La eliminazione del « sociale »
Se tutto il bene è tornato all'uomo dall'Incarnazione, che lo riunisce a dio, tutto il male viene dalla disincarnazione, che lo risepara da Dio. A questo risultato punta la reazione, la quale, riseparando la esistenza umana dall'Essere divino, determina una convivenza di rissa e sfruttamento assoggettandola all'essere subumano che le Scritture qualificano col titolo di Bestia.
La reazione — s'è visto — per prima cosa sganciò la fede dalle opere sotto i gruppi di pressione dell'avarizia. Partì dalla constatazione che non il credere costasse, ma l'agire; che non il dogma dell'unità e trinità di Dio fosse difficile ad ammettersi, ma il comandamento dell'unità e solidarietà col prossimo, il quale impone un'alienazione del proprio sé. Dare incenso a Dio poco disturba; 'dare pane al povero, questo, si, scomoda. Perciò l'egoismo cercò di semplificare il cristianesimo dimezzandolo della parte umana, del dare, — per ridurlo alla parte divina. — del ricevere. E pretese di custodire l'amore a Dio senza l'amore al prossimo.
Lutero chiamò « di paglia » la lettera, densa di implicazioni sociali, scritta da san Giacomo, cugino di Gesù. In essa è detto che « la fede senza le opere è morta ». Lutero gli oppose san Paolo. Ma anche san Paolo asserisce che « Dio renderà a ciascuno secondo le sue opere » (Rm. 2:16). Perciò, soppresse le opere, la pratica cristiana divenne una meccanica di mummie. Eliminata l'azione sociale diretta all'uomo, la religione si ridusse a una pomposa presa in giro di Dio. Ma «Dio non si gabba», aveva già avvertito san Paolo, trovatesi a dover, sin dal suo tempo, flagellare le divaricazioni esperite da alcuni seguaci, ai quali pareva che bastasse essere « ascoltatori » della legge nuova, anziché « operatori » : pareva che convenisse, a tutti gli effetti economici, contrarre il cristianesimo a sermone; quasi a risucchiare l'Uomo-Dio nel Verbo... Quei primi tentativi furono ripresi più volte; sinché, venuto il tempo propizio, del risorgente paganesimo, s'accamparono nella cristianità con successo potente nel secolo XVI, riducendo il cristianesimo a parola.
Allora, in Europa, l'umanesimo pagano e il protestantesimo luterano parvero con maggior successo schiodare la croce; di cui uno si prese l'asse orizzontale, della linea umana, che sfiora la terra ; l'altro si prese quello verticale, della linea divina, che penetra in cielo. E così risepararono le componenti dell'Incarnazione.
L'umanesimo credette di trovare di più l'uomo: e lo smarrì, perché, non vedendo più Dio, finì col non vedere più neanche la sua immagine. Vide un tropo, da figurazioni poetiche dell'Olimpo, con il tempo sostituite dai paradigmi della tecnica. La degradazione servì ai signori per fare strame della dignità umana.
Il luteranesimo credette di trovare di più Dio, a mo' del sacerdote, che, per la mulattiera di Gerico, guardava talmente il cielo, da non vedere il fratello ferito in terra; e non capì che, per arrivare a Dio, il fratello fa da passaggio obbligato.
Per tale modo, l'umanesimo, non vedendo più Dio, finì spesso col non vedere più l'uomo e divenne disumanesimo; l'altro spesso, non vedendo più l'uomo, finì col non vedere più Dio e si dissolse spesso nell'ateismo.
Molti storici spiegano la riforma protestante con la corruzione dei preti. E certo questa offerse cataste di combustibili. Ma non sarebbero bastate. La corruzione dei ceti ecclesiastici di Francia e Spagna e Italia non era minore di quella di tanti frati e preti di Germania : eppure la Riforma là non ci fu, o male attecchì.
E la spiegano con la miseria e la desolazione della Black Death del 1347, da cui era stato favorito lo scisma d'Occidente. E certo la disperazione favorisce l'ateismo; ma l'ateismo non è la Riforma; e comunque miserie ed epidemie c'erano state in altre epoche e in altri luoghi, senza produrre sconquassi nell'ordine cristiano.
