Chiariamo la frase: Fuori della Chiesa c'è salvezza?

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Caterina63
00giovedì 27 novembre 2008 20:25

[SM=g1740733] COSA SIGNIFICA:  FUORI DELLA CHIESA NON C'E' SALVEZZA?

 

Scrive Sant'Agostino: "L'uomo non può aver salute se non nella Chiesa Cattolica. Fuori della Chiesa può trovare tutto, tranne la salute: può avere autorità, può anche possedere il Vangelo, può tenere e predicare la fede col nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, ma in nessun luogo, se non nella Chiesa potrà trovare salvezza"  (Sermone ad Caesariens. Eccl. prebem. n.6).

Che nella Chiesa vi sia questa Salvezza è perciò la Carità particolare che il Signore Gesù Cristo ha voluto consegnare ad Essa.

Le due definizioni "fuori della Chiesa non c'è salvezza" e la Chiesa "Cattolica Romana", sono oggi abbondantemente fraintese, o estremizzate, a tal punto da non offrire più quella chiarezza necessaria alla comprensione non solo delle parole che esprimiamo, ma proprio del loro contenuto dottrinale nel progetto stesso di Dio, ed essere così usate in modo conflittuale tanto da dare origine alle divisioni.

 

1. Fuori della Chiesa non c'è salvezza.

 

Fin dai primi secoli la frase veniva usata per sottolineare la posizione assunta dagli eretici i quali, fondando nuove e false dottrine, intendevano così perseguire ugualmente quella salvezza che  Nostro Signore Gesù Cristo aveva invece affidato alla Sua Chiesa nelle vesti di quella autorità Apostolica della quale Pietro ne è il garante.

Già Sant' Ireneo alla fine dell'anno 100 sottolinea una "comunione dottrinale fondamentale che tutte le chiese dovevano avere con il Vescovo di Roma",e dalle Chiese di Oriente nessuno si opponeva a questo "richiamo" anzi, sostenevano spesso le decisioni ultime dottrinali che la Chiesa di Roma assumeva e difendeva contro ogni forma eretica sull'interpretazione delle Scritture e sull'uso frequente dei testi apocrifi.

 

Come mai, possiamo chiederci, la Chiesa ritenne necessaria questa specificazione?

Perché secondo le conoscenze del momento tutta la Chiesa pensava che oramai il Vangelo si fosse diffuso in tutto il mondo; di conseguenza chi non l'avesse accettato, rifiutandolo, era posto fuori della salvezza. Tale opinione è attribuita al vescovo di Ruspe nel VI sec. tale Fulgenzio.

Infatti l'insegnamento cattolico (ossia da Oriente ad Occidente) diventato insegnamento ufficiale di tutto il mondo allora conosciuto fino al Concilio di Firenze del 1442, usava l'interpretazione di Fulgenzio: non c'è salvezza fuori della Chiesa, intendendola quale necessità urgente per la conversione a Cristo, come se una certa evangelizzazione fosse terminata con il mondo conosciuto di allora.

Ma quando nel 1492 si scoprì l'America, fu sempre iniziativa della Chiesa Cattolica (Roma) a rendersi conto che il mondo non solo era più vasto di ciò che allora si credeva, ma che vi erano e vi sarebbero state milioni e milioni di persone che ancora non conoscevano Gesù.. Ed anche prima, furono santi come Francesco d'Assisi, Caterina da Siena, Brigida di Svezia, Ignazio di Lojola, Francesco Saverio e tanti altri dell'epoca a far comprendere alla Chiesa stessa che tale frase doveva essere sempre insegnata, e che la salvezza era stata certamente seminata dalla Divina Provvidenza anche oltre i confini allora conosciuti e che, dunque, si trattava ora di capire in quale modo bisognava "andarle incontro" e in quale modo la Chiesa avrebbe dovuto farvi fronte. In questo senso, tale salvezza, la si trova principalmente in quel: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Marco 16,15-16).

La salvezza la si acquista in quel diventare missionari del Vangelo e in quel "accogliere" il Vangelo, ossia, convertirsi.

E' per questo che la Chiesa attribuisce ai Santi il grande ruolo di veri Riformatori della Chiesa: Essi non pongono mai in dubbio la dottrina, ma lavorano sulle interpretazioni affinché siano queste a corrispondere alla Dottrina e mai il contrario.

E' doveroso sottolineare che in quell'epoca in cui si scoprivano altri "mondi", i più restrittivi ed intolleranti divennero invece proprio i Protestanti, e tanto per fare un esempio troviamo Calvino che istituì i "Tribunali": ogni politico doveva essere riconosciuto dalla chiesa calvinista per essere "salvato"....

Ed è anche in quest'epoca l'irrigidimento della Chiesa d'Oriente che iniziò a parlare di "ortodossia", sostenendo un grave errore ogni forma di cedimento dottrinale, a cominciare proprio da questa frase, perciò essi stessi richiamandosi "Ortodossi", assunsero su di loro che fuori della loro Ortodossia non vi è salvezza.

Ma tale termine l'assunsero gli stessi protestanti, aggirando però l'ostacolo, invece di chiesa dicevano "al di fuori delle Scritture, ossia il Cristo, non c'è salvezza" da qui l'estremizzazione e perfino spaccatura  dottrinale del Sola Fidei, Solo Chisto, Sola Scriptura..

Ma questa, in parte verità, cioè che senza Cristo non c'è salvezza, non risolveva il problema, e peggio che in passato, si assiste ad un aumento dell'obbligo alla conversione, ma ahimè snaturando il significato stesso della Chiesa nella quale è contenuta questa Salvezza, e per la quale è necessaria la conversione.

E mentre Ortodossi e Protestanti assolutizzavano a sé la sede della Salvezza, la vera ed unica Chiesa di Cristo (la Chiesa Cattolica-romana), dunque iniziò a pensare a delle distinzioni tra i membri della Chiesa "in re" di fatto (- cioè battezzati) e i membri della Chiesa "in voto" di desiderio (- cioè persone di buona volontà, dal cuore buono e pulito, ma che per qualche incomprensione rimanevano fuori della Chiesa ma non per una colpa propria), cioè non per scelta volontaria...

Gesù rivolgendosi agli Apostoli (colonne della Chiesa) li indica come assolutamente necessari per aderire a Lui e al Padre: “Chi ascolta voi, ascolta me. Chi disprezza voi disprezza me, ma chi disprezza me disprezza il Padre che mi ha mandato” (Luca 10,16).

A Pietro dice: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,18).

Ancora sulla necessità di accogliere e ascoltare e di aderire agli Apostoli: “Se qualcuno non vi accoglie e non ascolta le vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete via la polvere dai vostri piedi.” (Matteo 10,14).

Il Concilio Vaticano II (1962-1965) riepiloga il Magistero di sempre sottolineando che: “Tutti gli uomini che conoscono la Chiesa Cattolica e sanno che cosa significa necessità della salvezza, voluta da Dio a mezzo del Cristo, ma non entrano nella Chiesa o non hanno la costanza di rimanervi, non possono essere salvati.” (Lumen Gentium, 16).

Giovanni Paolo II dice: “Solo nella Chiesa c’è la Verità” (Veritatis Splendor, II, 64).

 

Possiamo quindi affermare che la necessità di dover specificare che "fuori della Chiesa non c'è salvezza", si è sempre resa necessaria fin dai primi secoli, per far fronte alle crescenti mistificazioni della Verità e dei contenuti della Salvezza stessa, queste perplessità nascono dal fatto poi che, soprattutto oggi, siamo in piena cultura relativista (non deve esistere nessuna verità assoluta) e soggettivista (ognuno può crearsi la verità che vuole).

Prendendo il Magistero nella sua interezza, la Chiesa si presenta come assolutamente necessaria per la salvezza di ogni uomo.

C’è una famosa frase di origine patristica che dice: “extra Ecclesiam nulla salus”, ovvero: “fuori della Chiesa non vi è salvezza”. Ebbene, questa frase è un’incontestabile verità di fede,  lo è perché è stata continuamente ripetuta dai Padri e dal Magistero.

Con San Cipriano (200-258) abbiamo anche la simbologia dell'arca vista come la Chiesa che fa salire, entrare al suo interno ogni specie affinché tutti si salvino dal diluvio: “Fuori dell’arca, il diluvio e la morte; fuori della Chiesa, la dannazione.” (De Unitate Ecclesiae, VI).

Genesi 6 spiega i dettagli sul diluvio e il motivo: "Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo". Si legga anche sulla corruzione del genere umano: Es 34,15-16/ 2Cor. 6,14-18/ Sal.14,1-4/ Rm.3,10-18..

E spiega come dovesse essere costruita l'arca, si legga anche:  Gb 22,15-17/ Os 4,1-3/ Eb 11,7/ 1Pt. 3,19-20/ Gb 22,15-17/ Os 4,1-3.

"Ma io stabilirò il mio patto con te; tu entrerai nell'arca: tu e i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli con te.  Di tutto ciò che vive, di ogni essere vivente, fanne entrare nell'arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te; e siano maschio e femmina..." (Gn.6,18-19).

Con il Nuovo Testamento abbiamo la chiave di lettura di questi fatti: Gesù Cristo è la Nuova Alleanza definitiva fra l'uomo e Dio e nel Suo Corpo, che è la Chiesa, è la nostra arca di salvezza dalle tempeste del mondo, in questo Corpo è contenuta la pienezza di questa Salvezza che s'irradia nel mondo.

Dice San Girolamo (347-420): “So che la Chiesa è stata edificata su quella pietra (la Cattedra di Pietro). Chiunque mangi l’agnello fuori di questa casa è profano. Se qualcuno non sarà nell’arca di Noé, perirà nel diluvio.” (Epistola ad Damasum, 2).

Dice infatti Gesù: “Se non vuole ascoltare nemmeno loro, và a riferire il fatto alla comunità dei credenti. Se poi non ascolterà neppure la comunità, consideralo come un pagano o un estraneo” (Matteo 18,17).

 “Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto quello che io vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,19-20).

Non si può dire di essere con Gesù se, volontariamente, si vuole stare fuori del Suo Corpo, o peggio, combatterlo ritenendo la santa Chiesa un pericolo per le persone.

 

Viene ora spontanea un altra domanda: ma quante chiese abbiamo se tutte pretendono di "avere la salvezza"?

 

Cominciamo con una onesta  distinzione perché è ovvio che non  in tutte le Chiese c'è salvezza dal momento che la Chiesa è "una, santa, cattolica ed apostolica", perciò è il concetto di Chiesa che va chiarito.

Se leggiamo il N.T. osserviamo un riferimento alla "Chiesa", ma anche "alle Chiese", la distinzione dunque va fatta tra :


1) la Chiesa Cattolica Universale (con quella Ortodossa che è separata ma non costituisce una Chiesa a parte);

2) e le Chiese locali o "particolari"


La realtà è perciò la seguente:

La Chiesa Cattolica-Romana è quell'una, santa ed apostolica, da questa unica Chiesa rappresentata ininterrottamente dal vescovo residente a Roma e dai Patriarchi d'Oriente, esistono le "chiese locali-particolari" sulle quali vigila un Vescovo che è in comunione con "Pietro" e che da lui riceve il "mandato" per vigilare su quelle comunità, ma ahimè,  hanno preso vita anche le divisioni, lacerazioni.

