Attacco ingiustificato al Papa sul NO ai contraccettivi

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Caterina63
00giovedì 19 marzo 2009 23:28
Padre Giovanni dal suo Blog: SENZA PELI SULLA LINGUA LA TRAPPOLA
ci fa dono di una più profonda meditazione dei fatti... Occhiolino

La trappola

Confesso di non seguire molto il viaggio del Santo Padre in Africa. Per vari motivi. Innanzi tutto, non credo sia necessario seguire il Papa in ogni suo spostamento e ascoltare o leggere tutti i suoi discorsi. È sufficiente accompagnarlo sempre con la preghiera. In questo momento è in Africa: è lí per gli Africani; lasciamo che se lo godano un po' anche loro.

Anche a volere, non è facile sapere che cosa il Papa realmente fa e dice. Certo, ci sono sempre i canali ufficiali (diciamoci la verità, non sempre cosí tempestivi); e poi c'è il blog della Raffaella che, in tempo reale, ci tiene al corrente di tutto (ma, anche qui, diciamoci la verità, è pressoché sovrumano starle dietro). Ma se dovessimo accontentarci dei normali mezzi di comunicazione (giornali e TV), sarebbe ben difficile essere informati correttamente ed esaurientemente sul Santo Padre.

Un esempio. Vivo in un paese cattolico, ma un tantino lontano dall'Italia (le Filippine). Non guardo la televisione; mi limito a dare un'occhiata al giornale. Sono ormai cinque anni che sto qui; in tutto questo tempo un solo viaggio del Papa è stato seguito minuto per minuto dai giornali: quello in America (le Filippine, pur essendo un paese indipendente, continuano ad avere una mentalità coloniale: solo ciò che avviene in America è meritevole di attenzione). Degli altri viaggi? Praticamente nulla. Che cosa pensate che dica oggi il Philippine Daily Inquirer (il piú diffuso quotidiano del paese) del viaggio del Papa in Africa? "Pope says condoms won't solve AIDS epidemic"; e riporta un trafiletto dell'Associated Press, in cui ci si limita a parlare della questione del preservativo. Le uniche parole di Benedetto XVI riportate sono: "You can't resolve it [AIDS] with the distribution of condoms. On the contrary, it increases the problem". Che cosa rimarrà, nella mente della gente, di questo viaggio papale in Africa? Il Papa è contro i profilattici (come se fosse una novità).

È ovvio che si è trattata dell'ennesima trappola mediatica, in cui Papa Ratzinger e il suo entourage sono ingenuamente caduti. In Vaticano ancora non si vogliono rendere conto che esiste un vero e proprio complotto per screditare il Papa. La cosa in sé non meraviglia piú di tanto: mi sembra ovvio che Satana e i suoi satelliti (come si diceva una volta) fanno il loro mestiere. Ciò che meraviglia è che non ci si renda conto che sarebbe ora di correre ai ripari. Per questo condivido pienamente la proposta di Raffaella: "Mai piú interviste del Papa ai giornalisti". Ha perfettamente ragione.

Non è proprio il caso di prestare il fianco alle provocazioni. Come dicevo in altra occasione, non si può rincorrere il mondo. Il Papa continuerà a parlare attraverso gli strumenti tradizionali: discorsi, omelie, documenti. Chi vuol conoscere l'insegnamento del Papa può farlo senza problemi. Per i giornalisti basta, e avanza, il direttore della Sala Stampa. Dopotutto, c'è una dignità da salvaguardare: non la dignità della persona, ma la dignità dell'ufficio. Il Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica, il Successore di Pietro, il Vicario di Cristo non può abbassarsi a discutere con chi è in totale malafede. In ogni modo, nei confronti dei giornalisti non credo che vada fatto niente di piú. A loro si applica alla perfezione quanto diceva san Josemaría Escrivá de Balaguer: "Non disperdere le tue energie e il tuo tempo, che sono di Dio, a tirare sassi ai cani che ti abbaiano lungo la strada. Non curartene" (Cammino, n. 14).

Ma, nel caso presente, il problema non sono solo i giornalisti. A quanto leggo sull'ANSA, le parole pronunciate dal Papa sull'aereo che lo conduceva in Cameroun sono diventate un caso politico: a parte le legittime divergenze (sebbene mi stupisca certa meraviglia: il Papa ha detto qualcosa di nuovo?), a parte i soliti commenti stonati di sedicenti organizzazioni cristiane, qui siamo arrivati all'insolenza e all'oltraggio.

Il professor Michel Kazatchkine, direttore esecutivo del Fondo mondiale per la lotta all'Aids, "profondamente indignato", ha chiesto al Papa di "ritirare le sue affermazioni in modo chiaro" perché "inaccettabili".

Il segretario generale della sanità spagnolo ha invitato Benedetto XVI a fare un "mea culpa" (l'ho sempre detto che era pericoloso cominciare a chiedere scusa!) e a rettificare le parole di ieri.

L'ex primo ministro francese Alain Juppé avrebbe affermato: "Questo Papa comincia a diventare un problema vero ... vive una situazione di totale autismo".

E Daniel Cohn-Bendit, eurodeputato Verde, è andato oltre: "È quasi un omicidio premeditato, adesso ne abbiamo abbastanza di questo Papa".

A questo punto, mi dispiace, non si può far finta di nulla o limitarsi a dare spiegazioni. A questo punto occorre reagire; non si può stare sempre sulla difensiva. Siccome qui si tratta di relazioni internazionali, la prima cosa da fare è richiamare in sede i nunzi per consultazioni; convocare in Segreteria di Stato i rispettivi ambasciatori e consegnare una nota di protesta ed esigere dai loro governi pubbliche scuse e ritrattazione di quanto affermato (non è cosí che fanno le organizzazioni ebraiche?). E, se non viene fatto, rompere le relazioni diplomatiche.

Quanto poi alle sedicenti organizzazioni cristiane, se si tratta di organizzazioni cattoliche, privarle immediatamente di qualsiasi riconoscimento. Quanto poi ai membri dell'alto e basso clero, che si permettono di contraddire l'insegnamento della Chiesa, sarebbe ora di incominciare a far volare qualche salutare sanzione.


 Occhi al cielo
Caterina63
00giovedì 19 marzo 2009 23:30
VATICANO

La “minaccia” della Chiesa cattolica e l’Aids

di Bernardo Cervellera di Asia News

Il condom non risolve il flagello dell’Aids, anzi lo peggiora: lo dice il papa, ma anche la ricerca scientifica. I dati del Sud Africa, Uganda Thailandia, Filippine. Dietro gli attacchi al pontefice, la lobby neocoloniale della rivoluzione sessuale, portata avanti da frange dell’Onu e Ue.

