e sempre più solo ciò che gli si propone è una morte veloce e beffardamente felice. L'ultima illusione è, eufemisticamente, una "dolce morte", come se la morte non portasse con sé il dramma del limite ultimo di una domanda esistenziale perenne che chiede di essere vinta e non subita. Questa slippery slope è troppo scivolosa per essere difesa come diritto quando, invece, nasconde la paura e la sopraffazione del nulla, per non saper dare senso completo all'esistenza. L'economia e la finanza, inoltre, dinanzi al dilagare di una prospettiva di mercato che sembra schiacciare conquiste sociali raggiunte faticosamente nel corso dei secoli dovranno riscoprire l'istanza etica. Questo riferimento diventa sempre più urgente quanto più si percepisce la crisi in cui siamo inseriti. Una politica di integrazione più che di regolamentazione dell'immigrazione, è quanto appare urgente dinanzi a una situazione conflittuale sempre più forte che conduce a forme d'estremismo inaccettabili per il tasso di fondamentalismo di cui sono composte.

Ciò che dovrebbe far riflettere è che l'integrazione avviene in maniera indolore quando alla base si trova la stessa espressione di fede. In ogni caso, non potrà esserci vera integrazione se i protagonisti avranno paura o vergogna della loro identità. La paura dell'altro, in effetti, nasconde al fondo una paura di sé con il rifiuto di un'affermazione della propria identità, storia e cultura. Il riconoscimento di un fondamento comune quale il cristianesimo, è ciò che ha consentito un'immigrazione pacifica tra Paesi dell'Est verso la libertà e il benessere dell'Ovest. L'istanza etica, quindi, appare tanto più urgente quanto più verifichiamo l'imporsi di forme che attentano la dignità della persona. Infatti, il mercato, la finanza, l'economia, la scienza, la tecnica... senza il riferimento ai principi etici potrebbero diventare facilmente fonte di ingiusta discriminazione.

Noi cattolici non indietreggeremo in questa assunzione di responsabilità e non accetteremo di essere emarginati. Siamo convinti, infatti, che la nostra presenza sia essenziale perché il processo in corso possa giungere a buon fine. Priva della presenza significativa dei cattolici, comunque, l'Europa sarebbe in ogni caso più povera, più isolata e meno attraente. Mi sia consentito concludere con il riferimento a un racconto medievale. Un poeta passò accanto a un cantiere e vide tre operai indaffarati; erano tagliatori di pietre. Si rivolse al primo e gli chiese:  "Che fai, amico mio?". Quello noncurante gli rispose:  "Sto tagliando una pietra". Andò oltre e vide il secondo a cui pose la stessa domanda, e quello rispose con sorpresa:  "Partecipo alla costruzione di una colonna". Poco più avanti il pellegrino vide il terzo e anche a questi diresse la stessa domanda, la risposta carica di entusiasmo fu:  "Sto costruendo una cattedrale". Come il racconto insegna ci sono vari operai per la costruzione di questa nuova Europa; noi abbiamo la presunzione di voler costruire una cattedrale.


(©L'Osservatore Romano - 26 novembre 2010)
Caterina63
00giovedì 20 gennaio 2011 18:40
Riflessioni su «Ubicumque et semper»

La nuova evangelizzazione




di Rino Fisichella

La Chiesa esiste per portare in ogni tempo il Vangelo a ogni persona, dovunque si trovi. Il comando di Gesù è talmente cristallino da non consentire fraintendimenti di sorta né alibi alcuno. Quanti credono nella sua parola sono inviati nelle strade del mondo per annunciare che la salvezza promessa ora è divenuta realtà.

L'annuncio deve coniugarsi con uno stile di vita che permette di riconoscere i discepoli del Signore dovunque si trovino. Per alcuni versi, l'evangelizzazione si riassume in questo stile che contraddistingue quanti si pongono alla sequela di Cristo. La carità come norma di vita non è altro che la scoperta di ciò che dà senso all'esistenza perché la permea fin nei suoi meandri più intimi di quanto il Figlio di Dio fatto uomo ha vissuto in prima persona.

Si potrà discutere a lungo sul senso dell'espressione "nuova evangelizzazione". Chiedersi se l'aggettivo determini il sostantivo ha una sua ragionevolezza, ma non intacca la realtà. Il fatto che la si chiami "nuova" non intende qualificare i contenuti dell'evangelizzazione, ma la condizione e le modalità in cui essa viene fatta. Benedetto XVI nella lettera apostolica Ubicumque et semper sottolinea con ragione che ritiene opportuno "offrire delle risposte adeguate perché la Chiesa intera si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione".

Qualcuno potrebbe insinuare che decidersi per una nuova evangelizzazione equivale a giudicare l'azione pastorale svolta in precedenza dalla Chiesa come fallimentare per la negligenza posta o per la scarsa credibilità offerta dai suoi uomini.

Anche questa considerazione non è priva di una sua plausibilità, ma si ferma al fenomeno sociologico preso nella sua frammentarietà, senza considerare che la Chiesa nel mondo presenta tratti di santità costante e di testimonianze credibili che ancora ai nostri giorni sono segnate con il dono della vita. Il martirio di molti cristiani non è diverso da quello offerto nel corso dei secoli della nostra storia, eppure è veramente nuovo perché provoca gli uomini del nostro tempo spesso indifferenti a riflettere sul senso della vita e sul dono della fede.

Quando si smarrisce la ricerca del genuino senso dell'esistenza, inoltrandosi per sentieri che immettono in una selva di proposte effimere, senza che si comprenda il pericolo in agguato, allora è giusto parlare di nuova evangelizzazione. Essa si pone come vera provocazione a prendere sul serio la vita per orientarla verso un senso compiuto e definitivo che trova unico riscontro nella persona di Gesù di Nazareth. Lui, il rivelatore del Padre e sua rivelazione storica, è il Vangelo che ancora oggi annunciamo come risposta all'interrogativo che inquieta gli uomini da sempre. Mettersi al servizio dell'uomo per comprendere l'ansia che lo muove e proporre una via d'uscita che gli dia serenità e gioia è quanto si raccoglie nella bella notizia che la Chiesa annuncia.

Una nuova evangelizzazione, quindi, perché nuovo è il contesto in cui vive il nostro contemporaneo sballottato spesso qua e là da teorie e ideologie datate. Per quanto paradossale possa sembrare, si preferisce imporre l'opinione piuttosto che indirizzare verso la ricerca della verità.

L'esigenza di un linguaggio nuovo, in grado di farsi comprendere dagli uomini di oggi, è un'esigenza da cui non si può prescindere, soprattutto per il linguaggio religioso così improntato a una specificità tale da risultare spesso incomprensibile. Aprire la "gabbia del linguaggio" per favorire una comunicazione più efficace e feconda è un impegno concreto perché l'evangelizzazione sia realmente nuova.

Un'icona a cui il nuovo dicastero intende dedicarsi, trova riscontro nella Sagrada Familia di Gaudí. Chi la osserva nella sua pregnanza architettonica trova la voce di ieri e quella di oggi. A nessuno sfugge che è una chiesa, spazio sacro che non può essere confuso con nessun'altra costruzione. Le sue guglie si stagliano verso l'alto, obbligando a guardare il cielo. I suoi pilastri non hanno capitelli ionici o corinzi e, tuttavia, li richiamano anche se consentono di andare oltre per rincorrere un intreccio di archi tale da far pensare a una foresta dove il mistero ti invade e, senza sopprimerti, ti offre serenità.

La bellezza della Sagrada Familia sa parlare all'uomo di oggi pur conservando i tratti fondamentali dell'arte antica. La sua presenza sembra contrastare con la città fatta di palazzi e strade che si rincorrono mostrando la modernità a cui siamo inviati. Le due realtà convivono e non stonano, anzi, sembrano fatte l'una per l'altra; la chiesa per la città e viceversa. Appare evidente, comunque, che la città senza quella chiesa sarebbe priva di qualcosa di sostanziale, evidenzierebbe un vuoto che non può essere colmato da altro cemento, ma da qualcosa di più vitale che spinge a guardare in alto senza fretta e nel silenzio della contemplazione.



(©L'Osservatore Romano - 21 gennaio 2011)




Quale “Nuova Evangelizzazione”?



di padre Piero Gheddo*

ROMA, mercoledì, 26 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Leggo su “L’Osservatore Romano” un interessante articolo di mons. Rino Fisichella su “La Nuova Evangelizzazione” (21 gennaio 2011). La finalità di questo “Pontificio Consiglio” è stata ben delineata da Benedetto XVI il 28 giugno scorso quando l’ha istituito: il suo scopo è di “risvegliare la fede nei Paesi di antica tradizione cristiana… e offrire delle risposte adeguate perchè la Chiesa intera si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione”.

Mons. Fisichella commenta queste parole del Papa indicando orientamenti e speranze del nuovo dicastero. Mi permetto di raccontare l’esempio di un missionario autentico, che può illuminare il modo, il metodo, il linguaggio e i contenuti di questa provvidenziale iniziativa, che deve appassionare tutti i credenti in Cristo.

Il Venerabile padre Clemente Vismara, non lontano dalla beatificazione, è stato 65 anni in Birmania (1923-1988) ed è morto a 91 anni nel 1988 con una grande fama di santità anche presso i non cristiani. Sono andato a trovarlo nel 1983, aveva 86 anni e tentavo di fargli un’intervista, ma lui non voleva parlare della sua vita avventurosa in una regione forestale e montuosa, fra poveri tribali animisti, villaggi con capanne di fango e paglia, una vita “primitiva” tormentata da bande di guerriglieri e briganti. Mi diceva: “Parliamo invece di quel che farò nei prossimi anni, costruirò scuole e cappelle, prenderò contatto con tribù nuove, battezzerò altri nuovi cristiani, continuerò a raccogliere orfani….”. Aveva 86 anni ed era ancora parroco a Mongpin, il medico più vicino a un centinaio di chilometri (con quelle strade), con una “parrocchia” di circa 9.000 kmq, più del doppio della sua diocesi di Milano. Visitava ancora i suoi villaggi cristiani, si lamentava solo di non poter più andare a cavallo e per salire i ripidi sentieri di montagna veniva portato su una barella da quattro uomini o quattro donne. “Che vergogna, mi diceva, essere portato dalle donne!”.  

