Bartolomeo I invita a riscoprire le radici cristiane

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Caterina63
00mercoledì 4 febbraio 2009 19:24
Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli sul contributo dei filosofi ellenistici all'operato della Chiesa

Il pensiero greco
e le radici cristiane dell'Europa



    

Istanbul,
4. "Bisogna sottolineare il contributo delle lettere e del pensiero filosofico greco-ellenistico all'operato della Chiesa.

Essa fin dal suo principio, cioè dagli apostoli, i quali ingiustamente vengono considerati persone non colte, ha ricevuto l'influenza benefica delle lettere e della filosofia greca, utilizzandole come strumento per esaltare la nostra fede cristiana":  in occasione della festività dedicata ai tre padri e dottori della Chiesa universale, san Basilio, san Gregorio il Teologo e san Giovanni Crisostomo, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli ha voluto ricordare l'importanza delle radici cristiane dell'Europa e il legame con il pensiero greco.

Secondo Bartolomeo, l'Europa non può ignorare che la Chiesa, con le sue attività educative, ha istruito attraverso i secoli il popolo di Dio con la verità rivelata, trovando fondamento nelle scuole del pensiero umano, le quali hanno contribuito allo sviluppo intellettuale e spirituale dell'uomo, "allontanandolo da infruttuosi conservatorismi".

E non è casuale - ha detto ancora Bartolomeo - "che la maggior parte dei frequentatori delle scuole filosofiche furono assorbiti dal cristianesimo".
Quello delle radici cristiane dell'Europa è tema caro agli ortodossi. Anche il nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Cirillo, quando era presidente del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa ortodossa russa, ha più volte sottolineato che, senza il cristianesimo, l'Europa, in preda al relativismo e al secolarismo, dimentica il proprio passato e fatica a costruire con fiducia un proprio futuro.

Per il Patriarca ecumenico di Costantinopoli - riferisce l'agenzia AsiaNews - occorre sfatare la credenza che gli apostoli fossero persone non colte. Come primo esempio, il capo ortodosso ha ricordato l'evangelista Giovanni, "perfetto conoscitore della filosofia pitagorica e di tutto il pensiero filosofico, con il quale era venuto a contatto grazie al filosofo Filone; la teologia della Parola, con cui inizia il suo vangelo, presuppone la conoscenza del pensiero platonico e di Filone".

Gli stessi apostoli Pietro e Andrea avevano una profonda conoscenza del pensiero filosofico ellenico, "cosa che si evidenzia nelle due epistole di Pietro". Altro esempio è la somiglianza morfologica allo stile di Senofonte nei primi testi del cristianesimo.

Lo stesso termine teologia - ha sottolineato Bartolomeo - si incontra nella Repubblica di Platone, mentre Seneca predicava che Dio "è padre e compagno dell'uomo", che "deve sempre esprimere la sua gratitudine a Dio attraverso le virtù".

Aristotele "affermò la priorità della teologia su tutte le altre scienze", mentre Pitagora "abbinò la scienza alla religione".

Nel suo discorso il Patriarca ecumenico di Costantinopoli ha ricordato che, parallelamente alle correnti filosofiche, esistevano anche le scuole dove si formarono tutti i pensatori della Chiesa. "Famosa quella di Atene - ha spiegato - dove si sono formati san Basilio, san Gregorio il Teologo e Dionigi Areopagita, quella di Antiochia e quella di Alessandria dove sono cresciuti Giovanni Filopono, Clemente Alessandrino e Origene, il quale in seguito creò la scuola di Cesarea".

Nella stessa scuola di Alessandria si sono formati - ha detto ancora Bartolomeo - "i famosi scienziati cristiani di Gaza, una terra che sta soffrendo tanto in questo periodo" e "non si può certo dimenticare la scuola di Roma, con Giustino e Ippolito".

Non è la prima volta che il Patriarca ecumenico di Costantinopoli parla delle radici cristiane dell'Europa. Nel dicembre 2007, rivolgendosi a una delegazione cattolica giunta a Istanbul per il tradizionale scambio di visite tra le due Chiese in occasione delle feste di sant'Andrea (30 novembre) e dei santi Pietro e Paolo (29 giugno), aveva affermato di credere che "oggi più che mai sia nostro compito reclamare le radici cristiane dell'Europa e l'unità spirituale, sacramentale e dottrinale che esisteva prima dello scisma delle due Chiese".