Roma (AsiaNews)

“Non si può risolvere il flagello [dell’Aids] con la distribuzione di preservativi: al contrario, il rischio è di aumentare il problema”. Da giorni questa frase di Benedetto XVI viene accusata di insensibilità verso la tragica epidemia che colpisce molte parti del mondo, ma soprattutto l’Africa.
Il ministro olandese Bert Koenders ha detto che le parole del pontefice sono “estremamente pericolose e molto gravi” e che il papa “rende le cose più difficili”; il ministero francese degli esteri ha detto che i commenti di Benedetto XVI sono “una minaccia alla salute pubblica e al dovere di salvare vite umane”; il ministro tedesco della sanità ha giudicato “irresponsabile” il privare del preservativo i “più poveri dei poveri”. Occhi al cielo

Tanto (falso) umanitarismo di rappresentanti di governi europei è anzitutto irrazionale e per nulla scientifico.

La stessa agenzia Onu per la lotta all’Aids ha dovuto confessare – in uno studio del 2003 - che il condom fallisce in almeno il 10% dei casi. Altri studi dimostrano che le percentuali di fallimento nel fermare l’epidemia raggiungono anche il 50%. In Thailandia, il dott. Somchai Pinyopornpanich, vicedirettore generale del dipartimento per il controllo delle malattie a Bangkok, afferma che si ammala di Aids il 46,9% di uomini che usano il preservativo e il 39,1% delle donne.

Anche l’affermazione del papa che “il rischio è di aumentare il problema” è confermato dalle statistiche. Paesi come il Sud Africa, che hanno abbracciato in pieno la campagna sul “sesso sicuro” con l’uso del condom, sostenuta dall’Onu, l’Unione europea e varie organizzazioni non governative, hanno visto uno spaventoso incremento della diffusione dell’Aids. Al contrario, Paesi dove si spingeva alla responsabilità, all’astinenza e alla fedeltà, hanno visto una riduzione dell’epidemia.

Valga per tutti lo studio del dott. Edward Green del Centro sulla popolazione e lo sviluppo di Harvard che ha verificato il programma ABC (Abstinence; Be faithful; Condom, cioè astinenza, fedeltà, preservativo) applicato in Uganda dal 1986 e che, dal 1991, ha visto un declino delle infezioni dal 21% al 6%. Non va dimenticato che Green era un sostenitore del “sesso sicuro” con il condom e invece è divenuto un sostenitore dell’astinenza e della fedeltà nei rapporti di coppia.

Molti studi – anche quelli promossi dall’Onu – hanno dimostrato che le nazioni che più hanno fatto uso di preservativi sono pure quelli con le maggiori percentuali di infetti da Aids. Norman Hearst, medico ed epidemiologo dell’università della California, uno studioso del settore, ha ammesso una volta: “La promozione di condom in Africa è stata un disastro”.
E tanto per vedere la “pericolosità” dell’influenza cattolica sulla diffusione dell’Aids, basta citare il caso delle Filippine, Paese cattolico all’85% dove la percentuale di malati di Aids è dello 0,01%.

Lo stesso New York Times, che in questi giorni ha attaccato il papa per la sua frase “pericolosa”, ha dovuto ammettere la vittoria sull’Aids nelle Filippine, dovuta alla moralità tradizionale, basata sull’astinenza e sulla fedeltà.

In un articolo del 20 aprile 2003 definiva l’arcipelago filippino come un luogo in cui “un bassissimo uso dei condom e una bassissima percentuale di infezioni da Hiv sembrano andare mano nella mano. Gli sforzi di prevenzione dell’Aids sono spesso focalizzati sull’uso del preservativo, ma qui non sono facilmente reperibili – e in maggioranza disprezzati – in questa nazione di cattolici conservatori”.
Davanti a tutti questi dati ci si può domandare come mai personalità dell’Onu, dell’Ue e organizzazioni “umanitarie” continuino a sbandierare la necessità dell’uso dei condom e bastonano la Chiesa cattolica per la sua sottolineatura sull’importanza dell’educazione, dell’astinenza e della fedeltà nei rapporti di coppia.

È possibile che lo facciano per guadagnare? Che abbiano tutti delle azioni nelle ditte che producono preservativi? Forse no. Credo che questo accanimento sul condom e contro la Chiesa cattolica e il papa siano solo un’ultima edizione di una forma di neocolonialismo.

Anzitutto – come ha detto un missionario del Pime in Africa da decenni – si pensa che l’uomo africano non possa essere educato alla responsabilità e per questo ridurre il “sesso sicuro” alla tecnica è la risposta più facile.
E non bisogna dimenticare che eliminando la responsabilità e la fedeltà dal rapporto di coppia si spinge a un uso strumentale il corpo della donna africana, e non solo. Avviene così che i più accaniti femministi, sventolando i condom, divengano i propugnatori di un nuovo schiavismo.
Ma il neocolonialismo più pericoloso è quello di far passare con la lotta all’Aids una rivoluzione pansessuale, dove manchi qualunque riferimento ideale e rimangano ferme solo due cose: l’autonomia e il narcisismo della rivoluzione sessuale e la cura contro l’Aids. Da anni l’Onu e l’Ue stanno cercando di promuovere un documento chiamato “Linee guida sull’Aids e diritti umani” in cui si suggerisce che se in ogni nazione non si cambiano le leggi sulla sessualità, l’Aids non potrà essere sconfitto. Le “Linee guida internazionali” chiedono una completa libertà sessuale dove vengano riformate le leggi che “proibiscono atti sessuali (compresi adulterio, sodomia, fornicazione e incontri di commercio sessuale) fra adulti consenzienti e in privato”, ma anche con minori (pedofilia). In tal modo le Linee guida salvano quegli atteggiamenti che sono causa della diffusione dell’Aids, ma si premuniscono chiedendo che ogni nazione metta a disposizione medicine e cure. Esse richiedono la legalizzazione internazionale del matrimonio omosessuale; l’aborto possibile ovunque e per ogni donna; ma suggeriscono che contraccettivi, condom e cure anti-Aids siano distribuiti a tutti, anche a minori usati nel commercio sessuale, (cfr.
http://data.unaids.org/Publications/IRC-pub07/jc1252-internguidelines_en.pdf).

La lotta mondiale all’Aids a colpi di condom è in realtà la lotta per questa ideologia.

