Che cosa fu l'INQUISIZIONE? Come agì la Chiesa?

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Caterina63
00venerdì 28 novembre 2008 15:28
Suggerisco poi un salto qui:
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=...

per leggere sull'Infallibilità del Papa.....

Appena si parla di Inquisizione si immagina subito (collettivamente) una Chiesa barbara e assassina...possiamo dire che la propaganda anticlericale ha saputo lavorare molto bene per mascherare la verità oggettiva dei fatti.... [SM=g27988]

Un grazie al sito Totus Tuus per il testo che segue....

La mite inquisizione

di Vittorio Viccardi

Inquisizione! Basta la parola e per i cattolici non c'è che un rimedio: chiedere scusa, contriti, a destra e a manca. Ma la vera storia è un'altra. Scopriamo la mite Inquisizione.

Non v'è dubbio che l'Inquisizione sia ancora oggi uno degli istituti più demonizzati della storia, di quella della Chiesa in particolare. I libri scolastici la descrivono come strumento efficace, spietato ed infallibile, utilizzato dal Papato per affermare la propria egemonia e per condannare al rogo eretici e miscredenti. E molti tra gli studenti, ovviamente, rimandano a memoria questo insegnamento. Che i tribunali dell'Inquisizione fossero luogo di inenarrabili torture e di sadiche condanne (ci furono, in realtà, ben tre Inquisizioni: la medievale, la spagnola e la romana, ciascuna con una storia propria, ma per i più, purtroppo, questi sono dettagli irrilevanti) è opinione assai diffusa. Questa immagine nasce nel Cinquecento protestante, cresce nel Settecento degli Illuministi e si nutre con la letteratura popolare ottocentesca, ispirata dalla Massoneria. Come si vede, tutte fonti interessate, certamente non amiche della Chiesa. Sarà da vedere quanto siano storicamente attendibili. Gli effetti di tanto accanimento si vedono, eccome, anche in casa cattolica. Al solo pronunciare la parola "Inquisizione" i nostri ammutoliscono, si vergognano, si rifugiano in un imbarazzante "non so che cosa dire". Non sempre è così, meno male. I più recenti studi storici stanno gradualmente modificando questa "leggenda nera" dell'Inquisizione, grazie ad una considerevole quantità di dati di cui si viene a conoscenza, che smascherano le falsificazioni e rendono possibile conoscere la verità.

Ne emerge una Inquisizione diversa da quella comunemente denigrata, una Inquisizione non scevra da errori ed eccessi, certo, ma pur sempre limitati, circoscritti, subito corretti non appena denunciati. Insomma, sta emergendo con sorpresa una Inquisizione sostanzialmente mite e tutt'altro che sanguinaria.

Lasciamo parlare i fatti. Nell'immaginario popolare, il termine Inquisizione è sinonimo, in primo luogo, di "tortura". Chi non ricorda il film "Il nome della Rosa", del regista francese Annaud, sceneggiato dalle pagine dell'omonimo libro di Umberto Eco? Quante altre immagini truculente nei film e nei libri: inquisitori sadici, celle buie e profonde, tenaglie e cavalletti, corpi straziati. Ora, qui - va detto chiaramente - ci troviamo di fronte, quasi sempre, ad immagini che rappresentano un autentico falso storico. In primo luogo: 1'inquisito non era affatto alla mercè del sadismo incontrollato di qualche boia occasionale. La tortura applicata dagli inquisitori - si applicava, allora, ovunque era regolata da norme e disposizioni ecclesiastiche molto precise, severe, che ne stabilivano liceità e procedure, rendendola, concretamente, molto meno dura di quanto si possa immaginare. E' vero: la procedura inquisitoriale ha fatto ricorso alla tortura, che fu ordinata con la bolla Ad extirpanda di Papa Innocenzo IV nel 1252: "ll podestà o il rettore della città saranno tenuti a costringere gli eretici catturati a confessare e a denunciare i loro complici". Ma nella bolla, tuttavia, si precisa - e questo si dovrà pur ricordare, qualche volta che la tortura degli imputati non doveva "far loro perdere alcun membro o mettere la loro vita a repentaglio". Dunque, una tortura, si, ma senza spargimento di sangue e senza mutilazione alcuna. Niente a che fare con quel che sulla tortura ci hanno insegnato giudici e aguzzini dei moderni nostri tempi. Non solo: stando alle disposizioni ecclesiali, la tortura non poteva essere decisa arbitrariamente dal giudice inquisitore, ma necessitava del parere favorevole del Vescovo. Il fatto non è di poco conto: fu voluto proprio per scoraggiare qualche inquisitore troppo ansioso di ottenere confessioni, visto che, frequentemente, Vescovo e inquisitore non andavano d'accordo.

E ancora: la tortura doveva essere applicata sotto stretto controllo medico, mai a vecchi e minori, e non poteva durare più di 15 minuti. Immaginiamo la quantità industriale di risate che queste norme avrebbero suscitato se proposte agli aguzzini di un lager nazista o comunista. Inoltre, la tortura - era stabilito - si poteva utilizzare una sola volta, non doveva essere ripetuta e la confessione eventualmente ottenuta non aveva alcun valore ai fini del processo, se non era confermata dall'imputato dopo due giorni ed in condizioni normali. L'unico mezzo consentito era la corda "ma sola in presenza di gravissimi indizi: l'imputato veniva sospeso per le braccia e lasciato cadere sul pavimento due o tre volte. Se non confessava veniva liberato"(Rino Cammilleri, Fregati dalla Scuola, p 70). Ora, a ben guardare, queste norme ci svelano che con il termine "tortura" si indicava qualcosa di sostanzialmente diverso da quanto ci hanno fatto vedere tribunali più recenti, questi si veramente crudeli. Nazionalsocialismo e Comunismo, in materia di tortura, non avevano certo nulla da imparare.

Val la pena di aggiungere che nei processi inquisitoriali la tortura fu applicata con estrema cautela e solo in casi veramente eccezionali. I dati finora in nostro possesso parlano chiaro. nelle 636 sentenze iscritte nel registro di Tolosa dal 1309 al 1323, la tortura fu applicata una sola volta. A Valencia, dal 1478 al 1530 si celebrarono 2354 processi e la tortura si applico solo 12 volte. Se i fatti hanno un senso, il giudizio storico sull'Inquisizione dovrà essere rivisto. Ne era consapevole anche lo storico Luigi Firpo, laicista doc, non credente, attento al vero storico più che alla propaganda: "(...) gli Ucciardone e le Rebibbia di oggi sono le vere bolge infernali rispetto alle troppo diffamante celle dell'Inquisizione, dove la vita era ritmata da regolamenti severi ma non disumani. Era, per esempio, prescritto che le lenzuola e federe si cambiassero due volte la settimana: roba da grande albergo [...]. Una volta al mese i cardinali responsabili dovevano ricevere uno a uno i prigionieri per sapere di casa avessero bisogno".

E veniamo all'infamia più grave: la morte per rogo. L'Inquisizione non comminava la morte, per il semplice motivo che non era contemplata nel Codice di diritto canonico. Era una pena stabilita dal diritto penale e veniva eseguita dal braccio secolare, che applicava le pene previste dalle leggi civili. Fu Federico II di Svevia, tutt'altro che amico della Chiesa, a dichiarare per tutto 1'Impero (1231-2) 1'eresia come crimine di lesa maestà e a stabilire la pena di morte per gli eretici. Ogni sospetto doveva essere tradotto davanti ad un tribunale ecclesiastico e arso vivo se riconosciuto colpevole. 0 vero quindi che quando il Tribunale dell'Inquisizione abbandonava un eretico al braccio secolare, questi veniva condannato a morte dalla giustizia secolare, se non si pentiva; ma non era la Chiesa a condannare, ne ad eseguire la condanna. Grazie ai dati documentati storicamente, ci accorgiamo di quanto i tribunali dell'Inquisizione siano stati estremamente benevoli e prudenti nel consegnare al braccio secolare gli eretici non pentiti. Lo storico danese Gustav Henningsen ha analizzato statisticamente 44.000 casi di inquisiti tra il 1540 ed il 1700 ed ha rilevato che vi furono meno di cinquecento esecuzioni; solo 1'1%, quindi, venne giustiziato. Bernardo Guy, severo inquisitore, ha pronunciato dal 1308 al 1323 ben 930 sentenze e abbandonò al braccio secolare solo 42 condannati, a fronte di 139 assolti. Altri dati: 1'Inquisizione di Palmiers dal 1318 al 1324 giudicò 98 imputati e solo cinque di essi furono abbandonati al braccio secolare, mentre 25 furono assolti. Se nella storia ciò che conta sono i fatti, i fatti dicono che 1'Inquisizione fu più mite che crudele. E se stiamo a questi fatti, noi cattolici abbiamo poco da vergognarci. Il resto è propaganda.