Più comprensibile è l'insurrezione teologica a servizio delle passioni politiche e dei privilegi economici.
Quando Lutero tirò fuori le 95 tesi e suscitò quel vespaio dottrinale, il Papa — dicono — ci vide una bega di scolastici. E vide giusto. Senonché dietro la querela teologale c'erano i prìncipi germanici che aspettavano da anni, dalla lotta per le investiture, l'occasione per farsi una Chiesa di comodo separandosi dal Papa; per i motivi medesimi per cui s'era prodotto lo scisma di Bisanzio, il « protestantesimo orientale ».
Ribellandosi a Roma, i principi tedeschi sottrassero la politica al vaglio della morale. Fattasi una Chiesa, che non interferisse con la loro condotta, avrebbero fatto a meno di una disciplina spirituale. Eliminata la potestà ecclesiastica, poterono impadronirsi dei beni dei monasteri e d'altri enti religiosi, costituendosi un patrimonio cospicuo per sé e per i cadetti squattrinati, sì da bilanciare con la refurtiva il dissesto patrimoniale.
In Inghilterra i Tudor si ribellarono a Roma per mettere le mani sulle ricchezze monastiche; e la nobiltà, arricchitasi delle spoliazioni, impedì sotto Maria Tudor che il paese tornasse alla fede cattolica, per tema di dover restituire i beni rubati. Se non fosse stato per questa paura, ancora cent'anni dopo Lutero, si sarebbe forse potuta ricostituire l'unità religiosa in Europa.
Scrive il Belloc : « Da per tutto dove vincevano, il primo gesto dei riformatori consisteva nel consegnare le ricchezze ecclesiastiche alla classe ricca. L'intensità della lotta da per tutto dipendeva dalla decisione di coloro i quali volevano depredare la Chiesa o di coloro i quali volevano rimetterla in possesso dei suoi beni > (i).
Anche in Occidente, come in Oriente, l'eresia arricchì i ricchi e impoverì i poveri, i quali dei beni dei monasteri avevano sempre usufruito, attraverso scuole, collegi, università, ospedali, associazioni d'arte e mestieri, ecc. Così farà la secolarizzazione del secolo XIX.
Martin Lutero non credeva d'arrivare ne a questo ne ad altri risultati di carattere sociale. Per esempio avrebbe voluto anche lui l'abolizione della mendicità; ma ottenne l'abolizione delle fonti della carità, essendo venuta meno, in troppi siti. l'organizzazione dell'assistenza da lui reclamata. E' vero che l'ordinanza del 1522, da Wurtemberg, nell'abolire la mendicità e proscrivere Ì frati mendicanti, istituì una cassa comune per sovvenire preti e poveri. Ma è vero pure, che, appena dopo un anno, Venceslao Link, « ecclesiaste » amico di Lutero, il quale aveva attuato l'ordinanza ad Altenburg, dovette indirizzare una lettera violenta al borgomastro e ai consiglieri, per deplorare che « la cristianissima decisione » avesse avuto per effetto di scoraggiare le persone dabbene abituate ad aiutare gli indigenti. « Un fatto è certissimo. — diceva, — che non si ha più compassione per i miseri, non c'è più carità per il proprio simile; non più fede, non amore, non lealtà; la fraternità cristiana non esiste più ; ho paura che, se non ci si emenda, Dio c'invii pesanti castighi, soprattutto a causa della cassa comune, di cui nessuno si piglia cura » (2).
La stessa cosa avvenne da per tutto. Per esempio, a Leisnig, in Sassonia, dove, come risultato della cassa comune, gli ecclesiastici non ebbero di che vivere e il maestro di scuola per cinque anni non ricevette stipendio. Il denaro raccolto, in troppi siti, fu dilapidato. Come lamentò il duca Cristoforo nel 1562, «nessuno si cura dei bisognosi... I redditi degli ospedali e di altre fondazioni caritative non servono ai poveri, ma ai curatori». A Hesse, un sinodo, nel 1575, ebbe a constatare che le casse dei poveri erano quasi vuote o abolite.
« Come dimostra una triste esperienza, — parole queste dell'Elettore di Brandeburgo. Giovanni Giorgio, — le casse comuni, invece 'di colmarsi, si vuotano ». E finalmente, dopo qualche anno, in terra di Riforma, nessuno si curò più delle casse comuni, divenute casse private.