Fonte: AsiaNews

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Stupendo articolo i cui ati pubblicammo in un forum (oggi chiuso non per causa nostra ma per MSN) tutta la ricerca fatta sul fallimento dei contracettivi proprio in quei Paesi che avevano accolto la campagna promozionale dei preservativi...

Il lavoro ricotruito dal dott. Bruti, che si ricollega ai dati forniti dallo stesso dott. Edward Green, sollevò già a suo tempo, nel 2004, una CAMPAGNA FEROCE DI ATTACCHI DI CATTOLICI-PROGRESSISTI nel nostro forum...perfino dei sacerdoti che in buona fede, indubbiamente, erano a loro volta vittime di false propagande...

Mi è davvero piaciuta la chiarezza dell'articolo di AsiaNews...mi auguro che altri GIORNALI CATTOLICI ne prendano esempio...
ma non ci credo...

Per altro occorre che proprio NOI DONNE facciamo nostre le parole del Papa per proteggere LA NOSTRA DIGNITA'...che dignità è quella di essere schiave di un contraccettivo per essere OGGETTO di piacere?
Ciò non avviene neppure nel mondo animale dove l'accoppiamento, PER QUANTO ISTINTIVO, avviene SOLO in certi periodi dell'anno e a scopo procreativo...
Come può chiamarsi o definirsi AMORE un rapporto che ti desidera si, MA SOLO SE USI IL CONTRACCETTIVO, SE ABORTISCI O SE TI INFETTA??[SM=g1740729]

Chi ha l'Aids ed ama veramente, non mette a rischio la vita dell'altro se sa che il virus dell'Hiv è dieci volte più piccolo DEI FORI del profilattico...e dunque passa...nel 10-20-30% dei casi esso passa e condanna a morte il contagiato...

E' questo che vorrebbe davvero la donna se fosse realmente al corrente dei fatti?[SM=g1740729]
Ecco che i Media si stanno prestando alle lobby nichilste....per questo strepitano quando il Papa dice la Verità, temono che la gente venga a sapere la verità, sanno che Bendetto XVI E' CREDIBILE, è una persona seria...LA TEMONO...

Tocca a noi DONNE difendere la nostra dignità e fare nostre le parole del Papa...
CHI CI AMA DAVVERO CI SOSTIENE...[SM=g1740733]

[SM=g1740739] [SM=g1740739]

Caterina63
00venerdì 20 marzo 2009 21:00
Occhiolino ottimo sostegno dal Patriarcato di Mosca che sostiene Benedetto XVI contro i contraccettivi.......


Africa/ Patriarcato ortodosso russo sostiene Papa su condom e Aids

Roma, 20 mar. (Apcom)

Il Patriarcato di Mosca esprime la sua solidarietà a Papa Benedetto XVI riguardo alle posizione espresse nei giorni scorsi sui preservativi e i metodi per combattere la diffusione dell'Aids.

"Se una persona vive una vita peccaminosa, senza amore e senza senso, usa droghe ed è immonda, prima o poi contrarrà qualche malattia, e né un preservativo, né una medicina lo salverà", afferma il vicepresidente delle Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie, l'arciprete Vsevolod Chaplin. "E' sbagliato considerare il preservativo come strumento per sradicare la diffusione dell'Aids", secondo l'esponente ortodosso russo, "non sono mezzi esterni di contraccezione che possono diminuire la propagazione dell'Aids, ma una educazione giusta e uno stile di vita regolare".

 Apcom 


 [SM=g1740722] [SM=g1740721]

[SM=g1740733]


AFRICA/ 1. Jovine (malata Aids): senza marito e con sei figli ormai orfani, a che mi servono i condom?

INT. Rose Busingye venerdì 20 marzo 2009

(Rossano Salini)

Discutere del problema dell’Aids dalle redazioni dei giornali o dagli uffici politici delle varie istituzioni europee è una cosa; parlarne avendo negli occhi la situazione di decine di donne sieropositive, e dei loro figli che hanno preso il contagio, è tutt’altro affare. Rose Busingye dirige il Meeting Point di Kampala, un luogo di rinascita per 4 mila persone, tra malati e orfani, altrimenti condannate a vivere nel silenzio e nell’abbandono il loro destino di marchiate dall’Hiv.

In questo luogo di intensa umanità, le polemiche sull’uso del preservativo per abbattere il flagello dell’Aids giungono come un’eco lontana.

Rose, che effetto le fa sentire tante voci polemiche intorno a un problema col quale lei lotta ogni giorno?

Chi alimenta la polemica intorno alle dichiarazioni del Papa deve in realtà capire che il vero problema della diffusione dell’Aids non è il preservativo; parlare di questo significa fermarsi alle conseguenze e non andare mai all’origine del problema. Alla radice della diffusione dell’Hiv c’è un comportamento, c’è un modo di essere. E poi non dimentichiamo che la grande emergenza è prendersi cura delle tante persone che hanno già contratto la malattia, e per quelle il preservativo non serve.

Però resta il fatto che comunque si può fare qualcosa per evitare che il contagio si diffonda ulteriormente: in questo caso la prevenzione non è uno strumento utile?

Riporto un esempio, per far capire come veramente a volte non ci si rende conto della situazione in cui viviamo qui in Africa. Un po’ di tempo fa erano venuti alcuni giornalisti per fare un reportage sull’attività del Meeting Point: videro la condizione delle donne sieropositive che sono qui, e rimasero commossi. Decisero allora di rendersi utili, facendo un piccolo gesto per loro: regalarono alcune scatole di preservativi. Vedendo questo, una delle nostre donne, Jovine, li guardò e disse: «Mio marito sta morendo, e ho sei figli che tra poco saranno orfani: a cosa mi servono queste scatole che voi mi date?». L’emergenza di quella donna, e di tantissime altre come lei, è avere qualcuno che la guardi e le dica: «donna, non piangere!». È assurdo pensare di rispondere al suo bisogno con una scatola di preservativi, e l’assurdità è nel non vedere che l’uomo è amore, è affettività.

E per quanto riguarda invece le persone che possono avere rapporti con altre e diffondere il contagio?