Non dimentichiamo a tal proposito la stessa Preghiera di Gesù a favore dell'unità:

"Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato". (Gv.17,1-25), ed anche a quella Preghiera singolare ed unica che Gesù confida di aver fatto per Pietro: "Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc.22,31-32).

Alcune divisioni sono sorte proprio sulle eresie anche se oggi solo apparentemente sconfitte, altre divisioni si sono avute su questioni più prettamente territoriali e politiche....

Se leggiamo dagli apostoli, san Paolo esprime chiaramente un aspetto fondamentale:
egli pur scrivendo a diverse chiese: Corinto, alle Chiese in Galazia, ai Tessalonicesi, ecc.... fa comprendere il ruolo delle "chiese locali" che però non vivevano di vita propria, ma bensì dovevano obbedire all'insegnamento degli Apostoli.

Queste Chiese non si fondavano assolutamente sulla falsa dottrina protestante del Sola Scriptura, ma dovevano seguire fedelmente le dottrine degli Apostoli i quali, colonne della Chiesa universale, garantivano l'unità nell'insegnamento, perciò è da essi che traevano i Sacramenti della salvezza e di conseguenza è dalla Chiesa in cui abita Pietro con i Successori degli apostoli ad essere quell'Unica Chiesa dalla quale  proviene la salvezza per sé e per le altre comunità in comunione con loro.

Gli Apostoli così fanno comprendere da subito che la Chiesa certamente è formata dall'assemblea dei fedeli che si riuniscono, ma in questa Chiesa Universale si è "universali"(=cattolici) solo se vi è comunione nell'insegnamento dottrinale della Scrittura e con la "loro" parola alla quale devono, gioco forza, ritrovarsi tutte le Chiese "particolari", ed ogni confessione-comunità cristiana.

 In poche parole furono gli Apostoli che visibilmente imposero delle regole dottrinali di vita nelle comunità, mai lasciarono alle Chiese la libera interpretazione delle Scritture.

Perciò la Chiesa Cattolica Romana è l'unica che ancora oggi dimostra quella "universalità apostolica" dentro la quale "non esiste solo Roma", ma convivono dentro centinaia di Chiese locali e di Chiese particolari, come dimostra già nell'anno 80 d.C. san Clemente quando scrive alla Chiesa in Corinto per ricondurla all'unità dottrinale per mezzo dell'obbedienza ai presbiteri e al vescovo del luogo, da Clemente riconosciuto in comunione.


Dice ragionevolmente la Lumen Gentium al n.26: che ognuna di queste Chiese è il Corpo di Cristo in un luogo particolare, in poche parole le Chiese non devono diventare una sorta di suddivisione territoriale amministrativa o come succursale locale di una catena di ristoranti "fast food".

Ogni Chiesa fonda una comunità unita dalla fede e dal battesimo e che si trova in comunione mediante l'Eucarestia, mediante, dice san Paolo il "Deposito della fede" che è la viva Tradizione comune, che avviene per mezzo di ministri "confermati da Pietro", consacrati mediante l'Ordinazione sacra, ed inviati a nome di tutta la Chiesa universale per essere servizio alle comunità.

Che si ritrovano insieme per ascoltare la Parola di Dio, commentarla, studiarla, nutrirsi del Corpo e Sangue di Gesù, attendere alle opere di carità per il sostentamento dei più deboli, per migliorare la società in attesa del ritorno del Signore Gesù, ecc..

La Chiesa Cattolica dunque non è per un capriccio che difende un primato, questo primato esiste ed è sotto gli occhi di tutti e quando si parla di "lacerazione del Corpo di Cristo", s'intende proprio parlare delle Chiese che si distaccarono dal Corpo.

Un Corpo non puramente invisibile come molti oggi erroneamente vorrebbero la Chiesa, ma visibile come testimoniano gli apostoli quando parlano alle chiese del loro tempo.

Ed è un primato che esercita una forma di  Carità dunque, quel praticare un atto verso gli infermi, i carcerati, gli anziani, i moribondi, gli ospiti, verso coloro nei quali avvertiamo un senso di antipatia, oppure che ci hanno offeso, una Carità volta a far conoscere il fondamento che la sostiene: Gesù Cristo.

Seppur dovrebbe essere carità quotidiana, essa è particolare in quanto, applicandola, verrebbe ad alimentare le nostre virtù correggendo proprio i nostri peggior difetti.

Così si legge in un catechismo del 1886 dalla diocesi di Trieste: "E' Carità particolare rivolgersi agli eretici, agli infedeli, ai pagani. Questa Carità è tipica della Santa Chiesa perché solo in Essa vi è salvezza, nessuna proposizione fu più di questa combattuta dagli eretici: la chiamano intolleranza papistica e furibondo fanatismo, ma si sbagliano.

Questa forma di Carità è particolare perché Nostro Signore Gesù Cristo volle istituire con la Sua Chiesa un mezzo sicuro, ed efficace per trasmettere la Salvezza. Quando la Chiesa insegna questa Salvezza non intese mai dire che tutti gli altri che non appartengono alla Chiesa siano come eternamente dannati o perduti... ma solamente dice che la sola Chiesa di Gesù Cristo ha la potenza di condurre gli uomini alla certezza della salvezza. I mezzi per conseguire l'eterna salute sono quelli ordinari, ma anche quelli straordinari: i mezzi ordinari sono nelle mani della Chiesa e sono i suoi Divini Sacramenti, quelli straordinari sono nelle mani di Dio  e sono quelli che la Chiesa definisce "strade misteriose che conducono a Dio", tuttavia anche i mezzi straordinari si muovono in modo ordinato che ha nella Divina Eucaristia, la Santa Messa, il suo principio motore, e poi le Preghiere della Chiesa e dei fedeli, specialmente il santo Rosario. La Santa Chiesa vive, insegna ed applica la Carità particolare, tenendo bene a mente  tutto l'insegnamento di Gesù Cristo e non soltanto quel che torna comodo..."

 

Mi piace concludere questi aspetti che abbiamo appena analizzato, con un buon articolo tratto in rete da "il settimanale di san Padre Pio":

La Chiesa Cattolica, perciò,  da sempre ha affermato che chi si trova fuori della Chiesa senza colpa, non può, per questo, essere condannato.

A riguardo di ciò si ipotizzano due possibili ignoranze: la cosiddetta dotta ignoranza e l’ignoranza invincibile.

Per dotta ignoranza (significativa contraddizione: “dotta”/“ignoranza”) s’intende quella situazione in cui non si è mai ricevuto l’annuncio cristiano, per cui si è in uno stato d’ignoranza incolpevole, ma nello stesso tempo si desidera intimamente (ecco perché si parla d’ignoranza “dotta”) di aderire alla Verità che purtroppo non si conosce.

Per ignoranza invincibile s’intende invece quella situazione in cui si è ricevuto l’annuncio cristiano, ma lo stato d’ignoranza è tale (invincibile appunto) che non si può superare. Per esempio, un uomo semplice completamente condizionato dal contesto ambientale e culturale e che quindi non ha la possibilità di capire dove sta la verità e dove sta l’errore.

Queste ignoranze sono di due tipi, ma, spesso, vengono entrambe definite con l’aggettivo di “invincibili”.

Cito un’affermazione del beato Pontefice Pio IX. L’affermazione è tratta dall’enciclica Singolari quidam del 17.3.1856 : “(…) nella Chiesa Cattolica, per il fatto che essa conserva il vero culto, vi è il santuario inviolabile della fede stessa, e il tempio di Dio, fuori del quale, salvo la scusa di una invincibile ignoranza, non si può sperare né la vita né la salvezza”.

  

- Ma se ci si salva perché si è fuori dalla Chiesa ‘senza colpa’, allora vien meno il principio dell’ ‘extra Ecclesiam nulla salus’ (fuori della Chiesa non c’è salvezza)?

 

 - No, non c’è contraddizione.

 

Condizione necessaria per far parte della Chiesa è ricevere il battesimo. E’ pur vero però che non esiste solo il battesimo-di-acqua (quello che viene amministrato ordinariamente), esistono anche il battesimo-di-sangue e il battesimo-di-desiderio.

Il battesimo-di-sangue riguarda il martirio. Convertirsi da adulto significa ricevere il battesimo dopo un’adeguata preparazione; dunque, se intanto dovesse sopraggiungere il martirio, l’effusione del proprio sangue per Cristo conferisce il battesimo.

Il battesimo-di-desiderio invece è più frequente. Un adulto è in attesa di ricevere il battesimo, ma intanto sopraggiunge improvvisamente la morte; ebbene, il desiderio di ricevere il battesimo, in questo caso, lo battezza.

(..) In questo modo viene tanto salvaguardato il giusto principio che possano salvarsi coloro che, in buona fede, non sono cattolici, quanto il principio dell’extra Ecclesiam nulla salus.

Riguardo il desiderio implicito, il sommo Pontefice San Pio X, nel suo celebre Catechismo, dice: “Chi, trovandosi senza sua colpa, ossia in buona fede, fuori della Chiesa, avesse ricevuto il Battesimo, o ne avesse il desiderio almeno implicito; cercasse inoltre sinceramente la verità e compisse la volontà di Dio come meglio può; benché separato dal corpo della Chiesa, sarebbe unito all’anima di lei e quindi in via di salute”.

 

Che cosa significano anima e corpo della Chiesa?

L’anima consiste in ciò che la Chiesa ha di interno e spirituale: la Fede, la Speranza, la Carità, i Doni della Grazia e tutti i tesori che si devono ai meriti di Cristo e dei Santi. Il corpo consiste invece in ciò che la Chiesa ha di visibile e di esterno: la società dei fedeli, il culto, il governo, la struttura, il ministero e l’insegnamento.

 

Qual è il criterio che il Signore utilizza per capire se un’anima desidera davvero aderire a Lui?

[...] Il criterio è lo sforzo di seguire la legge naturale.

Scrive il beato Pio IX nell’enciclica Quanto conficiamur moerore del 10.8.1863: “A voi è assai noto che quelli i quali per ignoranza invincibile non conoscono la nostra religione, ma conoscono la legge naturale ed i suoi precetti da Dio scolpiti nei cuori di tutti e sono disposti ad ubbidire a Dio e menano una vita onesta, questi con l’aiuto della luce e della grazia divina possono conseguire la vita eterna; perchè Dio, il quale vede, scruta e conosce le menti, gli animi, i pensieri, le disposizioni di tutti, per ragione della sua somma bontà e clemenza non può assolutamente permettere che sia punito con eterni supplizi chi non sia reo di colpa volontaria”.

 

Dunque, la legge naturale è quella legge che è conoscibile attraverso la ragione e che alberga nel cuore di ogni uomo indipendentemente dall’atto di Fede, e che se vogliamo possiamo ritrovare nei Dieci Comandamenti. Certamente per chi è cristiano, con l’aiuto della Grazia, è più facile l’individuazione e la pratica della legge naturale, ma non è impossibile per chi cristiano non è.

