Carissimi, vorrei fare alcune considerazioni sull’argomento prendendo innanzitutto un passaggio del pensiero del Muscio il quale dice: Pensare che lo Spirito Santo si sia dimenticato di includere anche il "carisma del riposo nello Spirito" è un’eresia in quanto Dio non può dimenticare alcunché. "E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza, ad un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio della scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; ad un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell’unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; ad un altro il dono della profezia; ad un altro il dono di distinguere gli spiriti; ad un altro la varietà delle lingue; ad un altro infine l’interpretazione delle lingue..." 1 Cor 12,7 seg. Ritenere che S. Paolo abbia riportato "un’elencazione tipologica" dei carismi a mò d’esempio è un assurdo in quanto lo Spirito Santo ha distribuito nel corso dei secoli tali carismi a numerosi santi o discepoli che li hanno esercitati "per il bene comune". L’elenco in questione viene poi richiamato dai numerosi documenti del magistero che ho riportato alla fine dell’articolo per comodità del lettore. Rispondo Ricordiamo che la Bibbia non è un trattato organico né esaustivo di dottrine e di esposizioni Nell’elenco fatto da Paolo in 1 Cor 12,7 seg non sono menzionati altri doni che invece sono menzionati altrove nella Bibbia.. Ad esempio in Gioele 3 parlando dell’effusione dello Spirito, si dice: …I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. Gesù promise che anche bevendo un veleno mortale non si sarebbero avute certe conseguenze, cosa che si verificò proprio a Paolo. Lo stesso Paolo menziona altri doni spirituali, come la Carità che non riporta nell’elenco di 1 cor 12,7, o ancora l’episodio di un rapimento, che poteva essere avvenuto al di fuori del corpo: Co 12,2 Conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa - se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo. 2Co 12,4 fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare. Se il rapimento era avvenuto fuori del corpo vuol dire che Paolo ammette la possibilità che in quel lasso di tempo il suo corpo sia rimasto privo di sensi. Naturalmente la sua esperienza non è da inquadrare nel fenomeno del cosiddetto "riposo nello Spirito", ma serve solo per capire che di doni, lo Spirito ne può fare tanti altri che non sono elencati in quell’elenco che Muscio riporta come completo. Si potrebbe osservare che alcuni fenomeni non sono carismi ma esperienze ma diventerebbe difficile a questo punto tracciare una linea di confine tra le une e le altre, dal momento che tutti i fenomeni summenzionati sono considerate dalla Scrittura non come manifestazioni ordinarie ma straordinarie. Nulla vieta dunque che vi possano essere doni straordinari non riportati mai nella Bibbia, come ad esempio quello della levitazione o della stigmatizzazione attribuito a molti santi. Muscio dovrebbe tener presente anche che non tutti i carismi elencati da Paolo sono per il bene comune, in quanto il dono delle lingue che egli cita, serviva solo per l’edificazione personale, come afferma altrove. Inoltre, non mi risulta che il Magistero abbia mai inteso formulare un elenco inclusivo di TUTTI i doni straordinari, limitandosi a riportare il testo di Paolo ai Cor, che come abbiamo visto non riporta tutti i doni possibili. Questo la Chiesa lo sa benissimo, visto appunto i tanti doni diversi attribuiti ai santi e anche perché, se si facesse un elenco definitivo, si intenderebbe limitata l’azione dello Spirito. Concordo, in ogni caso, con la possibilità che questo dono o esperienza possa anche derivare da un falso spirito. Tale eventualità non è esclusa neanche per gli altri carismi. Infatti lo spirito diabolico a volte riesce a scimmiottare sia la profezia, sia il dono delle lingue, sia il dono delle guarigioni, sia gli altri doni. Ecco perché sempre, occorre il discernimento della Chiesa, esperta di raggiri diabolici che in duemila anni ne ha dovute affrontare di cotte e di