« Al tempo del papismo, — dovette riconoscere, e non una sola volta, Lutero, — le offerte, le fondazioni pie, e i legati abbondavano cerne i fiocchi di neve d'inverno. Tra gli evangelici, invece, si lesina sin lo spicciolo. Sotto il papismo, i cristiani praticavano la beneficenza e facevano volentieri l'elemosina: ma, dopo che è stato dato l'Evangelo, nessuno dona più un centesimo; anzi, ciascuno attende a scorticare il prossimo e a ricavare denaro da tutto per la soddisfazione dei propri vizi. Più si predica l'Evangelo, e più ci si immerge nell'avarizia... » (3).
Anche gli altri riformatori più volte dovettero ripetere siffatto lamento, che muoveva da un rilievo acutissimo.
A Kempten, i pastori, per tema del contagio, non visitavano i malati, mentre i gesuiti non esitavano a contrarre la peste per assisterli. Amare constatazioni dovevano fare i poveri e i pastori protestanti dinanzi a un siffatto spettacolo.
•(1) Thè yeat heresies, p. 208. 248
(2) J. jansseen, L'Alemanne et la. réforme. Vili, Paris, Plon, 1911, p. 310.
(3) Sàmtl. Werke, t. V., p. 264-265. cpt. XXIII, p. 313; t. XIII, p. 123,
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Nel 1523, Lutero aveva espresso il timore di veder disperdere i beni ecclesiastici nelle mani di avidi accaparratori, « come era accaduto in Boemia ». Ora, già un anno prima, Thomas Murner aveva predetto tali depredazioni, con i versi :
• « Quando avran fatto man bassa dei beni della Chiesa, Ne faranno un gran mucchio;
I poveri ne trarranno al più quanto ne han tratto in Boemia. Là, il povero sera figurato che dei beni rubati gli sarebbe venuto un bel bottino. Ma il ricco si tenne tutto e lasciò il povero a gemere nelle sue angustie » (4).
A conti fatti, Lutero dovette ammettere che la confisca dei beni ecclesiastici non era stata che una rapina. « I signori fanno lusso con il denaro rubato... Borghesi e contadini fan lo stesso » (5). « Noi abbiamo abbandonato ai nobili tante ricche abbazie e i redditi del clero, incaricandoli a provvedere alle spese del culto ; ma essi si guardano bene dall'adempiere questo dovere » (6).
Pari constatazioni fece Melantone : < i più avari sono precisamente quelli che si spacciano per migliori cristiani » (7).
Diminuite le fonti della carità, crebbe l'accattonaggio, che si era voluto sopprimere per legge; e divenne la piaga del secolo.
Pari decadimento si deplorò nell'ordine morale. « Nella mia gioventù, — ebbe a scrivere Lutero stesso, — mi ricordo che la maggior parte delle persone, anche ricche, non beveva che acqua e si contentava degli alimenti più semplici e più facili. Spesso, non si cominciava a bere che a 30 anni 'di età. Ora si abituano i bambini a bere, e non solo il vino ordinario, ma vini forti, vini stranieri, distillati o bruciati, da prendersi a digiune... L'ubriachezza è entrata nei nostri costumi ».
(4) o. e., p. 326.
<5) Sdmtl. Werke, t. Ili, p. 270-271. <6) Ib., t. LXII, p. 293-294. (7) O.C., p. 328.
E il teologo Giacomo Andrea, prevosto dell'Università di Tubinga, nel 1568, asserì: « II vizio della ubriachezza non è stato mai, a memoria d'uomo, diffuso quanto oggi. Al tempo del papismo, i nostri antenati... -non affidavano incarichi a persone sospette di bere troppo; non le ricevevano, non le. volevano per matrimoni, le sfuggivano... (8).
« I consiglieri del duca di Wurtemberg hanno constatato che più di 400 persone sono morte di sbornia tra il Natale e la prima domenica di Quaresima. Il luterano Manlius conferma la cosa » (9).
Aggiunto questo agli altri vizi, si capisce perché così di frequente ricorra, sotto la penna degli scrittori dell'epoca, luterani e cattolici, l'appellativo di «porci».