 

Possiamo quindi dire che è sempre questa unica Chiesa Cattolica e questo Corpo visibile che nel corso dei secoli per varie circostanze volute o non volute, ha subito delle persecuzioni anche gravi, interne ed esterne al Corpo, ma nessuno di noi può dubitare delle parole del Fondatore: "e le porte degli inferi non prevarranno", se Gesù ha dato questa certezza, significa che l'ha data proprio per non lasciarci ingannare dalle false dottrine, per non lasciarci scoraggiare dalle divisioni, e per sottolineare che se esisteva un pericolo da Lui stesso fermato, esiste allora anche un luogo terreno, la Chiesa, contro la quale le potenze delle tenebre vorrebbero trionfare invadendola e annientandola, ma non ci riusciranno perché lo Sposo è fedele alle sue promesse ed ama la Sua Sposa.

 

 2. La Chiesa "Cattolica Romana"


E' necessario spendere ora due righe su questo termine.

Fin dal primo secolo abbiamo visto come la prima frase: "fuori della Chiesa non c'è salvezza", non comprendesse mai gli altri due termini "cattolica e romana". Questa assenza ha dato origine, per i protestanti, alla falsa affermazione che i Padri non intendessero parlare della Chiesa "romana" ma di una Chiesa "di Gesù Cristo" territorialmente invisibile... una Chiesa fatta semplicemente "dalla fede dei fedeli in Gesù Cristo" in qualunque posto vivano, una Chiesa sostanzialmente "invisibile", ma resa visibile dalle membra attive, dall'assemblea che si riunisce la domenica per pregare, dall'andare in giro per il mondo a battezzare...

Con queste idee bizzarre non si fa fatica a comprendere che la prima seria e più grave divisione nella Chiesa Cattolica Universale è stata proprio quella Protestante, scaturita dalla Riforma del XVI sec.

Già cinque secoli prima come sappiamo Oriente ed Occidente si separarono per questioni politiche anche se in modo graduale cominciarono a dividersi dall'eresia ariana...
Ma mentre nelle Chiese Ortodosse è rimasto il concetto appunto dell'Ortodossia e nella quale condividiamo tutti e Sette i Sacramenti e la Presenza reale del Cristo nell'Eucarestia, nelle comunità (non chiese) Protestanti tutto venne stravolto e sconvolto, dai Sacramenti al Sacerdozio, alla Messa, alle dottrine ed oggi persino nelle questioni etiche e morali tale divisione è peggiorata.

 

Per capire dunque la Chiesa nei suoi termini "cattolica-romana" è necessario approfondire il senso del termine "cattolico-cattolicesimo".

La parola Cattolico deriva dall'aggettivo greco Katholokòs, universale, e dalla frase avverbiale greca: Kath'hòlou che significa "nell'insieme".

E' sbagliato perciò pensare che il contrario di cattolico possa essere "protestante o evangelico o pentecostale", il contrario di cattolico è semplicemente "settario", il contrario di "insieme" è infatti: separatamente, senza, da solo.

Questa connotazione di cattolica divenne distintiva per la Chiesa d'Occidente nel sec. XI dopo lo scisma con Oriente che fino ad allora parlava della Chiesa di Roma o della Chiesa di "rito latino", e con l'aggiunta, dispregiativa,  di "Romana" dal XVI con la Riforma protestante.

Da questa Riforma la parola cattolico assunse, anche all'interno della Chiesa, un senso strettamente confessionale, in quanto si sentì la necessità di un termine per distinguere la comunità rimasta fedele alla Chiesa Cattolica rappresentata dal vescovo di Roma da quelle che erano state attratte dai nuovi riformatori.

Ma che la Chiesa nella sua legittima sede apostolica fosse da sempre riconosciuta come "romana e cattolica" lo sappiamo proprio dai Padri della Chiesa che non certo con disprezzo definivano così la sede Petrina.

 

Per concludere

 
La Chiesa Cattolica è necessaria per la salvezza!

E possiamo dire con serenità che è dentro questa unica Chiesa, essendo "la Mistica Sposa ma anche Corpo di Cristo" che essa incarna la Presenza reale del Cristo dal quale avviene e si compie l'opera redentrice in favore di tutta l'umanità: l'Eucaristia.
Questa Chiesa essendo universale, prega, insegna e si esprime in concetto di universalità ed infallibilità.

Grazie a questa preghiera Universale che la Chiesa esprime mediante l'Eucarestia e gli altri Sacramenti, "tutte le genti" volenti o dolenti sono in qualche modo in relazione con la Chiesa Cattolica per mezzo non di meriti personali, ma per la grazia dello Spirito Santo che l'ha chiamata a questo scopo e servizio: segno visibile e strumento indispensabile per chiunque voglia accedere.

"Chi non è contro di voi, è con voi".

 

La cattolicità della Chiesa viene  affermata sin dai primi secoli del cristianesimo, soprattutto sulla scorta del Vangelo di san Giovanni.

Nel V secolo san Vincenzo di Lérins definì con sapienziale  sintesi il concetto stesso di Cattolico: "Quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est" (Quel che si è creduto ovunque, sempre, da tutti gli uomini): dunque un vero e proprio universalismo spazio-temporale. Il termine Cattolico esprime un dato essenziale della rivelazione biblica: la Chiesa, fondata da Cristo, è universale perché aperta a tutti i popoli senza distinzione di razza, nazionalità, sesso e censo. "Andate ed insegnate a tutte le genti" (Matteo 28, 18). Il concetto è stato ripreso dal Concilio Vaticano II: "Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio … alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia, infine, tutti gli uomini dalla grazia di Dio chiamati alla salvezza" (Lumen gentium 2, 13).

 

Dichiarato Doctor universalis insieme a san Tommaso d'Aquino, sant'Alberto Magno, vescovo, fu grande e fulgido esempio di evangelizzazione e predicazione della Verità.
Per lui lo studio delle dottrine è concepito come "culto della Verità", come pratica ascetica, come perfezione umana e non come un campo di battaglia, ma piuttosto come campo di "apprendimento di tutte le virtù", sul quale combattere non contro le persone, ma per correggere i propri errori, abbandonare i vizi. L'errore, insegna sant'Alberto Magno, si  distrugge affrontandolo e prevenendolo, restando sommamente fedeli all'insegnamento della santa Madre Chiesa.
Non stiamo lavorando o vivendo per una unità in una chiesa o comunità qualsiasi, ma per giungere pienamente a quella salvezza che s'irradia dall'unica Chiesa Cattolica esistente, voluta ed abitata pienamente dal Suo Fondatore, Gesù Cristo.


Sia lodato Gesù Cristo



[SM=g1740771]
Caterina63
00giovedì 15 gennaio 2009 18:26
Cristianesimo: [SM=g1740717]

Religione monoteista a carattere universalistico (Cattolicesimo), predicata nei primi decenni dell'impero romano da Gesù Cristo di Nazareth, compendiata nei Vangeli da alcuni suoi seguaci, ovvero Marco, Matteo, Luca e Giovanni, dai suoi seguaci dopo che Egli morì e, risuscitò ascendendo al cielo. Nelle sue premesse programmatiche è fondata sulla pace, sulla fratellanza fra tutti gli uomini e sulla possibilità offerta a tutti di purificarsi e redimersi nel corso della vita terrena, in vista del perpetuarsi di questa in una futura beatitudine celeste. Il C., religione rivelata e dogmatica, ha caratteristiche ben diverse da tutte le altre religioni monoteiste, in quanto pone le proprie fondamenta su un personaggio storico (rivelazione) e Figlio di Dio (dogmatica), che ne fu l'iniziatore ed il divulgatore.

Ma, mentre i promulgatori di altre religioni affini, come Mosè, Zarathustra e Maometto, non aspirarono mai ad un culto divino indirizzato a sé stessi, il Fondatore del C. venne proclamato Dio dai suoi seguaci che si dividono in due ruoli: gli Apostoli (i Dodici, cioè i vescovi) con mandato divino ad esercitare una potestà visibile, e i discepoli che a loro volta si dividono in due ruoli: i laici e i consacrati, cioè i presbiteri, gli attuali "preti" i quali poi s'identificano anche nel ruolo di vescovi circa il Ministero Sacerdotale. Gesù, Figlio di Dio, come tale ebbe fin dalle origini, lo stesso culto attribuito al Dio degli ebrei .

 
Secondo i Vangeli, il C. avrebbe dovuto innestarsi nella religione monoteista d'Israele non come sovvertimento di essa, ma come suo complemento. Gesù Cristo ed i suoi apostoli annunziarono al mondo la necessità di un rinnovamento, costituito dall'instaurazione di un nuovo rapporto con Dio, visto come rivelato da suo Figlio, appunto il Cristo. Tale rinnovamento comprendeva il riscatto dell'uomo dal peccato mediante la morte e la resurrezione di Gesù, e da una seconda nascita dell'uomo tramite la grazia, che gli consente di entrare a far parte dellEcclesia, ovvero di una Chiesa terrena comprendente, secondo Sant'Agostino, tutti i fedeli, e destinata ad eternarsi al di là della morte individuale, al fianco di Gesù e dello stesso Padre.

Era essenzialmente un messaggio di tipo egualitario (al cospetto di Dio tutti gli uomini sono uguali) ed universalistico, senza confini. Il C., nato al massimo dello splendore della civiltà greco-romana, cinque secoli dopo Confucio e Buddha , avvia una nuova era mediterranea, innestando nella tradizione ebraica una nuova rivelazione ed una nuova condotta spirituale. Dopo la morte di Gesù, i suoi dodici apostoli predicarono il C. ad ebrei e pagani, perdendo i due più importanti fra loro, Pietro, primo successore di Cristo, ovvero primo pontefice (Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa), e poi Paolo, entrambi martirizzati a Roma sotto l'impero di Nerone (67 d.C.), ove fu presto considerata religione blasfema e pericolosa per le istituzioni imperiali, ma che in verità finì con il diventare ben presto una Chiesa testimone del Risorto predicato attraverso il martirio di molti suoi seguaci.

 
Le prime eresie non ebbero al fine grande divulgazione nell'immediato, se pur erano perniciose, poichè la testimonianza dei martiri rendeva i dibattiti privi di contraddizioni, Tuttavia esse portarono uno strascico che obbligò la Chiesa, fin dal primo secolo, a cominciare a prendere dall'immediato seri provvedimenti. In verità non vi è molto materiale dei primi due secoli, ma quel poco che c'è rende palese il grande sforzo e la tenace testimonianza trasmessa dalla Chiesa per far fronte alle eresie, ed anche s'intravvede inconfutabile il ruolo decisivo del vescovo di Roma attraverso gli scritti dei Padri della Chiesa ai quali la Chiesa di oggi attribuisce il valore della Tradizione.

