COMBATTERE I VIZI, PRATICARE VIRTU' E OPERE DI MISERICORDIA

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
(Teofilo)
00lunedì 21 settembre 2009 11:33
Rispondi
Consiglia  Messaggio 1 di 6 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°Teofilo  (Messaggio originale)Inviato: 04/11/2002 21.28

VIZI E VIRTU’

Il peccato possiamo considerarlo come un atto transitorio, ma se esso è ripetuto produce nell'anima una ferita profonda, creando l'abitudine al male, cioè al vizio.

Il vizio quindi è l'abitudine a fare il male, acquistata ripetendo atti cattivi.

Tra i tanti vizi, sette si dicono capitali, perché ciascuno di essi è capo e origine degli altri. Essi sono: la superbia, l'avarizia, la lussuria, l'ira, la gola, l'invidia e l'accidia.



Prima  Precedente  2-6 di 6  Successiva  Ultima 
Rispondi
Consiglia  Messaggio 2 di 6 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 04/11/2002 21.30

Superbia e umiltà

II primo dei sette vizi capitali è la superbia. E il peccato di Lucifero e dei progenitori. È il primo della categoria perché fa parte di ogni peccato. La superbia è l'esaltazione eccessiva di se stesso, disprezzando gli altri. Da questo vizio che è il più grave nasce l'ambizione, la vanagloria, la disubbidienza, l'ostinazione, la presunzione, ecc..

Il superbo si mostra orgoglioso di quello che ha, dimenticando che tutto ha ricevuto da Dio e che di tutto dovrà rendere conto a Lui. San Paolo chiede al superbo: "Cosa hai che tu non abbia ricevuto? E se lo hai ricevuto, perché tè ne vanti come se non lo avessi ricevuto?^.

Il superbo si attribuisce doti che non ha, per questo diventa bugiardo e vuole soltanto apparire. Egli, inoltre, abbassa le doti altrui e spesso maschera il proprio orgoglio perfino sotto la veste di una falsa umiltà.

Dio detesta la superbia e l'ha punita severamente. Lucifero, l'Angelo più bello, proprio per la sua superbia divenne il primo demonio. Adamo ed Èva per l'ambizione di voler essere simili a Dio, peccarono trascinando nella rovina l'intero genere umano.

Dice la Sacra Scrittura: ^Odiosa al Signore è la superbia... Perché mai si insuperbisce l'uomo che è terra e cenere? Principio della superbia umana è allontanarsi dal Signore, tenere il proprio cuore lontano da chi lo ha creato "(Sir 10,7.9,12).

Il rimedio alla superbia è l'umiltà. Essa è la virtù che, dandoci l'esatta conoscenza di noi stessi ci fa stimare secondo il giusto valore. Perciò l'umiltà è innanzitutto verità, perché ci convince che da soli siamo nulla, ma con Dio possiamo tutto. La Madonna quando le fu annunciata la straordinaria missione per la quale Dio l'aveva scelta, rispose: "Ecco la serva del Signore" (Le 1,38). Ecco la vera umiltà: riconoscere che siamo di Dio e tutto dobbiamo a Lui.

La vita di Gesù poi è stata tutta un atto di umiltà. L'umiltà più grande non è stata, come si potrebbe credere la crocifissione ma l'Incarnazione.

Il demonio stesso, pieno di rabbia, lo riconobbe: "Ah! Non doveva umiliarsi a tal punto l'Altissimo...".

E nell'Eucaristia? Lui, Colui che l'universo non può contenere, si chiude in una piccola Ostia consacrata, tanto ci ama! Eppure non Lo si vede, non Lo si sente... vive nel nascondimento più profondo. Ma perché tutto questo? " Vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto Io facciate anche voi" (Gvl3,15).

Non si possono esercitare le altre virtù se non c'è l'umiltà, perché tutte le presuppongono. Solo chi è umile crede davvero in Dio e gli ubbidisce. Solo chi è umile, sa perdonare, è cortese, si presta ad aiutare il prossimo senza pretesa... Un saggio proverbio dice infatti: "Un carro pieno di virtù, guidato dalla superbia porta all'inferno; un carro pieno di vizi, guidato dall'umiltà porta in Paradiso".


Rispondi
Consiglia  Messaggio 3 di 6 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 04/11/2002 21.32

Avarizia e liberalità

L'avarizia è l'avidità, cioè l'attaccamento sfrenato al denaro e ai beni della terra, al punto che ad essi si sacrifica ogni cosa e diventano il fine della vita. In queste persone il denaro prende il posto di Dio! Al ricco che aveva ammassato tanta ricchezza e pensava di godersela, Dio disse: "Stolto, questa notte stessa tu morirai. E quello che hai accumulato di chi sarà? Cosi capita a chi accumula tesori sulla terra e non pensa di arricchire davanti a Dio! " (Le 12,20).

Padre Pio diceva che questa gente "fa come il maiale: si ingrassa per gli altri"...