Bibliografia:

Jean-Baptiste Guiraud, Elogia del1'Inquisizione, Leonardo Mondadori, Milano 1994. Jean-Pierre Dedieu, L'Inquisizione, Paoline, Cinisello B.mo (MI) 1990. Luigi Negri, False accuse alla Chiesa, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1997. Franco Cardini [a cura di], Processi alla Chiesa, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1994.




Caterina63
00venerdì 28 novembre 2008 15:32
Inquisizione. Tra mito e realtà

di Gianpaolo Barra


Pubblichiamo il testo della conversazione che Gianpaolo Barra, direttore de "il Timone" ha tenuto a Radio Maria giovedì 4 marzo 1999, durante la "Serata Sacerdotale" condotta da don Tino Rolfi. Conserviamo lo stile colloquiale e la divisione in paragrafi numerata utilizzata per i suoi appunti dall' autore.



1. In questa conversazione affrontiamo un argomento delicato, di cui si parla molto ma di cui si conosce poco: l'Inquisizione.

2. Quando parliamo di Inquisizione è proprio il caso di dire: basta la parola. Basta pronunciare il termine Inquisizione ed ecco che noi cattolici restiamo senza parole, ammutoliti.

3. "Come è possibile che la vostra Chiesa cattolica sia stata capace di istituire i tribunali dell'Inquisizione?" ci domandano e ci ricordano i laicisti e gli avversari della Chiesa. E noi, spesso, non sappiamo che cosa rispondere. Anzi, molti cattolici si aggiungono al coro di quelli che puntano il dito accusatorio contro la Chiesa del passato e talvolta rincarano la dose, per non sentirsi fuori moda, praticando quella strana disciplina che sta diventando comune nel nostro mondo: quella di dare le colpe di ogni male ai Cristiani del passato.

4. Gli amici radioascoltatori sanno bene che l'Inquisizione è un argomento utilizzato per denigrare la storia della Chiesa e sanno bene che denigrando la storia della Chiesa si finisce prima o poi per denigrare la Chiesa tutta intera, quindi anche la fede che essa insegna e trasmette, la fede cattolica.

5. Stasera, da buoni apologeti, quindi da difensori della Chiesa, tenteremo di fare un po' di chiarezza su alcuni aspetti dell'Inquisizione. Ripeto: su alcuni aspetti, i più utilizzati dalla propaganda anticattolica, non su tutta l'Inquisizione.

IL ROGO

6. Veniamo subito ad un primo punto. Che cosa viene in mente appena si parla di Inquisizione? Viene in mente il rogo, la morte per rogo.
7. Nell'immaginario popolare si pensa che i tribunali dell'Inquisizione siano stati istituiti per mandare tutti gli eretici al rogo. Si pensa che tutti gli inquisiti, tutti coloro che cadevano nelle terribili braccia dell'inquisitore finivano al rogo.
8. Questo è quello che si pensa, questo è quanto molto spesso ci viene detto ed insegnato e affermazioni di questo genere zittiscono ogni possibile difesa.

9. Noi ci domandiamo: le cose stanno proprio così? Vediamo qualche dato storicamente documentato, che ci aiuti a formulare un giudizio più vicino alla verità storica.

10. Innanzitutto, va precisato che la condanna al rogo per gli eretici era una pena stabilita dal diritto penale e non dal diritto canonico. Non esiste nel diritto canonico la condanna al rogo.
11. Fu uno dei più grandi avversari della Chiesa Cattolica e del Cristianesimo, l'imperatore Federico II di Svevia, che dichiarò per tutto l'impero (1231-2) - e lui era la massima autorità dell'impero e poteva farlo, allora, - l'eresia come crimine di lesa maestà, e stabilì la pena di morte per gli eretici. Ogni sospetto doveva essere tradotto davanti a un tribunale ecclesiastico e arso vivo se riconosciuto colpevole.

12. Dunque, è vero che quando il tribunale dell'Inquisizione abbandonava un eretico al braccio secolare, questi veniva condannato a morte dalla giustizia secolare, se non si pentiva, ma non era la Chiesa a condannarlo a morte, nè era la Chiesa ad ucciderlo. La Chiesa si limitava a riconoscerlo come eretico che rifiutava ogni pentimento. Era il diritto penale e il braccio della legge che prevedevano la morte ed eseguivano la sentenza.
13. Detto questo, entriamo un po' nel merito e qui emergono sorprese: quale stupore ci coglie tutti se esaminiamo quante sono state le condanne al braccio secolare. L'esame dei dati ci indica che i tribunali dell'Inquisizione furono estremamente benevoli, furono molto prudenti nel consegnare gli eretici al braccio secolare.

14. I dati, documentati storicamente, non mancano, basta conoscerli. Facciamo l'esempio di Bernardo Guy, che ha esercitato con una certa severità l'ufficio di inquisitore a Tolosa. Bene: dal 1308 al 1323 egli ha pronunciato 930 sentenze. Abbiamo l'elenco completo delle pene da lui inflitte: 132 imposizioni di croci - 9 pellegrinaggi - 143 servizi in Terra Santa - 307 imprigionamenti - 17 imprigionamenti platonici contro defunti - 3 abbandoni teorici al braccio secolare di defunti - 69 esumazioni - 40 sentenze in contumacia - 2 esposizioni alla berlina - 2 riduzioni allo stato laicale - 1 esilio - 22 distruzioni di case -1 Talmud bruciato - 42 abbandoni al braccio secolare e 139 sentenze che ordinavano la liberazione degli accusati.
15. LTnquisizione di Pamiers ci fornisce i seguenti dati: dal 1318 al 1324 furono giudicati 98 imputati. Due furono rilasciati - per 21 manca ogni informazione e per questo si pensa che non subirono condanne - 35 condannati alla prigione e 5 abbandonati al braccio secolare. I rimanenti 25 furono assolti.
16. Queste proporzioni valgono anche per quella considerata la più terribile delle Inquisizioni, quella spagnola. Lo storico danese Gustav Henningsen ha analizzato statisticamente 44.000 casi di inquisiti tra il 1540 e il 1700 e ha rilevato che solo l' 1°/o fu giustiziato.

17. Soltanto l' 1% ! Questi dati contestano il mito della crudeltà dell'Inquisizione spagnola. E non solo. Lo storico statunitense Edward Peters ha confermato questi dati. Sentiamo che cosa scrive: "La vellutazione più attendibile è che, tra il 1550 e il 1800, in Spagna vennero emesse 3000 sentenze di morte secondo verdetto inquisitoriale, un numero molto inferiore a quello degli analoghi tribunali secolari"'.
18. Come vedete, grazie a questi dati, va sfatata la leggenda che tutti coloro che venivano giudicati dalITnquisizione finivano a rogo. È una leggenda che gli storici hanno smontato, ma che perdura ancora nell'immaginario popolare. Almeno noi cattolici evitiamo di farci raggirare da essa.

LA TORTURA

19. Veniamo ad un secondo punto. Dopo il rogo, appena si parla di Inquisizione, l'altra cosa che viene in mente è la tortura.
20. Sappiamo che la tortura veniva applicata dai giudici inquisitori. Vi erano precise disposizioni ecclesiastiche che stabilivano la liceità di costringere l'Inquisito a confessare la sua colpa.
21. La procedura inquisitoriale ha fatto ricorso alla tortura. Essa fu ordinata con la bolla Ad extirpanda di Papa Innocenzo IV il 15 maggio 1252. Leggiamo il passo di questa bolla che ci interessa: "II podestà o il rettore della città saranno tenuti a costringere gli eretici catturati a confessare e a denunciare i loro complici".
22. Ora, di solito i denigratori dell'Inquisizione si fermano qui. E noi restiamo senza parole. Ma si dimenticano di dirci che nella stessa bolla si precisa che la tortura degli imputati non doveva "far loro perdere alcun membro o mettere la loro vita a repentaglio".
23. Dunque, si prevede una tortura, ma una tortura che non può provocare mulilazioni, non può far morire il torturato. E non solo. Si prevede anche che la tortura non poteva durare, di regola, più di 15 minuti, che si poteva applicare una sola volta, che non poteva essere ripetuta e che la confessione così ottenuta non aveva alcun valore ai fini del processo se non era confermata dall'imputato dopo due giorni e in condizioni normali.