Inutilità delle opere
Gli stessi scrittori luterani, con Lutero in testa, deplorano insomma, da ogni punto della Germania, che, in conseguenza della riforma religiosa, i costumi siano deformati, o, come dice uno di loro, — il curato Just Menius, — che la religione sia impiegata per peccare con più libertà.
(8) janssen, O.C., p. 264.
(9) O.C, p. 279.
« La libertà carnale: — esclama Lasius, — ecco quel che pare più prezioso alla maggioranza di coloro che si gloriano di essere evangelici ! » E lamenta che Ì cristiani riformati si ritengano a posto con Dio quando siano andati in chiesa ed abbiano ascoltato il sermone: possono anche rubare, tiranneggiare. ma, una volta che abbiano assistito « decentemente al servizio divino », si ritengono accetti al Signore. « Ecco,
Dio ci perdoni, come in questi tempi s'intende la vita cristiana. I nostri peccatori, questi fervidi amici della grazia, i quali non credono che a parole, ha-n lasciato il 'Papa per darsi al Vangelo e ripetono che le opere buone sono inutili alla salvezza e che Dio usa misericordia a chiunque implora sinceramente la sua grazia... La sola cosa che capiscono bene è la libertà della carne» (i).
In queste constatazioni, Erasmo concorda con i maestri del luteranesimo. « Guardate un po' codesti maestri "evangelici” » : sono forse divenuti migliori? Concedono forse di meno al pasto, alla lussuria, all'avidità di denaro?
« Mi si mostri qualcuno che questo vangelo di Lutero abbia mutato da bevitore in temperante, da furioso in mansueto, da aguzzino in benefattore, da svergognato in persona onorevole. Io so di molti che son diventati anche peggiori di quanto erano prima » (2).
Insomma: la libertà dal Papa è diventata la libertà dalla Chiesa e quindi dalla morale della Chiesa : con il libero esame ciascuno si manipola un .codice etico, che s'acconci agli affari propri: e tra questi — tale è l'impressione che si ricava dalla lettura dei documenti contemporanei e soprattutto dalle lamentele dei pastori, a cui non riesce più di reggere il gregge scatenato, — sono la sodomia, la bigamia, il furto, il lusso e la lussuria, accanto all'accattonaggio e alla miseria.
Nè sono disordini limitati ai primi tempi, quando, nell'impeto rivoluzionario, leggi e costumi si sovvertono: no, essi diventano sistema nelle generazioni successive. « Ora che siamo usciti dalla captività di Babilonia, liberati dalla rossa prostituta di Roma, grazie alla rivelazione del santo Vangelo, ora proprio, la carità è spenta, gli odi, l'invidia, l'ira, le ostilità, la discordia, le passioni omicide riempiono i cuori » (3).
(1) dóllinger, Reformation, t. II, p. 176, 545.
(2) Opera omnia, Leida, 1703-06, t. X, col. 1578, 1590. In: huezinga. Erasmo Torino 1941 p. 250-257).
(3) janssen, O.C., p. 426
Perciò il celebre Giorgio Major vede, sin dal 1564, avanzarsi « una minacciosa barbarie » (4). E questa previsione balena agli occhi anche d'un professore di Francoforte, Gaspard Hofmann, nel 1578: «l'avvento d'una completa barbarie ».
La moltitudine torna col desiderio al passato, come a un'epoca di virtù. « Un demone, il demone papista — scrive Christopher Lasius nel 1568, — è stato espulso; ma sette altri demoni più perversi ne han preso il posto». Colpa della dottrina sulla passività dell'uomo nell'opera della conversione ; dottrina, « la quale mena la maggioranza delle persone a una vita depravata, empia e grossolana » ; come riconosce un collegio di teologi luterani, nel 1570. Qualche pastore — per esempio, il Belzius, — arriva a dire che, per vedere una categoria di gente pervertita, basta « recarsi in una città dove si predica il Vangelo con zelo dai migliori predicatori » (5).
Il libero esame giustifica qualsiasi interpretazione, la sola fides dispensa da qualsiasi servizio; il bottino fornisce alimento al lusso dei ricchi e dei privilegiati.