Anche lì vale lo stesso discorso: bisogna innanzitutto guardare la loro umanità. Una volta stavamo parlando ai nostri ragazzi dell’importanza di proteggere gli altri, di evitare il contagio; uno di loro si mise a ridere, dicendo: «ma cosa me ne importa, chi sono gli altri? Chi sono le donne con cui vado?». E un altro diceva: «anch’io sono stato infettato, e allora?». L’Aids è un problema come tutti i problemi della vita, che non si può ridurre a un particolare. Bisogna innanzitutto partire dal fatto che bisogna essere educati, anche nel vivere la sessualità. Ma l’educazione riguarda innanzitutto la scoperta di sé stessi: la persona che è cosciente di sé, sa che ha un valore che è più grande di tutto. Senza la scoperta di questo valore – di sé e degli altri – non c’è nulla che tenga. Anche il preservativo, alla fine, può essere usato bene solo da una persona che abbia scoperto qual è il valore dell’umano, se ama veramente, e se è amato. Si pensa forse che dove il preservativo viene distribuito non prosegua il contagio dell’Aids? E poi in certi casi il discorso del preservativo, nelle condizioni in cui ci troviamo, può sembrare a tratti anche ridicolo.

In che senso?

Pochi giorni fa, ad esempio, abbiamo fatto vedere alle nostro donne che cos’è il preservativo, spiegando anche le istruzioni per l’uso: prima di usarlo bisogna lavarsi le mani, non ci deve essere polvere, deve essere conservato a una certa temperatura. Sono state loro stesse a interrompermi: lavarsi le mani, quando per avere un po’ d’acqua dobbiamo fare venti chilometri a piedi? E poi la polvere: anche qualche granello può essere pericoloso e rischiare di strappare il preservativo. Ma queste donne spaccano le pietre dalla mattina alla sera, e hanno la pelle delle mani screpolata e dura come la roccia! Per questo dico che si parla senza minimamente conoscere il problema e la condizione in cui ci troviamo.

Alla luce di questa diffusa ignoranza riguardo ai problemi reali della gente che vive in Africa, che effetto le fanno le polemiche contro il Papa?

Il Papa non fa altro che difendere e sostenere proprio quello che serve per aiutare questa gente: affermare il significato della vita e la dignità dell’essere umano. Quelli che lo attaccano hanno interessi da difendere, mentre il Papa di interessi non ne ha: ci vuole bene, e vuole il bene dell’Africa. Da lui non arrivano le mine che fanno saltare per aria i nostri ragazzi, i nostri bambini che fanno i soldati, che si trovano amputati, senza orecchie, senza bocca, incapaci di deglutire la saliva: e a loro cosa diamo, i preservativi?

In effetti l’Aids non è certo l’unico problema che attanaglia l’Africa.

Ci sono moltissimi altri problemi e situazioni tragiche su cui c’è totale indifferenza. Quando qualche anno fa c’è stato il genocidio del Ruanda tutti stavano a guardare. Qui vicino c’è un paese piccolissimo, che poteva essere protetto, e non si è fatto nulla: lì c’erano i miei parenti, e sono morti tutti in modo disumano. Non si è mosso nessuno, e adesso vengono qui con i preservativi. Ma anche a livello di malattie vale lo stesso discorso: perché non ci portano le aspirine, o le medicine anti-malaria? La malaria è una malattia che qui miete più vittime rispetto all’Aids.

Qual è la situazione ora in Uganda riguardo alla diffusione dell’Aids?

In Uganda si stanno facendo grandi progressi, e il nostro presidente sta operando benissimo e ottenendo ottimi risultati. E il suo metodo non è puntare sulla diffusione dei preservativi, ma sull’educazione: ha istituito un ministero per questo, e ha mandato la gente in giro, nei villaggi di analfabeti per educarli a un cambiamento della vita. La moglie del presidente è stata qui da noi poco tempo fa, e ha detto con forza che il vero punto che può far cambiare la situazione è smettere di vivere come i cani o i gatti, che devono sempre soddisfare i loro istinti; e ha parlato del fatto che l’uomo è dotato di ragione, che lo rende responsabile di quello che fa. Se l’uomo rimane legato all’istinto come un animale, dargli un preservativo non serve a nulla. Questo è il metodo che sta dando risultati, e ha portato la diffusione dell’Aids in Uganda dal 18% della popolazione al 3%. Il metodo funziona, e il cuore del metodo è fare in modo che la gente si senta voluta bene. Lo vediamo qui al Meeting Point: quando le persone arrivano qua, non vogliono più andare via.

 Il Sussidiario, 20 marzo 2009


[SM=g1740733]
Caterina63
00sabato 21 marzo 2009 18:59
Ottimo editoriale dall'OR che uscirà domani.... [SM=g1740722]


Chiesa e aids
La cifra della verità


di Lucetta Scaraffia

    Certamente la cifra della missione di Benedetto XVI è la verità. E lo è per tutto, anche per il problema dell'aids e dei preservativi, un tema scottante che - si poteva facilmente immaginare - sarebbe stato toccato nel corso del suo viaggio in Africa. In mezzo alle polemiche suscitate dalle sue parole, uno dei più prestigiosi quotidiani europei, il britannico "Daily Telegraph", ha avuto il coraggio di scrivere che, sul tema dei preservativi, il Papa ha ragione. "Certo l'aids - si legge nell'articolo - pone il tema della fragilità umana e da questo punto di vista tutti dobbiamo interrogarci su come alleviare le sofferenze. Ma il Papa è chiamato a parlare della verità dell'uomo. È il suo mestiere:  guai se non lo facesse".

    Il problema dell'aids si è presentato subito, da quando la malattia si è manifestata negli Stati Uniti nei primi anni Ottanta, non solo dal punto di vista medico, ma anche da quello culturale:  lo scoppio dell'epidemia colse di sorpresa una società che credeva di avere sconfitto tutte le malattie infettive, e fin dall'inizio ha toccato un ambito, quello dei rapporti sessuali, che era appena stato "liberato" dalla rivoluzione appunto sessuale. Con una malattia che metteva in discussione il "progresso" appena raggiunto e che si diffondeva rapidamente grazie anche a quella ondata di cosmopolitismo che si stava realizzando con i nuovi veloci mezzi di trasporto.

    Fu subito chiaro che quella patologia era frutto di una modernità avanzata e di una profonda trasformazione dei costumi, e che forse la lotta per prevenirla avrebbe dovuto tenere presente anche tali aspetti. Invece, nel mondo occidentale, le campagne di prevenzione sono state basate esclusivamente sull'uso del preservativo, dando per scontato l'obbligo di non esercitare alcuna interferenza sui comportamenti delle persone.

Il "progresso" non si doveva mettere in discussione; neppure in Africa, dove era evidente - e dove tuttora è evidente, se solo si leggessero con onestà i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità sulla diffusione dell'aids - che la distribuzione di preservativi non serve da sola ad arginare l'epidemia.