24. Ma fermiamoci un momento a riflettere. Ci rendiamo conto che queste disposizioni ecclesiastiche riguardanti la "tortura" avrebbero fatto sorridere i professionisti della tortura del nostro secolo?
25. Le testimonianze di coloro che sono finiti sotto tortura dei nazisti o dei loro degni compari comunisti ci hanno descritto veramente che cosa è la tortura e chi ha ascoltato queste testimonianze si accorge subito che la tortura prevista dalle procedure inquisitoriali è semplicemente dilettantesca.
26. Ma andiamo avanti. Sappiamo che la tortura fu applicata con somma cautela e solo in casi eccezionali. I Papi ripeterono più volte che la tortura non poteva essere spinta fino alla perdita di un membro e ancor meno fino alla morte. Si poteva applicare solo quando tutti gli altri mezzi di investigazione erano stati esauriti. Ancora una cosa: non poteva decidere arbitrariamente l'Inquisitore, magari troppo ansioso della ricerca della verità. Doveva esserci anche il parere favorevole del vescovo, e spesso vescovo e giudice inquisitore non andavano d'accordo.

27. Oggi abbiamo informazioni precise su quante volte venne applicata la tortura:
-nelle 636 sentenze iscritte nel registro di Tolosa dal 1309 al 1323, la tortura fu applicata una sola volta.
-A Valertela, dal 1478 al 1530 si celebrarono 2354 processi. La tortura si applicò solo 12 volte.
28. Come si vede da questi dati, non solo la tortura era estremamente più leggera di quelle che la nostra epoca, che non è un'epoca cristiana, ha escogitato, ma veniva applicata raramente, praticamente quasi mai.

LE GARANZIE

29. Veniamo ad un terzo punto. Quando parliamo di Inquisizione si pensa sempre a giudici il cui potere sarebbe stato così totale, così assoluto, così insindacabile che può essere paragonato a quello esercitato nei moderni sistemi totalitari.
30. Ora, anche in questo caso bisogna sfatare questa leggenda. Non è affatto vero che i giudici inquisitoriali fossero onnipotenti e che, di conseguenza, l'imputato non avesse alcuna garanzia di un equo processo.
31. Dobbiamo subito precisare che gli inquisitori erano costantemente controllati. Papa Innocenzo IV (1246) e papa Alessandro IV (1256) ordinano ai provinciali e ai generali dei Domenicani e dei Francescani di deporre gli inquisitori dei loro ordini che, a causa della loro crudeltà, avessero provocato proteste popolari.
32. Come si vede, il papa del tempo teneva conto dell'opinione pubblica e ordinava di punire il giudice inquisitore che avesse provocato proteste popolari.

33. Non solo. Al Concilio di Vienne, papa Clemente V (1311) fulminò di scomunica - scomunica da potersi togliere solo in articulo mortis e sotto riserva della riparazione del danno - l'Inquisitore che avesse approfittato delle sue funzioni per ottenere guadagni illeciti e per estorcere agli accusati somme di denaro.
34. Andiamo avanti. I Vescovi avevano l' obbligo di segnalare al Papa tutti gli abusi che venivano commessi nel corso della procedura e di denunciare i colpevoli. Lo stesso obbligo era imposto a tutti quelli che, prestando aiuto agli inquisitori, erano in ogni istante testimoni dei loro atti.
35. Capitò anche che i vescovi di Reims e di Sens avvisarono il Papa che Robert La Bougre, un domenicano, era un inquisitore crudele. Roma indaga, questo Inquisitore viene destituito e addirittura incarcerato (1239).

36. Altro che onnipotenza !altro che potere insindacabile dei giudici inquisitoriali. Questa leggenda va sfatata.

37. Come va sfatata un'altra leggenda: quella che ci narra di un imputato sempre indifeso, senza garanzie e dunque destinato irrimediabilmente alla condanna.
38. Molte garanzie che le norme canoniche, cioè della Chiesa, prevedevano per l'imputato inventate in quel tempo, al tempo dei tribunali dell'Inquisizione, durano ancora oggi, sono entrate nel nostro sistema giudiziario.
39. Facciamo qualche esempio. Innanzitutto l'Inquisitore non era mai solo, ma formulava il suo giudizio circondato da una giuria, composta da laici ed era questa giuria che decideva in merito al valore da dare ai testimoni e alle testimonianze.

40. Questi laici erano esperti di diritto, e da nessun documento risulta che si accontentassero di svolgere un ruolo da comparse e, soprattutto, costituivano la garanzia che l'Inquisitore non poteva allontanarsi dal diritto a proprio piacimento.
41. Un altro esempio, un'altra garanzia per l'imputato. L'imputato poteva dichiarare di avere dei nemici mortali, doveva provarlo, doveva spiegare i motivi e fare i nomi di questi nemici. Da quel momento nessuno di quelli indicati dall'imputato poteva far parte della giuria e se vi era stato incluso veniva allontanato.
42. Un terzo esempio: per togliere ai testimoni la tentazione di approfittare del segreto di cui venivano circondati per accusare degli innocenti, gravissime pene colpivano le false deposizioni. Uno storico protestante, il più fiero avversario dell'Inquisizione, Charles Lea, scrive onestamente: "Quando veniva smascherato un falso testimone costui era trattato con la stessa severità usata per gli eretici".

43. Gli storici hanno dimostrato e qui ci sono veramente delle sorprese che le pene inflitte dall'Inquisizione venivano spesso attenuate o addirittura cancellate nella pratica.
44. 1 prigionieri ottenevano permessi di congedo da passare a casa. A Carcassonne, il 13 dicembre 1250, il vescovo diede ad una certa Alazais Sicre il permesso di uscire dal carcere dov'era rinchiusa per crimine di eresia e, fino a Ognissanti, di andare dove voleva in tutta libertà. Vi sono molti esempi di questo genere, non si tratta affatto di un caso isolato.
45. Esistevano i congedi per malattia Abbiamo molti casi documentati. L'Inquisizione metteva in libertà provvisoria i detenuti le cui cure erano utili ai genitori o ai figli. Talvolta si giungeva a commutare la pena.

46. Nel 1244 l'arcivescovo di Narbonne e i vescovi di Carcassonne, di Eine, di Maguelonne, di Lodeve, di Adge, di Nimes, di Albi, di Beziers, di Saint Benoit decisero: "Nel caso in cui per l'assenza del carcerato dovesse incombere un evidente pericolo di morte dei figli o dei genitori, procurare di ovviare al pericolo facendo in modo, laddove non ci sia altro rimedio, di commutare prudentemente la pena del carcere in un'altra; occorre infatti in tal caso mitigare il rigore con la mansuetudine".
47. Perfino gli Inquisitori più severi attuarono questa prassi. Bernard de Caux, nel 1246, condannò alla prigione perpetua un eretico recidivo, Bernard Sabatier; ma nella stessa sentenza aggiunse che, essendo il padre del colpevole un buon cattolico, vecchio e malato, il figlio poteva restare presso di lui per accudirlo finchè fosse rimasto in vita.

48. Malgrado il suo odio anti-cattolico, Charles Lea riconosce che "questa facoltà di attenuare le sentenze era frequentemente esercitata" e ne cita un considerevole numero di casi.
49. Nei documenti inquisitoriali, abbiamo incontrato condanne alla prigione "perpetua e irremissibile". Ma attenti a non farsi ingannare da certi modi di esprimersi del tempo. Abbiamo condanne al "carcere perpetuo per anni uno". Solitamente "perpetuo" vuoi dire 5 anni, "irremissibile" vuoi dire 8 anni. La pena dell'ergastolo non era prevista: fu inventata nel '700 illuminista, cioè nell'epoca che ha dato il via alla nostra società anticristiana e anticattolica.
50. Facciamo un'ultima considerazione e sfatiamo un'ultima leggenda. Questa leggenda dice, naturalmente, che tutti gli eretici erano buoni cristiani, che si preoccupavano solo di vivere in pace la loro fede diversa da quella ufficiale.
51. Ora, diciamo subito una cosa molto scomoda e fuori moda: non si deve pensare come è abbastanza diffuso nell'immaginario popolare che gli eretici fossero pacifici cittadini adibiti a pratiche religiose del tutto innocue.