crude. In ogni caso, tanto per una documentazione che riporti alcuni dei fenomeni simili o vicini a quello del cosiddetto "riposo nello Spirito", allego un brano tratto dalle RELAZIONI SPIRITUALI di S.Teresa d’Avila, cap.5 in cui la santa, proclamata Dottore della Chiesa, descrive diversi doni, tra cui quelli che essa difinisce: raccoglimento interiore sonno delle potenze rapimento o sospensione ratto volo dello spirito impeto Ecco il testo 2. Credo di far piacere alla signoria vostra cominciando a parlare delle prime grazie soprannaturali, perché quanto a devozioni, tenerezze, lacrime e meditazioni che possiamo procurarci quaggiù con l’aiuto del Signore, se ne ha già conoscenza. 3 La prima orazione soprannaturale di cui ho fatto, a mio parere, esperienza (chiamo soprannaturale ciò che non si può acquistare, pur facendo ricorso a tutti gli accorgimenti e a tutte le diligenze possibili, anche se ci si può, sì, disporre a riceverla, il che, senza dubbio, è molto opportuno) è un raccoglimento interiore che si sente nell’anima, tanto da credere che essa abbia in sé altri sensi come quelli esterni, e che, volendo rifugiarsi in sé per allontanarsi dalle agitazioni esteriori, a volte se li porti dietro. Sente il bisogno di chiudere gli occhi per non vedere né udire se non quello che allora la occupa, cioè poter trattare con Dio da sola a solo. In questo stato non si perdono i sensi né le potenze, che restano liberi, ma per dedicarsi a Dio. È una cosa di facile comprensione per chi sia stato favorito dal Signore di questa grazia; coloro, invece, che non l’abbiano ricevuta, per lo meno avranno bisogno di un’infinità di parole e di paragoni. 4. Da questo raccoglimento nascono, qualche volta, una quiete e una pace interiore assai gradevoli, in cui all’anima sembra di non mancare di nulla; le è di peso anche parlare, voglio dire pregare vocalmente, e meditare: non vorrebbe far altro che amare. Dura un certo spazio di tempo e anche a lungo. 5. Da questa orazione, di solito, procede un sonno che è chiamato sonno delle potenze, in cui esse non sono assorte né talmente sospese da poter parlare di rapimento. Pur non trattandosi completamente di unione, qualche volta - e anche spesso - l’anima sente che la volontà - essa sola - è unita a Dio, e lo vede chiaramente, per quel che le sembra. È tutta assorta in Dio, incapace di fermare l’attenzione o applicarsi ad altro, mentre le due restanti potenze sono libere e possono attendere ad affari e ad opere a gloria di Dio: in breve Marta e Maria vanno insieme. Io chiesi al padre Francesco se nascondeva qualche inganno, perché questo mi lasciava alquanto intontita, ed egli mi rispose che si trattava di un fatto assai frequente. 6. Quando si ha l’unione di tutte le potenze, è uno stato assai diverso, perché nessuna può agire: l’intelletto infatti è come sbigottito, la volontà ama più che non intenda, ma non sa né se ama, né cosa faccia almeno in modo da poterlo dire, non essendoci più memoria né pensiero. Neanche i sensi esteriori sono allora desti, ma come smarriti, affinché l’anima possa applicarsi di più a ciò che ama, secondo me, e pertanto durante quel breve spazio di tempo sono inefficienti. Ciò passa presto. A motivo della pienezza che resta nell’anima di umiltà, di altre virtù e santi desideri, si capisce il gran bene che da questa grazia le è venuto, ma non si può dire in che cosa consista perché, quand’anche l’anima voglia spiegarlo, non sa come lo intenda né riesce ad esprimersi. A mio giudizio, se è vera, questa è la più grande grazia che il Signore concede nel cammino spirituale o, per lo meno, una delle più grandi. 