    Il preservativo, in Africa, non è usato nel modo "perfetto" - l'unico che garantisce il 96 per cento di difesa dall'infezione - ma nel modo "tipico", e cioè con un utilizzo non continuato e non appropriato, che offre solo un 87 per cento di difesa, e per di più dà una sicurezza che può essere pericolosa nel mettersi in rapporto con gli altri:  come si sa, l'aids non si trasmette solo attraverso il rapporto sessuale, ma anche per via ematica; basta quindi un'abrasione, un po' di sangue, per aprire la possibilità di contagio.

Bisogna anche ricordare, come è scritto sulle puntigliose istruzioni d'uso delle scatole di preservativi, che questi si possono danneggiare facilmente con il caldo - sono di lattice! - e se vengono toccati con mani non lisce, come quelle di coloro che fanno lavori manuali. Ma le industrie farmaceutiche, tanto precise nel segnalare questi pericoli, sono poi le stesse che appoggiano la leggenda secondo cui la diffusione dei preservativi può salvare la popolazione africana dall'epidemia:  e si può facilmente immaginare che ogni idea per diffonderne l'uso sia accolta con vero giubilo dai loro uffici commerciali.

    L'unico Paese dell'Africa che ha ottenuto risultati buoni nella lotta all'epidemia è l'Uganda, con il metodo Abc, in cui A sta per astinenza, B per fedeltà e C per condom, un metodo certo non del tutto aderente alle indicazioni della Chiesa. [SM=g1740721]

Persino la rivista "Science" ha riconosciuto nel 2004 che la parte più riuscita del programma è stata il cambiamento di comportamento sessuale, con una riduzione del 60 per cento delle persone che dichiaravano di avere avuto più rapporti sessuali e l'aumento della percentuale dei giovani fra i 15 e i 19 anni che si astenevano dal sesso, tanto da scrivere:  "Questi dati suggeriscono che la riduzione del numero dei partner sessuali e l'astinenza fra i giovani non sposati anziché l'uso del condom sono stati i fattori rilevanti nella riduzione dell'incidenza all'Hiv".[SM=g1740722] 

    Molti Paesi occidentali non vogliono riconoscere la verità delle parole dette da Benedetto XVI sia per motivi economici - i preservativi costano, mentre l'astinenza e la fedeltà sono ovviamente gratuite - sia perché temono che dare ragione alla Chiesa su un punto centrale del comportamento sessuale possa significare un passo indietro in quella fruizione del sesso puramente edonistica e ricreativa che è considerata un'importante acquisizione della nostra epoca. [SM=g1740730]

Il preservativo viene esaltato al di là delle sue effettive capacità di arrestare l'aids perché permette alla modernità di continuare a credere in se stessa e nei suoi principi, e perché sembra ristabilire il controllo della situazione senza cambiare niente. È proprio perché toccano questo punto nevralgico, questa menzogna ideologica, che le parole del Papa sono state tanto criticate. Ma Benedetto XVI, che lo sapeva benissimo, è rimasto fedele alla sua missione, quella di dire la verità.



(©L'Osservatore Romano - 22 marzo 2009)


Caterina63
00sabato 21 marzo 2009 19:42
Benedetto XVI al congresso sul ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani

Il Vangelo incoraggia gli sposi
a godere del loro amore


"Vita, famiglia, sviluppo:  il ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani" è stato il tema della prima conferenza internazionale organizzata dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in collaborazione con la "World women's alliance for life and family", associazione che raccoglie eccellenze femminili in ogni disciplina provenienti da oltre 50 Paesi. In occasione dell'incontro, svoltosi venerdì 20 e sabato 21 marzo nella sede del dicastero a palazzo san Calisto, Benedetto XVI ha indirizzato un messaggio al cardinale presidente Renato Raffaele Martino, che ne ha dato lettura all'apertura dei lavori.




 

Al mio venerato fratello
Cardinale
Renato Raffaele Martino


Sono lieto di porgere i miei saluti cordiali a Lei e a quanti partecipano alla Conferenza Internazionale sul tema:  "Vita, famiglia e sviluppo:  il ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani". Quest'evento, promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, con la cooperazione dell'Alleanza mondiale delle Donne per la vita e per la famiglia, dell'Unione mondiale delle Organizzazioni femminili cattoliche e di altre associazioni, è una risposta esemplare all'esortazione del mio predecessore  Papa  Giovanni  Paolo ii a un nuovo "femminismo" in grado di trasformare la cultura, impregnandola di un rispetto risoluto per la vita (cfr. Evangelium vitae, n. 98-99).

Ogni giorno apprendiamo nuovi modi per compromettere la vita, in particolare nelle sue fasi più vulnerabili. Sebbene la giustizia richieda che vengano denunciati come violazione dei diritti umani, essi devono anche suscitare una risposta positiva e fattiva. Il riconoscimento e l'apprezzamento del disegno di Dio per le donne nella trasmissione della vita e nell'educazione dei figli sono un passo costruttivo in questa direzione.

Inoltre, data l'influenza notevole delle donne nella società, bisogna incoraggiarle a cogliere l'opportunità di sostenere la dignità della vita attraverso il loro coinvolgimento nell'educazione e la loro partecipazione alla vita politica e civile. Infatti, avendo ricevuto dal Creatore la "capacità" unica "per l'altro", le donne devono svolgere un ruolo cruciale nella promozione dei diritti umani perché senza la loro voce il tessuto sociale risulterebbe indebolito (cfr. Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione di uomini e donne nella Chiesa e nel Mondo, Congregazione per la Dottrina della Fede, n. 139).

Mentre riflettete sul ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani, vi invito a ricordare un compito sul quale ho richiamato l'attenzione in diverse occasioni, ovvero quello di correggere qualsiasi malinteso secondo cui il cristianesimo sarebbe solo un insieme di comandamenti e di proibizioni. Il Vangelo è un messaggio di gioia che incoraggia uomini e donne a godere dell'amore sponsale. Lungi dal reprimerlo, la fede e l'etica cristiane lo rendono sano, forte e autenticamente libero. Questo è il significato esatto dei dieci comandamenti:  non sono una serie di "no", ma un grande "sì" all'amore e alla vita (cfr. Discorso ai partecipanti all'Incontro ecclesiale della Diocesi di Roma, 5 giugno 2006). [SM=g1740722]

Spero sinceramente che i vostri dibattiti in queste due giornate si tradurranno in iniziative concrete a salvaguardia del ruolo indispensabile della famiglia nello sviluppo integrale della persona umana e della società tutta.