52. Gli eretici erano puniti anche dal potere civile perchè costituivano un autentico pericolo per la pace sociale. Pensiamo ai catari. Negavano il valore del corpo, che consideravano prigione dell'anima. Questa soffre e si può liberare solo sopprimendo il corpo. Talvolta praticavano il suicidio. Condannavano il matrimonio, la famiglia e la procreazione. Non bisogna comunicare la vita. Ma distruggere la famiglia ricordiamolo era quanto distruggere l'intera società medievale. Aborrivano il giuramento, pilastro dei rapporti personali nel Medioevo: dal giuramento traeva la sua forza ogni autorità. Lottavano anche violentemente contro la Chiesa.
53. Per fare un solo esempio: nel 1112, la diocesi di Utrecht viene sconvolta da un eretico chiamato Tanchelmo che negava l'autorità del Papa, occupava e devastava le chiese, bastonava e cacciava i preti, appoggiato da 3.000 uomini organizzati e armati. I vescovi di Utrecht e di Colonia decidono di combatterlo non con l'uso della forza, ma chiamando a predicare san Norberto, il fondatore dei Premostratensi.
54. Tanchelmo fu poi perseguitato da Goffredo il barbuto, duca di Lorena. E noi sappiamo che il duca era un acerrimo nemico e un severo persecutore della Chiesa.

55. Credo che per stasera possa bastare. Tante altre cose si dovrebbero dire. Naturalmente, gli amici radioascoltatori si saranno accorti che non ho trattato esaurientemente tutto il tema dell'Inquisizione. Ci vorrebbe ben più di una trasmissione. Ma ho voluto sottolineare solo alcuni punti scelti tra quelli più dibattuti, più utilizzati per contestare in blocco la storia della Chiesa, specialmente della Chiesa medievale, per avvertire di stare attenti, di verificare bene le cose che ci vengono dette, per incoraggiare tutti a non avere paura della verità.


Il Timone - n. 9 Settembre/Ottobre 2000



Caterina63
00lunedì 15 dicembre 2008 17:02
 
Su richiesta di alcuni alunni delle classi quinte pubblico di seguito alcuni interventi e articoli sull'Inquisizione ricostruita da storici che contestano quelli che ritengono luoghi comuni e leggende nere a proposito dell'operato dei Tribunali dell'Inquisizione.
PER UN INQUADRAMENTO STORICO DELL'INQUISIZIONE

di Matteo D'Amico

1. La "leggenda nera" dell'inquisizione
La storia dell'Inquisizione può essere affrontata solo risolvendo preliminarmente il problema delle distorsioni interpretative che ne sono state date nel corso, in particolare, degli ultimi due secoli. Chi non ha occasione di svolgere studi specialistici, probabilmente non conosce l'Inquisizione, ma l'immagine distorta che di essa ci è stata tramandata dalla sua "leggenda nera", che romanzi, film e saggi storiograficamente discutibili continuano a diffondere. Leggenda che nasce quando i ribelli olandesi protestanti dei Paesi Bassi spagnoli, sollevandosi contro l'imperatore Filippo II, iniziano a inondare l'Europa con valanghe di libelli, opuscoli e manifesti che presentano la Chiesa Cattolica, e in particolare il tribunale dell'inquisizione, come un'istituzione capace di ogni barbarie. Lo scopo di questa pubblicistica è suscitare la solidarietà dei Paesi protestanti con la causa dei rivoltosi olandesi. La "leggenda nera" conosce poi un ulteriore sviluppo quando Voltaire (nella cui corrispondenza con il re di Prussia Federico II l'espressione "schiacciate l'infame!", cioè la Chiesa Cattolica, ricorre circa 150 volte) e gli illuministi utilizzano il tribunale inquisitoriale come simbolo dell'oscurantismo e dell'intolleranza clericale. Nell'Ottocento, liberali e massoni si sono sbizzarriti nello stesso esercizio: alterare la realtà storica e celebrare le "vittime" dell'Inquisizione (è il massone Francesco Crispi a permettere la costruzione del monumento a Giordano Bruno in piazza Campo de' Fiori a Roma) trasformandoli in martiri del libero pensiero. Infine nel Novecento, alla massoneria si è unita, nell'utilizzo ideologico e anticattolico della storia dell'Inquisizione, la storiografia marxista. In tutti i casi ricordati la semplificazione più grave è quella che confonde le varie tipologie di tribunali inquisitoriali, presentandole come espressione di un'unica istituzione. Converrà dunque partire dalla distinzione fra le inquisizioni: medioevale, spagnola, romana.

2. L'inquisizione medioevale

La prima tipologia di Inquisizione è quella medioevale. Per capirla bisogna ricordare che, a partire dalla rinascita dell'XI-XII sec., l'urbanesimo aveva conosciuto in Italia, in Provenza e in altre regioni europee un rinnovato rigoglio. Con la ripresa economica e sociale della città fa la sua comparsa sulla scena una nuova classe sociale: la borghesia. Composta per lo più da commercianti, da artigiani e piccoli industriali, da cambiavalute, questa classe sociale dinamica e intraprendente impara spesso a leggere e a scrivere per necessità lavorative e viaggia in regioni lontane per esigenze legate ai traffici e alle fiere; alcuni borghesi alfabetizzati iniziano a leggere e interpretare le Sacre Scritture senza conoscere né la Tradizione, né il Magistero: non a caso il fondatore del movimento valdese è un mercante. In questo clima nascono numerosissime eresie, che a partire da questi anni scuoteranno l'Europa cristiana, fino all'esplosione della Riforma protestante, che tutte le riassume. Le eresie medioevali sono in qualche modo una novità: dopo il grande scontro iniziale con la gnosi cristiana e con le eresie ariana e monofisita (per citare le più importanti), la Chiesa cattolica aveva attraversato secoli di relativa calma, dove il problema più importante era stato riuscire a evitare un assoggettamento al potere imperiale e temporale durante la lotta per le investiture. Il nemico era esterno alla Cristianità: i popoli barbari ancora pagani, gli slavi a Est, i normanni a Nord, i saraceni e i turchi che insidiano dal Mediterraneo. La compattezza dottrinale non era stata messa in pericolo gravemente fino a che non compare sulla scena una setta forse di origine orientale, che viene chiamata in molti modi, il più celebre dei quali è quello di "catari".

Portatore di una dottrina dal carattere manicheo, che prevede il rifiuto della generazione e del matrimonio, il suicidio (l'endura), il rifiuto del potere costituito e dei giuramenti di fedeltà, numerosi eccessi sia nelle pratiche ascetiche, che nella sfera sessuale, il catarismo si presenta come eresia dalla forte carica sovversiva anche sul piano politico e sociale.

Il popolo e le autorità temporali spesso intervengono in modo arbitrario colpendo anche innocenti, o non riuscendo a distinguere con precisione eretici e non. Gli eccessi numerosi spingono la Chiesa a istituire un suo tribunale in grado di applicare procedure regolari e di tutelare chi non ha colpe o è caduto per ingenuità, senza consapevolezza.

L'eretico inoltre diffonde l'errore, e la Chiesa sente la responsabilità di tutelare le anime che potrebbero essere traviate (nessuno si stupisce del resto se oggi lo Stato persegue dei terroristi o altri crimini che si presume attentino alla sua integrità o ai suoi valori). Dopo un intenso dibattito teologico si giunge a stabilire (come già in base all'antico Codice di Giustiniano, che funge da modello) la liceità della pena del fuoco per gli eretici convinti e relapsi (ovvero ricaduti nella stessa eresia dopo essere tornati una prima volta nel cattolicesimo).