L'avaro pensa solo al denaro e ad accumulare sempre più a qualsiasi costo. Perso Dio, teme enormemente la morte perché non vuole separarsi dai suoi beni. Giustamente un bei proverbio dice: "// denaro è il miglior servo, ma il peggior padrone! ".

Dobbiamo servirci del denaro non essere schiavi del denaro. A questo ci aiuta la virtù opposta all'avarizia, cioè la liberalità.

Essa è il distacco del cuore dai beni materiali, per cui si cercano solo quelli necessari e li usiamo anche per elemosine ed opere buone, perché Gesù ci ha detto che il superfluo dobbiamo darlo ai poveri.

La liberalità ci ricorda le splendide parole di Gesù: "Non accumulate tesori sulla terra dove i ladri sfondano e rubano. Accumulate tesori in cielo, dove nessuno ve li potrà rubare" (Mt 6, 19-21).


Rispondi
Consiglia  Messaggio 4 di 6 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 04/11/2002 21.34

Lussuria e castità

La lussuria è il vizio impuro che degrada gli uomini e li fa somigliare alle bestie. Gesù ha detto esplicitamente: "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio" (Mt 5,8). Nel sesto e nono Comandamento abbiamo già visto il vizio dell'impurità. Alla lussuria si contrappone la castità.

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Ira e mansuetudine L'ira è un moto impetuoso dell'anima che ci porta alla vendetta. Generalmente deriva dalla superbia, che si crede offesa e vuole vendicarsi; ma può derivare anche dal temperamento.

Vi può essere un'ira legittima e buona, quando è uno sdegno santo e moderato contro il male per correggerlo o detestarlo. È lo sdegno avuto da Gesù nel cacciare i profanatori del Tempio (Mt 21,12); lo sdegno che possono avere i genitori nel correggere iproprifigli.

Certo, chi si adira e mantiene l'odio contro il prossimo pecca, perché la legge di Dio impone il perdono, come Gesù ha perdonato i crocifissori: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Le 23,34). L'ira vera e propria è un male, perché si oppone a Dio, che è amore; porta con facilità ad imprecazioni, ingiurie e liti, e qualche volta fa perdere, anche solo momentaneamente, l'uso di' ragione.

Il rimedio è la MANSUETUDINE, virtù che modera e regola l'ira. Gesù ha detto (Mt 5,5): "Beati i miti perché erediteranno la terra (cioè la terra promessa del Paradiso).

La mansuetudine reprime il desiderio della vendetta. Gesù infatti ha detto: "Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe" (Mt 6,14-15). Gesù poi ci ha esortato ad imparare da lui, mite ed umile di cuore.


Rispondi
Consiglia  Messaggio 5 di 6 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 04/11/2002 21.36

Gola e temperanza

II vizio della gola è ;'/ desiderio smodato di mangiare e bere che rende l'uomo schiavo dei cibi e delle bevande. Il Signore ha messo un piacere unito all'azione del nutrirsi, proprio per invogliare a farlo. Il male sta nell'abuso. Tale abuso fa attaccare al piacere del cibo, tanto che non si bada più alle necessità altrui come fece il ricco Epulone col povero Lazzaro (Le 16,19-31 ); porta con facilità a rifuggire il lavoro ed il sacrifìcio, con conseguenze gravi sulla famiglia e sui figli, soprattutto per l'ubriachezza.

Il rimedio è la sobrietà. Il Signore non proibisce che si faccia festa in qualche circostanza. Tanto che Gesù stesso ha partecipato al pranzo di nozze a Cana ed ha anche cambiato l'acqua in vino (Gv 2,1-11), ma pensiamo come si sarà comportato Gesù e avremo l'esempio della temperanza che dobbiamo usare anche noi.


Rispondi
Consiglia  Messaggio 6 di 6 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 04/11/2002 21.37

Accidia e spirito di sacrificio

L'accidia è la pigrizia dell'anima che ci fa trascurare l'adempimento dei nostri doveri. Non è accidia la ripugnanza naturale al sacrifìcio, qualora si cerchi di superarla e neppure Y aridità di spirito (cioè la mancanza di gusto e soddisfazione nelle cose spirituali) che il Signore può permettere come prò va.

Gesù ha descritto l'accidia nella parabola dei talenti. A chi furono dati cinque talenti, a chi due, a chi uno.

Quest'ultimo invece di raddoppiarli con diligenza e buona volontà come fecero gli altri due, nascose il talento per pigrizia e meritò 'il giusto rimprovero del padrone: "Servo malvagio! Toglietegli il suo talento e datelo a chi ne ha dieci, poiché a chi ha sarà dato; a chi non ha sarà tolto anche quel poco che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di ^^•"(Mt25,14-30).

