UNA VITA DI PENITENZA, MA ANCHE DI GRANDI CONFORTI SOPRANNATURALI
Riproduzione della beata Taigi. Testimonia la sua fama.
Anna Maria Riannetti, nata a Siena il 20 maggio del 1769, non ebbe una infanzia facile a cominciare dal padre che, spendaccione, mandò in fallimento la famiglia costringendo il proprio nucleo familiare a trasferirsi a Roma a piedi. Anna Maria aveva all’epoca sei anni e crebbe fra stenti e difficoltà poiché il padre continuava a vivere alle spalle della madre, Maria Masi che, molto religiosa e devota, subiva tutto con spirito di sacrificio senza mai lamentarsi e aiutando la figlia a crescere in santità.
La bambina frequentò le scuole delle Maestre Pie Venerini, nel Rione Monti, finché non fu colpita dal vaiolo. Una volta guarita, fu affidata per 6 anni a due zitelle che allora avviavano le giovinette ai lavori femminili. In seguito, rimase in casa ad incannare la seta, ma, essendo esiguo l’utile che ne ritraeva, si adattò a fare da cameriera.
Fu durante quell’occupazione che la futura beata conobbe Domenico Taigi, facchino di credenza del principe Chigi. Anna Maria se ne innamorò e, dopo appena un mese di fidanzamento, contrasse matrimonio con lui nella chiesa di San Marcello al Corso (1789). Non ebbe quindi il tempo di conoscerne il temperamento rozzo, esigente, irruente. Ciononostante, come le aveva insegnato la madre con la sua stessa testimonianza verso il padre, l’amò e gli prestò i più umili servizi. Il marito ne fu tanto soddisfatto che le lasciò fino a che visse la direzione del focolare.
Quando a 91 anni fu chiamato a deporre sull’eroicità delle virtù della sua consorte disse: “Aveva un cuore d’oro… se fossi giovane e girassi tutto il mondo, una donna simile, con tutte le sue qualità, sarebbe impossibile trovarla”.
Santa Caterina da Siena diceva che non c’è vittoria senza battaglia e non c’è vera salute senza mortificazione della carne. E’ la via dei santi che non patiscono semplicemente o solo per se stessi. Dopo la sua conversione, Anna Maria si sentì costantemente attratta ad una vita di penitenza. Suo marito attestò che mangiava quanto bastava per non svenire e che si asteneva dai cibi soprattutto il venerdì in onore della Passione del Signore ed il sabato in onore di Maria SS. Per ottenere la conversione di qualche peccatore, il suffragio alle anime del Purgatorio, l’allontanamento dei flagelli di Dio dalla Chiesa e dalla società, digiunava sovente per quaranta giorni consecutivi. Durante il giorno non beveva. Il tormento della sete le riusciva particolarmente penoso quando s’impegnava a stare settimane intere senza ingerire liquidi facendo riferimento a Gesù sulla Croce e alla sete che patì.
In un santino, circondata dai figli.
Poteva quindi a ragione dire ai suoi figli: “Chi vuole amare Iddio occorre che sia mortificato in tutto. Più il nostro somarello (il corpo ndr) è avido, e più bisogna tirare le briglie”.
Di figli ne aveva avuti sette, tre morirono in tenera età e quattro raggiunsero l’età adulta e nonostante l’impegno che i figli le davano, mai si dimenticava di curare i poveri.
Durante i primi fervori della conversione, la beata, una mattina, mentre si trovava a letto inferma, vide il Signore il quale la prese per mano, la dichiarò Sua sposa, la liberò dal male e le comunicò il dono delle guarigioni. Fin dai primi giorni della conversione ella aveva sentito in sé vivissimo il desiderio di farsi religiosa per stare al cospetto di Dio “come un vittima reale e permanente per tutti i peccati che si commettono nel mondo”. Essendone impedita dallo stato matrimoniale, chiese ed ottenne di essere aggregata al Terz’Ordine dei Trinitari Scalzi in San Carlino alle Quattro Fontane (1790). Al momento della comunione il Signore le disse: “Oggi ti ho scelta affinché tu vada nel mondo a convertire anime e a consolare persone di qualsiasi condizione: preti, religiosi, prelati, cardinali e lo stesso mio Vicario. Tu avrai da combattere con una turba di creature deboli e soggette a molte passioni. Tutti quelli che ascolteranno le tue parole con cuore sincero e generoso, e le metteranno in pratica, avranno da Me grazie singolarissime e saranno contenti di spirito”.