  Del Venerabile padre Clemente, un suo confratello del Pime padre Angelo Campagnoli, che è stato con lui sei anni, così lo ricorda: “La vita di Vismara è la ripetizione degli stessi gesti per 65 anni. Come ha incominciato, così ha finito: orfani, lebbrosi, oppiomani, poveri affamati, riso, cappelle, scuole, villaggi da visitare, è sempre stata la stessa vita, uguale nella sua ripetitività ma sempre nuova perché Vismara faceva gli stessi gesti con lo stesso entusiasmo della prima volta….Padre Clemente si realizzava prendendosi cura di tutte le miserie che vedeva, di tutti i poveri che gli capitavano a tiro, dava da mangiare anche ai fuggiaschi della guerriglia, ai ladri scacciati dai villaggi, ai lebbrosi che nessuno più voleva vicino alle abitazioni dei sani, alle vedove ed a qualunque tipo di povero. Viveva con 200-250 orfani affidati alle cure della suore di Maria Bambina. Tutti lo entusiasmavano di nuovo, come fosse la prima volta. Dava a tutti come fossero da tanto tempo suoi amici. In quelle situazioni di fame e carestie, il suo vanto era di poter dire: tutti quelli che vengono alla missione mangiano tutti i giorni. Passava parte della notte scrivendo tante lettere agli amici e benefattori”. 

Padre Mario Meda, anche lui nella diocesi di Kengtung per otto anni, aggiunge: “Padre Clemente diceva molti Rosari, secondo il consiglio di mons. Erminio Bonetta, fondatore della nostra diocesi: 'Seminiamo molti Rosari nei nostri viaggi e nelle nostre giornate, porteranno molti frutti di conversione'. So che Vismara recitava un Rosario intero tutti i giorni, 150 Ave Maria, e compiva quotidianamente le pratiche di pietà della vecchia tradizione sacerdotale… Questa era la sua regolarità, tutti i giorni della sua vita. Però era anche libero, non formalista, ad esempio era disposto a interrompere la preghiera del Breviario per rispondere a qualcuno e poi riprenderla. Era un uomo libero di spirito, equilibrato in tutto, pieno di buon senso e di amore a Dio e all’uomo. Viveva con fedeltà la sua vocazione, non sognava cose diverse, era libero da ogni complesso, credo non abbia mai avuto problemi di fede o difficoltà ad essere un buon cristiano, prima che un buon prete e missionario”.   

L’esempio di questo Venerabile in attesa di beatificazione, credo illustri bene, in concreto, quello “slancio missionario” che  Papa Benedetto chiede a tutti noi, vescovi, preti e laici cristiani, per riportare il nostro Occidente a Dio ed a Gesù Cristo.    

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l'Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.






Caterina63
00venerdì 28 gennaio 2011 18:11

Monsignor Fisichella: il valore salvifico del Vangelo anche sulla terra


Pubblicato il II Rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa


di Nieves San Martín



MADRID, giovedì, 27 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Il II Rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) nel mondo viene pubblicato dopo che Benedetto XVI ha istituito il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione dell'Occidente, il cui Presidente eletto è monsignor Rino Fisichella, autore del prologo di questo II Rapporto.

Monsignor Fisichella afferma che il cristianesimo “non può assolutamente rinunciare alla sua dimensione storica. La vocazione dell’uomo non è doppia: terrena per tutti e poi trascendente per chi lo vuole”.

Esaminando il Rapporto dell'Osservatorio Cardinale Van Thuân, afferma nel prologo, gli è venuto in mente il rapporto tra la DSC e la Nuova Evangelizzazione dell'Occidente, “per molti motivi”.

In primo luogo, scrive, perché il Rapporto è redatto da quattro soggetti istituzionali che operano in vari Paesi occidentali. Si tratta, spiega, di una collaborazione interessante e promettente tra Italia, Spagna, Francia e Perù (per l'America Latina).

“In queste Nazioni ed aree geografiche, seppure con diversa intensità e modalità, il bisogno di una nuova evangelizzazione è evidente a tutti e la collaborazione per organizzare meglio una nuova presenza pubblica dei cristiani è di grande importanza”, segnala.

In Spagna, l'ente che collabora con l'Osservatorio Cardinale Van Thuân è la Fondazione Paolo VI di Madrid, uno dei centri accademici più forniti per la bibliografia sui temi sociali e più efficaci nella formazione in questo campo.

La Fondazione è stata creata dal Cardinale Ángel Herrera Oria, uno dei pilastri intellettuali cristiani del primo terzo del XX secolo in Spagna – di cui è in corso il processo di beatificazione –, creatore di una catena di quotidiani cattolici. La Fondazione, eretta dalla Santa Sede, è riconosciuta dallo Stato come Fondazione religiosa e benefico-docente.

E' un'istituzione culturale e di studi superiori senza scopo di lucro che svolge attività per la formazione e lo sviluppo socio-culturale degli spagnoli, “promuovendo una coscienza sociale cristiana sempre nuova, facendo presente la Dottrina Sociale della Chiesa e proclamando il ruolo che spetta alla religione nella vita sociale”, afferma sulla sua pagina web.

Attualmente, costituisce il nucleo originario e principale del Campus dell'Università Pontificia di Salamanca a Madrid (UPSAM), con sede nella Città Universitaria della capitale spagnola.

Monsignor Fisichella sottolinea anche un secondo motivo: “il Rapporto mostra molto bene il ruolo della Dottrina Sociale della Chiesa come 'strumento della nuova evangelizzazione', nel senso espresso da Giovanni Paolo II e poi da Benedetto XVI. Il magistero della Chiesa assegna alla Dottrina Sociale un ruolo molto importante in questo disegno”.

“La secolarizzazione e poi la laicizzazione aggressiva tendono ad escludere il cristianesimo dall’ambito pubblico e, così facendo, negano il rapporto strutturale della ragione con la fede, della natura con la grazia”, afferma.

“Il cristianesimo, però, non può assolutamente rinunciare alla sua dimensione storica. La vocazione dell’uomo non è doppia: terrena per tutti e poi trascendente per chi lo vuole. La stessa vocazione terrena non trova piena luce se non nell’ottica di quella trascendente ed eterna. Quando si separano le due vocazioni, finisce che l’uomo perde consapevolezza anche del valore e della dignità della sua vocazione temporale”.

Tutto il Rapporto, spiega il Presidente del nuovo dicastero vaticano, “mi sembra permeato da questa tensione: mettere in evidenza il valore salvifico, anche in senso terreno, del Vangelo”.

“È il Vangelo che libera dall’oppressione del sottosviluppo e del supersviluppo, dai vincoli di ataviche culture disumane e dal nuovo paganesimo associato alla tecnologia più avanzata”.

Il presule suggerisce poi due capitoli del Rapporto in cui ciò è più evidente: la sintesi introduttiva e il capitolo sul Magistero sociale di Benedetto XVI nel 2009.

Monsignor Fisichella ritiene “molto indovinata” l’espressione “La Dottrina sociale della Chiesa segno di contraddizione”, soprattutto in vista della nuova evangelizzazione dell’Occidente.

“Quando infatti il cristianesimo segue il vento delle consuetudini viene accolto dal mondo, ma anche, per questo stesso motivo, depotenziato e addomesticato”, avverte.

“Quando il cristianesimo propone la propria 'pretesa' di salvezza anche per le realtà temporali viene osteggiato e perfino perseguitato”.

Per ulteriori informazioni, http://www.fpablovi.org/.


[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]


Caterina63
00venerdì 11 febbraio 2011 10:58
  EVANGELIZZARE TUTTI!


di padre Pedron Lino

"Evangelizzare tutti" va inteso nel duplice senso che tutti dobbiamo evangelizzare e che tutti devono essere evangelizzati.

Ci troviamo a una svolta della storia di proporzioni inedite. Quindi, come prima cosa, occorre prendere coscienza di questa novità.

Globalmente la situazione può essere qualificata con il termine "stato di missione". Alle spalle abbiamo la "cristianità" medievale con la sua simbiosi tra fede e società, che lentamente si è sfaldata e non ne sussistono che i frammenti.

Cerchiamo di vedere chiaro in questa situazione di crisi, dal momento che l’evangelizzazione deve fare i conti con essa.

La CEI ha detto che il mutamento delle condizioni di vita è stato così "vertiginoso" che esso "ci è largamente sfuggito di mano" (CEI, La Chiesa italiana e le prospettive del paese, 23 ottobre 1981, n. 3).

Tale mutamento ha provocato una crisi religiosa. Tale crisi ha due connotati. Da una parte la caduta della pratica religiosa e l’aumento degli indifferenti: quelli per cui Cristo non significa più nulla e che non chiedono più nulla alla Chiesa.

Dall’altra la diminuzione dei credenti convinti che aderiscono con la vita ai valori cristiani.

È grande il numero di coloro che, pur conservando qualche legame con la religione cristiana, tuttavia escludono la fede dalla propria vita e dal proprio pensiero; non fanno cioè nessun riferimento alla religione nell’atto di fare una scelta concreta: la fede non è più il criterio del pensare e la norma dell’agire.

E questo non perché abbiano preso una posizione di fronte al problema di Dio dando una risposta negativa: il problema non si pone neppure.

Molti sono così immersi nei problemi rnateriali che non hanno più spazio per pensare ad altro. Far soldi e godersi la vita è il grande scopo che sembra coprire tutto il loro orizzonte.