7. Rapimenti e sospensione sono, a mio parere, la stessa cosa, se non che io sono solita parlare di sospensione, per non dire rapimento, termine che fa paura. E in realtà quest’unione di cui ho parlato si può anche chiamare sospensione. La differenza fra essa e il rapimento è solo che il rapimento ha maggior durata e si fa sentire di più esteriormente, soffocando in esso il respiro in modo che non si può parlare né si possono aprire gli occhi. Anche se avviene lo stesso nell’unione, si effettua con più forza nel rapimento, perché il calore naturale se ne va non so dove. Quando, infatti, il rapimento è intenso - giacché in tutte queste forme di orazione c’è un grado d’intensità maggiore o minore - quando, dico, è forte, le mani diventano gelate e a volte tese come bastoni, e il corpo resta com’è stato colto dal rapimento, in piedi o in ginocchio. L’anima è così impegnata a godere di ciò che il Signore le fa vedere, che sembra dimenticare d’infondere vita al corpo e l’abbandona completamente. Pertanto, se questo stato si prolunga i nervi restano doloranti. 8. Qui il Signore mi sembra voler far intendere all’anima ciò di cui gode meglio che non nell’unione, perché ordinariamente nel rapimento le vengono svelate alcune cose della sua Maestà. Gli effetti che le restano sono immensi, soprattutto il dimenticare se stessa, per desiderare soltanto ardentemente che sia conosciuto e lodato un Dio e Signore così grande. A mio giudizio, se il rapimento viene da Dio, è impossibile che l’anima non ne tragga la chiara consapevolezza della propria impotenza, della propria miseria e dell’ingratitudine dimostrata nel non aver servito chi, solo per la sua bontà, le concede favori tanto grandi. I sentimenti e le dolcezze che prova superano di gran lunga tutti i piaceri terreni tanto che se non ne perdesse il ricordo, avrebbe sempre nausea di tali piaceri; pertanto finisce col tenere in poco conto tutti i beni del mondo. 9. La differenza che passa fra il rapimento e il ratto è che nel rapimento si muore a poco a poco alle cose esteriori, con la perdita graduale dei sensi e l’acquisto della vita in Dio. Il ratto, causato da una sola conoscenza che Sua Maestà infonde nel più intimo dell’anima, avviene con una tale rapidità che all’anima sembra di essere trasportata nella parte superiore di se stessa, ricevendone l’impressione che si separi dal corpo. Pertanto all’inizio essa ha bisogno di coraggio per abbandonarsi fra le braccia del Signore e farsi portare dov’egli vuole. Fino a quando infatti Sua Maestà non la stabilisce in quella pace là dove intende elevarla (dico elevarla, per dire che vuole rivelarle cose sublimi), certo è necessario, agli inizi, che essa abbia la ferma determinazione di morire per lui, perché, poverina, non sa che cosa le avverrà. Ripeto, mi riferisco alle prime volte. 10. Secondo la mia esperienza, in questo stato, le virtù diventano più forti, i desideri più intensi e si comprende meglio la potenza dell’Altissimo; lo si teme e lo si ama di più in quanto, senza che gli possiamo opporre resistenza, rapisce l’anima, come padrone di essa. Restano un profondo pentimento di averlo offeso, lo stupore di avere osato oltraggiare una così grande Maestà e un’ansia struggente di non vederlo offeso da nessuno, ma da tutti lodato. Credo che debbano aver origine da qui gli ardenti desideri di salvezza delle anime, la sete di contribuirvi in qualche modo e di vedere questo nostro Dio lodato come merita. 11. Il volo dello spirito è qualcosa che non so come definire: proviene dal più profondo dell’anima. Mi ricordo solo, essendo la mia mente assai facile a dimenticare, del seguente paragone da me usato nello scritto dove la signoria vostra sa che sono ampiamente esposte queste e altre forme di orazione. Mi sembra che l’anima e lo spirito debbano essere una cosa sola. Pensi a un grande fuoco, pronto a sprigionare fiamme: così è della disposizione dell’anima nei riguardi di Dio. Lancia una fiamma che giunge in alto, come il fuoco che si accende subito, ma la fiamma è della stessa natura del fuoco che resta in basso, e non perché sale cessa di essere fuoco. Altrettanto avviene qui: l’anima sembra sprigionare subito da sé qualcosa di estremamente delicato che sale verso una regione superiore e va dove vuole il Signore. Non si può dirne di più: è come un volo, e io non so a che cos’altro paragonarlo. So che ci si rende perfettamente conto di esso e che non si può impedirlo. 