IL PRODIGIO DEL SOLE DI FRONTE A LEI, “MISERABILE DONNICCIUOLA”
In questo santino, è ancora più visibile la riproduzione del sole misterioso.
Un giorno mentre Anna Maria si flagellava prostrata davanti al Crocifisso, vide risplendere sul proprio capo un sole misterioso, sormontato da una corona di spine intrecciate a forma di cappello, dalla cui estremità si dipartivano due spine che, come verghe a punta ricurva, andavano a incrociarsi sotto il disco solare. La beata esclamò spaventata: “Mio Dio, è forse questo un inganno del demonio?”. Il confessore la esortò a chiederne a Dio la spiegazione, ed Egli le rispose: “Questo è uno specchio che ti faccio vedere perché tu capisca il bene e il male”. Per incoraggiarla a portare a termine la sua difficile missione di vittima per i peccatori, il Signore ogni tanto le ripeteva “che Lui aveva fatto per lei ciò che non aveva operato per nessun altro dei suoi servi”. (Dio parla in terza persona di Se stesso?)
L’esistenza del misterioso sole, che le brillò dinanzi per quarantasette anni, è attestata da migliaia di fatti miracolosi, comprovati da diversi sacerdoti i quali ricevettero le sue confidenze per ordine del confessore, il p. Filippo di San Nicola, carmelitano scalzo, di Santa Maria delle Vittorie. Tra essi figuravano mons. Carlo Pedicini, segretario della Congregazione di Propaganda Fede, poi cardinale, e don Raffaele Natali, di Macerata, segretario del Maestro di camera del papa. Quest’ultimo abitava nello stesso appartamento della Taigi e l’assisteva anche materialmente. La beata sollevava gli occhi al sole con molta circospezione perché, quando lo rimirava, si sentiva scossa fino nel midollo delle ossa da un sentimento di rispetto e di timore. Perciò non lo guardava mai per curiosità, ma o per il bene spirituale delle anime, o per impulso divino, o per ubbidienza al confessore. Talora il Signore le diceva: “Se coloro che vengono in casa tua vedessero Chi sta con te, verrebbero con il cappello in mano, non per riguardo a te, che sei una povera creatura e miserabile donnicciuola, ma per rispetto a Colui che sta sempre con te”.
Nella vita quotidiana, piena di impegni e di affetti, non perdeva il contatto con il soprannaturale.
Nonostante gli impegni familiari e con i figli da crescere, si alzava tutte le mattine alle cinque per non mancare alla prima Messa della giornata e quando le faccende domestiche glielo permettevano e le restava del tempo libero, si recava di nuovo in Chiesa per prendere altre Messe o solo per sostare “a fare compagnia al Signore presente nel Tabernacolo, così solo e spesso abbandonato”. Soprattutto dopo pranzo e dopo aver sbrigato le faccende, ritornava a visitare le chiese in cui si veneravano famosi Crocifissi o si celebravano le Quarantore. Quando non c’erano le Quarantore si dedicava a tempo pieno ai malati e ai poveri.
Persino nello sbrigare le faccende di casa Anna Maria cadeva più volte al giorno in dolci deliqui d’amore, estasi mistiche. Si udiva allora esclamare sorridente: “Lasciami in pace, mio Signore! Ho altro da fare. Sono una madre di famiglia, andate, ve ne prego!”. Appena ritornava in sé, sospirava di gaudio: “Mio Dio! Senza di Voi è impossibile”. Riprendeva quindi il lavoro interrotto, o si raccoglieva in preghiera, davanti all’altarino attorno al quale, la sera, radunava la famiglia per la recita del Rosario e di altre numerose preghiere, ma amava anche molto leggere per se stessa e ai figli le vite dei Santi. Anna Maria nutriva una grande devozione alla Passione del Signore e spesso, nel meditarla, il Signore stesso la inebriava del Sangue prezioso.