E tutto questo può coesistere con una certa pratica religiosa legata alle tradizioni dell’ambiente. Si tratta evidentemente di una pratica saltuaria, connessa con alcune circostanze della vita: grandi feste, sacramenti dei figli, matrimoni, funerali...

Certo non ci sono solo le ombre. Ci sono anche segni di speranza. C’è l’aspirazione verso una nuova qualità di vita: molti si pongono la questione del senso della vita.

Contro la tendenza del riflusso nel privato crescono le persone in cui è vivo il bisogno di solidarietà.

Nel matetialismo asfissiante che infiacchisce la società molti avvertono il bisogno di ristabilire il primato dell’essere sull’avere, dello spirituale sul materiale, dell’uomo sulla tecnica.

Mentre cresce il numero degli indifferenti, una minoranza viva e dinamica tende a un’adesione matura, personale e convinta alla fede e la traduce in pratica. Dalla situazione descritta sommariamente derivano tre conseguenze:

1. Non si può affrontare la mutata situazione di oggi e i problemi nuovi che essa pone, con gli strumenti di ieri. Già nel 1964 Paolo VI diceva ai vescovi italiani:

"L’ordinaria ammistrazione del governo pastorale non è più sufficiente a pareggiare la misura dei nostri doveri e delle altrui necessità".

2. Oggi per l’evangelizzazione non si può contare molto sulla collaborazione fattiva della famiglia, della scuola, delle istituzioni pubbliche, perché in gran parte sono attraversate dalla crisi. Bisogna partire dalle forze interne della Chiesa perché diventino fermento della società e perché offrano, in spirito di servizio, proposte di soluzione alla crisi in atto.

3. II problema è troppo grave per pensare di risolverlo in tempi brevi. Bisogna cominciare subito, mettendo tutto l’impegno e la generosità, ma occorre allo stesso tempo guardare lontano. Ci vogliono programmi pastorali a largo respiro.

E le virtù che più ci occorrono sono la speranza, la pazienza e la tenacia.

Non è per nulla scontato che i cristiani conoscano il vangelo.

Credono di conoscerlo. E sotto questo aspetto la loro situazione è peggiore di quella dei pagani. Per questo bisogna ribadire che il primo compito della Chiesa, sempre e dovunque, è l’evangelizzazione.

II punto di partenza di ogni iniziativa della Chiesa è sempre la Parola e il Pane spezzato.

Le caratteristiche della nuova evangelizzazione

In una società come la nostra, anche il cristiano che ha accolto l’annuncio è rimesso continuamente in crisi e ha bisogno continuo di rigenerarsi.

Da qui l’esigenza di un "catecumenato permanente", cioè di una catechesi che dura tutta la vita. Di fronte a questa esigenza indiscutibile sta un fatto: l’interruzione, quasi generale, della catechesi dopo l’età dell’iniziazione cristiana. Ne consegue che la catechesi per adulti, al di fuori delle associazioni, dei movimenti e dei gruppi impegnati, è quasi totalmente trascurata.

Nelle molteplici esperienze della Chiesa in questi duemila anni viene espressa un’esigenza di fondo: il cammino della fede deve durare tutta la vita. Il mistero cristiano è così grande che non

abbiamo mai finito di scoprirlo.

Da qui nasce l’esigenza di mettere in atto una serie molto varia di "cammini" che aiutino i cristiani a progredire nell’itinerario di fede. Ma nessuno inizia un cammino se prima non ha un’esigenza da soddisfare e un traguardo da raggiungere.

Nessuno s’incammina sulla strada di Cristo se prima non ha incontrato Cristo. "Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato" (Pascal).

"La catechesi suppone sia avvenuto un incontro tra Gesù e la libertà dell’uomo. La novità del vangelo splende davanti alla libertà e ne accoglie l’assenso responsabile e operoso.

A questo punto interviene la catechesi per dare decisione, chiarezza riflessa, organicità, attualità, forza operativa al rapporto che si è instaurato tra la verità del vangelo e la ricerca di verità da parte della libertà.

Se manca l’evento iniziale dell’annuncio del vangelo, della provocazione e dell’assenso della libertà, la catechesi rimane senza punto di aggancio...

Si trasforma allora in ammaestramento, indottrinamento, trasmissione di abitudini e di comportamenti cristiani, senza riferimento vitale al fatto che li fonda e li giustifica come comportamenti cristiani".

(C.M.Martini, Partenza da Emmaus, 1983, p. 77).

L’adulto accetta Cristo solo se coglie il fascino della sua persona e il suo vangelo come la somma di tutti i valori umani e divini. L’unico metodo che "riesce" è quello che interpella la persona, rispettando la sua natura, facendo cioè appello alla sua intelligenza e alla sua libertà.

Questa, d’altra parte, è anche la natura della fede, che non può essere imposta, ma proposta e liberamente accettata.

Non avremo mai comunità vive senza adulti nella fede. L’identikit di tale adulto ha questi tratti:

1. Egli ha una fede motivata, capace di dar conto di se stessa, di "dar ragione della speranza che c’è in lui" (cfr 1 Pt 3, 15).

2. Per nutrire questa fede si rapporta costantemente alla Parola. Di lì attinge i criteri di discernimento, le motivazioni del suo essere e del suo agire cristiano.

3. Perciò sa investire la sua fede nella vita e la testimonia tra gli uomini là dove il Signore lo manda. La coerenza è la sua costante aspirazione perché l’essere è per l’agire.

4. Ha coscienza di essere Chiesa e di avere in essa un ruolo preciso. Partecipa perciò alla vita della comunità sentendosi responsabile dei suoi impegni e delle sue scelte.

Assume le sue responsabilità nella famiglia, nella comunità cristiana, nella società. La sua vita è un servizio.

5. È capace di dialogo e di comunione. Non si chiude in se stesso, ma si apre allo scambio con gli altri, nella gioia di progettare insieme per il bene di tutti.

6. È animato dall’inquietudine apostolica. Sente che la fede è una cosa troppo bella perché possa tenersela per sé, e comunica agli altri il Cristo che lo ha reso felice.

7. Non si lascia fagocitare dall’azione, ma è capace di contemplazione e di preghiera, e di Iì attinge energie per il suo impegno quotidiano.

II documento della CEI "Rinnovamento della catechesi" afferma in modo sintetico:

"Gli adulti sono in senso più pieno i destinatari del messaggio cristiano perché essi possono conoscere meglio la ricchezza della fede, rimasta implicita o non approfondita nell’insegnamento anteriore.

Essi poi sono gli educatori e i catechisti delle nuove generazioni cristiane. Nel mondo cristiano pluralista e secolarizzato la Chiesa può dar ragione della sua speranza, in proporzione della maturità di fede degli adulti" (n. 124).

Dall’insieme risulta chiaro che il criterio per definire adulto un cristiano non si basa sull’età, ma sul cammino di fede che ha percorso e sull’impegno con cui investe questa fede nella vita. Senza comunità rinnovata non c’è pastorale degli adulti e senza adulti maturi non è possibile rinnovare la comunità.

Dunque, evangelizzare tutti, ma soprattutto gli adulti. Ma come? L’evangelizzazione è un’azione complessa che implica tanti elementi: in particolare include catechesi e sacramenti che sbocciano nella testimonianza personale e comunitaria.

L’evangelizzazione non è una dottrina da propagandare ma l’annuncio di una Persona: Gesù Cristo che è morto e che il Padre ha risuscitato.


dice ancora padre Pedron Lino

L’evangelizzazione non è una dottrina da propagandare ma l’annuncio di una Persona: Gesù Cristo che è morto e che il Padre ha risuscitato.

Cristo Parola definitiva del Padre e Salvatore unico del mondo. Una bella notizia che cambia tutto il senso della storia e della vita umana.

II cristianesimo non consiste in "cose da fare", o in un egocentrismo di un gruppo, ma è una "Persona da incontrare" per stabilire una condivisione di vita e di amore che confluisce nella comunione ecclesiale per ricevere dalla Chiesa, in qualità di Maestra e Madre, i Sacramenti per la propria santificazione.

Il cristianesimo è lo stile di vita di Cristo Signore, che il cristiano assume liberamente, per maturazione della fede in un costante cammino di rinnovamento soprattutto sacramentale, non è invece l'impostazione all'interno di gruppi tendenti a chiudersi in se stessi.

Evangelizzare dunque significa celebrare una Parola che è Cristo, che si incarna nel Sacramento sia della Confessione, indispensabile per questo incontro, sia con l'Eucarestia, fondamentale per il completamento di questo incontro, gesto personale di Cristo, il quale a sua volta tende a trasformare tutta l’esistenza che diventa "sequela di Cristo".

L’annuncio deve nascere dalla scoperta personale di chi lo reca. Se infatti è "bella notizia", deve risuonare come qualcosa di nuovo, suscitare sorpresa, riempire il cuore di gioia, scuotere l’uditore dalla sua abitudine, rendendolo veramente libero.

È notizia antica e sempre nuova che va riscoperta nella preghiera con infinito stupore. Deve toccare il nostro cuore prima di toccare quello degli altri. Se parte da una sincera vibrazione interiore, prenderà sul nostro labbro sapore di novità. Le novità non consistono nel modificare le dottrine o i riti della Chiesa, ma nel modificare il nostro atteggiamento e la nostra libertà di adesione a ciò che la Chiesa ha già trasmesso e continuerà a trasmettere rinnovandosi.
Non si rinnova la Chiesa modificandola, bensì è la Chiesa che continuamente reformanda, rinnova, riforma e trasforma l'uomo dal suo interno.


Allora si che l'evangelizzazione del nostro tempo avrà una forza d’urto: sarà un annuncio che scuote e converte per davvero, imprimendo cioè, un orientamento nuovo a tutta l’esistenza.