L'accidia può portare a conseguenze gravi: l'abbandono del lavoro, mentre è sacrosanto dovere imposto da Dio, l'abbandono dei doveri religiosi, che ha come conseguenza la rovina etema, il rimedio è lo spirito di sacrificio^ cioè l'accettazione coraggiosa di quello che si oppone ali' adempimento dei nostri doveri quotidiani, pensando che anche quelhi è volontà di Dio, e anche al premio che Egli ci ha preparato. Gesù stesso nel Getsemani sentì il peso e la nausea della sofferenza, ma si rivolse al Padre e gli disse: "Non sia fatta la mia volontà, ma la tua" (Le 22,42).

(Teofilo)
00lunedì 21 settembre 2009 11:36
Rispondi
Consiglia  Messaggio 1 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°Teofilo  (Messaggio originale)Inviato: 01/12/2002 15.21
                      OPERE DI MISERICORDIA CORPORALE

Dare da mangiare agli affamati

La fame continua ad essere presente nel mondo, nonostante i progressi tecnologici e la crescita della produzione alimentare e industriale. Non è il cibo che manca: manca un’equa distribuzione dei beni della terra. La fame è frutto della povertà e la povertà e frutto delle ingiustizie. C’è chi ha troppo e chi non ha nulla, o manca comunque del necessario.

Questa prima opera di misericordia corporale ci chiede anzitutto di aprire gli occhi sulla fame e sulla povertà del mondo: del mondo sottosviluppato, dove la fame comporta non solo assenza di cibo, ma anche impossibilità a curare la salute, ad accedere alla scuola, ad avere un lavoro e un reddito; povertà del nostro Paese, dove pure esistono casi e fenomeni di povertà e di emarginazione.

La permanenza della povertà nel mondo ci dice che non è sufficiente il gesto occasionale di misericordia, che assicura un pasto a chi a fame.

La misericordia deve diventare costume di vita; deve portarci a verificare lo stile dei nostri consumi, ad evitare tutto ciò che è superfluo per destinarlo ai poveri ai quali appartiene, a praticare perciò solo l’elemosina, ma la condivisione, la comunione con gli altri. La misericordia di Cristo, infatti, alla quale facciamo riferimento, nella fede, è stata ed è condivisione.



Prima  Precedente  2-9 di 9  Successiva  Ultima 
Rispondi
Consiglia  Messaggio 2 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.22

Dare da bere agli assetati

La mancanza di acqua richiama all’attenzione la situazione catastrofica del Sahel, una larga fascia a sud che tocca diversi paesi africani, dove da anni piove sempre meno e dove le sabbie del deserto avanzano, seminando la morte: senza acqua non si può vivere, non si può coltivare, è impossibile l’igiene, è problematica la prevenzione come la cura delle malattie.

Questo disastro ecologico sahariano è da imputare in parte non trascurabile – dicono i biologi – all’opera nefasta dell’uomo. Il terreno era costituito di savana e di vegetazione arborea xerofila - cioè amante del secco – capace di resistere all’enorme secchezza dell’ambiente. Questa vegetazione manteneva una ricchissima fauna: giraffe, rinoceronti, antilopi, ecc. La fauna è stata distrutta e sostituita da enormi mandrie di bovini, che hanno calpestato e appiattito il terreno, annientando la vegetazione erbosa e accelerando l’erosione del suolo. Enormi distese sono diventate improduttive in seguito al tentativo di coltivare piante inadatte; i pastori hanno bruciato sconsideratamente la savana per favorire la produzione di erba verde per i bovini, eliminando i già scarsi alberi; la piovosità è diminuita per il continuo indietreggiare della grande selva ombrifera del Congo.

Il disastro di Sahel deve renderci pensosi. Noi pure rischiamo di distruggere con le nostre mani il nostro ambiente umano ora però urge salvare la vita di migliaia di fratelli. Un pozzo d’acqua: forse una persona da solo non può donarlo. Una famiglia un gruppo di famiglie, una parrocchia tutta insieme, sì.

Il Signore ritiene dato a sé un bicchiere d’acqua fresca offerto ai fratelli più umili e bisognosi

Vestire gli ignudi

Ci sono nudità da intendersi in senso letterale: impossibilità di coprirsi per difendersi dal freddo e presentarsi dignitosamente agli altri: è la nudità più umiliante, segno e frutto di estrema povertà. È opera di misericordia donare un vestito, indumenti intimi, calzature a chi ne è privo. È misericordia vera se gli indumenti donati sono in ottimo stato, possibilmente nuovi, acquistati con nostro sacrificio, magari risparmiando sui nostri vestiti, evitando l’esibizionismo del capo firmato. Certa carità, fatta con vestiti vecchi e rattoppati, liberandoci di cose inutili che noi non indosseremmo mai, viene identificata dalla gente semplice come "carità pelosa".

C’è anche una nudità che coincide con l’assenza di un tetto. Nelle grandi città ci sono i cosiddetti "baraccati". Le baracche sono l’ultimo anello dei una serie di abitazioni chiamate eufemicamente "improprie". impropria significa molto spesso: umidità che deturpa e consuma, assenza di servizi igienici, promiscuità per la ristrettezza dei locali, rischio di malattie infettive. Le baracche non ci sono ovunque; abitazioni improprie esistono in ogni città.