 
Queste eresie (manicheismo, pelagianesimo ed arianesimo), pur combattute ed anatemizzate nei Concili, provocarono dolorose fratture, talvolta anche con conseguenze politiche. Nel 312, con l'editto di Costantino, il C. venne elevato ad unica religione dell'impero romano, mentre nel 393, per effetto delle deliberazioni del Concilio di Nicea, divenne addirittura illegale per ogni "civis romanus" il non essere cristiano. Con le invasioni barbariche, e la conseguente fine dell'impero romano d'occidente, il C. assunse il ruolo di mediatore tra vincitori e vinti, riuscendo a convertire a quello che era ormai diventato il "Cattolicesimo Apostolico Romano", Goti, Franchi, Svevi, Vandali, Visigoti, Longobardi, Anglosassoni ed Alemanni, cui seguirono praticamente tutti i rimanenti popoli europei, fino ai confini dell'impero cinese.

Con il "Sacro romano Impero", nato dall'intesa tra Carlo Magno ed il Papa, si attuò un governo basato sui principi cristiani, tuttavia questa scelta non fu indolore  poichè implicò una pesante mondanizzazione della cristianità, a  scapito dei valori spirituali, successivamente poi riferiti da molti cristiani che la Chiesa stessa riconobbe santi e martiri
.

 
Il distacco dalla Chiesa greca (900) ed il sorgere di nuove eresie, 1000/1100  (iconoclasti, valdesi ed albigesi), non riuscirono a frenare la crescita cristiana, sempre più affermata quale massima religione medievale, avendo trovato in giganti come San Tommaso d'Aquino una sistemazione filosofica definitiva, e nel Papato un validissimo antagonista del potere temporale, un'autorità non minata neppure nel settantennio (1400) che vide contrapposti papi ed antipapi, storie di corruzioni e di abusi, di crociate ed inquisizioni e dove s'intreccia il sacro con il profano, finendo con il far prevalere sempre e comunque quel senso di Mistero che è legato dalla Chiesa nel suo Fondatore fedele, nonostante l'infedeltà dei suoi seguaci.

 
 Con la scoperta dell'America (1492) e lo sviluppo delle missioni di evangelizzazione, la sua diffusione venne ad interessare il mondo intero, trovando difficoltà soltanto in Asia, dove un certo fondamentalismo di evangelizzazione cristiano, si scontrò con la ferma e decisa opposizione dell'islamismo , del brahmanesimo  e del confucianesimo .

 
Dal XVI secolo, dopo la grande riforma di Lutero, Zwingli e Calvino, e la fondazione della chiesa anglicana (Concilio di Trento), vasti territori cristiani si sottrassero all'influenza cattolica, creando chiese separate, tuttora alquanto floride, che il recente concilio ecumenico (Concilio Vaticano II) e la nascita di un avero e proprio Movimento Ecumenico, hanno  fatto in modo di riavvicinarsi tra loro.
 
Circa un terzo della popolazione mondiale è oggi considerata seguace della Chiesa di Cristo (oltre un miliardo, dati ad oggi, 1999), di cui le stime dicono 580 milioni sono cattolici, 260 milioni protestanti di diverse obbedienze, 170 milioni cattolici orientali greco-ortodossi, e 60 milioni di diverse sette e confessioni, ma quest'ultimo numero difetta poichè di molte sette non si conosce il vero numero di adepti.

 
 Il Cristianesimo è convenzionalmente definito il "sentiero dell'Amore", in quanto Dio stesso è Amore. Alla tesi protestante della "Fede sola", il Cattolicesimo contrappone quella programmata della "Fede ed i Sacramenti", nonché "la Fede e le Opere", prevedendo, subito dopo la morte, un giudizio particolare riguardante, a differenza del giudizio universale, soltanto ogni singolo individuo. La sentenza, di applicazione immediata ed immutabile, si materializza nell'Inferno, luogo di pena eterna con l'assenza di Dio, nel Purgatorio, uno stato dell'anima  di purificazione, che rende degni di accedere poi al Paradiso, la dimensione superiore ove impera uno stato di completa beatitudine, nella luminosa visione di Dio.

Simbolo del Cristianesimo è la croce, in ricordo del Cristo crocifisso per la redenzione dell'uomo
. [SM=g1740720]

Questo segno è anche simbolo universale e cosmico, utilizzato dall'esetorismo individuato nella New-Age che naturalmente non lo concepisce come il Cristianesimo. Infatti, considerato fin dai tempi di Pitagora il simbolo dell'Uomo, poiché comprendente la sua duplice natura e quella del Creato in cui opera. É quindi per gli esoterici il simbolo di ogni religione che definisca la dottrina del rapporto tra la Materia (orizzontale) e lo Spirito (verticale), ovvero tra il basso e l'Alto, tra il Creato ed il Creatore, tra l'uomo e Dio.

Un rapporto quindi di interdipendenza tra il microcosmo ed il macrocosmo, tra il perfettibile ed il Perfetto, tra l'involuto e l'evoluto, con influenze che sono reciproche ed eterne, come lo Spirito e l'Onnipotente, Onnisciente ed Onnipresente, che l'ha generato. Per questi aspetti, il Crocifisso, è evitato dal Protestantesimo, anche se talune denominazioni lo erigono senza la figura del Cristo sopra per evitare abusi di idolatria. Il Cattolicesimo invece ne fa la fonte di ogni bene, in periodo di Quaresima la Croce è spoglia e viene adorata in memoria dell'estremo sacrificio del suo Fondatore, insegna comunque di evitare l'uso per l'abbellimento del collo o come collana di adornamento, o come oggetto di superstizione.


Cristiani Biblici
: 
Confraternita metodista  fondata da W. O’Brian nel 1815, nello stato americano del Devonshire. Da un nucleo originale di poche decine di membri, hanno gradualmente raggiunto la consistenza attuale di oltre 30.000. A differenza dei metodisti, riconoscono anche alle donne il diritto alla predicazione


Cristiani di San Tommaso
: 
Confraternita eretica di origine nestoriana , diffusa in India e dipendente dal patriarca di Babilonia. Tra l’altro affermano di avere ricevuto il messaggio evangelico per intercessione di San Tommaso, e riconoscono soltanto tre Sacramenti: il Battesimo , l’Eucarestia  ed il Sacro Ordine , ammettendo il matrimonio dei sacerdoti. Nel corso del XVI secolo riconobbero la radicalità della Chiesa Apostolica e fecero atto di riconoscimento del Papa, ricongiungendosi vennero in gran parte ad Essa.

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Cattolicesimo: [SM=g1740717]

Dal greco  cadolicoz, (cadolicoz), universale, è un termine usato dai protestanti in contrapposizione ai cattolici. Oggi si chiama comunemente Cattolica la religione dei cristiani che riconoscono il papa come loro capo spirituale, erede dei poteri conferiti da Gesù a Pietro: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Matteo 16, 18); erede di una parte della Tradizione Apostolica (l'altra parte è condivisa con la Chiesa Ortodossa anch'essa detta Cattolica, seppur vi è la divisione); custode delle Verità già rivelate attraverso i Padri della Chiesa.

La cattolicità della Chiesa viene  affermata sin dai primi secoli del cristianesimo, soprattutto sulla scorta del Vangelo di san Giovanni. S. Ignazio da Antiochia, morto nel 107, impiega per primo questo specifico termine nelle sue lettere agli Smirnei (8, 1)[SM=g7574] , rifacendosi ad una Lettera, la prima di questo genere, attribuita a S. Clemente vescovo della Chiesa in Roma databile fra l'anno 86/92 d.C., e l’imperatore Teodosio il Grande nel 380 parla esplicitamente di "cunctos populos" (tutti quanti i popoli), cui si doveva rivolgere la predicazione della fede cristiana.

Nel V secolo san Vincenzo di Lérins definì con ardita sintesi il concetto stesso di Cattolico
: "Quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est" (Quel che si è creduto ovunque, sempre, da tutti gli uomini): dunque un vero e proprio universalismo spazio-temporale. Il termine C. esprime un dato essenziale della rivelazione biblica: la Chiesa, fondata da Cristo, è universale perché aperta a tutti i popoli senza distinzione di razza, nazionalità, sesso e censo. "Andate ed insegnate a tutte le genti" (Matteo 28, 18). Il concetto è stato ripreso dal Concilio Vaticano II: "Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio … alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati siua i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia, infine, tutti gli uomini dalla grazia di Dio chiamati alla salvezza" (Lumen gentium 2, 13).

Con la Riforma del XVI secolo la parola cattolico assunse un senso strettamente confessionale, in quanto si sentì la necessità di un termine per distinguere la comunità rimasta fedele alla Chiesa Cattolica rappresentata dal vescovo di Roma da quelle che erano state attratte dai nuovi riformatori
.

L’essenza dottrinale del Cattolicesimo si compendia in sette punti fondamentali:
 
1)Dio,
2)rivelazione,
3)tradizione-Chiesa,
4)creazione,
5)peccato originale,
6)grazia,
7)escatologia.

La rivelazione è un atto di amore sapiente di Dio, che si rivolge all’uomo per ammetterlo alla comunione con sé
. L’uomo, nel suo cammino religioso, sperimenta questa intimità con Dio, la cui pienezza è raggiunta da Cristo. Tutta la storia è oggetto della rivelazione di questa vicenda di salvezza, ed il Concilio Vaticano II ha affermato che "lo spirito di Dio anima l’universo, ed in esso mostra i disegni del Padre" (Gaudium et spes 2, 11).

La Tradizione è l’insieme delle verità rivelate non contenute nella Bibbia, trasmesse oralmente nella predicazione degli Apostoli alle prime comunità cristiane, poi registrate nelle opere dei Padri della Chiesa, e che il Concilio di Trento ha equiparato alla rivelazione divina
.

Il concetto limitato di consegna statica di un depositum dottrinale, che la tradizione aveva assunto nel passato, è stato ampliato nel Concilio Vaticano II fino ad una concezione più ampia e più profonda di comunione divina con l’uomo lungo l’arco della vita umana (Dei Verbum 1, 7). Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo) si è manifestato ed ha parlato agli uomini in una storia di salvezza che san Paolo definisce un mistero (Efesini 1, 9; 3, 12). Il Dio vivente si è rivelato nell’antica storia di Israele, ed ha parlato "più volte ed in diverse maniere ai Padri per mezzo dei Profeti" (Ebrei 1, 1) e, secondo l’annuncio cristiano, Dio è amore (I Giovanni 4, 7).

Nel quadro generale della creazione, l’uomo assume un’importanza particolare perché, creato a somiglianza di Dio, è orientato per sua stessa costituzione, alla pienezza della vita in Dio.

La fede cattolica crede nell’esistenza dell’anima come componente spirituale dell’uomo, la quale attraverso la Preghiera ha la capacità di trovarsi in contatto con Dio
. Di fronte al problema del male, che aveva sempre ossessionato l’umanità, la teologia cristiana-cattolica, sin dai primi secoli, pone il principio del peccato originale. Il racconto biblico del Genesi, con la drammatica rappresentazione della prima colpa, vale anche come affermazione simbolica di una ribellione umana verso Dio ai primordi stessi della vita umana.