Caterina63
00sabato 12 febbraio 2011 18:45
Riflessioni su "Ubicumque et semper"

Il principio
dell'Incarnazione


di JOSIP BOZANIC
Cardinale arcivescovo di Zagabria

Secondo il motu proprio Ubicumque et semper l'espressione "nuova evangelizzazione" non equivale a un'unica formula uguale per tutte le circostanze poiché la diversità delle situazioni esige un "attento discernimento" (diligens iudicium).

Nella storia la Chiesa ha affrontato l'impegno di annunciare il Vangelo facendo innanzitutto leva sulla perenne novità del messaggio di salvezza, senza mai vincolarsi a modelli assoluti o a formule valide in ogni situazione. Proprio l'insegnamento del passato appare oggi di particolare interesse, per capire come quel diligens iudicium si sia di volta in volta espresso. Ciò potrà aiutarci a rispondere alla stessa sfida, in questo tempo in cui Dio ci ha chiamato a evangelizzare.

Tale esigenza ha una ragione essenzialmente teologica, non disgiunta da motivi di carattere antropologico e culturale.

Nella nuova evangelizzazione bisogna essere consapevoli del principio dell'Incarnazione, che fa cogliere il modo di agire di Dio nel suo entrare nella storia degli uomini. Questo ci fa andare oltre un'inculturazione fine a se stessa. Il cristianesimo, nella sua più profonda natura, si manifesta infatti come amico delle culture, e ciò nel variegato contesto contemporaneo rende l'evangelizzare più difficile ed esigente.

Infatti il cristianesimo, nella forza dello Spirito di Dio, parla agli uomini di ogni tempo in modo che l'annuncio del Vangelo risulta sempre nuovo. Il suo linguaggio era certo più incisivo in epoche in cui era facile formulare un discernimento delle caratteristiche culturali, sicuramente più disponibili all'apertura al soprannaturale. Se oggi chiedessimo cos'è, per esempio, la cultura occidentale e quali siano i suoi tratti, avremmo molte risposte parziali: è infatti assai difficile trovare indiscutibili contrassegni culturali, anche perché la pluralità che la connota non permette un'accettazione condivisa dei valori alla base della sua identità.

Guardando alla storia dell'ultimo secolo, è emblematica la situazione dei Paesi in cui erano al potere regimi basati su ideologie totalitarie, dove l'evangelizzazione era sempre soffocata con la forza. In quelle circostanze la Chiesa svolgeva la propria missione come poteva, il più delle volte con il coraggio che le veniva dallo Spirito, come rivela la testimonianza dei santi martiri.

E tuttavia la minaccia diretta di un'ideologia ben definita non si è dimostrata come una vera difficoltà per il cristianesimo, poiché essa intendeva imporre dall'esterno una pseudo-cultura parallela. Non si contano i tentativi in tal senso del comunismo ateo, con la sua prassi sistematica di imporre l'ateismo. Ancora più devastanti sono stati gli effetti pratici del sistema comunista: paura, doppia morale, materialismo esistenziale, attacchi alla libertà, in particolare quella di coscienza.

Non valorizzando davvero il dinamismo culturale, ogni ideologia condanna se stessa alla distruzione. Le ideologie non amano la cultura né hanno le prerogative per dialogare davvero. L'impossibilità dei totalitarismi e delle loro teorie di dare risposte accettabili alle questioni cruciali sul senso della vita ha così rivelato per via indiretta la forza del mistero dell'incarnazione e della redenzione di Cristo. Ogni ideologia cerca di trovare o di inventare un'unica formula e di imporla coercitivamente dall'esterno, sperando di influenzare sin nell'intimo le coscienze. L'evangelizzazione non è sulla stessa strada. Essa ascolta gli impulsi culturali, cerca di conoscerne i dinamismi intrinseci, ossia i valori di fondo e le relazioni complesse che vi sono sottese, sapendo tuttavia che il mistero dell'Incarnazione porta con sé la sfida del dono inaspettato.

Oggi, più che di fronte a un'ideologia ben definita, siamo davanti e dentro a frammenti culturali, elementi mescolati senza evidenti connessioni tra loro. L'impressione è che tale frantumazione culturale abbia accresciuto l'indifferenza sociale, terreno fertile per il secolarismo e l'ateismo pratico.

Dopo vari tentativi di innovazione sul piano della mera prassi pastorale, si avverte oggi la necessità di tornare ai fondamenti e di rafforzarli. Prova evidente che l'evangelizzazione comincia sempre come risposta alle domande di senso che l'uomo si porta dentro.

Il nodo della questione risiede, a mio avviso, nell'assumere il principio dell'Incarnazione in tutte le sue conseguenze, per una cultura permeata dal mistero trinitario.
La Chiesa non deve dimenticare la propria natura.
Adottando forme, metodi e mezzi (tecnici, economici, politici, e così via) che non tengono conto dell'Incarnazione e del suo compimento pasquale, non si possono dare le risposte che il mondo oggi attende. In fondo, quello tra il Vangelo e la cultura è un dialogo sempre a rischio, perché la cultura può anche veicolare elementi privi di un significato preciso, e tuttavia è l'ambito imprescindibile per l'agire in nome della fede. Non esiste infatti qualcosa di più provocatorio del Vangelo, realtà che oltrepassa l'orizzonte terreno e ci rivela la portata dell'incarnazione del Figlio di Dio, punto focale della storia.



(©L'Osservatore Romano - 13 febbraio 2011)
Caterina63
00venerdì 4 marzo 2011 15:13
Lineamenta Sinodo nuova evangelizzazione
 
CITTA' DEL VATICANO, 4 MAR. 2011 (VIS).  L'Arcivescovo Nikola Eterovic, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, ha presentato presso la Sala Stampa della Santa Sede, i "Lineamenta" per la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in programma in Vaticano dal 7 al 28 ottobre 2012, sul tema: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana".
 
 I "Lineamenta", o prima bozza sul tema sinodale, è stato pubblicato in 8 lingue: latino, italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese e polacco, si compone di una prefazione, una introduzione, tre capitoli e una conclusione.
 
  Il testo comprende un Questionario relativo agli argomenti in esame, le cui risposte - 71 - devono essere inviate alla Segreteria Generale del Sinodo entro il 1° novembre 2011, Solennità di Tutti i Santi. La sintesi delle risposte costituirà lo "Instrumentum laboris" o documento di lavoro del Sinodo.
 
  Nella Prefazione - ha spiegato l'Arcivescovo Eterovic - si mette in risalto la distinzione teorica tra l'evangelizzazione come attività regolare della Chiesa; il primo annuncio "ad gentes", a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo; e la nuova evangelizzazione che è indirizzata principalmente a coloro che si sono allontanati dalla Chiesa, alle persone battezzate ma non sufficientemente evangelizzate.
 
  "Nell'Introduzione si sottolinea che la XIII Assise sinodale si situa nel rinnovato impegno dell'evangelizzazione che la Chiesa ha intrapreso in seguito al Concilio Ecumenico Vaticano II".
 
  Nel primo Capitolo dal titolo "Tempo di nuova evangelizzazione" "si descrive la nascita del concetto di nuova evangelizzazione e della sua diffusione nel corso dei Pontificati del Servo di Dio Giovanni Paolo II e del Papa Benedetto XVI".
 
  Nello stesso Capitolo sono indicati "6 scenari" che negli ultimi decenni interpellano la Chiesa "per essere all'altezza delle sfide che il contesto sociale e culturale odierno pone alla fede cristiana". I sei scenari sono: la secolarizzazione, il fenomeno migratorio, i mezzi di comunicazione, lo scenario economico, la ricerca scientifica e tecnologica e lo scenario politico.
 
  "Proclamare il Vangelo di Gesù Cristo" è il titolo del secondo Capitolo nel quale si afferma che: "Lo scopo dell'evangelizzazione, e a maggior ragione della nuova evangelizzazione, è l'annuncio del Vangelo e la trasmissione della fede. Il Vangelo non è da intendere come un libro o una dottrina, bensì come una persona: Gesù Cristo, Parola definitiva di Dio che si è fatta uomo".
 
  Il terzo Capitolo "Iniziare all'esperienza cristiana", "ripropone" - ha affermato il Segretario Generale del Sinodo - "la riflessione sugli strumenti della Chiesa per introdurre alla fede e, in particolare, sull'iniziazione cristiana: Battesimo, Cresima ed Eucaristia".
 
  Infine nella Conclusione si riafferma che: "La nuova evangelizzazione dovrebbe riaccendere nei cristiani lo slancio delle origini, una nuova missionarietà che coinvolga tutti i membri del Popolo di Dio".
 
  Alla Conferenza Stampa è anche intervenuto Monsignor Fortunato Frezza, Sottosegretario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, il quale ha ricordato che la parola "synodos", indica cammino di comunione ed ha sottolineato la responsabilità che il Sinodo "ha verso i segni dei tempi, con il discernimento e il dinamismo propri della Chiesa, della sua fede e delle opere della fede e della carità pastorale".


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Caterina63
00sabato 5 marzo 2011 12:05

Eucaristia, Parola di Dio, Nuova Evangelizzazione


ROMA, sabato, 5 marzo 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato questo venerdì da mons. Fortunato Frezza, Sottosegretario del Sinodo dei Vescovi, durante la presentazione nella Sala Stampa della Santa Sede dei Lineamenta della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo in Vaticano dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema «Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam - La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana».

* * *

Quando vogliamo pensare le verità della fede, uno dei criteri più fertili consiste nel considerare le singole verità inserite in un unico orizzonte ermeneutico, che non solo sia adatto a contenerle staticamente, ma che offra l’opportunità di uno quadro d’insieme, dove quelle singole possano offrirsi allo sguardo in una correlazione strutturale significativa con tutte le altre, nel rispetto della dinamica della Rivelazione di Dio che le ha diffuse nel tempo e nello spazio anche in modi e gradi diversi.