Il genio femminile nel mobilitare e nell'organizzare dota le donne di abilità e motivazioni per sviluppare reti in continua espansione volte alla condivisione di esperienze e alla produzione di nuove idee. I risultati della Wwalf e delle Unofc/Wucwo ne sono un esempio eccezionale e incoraggio i loro membri a perseverare nel proprio generoso servizio alla società. Che la sfera della vostra influenza continui ad ampliarsi a livello regionale, nazionale e internazionale per la promozione di diritti umani basati sul fondamento saldo del matrimonio e della famiglia.

Formulo ancora una volta i miei migliori auspici per il successo di questa conferenza e offro le mie preghiere per la missione permanente delle organizzazioni che vi partecipano. Invocando l'intercessione di Maria, "la figura e la realizzazione più perfetta della Chiesa" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 507), imparto di tutto cuore la mia benedizione apostolica.



 





 



(©L'Osservatore Romano - 22 marzo 2009)

Caterina63
00martedì 24 marzo 2009 13:16
Dal blog di Padre Giovanni:

lunedì 23 marzo 2009

I teologi del profilattico

Non vorrei cadere in due trappole: la prima è quella di continuare a parlare di condom. Questo è esattamente ciò che vogliono i nemici della Chiesa, i quali prima ci trascinano sul loro terreno, per poi attaccarci piú facilmente. È molto importante non stare al loro gioco; non perché sia proibito parlare di preservativi; ma perché se ne deve parlare quando lo vogliamo noi, non quando lo vogliono loro. Ne possiamo parlare in un contesto di serio confronto scientifico e di onesta riflessione morale; non in un contesto di polemica prevenuta e superficiale. Anche perché — ed è esattamente ciò che vogliono lorsignori — il tempo che noi dedichiamo alle totalmente inutili diatribe sul profilattico è tutto tempo rubato all'annuncio di Cristo, che solo può salvare l'uomo. Anche dall'AIDS. È proprio questo che li terrorizza: che Cristo sia annunziato e possa conquistare le anime.

La seconda trappola è quella di continuare a dare importanza a certi personaggi, che non sono degni di alcuna considerazione. Hans Küng ha rilasciato la sua ennesima intervista (deve pur dimostrare di esserci!) a Periodista Digital; potete trovarne una parziale traduzione italiana sul blog Messainlatino.it. È ovvio che, se noi continuiamo a leggere e commentare i suoi interventi, lui penserà di essere davvero un profeta. C'è il rischio di fare da grancassa ai suoi vaneggiamenti. Perciò, meglio ignorarlo. Ma siccome il sullodato teologo, per l'occasione improvvisatosi oracolo, dice corbellerie, bisogna pure che qualcuno lo smentisca. Il problema del giorno è la condanna del presevativo come mezzo per combattere l'AIDS in Africa.

"Le duole specialmente per le conseguenze che questo moralismo intollerante può avere nel continente nero?
Sí. Mi dà moltissimo dolore constatare che la Storia giudicherà entrambi i Papi [Woytila e Ratzinger] come due dei maggiori responsabili della propagazione dell’AIDS, specie in paesi con grandi maggioranze o minoranze cattoliche, come nel caso dell’Africa. È sommamente ipocrita condannare i preservativi in regioni come quelle africane con alto rischio di AIDS e, al tempo stesso, chiedere di proteggere i poveri dalle malattie piú nocive".

Ripeto, non voglio entrare nella polemica. Voglio solo far notare che non è affatto vero che nei paesi a grande maggioranza cattolica l'AIDS è piú diffuso. Un esempio? Le Filippine. Nel paese dove vivo, a stragrande maggioranza cattolico, l'AIDS praticamente non esiste. Le statistche dell'UNAIDS dicono che qui ci sono 8300 casi di malati di AIDS (sí, avete letto bene, non manca nessuno zero: otto-mila-tre-cento), su una popolazione di oltre 90 milioni di abitanti. Provate voi stessi a fare la percentuale, e confrontatela con quella di altri paesi non-cattolici (tanto per rimanere nei paraggi, con la Thailandia) o con quella di paesi piú "civilizzati" dove è comune il ricorso al profilattico. Come mai? I Filippini sono tanti sanluigigonzaga e santemariegoretti tutti casa-e-chiesa? Ho i miei dubbi.

Allora significa che fanno un uso massiccio di condom! Volete sapere che cosa ne pensano? Se non vi scandalizzate, dicono: "È come mangiare una caramella incartata". Non ne vogliono proprio sapere. I soliti poteri forti stanno facendo di tutto per convincere i filippini a fare uso di preservativi: prima con una campagna di terrorismo psicologico per convincerli dei rischi a cui vanno incontro (nonostante che l'evidenza dei fatti dimostri il contrario); ora con la discussione in Congresso di un Reproductive Health Bill che, se trasformato in legge, permetterà il libero accesso ai diversi tipi di contraccezione (si tenga presente che nelle Filippine non sono stati ancora legalizzati né il divorzio né l'aborto).

L'unica spiegazione sta nel fatto che, pur non essendo un popolo di costumi illibati, i filippini, in grande maggioranza, seguono ancora madre natura (Dio li benedica; sono tra i pochi che continuano a far figli!) e cercano di evitare comportamenti a rischio. Senza bisogno di condom.


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Caterina63
00domenica 29 marzo 2009 13:55

STUDENTI AFRICANI INDICONO MANIFESTAZIONE SOLIDARIETA' AL PAPA

(ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 25 MAR

Un comitato di studenti africani residenti a Roma ha indetto per domenica 29 marzo, alle 11:30, subito prima dell'Angelus, una manifestazione in piazza S. Pietro per esprimere solidarieta' con il Papa per il suo messaggio all'Africa e anche per le sue affermazioni sulla lotta all'Aids.
Scopo della manifestazione - si legge in un volantino diffuso in sala stampa vaticana - e' quello di''gridare il nostro no alle speculazioni sull'Africa'', ''no alla strumentalizzazione del messaggio del Papa per l'Africa'', ''no a chi vuole fare dell'Africa uno dei principali mercati di sbocco dei preservativi'', ''si' alle cure efficaci per l'Aids in Africa'', ''si' all'educazione''.
Il messaggio della manifestazione e' poi diretto anche alla Comunita' internazionale, alla quale i promotori intendono evidenziare ''le priorita' assolute'' per il continente: ''cibo, acqua, energia, cure mediche, un reddito stabile per le famiglie, un sistema commerciale che faciliti anche l'esportazione dei prodotti africani e non solo l'esportazione delle materie prime, la valorizzazione 'sul posto' delle proprie ricchezze e non il saccheggio delle sue risorse''.