Nella decadenza dei costumi, nell'esaurimento della carità, seguito all'individualismo, nell'esasperazione degli istinti d'arricchimento e sfruttamento, mentre non agisce più la comunione dei santi nella convitalità della Chiesa, sorge ogni tipo di criminalità e aumenta in misura impressionante la mania di suicidio. Molti sono presi dallo scoramento, che li trae alla disperazione. Solo a Norimberga, una statistica mu-nicipale registra, nel 1569, quattordici suicidi in tré settimane. Non pochi pastori protestanti, proprio da questo spettacolo, — da questo risultato, — sono indotti a tornare . alla fede cattolica. Già dal 1542, Lutero stesso, colpito dalla frequenza di tali crimini, ci aveva visto una sorta di epidemia scatenata dal demonio (6).
(4) janssen, O.C., p. 423-428-429. <5) janssen, o.c., p. 428.
(6) janssen, o.c., p. 552. ^ janssen. O.C., p. 513. (8) janssen, O.C., p. 552
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Il demonio, agli occhi suoi, spiegava tutto: ma una tale spiegazione dava un aspetto ossessivo alla storia. Il maligno prese, nel sistema del luteranesimo, un'ampiezza di potere nuova e spaventosa: davvero manicaica. Lutero era ossessionato dal demonio, al quale attribuiva una potestà che la Rivelazione non contempla. E così lo immise nelle immaginazioni e nei costumi scatenando forme di superstizione selvagge. D'altro canto, contro il potere satanico non valevano più Ì mezzi sacramentali, poiché di essi la Riforma aveva fatto scempio. Si abbatteva la testa alle statue della Vergine immacolata, la Satana, nella letteratura popolare come nella vita religiosa del popolo, prese un posto più importante di quello di Dio (7).
Sotto questo riguardo, si può dire che, dove si era estromesso il cattolicesimo, s'intende il demonismo, di cui la stregoneria fu il prodotto putrido. Cosi la scissione religiosa moltipllcò e volgarizzò i sortilegi con la credenza nel potere universale del diavolo, in un clima di accresciuta corruzione.
« Da per tutto — insegnava Lutero — c'entra il diavolo; egli è la causa unica di tutte le malattie, di tutti gli accidenti che ci capitano, 'della peste, della fame, della guerra, dell'incendio, dei temporali, o della grandine; egli s'accoppia alle streghe e ne ha figli ». E di questo era così convinto che un giorno suggerì a un padre di famiglia di annegare uno dei figlioli, che gli pareva generato dal diavolo (8).
La stessa superstizione trasmise ai discepoli. Uno di questi, Andrea Muscullus, in un libro sul demonio, asserì che i demoni imperversavano soprattutto in Germania, dove più di sei o sette mila erano addetti a ciascun individuo.
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Le conseguenze politiche
Come con la frattura dell'arianesimo, così ora, con il dissìdio luterano, fu agevole giustificare le aggressioni militari, viste come guerre di religione, dato che la gente moriva più facilmente e si lasciava depredare con minori resistenze dove si sbandieravano ideali evangelici.
Nella divisione assunsero uno sviluppo più libero i particolarismi del nascente nazionalismo, rappresentati dalle favelle volgari in formazione, dai sentimenti nazionali e dinastici, dalla gelosia germanica verso la latinità, dagli odi tra slavi e tedeschi, e dalle differenze di casta e classe. La protesta del 1517 contro le indulgenze coperse, con le teorie della religione, un composito movimento sociale, economico e politico, in testa a cui si affermò l'assolutismo aristocratico delle dinastie puntellate dalla nobiltà, secondo il canone ritirato fuori da Lutero : « I principi sono dèi, la massa è Satana s>.
Lutero volle menare ogni cosa alla vita della grazia, rifiutando le libertà e scartando le gradazioni da terra a cielo; per questo al Discorso della montagna antepose il Decalogo come espressione del diritto naturale, e al radicalismo del messaggio di Gesù preferì l'etica religiosa nazionale dello antico Israele. Per spiritualizzare la Chiesa, la sottrasse alla gerarchla, riuscendo a sublimare di fatto l'amministrazione civile semideificata e, in ogni caso, sovrapposta al potere ecclesiastico.