Questa correlazione integrale e coesa chiamiamo analogia della fede, come discorso di raccordo e di reciprocità. Così la dottrina della fede accede alla intelligenza della fede attraverso l’analogia della fede.

Questo che possiamo dire delle verità aiuta a interpretare anche altre realtà derivate, come possono essere le stesse strutture ecclesiali o gli organismi di comunione che concorrono a formare l’unico corpo del Signore che è la Chiesa.

In questa prospettiva possiamo chiederci: esiste una analogia sinodale? Un indizio per la risposta lo troviamo già nel nome stesso, sýnodos, che indica cammino di comunione, ma il momento culminante della ricerca sarebbe quello di un possibile rilevamento di reciprocità tra le 23 diverse assemblee finora svolte e i loro rispettivi temi.

Un secondo elemento di correlazione riguarda i sinodi del millennio, come potremmo chiamare i sinodi continentali, che il profetismo del Beato Giovanni Paolo II deliberò proprio in vista del trapasso epocale; essi hanno una omogeneità, diciamo, geografica, ulteriormente riflessa nella stessa denominazione delle relative Esortazioni Postsinodali, che presentano perfino nell’incipit una comune flessione e un’affine attenzione pastorale.

Un’analogia dei sinodi permette di individuare un dinamismo proprio che è quello del procedere in modo unitario, non solo per i motivi giuridici fondati sull’unico Regolamento che ne scandisce tempi e modi di lavoro, ma anche per una sorta di speciale compagnia che un sinodo fa all’altro attraverso l’unicità della natura, degli scopi e dei metodi di comunione ecclesiale.

Si rileva pertanto una circolarità, che pone un’assemblea a stretta relazione con le altre, conservando ciascuna una identità specifica per soggetti protagonisti, per temi, per tempi. Ed è proprio in ragione di ciò che i sinodi non sono concentrici, poiché la loro è una circolarità aperta dovuta alla responsabilità che il sinodo ha verso i segni dei tempi, con il discernimento e il dinamismo propri della Chiesa, della sua fede e delle opere della fede e della carità pastorale.

Si potrebbe scoprire una analogia tra i temi dei sinodi?

È proprio questo il punto che vorremo illustrare in questa occasione. Nei Lineamenta che oggi si pubblicano potremmo rilevare non semplicemente affinità tematiche, per esempio, con le ultime assemblee generali ordinarie del Sinodo dei Vescovi, ma anche una traccia di accesso alla grande analogia della dottrina emersa nell’istituzione sinodale come tale?

Per ora occupiamoci solo di un confronto con le ultime due assemblee generali ordinarie del Sinodo dei Vescovi dopo le quali Sua Santità Benedetto XVI pubblicò le due Esortazioni Apostoliche Sacramentum Caritatis del 22 febbraio 2007 e Verbum Domini del 30 settembre 2010.

Nei Lineamenta che abbiamo tra le mani le due Esortazioni sono citate non solo verbalmente, ma le argomentazioni si succedono con riferimenti sostanziali e costanti con il mistero dell’Eucaristia e della Parola, quali sorgente e oggetto della nuova evangelizzazione.

La trasmissione della fede intesa come incontro con Cristo, si attua mediante la Sacra Scrittura e la Tradizione viva della Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo. È così che la Chiesa viene continuamente rigenerata dallo Spirito. In questo modo l’incontro con Cristo nel suo corpo trova la sua piena espressione nella celebrazione della Eucaristia. La centralità di questa funzione di trasmissione della fede è stata riletta ed evidenziata nelle ultime due Assemblee sinodali sull’Eucaristia e in particolare in quella dedicata alla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. In queste due Assemblee la Chiesa è stata invitata a riflettere e a riprendere piena coscienza della dinamica profonda che ne sostiene l’identità: la Chiesa trasmette la fede che essa stessa vive, celebra, professa, testimonia (n. 13).

Lo Spirito raccoglie i credenti attorno alle comunità che vivono in modo fervente la loro fede, nutrendosi dell’ascolto della parola degli Apostoli e dell’Eucaristia, e spendendo la loro vita nell’annuncio del Regno di Dio. La predicazione del Vangelo di Cristo raduna i fedeli per la celebrazione del mistero della cena del Signore, "affinché per mezzo della carne e del sangue del Signore si rinsaldi l’intera fraternità del corpo" (n. 15).

È necessario maturare all’interno del popolo di Dio una maggiore consapevolezza del ruolo della Parola di Dio, della sua potenza rivelatrice dell’intenzione di Dio verso gli uomini, del suo disegno di salvezza. C’è bisogno di una maggiore cura della proclamazione della Parola di Dio nelle assemblee liturgiche e una dedizione più convinta al compito della predicazione. Serve un’attenzione più consapevole e una fiducia più convinta nel ruolo che la Parola di Dio può svolgere nella missione della Chiesa, sia nel momento specifico dell’annuncio del messaggio di salvezza che nella posizione più riflessiva dell’ascolto e del dialogo con le culture (n. 13).

Infine, nei Lineamenta al n. 3 leggiamo che «la Chiesa non arriva tuttavia impreparata di fronte a questa sfida: con essa si è già misurata nelle Assemblee che il Sinodo dei Vescovi ha dedicato in modo specifico al tema dell’annuncio e della trasmissione della fede, come le esortazioni apostoliche che le chiudono – Evangelii nuntiandi [del 1974] e Catechesi tradendae [del 1977] – testimoniano. La Chiesa ha vissuto in questi due eventi un momento significativo di revisione e di rivitalizzazione del proprio mandato evangelizzatore».

Oggi dunque la Chiesa torna a guardare al sinodo raccordandosi con i tempi delle origini del Sinodo stesso, coprendo un ampio arco di tempo non per semplice reminiscenza né per commemorazione o nostalgia, ma per l’innata prerogativa di analogia che vige all’interno del dinamismo sinodale e nella struttura ecclesiale come tale, che fonda su una verità organica la sua fede, il suo ministero, il suo presente, il suo futuro.

Infatti la Chiesa trova la sua identità nell’atto originario del suo fondatore, che al tempo stesso è Colui che annuncia e colui che è annunciato. Come nella Chiesa, nel Sinodo vige una analogia della verità cristologica dell’annuncio del Vangelo che è proclamato e allo stesso tempo proclama se stesso in forza della sua insita grazia di autorappresentazione. La originale novità della evangelizzazione risiede nella persona di Gesù Cristo.

Insegnando nella sinagoga della sua città, Cafarnao, Gesù provocò lo stupore e le domande degli ascoltatori: «Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità"» (Mc 1, 27).

Da questa novità prendono forza e orientamento l’annuncio del Vangelo e la nuova evangelizzazione che la Chiesa intende svolgere oggi con rinnovato ardore e nuove energie.

In realtà in Gesù sono nuove le parole perché Egli stesso è la novità, nella sua umanità e anche nella gloria che gli è propria come Signore (cf. Fil 2, 11; Ap 21, 5). Il suo Vangelo è la novità che dà compimento al tempo (cf. Gal 4, 4), alla Legge e ai Profeti (cf. Mt 5, 17), inaugurando la Nuova Alleanza (cf. 2Cor 3, 6), portando novità di vita (cf. Rm 6, 4).

Marco, unico tra gli evangelisti, definisce il suo scritto con le parole della vera novità: «Vangelo di Gesù Cristo Figlio di Dio» (Mc 1, 1), come una unità di reciproca appartenenza. Il vangelo, la Parola è Lui, Gesù di Nazaret (... anche nel secondo volume che aspettiamo).



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Caterina63
00venerdì 11 marzo 2011 18:50
Per evangelizzare nel mondo di oggi

Una nuova
intelligenza delle cose


di FRANCESCO VENTORINO

Nel motu proprio Ubicumque et semper, con il quale è stato istituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, il Papa mostra perché è necessario che le Chiese di antica formazione si presentino al mondo contemporaneo con un nuovo slancio missionario. E suggerisce preziose indicazioni di metodo.

Benedetto XVI, ricordando quanto ha scritto all'inizio della sua prima enciclica Deus caritas est - e cioè che "all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (n. 1) - afferma nel motu proprio istitutivo del nuovo dicastero: "Similmente, alla radice di ogni evangelizzazione non vi è un progetto umano di espansione, bensì il desiderio di condividere l'inestimabile dono che Dio ha voluto farci, partecipandoci la sua stessa vita".

Il cristiano è un uomo graziato perché ha fatto un incontro grazie a cui gli si sono aperti gli occhi. Si è imbattuto in colui senza il quale tutto sarebbe privo di senso, privo di una ragione adeguata e di una vera e fondata speranza. Ha riconosciuto che la verità è Cristo, ha capito che fuori dal rapporto con lui non potrebbe più vivere e morire. Ebbene, un uomo raggiunto e cambiato da questo incontro, affronta con drammaticità tutto, dalle questioni personali a quelle dell'ambiente in cui studia o lavora, e più in generale a quelle della società in cui vive.

Don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e liberazione, diceva che questa drammaticità consiste nell'avvertire dovunque la mancanza di "qualcosa" di insostituibile: Cristo stesso, colui che non può essere sostituito da nessun altro. È il senso della sproporzione tra il modo in cui tutti affrontano la vita e il diverso approccio derivante dalla memoria dell'incontro con lui.
Non c'è niente di moralistico, insomma, nella evangelizzazione cristiana.

Una vera consapevolezza di ciò che essa implichi ci libera anzi da ogni affanno e, per così dire, da noi stessi: l'evangelizzazione, infatti, non è altro che questo, lui che vive in me, la memoria di lui divenuta luce ai miei passi e gusto delle cose. Secondo il fondatore di Comunione e liberazione, la moralità consiste nel "non sottrarsi alla traccia dell'incontro", anzi, in modo più preciso e completo, "all'attrattiva dell'incontro": quel presentimento di verità che è esploso dentro di noi davanti a Gesù.