L'anno di nascita ufficiale dell'Inquisizione medioevale è il 1233, quando Gregorio IX affida ai Domenicani e Francescani il compito di "legati pontifici" preposti al Tribunale inquisitoriale: autonomi rispetto ai vescovi, senza interessi locali, imparziali, teologicamente preparati, capaci di una vita ascetica profonda e intensa, i frati predicatori, e più tardi i Francescani, mostrano di saper gestire con equilibrio la situazione. L'eresia catara viene domata ed estirpata pressoché totalmente. Contrariamente alla giustizia penale secolare, caratterizzata' da arbitri e violenze ingiustificati, il tribunale inquisitoriale è assoggettato a precise norme procedurali, che tutelano l'inquisito e prevedono un processo e punizioni anche molto dure per i giudici che eccedono. A testimonianza del suo equilibrio e della sua mitezza basti pensare che nella seconda metà del XIII secolo solo l'1 % dei processi si chiude con la pena capitale; il 15% si chiude con la confisca dei beni. Vengono messi a punto manuali per l'inquisitore che limitino gli arbitrii, questionari con elenchi di domande obbligatorie. Si stabiliscono precisi confini all'uso della tortura (a differenza di quanto avveniva nella ben più spietata e anarchica giustizia secolare), che non può durare più di mezz'ora, è applicata solo in casi particolari, e non deve ledere fisicamente l'inquisito, permettendogli di tornare a una vita lavorativa normale. Ben presto diviene prassi consolidata quella di tenere verbali abbastanza fedeli di tutto il processo inquisitoriale, un processo in genere rapido ed efficiente (nella consapevolezza che una procedura lunga poteva essere gravemente infamante per un accusato rivelatosi poi innocente). Ci si muove solo sulla base di almeno due testimonianze affidabili, vagliate con severità e prevedendo pene severissime per chi avesse testimoniato il falso. Tutte innovazioni che saranno di straordinario impulso nella crescita del diritto penale anche secolare, lontanissimo all'inizio anche solo dall'idea di una tutela dell'inquisito. I tribunali medioevali operano con poche risorse finanziarie e pochi addetti, osteggiati dai vescovi e dai poteri locali, e non dirado vittime di attentati, rappresaglie e assassini, come nel caso di Pietro da Verona. Nel corso del XIV secolo, vinte le battaglie contro le eresie di inizio millennio, il tribunale langue, con una attività ridottasi fino alla sua scomparsa quasi totale.

3. L'inquisizione spagnola

Nell'immaginario collettivo Inquisizione e Inquisizione spagnola si sovrappongono: le efferatezze della seconda - quando e se vi furono - diventano le efferatezze della prima. Pochi errori sono più gravi. Infatti fu il re di un paese faticosamente avviatosi all'unificazione dopo la reconquista a chiedere insistentemente al Papa di avere in Spagna un tribunale inquisitoriale, che Sisto IV infine accordò il 1° novembre 1478. Ma fin dall'inizio più che un organo della Chiesa fu uno strumento del neonato Stato spagnolo, utilizzato per consolidare sul piano etnico, religioso e ideologico un paese pieno di religioni, razze e tradizioni diverse, in un'epoca in cui non era pensabile un'unità politica non fondata sull'unità delle fede. Il Papa in teoria poteva nominare e deporre l'inquisitore generale, che di fatto veniva scelto e controllato dai monarca.

La lotta, a partire dal 1492, per la conversione degli ebrei, che costituivano una percentuale saliente della popolazione (in alcune regioni raggiungevano il 30% degli abitanti), posti di fronte all'alternativa fra la conversione o l'esilio; il controllo dei conversos, sospettati, in alcuni casi a ragione, di essere dei marrani, ovvero di aver mantenuto segretamente pratiche e riti giudaizzanti; la lotta per la conversione forzata o l'espulsione dei moriscos a partire dal 1540 sono state le principali attività della Suprema. Dopo il Concilio di Trento, l'inquisizione spagnola si concentrò su mancanze gravi del clero e dedicherà molti sforzi a moralizzare i costumi sessuali (cosa benemerita se si pensa che gli studi più aggiornati attestano che la maggioranza della popolazione della Castiglia riteneva, verso il 1560, che fosse lecito unirsi ad una nubile consenziente).

Un'istituzione sanguinaria quella spagnola? Non pare se è vero che lo storico Henningsen, processando con un computer i dati riferiti a circa 50.000 processi, ha identificato una percentuale di condanne a morte (espressione oltre tutto che non sempre si traduceva nell'effettiva esecuzione) pari all'1,9%. A Toledo un terzo degli imputati del XVII secolo e rilasciato senza alcuna sanzione dopo il processo. I due terzi di tutti coloro che furono sottoposti a tortura (assai pochi, peraltro) resistettero alla prova: e ciò comprova la relativa mitezza del tormento, che non aveva nulla a che fare con la barbarie della tortura moderna. Inoltre, sempre dall'analisi dei processi svoltosi a Toledo si evince un dato impressionante, ovvero che 9 denunce su 10 non davano inizio ad alcun processo, tanta era la prudenza e la correttezza degli inquisitori prima di iniziare un procedimento che aveva in ogni caso gravi conseguenze. Per tutto l'impero spagnolo, Paesi Bassi e Americhe incluse, operano 300 funzionari stabili più 300 part-time, un pugno di uomini, ma capace comunque di risparmiare alla Spagna la diffusione del Protestantesimo e delle guerre di religione che insanguineranno la Francia.

4. Il Sant'Uffizio Romano

Il terzo tipo di Inquisizione è quella rappresentata dal Sant'Uffizio romano, istituito da Papa Paolo III nel 1542 con la bolla Licet ab initio, come tentativo di riportare in vita e aggiornare l'antica Inquisizione medioevale. Il nemico è adesso il Protestantesimo in tutte le sue forme. Il Sant'Uffizio sulla carta dovrebbe controllare tutta la Chiesa Cattolica senza esclusione di Stati o territori, ma di fatto opera soprattutto nella penisola italiana, e più precisamente nello Stato pontificio e nei piccoli regni e ducati politicamente meno forti e autonomi. Già Venezia la limita e la ostacola, al di fuori dell'Italia praticamente non può operare, trovando sulla sua strada un avversario insuperabile: io Stato moderno con le sue pretese gallicane di controllo della Chiesa. Studiando la struttura dell'inquisizione romana, John Tedeschi, il più lucido e aggiornato storico del tema, sottolinea l'incredibile modernità delle procedure adottate.

Qualche esempio eloquente: il diritto dell'imputato ad avere un avvocato difensore, scelto fra tre da lui. proposti; l' "avvocato d'ufficio" pagato dal tribunale per chi versa in condizioni di povertà; la traduzione degli atti processuali in volgare e la loro fornitura in copia all'inquisito, perché possa difendersi studiando bene i documenti d'accusa; la prudenza estrema nell'arrestare e nel carcerare; la clemenza verso chi si denunciava sua sponte; la severità incredibile nel vagliare e scartare le testimonianze accusatorie; la possibilità di contestare e contro-interrogare i testimoni dell'accusa: tutte norme che il diritto penale secolare introdurrà molto tempo dopo, e che la laica e liberale Inghilterra, ad esempio, incomincerà ad adottare solo nei primi decenni dell'Ottocento. Infine non si possono non menzionare le condizioni carcerarie quasi confortevoli (è una tesi ben dimostrata da Luigi Firpo, che ricorda il cambio delle lenzuola ogni settimana, la possibilità di avere vino o birra, capi di vestiario personalizzati, celle spaziose e luminose, libri e testi utili a difendersi e a redigere memorie a propria discolpa).

Dunque, considerando tutto l'insieme al di fuori del macabro alone di mistificazioni sviluppato dalla "leggenda nera" illuministica-massonica-marxista, non è temerario affermare che l'Inquisizione romana ha rappresentato, nei fosco quadro della giustizia europea dal XVI al XVIII secolo, una vera e propria oasi di modernità, di rispetto dell'imputato, di rigore procedurale, di trasparenza e di correttezza fra organi periferici e organo centrale di controllo, di geniale anticipazione di norme "garantiste" che la giustizia laica raggiungerà solo molto più tardi. Conferma questo quadro un dato poco citato dai manuali di storia: dal 1542 al 1761 le condanne a morte emesse dal Sant'Uffizio sono state presumibilmente 97 Una media di i condannato a morte ogni 26 mesi

Inquisizione

"Sostengo in questi saggi che l'inquisizione non fu un tribunale arbitrario, un tunnel degli orrori o un labirinto giudiziario da cui era impossibile uscire. La suprema Congregazione romana vigilava sui tribunali provinciali; imponeva la puntuale applicazione di quella che, per l'epoca, era una legislazione improntata a moderazione, e mirava all'uniformità dei processi". (John Tedeschi, Il giudice e l'eretico, Vita e pensiero, p. 17).

© Il Timone n.23 - Gennaio/Febbraio 2003



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IL BAZAR DEI LUOGHI COMUNI

di Roberto Beretta


Torquemada (Ebreo convertito e poi frate Domenicano), le streghe, il sabba, la tortura, il rogo.
Parla Franco Cardini, medievalista di fama mondiale: solo la disinformazione tiene in vita la leggenda nera sull'inquisizione.