La carità in questi casi deve procedere strettamente collegata con la giustizia e deve tradursi nell’impegno politico perché il diritto alla casa sia una realtà per ogni uomo.


Rispondi
Consiglia  Messaggio 3 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.23

Alloggiare i pellegrini

I pellegrini del nostro tempo si chiamano emarginati e immigrati. Il loro abbandono della patria, nella stragrande maggioranza, è imposto dalla necessità. È necessità dolorosa perché comporta:

*abbandono della propria terra, della famiglia, della rete di amicizie

*disagio da inserimento abitativo, lavorativo, scolastico per i bambini, sanitario, relazionale anche per la non conoscenza della lingua.

*chiusura talvolta in un ghetto, che è guardato con diffidenza dalla popolazione locale, e in alcuni casi, è oggetto di punte razzistiche.

Fa opera di misericordia chi si impegna per:

*preparare l’emigrazione sia professionale sia spirituale, affinché le tradizioni religiose siano salvaguardate nel nuovo contesto;

*aiutare i nuovi immigrati ad inserirsi nell’ambiente, ad apprendere la lingua, a conoscere leggi, usi e costumi, a trovare una sistemazione dignitosa sia sul piano abitativo che sul piano lavorativo.

*diffondere la cultura dell’accoglienza: gli immigrati non sono solo portatori di "bisogno"; sono anche portatori di valori, sono ricchezza per la comunità che li accoglie.

Visitare gli infermi

Il "buon samaritano" del Vangelo offre al cristiano una traccia di comportamento caritativo esemplare. Appresta all’infortunato le cure immediate, lo trasporta al pronto soccorso, paga di proprio le cure più appropriate, si impegna a ritornare per vedere il malato. In sintesi dà allo sconosciuto sostegno sanitario e calore umano. Il primo atto di misericordia verso il malato è di impegnarci perché abbia una cura efficace, nell’ambito di una reale protezione sanitaria, accessibile a tutti, eventualmente integrando finanziariamente medicine e cure non previste.

Il malato però, oltre alle medicine e al ricovero in ospedale, ha bisogno di umanità. La sua condizione lo rende particolarmente sensibile all’affetto, al colloquio, al rapporto personale. C’è qui un grande spazio per l’esercizio della misericordia, soprattutto per i malati che non hanno nessuno e che, per la lontananza dalla propria residenza, più difficile vedendo parenti e amici. Dovunque ci sono malati, lì il Signore dà appuntamento ai cristiani.


Rispondi
Consiglia  Messaggio 4 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.23

Visitare i carcerati

Quest’opera di misericordia è una delle più difficili da praticare, giacchè il carcere non è un ambiente aperto e accessibile a chiunque. Le leggi e i regolamenti consentono visite esclusivamente a persone autorizzate e a volontari preparati. L’opera di misericordia è comprensibile e attuale se si considera il problema del carcere nel suo insieme e nei riflessi che produce.

Anzitutto il carcerato è un uomo che soffre, perchè si sente causa di altre sofferenze, perché si sente emarginato e condannato ancora prima della sentenza definitiva. Finchè sta in carcere è sempre possibile tenere con lui un rapporto epistolare: è una strada per impedire che la violenza del contesto carcerario lo faccia disperare. Forse l’aiuto maggiore può offerto al termine della pena: un aiuto fatto di vicinanza, di sostegno nel reinserimento lavorativo, nel ricupero di vicinanza, di relazioni più o meno compromesse.

Più grave, in alcuni casi, è la situazione della famiglia. Il coniuge deve portare il peso della solitudine e dell’umiliazione e spesso deve affrontare seri problemi finanziari. I bambini, vittime innocenti, talvolta leggono sul volto dei coetanei lo scherno e il disprezzo: rischiano di veder segnata la loro fanciullezza o adolescenza da un marchio: sono i figli del carcerato.

La pietà cristiana può fare molto: educare la comunità ad evitare assurde condanne e a porsi, invece, in atteggiamento di accoglienza e di solidarietà.

Seppellire i morti

La presenza dei cristiani ai funerali, costituisce il commiato della comunità di fede alla sorella o al fratello partiti per l’incontro definitivo con il Signore. Il culto per la salma di chi ci ha lasciati è la comunità del rispetto e della venerazione dovuti alle persone vive.

Per essere autentico, il culto dei morti deve riflettere un sincero impegno per la vita. Anzitutto la misericordia va usata per i morenti: vi sono coinvolti i presenti, i vicini, il personale sanitario (medici, infermieri), la comunità cristiana nel suo insieme. Tutti sono impegnati ad aiutare i fratelli e le sorelle a morire bene: senza forme di terrorismo psicologico, ma anche senza evasioni. Si devono preparare le persone ad incontrarsi con il Signore, presentando come padre e amico, attraverso la preghiera e la ricezione dei Sacramenti.