Assegnando alla Chiesa solo l'interiorità spirituale con la cura della salvezza eterna, e assegnando allo Stato, non solo i compiti politici, ma tutti, senza limite, i compiti di benessere sociale, separò anche nelle strutture la fede dalle opere, lo spirito dalla materia. Quando lo Stato poi slittò nel laicismo, tutta la sua azione risultò separata dall'etica cristiana. Della deificazione assegnatagli nel luteranesimo lo Stato laicizzato conservò l'autoritarismo.
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Quando nel 1524, Erasmo, dopo aver per anni resistito alle sollecitazioni che d'ogni parte della cristianità gli erano giunte perché prendesse posizione di fronte al movimento della Riforma, si decise a intervenire, colpì il punto di maggior differenza: quello della libertà, problema centrale della dialettica di bene e di male, di divino e di umano, di verità e di errore, di grazia e responsabilità. Pure nella sua debolezza di carattere, portato dalla logica umana e dalla fede divina, nello scritto De libero arbitrio, dimostrò come filosofia e ragione, rivelazione e disciplina esigessero la libertà del volere.
E con pari precisione, Lutero, nella risposta, centrò la differenza sostanziale fra la sua eresia e il cattolicesimo, affermando fanaticamente il determinismo, nel De servo arbitrio, Era lo scontro tra libertà e servitù, tra amore e odio. Lutero difatti partiva dall'« eterno odio di dio contro gli uomini, odio che esisteva anche prima che il mondo fosse creato ».
Ha scritto Benedetto Croce:
« Eretico Lutero per la Chiesa cattolica, egli questa dichiarava a sua volta eretica rispetto al puro cristianesimo del Vangelo e della Chiesa primitiva. Ma c'è un'eresia veramente grave che egli compì alla quale i suoi avversari cattolici non sogliono dar rilievo, un'eresia morale, una vera deviazione e perversione introdotta nella civiltà umana, uno sconoscimento della unità dello spirito, che è ancor oggi un danno presente e persistente; quella onde Lutero non semplicemente distinse, ma divise la vita religiosa dalla politica, e tolse tra le due ogni ricambio e ogni comunicazione. Lutero inquadrò religiosamente l'acquiescenza e servilità politica tedesca verso i principi... I cattolici stanno ancora a vituperare quel pio frate agostiniano... ; ma la civiltà moderna deve, per proprio conto, addebitargli questo grosso tradimento che», egli commise contro la civiltà umana, deprimendo il sentimento della libertà politica » (i). Il rilievo centrale di Croce è giusto
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Lutero insorse contro Roma in nome del libero esame, e cioè affermando la libertà massima per sé, ma finì con il negare la libertà anche minima a chi non la pensava come lui. Alla parola di Dio associò presto il braccio secolare. Impose il suo verbo, e propugnò l'intervento dello Stato per metter fine alle eresie: alle eresie nate dal libero esame. E così impose una repressione crudele perché fossero sterminati anche gli « zwingliani, spezzatori dei sacramenti, fanatici e anabattisti». Avendo voluto una religione di sola spiritualità, legittimò una commistione di Vangelo e di polizia, di prediche e di galere, la quale non riformò, ma aggravò il sistema medievale.
Partito così dalla libertà, finì col potenziare la dispotia, come fulcro di un ordine autoritario conservatore. orientato verso il paternalismo. Al potere politico accordò un crisma d'infallibilità con facoltà di compressione illimitata, giustificata con il peccato originale, per cui le masse erano abbassate a una degradazione ignota al Medio Evo.
Volle purificare i costumi, e per questo anche ruppe con la Chiesa di Roma; ma di fronte al potere politico, cedette sino a legittimare la bigamia del langravio di Hesse. La legittimò, perché si trattava d'un monarca: non l'avrebbe tollerata per un contadino; che nel monarca vedeva un ministro diretto del Signore, tale che ogni suo atto era d'ispirazione divina, giustificato a priori, sempre. E la tumefazione del potere politico risultava già favorita dalla giustificazione di ogni evento come voluto da Dio; e cioè da un fatalismo, che divenne totale nel campo politico, dove ogni azione del governo fu legittimata e dove anche l'impiccare, il decapitare e ogni genere di castigo, come ogni guerra, apparvero servizio di Dio. Donde una sterilità nel luteranesimo, che risultò un nullismo sociale nel secolo dell'illuminismo. Donde la negazione d'ogni sforzo per uscire dal proprio stato e migliorare la propria posizione, con la passività verso l'ingiustizia e la tirannide.