Difendere Torquemada. È pur sempre un toscanaccio (cioè un "guascone d'Italia"...) Franco Cardini: lo specialista dei Medioevo che non si perse il gusto di rivalutare le Crociate o - più recentemente - l'Islam dopo Bin Laden... Ma il bello è che uno storico del suo calibro non può essere accusato di "revisionismo" solo perché difende una tesi scomoda all'opinione comune: bisognerebbe saperne più di lui sui testi, sulle fonti, sugli inoppugnabili studi scientifici cui si riferisce come qualunque professore. Anche parlando d'inquisizione.

Professor Cardini, quali sono i luoghi comuni più diffusi sull'inquisizione?

La prima nozione da sfatare è che l'Inquisizione procedesse in modo arbitrario e per volontà della Chiesa di asservire la società laica alla sua visione repressiva e fanatica. Ciò è totalmente privo di fondamento e corrisponde a una "leggenda nera" avviata nei secoli XVIII e XIX, prima in àmbito illuministico e poi protestante: due propagande calunniose, che volevano distorcere la realtà in modo anticattolico (tra l'altro, i roghi erano più frequenti nei Paesi della Riforma, soprattutto calvinisti, che in quelli soggetti a Roma). Così, anche se a livello scientifico la realtà è ormai chiara da decenni, il gioco dei mass media continua a mettere in circolazione le vecchie dicerie del Sette e Ottocento.

Intende dire che la ferocia dell'Inquisizione non corrisponde al vero?

Assolutamente no, e non lo dico io che - in quanto cattolico - potrei essere sospetto di parzialità. Lo affermano studiosi come John Tedeschi, italo-americano ed ebreo, o come Adriano Prosperi, di area marxiano-gramsciana, i quali concordemente arrivano a questa diagnosi: i processi dell'inquisizione sono in generale corretti, il ricorso alla tortura c'è nella misura in cui è un espediente ordinariamente usato a quel tempo nei tribunali laici, infine gli inquisitori funzionano spesso come garanti di equità nel processo. Non sono rari, infatti, i casi di assoluzione degli imputati in seguito a una presa di posizione dell'inquisitore.

Però sembrano tutte eccezioni rispetto alla regola.

Sono casi particolari, non eccezioni. Normalmente, invece, il processo inquisitoriale si concludeva col non luogo a procedere oppure con condanne leggere (l'esilio, pene pecuniarie, penitenze). Gli specialisti oscillano tra il 40 e il 70% di processi conclusi con una condanna, e in questa percentuale - alta ma non schiacciante - la pena capitale è relativamente rara, senza contare che c'erano infiniti modi per evitarla. In sostanza il rogo coglieva solo l'eretico che si metteva nelle condizioni di essere considerato recidivo.

Però sembra sempre di nascondersi dietro una regolarità giuridica. In realtà ciò che oggi infastidisce è che la "caccia alle streghe" appare una persecuzione delle idee, un moto repressivo delle coscienze.

Quest'immagine è frutto di un'informazione più che lacunosa: inesistente. È una diceria. In realtà i delitti legati alla stregoneria o all'eresia erano veri e propri reati. In generale non si finiva davanti all'Inquisizione per le proprie opinioni, ma sempre per l'accusa di reati effettivi: aver procurato aborti, avere avvelenato qualcuno, aver partecipato ad atti delittuosi... Spesso poi non era la Chiesa bensì il popolo che voleva veder bruciata la strega, di cui magari si era servito per pratiche vergognose, ma della quale aveva paura perché essa conosceva i segreti di tutto il paese.

Niente streghe perseguitate perché donne, o perché troppo libere, o perché troppo ribelli?

Il passepartout della repressione delle donne in quanto "diverse", o della follia di povere matte che venivano trattate come criminali, è troppo facile. Così come è abusata l'idea che fosse la paura stessa dell'Inquisizione a indurre le accusate a inventare menzogne come le scene del sabba, il volo delle streghe, eccetera. Oggi, grazie alla psicoanalisi, sappiamo molto di più sul rapporto complesso che si può creare tra accusatore e accusato, e che talvolta induce quest'ultimo a creare i presupposti della condanna. Inoltre il Seicento fu un'epoca in cui il livello della fantasia era elevatissimo, per esempio si è scoperto che il pane veniva preparato utilizzando ingredienti fortemente allucinogeni come il loglio, una sorta di droga vegetale. E questo aiuta a capire come nella "confessione" delle streghe non ci fosse solo la disperata adesione allo schema demonologico dell'inquisitore, ma processi assai più articolati.

E la tortura? La confessione resa per sfuggire al dolore?

Questo certamente succedeva, ma non bisogna dimenticare nemmeno che la tortura era un procedimento ordinario, che si usava abitualmente nei tribunali civili come strumento probatorio. La tortura giudiziaria era chiaramente regolata: non doveva essere più feroce e dolorosa di un certo livello, doveva essere limitata nel tempo, spesso si svolgeva sotto controllo di un medico. Inoltre poteva essere usata solo in due casi: quando le dichiarazioni dell'imputato erano contraddittorie o quando le prove di un processo non fossero chiare.

Riesce a salvare anche Torquemada, che incombe sul nostro immaginario come l'inquisitore per antonomasia?

Chi l'ha studiato, ci mostra un uomo rigoroso e duro, però di grande correttezza. Faceva un mestiere spiacevole (era funzionario dei Reali di Spagna) perché là l'inquisizione dipendeva dalla Corona e non dalla Chiesa: fatto che spesso si dimentica), ma era molto lontano dalle caricature cinematografiche che se ne sono fatte.

Tutto bene, allora? Qual è il bilancio dello storico cristiano di fronte all'inquisizione?

Bisogna tener presente che la libertà di opinione e di pensiero è una conquista del XVIII secolo e che prima si ragionava in termini di verità assolute e di istituzioni chiamate a tutelarle. Spesso gli inquisitori dovevano cedere alla ragion di Stato, perché i sovrani avevano paura degli eretici i quali sovente erano anche criminali comuni, o comunque dei sovversivi, e come tali andavano messi in condizioni di non nuocere. Il processo di rottura provocato dalla Riforma e la nascita dello Stato assoluto, messi insieme, generarono in Europa un clima che tendeva a privilegiare la "sicurezza sociale" sulla libertà individuale d'espressione. Perciò, aspettarsi con due o tre secoli di anticipo il rispetto dei moderni diritti umani è un indebito anacronismo storico.


Inquisizione

"Non si possono giustificare i soprusi, i roghi e tutti gli altri orrori che, in nome della difesa della fede, furono commessi nel periodo della Riforma. Questi strumenti furono impiegati non solo dall'inquisizione ma praticamente da tutti gli altri sistemi giudiziari d'Europa: nel sedicesimo secolo erano parte integrante delle procedure, fatto del quale nessuno si scandalizzava. È tuttavia mia convinzione che le future ricerche dimostreranno che essi furono usati con minore frequenza e con più riguardo per la dignità umana nei tribunali del Sant'Uffizio che altrove".

(John Tedeschi, Il giudice e l'eretico, Vita e pensiero, pp. 122-3).

© Il Timone n.23 - Gennaio/Febbraio 2003

Caterina63
00giovedì 15 gennaio 2009 17:24
 L'Inquisizione spagnola


di Francesco Pappalardo.

1.Le origini


Lo storico napoletano Giuseppe Galasso, prendendo spunto dalla polemica sulle presunte "colpe" della Spagna nel Mezzogiorno d'Italia, denuncia la "leggenda nera" antispagnola, da sempre "[...] permeata di elementi ideologici che hanno fatto fortemente premio non solo sulla ragione storica, ma pressoché su ogni altra ragione. La Spagna baluardo della "reazione cattolica", di un "assolutismo" oppressivo o totalitario, di dominazioni distruttive su popoli e paesi, di irrazionalismo e sfruttamenti economici di ogni genere, di autentici genocidi di popoli e di civiltà, insomma vero e proprio "impero del male", di cui " l'Inquisizione spagnola" era il simbolo più eloquente".


Proprio sull'Inquisizione spagnola la storiografia, grazie ad approfondite ricerche d'archivio e a un atteggiamento meno prevenuto degli studiosi, sta pervenendo a risultati più equilibrati e più obbiettivi. È significativa la vicenda dello storico inglese Henry Arthur Francis Kamen, di formazione marxista, che nella prima edizione del suo studio L'Inquisizione spagnola - l'unica tradotta in italiano - indicava nei tribunali inquisitoriali la causa principale di un presunto ritardo culturale del paese iberico, mentre nell'edizione più recente sostiene che la Spagna di quel tempo "[...] era una delle nazioni europee più libere".