È atto di misericordia rasserenare i morenti, assicurando loro la vicinanza solidale alle persone che rimangono, soprattutto se si tratta del coniuge e dei figli in tenera età.

È atto di misericordia anche diffondere una cultura cristiana della morte, inserendola nel contesto della vita umana. La morte non deve mai essere provocata, né dall’alcool, né dalla droga, né da altre violenze o inutili imprudenze; ma quando arriva va accolta nello spirito della fede: è il passaggio verso la comunione definitiva e gioiosa con Dio.

 


Rispondi
Consiglia  Messaggio 5 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.25
    LE OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALI

1. Consigliare i dubbiosi

Le persone insicure, ansiose, psicologicamente fragili, bisognose di essere ascoltate, per chiarirsi interiormente, si incontrano ad ogni passo e in ogni ambiente.

I settimanali sono pieni di lettere confidenziali, nelle quali le persone pongono all'esperto o al direttore problemi e dubbi, che non possono esprimere in un colloquio, perché nessuno è disponibile ad ascoltarle.

Succede, non di rado, che un passeggero nei bus o nei treni, si metta a parlare con chi gli siede accanto, dopo una rapida esplorazione con lo sguardo sulla sua disponibilità Parla delle cose sue, di fatti banali, insignificanti. il colloquio talvolta è solo un pretesto, per spezzare la sua insopportabile solitudine.

Le persone sole sono una moltitudine: ci sono anziani che si sentono e sono considerati inutili, perché improduttivi; ci sono persone con handicap fisici e psichici e ci sono i loro familiari, anch'essi emarginati; ci sono individui accasciati da disgrazie, che lentamente sono diventati misantropi, scontenti.

L'opera di misericordia chiamata in causa da questa moderna e diffusa povertà, si chiama "ascolto": tempo dato all'ascolto, disponibilità ad ascoltare anche quando c'è poco tempo e ci sono molte faccende importanti da sbrigare. La cosa più importante nella vita è la persona, è l'avviare un dialogo, l'aprire un rapporto.

La comunità parrocchiale può facilitare l'esercizio dell'ascolto, individuando sul territorio le situazioni più problematiche e mettendole a contatto con una rete di volontariato ben preparato; oppure avviando un centro di ascolto o il "telefono amico


Rispondi
Consiglia  Messaggio 6 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.25

                                 2. Insegnare agli ignoranti

Le tipologie di ignoranza sono numerose. La più conosciuta è la carenza di istruzione scolastica elementare. Nel mondo, gli analfabeti sono oltre 800 milioni: sono presenti, in massima parte, nei paesi della fame e del sottosviluppo. Si dà scarsa attenzione nei media a questa piaga dell'umanità: si è più colpiti dall'immagine di un lebbroso, di un bambino denutrito, di una regione bruciata dalla carestia

In realtà dall'alfabetizzazione dipende, in buona parte, la soluzione di altri gravi problemi: la fame, la malattia, la povertà. Chi sa leggere e scrivere può comunicare con gli altri, è più autonomo, ha il senso della propria dignità, è aiutato a cogliere il senso dell'igiene, prevenendo le malattie.

Chi, all'alfabetizzazione, aggiunge la formazione professionale, è in grado di lavorare la terra, di sfruttare le acque e le risorse naturali, di capire i suoi diritti e i suoi doveri, di esigere rispetto, di opporsi allo sfruttamento.

Una strada per combattere l'analfabetismo, qui sta l'opera di misericordia è il finanziamento anche parziale di una "microrealizzazione" di tipo scolastico, proposta dai missionari, o dalla Caritas o da organismi di volontariato. Serve per pagare i maestri, o le attrezzature o il materiale scolastico.

Anche nel nostro Paese ci sono casi di evasione scolastica: sono bambini vittime dell'incoscienza dei genitori, che per un facile guadagno li avviano all'accattonaggio, o a lavori abusivi. Vengono sottratti all'istruzione elementare indispensabile e condannati all'emarginazione. È opera di misericordia individuare le piccole vittime dell'ignoranza, convincere i genitori a ravvedersi ed eventualmente far intervenire l'amministrazione pubblica, per salvare i diritti di piccoli indifesi.

C'è anche l'ignoranza delle verità religiose: è la meno percepita, ma è la più grave, perché impedisce di conoscere Dio e il suo amore e, di conseguenza, di capire il senso della propria vita. Ognuno è chiamato a diffondere il dono della fede, con discrezione, umiltà, coraggio. Alcuni sono chiamati, formalmente, dalla Chiesa a questo servizio di carità: i catechisti. I genitori sono per natura e per vocazione i «primi annunciatori della fede».