All'origine della missione del cristiano vi è dunque il passaggio dall'incontro a una intelligenza nuova delle cose. Questo passaggio, che dovrebbe essere naturalissimo, si imbatte spesso in una resistenza derivante dalla soggezione al potere. Il quale cerca di impedire che l'incontro fatto diventi storia, perché pretende di "determinare la vita con i suoi progetti, con i suoi paradigmi, per i suoi scopi": in una parola, "tende a ridurre il desiderio" (così scrive ancora don Giussani nel volume L'io rinasce in un incontro). Questa pressione si fa sempre più forte. Nel nostro tempo - leggiamo in Ubicumque et semper - anche presso società e culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo, si sono verificate delle trasformazioni sociali che "hanno profondamente modificato la percezione del mondo (...) e la comune comprensione delle esperienze fondamentali dell'uomo quali il nascere, il morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale".

La verità intuita nell'incontro cristiano può divenire oggi mentalità personale solo attraverso un lavoro critico e un'ascesi continua, lavoro e ascesi impensabili al di fuori della Chiesa, corpo sociale in grado di incidere nella società, di divenirne forza trainante. L'opposizione personale al potere non si reggerebbe senza l'appartenenza a una unità più grande.

È per questo che Benedetto XVI ha istituito un nuovo consiglio pontificio che tenga desta la coscienza personale ed ecclesiale in questo tempo in cui - come scriveva Giovanni Paolo II nella Christifideles laici (n. 34) - "certamente urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana". Ma la condizione perché questo accada "è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali"; proprio quelle che vivono in Paesi tradizionalmente cristiani.



(©L'Osservatore Romano 12 marzo 2011)



Mons. Fisichella: che cosa vuol dire “nuova evangelizzazione”?


Una sessione di due giorni discute gli orizzonti della tematica


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 11 marzo 2011 (ZENIT.org).- Per poter realizzare bene il compito che Papa Benedetto XVI ha affidato al nuovo Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che ha istituito il 21 settembre 2010, questi venerdì e sabato sono state organizzate due giornate di studio sugli orizzonti storici, epistemologici e pastorali della nuova evangelizzazione.

In un articolo pubblicato su “L'Osservatore Romano”, il Presidente del nuovo dicastero, monsignor Rino Fisichella, sottolinea l'importanza di questo incontro e si chiede che cosa voglia dire effettivamente “nuova evangelizzazione”.

“Uno sguardo veloce ai Lineamenta che sono stati presentati in questi giorni, infatti, mostra con tutta evidenza almeno venti 'definizioni' diverse di nuova evangelizzazione”, ha riconosciuto il presule.

“Se questo serve per il dibattito nelle comunità ecclesiali in modo da giungere a verificare le diverse esperienze in corso, può essere positivo”, ha commentato, indicando tuttavia che se l'estensione è troppo vasta non crede possa aiutare a “focalizzare al meglio il lavoro del dicastero e, per alcuni versi, della stessa Chiesa quando vuole impegnarsi a sviluppare la sua missione con maggior spirito missionario”.

Per monsignor Fisichella, bisogna “superare un'ambiguità che si è venuta a creare nel corso dei mesi passati quando, soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione, si è voluto identificare tout court la nuova evangelizzazione con esperienze quali il 'cortile dei gentili'” (cfr.
ZENIT, 11 febbraio 2011).

“Sono due ambiti distinti e diversi”, ha avvertito, “non solo per le competenze differenti dei dicasteri, ma per le finalità e i destinatari che si prefiggono”.

Il Papa, infatti, indica per il nuovo dicastero “il compito di una missione da svolgere presso i credenti che si sono allontanati dalla fede o sono indifferenti”.

“Nuova evangelizzazione, quindi, non è come tale 'prima evangelizzazione' e neppure 'rievangelizzazione'”.

Come affermava Giovanni Paolo II nell'esortazione apostolica
Christifideles laici, essa è piuttosto la capacità di “rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in questi Paesi e in queste Nazioni”.

Occidente


Lo sguardo del Papa, ha osservato monsignor Fisichella, è quindi rivolto a quei Paesi “che conosciamo come l'Occidente, o il primo e secondo mondo dove il progresso economico, scientifico e tecnologico hanno messo in crisi il senso stesso di Dio e del suo valore per l'esistenza personale, vittima di quel processo di secolarismo che spinge a vivere nel mondo etsi deus non daretur”.

“Anche se permane in molte Chiese un profondo senso religioso che si esprime in una vita di fede e di tradizioni religiose”, ha riconosciuto, “queste non sono accompagnate da un altrettanto profondo sostegno dell'intelligenza in grado di comunicare la ricchezza dell'esperienza e del patrimonio della fede, verificando spesso allergia per queste forme e passaggio alle sette dove l'emotività e il fondamentalismo hanno la meglio”.

In questo contesto, diventa ancor più necessario “focalizzare al massimo lo sforzo per l'individuazione più precisa dell'espressione” “nuova evangelizzazione”, “per renderla maggiormente efficace e coerente”.

“Chi è il soggetto della nuova evangelizzazione?”, si è chiesto monsignor Fisichella. “Quali contenuti peculiari possiede la nuova evangelizzazione? Quali metodologie appronta la nuova evangelizzazione? Chi è il destinatario della nuova evangelizzazione? Come rapportarci alle diverse culture e tradizioni ecclesiali in cui si compie la nuova evangelizzazione?”.

“Sono ben consapevole che gli interrogativi non possono trovare risposta immediata con l'esaustività che vorremmo – ha ammesso –. Questo, comunque, è l'inizio di un cammino, non la fine”.

Passato e futuro

Il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione è stato istituito da Papa Benedetto XVI con la Lettera Apostolica in forma di Motu proprio
Ubicumque et semper per “offrire delle risposte adeguate perché la Chiesa intera, lasciandosi rigenerare dalla forza dello Spirito Santo, si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione”.

Già Papa Giovanni Paolo II aveva chiesto una “nuova evangelizzazione”, per la prima volta il 13 giugno 1979 a Nowa Huta (Polonia), e il suo successore ha ribadito questa esigenza con il suo Motu proprio.

La questione sarà fondamentale anche nel prossimo futuro, visto che il Sinodo convocato per l'ottobre 2012 avrà come tema proprio “Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam”.

Il dibattito dei Padri sinodali, le Propositiones che saranno formulate e l'Esortazione apostolica del Santo Padre saranno inevitabilmente la tabella di marcia per il lavoro del nuovo Pontificio Consiglio, ha concluso monsignor Fisichella.





Caterina63
00lunedì 25 aprile 2011 17:38
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CÆLI, 25.04.2011

Nel pomeriggio di ieri il Santo Padre Benedetto XVI ha raggiunto la residenza pontificia di Castel Gandolfo per un breve periodo di riposo dopo il Triduo Pasquale.
Alle ore 12 di oggi, Lunedì dell’Angelo, il Papa guida la recita del Regina Cæli con i fedeli e i pellegrini convenuti nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e in collegamento audio-video con Piazza San Pietro. Queste le parole del Santo Padre nell’introdurre la preghiera mariana del Regina Cæli, che per tutto il tempo pasquale sostituisce l’Angelus:

                        Pope Benedict XVI gestures to the faithful as he delivers the Regina Coeli prayer from his summer residence of Castel Gandolfo, near Rome, Monday, April 25, 2011.

Cari fratelli e sorelle!

Surrexit Dominus vere! Alleluja! La Risurrezione del Signore segna il rinnovamento della nostra condizione umana. Cristo ha sconfitto la morte, causata dal nostro peccato, e ci riporta alla vita immortale. Da tale evento promana l’intera vita della Chiesa e l’esistenza stessa dei cristiani. Lo leggiamo proprio oggi, Lunedì dell’Angelo, nel primo discorso missionario della Chiesa nascente: "Questo Gesù – proclama l’apostolo Pietro – Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.
Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire" (At 2,32-33). Uno dei segni caratteristici della fede nella Risurrezione è il saluto tra i cristiani nel tempo pasquale, ispirato dall’antico inno liturgico: "Cristo è risorto! / E’ veramente risorto!". È una professione di fede e un impegno di vita, proprio come è accaduto alle donne descritte nel Vangelo di san Matteo: "Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno" (28,9-10). "Tutta la Chiesa – scrive il Servo di Dio Paolo VI – riceve la missione di evangelizzare, e l’opera di ciascuno è importante per il tutto. Essa resta come un segno insieme opaco e luminoso di una nuova presenza di Gesù, della sua dipartita e della sua permanenza. Essa la prolunga e lo continua" (Es. Ap. Evangelii Nuntiandi, 8 dicembre 1975, 15: AAS 68 [1976], 14).

In che modo possiamo incontrare il Signore e diventare sempre più suoi autentici testimoni? San Massimo di Torino afferma: "Chiunque vuole raggiungere il Salvatore, per prima cosa lo deve porre con la propria fede alla destra della divinità e collocarlo con la persuasione del cuore nei cieli" (Sermo XXXIX a, 3: CCL 23, 157), deve cioè imparare a rivolgere costantemente lo sguardo della mente e del cuore verso l’altezza di Dio, dove è il Cristo risorto. Nella preghiera, nell’adorazione, dunque, Dio incontra l’uomo. Il teologo Romano Guardini osserva che "l’adorazione non è qualcosa di accessorio, secondario … si tratta dell’interesse ultimo, del senso e dell’essere. Nell’adorazione l’uomo riconosce ciò che vale in senso puro e semplice e santo" (La Pasqua, Meditazioni, Brescia 1995, 62). Solo se sappiamo rivolgerci a Dio, pregarLo, noi possiamo scoprire il significato più profondo della nostra vita, e il cammino quotidiano viene illuminato dalla luce del Risorto.