IL concilio di Trento annuncia il contenuto teologico della colpa originale, affermando (ca. II) che Adamo perse la santità e la giustizia non solo per sé ma anche per i discendenti, ribadendo i pensieri dei Padri. La teologia della grazia si rifà al decreto sulla giustificazione, emanato dal Concilio di Trento in contrapposizione al pensiero riformistico.

 
Le due concezioni, luterana e cattolica, partono dal presupposto comune dell’assoluta incapacità dell’uomo a procurarsi la grazia. Ma mentre la concezione della Riforma intende escludere ogni partecipazione dell’uomo alla giustificazione, la dottrina cattolica rifiuta l’idea che l’uomo rimanga inerte e passivo di fronte al processo giustificativo, ed alla tesi protestante della "fede sola", contrappone la tesi programmatica di "la fede ed i sacramenti", e "la fede e le opere".

 
Dal punto di vista escatologico, secondo la dottrina cattolica, alla morte segue subito il giudizio particolare che, a differenza di quello universale, riguarda solo il singolo individuo appena defunto. La sentenza, di applicazione immediata ed immutabile, si materializza nell’inferno, luogo di pena eterna costituita essenzialmente dalla perpetua privazione di Dio, oltre che da varie pene fisiche identificate, per antonomasia, nel fuoco, e nel paradiso, stato di beatitudine sintetizzato nella visione eterna di Dio. Uno stadio intermedio e di transito è costituito dal purgatorio, non un luogo ma uno stato  che, pur destinate al cielo, devono ancora attraversare uno stadio di purificazione prima di essere degne della visione beatifica.

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Caterina63
00martedì 16 giugno 2009 17:14

“La Chiesa non sta facendo un passo indietro nel suo impegno ecumenico”


Spiega il Sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede


CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 12 luglio 2007 (ZENIT.org).- “La Chiesa non sta facendo un passo indietro nel suo impegno ecumenico”, ma “è fondamentale per qualsiasi tipo di dialogo che i partecipanti siano chiari circa la propria identità”, ha spiegato il Sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Il Dicastero ha appena ricordato la fedeltà a un insegnamento conciliare “essenziale” con la pubblicazione, martedì, del documento intitolato
“Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina della Chiesa”, accompagnato da un Commento ufficiale.

Il breve testo spiega ciò che il Concilio Vaticano II intende quando afferma che la Chiesa fondata da Cristo “sussiste nella Chiesa cattolica”.

In questa intervista, concessa in inglese alla “Radio Vaticana”, il sacerdote domenicano statunitense Joseph Augustine Di Noia (nuovo Segretario per la Congregazione per il Culto Divino nominato oggi, 16.6.2009 dal Santo Padre) torna su alcuni aspetti chiave delle “Risposte” del Dicastero del quale è Sottosegretario.

Può sottolineare i punti principali affrontati dal documento?

Padre Di Noia: Ci sono in realtà due punti principali, e poi alcuni minori.

Il punto principale è affrontare la questione relativa all’ipotesi che il Concilio Vaticano II abbia modificato la dottrina della Chiesa sulla natura della Chiesa stessa, e il documento cerca di spiegare questo tema per dire di no; c’è stato uno sviluppo, un approfondimento, ma in definitiva non è il tipo di cambiamento nel senso di alterare il modo in cui la pensiamo sulla Chiesa.

La questione – fondamentale – è come interpretare l’espressione del Concilio Vaticano II ("Lumen Gentium”, paragrafo 8): “La Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica”. E’ questo “sussiste” che ha provocato un’enorme quantità di interrogativi, che stiamo cercando di affrontare.

Brevemente, il tema è che anziché dire che la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica, il “sussiste” si utilizza per dire la stessa cosa [...] per spiegare chiaramente che attraverso tutta la storia, e nel presente, non siamo nella situazione di avere una Chiesa imperfetta che ancora non è giunta ad essere la Chiesa di Cristo, quanto che la pienezza di ciò che Cristo voleva che la Chiesa fosse l’ha stabilita nella Chiesa cattolica.

Gli altri punti, ovviamente, servono per spiegare come altre Chiese e comunità ecclesiali si relazionano a questo; il Concilio Vaticano II non ha voluto escludere la possibilità che di fatto ci fossero elementi di vita ecclesiale – sacramenti validi o mezzi di grazia –. Voglio dire che le Chiese/comunità ecclesiali che leggono le Scritture, con fede, hanno un certo elemento di ciò che Cristo voleva che fosse la Chiesa.

Perché si è deciso di pubblicare questo documento ora?

Padre Di Noia: E’ una domanda importante. Suppongo che abbia a che vedere con la reazione a un documento precedente, la famosa dichiarazione “Dominus Iesus”, resa pubblica nel 2000.

Ricordo che quando lavoravo per la Conferenza episcopale degli Stati Uniti e abbiamo ricevuto prima alcune copie di questo documento e mi è stato chiesto di preparare i Vescovi alla “Dominus Iesus” ho detto: bene, non c’è assolutamente niente di nuovo qui, per cui i Vescovi non avranno problemi. Ma come lei sa la reazione alla “Dominus Iesus” è stata estremamente, diciamo così, contestatrice. Voglio dire che è stato un documento molto difficile.

Ciò che abbiamo visto era che la gente [...] non comprendeva che non dovevamo semplicemente parlare di Cristo come il salvatore universale, ma del fatto che la Chiesa era il mezzo principale con cui la grazia di Cristo poteva essere comunicata al mondo, e questo, se ricorda, ha creato la gran parte della controversia, sicuramente a livello ecumenico.

Questo è stato in qualche modo un allarme. Ho detto che la “Dominus Iesus” era un allarme, perché 30 anni dopo il Vaticano II la gente sembrava aver dimenticato una cosa essenziale insegnata dal Concilio. E a partire da quel momento i Cardinali membri della Congregazione, e anche altre persone, Vescovi, eccetera, sollevavano questioni su questo punto; la Congregazione ha deciso di procedere a un chiarimento.

Il documento si chiama “Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina della Chiesa”. E’ un aspetto molto concreto, è un documento relativamente corto, come sa, e c’è un commento annesso, per cui è un preciso insieme di risposte alle questioni che sono state sollevate.

Come si relaziona questo nuovo documento con i documenti precedenti sulla natura della Chiesa e l’ecumenismo?

Padre Di Noia: La risposta, le risposte in verità, perché ce ne sono due, non aggiungono nulla al precedente insegnamento del Magistero, ma vogliono ricordare e rendere più preciso l’autentico significato delle diverse espressioni dottrinali usate per parlare della Chiesa nel magistero precedente.

E’ un punto molto importante quello affermato essenzialmente dal documento, e cioè che quando si va in una chiesa cattolica e si prende parte alla vita di una comunità, con la Messa, il sacramento della penitenza, il battesimo e la confermazione, e tutte le altre attività, lì si troverà tutto ciò che Cristo voleva che la Chiesa fosse.

E anche se ci sono divisioni nella cristianità, questo non significa che la Chiesa non esista perfettamente. Non è che dobbiamo ricucire o sanare le divisioni, dobbiamo cercare l’unità che Cristo ha auspicato tra tutte le diverse comunità cristiane, ma il fatto che non tutte le Chiese siano in comunione con la Sede di Pietro non significa che la Chiesa sia ferita nel senso che non esiste già nella sua integrità.

Come può questo documento aiutare il dialogo ecumenico?

Padre Di Noia: L’impegno della Chiesa cattolica nel dialogo ecumenico è, come ha detto lo stesso Benedetto XVI e come ha affermato spesso sicuramente anche Papa Giovanni Paolo II, “irrinunciabile”.

Ciò vuol dire che la Chiesa non sta facendo un passo indietro nel suo impegno ecumenico. Come lei sa, è fondamentale per qualsiasi tipo di dialogo che i partecipanti siano chiari circa la propria identità, vale a dire il dialogo non può essere un’occasione per accomodare o edulcorare ciò che si comprende su ciò che si è, per raggiungere una sorta di falso senso di consenso.

E’ una condizione fondamentale del dialogo che i partecipanti siano chiari su ciò che è la propria identità di modo che in un certo senso sono sinceri; si approcciano al dialogo con un’espressione chiara di ciò che capiscono di essere.

In questo senso non costituisce mai un passo indietro nel dialogo l'essere chiari su ciò che si è, ma ne è una condizione essenziale. Al contrario, i risultati che si raggiungeranno saranno facilmente scalzati dalla verità.



Caterina63
00martedì 16 marzo 2010 19:12

Card. Policarpo: la Chiesa è l'ultima realizzazione della volontà divina


"I peccati della Chiesa non annulleranno mai la fedeltà a Gesù Cristo"


LISBONA, martedì, 16 marzo 2010 (ZENIT.org).- Il Cardinal-Patriarca di Lisbona, monsignor José Policarpo, ha dichiarato questa domenica che la Chiesa "è l'ultima realizzazione" della volontà divina prima della fine dei tempi e che per Dio è anche "l'ultima speranza" di avere un popolo che gli sia fedele.

Nella quarta catechesi quaresimale di quest'anno, pronunciata nella Cattedrale, ricorda l'agenzia Ecclesia, monsignor Policarpo ha sottolineato che tutti i membri della Chiesa sono chiamati "popolo sacerdotale" perché "la santità della loro vita è il vero culto che Dio attende".

Dio vuole che la Chiesa sia mediatrice tra Lui e tutta l'umanità, favorendo la "realizzazione ultima" del disegno divino, cioè il desiderio "di riunire, alla fine, in un solo Popolo tutti gli uomini, che lo lodino, contemplino la sua gloria e sperimentino la gioia dell'amore".

Per monsignor Policarpo, la rivelazione della volontà divina per l'umanità è una "manifestazione della persistenza di Dio".

"I peccati della Chiesa non annulleranno mai la fedeltà di Gesù Cristo", ha aggiunto.

"Non c'è pericolo di una delusione per Dio, perché la Chiesa è Cristo, si identifica con Cristo, la sua fedeltà è quella di Cristo, la forza che la muove è lo stesso Spirito di Cristo".

Come risposta all'azione divina, Dio attende dalla Chiesa un "atteggiamento sacerdotale", che contribuisca a far sì che i suoi membri possano "sentire già nella storia la gioia dell'intimità con Lui".




Caterina63
00domenica 19 agosto 2012 11:30

Fuori della Chiesa c’e’ salvezza?

 
Porto all'attenzione dei lettori di Sursum Corda un interessante articolo pubblicato nel Bolg "Una Casa Nella Roccia".


 
Oggi molti mettono in dubbio il fatto che la Chiesa Cattolica sia strumento necessario di salvezza. Ci si chiede: davvero è necessario essere cattolico per salvarsi? E’ mai possibile che fuori della Chiesa non ci sia possibilità di salvezza?
 
In realtà queste perplessità nascono dal fatto che siamo in piena cultura relativista (non deve esistere nessuna verità assoluta) e soggettivista (ognuno può crearsi la verità che vuole).
 