3. Ammonire i peccatori

Peccatori da ammonire siamo tutti noi e tutti siamo invitati a richiamare i fratelli che sbagliano. È il senso della solidarietà di chi si sente in cordata. Nessuno deve perdersi: ogni caduta è una sconfitta per tutti. L'egoista, lo scostumato, lo sfruttatore, l'orgoglioso, il pigro, il violento... rendono il mondo più povero e rubano a tutti un po' di fierezza umana.

Ci sono poi colpe che divengono facilmente contagiose e creano un malcostume sociale, sempre più difficilmente sanabile:

l'uso sregolato della propria sessualità, l'infedeltà coniugale, il disprezzo della vita, la guida pericolosa, la trasgressività fine a sé stessa, l'illegalità, la corruzione, l'evasione fiscale, l'inquinamento e il non rispetto dell'ambiente, le spese inutili e capricciose...

Assistere a questo degrado passivamente, può essere indice di complicità. Il Signore Gesù ci ha indicato il comportamento coerente dicendoci: «Se tuo fratello commette una colpa, va e ammoniscilo, fra te e lui solo: se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello» (Matteo 18,15).

La correzione fraterna è un'arte difficile: esige delicatezza, rispetto> discrezione, gradualità, umiltà. In ogni caso è un dovere cristiano e parte dal principio che ognuno è responsabile dei propri fratelli


Rispondi
Consiglia  Messaggio 7 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.27

4. Consolare gli afflitti

Le afflizioni sono espressioni di una sofferenza così intensa e continuativa, da generare la prostrazione dell'animo e l'oscuramento della speranza.

Possono provenire dalle cause più disparate: una malattia fisica di cui non si conosce la natura e l'esito; un momento dl gravi difficoltà economiche (un debito che non si riesce a pagare, la stretta dell'usura..); il deterioramento dei rapporti familiari tra marito e moglie, tra genitori e figli; la perdita di stima nell'ambiente di lavoro... L'esito comune e l'angoscia: uno ha l'impressione di non farcela più, si trova come in un tunnel di cui non intravede l'uscita, si sente isolato, abbandonato.
Giustamente, all'opera di misericordia è stata attribuita l'identità di consolazione: «Consolare», stare con le persone sole. È importante infatti in simili momenti sentire al fianco qualcuno disponibile a camminare insieme e insieme cercare una soluzione.

Le due cose vanno abbinate. L'opera di misericordia per essere efficace deve proporsi la scomparsa o l'attenuazione dell'angoscia. Perciò ci si deve adoperare per individuare le cause dell'afflizione e rimuoverle, ad esempio, facendo chiarezza sulla malattia, organizzando solidarietà economiche, facilitando il ricupero del dialogo interrotto in famiglia o della stima nell'ambiente del lavoro.

Talvolta le afflizioni colpiscono intere popolazioni o comunità, a causa di emergenze, quali il terremoto, inondazioni, siccità, guerre... Si è in presenza di un dramma collettivo, nel quale soccombono anzitutto i membri più deboli.

La consolazione in questi casi deve coinvolgere tutta la comunità cristiana. Una formula significativa ed efficace di aiuto è il gemellaggio fra una diocesi o una parrocchia e la comunità colpita. Il gemellaggio è un impegno continuativo ad esprimere vicinanza (con corrispondenza, con visite...) e aiuto concreto, in risposta alle varie tipologie di bisogno che via, via emergono, fino alla conclusione dell'emergenza, in uno spirito di reciprocità. Può essere considerata la traduzione, nei limiti dell'umano, dell'alleanza biblica.

5. Perdonare le offese

Il perdono dei nemici è l'impegno più difficile che ci ha affidato il Signore. Ce lo ha presentato con caratteristiche precise: Come obbligo: «Avete inteso che fu detto. Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico"; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori» (Matteo 5,43).

Come segno della novità cristiana, ossia della nascita alla vita nuova: «...perché siate figli del Padre celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni» (Matteo 5,43).

Come condizione per ottenere il perdono: «Pregate così..."rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori»» (Matteo 6,12).

L'insistenza con cui Gesù ha indicato con la parola e con la sua testimonianza personale la strada del perdono, aiuta a cogliere la ricchezza spirituale che esso contiene: spesso è causa di conversione ed è comunque una strada di evangelizzazione.

Il perdono delle offese è opera richiesta non solo ai singoli, ma anche alle comunità nazionali e internazionali. Senza il perdono, sarà l'orgoglio a dominare la scena del mondo, e con esso la violenza e la guerra. I cristiani che accettano la dimensione della misericordia e del perdono diventano anima di un mondo riconciliato, non violento, pacifico.


Rispondi
Consiglia  Messaggio 8 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.28

6.Sopportare pazientemente le persone moleste

Molestia e tutto ciò che disturba la nostra quiete, riduce la nostra sicurezza, scompagina i nostri piani.

Il termine richiama una varietà di immagini: la zingara che ci insegue petulante per estorcerci l'elemosina; l'amico che avvia una lunga conversazione telefonica in un momento in cui siamo pressati di urgenze; l'automobilista scortese; i bambini che giocano sotto le finestre impedendoci di riposare; i vicini di casa che litigano a voce alta come fossero in un'isola deserta.