Cari amici, la Chiesa, in Oriente e in Occidente, oggi festeggia san Marco evangelista, sapiente annunciatore del Verbo e scrittore delle dottrine di Cristo – come in antico veniva definito. Egli è anche il Patrono della città di Venezia, dove, a Dio piacendo,
mi recherò in visita pastorale il 7 e 8 maggio prossimo. Invochiamo ora la Vergine Maria, affinché ci aiuti a compiere fedelmente e nella gioia la missione che il Signore Risorto affida a ciascuno.

 REGINA CÆLI

    Pope Benedict XVI delivers his Easter Monday Regina Coeli prayer from the balcony of his summer residence in Castelgandolfo, south of Rome April 25, 2011.Pope Benedict XVI waves as he leads his Easter Monday Regina Coeli prayer from the balcony of his summer residence in Castelgandolfo, south of Rome April 25, 2011.


Caterina63
00domenica 29 maggio 2011 20:03
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CÆLI, 29.05.2011

Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare il Regina Cæli con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana del tempo pasquale:

PRIMA DEL REGINA CÆLI

Cari fratelli e sorelle!

Nel libro degli Atti degli Apostoli si riferisce che, dopo una prima violenta persecuzione, la comunità cristiana di Gerusalemme, eccettuati gli apostoli, si disperse nelle regioni circostanti e Filippo, uno dei diaconi, raggiunse una città della Samaria.

Là predicò Cristo risorto, e il suo annuncio fu accompagnato da numerose guarigioni, così che la conclusione dell’episodio è molto significativa: “E vi fu grande gioia in quella città” (At 8,8). Ogni volta ci colpisce questa espressione, che nella sua essenzialità ci comunica un senso di speranza; come dicesse: è possibile!

E’ possibile che l’umanità conosca la vera gioia, perché là dove arriva il Vangelo, fiorisce la vita; come un terreno arido che, irrigato dalla pioggia, subito rinverdisce. Filippo e gli altri discepoli, con la forza dello Spirito Santo, fecero nei villaggi della Palestina ciò che aveva fatto Gesù: predicarono la Buona Notizia e operarono segni prodigiosi. Era il Signore che agiva per mezzo loro. Come Gesù annunciava la venuta del Regno di Dio, così i discepoli annunciarono Gesù risorto, professando che Egli è il Cristo, il Figlio di Dio, battezzando nel suo nome e scacciando ogni malattia del corpo e dello spirito.

“E vi fu grande gioia in quella città”. Leggendo questo brano, viene spontaneo pensare alla forza risanatrice del Vangelo, che nel corso dei secoli ha “irrigato”, come fiume benefico, tante popolazioni. Alcuni grandi Santi e Sante hanno portato speranza e pace ad intere città – pensiamo a san Carlo Borromeo a Milano, al tempo della peste; alla beata Madre Teresa a Calcutta; e a tanti missionari, il cui nome è noto a Dio, che hanno dato la vita per portare l’annuncio di Cristo e far fiorire tra gli uomini la gioia profonda. Mentre i potenti di questo mondo cercavano di conquistare nuovi territori per interessi politici ed economici, i messaggeri di Cristo andavano dappertutto con lo scopo di portare Cristo agli uomini e gli uomini a Cristo, sapendo che solo Lui può dare la vera libertà e la vita eterna. Anche oggi la vocazione della Chiesa è l’evangelizzazione: sia verso le popolazioni che non sono state ancora “irrigate” dall’acqua viva del Vangelo; sia verso quelle che, pur avendo antiche radici cristiane, hanno bisogno di nuova linfa per portare nuovi frutti, e riscoprire la bellezza e la gioia della fede.

Cari amici, il beato Giovanni Paolo II è stato un grande missionario, come documenta anche una mostra allestita in questo periodo a Roma. Egli ha rilanciato la missione ad gentes e, al tempo stesso, ha promosso la nuova evangelizzazione. Affidiamo l’una e l’altra all’intercessione di Maria Santissima. La Madre di Cristo accompagni sempre e dovunque l’annuncio del Vangelo, affinché si moltiplichino e si allarghino nel mondo gli spazi in cui gli uomini ritrovano la gioia di vivere come figli di Dio.

DOPO IL REGINA CÆLI

Cari fratelli e sorelle, ieri, a Cerreto Sannita, è stata proclamata Beata Suor Maria Serafina del Sacro Cuore di Gesù, al secolo Clotilde Micheli. Originaria del Trentino, fondò in Campania l’Istituto delle Suore della Carità degli Angeli. Mentre ricordiamo il centenario della sua nascita al Cielo, ci rallegriamo con le sue figlie spirituali e con tutti i suoi devoti.


[Rivolgo il mio saluto a tutti i Polacchi. Ieri ricorreva il 30° anniversario della morte del cardinale Stefan Wyszyński, il Primate del Millennio. Invocando il dono della sua beatificazione, impariamo da lui il totale abbandono alla Madre di Dio. La sua fiducia espressa con le parole: “Tutto ho posto su Maria” sia per noi un particolare modello. Ricordiamo questo al termine del mese di maggio dedicato in modo particolare alla Madonna. Vi benedico di cuore.]

Sono lieto di salutare i docenti e gli studenti del Pontificio Istituto di Musica Sacra, di cui si celebra il centenario di fondazione. Cari amici, rinnovo per voi l’assicurazione del mio ricordo nella preghiera.

E infine saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli di Piacenza, Pontassieve, Prato, Carmignano, Ascoli Piceno, Teramo e Montesilvano Colle, l’associazione “Apostoli della Divina Misericordia con Maria Regina della Pace”, la Corale “S. Roberto Bellarmino” di Davoli, i bambini della Prima Comunione della parrocchia di San Tommaso Apostolo in Roma, la scuola “Figlie di Gesù” di Carrara e la Federazione Italiana Hockey, che stamani ha organizzato una manifestazione sportiva presso Piazza S. Pietro. Saluto con particolare affetto i bambini colpiti da ernia diaframmatica e i loro genitori, e ricordo che oggi ricorre la Giornata Nazionale del Sollievo, dedicata alla solidarietà con i malati. A tutti auguro una buona domenica, una buona settimana. Grazie per la vostra attenzione. Buona domenica a tutti voi.

                                    Pope Benedict XVI salutes as arrives to lead the weekly general audience in St. Peter's square at the Vatican on May 25, 2011.



DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE
DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

Sala Clementina
Lunedì
, 30 maggio 2011

   

Signori Cardinali,
Venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Fratelli e Sorelle,

quando lo scorso 28 giugno, ai Primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo annunciai di voler istituire un Dicastero per la promozione della nuova evangelizzazione, davo uno sbocco operativo alla riflessione che avevo condotto da lungo tempo sulla necessità di offrire una risposta particolare al momento di crisi della vita cristiana, che si sta verificando in tanti Paesi, soprattutto di antica tradizione cristiana.

Oggi, con questo incontro, posso costatare con piacere che il nuovo Pontificio Consiglio è diventato una realtà. Ringrazio Mons. Salvatore Fisichella per le parole che mi ha rivolto, introducendomi ai lavori della vostra prima Plenaria. Un saluto cordiale a tutti voi con l’incoraggiamento per il contributo che darete al lavoro del nuovo Dicastero, soprattutto in vista della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che, nell’ottobre 2012, affronterà proprio il tema Nuova evangelizzazione e trasmissione della fede cristiana.

Il termine “nuova evangelizzazione” richiama l’esigenza di una rinnovata modalità di annuncio, soprattutto per coloro che vivono in un contesto, come quello attuale, in cui gli sviluppi della secolarizzazione hanno lasciato pesanti tracce anche in Paesi di tradizione cristiana. Il Vangelo è il sempre nuovo annuncio della salvezza operata da Cristo per rendere l’umanità partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore e aprirla ad un futuro di speranza affidabile e forte.

Sottolineare che in questo momento della storia la Chiesa è chiamata a compiere una nuova evangelizzazione, vuol dire intensificare l’azione missionaria per corrispondere pienamente al mandato del Signore.

Il Concilio Vaticano II ricordava che “i gruppi in mezzo ai quali la Chiesa si trova, spesso, per varie ragioni, cambiano radicalmente, così che possono scaturire situazioni del tutto nuove” (Decr. Ad Gentes, 6). Con sguardo lungimirante, i Padri conciliari videro all’orizzonte il cambiamento culturale che oggi è facilmente verificabile. Proprio questa mutata situazione, che ha creato una condizione inaspettata per i credenti, richiede una particolare attenzione per l’annuncio del Vangelo, per rendere ragione della propria fede in situazioni differenti dal passato. La crisi che si sperimenta porta con sé i tratti dell’esclusione di Dio dalla vita delle persone, di una generalizzata indifferenza nei confronti della stessa fede cristiana, fino al tentativo di marginalizzarla dalla vita pubblica.

Nei decenni passati era ancora possibile ritrovare un generale senso cristiano che unificava il comune sentire di intere generazioni, cresciute all’ombra della fede che aveva plasmato la cultura. Oggi, purtroppo, si assiste al dramma della frammentarietà che non consente più di avere un riferimento unificante; inoltre, si verifica spesso il fenomeno di persone che desiderano appartenere alla Chiesa, ma sono fortemente plasmate da una visione della vita in contrasto con la fede.

Annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, oggi appare più complesso che nel passato; ma il nostro compito permane identico come agli albori della nostra storia. La missione non è mutata, così come non devono mutare l’entusiasmo e il coraggio che mossero gli Apostoli e i primi discepoli. Lo Spirito Santo che li spinse ad aprire le porte del cenacolo, costituendoli evangelizzatori (cfr At 2,1-4), è lo stesso Spirito che muove oggi la Chiesa per un rinnovato annuncio di speranza agli uomini del nostro tempo. Sant’Agostino afferma che non si deve pensare che la grazia dell’evangelizzazione si sia estesa fino agli Apostoli e con loro quella sorgente di grazia si sia esaurita, ma “questa sorgente si palesa quando fluisce, non quando cessa di versare. E fu in tal modo che la grazia tramite gli Apostoli raggiunse anche altri, che vennero inviati ad annunciare il Vangelo… anzi, ha continuato a chiamare fino a questi ultimi giorni l’intero corpo del suo Figlio Unigenito, cioè la sua Chiesa diffusa su tutta la terra” (Sermo 239,1). La grazia della missione ha sempre bisogno di nuovi evangelizzatori capaci di accoglierla, perché l’annuncio salvifico della Parola di Dio non venga mai meno, nelle mutevoli condizioni della storia.

Esiste una continuità dinamica tra l’annuncio dei primi discepoli e il nostro. Nel corso dei secoli la Chiesa non ha mai smesso di proclamare il mistero salvifico della morte e risurrezione di Gesù Cristo, ma quello stesso annuncio ha bisogno oggi di un rinnovato vigore per convincere l’uomo contemporaneo, spesso distratto e insensibile. La nuova evangelizzazione, per questo, dovrà farsi carico di trovare le vie per rendere maggiormente efficace l’annuncio della salvezza, senza del quale l’esistenza personale permane nella sua contraddittorietà e priva dell’essenziale.

Anche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità, è importante far comprendere che l’essere cristiano non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante, capace di assumere tutto ciò che di buono vi è nella modernità. Mi auguro che nel lavoro di questi giorni possiate delineare un progetto in grado di aiutare tutta la Chiesa e le differenti Chiese particolari, nell’impegno della nuova evangelizzazione; un progetto dove l’urgenza per un rinnovato annuncio si faccia carico della formazione, in particolare per le nuove generazioni, e sia coniugato con la proposta di segni concreti in grado di rendere evidente la risposta che la Chiesa intende offrire in questo peculiare momento.

Se, da una parte, l’intera comunità è chiamata a rinvigorire lo spirito missionario per dare l’annuncio nuovo che gli uomini del nostro tempo attendono, non si potrà dimenticare che lo stile di vita dei credenti ha bisogno di una genuina credibilità, tanto più convincente quanto più drammatica è la condizione di coloro a cui si rivolgono. E’ per questo che vogliamo fare nostre le parole del Servo di Dio Papa Paolo VI, quando, a proposito dell’evangelizzazione, affermava: “È mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità” (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 41).

Cari amici, invocando l’intercessione di Maria, Stella dell’evangelizzazione, perché accompagni i portatori del Vangelo e apra i cuori di coloro che ascoltano, vi assicuro la mia preghiera per il vostro servizio ecclesiale e imparto su tutti voi la Benedizione Apostolica.

 

 

 

 

 

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daCTV

La Chiesa è chiamata a compiere una nuova evangelizzazione per intensificare l'azione missionaria e corrispondere pienamente al mandato del Signore. Lo ha sottolineato il Papa nel primo discorso alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, riunita per la prima volta in Vaticano dalla costituzione di questo Dicastero. Nel dettare alcune linee guida, Benedetto XVI ha osservato che oggi si assiste al dramma della frammentarietà che non consente più di avere un riferimento unificante; inoltre, si verifica spesso il fenomeno di persone che desiderano appartenere alla Chiesa, ma sono fortemente plasmate da una visione della vita in contrasto con la fede. Anche in chi resta legato a ...


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 «La missione è la stessa, le circostanze cambiano»

di Massimo Introvigne
30-05-2011


A quasi un anno dall'annuncio, il 28 giugno 2010, dell'istituzione del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il 30 maggio 2011 i partecipanti alla plenaria del nuovo Consiglio, cui ha offerto importanti precisazioni sulla nozione di nuova evangelizzazione.

Il Consiglio, ha detto il Papa, vuole essere «uno sbocco operativo alla riflessione che avevo condotto da lungo tempo sulla necessità di offrire una risposta particolare al momento di crisi della vita cristiana, che si sta verificando in tanti Paesi, soprattutto di antica tradizione cristiana». E l'istituzione del nuovo organismo prelude alla XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che, nell’ottobre 2012, affronterà proprio il tema «Nuova evangelizzazione e trasmissione della fede cristiana».

Il termine «nuova evangelizzazione», ha spiegato il Pontefice, non deve ridursi a uno slogan. Piuttosto, «richiama l’esigenza di una rinnovata modalità di annuncio, soprattutto per coloro che vivono in un contesto, come quello attuale, in cui gli sviluppi della secolarizzazione hanno lasciato pesanti tracce anche in Paesi di tradizione cristiana».

Il Papa ha trattato in particolare tre punti relativi alla nozione di nuova evangelizzazione.


Il primo è che la nuova evangelizzazione non è affatto nuova quanto al contenuto. Se  è vero che «annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, oggi appare più complesso che nel passato», proprio questa complessità deve anzitutto portarci a ribadire con chiarezza e vigore che «il nostro compito permane identico come agli albori della nostra storia. La missione non è mutata, così come non devono mutare l’entusiasmo e il coraggio che mossero gli Apostoli e i primi discepoli. Lo Spirito Santo che li spinse ad aprire le porte del cenacolo, costituendoli evangelizzatori (cfr At 2,1-4), è lo stesso Spirito che muove oggi la Chiesa per un rinnovato annuncio di speranza agli uomini del nostro tempo».

Già altre volte nella Chiesa si pensò, sbagliando, che i tempi fossero talmente mutati che l’annuncio stesso dovesse mutare o avesse esaurito la sua forza evangelizzatrice. «Sant’Agostino [354-430] – ricorda il Papa – afferma che non si deve pensare che la grazia dell’evangelizzazione si sia estesa fino agli Apostoli e con loro quella sorgente di grazia si sia esaurita, ma “questa sorgente si palesa quando fluisce, non quando cessa di versare. E fu in tal modo che la grazia tramite gli Apostoli raggiunse anche altri, che vennero inviati ad annunciare il Vangelo… anzi, ha continuato a chiamare fino a questi ultimi giorni l’intero corpo del suo Figlio Unigenito, cioè la sua Chiesa diffusa su tutta la terra” (Sermo 239,1)». «Nelle mutevoli condizioni della storia» la sostanza dell’annuncio non muta e non può mutare. «Esiste una continuità dinamica tra l’annuncio dei primi discepoli e il nostro. Nel corso dei secoli la Chiesa non ha mai smesso di proclamare il mistero salvifico della morte e risurrezione di Gesù Cristo».

E tuttavia – è il secondo punto sottolineato dal Pontefice – le condizioni esterne sono davvero molto cambiate. Il Papa ha rivendicato al Concilio Ecumenico Vaticano II il merito di avere intuito, con anticipo, il cambiamento. «Il Concilio Vaticano II ricordava che “i gruppi in mezzo ai quali la Chiesa si trova, spesso, per varie ragioni, cambiano radicalmente, così che possono scaturire situazioni del tutto nuove” (Decr. Ad Gentes, 6). Con sguardo lungimirante, i Padri conciliari videro all’orizzonte il cambiamento culturale che oggi è facilmente verificabile».

Questo cambiamento ha molti aspetti negativi. «L’uomo contemporaneo [è] spesso distratto e insensibile. La crisi che si sperimenta porta con sé i tratti dell’esclusione di Dio dalla vita delle persone, di una generalizzata indifferenza nei confronti della stessa fede cristiana, fino al tentativo di marginalizzarla dalla vita pubblica. Nei decenni passati era ancora possibile ritrovare un generale senso cristiano che unificava il comune sentire di intere generazioni, cresciute all’ombra della fede che aveva plasmato la cultura. Oggi, purtroppo, si assiste al dramma della frammentarietà che non consente più di avere un riferimento unificante; inoltre, si verifica spesso il fenomeno di persone che desiderano appartenere alla Chiesa, ma sono fortemente plasmate da una visione della vita in contrasto con la fede». «Anche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità» spesso il cristianesimo si riduce a «una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni», non a una testimonianza continua e pubblica. È un dramma, perché senza l’annuncio pieno della salvezza «l’esistenza personale permane nella sua contraddittorietà e priva dell’essenziale».

Terzo punto: in che modo la nuova evangelizzazione può rispondere a questo dramma, cioè può essere veramente se stessa? Deve trattarsi, ha detto Benedetto XVI, di «un progetto dove l’urgenza per un rinnovato annuncio si faccia carico della formazione, in particolare per le nuove generazioni, e sia coniugato con la proposta di segni concreti in grado di rendere evidente la risposta che la Chiesa intende offrire in questo peculiare momento». Da una parte, dunque, formazione per un annuncio esplicito; dall’altra, testimonianza di una vita credibile. «Se, da una parte, l’intera comunità è chiamata a rinvigorire lo spirito missionario per dare l’annuncio nuovo che gli uomini del nostro tempo attendono, non si potrà dimenticare che lo stile di vita dei credenti ha bisogno di una genuina credibilità, tanto più convincente quanto più drammatica è la condizione di coloro a cui si rivolgono».

Benedetto XVI ha citato le parole del servo di Dio Paolo VI (1897-1978), «quando, a proposito dell’evangelizzazione, affermava: “È mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità” (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 41)». È impossibile? È difficile? Certo oggi non mancherebbero le occasioni di scoraggiamento. Ma nulla è impossibile a chi confida nel Signore e si affida a «Maria, Stella dell’evangelizzazione».


 

 


Caterina63
00martedì 12 luglio 2011 20:04
[SM=g1740733]ATTENZIONE.........

La nuova evangelizzazione in Europa

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