<1) benedetto croce, L'eresia morale di Lutero (in < Quaderni della Critica », die. 1945, n. 3).
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L'etica economica del luteranesimo, quindi, fu giudicata dal Troeltsch «interamente reazionaria».
Essa produsse un quietismo spirituale; perché, per non contaminare il cristianesimo col mondo, lo separò dalla vita, almeno dalla vita collettiva, limitandolo alla vita inferiore dell'individuo e sottomettendo la Chiesa allo Stato (per quanto Lutero, al contatto con la realtà, negli ultimi anni, dovesse decidersi a occuparsi, piuttosto male, di politica). Dove il cattolicesimo coordina quelle operazioni subordinando la natura alla soprannatura, il luteranesimo abbandonò il mondo al diavolo. E invece Cristo ha vinto il mondo : segno che ha combattuto con esso: e cioè ha redento, liberato l'umanità, nel tratto che vive sul mondo.
Nel cattolicesimo agiscono grazia e natura, di cui la seconda è completamento alla prima. Nel protestantesimo agisce la sola grazia, mentre la natura è rigettata, perché decaduta : quasi non ci fosse stata la Redenzione.
E rigettata è altresì la soprannatura. Come dice Troeltsch, nel protestantesimo < non c'è più assolutamente spazio per la concezione della soprannatura: l’intera idea d'un sistema graduato, che sale dalla natura alla soprannatura, dalla moralità secolare alla moralità spirituale e soprannaturale, è spazzato via. I sacramenti sono finiti (2). Cosi è demolita la cattedrale della rivelazione, che il tomismo aveva protetta coi materiali della ragione. La ragione, per Lutero, è una «: druda». E viene completata quella rottura fra tradizione e rivelazione, fra diritto naturale e diritto divino, fra natura e soprannatura, che vari sistemi antitomisti avevano iniziata -.
(2) E. troeltsch, Thè social teachin of thè Christian Churches, London. 1931, voi. II, p. 472.
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Degradata la natura, allontanata la soprannatura, tutto lo spazio è occupato dalla sottonatura, per cui si potenzia la macchina monarchica, sovrammessa, come una cappa di piombo, sulla tomba della libertà.
Teologia e dispotismo
Sempre lì si approda: a deificare i capi politici, adunando gli attributi -della potenza divina sulle loro teste e lasciando quelli decorativi sul capo di dio, reso più remoto da teorie che lo ributtano lontano dagli uomini.
Anche i sovrani cattolici arrivarono all'assolutismo, ma senza uscire apertamente dall'ortodossia. Per loro questa fu spesso un pretesto. Ai rè di Francia e di Spagna l'ortodossia servì come ai prìncipi di Germania l'eterodossia : quale stimolo a farsi guerra con la benedizione della gente di Chiesa e le taglie e le confische sui fondi dei conventi.
Che la teologia fosse un simulacro si vide bene nel caso di Enrico Vili Tudor, il quale iniziò la trasformazione scendendo in campo quale « defensor fidei, campione dell'ortodossia, contro Lutero, il « fratercolo » da cui fu ripagato con scurrilità da trivio. Ma, al pari dei prìncipi luterani, anche lui fece man bassa del Decalogo e della morale evangelica intanto che faceva man bassa dei monasteri.
Secondo P. Luigi Taparelli d'Azeglio, « il paganesimo, risuscitato dalla Riforma, ha sacrificato persin l'idea di patria sì cara al cuore umano : e l'ha sacrificata al concetto di Stato dispoticamente inteso. Nella Riforma difatti < il concetto di Stato riveste necessariamente quelle forme dispotiche e paurose, che sono nate fatte per distruggere nel cuore dei cittadini ogni sentimento di affetto verso co-testa spaventevole divinità >.
Senza addarsene Lutero, con la teoria del servo arbitrio, al pari degli umanisti, riesumò il paganesimo, ma lo vestì di panni cristiani: ridestò le tirannie politiche, anche lui, ma le giustificò con la teologia