 ANSA






L'Angelus del Papa 29.3.2009

#

Cari fratelli e sorelle!

Desidero prima di tutto ringraziare Iddio e quanti, in vario modo, hanno collaborato alla buona riuscita del viaggio apostolico che ho potuto compiere in Africa nei giorni scorsi, ed invoco sui semi sparsi in terra africana l’abbondanza delle benedizioni del Cielo. Di questa significativa esperienza pastorale mi propongo di parlare più ampiamente mercoledì prossimo nell’Udienza generale, ma non posso non cogliere questa occasione per manifestare l’emozione profonda che ho provato incontrando le comunità cattoliche e le popolazioni del Camerun e dell’Angola. Soprattutto mi hanno impressionato due aspetti, entrambi molto importanti. Il primo è la gioia visibile nei volti della gente, la gioia di sentirsi parte dell’unica famiglia di Dio, e ringrazio il Signore per aver potuto condividere con le moltitudini di questi nostri fratelli e sorelle momenti di festa semplice, corale e piena di fede. Il secondo aspetto è proprio il forte senso del sacro che si respirava nelle celebrazioni liturgiche, caratteristica questa comune a tutti i popoli africani ed emersa, potrei dire, in ogni momento della mia permanenza tra quelle care popolazioni. La visita mi ha permesso di vedere e comprendere meglio la realtà della Chiesa in Africa nella varietà delle sue esperienze e delle sfide che si trova ad affrontare in questo tempo.

Pensando proprio alle sfide che segnano il cammino della Chiesa nel continente africano, ed in ogni altra parte del mondo, avvertiamo quanto siano attuali le parole del Vangelo di questa quinta domenica di Quaresima. Gesù, nell’imminenza della sua passione, dichiara: "Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). Ormai non è più l’ora delle parole e dei discorsi; è giunta l’ora decisiva, per la quale il Figlio di Dio è venuto nel mondo, e malgrado la sua anima sia turbata, Egli si rende disponibile a compiere fino in fondo la volontà del Padre. E questa è la volontà di Dio: dare la vita eterna a noi che l’abbiamo perduta. Perché ciò si realizzi bisogna però che Gesù muoia, come un chicco di grano che Dio Padre ha seminato nel mondo. Solo così infatti potrà germogliare e crescere una nuova umanità, libera dal dominio del peccato e capace di vivere in fraternità, come figli e figlie dell’unico Padre che è nei cieli.

Nella grande festa della fede vissuta insieme in Africa, abbiamo sperimentato che questa nuova umanità è viva, pur con i suoi limiti umani. Là dove i missionari, come Gesù, hanno dato e continuano a spendere la vita per il Vangelo, si raccolgono frutti abbondanti. A loro desidero rivolgere un particolare pensiero di gratitudine per il bene che fanno. Si tratta di religiose, religiosi, laici e laiche. E’ stato bello per me vedere il frutto del loro amore a Cristo e constatare la profonda riconoscenza che i cristiani hanno per essi. Rendiamone grazie a Dio, e preghiamo Maria Santissima perché nel mondo intero si diffonda il messaggio della speranza e dell’amore di Cristo.

[00483-01.01] [Testo originale: Italiano]

# DOPO L’ANGELUS

Saluto con grande affetto i numerosi africani che vivono a Roma, tra cui molti studenti, qui accompagnati da Mons. Robert Sarah, Segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Carissimi, avete voluto venire a manifestare gioia e riconoscenza per il mio viaggio apostolico in Africa. Vi ringrazio di cuore. Prego per voi, per le vostre famiglie e per i vostri Paesi di origine. Grazie!

Giovedì prossimo, alle ore 18, presiederò in San Pietro la Santa Messa nel quarto anniversario della morte del mio amato predecessore il Servo di Dio Giovanni Paolo II. Invito a partecipare specialmente i giovani di Roma, per prepararci insieme alla Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata a livello diocesano nella Domenica delle Palme.

Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in particolare i membri del Movimento Apostolico, con l’Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Mons. Antonio Ciliberti; il pellegrinaggio dell'arcidiocesi di Trento, i fedeli provenienti da Barletta, Gallarate, Pordenone, Rosegaferro, Rimini, Jesi, da varie città della Sicilia e dalla parrocchia di San Clemente Papa in Roma. Saluto inoltre la scuola "Montessori" di San Mauro Pascoli e i numerosi gruppi giovanili, come pure le associazioni "Difendere la Vita con Maria" e "Cardio-Salus", che incoraggio nel loro impegno. Assicuro anche un ricordo nella preghiera per la Giornata Mondiale dell’Autismo, che ricorre il prossimo 2 aprile. A tutti auguro una buona domenica.

www.vatican.va


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Caterina63
00mercoledì 8 aprile 2009 15:55
Lettera indirizzata al Papa da ragazzi africani [SM=g1740721]

Roma, 8 aprile 2009

Santo Padre,

a nome dei giovani dell’Africa desideriamo ringraziarLa di cuore per il Suo recente
viaggio in Angola e in Camerun, e in particolare per le parole che ci ha rivolto allo Stadio dos Coqueiros di Luanda. Grazie per la comprensione che ha manifestato per le nostre aspettative, le gioie, i timori e le sofferenze del nostro Continente. Grazie per il coraggio e la chiarezza con i quali si è fatto portavoce dell’Africa anche di fronte ai paesi ricchi, riuniti pochi giorni fa in Europa, a Londra.
Le sue parole sulla necessità dell’etica pubblica sono divenute già un punto di rifferimento nella vita sociale dei nostri paesi, nelle settimane posteriori al viaggio.
A volte, quando noi africani leggiamo i giornali del cosiddetto “Nord del mondo”, ci sentiamo fraintesi, sottovalutati, e anche utilizzati per interessi di parte. Dicendoci che il nostro è il “continente della speranza”, invece, Sua Santità ci ha mostrato fiducia, portandoci un messaggio di incoraggiamento. [SM=g1740722]

Grazie, Santo Padre, anche per le parole esigenti che ci ha rivolto, invitandoci all’impegno personale per l’educazione, per il servizio agli altri e contro la corruzione. In quest’esigenza vediamo anche la stima e il rispetto del Papa nei nostri confronti, mentre ci indica la via per trasformare il nostro Continente a partire del rinnovamento dei cuori.