Dall'analisi di Kamen emerge che l'Inquisizione è stata espressione del passaggio da una società contraddistinta dalla convivenza fra le diverse comunità religiose a un'altra sempre più contrassegnata da conflitti, e che essa fu la risposta della Chiesa e della Cristianità alla minaccia rappresentata dall'eresia e, successivamente, in Spagna, dalle false conversioni di ebrei e di musulmani.

Anche Jean Dumont, storico francese specializzato in ispanistica, ritiene che il punto di partenza corretto per parlare dell'Inquisizione spagnola stia nel mettere a fuoco la questione ebraica in Spagna. Nei regni della penisola iberica gli ebrei, molto numerosi, erano soggetti da secoli a uno statuto, non scritto, di tolleranza e godevano di una particolare protezione da parte dei sovrani. Invece, i rapporti a livello popolare fra ebrei e cristiani erano più difficili, soprattutto perché era consentito ai primi non soltanto di tenere aperte le botteghe in occasione delle festività religiose, che a quell'epoca erano molto numerose, ma anche di effettuare prestiti a interesse, in un'epoca in cui il denaro non veniva ancora considerato un mezzo per ottenere ricchezza.

La situazione era complicata dalla presenza di numerosi conversos, cioè di ebrei convertiti al cattolicesimo, che dominavano l'economia e la cultura e rivestivano anche cariche ecclesiastiche. In alcuni casi evidenti, gruppi di conversos mostravano che la loro adesione alla fede cattolica era puramente formale e celebravano in pubblico riti inequivocabilmente giudaici. A partire dal 1391 nei regni spagnoli esplodono episodi di violenza popolare contro ebrei e falsi convertiti, che le autorità arginano con difficoltà. Quando Isabella di Castiglia (1451-1504) sale al trono, nel 1474, la convivenza fra ebrei e cristiani è molto deteriorata e il problema dei falsi convertiti è tale che, secondo l'autorevole storico della Chiesa Ludwig von Pastor (1854-1928), era in questione l'esistenza o la non esistenza della Spagna cristiana. In quella situazione si moltiplicano le richieste, provenienti anche da autorevoli conversos, in favore dell'istituzione dell'Inquisizione.


La Castiglia non aveva mai avuto un organismo che si occupasse specificamente dell'eresia, perché era stata ritenuta sufficiente l'attività dei tribunali ecclesiastici, dipendenti dai vescovi. Invece, l'Inquisizione era stata operante nei domini della corona aragonese dal 1238, ma era del tutto inattiva dal secolo XV. Su sollecitazione di Isabella di Castiglia e del marito Ferdinando d'Aragona (1452-1516) - che avevano promosso invano una campagna pacifica di persuasione nei confronti dei giudaizzanti - il 1° novembre 1478 Papa Sisto IV (1471-1484) istituisce l'Inquisizione in Castiglia e autorizza i Re Cattolici a nominare nei loro Stati alcuni inquisitori di fiducia con giurisdizione esclusivamente sui cristiani battezzati. Pertanto, nessun ebreo è stato mai condannato perché tale, mentre sono stati condannati quanti si fingevano cattolici per ricavarne vantaggi.

2. La procedura e le pene


L'attività del nuovo organismo si fonda sulla copiosa legislazione elaborata dai canonisti medievali e riprende, salvo qualche lieve differenza, l'organizzazione, la procedura e la progressione delle pene della prima Inquisizione. Tuttavia, i poteri di nomina e di rimozione degli inquisitori erano concessi alla Corona tramite la figura di un intermediario, l'inquisitore generale, assistito dal Consiglio della Suprema e Generale Inquisizione.


L'azione dei primi inquisitori a Siviglia è molto rigorosa ed esercitata, talvolta, al di fuori delle garanzie canoniche, così che la Santa Sede ritiene opportuno intervenire per nominare l'inquisitore generale nella persona del domenicano Tomas de Torquemada (1420-1498), confessore della regina Isabella, sul quale una letteratura di propaganda ha diffuso grandi menzogne. Uomo di costumi integerrimi, nonché uno dei maggiori mecenati e protettori di artisti della sua epoca, Torquemada fu, invece, un inquisitore generale relativamente mite e liberale e s'impegnò per ottenere ampie amnistie, come quella del 1484.

Lo storico francese Bartolomé Bennassar, confrontando i tribunali inquisitoriali con le corti civili dell'epoca, descrive l'Inquisizione spagnola in questi termini: "Senza alcun dubbio più efficace. Ma anche più esatta, più scrupolosa [...]. Una giustizia che esamina attentamente le testimonianze, che le sottopone a uno scrupoloso controllo, che accetta liberamente la ricusazione da parte degli accusati dei testimoni sospetti (e spesso per i motivi più insignificanti); una giustizia che tortura raramente e che rispetta le norme legali, contrariamente ad alcune giurisdizioni civili [...]. Una giustizia preoccupata di educare, di spiegare all'accusato perché ha errato, che ammonisce e consiglia, le cui condanne a morte colpiscono solo i recidivi".

Lo studioso danese Gustav Henningsen, dopo aver analizzato statisticamente circa quarantamila casi di inquisiti fra il 1540 e il 1700, rileva che soltanto l'1% di essi fu giustiziato. Lo storico statunitense Edward Peters conferma questi dati: "La valutazione più attendibile è che, tra il 1550 e il 1800, in Spagna vennero emesse 3000 sentenze di morte secondo verdetto inquisitoriale, un numero molto inferiore a quello degli analoghi tribunali secolari".

3. Indulgenza verso la stregoneria


La relativa mitezza dei tribunali inquisitoriali emerge anche dall'atteggiamento tollerante tenuto nei confronti della stregoneria, proprio nel periodo in cui dilagava in Europa la fobia antistregonica, legata direttamente alla diffusione dell'occultismo e del pensiero magico nel Rinascimento e alla psicosi del demoniaco, indotta dalla Pseudo-Riforma protestante. È ormai certo che in Spagna fu proprio l'Inquisizione - dopo una prima incontrollata diffusione di timori popolari e di repressione statale - a impedire lo sviluppo di una vera e propria caccia alle streghe, così come è poco noto che a Roma l'Inquisizione fece giustiziare per stregoneria una sola persona, nel 1424. È significativo, inoltre, che furono i principi più legati ai valori cavallereschi e feudali ad attestarsi su posizioni di moderazione e di scetticismo verso i supposti poteri delle streghe, mentre la parte più "progressista" della cultura ufficiale sposò la causa dell'intolleranza e della persecuzione in nome del progresso della ragione. Da parte loro, i Pontefici raccomandarono sempre agli inquisitori di limitare il loro interesse per gli stregoni ai soli casi in cui fossero presenti elementi sacrileghi o idolatrici, cioè quando, alla superstizione, potessero essere attribuiti con evidenza i caratteri dell'eresia.


L'Inquisizione spagnola interviene per la prima volta nel 1526, a seguito della persecuzione scatenata dalla popolazione di Navarra negli anni precedenti; la maggioranza degli inquisitori si pronuncia a favore di una politica di clemenza, sollecitando inoltre l'invio di predicatori per istruire i superstiziosi. La successiva ondata contro le streghe si verifica nel 1610, ancora in Navarra. L'emozione suscitata dal dilagare dei fenomeni attribuiti alla magia investe perfino gli inquisitori di Logrono, ma interviene il Consiglio della Suprema e Generale Inquisizione, annullando tutte le sentenze e consigliando maggiori precauzioni nel prosieguo delle indagini.

4. Popolarità dell'Inquisizione


Il ruolo svolto dall'Inquisizione spagnola, che godette sempre di grande popolarità, è decisivo non soltanto per preservare il paese da quella sanguinosa fobia di massa costituita dalla caccia alle streghe, ma anche e soprattutto per assicurare la pace sociale e religiosa alla Spagna. Infatti quel tribunale, colpendo una percentuale ridotta di conversos e di moriscos, cioè musulmani diventati cristiani solo per opportunismo, certifica che tutti gli altri erano veri convertiti, che nessuno aveva il diritto di discriminare o di attaccare con la violenza, ed evita un bagno di sangue. Inoltre, contribuendo alla repressione dell'eresia e sostenendo l'operato della Contro-Riforma, svolge una preziosa azione educativa sul basso clero e il resto della popolazione, confortandone la fede e la morale. Non può essere sottovalutata la portata di tale impresa, che costituisce una nazione spiritualmente compatta di fronte alla Francia lacerata dalle guerre di religione, all'Inghilterra sulla strada dell'eresia e al sultano difensore del mondo islamico.