Ma poi ci sono le molestie più pesanti: i giudizi errati e maligni dati sui nostro operato, l'ingratitudine di chi abbiamo beneficato, il pettegolezzo noioso del vicinato: in alcuni momenti tutto sembra congiurare contro la resistenza dei nostri nervi. La sapienza cristiana ci porta a distinguere tra molestia e molestia.

Ci sono molestie che provengono dalla cattiveria umana, altre che sono espressione di maleducazione, altre infine che scaturiscono da strutture sbagliate. il disturbo dei bambini che giocano, ad esempio, può dipendere dall'assenza di verde pubblico e di spazi per il gioco. Il disturbo dei vicini di casa dipende in buona parte dalle strutture edilizie, progettate all'insegna del massimo risparmio e senza la preoccupazione di salvaguardare la privacy.

Il dovere di sopportare non coincide con il martirio:

* il primo dovere è di evitare noi le molestie agli altri, assumendo l'abitudine dl interrogarci sui riflessi delle nostre azioni;

* un secondo dovere è di impegnarci tutti, per creare una città a misura d'uomo e per alzare il senso civico della comunità e il rispetto delle persone;

* infine dobbiamo accettare i disagi inevitabili. Le piccole croci che scaturiscono dalla convivenza e dalla diversità ci possono aiutare a maturare in umanità.

                                7. Pregare Dio per i vivi e per i morti

Questa è l'unica opera che comporta un esplicito richiamo alla fede. Essa lascia quasi trasparire il senso della nostra debolezza, la fatica a praticare la misericordia nella vita quotidiana:

per questo ci appelliamo alla fonte, affidiamo i nostri fratelli alla misericordia divina.

La preghiera è l'atto più grande di misericordia. In ultima analisi è il Signore che cambia il cuore degli uomini e delle donne; è Lui il padrone della natura e della storia, della malattia e della salute; è Lui l'unico veramente capace di far andare un po' meglio il mondo. La preghiera peri vivi e per i morti è un atto di fede nella realtà del Corpo Mistico. Gesù incarnandosi si è unito ad ogni persona; ha unito tutti gli uomini a sé in un unico grande corpo, del quale Lui è la testa e noi siamo le membra: un corpo nel quale vigono le leggi della comunione, della responsabilità reciproca.

La Scrittura ci invita a pregare per ogni necessità nostra e degli altri. Dobbiamo pregare soprattutto per le persone che il Signore ci ha messo accanto o che ci ha fatto incrociare sul nostro cammino: il sacerdote per i suoi fedeli, la mamma per i figlioli e per il marito, il maestro per gli alunni, il medico per i suoi pazienti e viceversa.

Anche i nostri morti devono entrare nell'orizzonte della nostra preghiera: sono uniti a noi, perché sono uniti a Cristo. E il rapporto è reciproco: noi usiamo loro la misericordia del suffragio, loro implorano per noi la benedizione, cioè tutto ciò che è veramente bene per noi.

Caterina63
00giovedì 21 ottobre 2010 18:40
L'esortazione dell'episcopato in occasione dell'assemblea generale d'autunno

Un anno di preghiera
per i cattolici in Irlanda


Dublino, 21. Tutela della vita, anno di preghiera per il rinnovamento spirituale, approfondimento del mistero eucaristico:  sono questi i contenuti principali sui quali si sono incentrati i lavori dell'assemblea generale d'autunno della Conferenza episcopale d'Irlanda.

I vescovi hanno affrontato diversi temi a partire dalla tutela della vita nascente, esortando i fedeli a unirsi in preghiera nelle varie diocesi in vista della speciale veglia in programma a fine novembre, in Vaticano, in coincidenza con la prima domenica di Avvento.


Dall'episcopato, in particolare, si chiede ai fedeli di sostenere anche il processo di purificazione spirituale e morale a seguito della vicenda degli abusi sui minori. I presuli incoraggiano pertanto i fedeli a cogliere la celebrazione della domenica di Avvento - che cade il 28 novembre - e la lettura del Vangelo di Matteo come opportunità per utilizzare per tutto l'anno liturgico la preghiera basata sulle sacre scritture, al fine di guidare il processo di rinnovamento della comunità ecclesiale. A tale riguardo, si sottolinea la gratitudine dell'episcopato a tutti coloro che hanno offerto contributi di riflessione in relazione alla lettera pastorale di Benedetto XVI ai cattolici dell'Irlanda, pubblicata il 19 marzo 2010, nella solennità di san Giuseppe.

I vescovi, richiamando la lettera pastorale, riconoscono "il bisogno del profondo rinnovamento e di una nuova visione per ispirare la generazione presente e quelle future a far tesoro del dono della comune fede". I fedeli sono sollecitati altresì a recitare la preghiera per la Chiesa in Irlanda, contenuta nella lettera pastorale, accogliendo l'invito del Papa all'osservanza dell'adorazione eucaristica, del sacramento della riconciliazione e della penitenza del venerdì.