Prendendo il Magistero nella sua interezza, la Chiesa si presenta come assolutamente necessaria per la salvezza di ogni uomo.
 
C’è una famosa frase di origine patristica che dice: “extra Ecclesiam nulla salus”, ovvero: “fuori della Chiesa non vi è salvezza”. Ebbene, questa frase è un’incontestabile verità di fede, è lo è perché è stata continuamente ripetuta dai Padri e dal Magistero.
 
Ecco alcuni esempi di ciò che a riguardo dicono i Padri della Chiesa, il Magistero e il Nuovo Testamento:
 

 
I Padri
 
Origene (185-254): “(…) nessuno inganni se stesso: fuori di questa casa, cioè fuori della Chiesa nessuno sui salva.” (Homil.3, in Iosue 5)
 
San Cipriano (200-258): “Fuori dell’arca, il diluvio e la morte; fuori della Chiesa, la dannazione.” (De Unitate Ecclesiae, VI)
 
Lattanzio (250-320): “Soltanto la Chiesa cattolica ritiene il vero culto. In essa la fonte della verità, il domicilio della fede, il tempio di Dio; in essa se qualcuno non entri o da essa esca, non ha speanza di vita o di salvezza.” (Divinae Institutiones 4, 30, II)
 
San Girolamo (347-420): “So che la Chiesa è stata edificata su quella pietra (la Cattedra di Pietro). Chiunque mangi l’agnello fuori di questa casa è profano. Se qualcuno non sarà nell’arca di Noé, perirà nel diluvio.” (Epistola ad Damasum, 2)
 
Sant’Agostino (354-430): “L’uomo non può raggiungere la salvezza se non nella Chiesa cattolica. Fuori della Chiesa tutto può ottenere ma non la salvezza. Può ottenere onore, può avere sacramenti, può cantare ‘alleluja’, rispondere ‘amen’, può tenere l’Evangelo, la fede e predicare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ma in nessun parte se non lella Chiesa Cattolica, potrà trovare la salvezza.”(Sermo ad Caesarienses Ecclesiam plebem, 6)
 
Ancora sant’Agostino: “Chiunque è separato dalla Chiesa Cattolica è votato alla collera divina.” (Epistola CXLI).
 
 
 
Il Magistero
 
Il Concilio Lateranense IV (1215): “Fuori della Chiesa, nessuno, assolutamente, assolutamente nessuno può essere salvato.”
 
Pio IX (1792-1878): “(…)al di fuori di essa (la Chiesa cattolica) non vi è la vera fede, né la salvezza eterna, perché non si può avere Dio quale Padre se non si ha la Chiesa quale Madre, e a torto uno può illudersi di fare parte della Chiesa, quando è separato dalla Cattedra di Pietro, sull” quel è fondata la Chiesa.” (Singolari quidam, 222)
 
San Pio X (1835-1914): “Nessuna Chiesa, fuori della Cattolica-Romana può essere la Chiesa di Gesù Cristo e nemmeno parte di essa, (…).” (Catechismo maggiore, risposta alla domanda Che cosa è la Chiesa?)
 
Pio XII (1876-1958): “Ora tra le cose che la Chiesa ha sempre predicate e che non cesserà mai dall’insegnare, vi è pure questa infallibile dichiarazione che dice che non vi è salvezza fuori della Chiesa.” (Lettera al Sant’Officio, del 8.11.1949). Queste parole sono importanti perché un papa (in questo caso Pio XII) dice chiaramente che la verità dell’extra Ecclesiam nulla salus (fuori della Chiesa non c’è salvezza) non solo sarà sempre insegnata ma è anche una dichiarazione infallibile.
 
Proseguiamo con Giovanni XXIII: “(…)gli uomini possono sicuramente raggiungere la salvezza, solamente quando sono a lui (Romano Pontefice) congiunti, poiché il Romano Pontefice è il Vicario di Cristo e rappresenta in terra la sua persona.” (Omelia nel giorno della sua incoronazione, 4.11.1958).
 
Il Concilio Vaticano II (1962-1065): “Tutti gli uomini che conoscono la Chiesa cattolica e sanno che cosa significa necessità della salvezza, voluta da Dio a mezzo del Cristo, ma non entrano nella Chiesa o non hanno la costanza di rimanervi, non possono essere salvati.” (Lumen Gentium, 16).
 
Giovanni Paolo II: “Solo nella Chiesa c’è la Verità” (Veritatis Splendor, II, 64).
 
 
 
Il Nuovo Testamento
 
Per far parte della Chiesa bisogna ricevere il Battesimo, ebbene Gesù dice chiaramente: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Marco 16,15-16).
 
Gesù rivolgendosi agli Apostoli (fondamenta della Chiesa) li indica come assolutamente necessari per aderire a Lui e al Padre: “Chi ascolta voi, ascolta me. Chi disprezza voi disprezza me, ma chi disprezza me disprezza il Padre che mi ha mandato” (Luca 10,16).
 
A Pietro dice: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,18).
 
Ancora sulla necessità di accogliere e ascoltare gli Apostoli: “Se qualcuno non vi accoglie e non ascolta le vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete via la polvere dai vostri piedi.” (Matteo 10,14).
 
Dice Gesù: “Se non vuole ascoltare nemmeno loro, và a riferire il fatto alla comunità dei credenti. Se poi non ascolterà neppure la comunità, consideralo come un pagano o un estraneo” (Matteo 18,17).
 
“Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto quello che io vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,19-20).
 
Conoscere il vangelo è indispensabile, e il vero vangelo è nella Chiesa perché – dice san Paolo – l’accettazione di un altro vangelo pone fuori dalla Comunità:“Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema!” (Galati 1,8).
 
 
 
Chiediamoci: se la Chiesa non fosse necessaria per la salvezza, quale sarebbe il motivo per cui Gesù (come abbiamo già visto) ha comandato di andare fino agli estremi confini della Terra (Marco 16,15-16)?
 
Sarebbe come mettersi dinanzi a Gesù in Croce è dirgli: “Perché ti sei fatto uomo? Perché sei arrivato a tanto? La tua sofferenza è esagerata ed inutile.”
 
Avremmo il coraggio di dire queste cose a Gesù? Eppure convincersi che la Chiesa di Gesù non sia indispensabile per la salvezza, vuol dire nullificare il Sacrificio di Cristo, vuol dire rendere inutile l’effusione del Suo Sangue.
 
 
 
Ma chi è fuori della Chiesa non per sua colpa, può essere condannato per questo?
 
La Chiesa Cattolica da sempre ha affermato che chi si trova fuori della Chiesasenza colpa, non può, per questo, essere condannato.
 
A riguardo la dottrina cattolica ipotizza due possibili ignoranze: la cosiddettadotta ignoranza e l’ignoranza invincibile.
 
Per dotta ignoranza (significativa contraddizione: “dotta”/“ignoranza”) s’intende quella situazione in cui non si è mai ricevuto l’annuncio cristiano, per cui si è in uno stato d’ignoranza incolpevole, ma nello stesso tempo si desidera intimamente (ecco perché si parla d’ignoranza “dotta”) di aderire alla Verità che purtroppo non si conosce.
 
Per ignoranza invincibile s’intende invece quella situazione in cui si è ricevuto l’annuncio cristiano, ma lo stato d’ignoranza è tale (invincibile appunto) che non si può superare. Per esempio, un uomo semplice completamente condizionato dal contesto ambientale e culturale e che quindi non ha la possibilità di capire dove sta la verità e dove sta l’errore.
 
Queste ignoranze sono di due tipi, ma, spesso, vengono entrambe definite con l’aggettivo di “invincibili”.
 
Cito un’affermazione di papa Pio IX. L’affermazione è tratta dall’enciclica Singolari quidam del 17.3.1856. Pio IX scrive: “(…) nella Chiesa Cattolica, per il fatto che essa conserva il vero culto, vi è il santuario inviolabile della fede stessa, e il tempio di Dio, fuori del quale, salvo la scusa di una invincibile ignoranza, non si può sperare né la vita né la salvezza”.
 
 
 
Se ci si salva perché si è fuori dalla Chiesa ‘senza colpa’, allora vien meno il principio dell’ ‘extra Ecclesiam nulla salus’ (fuori della Chiesa non c’è salvezza)?
 
No, non c’è contraddizione.
 
Condizione necessaria per far parte della Chiesa è ricevere il battesimo. E’ pur vero però che non esiste solo il battesimo-di-acqua (quello che viene amministrato ordinariamente), esistono anche il battesimo-di-sangue e ilbattesimo-di-desiderio.
 
Il battesimo-di-sangue riguarda il martirio. Convertirsi da adulto significa ricevere il battesimo dopo un’adeguata preparazione; dunque, se intanto dovesse sopraggiungere il martirio, l’effusione del proprio sangue per Cristo conferisce il battesimo.
 
Il battesimo-di-desiderio invece è più frequente. Un adulto è in attesa di ricevere il battesimo, ma intanto sopraggiunge improvvisamente la morte; ebbene, il desiderio di ricevere il battesimo, in questo caso, lo battezza.
 
Prendiamo in considerazione quest’ultimo tipo di battesimo. Colui o colei che si trova nella situazione della dotta ignoranza o dell’ignoranza invincibile ha un desiderio di aderire al vero Dio; è un desiderio implicito e non esplicito, ma è ugualmente un desiderio.
 
Dunque, colui che si trova in uno di questi due principi (dotta ignoranza e ignoranza invincibile) non è formalmente nella Chiesa, ma lo è sostanzialmente. E lo è sostanzialmente grazie ad una sorta di battesimo-di-desiderio. In questo modo viene tanto salvaguardato il giusto principio che possano salvarsi coloro che, in buona fede, non sono cattolici, quanto il principio dell’extra Ecclesiam nulla salus.
 
Riguardo il desiderio implicito, papa Pio X, nel suo celebre Catechismo, dice: “Chi, trovandosi senza sua colpa, ossia in buona fede, fuori della Chiesa, avesse ricevuto il Battesimo, o ne avesse il desiderio almeno implicito; cercasse inoltre sinceramente la verità e compisse la volontà di Dio come meglio può; benché separato dal corpo della Chiesa, sarebbe unito all’anima di lei e quindi in via di salute”.
 
 
 
Che cosa significano anima e corpo della Chiesa?
 
L’anima consiste in ciò che la Chiesa ha di interno e spirituale: la Fede, la Speranza, la Carità, i Doni della Grazia e tutti i tesori che si devono ai meriti di Cristo e dei Santi. Il corpo consiste invece in ciò che la Chiesa ha di visibile e di esterno: la società dei fedeli, il culto, il governo, la struttura, il ministero e l’insegnamento.
 
 
 
Qual è il criterio che il Signore utilizza per capire se un’anima desidera davvero aderire a Lui?
 
[...] Il criterio è lo sforzo di seguire la legge naturale.
 