Inoltre, l'Inquisizione non ostacola mai le grandi imprese culturali dei secoli XVI e XVII; anzi, ripiegandosi su sé stessa, la Spagna giunge in quegli anni al culmine del suo splendore. Personaggi come il giurista Francisco de Vitoria (1492-1546), i teologi Domenico de Soto (1495-1560), Melchor Cano (1509-1560) e Francisco Suarez (1548-1617), i drammaturghi Felix Lope de Vega (1562-1635) e Pedro Calderón de la Barca (1600-1681), il romanziere Miguel de Cervantes (1547-1616), i pittori El Greco (1545-1614), Bartolomé Murillo (1617-1682) e Diego Velázquez (1599-1660) dominano la cultura europea e danno vita al cosiddetto siglo de oro spagnolo. Anche la vita religiosa conosce la sua epoca aurea, attraverso le figure di sant'Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù, di san Giovanni di Dio (1495-1550), fondatore dell'Ordine degli Ospedalieri, dei mistici santa Teresa d'Avila (1515-1582) e san Giovanni della Croce (1542-1591), riformatori dell'ordine carmelitano, del francescano san Pietro di Alcantara (1499-1562) e del gesuita san Francesco Borgia (1510-1572).


Pertanto, non fu un'impresa facile sopprimere l'Inquisizione. Soltanto con la diffusione dell'illuminismo e con la laicizzazione della monarchia, con l'invasione napoleonica e con la propaganda liberale si perviene alle soppressioni del 1813 e del 1834, che suscitano l'opposizione degli spagnoli di tutti i ceti, per i quali l'Inquisizione era il simbolo di quanto costituiva l'identità del paese, cioè la fedeltà incondizionata al cattolicesimo
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Caterina63
00venerdì 13 febbraio 2009 14:12
Storie di conversione:  Baruch

Il rabbino di Tolosa e il suo amico inquisitore


di Anna Foa

Nel 1320, mentre Papa Giovanni xxii regnava ad Avignone, la crociata dei Pastorelli dilagò nel Sud della Francia. Una crociata di marginali, adolescenti, contadini, che attaccò le istituzioni ecclesiastiche e si rivolse in particolare contro gli ebrei, le cui comunità in Provenza furono attaccate e distrutte.

Gli ebrei furono costretti a convertirsi sul filo della spada, chi si rifiutava venne massacrato.
Un episodio di violenza indiscriminata dal basso, non condiviso, anzi avversato e temuto dalle alte gerarchie ecclesiastiche, ma che incontrò in molte parti il favore del clero più basso.
A Tolosa, i Pastorelli arrivarono nel mese di giugno. L'ebreo Baruch, un rabbino di origine tedesca molto famoso per il suo sapere, era nella sua stanza intento a studiare quando il quartiere ebraico fu invaso dalla folla dei Pastorelli e del popolino che li seguiva.


Baruch fu portato nella cattedrale, dove due preti lo spinsero a battezzarsi subito, se voleva evitare di essere messo a morte. Baruch chiese allora di essere portato da un frate domenicano del convento, che voleva fosse suo padrino nel battesimo. Era un suo amico, una persona con cui era solito discutere e studiare, e sperava di potersi, tramite suo, salvare senza dover accettare il battesimo.


La folla in tumulto impedì però che i due preti riuscissero a fargli raggiungere il convento. Sotto una minaccia di morte così immediata, in mezzo ai cadaveri degli ebrei che avevano rifiutato il battesimo, Baruch fu così portato al fonte battesimale e fu battezzato all'istante, prendendo il nome di Giovanni.


Pochi giorni dopo, allontanatisi i Pastorelli, Baruch lasciò Tolosa e tornò alla sua religione. Il battesimo era stato un atto forzato, la sua conversione era avvenuta sotto la minaccia diretta di morte. Era un uomo coscienzioso, tuttavia, e volle sistemare le cose per bene, a scanso di ulteriori sorprese.


Si recò quindi dal locale inquisitore, e gli espose il suo caso. L'inquisitore non ebbe dubbi:  si trattava di un battesimo forzato, quindi invalido secondo il diritto canonico. Baruch tornò ai suoi studi, tranquillo, anche se lasciò Tolosa per Pamiers.
Pochi mesi dopo, il cistercense Jacques Fournier, che nel 1334 diverrà Papa con il nome di Benedetto xii, divenne vescovo di Pamiers. I suoi registri d'Inquisizione, conservati nella Biblioteca Vaticana e pubblicati nel 1965 da Jacques Duvernoy, ci descrivono la sua intensa attività contro i Catari, il suo principale obiettivo nella zona.


L'unico ebreo da lui processato fu Baruch, e molte pagine del suo registro sono dedicate al suo caso.


Jacques Fournier era un inquisitore colto, molto addentro ai meccanismi del diritto canonico, a differenza, evidentemente, del locale inquisitore a cui Baruch si era rivolto per ottenere la conferma dell'invalidità del suo battesimo. Venuto a conoscenza del suo caso, convocò Baruch e gli comunicò che la sua conversione, dal punto di vista del diritto canonico, non era affatto nulla.


Avrebbe dovuto quindi tornare al cristianesimo, e abbandonare l'ebraismo, o sarebbe stato considerato come un apostata e bruciato sul rogo. Ma perché una conversione sulla punta della spada era considerata valida dal diritto canonico nel 1320, mentre non lo era nel 1096, quando i vescovi della Germania renana avevano consentito il ritorno all'ebraismo di quanti si erano convertiti durante i pogrom operati dalle bande marginali della Prima crociata?


In realtà, è vero che le norme stavano cambiando, e in un certo senso l'inquisitore locale non era davvero ignorante del diritto canonico, ma semplicemente non ne conoscevano i più recenti sviluppi, che prevedevano una distinzione fra forza assoluta e forza relativa.


La forza assoluta era quella che comportava che l'acqua del battesimo fosse gettata su qualcuno mentre costui continuava a protestare ad alta voce di non volersi battezzare. In questo caso, il sacramento non era valido, il sigillo del battesimo non era impresso. In tutti gli altri casi, il battesimo era valido, il sigillo era impresso, l'ebreo o l'infedele diveniva cristiano. Anche il battesimo imposto con la spada ricadeva in questa seconda categoria, perché lasciava pur sempre la scelta fra la conversione o la morte.


Informato da Jacques Fournier di queste norme, Baruch comprese rapidamente di non avere scelta, a meno di non voler affrontare il rogo come apostata.
Ma volle, nondimeno, dire la sua, e chiese di essere convinto delle verità della fede cristiana, prima di accettarle. Volle, insomma, trasformare un battesimo forzato in un battesimo liberamente accettato.


O forse volle soltanto prendersi una rivincita e disputare di teologia con l'inquisitore, come altre volte aveva discusso con il suo amico domenicano, alla pari? Oppure, c'era una qualche connessione fra la sua frequentazione del frate domenicano, la sua conversione forzata e la sua scelta di preferire la conversione al martirio? Non lo sappiamo, ma sappiamo che fu, in qualche settimana, convinto dei principi basilari della fede cristiana, della Trinità, della messianicità di Cristo. E divenne cristiano. Passò il resto della sua vita, riteniamo, come un cristiano.


Non lo sappiamo con certezza, perché il registro di Jacques Fournier non lo nomina più.
Ma ci resta questa storia incredibile, di un rabbino convertito a forza e di un inquisitore destinato ad esser Papa che disputano sottilmente all'ombra di un rogo, per fortuna solo minacciato. Non sappiamo davvero se Baruch si sia davvero convinto e sia diventato cristiano nel cuore, certo lo rimase di fatto.
Era troppo pericoloso ormai, per lui, compiere qualsiasi atto sia pur lontanamente giudaizzante. Ma ci piace immaginare che, allontanatosi Fournier a scovare Catari nelle vicinanze, il neofita sia tornato alle conversazioni con il suo amico domenicano, e forse, a volte, si siano ambedue dimenticati, nella foga, di essere ormai della stessa religione, ed abbiano ricominciato a discutere come se l'uno avesse già il suo Messia e l'altro, l'ebreo Baruch, ancora lo attendesse.



(©L'Osservatore Romano - 3 settembre 2008)
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