Un altro punto affrontato è stato quello della lettera di Benedetto XVI ai seminaristi, pubblicata il 18 ottobre 2010, nella festa di san Luca, evangelista. La missiva, è scritto nella nota dei vescovi, "pone in risalto gli elementi fondamentali di una formazione integrale umana e spirituale per tutti coloro che si impegneranno nel ministero sacerdotale".

L'assemblea è poi passata a esaminare la preparazione del 50° Congresso eucaristico internazionale, che si terrà a Dublino nel 2012. Il tema è "The Eucharist:  Communion with Christ and with one another". La comunità dei fedeli, si rileva, ha già intrapreso il cammino di preparazione pratica in vista dell'evento:  uno dei momenti centrali sarà l'incontro nazionale previsto in coincidenza con la solennità del santissimo Corpo e Sangue di Cristo nel giugno 2011. Intanto, è già stato approvato il testo della Eucharistic Congress Prayer, che è stato tradotto anche in tedesco, francese, italiano, spagnolo e polacco. I vescovi ricordano, fra l'altro, che sul sito internet www.catholicbishops.ie  è disponibile un breve video di presentazione del Congresso assieme ad altre informazioni.

Un altro tema è stato la celebrazione del mese missionario. I vescovi si uniscono al Papa per evidenziare il mese di ottobre come occasione per rinnovare l'impegno di annunciare il Vangelo e per dare maggiori prospettive alle attività pastorali. In tale contesto, si ricordano i 2.000 religiosi di origine irlandese "che hanno portato nel mondo le preghiere e gli aiuti della Chiesa, specialmente nelle zone più povere". Lo slogan che accompagna il mese missionario "Together in Mission - è aggiunto - chiede a tutti di vivere la chiamata derivante dal battesimo per assicurare la proclamazione della buona novella".

I vescovi, infine, apprezzano ed esprimono gratitudine per il lavoro di sostegno fornito ai missionari dall'Apostolic Work Society e per i generosi contributi dei fedeli ai programmi dell'agenzia Trócaire, l'organizzazione per lo sviluppo della Chiesa in Irlanda. Ragguardevoli sono stati i risultati raggiunti nei primi nove mesi del 2010:  in totale sono stati raccolti 15 milioni di euro. "In questi tempi difficili per l'economia nazionale - si osserva dalla Conferenza episcopale - apprezziamo molto i contributi dei cittadini alle campagne di solidarietà di Trócaire".

L'agenzia per lo sviluppo ha programmato nei mesi scorsi delle speciali collette per Haiti e il Pakistan. Il denaro raccolto è stato utilizzato per fornire generi di prima necessità ai sopravvissuti al terremoto e alle alluvioni nei due Paesi. "Le alluvioni in Pakistan - ha affermato il presidente di Trócaire, il vescovo di Clonfert, John Kirby - hanno lasciato un disastro inimmaginabile e le famiglie stanno lottando disperatamente per sopravvivere". Nelle emergenze maggiori, l'agenzia Trócaire lavora a stretto contatto con la rete delle Caritas nazionali.

Infine, i presuli si sono soffermati sulla nuova traduzione in lingua inglese del Messale Romano che verrà utilizzato nelle diocesi dei Paesi anglofoni e che è stato approvato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Il nuovo Messale sostituirà in Irlanda quello utilizzato dal 1975. Il lavoro di pubblicazione dell'edizione irlandese del Messale è iniziato e l'auspicio è che il testo sia pronto per l'utilizzo a partire dalla prima domenica di Avvento del 2011.


(©L'Osservatore Romano - 22 ottobre 2010)

Caterina63
00sabato 30 ottobre 2010 12:49

Cristo è poco amato


Ogni mese sul principale motore di ricerca, il termine "Cristo" viene cercato 2,7 milioni di volte, invece il termine "porno" addirittura 151 milioni di volte. La sproporzione è abissale! Vien voglia di piangere a pensare tutto l'amore di Dio per noi e alla sua atroce Passione, e poi vedere che Gesù Cristo è poco amato. Ormai la società è paganizzata.

Se qualcuno osa fare la correzione fraterna agli amanti dei siti porno, ricordando loro che visitare un sito pornografico è peccato mortale, questi gli ridono in faccia e lo prendono per matto. Ma ecco quel che Sant'Alfonso Maria de Liguori diceva ai mondani: "Oh amanti del mondo, alla valle, alla valle vi aspetto [la valle di Giosafat, ove avverrà il Giudizio Universale n.d.r.]. Ivi senza dubbio muterete sentimenti. Ivi piangerete la vostra pazzia. Miseri, che per fare una breve comparsa sulla scena di questa terra, avrete poi a far la parte dei dannati nella tragedia del giudizio."

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 09:45.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com