Scrive Pio IX nell’enciclica Quanto conficiamur moerore del 10.8.1863: “A voi è assai noto che quelli i quali per ignoranza invincibile non conoscono la nostra religione, ma conoscono la legge naturale ed i suoi precetti da Dio scolpiti nei cuori di tutti e sono disposti ad ubbidire a Dio e menano una vita onesta, questi con l’aiuto della luce e della grazia divina possono conseguire la vita eterna; perchè Dio, il quale vede, scruta e conosce le menti, gli animi, i pensieri, le disposizioni di tutti, per ragione della sua somma bontà e clemenza non può assolutamente permettere che sia punito con eterni supplizi chi non sia reo di colpa volontaria”.
 
Dunque, la legge naturale è quella legge che è conoscibile attraverso la ragione e che alberga nel cuore di ogni uomo indipendentemente dall’atto di Fede. Certamente per chi è cristiano, con l’aiuto della Grazia, è più facile l’individuazione e la pratica della legge naturale, ma non è impossibile per chi cristiano non è.

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Caterina63
00sabato 25 agosto 2012 18:16

Il mistero e l’operazione della grazia


«È importante questa operazione della grazia. Noi siamo tutti contagiati un po’ dal deismo. Mentre Dio, facendosi uomo, entrando nella carne, unendosi alla carne, continua a operare nel mondo trasformandolo». Intervista con il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede


Intervista con il cardinale Joseph Ratzinger di Gianni Cardinale da 30giorni giugno 1999


Il cardinale Joseph Ratzinger

Il cardinale Joseph Ratzinger

È un primo e importante passo nel dialogo tra cattolici e luterani per un pieno accordo sulla dottrina della giustificazione. Permangono tuttavia questioni che non sono ancora risolte. Rimane poi il grave compito di rendere questa dottrina comprensibile per l’uomo di oggi.
Il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, non perde il suo consueto realismo anche nel commentare il penultimo passo dell’iter che il prossimo autunno porterà la Chiesa cattolica e la comunità luterana a firmare una Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione.
Lo scorso 11 giugno infatti, a Ginevra, sono stati presentati una Dichiarazione ufficiale comune e un Allegato che faranno parte integrante della Dichiarazione congiunta. Successivamente, il 22 giugno, il Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha emesso un ulteriore comunicato sulla questione.
All’indomani della diffusione di questo documento il cardinale bavarese ha accettato di concedere sull’argomento un’intervista a
30Giorni (e non si è tirato indietro di fronte ad alcune domande fuori tema…). Ratzinger, 72 anni, nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga e creato cardinale nel 1977 da Paolo VI, è attualmente l’unico porporato europeo creato da papa Montini che siederebbe in un eventuale conclave. Convocato a Roma da papa Wojtyla nel 1981, presiede da allora l’ex Sant’Uffizio. Dal novembre dello scorso anno è anche vicedecano del Collegio cardinalizio.


Eminenza, a che livello si situa questo accordo tra Chiesa cattolica e luterani? Si sottolinea più volte che si tratta di un accordo “su” verità e non “sulle” verità della dottrina della giustificazione…
JOSEPH RATZINGER: Questo è un punto importante. Entrambe le parti hanno sottolineato il fatto che non si ha semplicemente un consenso sulla dottrina della giustificazione come tale ma su verità fondamentali della dottrina della giustificazione. Quindi ci sono settori dove c’è realmente un’intesa, ma rimangono altri problemi che non sono ancora risolti.

Quali, ad esempio?

RATZINGER: Non si tratta delle formule prese in se stesse, ma considerate nel loro contesto, come nel caso di quella simul iustus et peccator. Per Lutero, perseguitato dal timore della condanna eterna, era importante sapere che, anche se era un peccatore, era tuttavia amato da Dio e giustificato. Per lui c’è questa contemporaneità: di essere vero peccatore e di essere totalmente giustificato. È una espressione della sua esperienza personale, che poi è stata approfondita anche con riflessioni teologiche. Mentre per la Chiesa cattolica è importante sottolineare che non c’è un dualismo. Se uno non è giusto non è neanche giustificato. La giustificazione, cioè la grazia che ci viene data nel sacramento, rende il peccatore nuova creatura, come dice san Paolo. Ma rimane, come afferma il Concilio di Trento, la concupiscenza, cioè una tendenza al peccato, uno stimolo che porta al peccato, ma che, come tale, non è peccato. Queste sono controversie classiche. Il problema diventa più reale se prendiamo in considerazione la presenza della Chiesa nel processo della giustificazione, la necessità del sacramento della penitenza. Qui si rivelano le vere divergenze. [SM=g1740721]
Gesù Cristo in trono

Gesù Cristo in trono


Nella Risposta della Chiesa cattolica alla Dichiarazione congiunta, resa pubblica lo scorso anno, si chiedeva appunto di approfondire questo argomento…

RATZINGER: Sì, ma in questo momento non è possibile. Da entrambe le parti ci siamo accontentati di chiarire alcune formule classiche. Abbiamo lasciato da parte gli aspetti che nella vita cristiana seguono, diciamo così, la giustificazione.

Torniamo alla formula simul iustus et peccator. C’è una interpretazione di questa formula secondo cui la grazia non opera un cambiamento reale, rimane una mera copertura del peccato dell’uomo…

RATZINGER: Sì. In questo senso è importante notare che Dio agisce realmente nell’uomo. Lo trasforma, crea qualcosa di nuovo nell’uomo, non dà soltanto un giudizio quasi giuridico, esterno all’uomo. Ciò ha una portata molto più generale. C’è una trasformazione del cosmo e del mondo. Penso ad esempio all’Eucarestia. Noi cattolici diciamo che c’è una transustanziazione, che la materia diventa Cristo. Lutero parla invece di coesistenza: la materia rimane tale e coesiste con Cristo. Noi cattolici crediamo che la grazia è una vera trasformazione dell’uomo e una trasformazione iniziale del mondo e non è, come lei dice bene, soltanto una copertura aggiunta che non entra realmente nel vivo della realtà umana.

Il poeta francese Charles Péguy circa un secolo fa coglieva la radice della scristianizzazione nel fatto di non riconoscere l’operazione della grazia…

RATZINGER: È importante questa operazione della grazia. Noi siamo tutti contagiati un po’ dal deismo. Dio rimane un po’ fuori. Mentre la fede cattolica – questa grande fiducia, questa grande gioia che Dio, facendosi uomo, entrando nella carne, unendosi alla carne, continua a operare nel mondo trasformandolo – ha la potenza, la volontà, la radicalità dell’amore, per entrare nel nostro essere e trasformarlo.

Avvenire ha accolto la Dichiarazione ufficiale comune dell’11 giugno col titolo Cattolici-luterani, scomuniche addio. Il 22 giugno un comunicato del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha ricordato che le scomuniche mantengono «“il significato di salutari avvertimenti” di cui dobbiamo tener conto nella dottrina e nella prassi».
Insomma, che fine hanno fatto le scomuniche di Trento?

RATZINGER: Il documento dice che le scomuniche di Trento in questo settore non toccano la dottrina così come è esposta oggi. Nello stesso tempo il valore veritativo delle scomuniche, comunque, rimane quello. Chi si oppone alla dottrina esposta a Trento si oppone alla dottrina, alla fede della Chiesa. [SM=g1740733]

***
Eppure nella Risposta della Chiesa cattolica dello scorso anno si affermava: «…rimane quindi difficile vedere come si possa affermare che questa dottrina sul simul iustus et peccator, allo stato attuale della presentazione che se ne fa nella Dichiarazione congiunta, non sia toccata dagli anatemi dei decreti tridentini sul peccato originale e sulla giustificazione».
La cacciata dal Paradiso

La cacciata dal Paradiso

RATZINGER: All’epoca, il testo della Dichiarazione congiunta non era ancora sufficientemente preciso da permettere un pieno accordo. Adesso con questo nuovo Allegato reso noto lo scorso 11 giugno abbiamo ottenuto delle chiarificazioni che vanno realmente oltre. Adesso si dice esplicitamente che il peccato è una realtà personale, e che quindi l’uomo non è peccatore in senso reale se non commette un peccato personale. Con questo Allegato, che è un elemento molto importante, abbiamo ottenuto le chiarificazioni che mancavano ancora nella Dichiarazione congiunta.

Che impressione fa che il primo accordo con i luterani riguardi proprio il tema della giustificazione che fu l’elemento scatenante della Riforma?

RATZINGER: Si capisce che per i luterani fosse il punto di partenza di un dialogo, perché era il tema che, come lei ha detto, ha scatenato tutta l’onda della Riforma. Quindi cominciare da qui per poi allargare il consenso era naturale e anche necessario. Anche se oggi, nella vita di ogni giorno, i cristiani sono poco consapevoli di questo punto (anche tra i luterani, se si chiede cosa si intende per giustificazione, le riposte saranno molto manchevoli; e questo ci ha permesso un clima di serenità, un clima pacifico di discussione, perché non è più una ferita attiva), rimane il punto da cui scaturiscono tutti gli altri problemi. Quindi, per avere un cammino anche logico di priorità ecumenica, era ovvio cominciare da quello che per Lutero era il punto della scoperta riformatrice.

Non è preoccupante che non solo nel mondo protestante, ma anche nel mondo cattolico, questo tema della giustificazione sia considerato lontano o non considerato affatto?

RATZINGER: Questo è il vero problema. Nella Risposta della Chiesa cattolica dello scorso anno stava scritto: «Dovrebbe essere preoccupazione comune di luterani e cattolici trovare un linguaggio capace di rendere la dottrina della giustificazione più comprensibile anche agli uomini del nostro tempo». Penso che la quasi assenza di questa dottrina è causata da un indebolimento del senso di Dio. Se Dio è preso sul serio, il peccato è una cosa seria. E così era per Lutero. Adesso Dio è abbastanza lontano, il senso di Dio è molto attenuato e perciò anche il senso della grazia è attenuato. Adesso dobbiamo trovare insieme in questo contesto attuale il modo di annunciare Dio, Cristo, di annunciare così la bellezza della grazia. Perché se non c’è senso di Dio, se non c’è senso del peccato, la grazia non dice niente. E mi sembra questo il nuovo compito ecumenico: che insieme possiamo capire e interpretare in un modo accessibile, che tocca il cuore dell’uomo di oggi, cosa vuol dire che il Signore ci ha redenti, ci ha dato la grazia.

Eminenza, permette alcune “domande extra”, al di fuori del tema trattato finora?

RATZINGER: Prego.

Nel numero di aprile 30Giorni ha pubblicato un’intervista al cardinale Bernardin Gantin, nella quale il decano del Sacro Collegio auspicava un ritorno alla prassi antica che proibiva il trasferimento di un vescovo da una diocesi all’altra. Cosa pensa a riguardo?