E in una lettera indirizzata al cardinale Walter Kasper e ai membri del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, riferendosi anche alla visita di Benedetto XVI al Patriarcato di Costantinopoli (29 novembre-1° dicembre 2006), Bartolomeo aveva parlato dei "legami di amore e fiducia tra le nostre Chiese" e della "coesistenza pacifica dei cristiani, in uno spirito di unità e concordia".



(©L'Osservatore Romano - 5 febbraio 2009)
Caterina63
00venerdì 17 aprile 2009 19:20
La Pasqua e la filosofia nichilista nel messaggio del Patriarca ecumenico di Costantinopoli

Dio è morto
Ma la tomba è vuota



Istanbul, 17. Nelle Chiese del Cristo crocifisso, morto, risorto ed eternamente vivente:  è lì che trova "rifugio, consolazione e salvezza" l'uomo "disperato dei nostri giorni, tradito da tutti gli idoli, dai falsi dei che hanno rubato il suo cuore", cioè la finanza, l'ideologia, la filosofia, la metafisica e i restanti "vuoti raggiri" di questo "tempo fallace".

Nel messaggio per la Pasqua ortodossa che si celebra domenica prossima, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, sottolinea l'importanza della presenza delle Chiese cristiane nel mondo dove "può entrare liberamente colui che soffre, colui che è stanco, l'uomo sconsolato, per posare il fardello" della sua pena, della sua angoscia, della sua paura e della sua insicurezza.

"È un evento fortunato che Dio sia morto - scrive Bartolomeo - perché la sua morte è divenuta fonte della nostra vita e resurrezione. Ed è una fortuna che ci siano così tanti dei suoi "sepolcri" nel mondo, così tanti sacri templi" nei quali trova rifugio l'uomo afflitto dei nostri giorni.

All'inizio del suo messaggio pasquale il Patriarca ecumenico di Costantinopoli cita Friedrich Nietzsche e Jean-Paul Sartre:  "Tristemente - dice Bartolomeo - un giorno del diciannovesimo secolo l'umanità dovette ascoltare dalle labbra di un tragico filosofo che disse:  "Dio è morto! Noi lo abbiamo ucciso! Tutti noi siamo i suoi assassini! Dio resterà morto!" e "Che cosa sono altro le chiese se non tombe e sepolcri di Dio?". E qualche decennio più tardi - continua Bartolomeo - abbiamo udito dalle labbra di un suo giovane collega:  "Signori, vi annuncio la morte di Dio!"".

Per il Patriarca, "queste affermazioni di filosofi atei hanno scioccato le coscienze della gente"; ne è seguita "una grande confusione nel campo dello spirito e della letteratura, dell'arte e anche, per un certo periodo, della teologia dove - afferma Bartolomeo - specialmente in Occidente si è dibattuto su una "teologia della morte di Dio"".

La Chiesa, naturalmente, "non ha avuto mai il minimo dubbio che Dio sia morto" si legge nel messaggio. Si tratta di "un'inconfutabile realtà storica". Su questo punto - afferma il Patriarca - "siamo d'accordo con i filosofi, come possiamo accettare anche che le chiese, i templi, siano "le tombe e i sepolcri di Dio". Ma anche la resurrezione è un'incontrovertibile realtà storica, una realtà che ha immediate e salvifiche conseguenze per tutti noi".

Per Bartolomeo "il sepolcro di Cristo" è "vuoto per sempre":  invece di essere una "tomba per i morti" esso è "un monumento alla vittoria sulla morte, una sorgente di vita!". E "il sole della giustizia spirituale" è sorto "bello come da una tomba", portando "la luce che non si spegne, la pace, la gioia, la felicità e la vita eterna".

È vero - conclude il Patriarca ecumenico di Costantinopoli - che "i templi erano le "tombe" di Dio ma erano tombe vuote, riempite con la luce e ricolme della "fragranza della vita" e del profumo della primavera pasquale, brillante, splendida, adornata nella gloria e con fiori di speranza tangibile, donatori di vita".



(©L'Osservatore Romano - 18 aprile 2009)


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