Grazie per essere venuto a trovarci, ad ascoltarci e a indicarci una strada e per aver smosso le coscienze. A nome degli universitari e di tutti i giovani africani vogliamo dire al Papa che ci impegneremo con tutte le nostre forze per trasformare l’Africa, con pazienza e costanza, lavorando al servizio delle generazioni future.
Per questo impegno, contiamo sulla preghiera e sulla fiducia del Santo Padre.

Serge e Cyrille Futcha (a nome dei partecipanti del Camerun)
Marie-Louse Thiaw (a nome dei partecipanti del Senegal)
Supriano Dembe (a nome dei partecipanti dell’Angola)
Busisiew Fortunate Letsoto (a nome dei partecipanti del Sudafrica)
Mark Muhoro (a nome dei partecipanti del Kenya)
Sompto Chukwuemeka (a nome dei partecipanti della Nigeria)
Janvier Mahougnon Gbenou (a nome dei partecipanti del Benin)
Clementine Kiodi (a nome dei partecipanti del Congo)
Alex Mbonimpa (a nome dei partecipanti dell’Uganda)
Aimee Adjou (a nome dei partecipanti della Costa d’Avorio)
Brenda Garriga (a nome dei partecipanti della Guinea Equatoriale)

http://univforum.org/italy/newsuniv093.html


[SM=g1740733]
Caterina63
00martedì 1 settembre 2009 12:50

Da una corrispondenza interessante del 2003

Mi scrive padre Italo Piffer, comboniano in Uganda
dal 1961.

"Leggo la stampa italiana e sento la Bbc.
Si parla molto dell'Aids in Africa e tutti dicono
che bisogna fermare questa specie di genocidio che
sta verificandosi fra i nostri giovani.
Concordo in pieno.
Ma nessuno mette in chiaro quali sono le fonti
dell'Aids.


Ecco alcuni fatti che succedono in Uganda.
Ad ogni funerale ci sono sette giorni di danze
notturne con circa 300 adulti, cui i ragazzi e le
ragazze non possono partecipare perché gli adulti si
vergognerebbero.
La poligamia: poco tempo fa è morto l'assistente per
i lebbrosi e l'Aids di questa regione, il dottor Paul
Okumu: aveva quattro mogli e 28 figli e figlie, tutti
affetti da Aids
".

Continua:

"L'ispettore della scuola superiore di Gulu mi dice:
"Padre, sono triste perché alla sera una fiumana di
ragazzi e ragazze partecipano alle danze notturne".
Molti nella nostra zona hanno il videoregistratore e
vedono i più osceni film in cassetta (non hanno da mangiare, ma queste cose non mancano, ma nessuno si domanda chi paga dietro queste distribuzioni)
.
Nei college non pochi studenti e studentesse hanno il
"diploma", cioè il primo bambino.
Ad ogni minima celebrazione governativa viaggiano
cassette di birra e danze notturne.
L'africano è fatalista.
Il futuro non esiste.
"Oggi faccio quel che mi piace: se muoio, pazienza,
tutti debbono morire"".

"Mi domando: perché i governi europei non dicono ai
governanti africani che devono cambiare il modo di
vivere della loro gente?
Per me l'Africa è come una nave che sta affondando, i
capi sono in cima a gozzovigliare e vanno a cercare
aspirine da distribuire gratis!
Molti governi africani non muovono un dito per cambiare
le loro società.
Dicono che gli ospedali hanno meno ricoverati di Aids:
è vero, ma l'ospedale costa molto e la gente sa che non
si ricevono cure; per cui si tiene l'ammalato in casa e
gli si dà un po' di tè e zucchero".

"Dico ai governanti africani: gente, cambiate
comportamento!
L'Aids si vince anzitutto con una condotta morale
corretta.

L'Africa nera si salverà dall'Aids, prima che con le
medicine, con governanti, capi e autorità, padri e madri,
figli e figlie che vivono in modo corretto.
Gheddo, dille sui giornali queste verità, perché nessuno
le dice.

Firmato: padre Italo Piffer, comboniano".

Questa lettera, nella sua semplicità e autenticità, invita
a riflettere.
Se la pubblichiamo (ben consci che il problema-Aids è assai
complesso e non basta una paginetta) perché vogliamo tutti
aiutare i fratelli africani.

Ma per aiutare bisogna conoscere la realtà, non illudersi
con facili slogan.

Un medico italiano di un gruppo di volontari di Seregno
(Milano) in Benin mi dice:
"Il primo ostacolo alla lotta contro l'Aids è che manca una
struttura sanitaria sul territorio. Le medicine contro
l'Aids sono difficili da assumere: o si prendono in modo
corretto (ad ore fisse, bevendo litri di acqua pulita, con
una dieta adeguata, controllando ogni giorno la febbre,
ecc.) oppure producono danni; se i pazienti non sono seguiti
da persone esperte, è inutile avere medicinali.
In Benin, come altrove in Africa, manca l'organizzazione
sanitaria
".

La lettera di padre Piffer invita a due riflessioni.

La prima. Anzitutto rendiamoci conto delle nostre
responsabilità di occidentali.
La moralità tradizionale africana è stata distrutta
dall'impatto col mondo moderno portato dalla colonizzazione
.
Se noi, cristiani e ricchi del mondo, non ci convertiamo a
Cristo e alla legge morale dei Dieci comandamenti, come
possiamo pensare che il nostro "modello di sviluppo"
(esportato con tv, turismo, film, moda) non produca danni
peggiori in popoli giovani che mancano del necessario?


La seconda. Se vogliamo veramente essere fratelli degli
africani, dobbiamo prendere coscienza della realtà autentica
dell'Africa.
Per aiutare davvero non basta mandare un po' di miliardi e
di container: bisogna andarci, donare la vita o parte della
vita per educare, curare, assistere, condividere e dare una
mano per creare la struttura sanitaria ed educativa specie
nelle campagne (dove la scuola è allo stesso livello
dell'assistenza sanitaria).

Chiedo: chi va ad educare, curare, assistere, condividere?
Chi dà la vita o parte della vita per l'Africa, quando nei
nostri Paesi cristiani diminuiscono i missionari, le
missionarie e i volontari laici?
Perché nessuno protesta per questo?
Nessuno protesta contro i mass media, la scuola, la politica,
i partiti e sindacati che non educano i giovani a dare la
vita per gli altri?


P. Piero Gheddo P.I.M.E.
Mondo e Missione n° 04 anno 2003 -Africa- Uganda


[SM=g1740733]
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