RATZINGER: Sono totalmente d’accordo con il cardinale Gantin. Soprattutto nella Chiesa non dovrebbe esistere alcun senso di carrierismo. Essere vescovo non deve essere considerato una carriera con diversi gradini, da una sede all’altra, ma un servizio molto umile. Penso che anche la discussione sull’accesso al ministero sarebbe molto più serena se si vedesse nell’episcopato non una carriera ma un servizio. Anche una sede umile, con pochi fedeli, è un servizio importante nella Chiesa di Dio. Certo, ci possono essere casi eccezionali: una grandissima sede in cui è necessario avere esperienza del ministero episcopale, in questo caso può darsi… Ma non dovrebbe essere una prassi normale; solo in casi eccezionalissimi. Rimane valida questa visione del rapporto vescovo-diocesi come un matrimonio che implica una fedeltà. Anche il popolo cristiano pensa così: se un vescovo viene nominato in una diocesi, giustamente si vede questo come una promessa di fedeltà. Purtroppo anche io non sono rimasto fedele essendo stato convocato qui…
L’annunciazione

L’annunciazione


Il cardinale Gantin auspicava anche un cambiamento del Codice di diritto canonico che proibisse il passaggio di diocesi…

RATZINGER: È pensabile, benché difficile. Difficilmente si cambia il Codice a solo sedici anni dalla pubblicazione. In futuro vedrei anch’io bene che fosse aggiunta una frase su questa unicità e fedeltà di un impegno diocesano.

Cambiamo argomento. Non molto tempo fa hanno fatto un certo scalpore alcune frasi scritte da lei nell’introduzione di un libretto della Congregazione per la dottrina della fede Sulla pastorale dei divorziati risposati pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana. In particolare ha colpito l’affermazione che il dicastero che lei presiede sta studiando la questione se «veramente ogni matrimonio tra due battezzati è ipso facto un matrimonio sacramentale» vista la scristianizzazione dilagante di oggi…

RATZINGER: Forse era imprudente dirlo. [SM=g1740733] Ma il problema è molto reale, perché abbiamo una situazione sconosciuta fino a cento anni fa. Ci sono tanti battezzati non credenti. Questa è una realtà nuova, da studiare. Non oso adesso fare una previsione su cosa uscirà da questo studio. Volevo solo dire che noi abbiamo percepito questa nuova situazione, ne siamo consapevoli, e vogliamo approfondire il tema per vedere, per verificare se ci sono delle conseguenze giuridiche, sacramentali, teologiche, oppure no.

Un ultimo quesito. È di questi giorni la notizia della citazione presso la Rota romana del presunto autore del volume Via col vento in Vaticano. Alcuni organi di informazione hanno paventato un intervento anche della Congregazione da lei presieduta. Le risulta qualcosa?

RATZINGER: Niente. Non mi occupo di pettegolezzi. [SM=g1740721] È un mondo che mi è totalmente estraneo. Ho sentito solo da lontano. A me comunque non risulta niente.



Duccio e le formelle in bronzo di San Zeno

Qui soprasi alternano alcuni particolari della Maestà di Duccio di Buoninsegna (la vocazione di Pietro e Andrea, conservato alla National Gallery of Art di Washington; la guarigione del cieco, conservato alla National Gallery di Londra; Gesù risorto tra gli apostoli nel cenacolo, conservato nel Museo dell’Opera del Duomo di Siena) e alcune formelle di bronzo del portale della chiesa di San Zeno, a Verona (le due foto a destra), eretta nel XII secolo su precedenti costruzioni del IV secolo. Le formelle sono opera di più autori e sono state realizzate a partire dal secolo X.


Caterina63
00martedì 2 ottobre 2012 14:31

La Chiesa del dialogo e la Chiesa che convertì Agostino

(di Anastasia Domini)

Verso la fine del 384 giungeva a Milano un giovane manicheo, Agostino d’Ippona. Ne ripartiva nel 387, da cristiano. Cos’era avvenuto in quei tre anni? Agostino era stato conquistato dalla vita ecclesiale di Milano e dal pastore che con zelo ineguagliabile la guidava, Aurelio Ambrogio.

Agostino a Milano s’imbatte in una Chiesa piena: videbam ecclesiam plenam et alius sic ibat alius autem sic (vedevo una Chiesa piena che nella sua pienezza  consentiva ai suoi membri itinerari diversi), scriverà nelle sue celebri e sempre  attuali “Confessioni”. È a contatto con questa “pienezza” che Agostino rimane affascinato ed è spinto ad abbracciare la fede in Cristo.

 S’imbatte, anzitutto, in un popolo santamente fiero di essere la Chiesa di Dio, un popolo che si raduna in preghiera a cantare gl’immortali inni composti dal suo Pastore, nella certezza che quelle melodie e quelle parole non sarebbero rimaste inascoltate. Un popolo propenso alla carità verso i poveri, ma non meno incline alla magnificenza delle chiese; aperto al matrimonio e alla verginità, ma fermo e intransigente su qualsiasi deviazione morale.

Ma è soprattutto al Vescovo di questa Chiesa “piena” che Agostino deve la sua conversione. Eppure questo pastore, Ambrogio, non dialoga con Agostino. Egli propone il Vangelo con la forza persuasiva di chi sa di possedere la Verità. “La Chiesa è colonna e sostegno della verità” – dice –; “La verità è vita, salvezza e letizia per l’uomo”; “Nella Chiesa c’è gioia, nell’eresia e nel paganesimo ci sono pianto e tristezza”. Il giovane manicheo d’Ippona sapeva bene quanto vere fossero quelle parole! E Ambrogio incalza: “Quando c’è in gioco la verità, è in gioco la nostra sorte, perciò non si può venire a nessun compromesso”.

Queste ultime parole del Vescovo di Milano erano con perfetta coerenza tradotte in pratica, in quella “Ecclesia plena”. A chi, con mente relativista, sosteneva  – anche allora! – che ognuno ha la sua strada per andare a Dio, Ambrogio chiede: “E se Dio, invece, avesse scelto Lui la strada per cui noi dobbiamo andare a Lui?”. Egli ci ha mandato il Suo Figlio, e Questi – attraverso la sua Sposa immacolata, la Chiesa – è l’unica via attraverso cui noi possiamo andare a Lui. “Extra ecclesia nulla salus”, aveva asserito pochi anni prima, con una chiarezza che non si prestra ad obiezioni, san Cipriano.  E Ambrogio conclude: “Quanti padroni finiscono per avere coloro che si rifiutano di sottomettersi all’unico vero Signore”. Il popolo milanese era certo di tutto ciò. La Chiesa era “piena” anche e soprattutto per questa persuasione adamantina.

La Chiesa che affascina Agostino è, dunque, una Chiesa senza compromessi, che non rincorre il mondo né attenua il rigore del suo insegnamento, ma – al contrario – sfida l’uomo con l’annuncio rivoluzionario del Vangelo, certa com’è della verità di cui è depositaria, della bellezza della sua dottrina, del fascino divino del suo Signore.

È una Chiesa “piena” perché non aperta al dialogo sterile e inconcludente, che rischia di relativizzare e vanificare il suo annuncio evangelico. Agostino arriva alla fede attraverso il contatto con “questa” Chiesa. Non una Chiesa dialogante e aperturista, ma una Chiesa santamente inflessibile, perché fondata sull’unica Verità che salva.

La Chiesa che è oggi sotto i nostri occhi appare molto diversa: da un cinquantennio ormai vediamo una Chiesa in continuo dialogo col mondo, aperta ad ogni genere di novità . Essa però non persuade nessuno, a differenza della Chiesa ferma e rigorosa di Ambrogio che conquistava i cuori, e cuori come quello di Agostino d’Ippona!

Il vescovo Ambrogio non avrebbe tollerato le iniziative ecumeniche e interreligiose che ai nostri giorni si moltiplicano come per magia, con l’eloquente risultato che le nostre chiese, lungi dall’esser piene, sono sempre più vuote. Tali iniziative sarebbero verosimilmente incorse in severe censure canoniche da parte di Ambrogio per il semplice fatto che il compromesso non appartiene alla Chiesa: “Quando c’è in gioco la verità – aveva detto –, è in gioco la nostra sorte, perciò non si può venire a nessun compromesso”. Ambrogio sapeva bene che la Chiesa dal suo divin Fondatore ha ricevuto il mandato di annunciare la “verità tutta intera” (Gv 16,13), non di dialogare con il mondo: “Il vostro linguaggio sia sì sì, no no. Il resto viene dal maligno” (Mt 5,37). Anche il dialogo, dunque, e il compromesso che inesorabilmente ne consegue.

Ma, nonostante le miserie di cui Essa tollera d’esser rivestita dai suoi membri, la Chiesa è e rimane la Sposa santa e immacolata dell’Agnello. Sulle orme del popolo ambrosiano che nel IV secolo conquistò Agostino, occorre allora riscoprire la bellezza della nostra appartenenza a Cristo e la santa fierezza di avere una tal Madre. Deve apparir chiaro ai nostri interlocutori, per dirla ancora con Ambrogio, che la Chiesa ha già il “suo incantatore”, il Signore Gesù, e non ha bisogno d’altro.
(Anastasia Domini)

[SM=g1740722]


Caterina63
00sabato 13 ottobre 2012 13:20
[SM=g1740733] si legga anche qui:

Omelia Benedetto XVI del 2.9.2012

Ma anche nella Chiesa c’è lo stesso fenomeno: elementi umani si aggiungono e conducono o alla presunzione, al cosiddetto trionfalismo che vanta se stesso invece di dare la lode a Dio, o al vincolo, che bisogna togliere, spezzare e schiacciare. Che dobbiamo fare? Che dobbiamo dire? Penso che ci troviamo proprio in questa fase, in cui vediamo nella Chiesa solo ciò che è fatto da se stessi, e ci viene guastata la gioia della fede; che non crediamo più e non osiamo più dire: Egli ci ha indicato chi è la verità, che cos’è la verità, ci ha mostrato che cos’è l`uomo, ci ha donato la giustizia della vita retta. Noi siamo preoccupati di lodare solo noi stessi, e temiamo di farci legare da regolamenti che ci ostacolano nella libertà e nella novità della vita.
 
Se leggiamo oggi, ad esempio, nella Lettera di Giacomo: «Siete generati per mezzo di una parola di verità», chi di noi oserebbe gioire della verità che ci è stata donata?

 Ci viene subito la domanda: ma come si può avere la verità? Questo è intolleranza! L’idea di verità e di intolleranza oggi sono quasi completamente fuse tra di loro, e così non osiamo più credere affatto alla verità o parlare della verità. Sembra essere lontana, sembra qualcosa a cui è meglio non fare ricorso.
 Nessuno può dire: ho la verità – questa è l’obiezione che si muove – e, giustamente, nessuno può avere la verità. E’ la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei. Solo se ci lasciamo guidare e muovere da lei, rimaniamo in lei, solo se siamo, con lei e in lei, pellegrini della verità, allora è in noi e per noi.
 Penso che dobbiamo imparare di nuovo questo «non-avere-la-verità». Come nessuno può dire: ho dei figli – non sono un nostro possesso, sono un dono, e come dono di Dio ci sono dati per un compito - così non possiamo dire: ho la verità, ma la verità è venuta verso di noi e ci spinge. Dobbiamo imparare a farci muovere da lei, a farci condurre da lei. E allora brillerà di nuovo: se essa stessa ci conduce e ci compenetra.


[SM=g1740722] [SM=g1740733]

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