12. Si direbbe che quell’uccellino dello spirito si sia liberato della miseria di questa carne e del carcere di questo corpo e può, quindi, dedicarsi meglio a ciò che il Signore gli offre. È un dono, il volo dello spirito, talmente delicato e prezioso, per quel che intende l’anima, che non le sembra possibile esservi in esso illusione. Lo stesso le accade per tutte le grazie di tal genere, nel momento in cui le riceve. I timori vengono dopo, per il fatto - ad esempio, nel caso di cui si parla - che la persona cui sono elargite si sente così imperfetta da aver ragione di temere, anche se nell’intimo resta all’anima una certezza e una sicurezza che le permettono di vivere; non, però, di lasciare da parte le precauzioni necessarie per evitare inganni. 13. Impeto chiamo un desiderio che coglie l’anima - a volte, e anche spesso - senza esser preceduto da orazione, proveniente da un improvviso pensiero di essere lontani da Dio, o dall’udire una parola che si riferisca a questo. Tale pensiero è, a volte, di tale forza e intensità che in un attimo sembra far perdere il senno. È come quando si riceve all’improvviso una notizia molto brutta e inattesa o si venga colti da uno spavento: diventa impossibile ragionare per trovare un motivo di conforto e si resta come intontiti. Così avviene qui, salvo che la pena nasce da una tal causa che l’anima si rende perfettamente conto di come sarebbe giusto morirne. 14. Sembra proprio che quanto l’anima allora comprende serva solo ad accrescere la sua pena e che il Signore non voglia che essa sia capace d’altro, neanche di ricordarsi che è la sua volontà a trattenerla in vita; le sembra, anzi, di essere in una solitudine così grande e in un abbandono così totale, da non potersi descrivere. Il mondo intero e le cose terrene le procurano infatti tormento, e nessuna cosa creata riesce a darle compagnia; essa, del resto, vuole solo il suo Creatore e vede che le è impossibile averlo se non morendo. E poiché non deve uccidersi, muore dal desiderio di morire, al punto da essere veramente in pericolo di morte; si vede come sospesa tra cielo e terra e non sa che fare. Di quando in quando Dio, per mostrarle ciò che perde, le dà qualche conoscenza di sé, in un modo così straordinario che non si può esprimerlo, non essendoci alcuna sofferenza sulla terra, per lo meno di quante io ne ho sofferte, che possa eguagliare questa. Basta che duri mezz’ora per lasciare il corpo così affranto e le ossa così slogate che non ci si può neanche servire delle mani per scrivere, oltre ad avere fortissimi dolori. 15. Non si sente nulla di tutto questo, però, finché non passa l’impeto. L’anima ha troppo da fare, presa com’è dalla sua sofferenza interiore, né credo che sarebbe sensibile a gravi tormenti fisici. Mantiene l’uso dei sensi; può parlare e anche guardare, ma non camminare, perché l’accascia il colpo violento dell’amore. E quest’impeto, anche se muore dal desiderio di averlo, non serve a nulla, quando non è Dio a concederlo. Lascia nell’anima grandissimi effetti e preziosi vantaggi. Alcuni dotti ne parlano in un modo, altri in un altro, ma nessuno lo condanna. Il maestro Avila mi scrisse che era una cosa buona, e così dicono tutti. Anche l’anima capisce che è una grande grazia del Signore. Se accadesse spesse, vi lascerebbe la vita. 16. L’impeto ordinario consiste nel sentire il vivo desiderio di servire Dio, con grande tenerezza e molte lacrime causate dall’ansia di lasciare quest’esilio. Ma, siccome all’anima resta la libertà sufficiente per considerare come sia volontà del Signore che essa viva, trae da ciò motivo di conforto e gli offre la sua vita, supplicandolo di concedergliela solo per la sua gloria. E così la sua angoscia si placa.
Non saprei dire se nell’elenco fatto da S.Teresa si possa il "riposo nello Spirito", ma è ovvio che anche il suo elenco non esaurisce minimamente l’Inesauribile. Basti solo tener presente quanti doni possono esserci pur senza essere descritti dalla Bibbia, e la Chiesa, proclamando S.Teresa dottore della Chiesa, implicitamente riconosce le sue descrizioni, come compatibili con il deposito della Fede. Con affetto |